Testo unico ambiente

DECRETO LEGISLATIVO 3 aprile 2006, n. 152 (in Suppl. ordinario n. 96 alla Gazz. Uff., 14 aprile, n. 88). – Norme in materia ambientale. (CODICE DELL’AMBIENTE) 

     Preambolo     

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;

Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione;

Visto l’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell’attivita’ di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;

Viste le direttive 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, e 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, come modificata dalle direttive 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, e 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, nonche’ riordino e coordinamento delle procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per la prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC);

Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento;

Vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque;

Vista la direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti;

Vista la direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi;

Vista la direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio;

Vista la direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali;

Vista la direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio;

Vista la direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell’11 marzo 1999, concernente la limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di solventi organici in talune attivita’ e in taluni impianti;

Vista la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e recante modifica della direttiva 93/12/CEE;

Vista la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione;

Vista la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilita’ ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che, in vista di questa finalita’, «istituisce un quadro per la responsabilita’ ambientale» basato sul principio «chi inquina paga»;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 novembre 2005;

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 gennaio 2006;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 10 febbraio e del 29 marzo 2006;

Sulla proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per la funzione pubblica, per gli affari regionali, dell’interno, della giustizia, della difesa, dell’economia e delle finanze, delle attivita’ produttive, della salute, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali;

E m a n a

il seguente decreto legislativo:

PARTE I

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI

     Articolo 1     

( Ambito di applicazione)

Art. 1

1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti:

a) nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC);

b) nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche;

c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;

d) nella parte quinta, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;

e) nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.

PARTE I

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI

     Articolo 2     

(Finalità)

Art. 2

1. Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.

2. Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto provvede al riordino, al coordinamento e all’integrazione delle disposizioni legislative nelle materie di cui all’articolo 1, in conformità ai principi e criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto degli obblighi internazionali, dell’ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali (1).

3. Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

(1) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE I

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI

     Articolo 3     

(Criteri per l’adozione dei provvedimenti successivi)

Art. 3

[1. Le norme di cui al presente decreto non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute. ] (1)

[2. Entro due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo, con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, adotta i necessari provvedimenti per la modifica e l’integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto.] (2)

3. Per la modifica e l’integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio acquisisce, entro 30 giorni dalla richiesta, il parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (3).

[ 4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio provvede alla modifica ed all’integrazione delle norme tecniche in materia ambientale con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell’ordinamento nazionale. ] (4)

[5. Ai fini degli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio si avvale, per la durata di due anni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un gruppo di dieci esperti nominati, con proprio decreto, fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle materie oggetto del presente decreto. Ai componenti del gruppo di esperti non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese.] (5)

(1) Comma soppresso dall’articolo 1, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma soppresso dall’articolo 1, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 1, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma soppresso dall’articolo 1, comma 2, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(5) Comma soppresso dall’articolo 1, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE I

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI

     Articolo 3 bis     

Principi sulla produzione del diritto ambientale (1)

Art. 3-bis.

l. I principi posti dalla presente Parte prima e dagli articoli seguenti costituiscono i principi generali in tema di tutela dell’ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario (2).

2. I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole generali della materia ambientale nell’adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell’emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente.

3. Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica, purche’ sia comunque sempre garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni e degli Enti locali (3).

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 1, comma 3, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 1, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE I

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI

     Articolo 3 ter     

Principio dell’azione ambientale (1)

Art. 3-ter.

1. La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonche’ al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunita’ in materia ambientale.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE I

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI

     Articolo 3 quater     

Principio dello sviluppo sostenibile (1)

Art. 3-quater.

1. Ogni attivita’ umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualita’ della vita e le possibilita’ delle generazioni future.

2. Anche l’attivita’ della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalita’ gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.

3. Data la complessita’ delle relazioni e delle interferenze tra natura e attivita’ umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell’ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinche’ nell’ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresi’ il principio di solidarieta’ per salvaguardare e per migliorare la qualita’ dell’ambiente anche futuro.

4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l’evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attivita’ umane.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE I

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI

     Articolo 3 quinquies     

Principi di sussidiarieta’ e di leale collaborazione (1)

Art. 3-quinquies.

1. I principi contenuti nel presente decreto legislativo costituiscono le condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale (2);

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell’ambiente piu’ restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purche’ cio’ non comporti un’arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali.

3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell’azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell’entita’ dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati.

4. Il principio di sussidiarieta’ di cui al comma 3 opera anche nei rapporti tra regioni ed enti locali minori. Qualora sussistano i presupposti per l’esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di un ente locale, nelle materie di propria competenza la Regione puo’ esercitare il suo potere sostitutivo (3)

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 1, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma modificato dall’articolo 1, comma 4, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE I

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI

     Articolo 3 sexies     

Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo (1).

Art. 3-sexies.

1. In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, puo’ accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale.

1-bis. Nel caso di piani o programmi da elaborare a norma delle disposizioni di cui all’allegato 1 alla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, qualora agli stessi non si applichi l’articolo 6, comma 2, del presente decreto, l’autorita’ competente all’elaborazione e all’approvazione dei predetti piani o programmi assicura la partecipazione del pubblico nel procedimento di elaborazione, di modifica e di riesame delle proposte degli stessi piani o programmi prima che vengano adottate decisioni sui medesimi piani o programmi (2).

1-ter. Delle proposte dei piani e programmi di cui al comma 1-bis l’autorita’ procedente da’ avviso mediante pubblicazione nel proprio sito web. La pubblicazione deve contenere l’indicazione del titolo del piano o del programma, dell’autorita’ competente, delle sedi ove puo’ essere presa visione del piano o programma e delle modalita’ dettagliate per la loro consultazione (3).

1-quater. L’autorita’ competente mette altresi’ a disposizione del pubblico il piano o programma mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione nel proprio sito web (4).

1-quinquies. Entro il termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di cui al comma 1-ter, chiunque puo’ prendere visione del piano o programma ed estrarne copia, anche in formato digitale, e presentare all’autorita’ competente proprie osservazioni o pareri in forma scritta (5).

1-sexies. L’autorita’ procedente tiene adeguatamente conto delle osservazioni del pubblico presentate nei termini di cui al comma 1-quinquies nell’adozione del piano o programma (6).

1-septies. Il piano o programma, dopo che e’ stato adottato, e’ pubblicato nel sito web dell’autorita’ competente unitamente ad una dichiarazione di sintesi nella quale l’autorita’ stessa da’ conto delle considerazioni che sono state alla base della decisione. La dichiarazione contiene altresi’ informazioni sulla partecipazione del pubblico (7).

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma aggiunto dall”articolo 16, comma 5-bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116

(3) Comma aggiunto dall”articolo 16, comma 5-bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116

(4) Comma aggiunto dall”articolo 16, comma 5-bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116

(5) Comma aggiunto dall”articolo 16, comma 5-bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116

(6) Comma aggiunto dall”articolo 16, comma 5-bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116

(7) Comma aggiunto dall”articolo 16, comma 5-bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE(AIA) (1).

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 4     

Finalita’ (1)

Art. 4.

1. Le norme del presente decreto costituiscono recepimento ed attuazione:

a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull’ambiente;

b) della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata ed integrata con la direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 e con la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003.

c) della direttiva 2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008, concernente la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (2).

2. Il presente decreto individua, nell’ambito della procedura di Valutazione dell’impatto ambientale modalita’ di semplificazione e coordinamento delle procedure autorizzative in campo ambientale, ivi comprese le procedure di cui al Titolo III-bis, Parte Seconda del presente decreto (3).

3. La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalita’ di assicurare che l’attivita’ antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacita’ rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversita’ e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attivita’ economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attivita’ normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione.

4. In tale ambito:

a) la valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull’ambiente ha la finalita’ di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.

b) la valutazione ambientale dei progetti ha la finalita’ di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualita’ della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacita’ di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita. A questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

1) l’uomo, la fauna e la flora;

2) il suolo, l’acqua, l’aria e il clima;

3) i beni materiali ed il patrimonio culturale;

4) l’interazione tra i fattori di cui sopra.

c) l’autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle attivita’ di cui all’allegato VIII e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale (4).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE(AIA) (1).

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 5     

(Definizioni) (1)

Art. 5

Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) valutazione ambientale di piani e programmi, nel seguito valutazione ambientale strategica, di seguito VAS: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita’, l’elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l’espressione di un parere motivato, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio;

b) valutazione ambientale dei progetti, nel seguito valutazione d’impatto ambientale, di seguito VIA: il procedimento mediante il quale vengono preventivamente individuati gli effetti sull’ambiente di un progetto, secondo le disposizioni di cui al titolo III della seconda parte del presente decreto, ai fini dell’individuazione delle soluzioni piu’ idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 4, commi 3 e 4, lettera b) (2);

c) impatto ambientale: l’alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonche’ di eventuali malfunzionamenti;

d) patrimonio culturale: l’insieme costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici in conformita’ al disposto di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

e) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunita’ europea, nonche’ le loro modifiche:

1) che sono elaborati e/o adottati da un’autorita’ a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorita’ per essere approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e

2) che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;

f) rapporto ambientale: il documento del piano o del programma redatto in conformita’ alle previsioni di cui all’articolo 13;

g) progetto: la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo. Ai fini della valutazione ambientale, gli elaborati del progetto preliminare e del progetto definitivo sono predisposti con un livello informativo e di dettaglio almeno equivalente a quello previsto dall’articolo 93, commi 3 e 4, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (3);

[ h) progetto definitivo: gli elaborati progettuali predisposti in conformita’ all’articolo 93 del decreto n. 163 del 2006 nel caso di opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un livello informativo e di dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale (4);]

i) studio di impatto ambientale: elaborato che integra il progetto definitivo, redatto in conformita’ alle previsioni di cui all’articolo 22;

i-bis) sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente modificati di cui ali decreti legislativi del 3 marzo 1993, n. 91 e n. 92 (5);

i-ter) inquinamento: l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attivita’ umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o piu’ in generale di agenti fisici o chimici, nell’aria, nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualita’ dell’ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi (6);

i-quater) ‘installazione’: unita’ tecnica permanente, in cui sono svolte una o piu’ attivita’ elencate all’allegato VIII alla Parte Seconda e qualsiasi altra attivita’ accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attivita’ svolte nel luogo suddetto e possa influire sulle emissioni e sull’inquinamento. E’ considerata accessoria l’attivita’ tecnicamente connessa anche quando condotta da diverso gestore (7);

i-quinquies) ‘installazione esistente’: ai fini dell’applicazione del Titolo III-bis alla Parte Seconda una installazione che, al 6 gennaio 2013, ha ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all’esercizio o il provvedimento positivo di compatibilita’ ambientale o per la quale, a tale data, sono state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che essa entri in funzione entro il 6 gennaio 2014. Le installazioni esistenti si qualificano come ‘non gia’ soggette ad AIA’ se in esse non si svolgono attivita’ gia’ ricomprese nelle categorie di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dal decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 (8);

i-sexies) ‘nuova installazione’: una installazione che non ricade nella definizione di installazione esistente (9);

i-septies) emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’impianto, opera o infrastruttura , di sostanze, vibrazioni, calore o rumore, agenti fisici o chimici, radiazioni, nell’aria, nell’acqua ovvero nel suolo (10);

i-octies) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un’emissione che non possono essere superati in uno o piu’ periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, indicate nel allegato X. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano, tranne i casi diversamente previsti dalla legge, nel punto di fuoriuscita delle emissioni dell’impianto; nella loro determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in acqua, l’effetto di una stazione di depurazione puo’ essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dall’impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell’ambiente, fatto salvo il rispetto delle disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto (11);

i-nonies) norma di qualita’ ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualita’, che sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale (12);

l) modifica: la variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull’ambiente (13);

l-bis) modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell’impianto, dell’opera o dell’infrastruttura o del progetto che, secondo l’autorita’ competente, producano effetti negativi e significativi sull’ambiente. In particolare, con riferimento alla disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attivita’ per la quale l’allegato VIII indica valori di soglia, e’ sostanziale una modifica all’installazione che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa (14);

l-ter) migliori tecniche disponibili (best available techniques – BAT): la piu’ efficiente e avanzata fase di sviluppo di attivita’ e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneita’ pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione e delle altre condizioni di autorizzazione intesi ad evitare oppure, ove cio’ si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all’allegato XI. Si intende per:

1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalita’ di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’impianto;

2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente idonee nell’ambito del relativo comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purche’ il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli;

3) migliori: le tecniche piu’ efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso (15);

l-ter.1) ‘documento di riferimento sulle BAT’ o ‘BREF’: documento pubblicato dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2010/75/UE (16);

l-ter.2) ‘conclusioni sulle BAT’: un documento adottato secondo quanto specificato all’articolo 13, paragrafo 5, della direttiva 2010/75/UE, e pubblicato in italiano nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, contenente le parti di un BREF riguardanti le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, la loro descrizione, le informazioni per valutarne l’applicabilita’, i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, il monitoraggio associato, i livelli di consumo associati e, se del caso, le pertinenti misure di bonifica del sito (17);

l-ter.4) ‘livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili’ o ‘BAT-AEL’: intervalli di livelli di emissione ottenuti in condizioni di esercizio normali utilizzando una migliore tecnica disponibile o una combinazione di migliori tecniche disponibili, come indicato nelle conclusioni sulle BAT, espressi come media in un determinato arco di tempo e nell’ambito di condizioni di riferimento specifiche (18);

l-ter.5) ‘tecnica emergente’: una tecnica innovativa per un’attivita’ industriale che, se sviluppata commercialmente, potrebbe assicurare un piu’ elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso o almeno lo stesso livello di protezione dell’ambiente e maggiori risparmi di spesa rispetto alle migliori tecniche disponibili esistenti (19);

m) verifica di assoggettabilita’: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se [piani, programmi o] progetti possono avere un impatto significativo e negativo sull’ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto (20);

m-bis) verifica di assoggettabilita’ di un piano o programma: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano aver effetti significativi sull’ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto considerato il diverso livello di sensibilita’ ambientale delle aree interessate (21);

m-ter) parere motivato: il provvedimento obbligatorio con eventuali osservazioni e condizioni che conclude la fase di valutazione di VAS, espresso dall’autorita’ competente sulla base dell’istruttoria svolta e degli esiti delle consultazioni (22);

n) provvedimento di verifica: il provvedimento obbligatorio e vincolante dell’autorita’ competente che conclude la verifica di assoggettabilita’;

o) provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale: il provvedimento dell’autorita’ competente che conclude la fase di valutazione del processo di VIA. E’ un provvedimento obbligatorio e vincolante che sostituisce o coordina, tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale secondo le previsioni di cui all’articolo 26 (23);

o-bis) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza l’esercizio di una installazione rientrante fra quelle di cui all’articolo 4, comma 4, lettera c), o di parte di essa a determinate condizioni che devono garantire che l’installazione sia conforme ai requisiti di cui al Titolo III-bis ai fini dell’individuazione delle soluzioni piu’ idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 4, comma 4, lettera c). Un’autorizzazione integrata ambientale puo’ valere per una o piu’ installazioni o parti di esse che siano localizzate sullo stesso sito e gestite dal medesimo gestore. Nel caso in cui diverse parti di una installazione siano gestite da gestori differenti, le relative autorizzazioni integrate ambientali sono opportunamente coordinate a livello istruttorio (24);

p) autorita’ competente: la pubblica amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilita’, l’elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l’adozione dei provvedimenti conclusivi in materia di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o del provvedimento comunque denominato che autorizza l’esercizio (25);

q) autorita’ procedente: la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma;

r) proponente: il soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o progetto soggetto alle disposizioni del presente decreto;

r-bis) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce, nella sua totalita’ o in parte, l’installazione o l’impianto oppure che dispone di un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dei medesimi (26);

s) soggetti competenti in materia ambientale: le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilita’ in campo ambientale, possono essere interessate agli impatti sull’ambiente dovuti all’attuazione dei piani, programmi o progetti;

t) consultazione: l’insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti;

u) pubblico: una o piu’ persone fisiche o giuridiche nonche’, ai sensi della legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

v) pubblico interessato: il pubblico che subisce o puo’ subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonche’ le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono considerate come aventi interesse.

v-bis) ‘relazione di riferimento’: informazioni sullo stato di qualita’ del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attivita’. Tali informazioni riguardano almeno: l’uso attuale e, se possibile, gli usi passati del sito, nonche’, se disponibili, le misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee che ne illustrino lo stato al momento dell’elaborazione della relazione o, in alternativa, relative a nuove misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee tenendo conto della possibilita’ di una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte delle sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall’installazione interessata. Le informazioni definite in virtu’ di altra normativa che soddisfano i requisiti di cui alla presente lettera possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento. Nella redazione della relazione di riferimento si terra’ conto delle linee guida eventualmente emanate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE (27);

v-ter) ‘acque sotterranee’: acque sotterranee quali definite all’articolo 74, comma 1, lettera l) (28);

v-quater) ‘suolo’: lo strato piu’ superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso e la superficie. Il suolo e’ costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Ai soli fini dell’applicazione della Parte Terza, l’accezione del termine comprende, oltre al suolo come precedentemente definito, anche il territorio, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali (29);

v-quinquies) ‘ispezione ambientale’: tutte le azioni, ivi compresi visite in loco, controllo delle emissioni e controlli delle relazioni interne e dei documenti di follow-up, verifica dell’autocontrollo, controllo delle tecniche utilizzate e adeguatezza della gestione ambientale dell’installazione, intraprese dall’autorita’ competente o per suo conto al fine di verificare e promuovere il rispetto delle condizioni di autorizzazione da parte delle installazioni, nonche’, se del caso, monitorare l’impatto ambientale di queste ultime (30);

v-sexies) ‘pollame’: il pollame quale definito all’articolo 2, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 1993, n. 587 (31);

v-septies) ‘combustibile’: qualsiasi materia combustibile solida, liquida o gassosa, che la norma ammette possa essere combusta per utilizzare l’energia liberata dal processo (32);

v-octies) ‘sostanze pericolose’: le sostanze o miscele, come definite all’articolo 2, punti 7 e 8, del regolamento (CE) n. 1272/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, pericolose ai sensi dell’articolo 3 del medesimo regolamento. Ai fini della Parte Terza si applica la definizione di cui all’articolo 74, comma 2, lettera ee) (33).

1-bis. Ai fini del della presente Parte Seconda si applicano inoltre le definizioni di ‘impianto di incenerimento dei rifiuti’ e di ‘impianto di coincenerimento dei rifiuti’ di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 237-ter (34).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Lettera sostituita dall’articolo 15, comma 1, lettera a) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(4) Lettera abrogata dall’articolo 15, comma 1, lettera b) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 ,articolo 15, comma 1, lettera a) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(5) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(6) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(7) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituita dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

85) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituita dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(9) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituita dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(10) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(11) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(12) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(13) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(14) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(15) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 2, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128e successivamente sostituita dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(16) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(17) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(18) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(19) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(20) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 2, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(21) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 2, lettera f), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(22) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 2, lettera f), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(23) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 2, lettera g), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(24) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 2, lettera h), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente dall’articolo 1, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(25) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 2, lettera i), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente dall’articolo 1, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(26) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 2, lettera l), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituita dall’articolo 1, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(27) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(28) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(29) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(30) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(31) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(32) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(32) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(34) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE(AIA) (1).

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 6     

Oggetto della disciplina (1)

Art. 6

1. La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale.

2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:

a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualita’ dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del presente decreto;

b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalita’ di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.

3. Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale e’ necessaria qualora l’autorita’ competente valuti che producano impatti significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilita’ ambientale dell’area oggetto di intervento (2).

3-bis. L’autorita’ competente valuta, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, producano impatti significativi sull’ambiente (3).

3-ter. Per progetti di opere e interventi da realizzarsi nell’ambito del Piano regolatore portuale, gia’ sottoposti ad una valutazione ambientale strategica, e che rientrano tra le categorie per le quali e’ prevista la Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore portuale. Qualora il Piano regolatore Portuale ovvero le rispettive varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme comunitarie, tale valutazione e’ effettuata secondo le modalita’ e le competenze previste dalla Parte Seconda del presente decreto ed e’ integrata dalla valutazione ambientale strategica per gli eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento (4).

4. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:

a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o ricadenti nella disciplina di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni (5);

b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;

c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per l’incolumita’ pubblica.

c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile e approvati dalle regioni o dagli organismi dalle stesse individuati (6) .

5. La valutazione d’impatto ambientale, riguarda i progetti che possono avere impatti significativi e negativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale (7).

6. Fatto salvo quanto disposto al comma 7, viene effettuata altresi’ una valutazione per:

a) i progetti di cui agli allegati II e III al presente decreto;

b) i progetti di cui all’allegato IV al presente decreto, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394.

7. La valutazione e’ inoltre necessaria, qualora, in base alle disposizioni di cui al successivo articolo 20, si ritenga che possano produrre impatti significativi e negativi sull’ambiente, per:

a) i progetti elencati nell’allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per piu’ di due anni;

b) le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell’allegato II che possono avere impatti significativi e negativi sull’ambiente;

c) i progetti elencati nell’allegato IV; per tali progetti, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per i profili connessi ai progetti di infrastrutture di rilevanza strategica, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono definiti i criteri e le soglie da applicare per l’assoggettamento dei progetti di cui all’allegato IV alla procedura di cui all’articolo 20 sulla base dei criteri stabiliti nell’allegato V. Tali disposizioni individuano, altresi’, le modalita’ con cui le regioni e le province autonome, tenuto conto dei criteri di cui all’allegato V e nel rispetto di quanto stabilito nello stesso decreto ministeriale, adeguano i criteri e le soglie alle specifiche situazioni ambientali e territoriali. Fino alla data di entrata in vigore del suddetto decreto, la procedura di cui all’articolo 20 e’ effettuata caso per caso, sulla base dei criteri stabiliti nell’allegato V (8) (9);

8. Per i progetti di cui agli allegati III e IV, ricadenti all’interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per cento. Le medesime riduzioni si applicano anche per le soglie dimensionali dei progetti di cui all’allegato II, punti 4-bis) e 4-ter), relativi agli elettrodotti facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale (10).

9. Fatto salvo quanto disposto nell’allegato IV, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 7, lettera c), le soglie di cui all’allegato IV, ove previste, sono integrate dalle disposizioni contenute nel medesimo decreto (11).

10. L’autorita’ competente in sede statale valuta caso per caso i progetti relativi ad opere ed interventi destinati esclusivamente a scopo di difesa nazionale non aventi i requisiti di cui al comma 4, lettera a). La esclusione di tali progetti dal campo di applicazione del decreto, se cio’ possa pregiudicare gli scopi della difesa nazionale, e’ determinata con decreto interministeriale del Ministro della difesa e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (12).

11. Sono esclusi in tutto in parte dal campo di applicazione del presente decreto, quando non sia possibile in alcun modo svolgere la valutazione di impatto ambientale, singoli interventi disposti in via d’urgenza, ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, al solo scopo di salvaguardare l’incolumita’ delle persone e di mettere in sicurezza gli immobili da un pericolo imminente o a seguito di calamita’. In tale caso l’autorita’ competente, sulla base della documentazione immediatamente trasmessa dalle autorita’ che dispongono tali interventi:

a) esamina se sia opportuna un’altra forma di valutazione;

b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui e’ stata concessa;

c) informa la Commissione europea, tramite il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nel caso di interventi di competenza regionale, prima di consentire il rilascio dell’autorizzazione, delle motivazioni dell’esclusione accludendo le informazioni messe a disposizione del pubblico.

12. Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l’applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non e’ necessaria per la localizzazione delle singole opere (11).

13. L’autorizzazione integrata ambientale e’ necessaria per:

a) le installazioni che svolgono attivita’ di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda;

b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla lettera a) del presente comma (13);

14. Per le attivita’ di smaltimento o di recupero di rifiuti svolte nelle installazioni di cui all’articolo 6, comma 13, anche qualora costituiscano solo una parte delle attivita’ svolte nell’installazione, l’autorizzazione integrata ambientale, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 29-quater, comma 11, costituisce anche autorizzazione alla realizzazione o alla modifica, come disciplinato dall’articolo 208 (14).

15. Per le installazioni di cui alla lettera a) del comma 13, nonche’ per le loro modifiche sostanziali, l’autorizzazione integrata ambientale e’ rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente decreto e dei termini di cui all’articolo 29-quater, comma 10 (15).

16. L’autorita’ competente, nel determinare le condizioni per l’autorizzazione integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualita’ ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali:

a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili;

b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;

c) e’ prevenuta la produzione dei rifiuti, a norma della parte quarta del presente decreto; i rifiuti la cui produzione non e’ prevenibile sono in ordine di priorita’ e conformemente alla parte quarta del presente decreto, riutilizzati, riciclati, ricuperati o, ove cio’ sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto sull’ambiente;

d) l’energia deve essere utilizzata in modo efficace ed efficiente;

e) devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

f) deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attivita’ e il sito stesso deve essere ripristinato conformemente a quanto previsto all’articolo 29-sexies, comma 9-quinquies (16).

17. Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtu’ di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attivita’ di ricerca, di prospezione nonche’ di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4 , 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 . Il divieto e’ altresi’ stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4 , 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonche’ l’efficacia dei titoli abilitativi gia’ rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attivita’ di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell’ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Le predette attivita’ sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attivita’ di cui al primo periodo, fatte salve le attivita’ di cui all’articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239 , autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dall’entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma e’ abrogato il comma 81 dell’ articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239 . A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l’aliquota di prodotto di cui all’ articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625 , elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l’olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione e’ tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell’incremento dell’aliquota ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico, per assicurare il pieno svolgimento rispettivamente delle azioni di monitoraggio e contrasto dell’inquinamento marino e delle attivita’ di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare (17).

(1) Articolo modificato dall’articolo 14, comma 1, lettera l), del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90 e, successivamente, sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 3, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma inserito dall’articolo 2, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(5) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 3, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(6) Lettera aggiunta dall’articolo 4 undecies del D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 dicembre 2008, n. 205 .

(7) Comma modificato dall’articolo 2, comma 3, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(8) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 3, lettera f), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(9) Lettera modificata dall’articolo 15, comma 1, lettera c) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116. Per l’emanazione del decreto di cui alla presente lettera vedi il comma 2 del medesimo articolo 15.

(10) Comma modificato dall’articolo 36, comma 7-bis, lettera d), del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221.

(11) Comma modificato dall’articolo 2, comma 3, lettera g), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, sostituito dall’articolo 15, comma 1, lettera d) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(12) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 3, lettera h), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(13) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 3, lettera h), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(14) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 3, lettera h), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(15) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 3, lettera h), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(16) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 3, lettera h), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente modificato dall’articolo 2, comma 1, lettere c) e d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(17) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 3, lettera h), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, successivamente modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, dall’articolo 24, comma 1, lettera a), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 e, da ultimo, sostituito dall’articolo 35, comma 1, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE(AIA) (1).

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 7     

Competenze (1)

Art. 7

1. Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui all’articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete ad organi dello Stato.

2. Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all’articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali.

3. Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all’allegato II al presente decreto .

4. Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i progetti di cui agli allegati III e IV al presente decreto.

4-bis. Sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attivita’ di cui all’allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali (2).

4-ter. Sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui all’allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell’allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali (3).

5. In sede statale, l’autorita’ competente e’ il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA e il parere motivato in sede di VAS sono espressi dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per i beni e le attivita’ culturali, che collabora alla relativa attivita’ istruttoria. Il provvedimento di AIA e’ rilasciato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (4).

6. In sede regionale, l’autorita’ competente e’ la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle province autonome.

7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali. Disciplinano inoltre:

a) i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali interessati;

b) i criteri specifici per l’individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale;

c) fermo il rispetto della legislazione comunitaria eventuali ulteriori modalita’, rispetto a quelle indicate nel presente decreto, purche’ con questo compatibili, per l’individuazione dei piani e programmi o progetti o installazioni da sottoporre a VAS, VIA ed AIA e per lo svolgimento della relativa consultazione (5);

d) le modalita’ di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia.

e) le regole procedurali per il rilascio dei provvedimenti di VIA ed AIA e dei pareri motivati in sede di VAS di propria competenza, fermo restando il rispetto dei limiti generali di cui al presente decreto ed all’articolo 29 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni (6).

8. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di valutazione in corso.

9. Le Regioni e le Province Autonome esercitano la competenza ad esse assegnata dai commi 2, 4 e 7 nel rispetto dei principi fondamentali dettati dal presente Titolo (7).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 4, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 4, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’articolo 3, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(6) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 4, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(7) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 4, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE(AIA) (1).

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 8     

Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale – VIA e VAS (1) (2)

Art. 8

1. La Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale di cui all’articolo 7 del decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito nella legge 14 luglio 2008, n. 123, assicura il supporto tecnico-scientifico per l’attuazione delle norme di cui alla presente Parte (3).

2. Nel caso di progetti per i quali la valutazione di impatto ambientale spetta allo Stato, e che ricadano nel campo di applicazione di cui all’allegato VIII alla Parte Seconda del presente decreto, il supporto tecnico-scientifico viene assicurato in coordinamento con la Commissione istruttoria per l’autorizzazione ambientale integrata ora prevista dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90 (4).

3. I componenti della Commissione sono nominati, nel rispetto del principio dell’equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, per un triennio.

4. I componenti della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale provenienti dalle amministrazioni pubbliche di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 , sono posti in posizione di comando, distacco o fuori ruolo, nel rispetto dei rispettivi ordinamenti, conservando il diritto al trattamento economico in godimento. Le amministrazioni di rispettiva provenienza rendono indisponibile il posto liberato. In alternativa, ai componenti della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale provenienti dalle medesime amministrazioni pubbliche si applica quanto previsto dall’ articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 , e, per il personale in regime di diritto pubblico, quanto stabilito dai rispettivi ordinamenti. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai componenti della Commissione nominati ai sensi dell’ articolo 7 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 , convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123 (5) .

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Rubrica sostituita dall’articolo 2, comma 5, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 5, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 5, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’articolo 4, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) Comma sostituito dall’articolo 4, comma 1-ter, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE(AIA) (1).

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 8 bis     

Commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale – IPPC

Articolo 8-bis (1)

1. La Commissione istruttoria per l’IPPC, di cui all’articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, svolge l’attivita’ di supporto scientifico per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con specifico riguardo alle norme di cui al titolo III-bis del presente decreto. La Commissione svolge i compiti di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90.

2. I componenti della Commissione sono nominati nel rispetto dell’articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Si applicano i commi 2 e 3 dell’articolo 8 del presente decreto.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 6, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE(AIA) (1).

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 9     

Norme procedurali generali (1)

Art. 9

1. Alle procedure di verifica e autorizzazione disciplinate dal presente decreto si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, concernente norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (2).

2. L’autorita’ competente, ove ritenuto utile indice, cosi’ come disciplinato dagli articoli che seguono, una o piu’ conferenze di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990 al fine di acquisire elementi informativi e le valutazioni delle altre autorita’ pubbliche interessate.

3. Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico, nell’ambito delle procedure di seguito disciplinate, l’autorita’ competente puo’ concludere con il proponente o l’autorita’ procedente e le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attivita’ di interesse comune ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti.

4. Per ragioni di segreto industriale o commerciale e’ facolta’ del proponente presentare all’autorita’ competente motivata richiesta di non rendere pubblica parte della documentazione relativa al progetto, allo studio preliminare ambientale o allo studio di impatto ambientale. L’autorita’ competente, verificate le ragioni del proponente, accoglie o respinge motivatamente la richiesta soppesando l’interesse alla riservatezza con l’interesse pubblico all’accesso alle informazioni. L’autorita’ competente dispone comunque della documentazione riservata, con l’obbligo di rispettare le disposizioni vigenti in materia.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 7, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA E L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE(AIA) (1).

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 10     

Norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti (1)

Art. 10

1. Il provvedimento di valutazione d’impatto ambientale fa luogo dell’autorizzazione integrata ambientale per i progetti per i quali la relativa valutazione spetta allo Stato e che ricadono nel campo di applicazione dell’allegato XII alla Parte Seconda del presente decreto. Qualora si tratti di progetti rientranti nella previsione di cui al comma 7 dell’articolo 6, l’autorizzazione integrata ambientale puo’ essere rilasciata solo dopo che, ad esito della verifica di cui all’articolo 20, l’autorita’ competente valuti di non assoggettare i progetti a VIA (2).

1-bis. Nei casi di cui al comma 1, lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 29-ter e il provvedimento finale le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 29-sexies e 29-septies del presente decreto. Qualora la documentazione prodotta risulti incompleta, si applica il comma 4 dell’articolo 23 (3).

1-ter. Le condizioni e le misure supplementari di cui al comma 1-bis sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalita’ di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies (4).

2. Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti per i quali la valutazione d’impatto ambientale sia di loro attribuzione e che ricadano nel campo di applicazione dell’allegato VIII del presente decreto, la procedura per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell’ambito del procedimento di VIA. E’ in ogni caso disposta l’unicita’ della consultazione del pubblico per le due procedure. Se l’autorita’ competente in materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, le disposizioni regionali e delle province autonome possono prevedere che il provvedimento di valutazione d’impatto ambientale faccia luogo anche di quella autorizzazione. In questo caso, si applica il comma 1-bis del presente articolo (5).

3. La VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d’incidenza di cui all’articolo 5 del decreto n. 357 del 1997; a tal fine, il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto ambientale contengono gli elementi di cui all’allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la valutazione dell’autorita’ competente si estende alle finalita’ di conservazione proprie della valutazione d’incidenza oppure dovra’ dare atto degli esiti della valutazione di incidenza. Le modalita’ di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale.

4. La verifica di assoggettabilita’ di cui all’articolo 20 puo’ essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell’ambito della VAS. In tal caso le modalita’ di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale.

5. Nella redazione dello studio di impatto ambientale di cui all’articolo 22, relativo a progetti previsti da piani o programmi gia’ sottoposti a valutazione ambientale, possono essere utilizzate le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale. Nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 8, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall’articolo 24, comma 1, lettera b), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 e successivamente dall’articolo 5, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma inserito dall’articolo 2, comma 8, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma inserito dall’articolo 2, comma 8, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 5, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) Comma modificato dall’articolo 2, comma 8, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO II

TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 11     

Modalita’ di svolgimento (1)

Art. 11

1. La valutazione ambientale strategica e’ avviata dall’autorita’ procedente contestualmente al processo di formazione del piano o programma e comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 18:

a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita’ limitatamente ai piani e ai programmi di cui all’articolo 6, commi 3 e 3 bis (2);

b) l’elaborazione del rapporto ambientale;

c) lo svolgimento di consultazioni;

d) la valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni;

e) la decisione;

f) l’informazione sulla decisione;

g) il monitoraggio.

2. L’autorita’ competente, al fine di promuovere l’integrazione degli obiettivi di sostenibilita’ ambientale nelle politiche settoriali ed il rispetto degli obiettivi, dei piani e dei programmi ambientali, nazionali ed europei:

a) esprime il proprio parere sull’assoggettabilita’ delle proposte di piano o di programma alla valutazione ambientale strategica nei casi previsti dal comma 3 dell’articolo 6;

b) collabora con l’autorita’ proponente al fine di definire le forme ed i soggetti della consultazione pubblica, nonche’ l’impostazione ed i contenuti del Rapporto ambientale e le modalita’ di monitoraggio di cui all’articolo 18;

c) esprime, tenendo conto della consultazione pubblica, dei pareri dei soggetti competenti in materia ambientale, un proprio parere motivato sulla proposta di piano e di programma e sul rapporto ambientale nonche’ sull’adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie;.

3. La fase di valutazione e’ effettuata anteriormente all’approvazione del piano o del programma, ovvero all’avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa e’ preordinata a garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione (3).

4. La VAS viene effettuata ai vari livelli istituzionali tenendo conto dell’esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni.

5. La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 9, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 9, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO II

TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 12     

Verifica di assoggettabilita’ (1)

Art. 12

1. Nel caso di piani e programmi di cui all’articolo 6, commi 3 e 3-bis, l’autorita’ procedente trasmette all’autorita’ competente, su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficolta’ di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell’allegato I del presente decreto (2).

2. L’autorita’ competente in collaborazione con l’autorita’ procedente, individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il parere e’ inviato entro trenta giorni all’autorita’ competente ed all’autorita’ procedente.

3. Salvo quanto diversamente concordato dall’autorita’ competente con l’autorita’ procedente, l’autorita’ competente, sulla base degli elementi di cui all’allegato I del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il piano o programma possa avere impatti significativi sull’ambiente.

4. L’autorita’ competente, sentita l’autorita’ procedente, tenuto conto dei contributi pervenuti, entro novanta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 e, se del caso, definendo le necessarie prescrizioni.

5. Il risultato della verifica di assoggettabilita’, comprese le motivazioni, e’ pubblicato integralmente nel sito web dell’autorita’ competente (3).

6. La verifica di assoggettabilita’ a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi gia’ sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilita’ di cui all’art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull’ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati (4).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 10, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 15, comma 1, lettera e) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(4) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 10, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO II

TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 13     

Redazione del rapporto ambientale (1)

Art. 13

1. Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi dell’attuazione del piano o programma, il proponente e/o l’autorita’ procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell’attivita’ di elaborazione di piani e programmi, con l’autorita’ competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale.

2. La consultazione, salvo quanto diversamente concordato, si conclude entro novanta giorni dall’invio del rapporto preliminare di cui al comma 1 del presente articolo (2).

3. La redazione del rapporto ambientale spetta al proponente o all’autorita’ procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il rapporto ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e ne accompagna l’intero processo di elaborazione ed approvazione.

4. Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l’attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, nonche’ le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma stesso. L’allegato VI al presente decreto riporta le informazioni da fornire nel rapporto ambientale a tale scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma. Il Rapporto ambientale da’ atto della consultazione di cui al comma 1 ed evidenzia come sono stati presi in considerazione i contributi pervenuti. Per evitare duplicazioni della valutazione, possono essere utilizzati, se pertinenti, approfondimenti gia’ effettuati ed informazioni ottenute nell’ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative (3).

5. La proposta di piano o di programma e’ comunicata, anche secondo modalita’ concordate, all’autorita’ competente. La comunicazione comprende il rapporto ambientale e una sintesi non tecnica dello stesso. Dalla data pubblicazione dell’avviso di cui all’articolo 14, comma 1, decorrono i tempi dell’esame istruttorio e della valutazione. La proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale sono altresi’ messi a disposizione dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico interessato affinche’ questi abbiano l’opportunita’ di esprimersi.

6. La documentazione e’ depositata presso gli uffici dell’autorita’ competente e presso gli uffici delle regioni e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 11, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 11, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO II

TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 14     

Consultazione (1)

Art. 14

1. Contestualmente alla comunicazione di cui all’articolo 13, comma 5, l’autorita’ procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della regione o provincia autonoma interessata. L’avviso deve contenere: il titolo della proposta di piano o di programma, il proponente, l’autorita’ procedente, l’indicazione delle sedi ove puo’ essere presa visione del piano o programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si puo’ consultare la sintesi non tecnica.

2. L’autorita’ competente e l’autorita’ procedente mettono, altresi’, a disposizione del pubblico la proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione sul proprio sito web.

3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso di cui al comma 1, chiunque puo’ prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni in forma scritta, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi (2).

4. In attuazione dei principi di economicita’ e di semplificazione, le procedure di deposito, pubblicita’ e partecipazione, eventualmente previste dalle vigenti disposizioni anche regionali per specifici piani e programmi, si coordinano con quelle di cui al presente articolo, in modo da evitare duplicazioni ed assicurare il rispetto dei termini previsti dal comma 3 del presente articolo e dal comma 1 dell’articolo 15. Tali forme di pubblicita’ tengono luogo delle comunicazioni di cui all’articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell’articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (3).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 12, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 12, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO II

TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 15     

Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti i risultati della consultazione (1)

Art. 15

1. L’autorita’ competente, in collaborazione con l’autorita’ procedente, svolge le attivita’ tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonche’ le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell’articolo 14 e dell’articolo 32, nonche’ i risultati delle consultazioni transfrontaliere di cui al medesimo articolo 32 ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di novanta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui all’articolo 14. La tutela avverso il silenzio dell’Amministrazione e’ disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo (2).

2. L’autorita’ procedente, in collaborazione con l’autorita’ competente, provvede, prima della presentazione del piano o programma per l’approvazione e tenendo conto delle risultanze del parere motivato di cui al comma 1 e dei risultati delle consultazioni transfrontaliere, alle opportune revisioni del piano o programma (3).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 13, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 13, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO II

TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 16     

Decisione (1)

Art. 16

1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell’ambito della consultazione, sono trasmessi all’organo competente all’adozione o approvazione del piano o programma.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO II

TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 17     

Informazione sulla decisione (1)

Art. 17

1. La decisione finale e’ pubblicata nei siti web delle autorita’ interessate con indicazione del luogo in cui e’ possibile prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione oggetto dell’istruttoria. Sono inoltre rese pubbliche [, anche] attraverso la pubblicazione sui siti web della autorita’ interessate (2):

a) il parere motivato espresso dall’autorita’ competente;

b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si e’ tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, nonche’ le ragioni per le quali e’ stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate;

c) le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all’articolo 18.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Alinea modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera f), numeri 1) e 2) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO II

TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 18     

Monitoraggio (1)

Art. 18

1. Il monitoraggio assicura il controllo sugli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilita’ prefissati, cosi’ da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive. Il monitoraggio e’ effettuato dall’Autorita’ procedente in collaborazione con l’Autorita’ competente anche avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (2).

2. Il piano o programma individua le responsabilita’ e la sussistenza delle le risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio.

3. Delle modalita’ di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 e’ data adeguata informazione attraverso i siti web dell’autorita’ competente e dell’autorita’ procedente e delle Agenzie interessate.

4. Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel caso di eventuali modifiche al piano o programma e comunque sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o programmazione.

(1) Articolo abrogato e sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 15, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 19     

Modalita’ di svolgimento (1)

Art. 19

1. La valutazione d’impatto ambientale comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 20 a 28:

a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita’ limitatamente alle ipotesi di cui all’art. 6, comma 7 (2);

b) la definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale;

c) la presentazione e la pubblicazione del progetto;

d) lo svolgimento di consultazioni;

f) la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni;

g) la decisione;

h) l’informazione sulla decisione;

i) il monitoraggio.

2. Per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si e’ conclusa positivamente la procedura di VAS, il giudizio di VIA negativo ovvero il contrasto di valutazione su elementi gia’ oggetto della VAS e’ adeguatamente motivato.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 16, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 20     

Verifica di assoggettabilita’ (1)

Art. 20.

1. Il proponente trasmette all’autorita’ competente il progetto preliminare, lo studio preliminare ambientale in formato elettronico, ovvero nei casi di particolare difficolta’ di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, nel caso di progetti (2):

a) elencati nell’allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per piu’ di due anni;

b) inerenti le modifiche o estensioni dei progetti elencati all’Allegato II la cui realizzazione potenzialmente puo’ produrre effetti negativi e significativi sull’ambiente (3);

c) elencati nell’allegato IV, secondo le modalita’ stabilite dalle Regioni e dalle Province autonome, tenendo conto dei commi successivi del presente articolo (4).

2. Dell’avvenuta trasmissione di cui al comma 1 e’ dato sintetico avviso nel sito web dell’autorita’ competente. Tale forma di pubblicita’ tiene luogo delle comunicazioni di cui all’articolo 7 e ai commi 3 e 4 dell’articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nell’avviso sono indicati il proponente, la procedura, la data di trasmissione della documentazione di cui al comma 1, la denominazione del progetto, la localizzazione, una breve descrizione delle sue caratteristiche, le sedi e le modalita’ per la consultazione degli atti nella loro interezza e i termini entro i quali e’ possibile presentare osservazioni. In ogni caso, copia integrale degli atti e’ depositata presso i comuni ove il progetto e’ localizzato. Nel caso dei progetti di competenza statale la documentazione e’ depositata anche presso la sede delle regioni e delle province ove il progetto e’ localizzato. L’intero progetto preliminare, esclusi eventuali dati coperti da segreto industriale, disponibile in formato digitale, e lo studio preliminare ambientale sono pubblicati nel sito web dell’autorita’ competente (5).

3. Entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di cui al comma 2 chiunque abbia interesse puo’ far pervenire le proprie osservazioni.

4. L’autorita’ competente nei successivi quarantacinque giorni, sulla base degli elementi di cui all’allegato V del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il progetto abbia possibili effetti negativi e significativi sull’ambiente. Entro la scadenza del termine l’autorita’ competente deve comunque esprimersi. L’autorita’ competente puo’, per una sola volta, richiedere integrazioni documentali o chiarimenti al proponente, entro il termine previsto dal comma 3. In tal caso, il proponente provvede a depositare la documentazione richiesta presso gli uffici di cui ai commi 1 e 2 entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3. L’Autorita’ competente si pronuncia entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine previsto per il deposito della documentazione da parte del proponente. La tutela avverso il silenzio dell’Amministrazione e’ disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo (6).

5. Se il progetto non ha impatti negativi e significativi sull’ambiente [o non costituisce modifica sostanziale], l’autorita’ compente dispone l’esclusione dalla procedura di valutazione ambientale e, se del caso, impartisce le necessarie prescrizioni (7).

6. Se il progetto ha possibili negativi e significativi sull’ambiente [o costituisce modifica sostanziale] si applicano le disposizioni degli articoli da 21 a 28 (8).

7. Il provvedimento di assoggettabilita’, comprese le motivazioni, e’ pubblico a cura dell’autorita’ competente mediante:

a) un sintetico avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione o della provincia autonoma;

b) con la pubblicazione integrale sul sito web dell’autorita’ competente.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Alinea modificato dall’articolo 2, comma 17, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 17, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 17, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(5) Comma sostituito dal’articolo 15, comma 1, lettera g), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(6) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 17, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(7) Comma modificato dall’articolo 2, comma 17, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(8) Comma modificato dall’articolo 2, comma 17, lettera f), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 21     

Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale (1)

Art. 21.

1. Sulla base del progetto preliminare, dello studio preliminare ambientale e di una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il piano di lavoro per la redazione dello studio di impatto ambientale, il proponente ha la facolta’ di richiedere una fase di consultazione con l’autorita’ competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni da includere, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare. La documentazione presentata dal proponente in formato elettronico, ovvero nei casi di particolare difficolta’ di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, include l’elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati necessari alla realizzazione ed esercizio del progetto (2).

2. L’autorita’ competente all’esito delle attivita’ di cui al comma 1 (3):

a) si pronuncia sulle condizioni per l’elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale;

b) esamina le principali alternative, compresa l’alternativa zero;

c) sulla base della documentazione disponibile, verifica, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto, l’esistenza di eventuali elementi di incompatibilita’;

d) in carenza di tali elementi, indica le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso, senza che cio’ pregiudichi la definizione del successivo procedimento.

3. Le informazioni richieste tengono conto della possibilita’ per il proponente di raccogliere i dati richiesti e delle conoscenze e dei metodi di valutazioni disponibili .

4. La fase di consultazione di cui al comma 1 si conclude entro sessanta giorni e, allo scadere di tale termine, si passa alla fase successiva (4).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 18, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Alinea modificato dall’articolo 2, comma 18, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 18, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 22     

Studio di impatto ambientale (1)

Art. 22.

1. La redazione dello studio di impatto ambientale, insieme a tutti gli altri documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento, ed i costi associati sono a carico del proponente il progetto.

2. Lo studio di impatto ambientale, e’ predisposto, secondo le indicazioni di cui all’allegato VII del presente decreto e nel rispetto degli esiti della fase di consultazione definizione dei contenuti di cui all’articolo 21, qualora attivata.

3. Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni:

a) una descrizione del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue dimensioni;

b) una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli impatti negativi rilevanti;

c) i dati necessari per individuare e valutare i principali impatti sull’ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto puo’ produrre, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio;

d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale;

e) una descrizione delle misure previste per il monitoraggio.

4. Ai fini della predisposizione dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati necessari per l’espletamento della fase di valutazione, il proponente ha facolta’ di accedere ai dati ed alle informazioni disponibili presso la pubblica amministrazione, secondo quanto disposto dalla normativa vigente in materia.

5. Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali del progetto e dei dati ed informazioni contenuti nello studio stesso inclusi elaborati grafici. La documentazione dovra’ essere predisposta al fine consentirne un’agevole comprensione da parte del pubblico ed un’agevole riproduzione.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 23     

Presentazione dell’istanza (1)

Art. 23

1. L’istanza e’ presentata dal proponente l’opera o l’intervento all’autorita’ competente. Ad essa sono allegati il progetto definitivo, lo studio di impatto ambientale, la sintesi non tecnica e copia dell’avviso a mezzo stampa, di cui all’articolo 24, commi 1 e 2. Dalla data della presentazione decorrono i termini per l’informazione e la partecipazione, la valutazione e la decisione.

2. Alla domanda e’ altresi’ allegato l’elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati, gia’ acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione e dell’esercizio dell’opera o intervento, nonche’ [di] una copia in formato elettronico, su idoneo supporto, degli elaborati, conforme agli originali presentati (2).

3. La documentazione e’ depositata su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficolta’ di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, [in un congruo numero di copie,] a seconda dei casi, presso gli uffici dell’autorita’ competente, delle regioni, delle province e dei comuni il cui territorio sia anche solo parzialmente interessato dal progetto o dagli impatti della sua attuazione (3).

4. Entro trenta giorni l’autorita’ competente verifica la completezza della documentazione e l’avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell’art. 33. Qualora l’istanza risulti incompleta, l’autorita’ competente richiede al proponente la documentazione integrativa da presentare entro un termine non superiore a trenta giorni e comunque correlato alla complessita’ delle integrazioni richieste. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti e, l’istanza si intende ritirata. E’ fatta salva la facolta’ per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessita’ della documentazione da presentare (4).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 19, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 19, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 19, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 24     

Consultazione (1)

Art. 24

1. Contestualmente alla presentazione di cui all’articolo 23, comma 1, del progetto deve essere data notizia a mezzo stampa e su sito web dell’autorita’ competente. Tali forme di pubblicita’ tengono luogo delle comunicazioni di cui all’articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell’articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (2).

2. Le pubblicazioni a mezzo stampa vanno eseguite a cura e spese del proponente. Nel caso di progetti di competenza statale, la pubblicazione va eseguita su un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione regionale per ciascuna regione direttamente interessata. Nel caso di progetti per i quali la competenza allo svolgimento della valutazione ambientale spetta alle regioni, si provvedera’ con la pubblicazione su un quotidiano a diffusione regionale o provinciale.

3. La pubblicazione di cui al comma 1 deve indicare il proponente, la procedura, la data di presentazione dell’istanza, la denominazione del progetto, la localizzazione e una breve descrizione del progetto e dei suoi possibili principali impatti ambientali, le sedi e le modalita’ per la consultazione degli atti nella loro interezza e i termini entro i quali e’ possibile presentare osservazioni (3).

4. Entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione di cui all’articolo 23, chiunque abbia interesse puo’ prendere visione del progetto e del relativo studio ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.

5. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale deve tenere in conto le osservazioni pervenute, considerandole contestualmente, singolarmente o per gruppi.

6. L’autorita’ competente puo’ disporre che la consultazione avvenga mediante lo svolgimento di-un’inchiesta pubblica per l’esame dello studio di impatto ambientale, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e delle osservazioni dei cittadini. senza che cio’ comporti interruzioni o sospensioni dei termini per l’istruttoria.

7. L’inchiesta di cui al comma 6 si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, che sono acquisiti e valutati ai fini del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale.

8. Il proponente, qualora non abbia luogo l’inchiesta di cui al comma 6, puo’, anche su propria richiesta, essere chiamato, prima della conclusione della fase di valutazione, ad un sintetico contraddittorio con i soggetti che hanno presentato pareri o osservazioni. Il verbale del contraddittorio e’ acquisito e valutato ai fini del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale.

9. Entro trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 4, il proponente puo’ chiedere di modificare gli elaborati, anche a seguito di osservazioni o di rilievi emersi nel corso dell’inchiesta pubblica o del contraddittorio di cui al comma 8. Se accoglie l’istanza, l’autorita’ competente fissa per l’acquisizione degli elaborati un termine non superiore a quarantacinque giorni, prorogabili su istanza del proponente per giustificati motivi, ed emette il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione degli elaborati modificati (4).

9-bis. L’autorita’ competente, ove ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone che il proponente ne depositi copia ai sensi dell’articolo 23, comma 3 e, contestualmente, dia avviso dell’avvenuto deposito secondo le modalita’ di cui ai commi 2 e 3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del progetto, emendato ai sensi del comma 9, chiunque abbia interesse puo’ prendere visione del progetto e del relativo studio ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi in relazione alle sole modifiche apportate agli elaborati ai sensi del comma 9. In questo caso, l’autorita’ competente esprime il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale entro novanta giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni (5).

10. Sul suo sito web, l’autorita’ competente pubblica la documentazione presentata, ivi comprese le osservazioni, le eventuali controdeduzioni e le modifiche eventualmente apportate al progetto, disciplinate dai commi 4, 8, 9, e 9-bis (6).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 20, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 15, comma 1, lettera h), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(4) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 20, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(5) Comma inserito dall’articolo 2, comma 20, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(6) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 20, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 25     

Valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti della consultazione (1)

Art. 25

1. Le attivita’ tecnico-istruttorie per la valutazione d’impatto ambientale sono svolte dall’autorita’ competente.

2. L’autorita’ competente acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell’articolo 24, nonche’, nel caso dei progetti di competenza dello Stato, il parere delle regioni interessate, che dovra’ essere reso entro novanta giorni dalla presentazione di cui all’articolo 23, comma 1. L’autorita’ competente comunica alla Regione interessata che il proponente ha apportato modifiche sostanziali al progetto e fissa il termine di sessanta giorni, decorrente dalla comunicazione, entro il quale la Regione puo’ esprimere un ulteriore parere (2).

3. Contestualmente alla pubblicazione di cui all’articolo 24, il proponente, affinche’ l’autorita’ competente ne acquisisca le determinazioni, trasmette l’istanza, completa di allegati, a tutti i soggetti competenti in materia ambientale interessati, qualora la realizzazione del progetto preveda autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale. Le amministrazioni rendono le proprie determinazioni entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza di cui all’articolo 23, comma 1, ovvero nell’ambito della Conferenza dei servizi istruttoria eventualmente indetta a tal fine dall’autorita’ competente. Entro il medesimo termine il Ministero per i beni e le attivita’ culturali si esprime ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e negli altri casi previsti dal medesimo decreto. A seguito di modificazioni ovvero integrazioni eventualmente presentate dal proponente, ovvero richieste dall’autorita’ competente, ove l’autorita’ competente ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali, sono concessi alle Amministrazioni di cui al presente comma, ulteriori quarantacinque giorni dal deposito delle stesse per l’eventuale revisione dei pareri resi (3).

3-bis. Qualora le amministrazioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo non si siano espresse nei termini ivi previsti ovvero abbiano manifestato il proprio dissenso, l’autorita’ competente procede comunque a norma dell’articolo 26 (3).

4. L’autorita’ competente puo’ concludere con le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attivita’ di interesse comune ai fini della semplificazione delle procedure.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 21, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma inserito dall’articolo 2, comma 21, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 26     

Decisione (1)

Art. 26

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 24, l’autorita’ competente conclude con provvedimento espresso e motivato il procedimento di valutazione dell’impatto ambientale nei centocinquanta giorni successivi alla presentazione dell’istanza di cui all’articolo 23, comma 1. Nei casi in cui e’ necessario procedere ad accertamenti ed indagini di particolare complessita’, l’autorita’ competente, con atto motivato, dispone il prolungamento del procedimento di valutazione sino ad un massimo di ulteriori sessanta giorni dandone comunicazione al proponente (3).

2. L’inutile decorsodei termini previsti dal presente articolo ovvero dall’articolo 24» e all’ultimo periodo, le parole «e del principio della fissazione di un termine del procedimento, implica l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all’organo competente ad adempire entro il termine di venti giorni. Per i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale in sede non statale, si applicano le disposizioni di cui al periodo precedente fino all’entrata in vigore di apposite norme regionali e delle province autonome, da adottarsi nel rispetto della disciplina comunitaria vigente in materia e dei principi richiamati all’articolo 7, comma 7, lettera e) del presente decreto (4).

2-bis. La tutela avverso il silenzio dell’Amministrazione e’ disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo (5).

3. L’autorita’ competente puo’ richiedere al proponente entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all’articolo 24, comma 4, in un’unica soluzione, integrazioni alla documentazione presentata, con l’indicazione di un termine per la risposta che non puo’ superare i quarantacinque giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori quarantacinque giorni. L’autorita’ competente esprime il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione degli elaborati modificati (6).

3-bis. L’autorita’ competente, ove ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone che il proponente depositi copia delle stesse ai sensi dell’articolo 23, comma 3, e, contestualmente, dia avviso dell’avvenuto deposito secondo le modalita’ di cui all’articolo 24, commi 2 e 3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del progetto emendato ai sensi del presente articolo, chiunque abbia interesse puo’ prendere visione del progetto e del relativo studio di impatto ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi in relazione alle sole modifiche apportate agli elaborati ai sensi del comma 3. In questo caso, l’autorita’ competente esprime il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale entro novanta giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni (7).

3-ter. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle richieste di integrazioni da parte dell’autorita’ competente, non presentando gli elaborati modificati, o ritiri la domanda, non si procede all’ulteriore corso della valutazione (8).

4. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell’impianto (9).

5. Il provvedimento contiene le condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonche’ quelle relative ad eventuali malfunzionamenti. In nessun caso puo’ farsi luogo all’inizio dei lavori senza che sia intervenuto il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale.

6. I progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento puo’ stabilire un periodo piu’ lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall’autorita’ che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale deve essere reiterata. I termini di cui al presente comma si applicano ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (2).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 23, comma 21-quinquies, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102 .

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 22, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 22, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(5) Comma insrito dall’articolo 2, comma 22, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(6) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 22, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(7) Comma inserito dall’articolo 2, comma 22, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(8) Comma inserito dall’articolo 2, comma 22, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(9) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 22, lettera f), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 27     

Informazione sulla decisione (1)

Art. 27

1. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale e’ pubblicato per estratto, con indicazione dell’opera, dell’esito del provvedimento e dei luoghi ove lo stesso potra’ essere consultato nella sua interezza, a cura del proponente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione, per i progetti di rispettiva competenza. Dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ovvero dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati.

2. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale deve essere pubblicato per intero e su sito web dell’autorita’ competente indicando la sede ove si possa prendere visione di tutta la documentazione oggetto dell’istruttoria e delle valutazioni successive.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 28     

Monitoraggio (1)

Art. 28

1. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale contiene ogni opportuna indicazione per la progettazione e lo svolgimento delle attivita’ di controllo e monitoraggio degli impatti. Il monitoraggio assicura, anche avvalendosi dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e del sistema delle Agenzie ambientali, il controllo sugli impatti ambientali significativi sull’ambiente provocati dalle opere approvate, nonche’ la corrispondenza alle prescrizioni espresse sulla compatibilita’ ambientale dell’opera, anche, al fine di individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e di consentire all’autorita’ competente di essere in grado di adottare le opportune misure correttive (2).

1-bis. In particolare, qualora dalle attivita’ di cui al comma 1 risultino impatti negativi ulteriori e diversi, ovvero di entita’ significativamente superiore, rispetto a quelli previsti e valutati nel provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale, l’autorita’ competente, acquisite informazioni e valutati i pareri resi puo’ modificare il provvedimento ed apporvi condizioni ulteriori rispetto a quelle di cui al comma 5 dell’articolo 26. Qualora dall’esecuzione dei lavori ovvero dall’esercizio dell’attivita’ possano derivare gravi ripercussioni negative, non preventivamente valutate, sulla salute pubblica e sull’ambiente, l’autorita’ competente puo’ ordinare la sospensione dei lavori o delle attivita’ autorizzate, nelle more delle determinazioni correttive da adottare (3).

2. Delle modalita’ di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 e’ data adeguata informazione attraverso i siti web dell’autorita’ competente e dell’autorita’ procedente e delle Agenzie interessate.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 23, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma inserito dall’articolo 2, comma 23, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III

Titolo III

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 29     

Controlli e sanzioni (1)

Art. 29

1. La valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere ed interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.

2. Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, l’autorita’ competente esercita il controllo sull’applicazione delle disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto nonche’ sull’osservanza delle prescrizioni impartite in sede di verifica di assoggettabilita’ e di valutazione. Per l’effettuazione dei controlli l’autorita’ competente puo’ avvalersi, nel quadro delle rispettive competenze, del sistema agenziale.

3. Qualora si accertino violazioni delle prescrizioni impartite o modifiche progettuali tali da incidere sugli esiti e sulle risultanze finali delle fasi di verifica di assoggettabilita’ e di valutazione, l’autorita’ competente, previa eventuale sospensione dei lavori, impone al proponente l’adeguamento dell’opera o intervento, stabilendone i termini e le modalita’. Qualora il proponente non adempia a quanto imposto, l’autorita’ competente provvede d’ufficio a spese dell’inadempiente. Il recupero di tali spese e’ effettuato con le modalita’ e gli effetti previsti dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.

4. Nel caso di opere ed interventi realizzati senza la previa sottoposizione alle fasi di verifica di assoggettabilita’ o di valutazione in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, nonche’ nel caso di difformita’ sostanziali da quanto disposto dai provvedimenti finali, l’autorita’ competente, valutata l’entita’ del pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente alla applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e puo’ disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalita’. In caso di inottemperanza, l’autorita’ competente provvede d’ufficio a spese dell’inadempiente. Il recupero di tali spese e’ effettuato con le modalita’ e gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.

5. In caso di annullamento in sede giurisdizionale o di autotutela di autorizzazioni o concessioni rilasciate previa valutazione di impatto ambientale o di annullamento del giudizio di compatibilita’ ambientale, i poteri di cui al comma 4 sono esercitati previa nuova valutazione di impatto ambientale.

6. Resta, in ogni caso, salva l’applicazione di sanzioni previste dalle norme vigenti.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 bis     

Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili (1)

Articolo 29-bis

1. L’autorizzazione integrata ambientale e’ rilasciata tenendo conto di quanto indicato all’Allegato XI alla Parte Seconda e le relative condizioni sono definite avendo a riferimento le Conclusioni sulle BAT, salvo quanto previsto all’articolo 29-sexies, comma 9-bis, e all’articolo 29-octies. Nelle more della emanazione delle conclusioni sulle BAT l’autorita’ competente utilizza quale riferimento per stabilire le condizioni dell’autorizzazione le pertinenti conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione europea in attuazione dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE o dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE (2).

2. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa consultazione delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale degli operatori delle installazioni interessate, possono essere determinati requisiti generali, per talune categorie di installazioni, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione, purche’ siano garantiti un approccio integrato ed una elevata protezione equivalente dell’ambiente nel suo complesso. I requisiti generali si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza prescrivere l’utilizzo di alcuna tecnica o tecnologia specifica, al fine di garantire la conformita’ con l’articolo 29-sexies. Per le categorie interessate, salva l’applicazione dell’articolo 29-septies, l’autorita’ competente rilascia l’autorizzazione in base ad una semplice verifica di conformita’ dell’istanza con i requisiti generali (3).

2-bis. I decreti di cui al comma 2 sono aggiornati entro sei mesi dall’emanazione delle pertinenti conclusioni sulle BAT da parte della Commissione europea, al fine di tener conto dei progressi delle migliori tecniche disponibili e garantire la conformita’ con l’articolo 29-octies, ed inoltre contengono un esplicito riferimento alla direttiva 2010/75/UE all’atto della pubblicazione ufficiale. Decorso inutilmente tale termine e fino al loro aggiornamento, i decreti gia’ emanati ai sensi del comma 2 assumono, per installazioni pertinenti a tali conclusioni sulle BAT, una mera valenza informativa e conseguentemente non trova piu’ applicazione l’ultimo periodo del comma 2 (4).

3. Per le discariche di rifiuti da autorizzare ai sensi del presente titolo, si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente titolo se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 fino all’emanazione delle relative conclusioni sulle BAT (5).

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) Comma modificato dall’articolo 7, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 ter     

Domanda di autorizzazione integrata ambientale (1)

Articolo 29-ter

1. Ai fini dell’esercizio delle nuove installazioni di nuovi impianti, della modifica sostanziale e dell’adeguamento del funzionamento degli impianti delle installazioni esistenti alle disposizioni del presente decreto, si provvede al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale di cui all’articolo 29-sexies. Fatto salvo quanto disposto al comma 4 e ferme restando le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, la domanda deve contenere le seguenti informazioni:

a) descrizione dell’installazione e delle sue attivita’, specificandone tipo e portata;

b) descrizione delle materie prime e ausiliarie, delle sostanze e dell’energia usate o prodotte dall’installazione;

c) descrizione delle fonti di emissione dell’installazione;

d) descrizione dello stato del sito di ubicazione dell’installazione;

e) descrizione del tipo e dell’entita’ delle prevedibili emissioni dell’installazione in ogni comparto ambientale nonche’ un’identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull’ambiente;

f) descrizione della tecnologia e delle altre tecniche di cui si prevede l’uso per prevenire le emissioni dall’installazione oppure, qualora cio’ non fosse possibile, per ridurle;

g) descrizione delle misure di prevenzione, di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di recupero dei rifiuti prodotti dall’installazione;

h) descrizione delle misure previste per controllare le emissioni nell’ambiente nonche’ le attivita’ di autocontrollo e di controllo programmato che richiedono l’intervento dell’ente responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29-decies, comma 3;

i) descrizione delle principali alternative alla tecnologia, alle tecniche e alle misure proposte, prese in esame dal gestore in forma sommaria;

l) descrizione delle altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all’articolo 6, comma 16;

m) se l’attivita’ comporta l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose e, tenuto conto della possibilita’ di contaminazione del suolo e delle acque sotterrane nel sito dell’installazione, una relazione di riferimento elaborata dal gestore prima della messa in esercizio dell’installazione o prima del primo aggiornamento dell’autorizzazione rilasciata, per la quale l’istanza costituisce richiesta di validazione. L’autorita’ competente esamina la relazione disponendo nell’autorizzazione o nell’atto di aggiornamento, ove ritenuto necessario ai fini della sua validazione, ulteriori e specifici approfondimenti (2).

2. La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a l) del comma 1 e l’indicazione delle informazioni che ad avviso del gestore non devono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della proprieta’ intellettuale e, tenendo conto delle indicazioni contenute nell’articolo 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce all’autorita’ competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate, ai fini dell’accessibilita’ al pubblico.

3. Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attivita’ industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001 e successive modifiche, nonche’ altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o piu’ requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, tali dati possono essere utilizzati ai fini della presentazione della domanda e possono essere inclusi nella domanda o essere ad essa allegati.

4. Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l’autorita’ competente verifica la completezza della stessa e della documentazione allegata. Qualora queste risultino incomplete, l’autorita’ competente ovvero, nel caso di impianti di competenza statale, la Commissione di cui all’art. 8-bis potra’ chiedere apposite integrazioni, indicando un termine non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine indicato il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l’istanza si intende ritirata. E’ fatta salva la facolta’ per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessita’ della documentazione da presentare.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 2, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 quater     

Procedura per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (1)

Articolo 29-quater

1. Per le installazioni di competenza statale la domanda e’ presentata all’autorita’ competente per mezzo di procedure telematiche, con il formato e le modalita’ stabiliti con il decreto di cui all’articolo 29-duodecies, comma 2 (2).

2. L’autorita’ competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del pubblico. Tale consultazione e’ garantita anche mediante pubblicazione sul sito internet dell’autorita’ competente almeno per quanto riguarda il contenuto della decisione, compresa una copia dell’autorizzazione e degli eventuali successivi aggiornamenti, e gli elementi di cui alle lettere b), e), f) e g) del comma 13 (3).

3. L’autorita’ competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda ovvero, in caso di riesame ai sensi dell’articolo 29-octies, comma 4, contestualmente all’avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e la sede degli uffici di cui al comma 2. “Entro il termine di quindici giorni dalla data di avvio del procedimento, l’autorita’ competente pubblica nel proprio sito web l’indicazione della localizzazione dell’installazione e il nominativo del gestore, nonche’ gli uffici individuati ai sensi del comma 2 ove e’ possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicita’ tengono luogo delle comunicazioni di cui all’ articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell’articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Le informazioni pubblicate dal gestore ai sensi del presente comma sono altresi’ pubblicate dall’autorita’ competente nel proprio sito web. E’ in ogni caso garantita l’unicita’ della pubblicazione per gli impianti di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto (4).

4. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui al comma 3, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all’autorita’ competente, osservazioni sulla domanda.

5. La convocazione da parte dell’autorita’ competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, di apposita Conferenza di servizi, alla quale sono invitate le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell’interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto richiedente l’autorizzazione, nonche’, per le installazioni di competenza regionale, le altre amministrazioni competenti per il rilascio dei titoli abilitativi richiesti contestualmente al rilascio dell’AIA, ha luogo ai sensi degli articoli 14, 14-ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Per le installazioni soggette alle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, ferme restando le relative disposizioni, al fine di acquisire gli elementi di valutazione ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 8, e di concordare preliminarmente le condizioni di funzionamento dell’installazione, alla conferenza e’ invitato un rappresentante della rispettiva autorita’ competente (5).

6. Nell’ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonche’ la proposta dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalita’ di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell’ambiente (6).

7. In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell’autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, puo’, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell’autorizzazione, chiedere all’autorita’ competente di riesaminare l’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’articolo 29-octies (7).

8. Nell’ambito della Conferenza dei servizi, l’autorita’ competente puo’ richiedere integrazioni alla documentazione, anche al fine di valutare la applicabilita’ di specifiche misure alternative o aggiuntive, indicando il termine massimo non superiore a novanta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso, il termine di cui al comma 10 resta sospeso fino alla presentazione della documentazione integrativa (8).

[9. Salvo quanto diversamente concordato, la Conferenza dei servizi di cui al comma 5 deve concludersi entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine previsto dal comma 4 per la presentazione delle osservazioni.] (9)

10. L’autorita’ competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di autorizzazione integrata ambientale entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda (10).

11. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell’elenco dell’Allegato IX alla Parte Seconda del presente decreto. A tal fine il provvedimento di autorizzazione integrata ambientale richiama esplicitamente le eventuali condizioni, gia’ definite nelle autorizzazioni sostituite, la cui necessita’ permane. Inoltre le autorizzazioni integrate ambientali sostituiscono la comunicazione di cui all’articolo 216 (11).

12. Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalita’ previste dal presente decreto per la protezione dell’ambiente, nonche’, la data entro la quale le prescrizioni debbono essere attuate (12).

13. Copia dell’autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, e’ messa tempestivamente a disposizione del pubblico, presso l’ufficio di cui al comma 2. Presso il medesimo ufficio sono inoltre rese disponibili:

a) informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento;

b) i motivi su cui e’ basata la decisione;

c) i risultati delle consultazioni condotte prima dell’adozione della decisione e una spiegazione della modalita’ con cui se ne e’ tenuto conto nella decisione;

d) il titolo dei documenti di riferimento sulle BAT pertinenti per l’installazione o l’attivita’ interessati;

e) il metodo utilizzato per determinare le condizioni di autorizzazione di cui all’articolo 29-sexies, ivi compresi i valori limite di emissione, in relazione alle migliori tecniche disponibili e ai livelli di emissione ivi associati;

f) se e’ concessa una deroga ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 10, i motivi specifici della deroga sulla base dei criteri indicati in detto comma e le condizioni imposte;

g) le informazioni pertinenti sulle misure adottate dal gestore, in applicazione dell’articolo 29-sexies, comma 13, al momento della cessazione definitiva delle attivita’;

h) i risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni di autorizzazione e in possesso dell’autorita’ competente (13)

14. L’autorita’ competente puo’ sottrarre all’accesso le informazioni, in particolare quelle relative agli impianti militari di produzione di esplosivi di cui al punto 4.6 dell’allegato VIII, qualora cio’ si renda necessario per l’esigenza di salvaguardare ai sensi dell’articolo 24, comma 6, lettera a), della legge 7 agosto 1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. L’autorita’ competente puo’ inoltre sottrarre all’accesso informazioni non riguardanti le emissioni dell’impianto nell’ambiente, per ragioni di tutela della proprieta’ intellettuale o di riservatezza industriale, commerciale o personale.

15. In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessita’ e del preminente interesse nazionale dell’impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d’intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformita’ con gli interessi fondamentali della collettivita’, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l’autorita’ competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il necessario coordinamento tra l’attuazione dell’accordo e la procedura di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.

Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma 10 sono raddoppiati.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma modificato dall’articolo 7, comma 3, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(3) Comma modificato dall’articolo 7, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(4) Comma modificato dall’articolo 7, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(5) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 3, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(6) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 3, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(7) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 3, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(8) Comma modificato dall’articolo 7, comma 3, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(9) Comma soppresso dall’articolo 7, comma 3, lettera g), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(10) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 3, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(11) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 3, lettera i), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(12) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 3, lettera i), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(13) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 3, lettera i), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 quinquies     

Coordinamento per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale (1)

Articolo 29-quinquies

1. E’ istituito, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Coordinamento tra i rappresentanti di tale Ministero, di ogni regione e provincia autonoma e dell’Unione delle province italiane (UPI). Partecipano al Coordinamento rappresentanti dell’ISPRA, nonche’, su indicazione della regione o provincia autonoma di appartenenza, rappresentanti delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente. Il Coordinamento opera attraverso l’indizione di riunioni periodiche e la creazione di una rete di referenti per lo scambio di dati e di informazioni.

2. Il Coordinamento previsto dal comma 1 assicura, anche mediante gruppi di lavoro, l’elaborazione di indirizzi e di linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame congiunto di temi connessi all’applicazione del presente Titolo, anche al fine di garantire un’attuazione coordinata e omogenea delle nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e le relative conseguenze.

3. Ai soggetti che partecipano, a qualsiasi titolo, al Coordinamento previsto al comma 1 non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 7, comma 4, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 sexies     

Autorizzazione integrata ambientale (1)

Articolo 29-sexies

1. L’autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente decreto, deve includere tutte le misure necessarie a soddisfare i requisiti di cui ai seguenti commi del presente articolo nonche’ di cui agli articoli 6, comma 16, e 29-septies, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso. L’autorizzazione integrata ambientale di attivita’ regolamentate dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all’allegato B del medesimo decreto, solo quando cio’ risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale (2).

[2. In caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, se sottoposti alla normativa in materia di valutazione d’impatto ambientale, si applicano le disposizioni di cui all’art. 10 del presente decreto.] (3)

3. L’autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle dell’allegato X alla Parte Seconda, che possono essere emesse dall’installazione interessata in quantita’ significativa, in considerazione della loro natura e delle loro potenzialita’ di trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale all’altro, acqua, aria e suolo, nonche’ i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate ambientali non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui e’ ubicata l’installazione. Se del caso i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti (4).

3-bis. L’autorizzazione integrata ambientale contiene le ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall’impianto e per la riduzione dell’impatto acustico, nonche’ disposizioni adeguate per la manutenzione e la verifica periodiche delle misure adottate per prevenire le emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee e disposizioni adeguate relative al controllo periodico del suolo e delle acque sotterranee in relazione alle sostanze pericolose che possono essere presenti nel sito e tenuto conto della possibilita’ di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee presso il sito dell’installazione (5).

4. Fatto salvo l’articolo 29-septies, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui ai commi precedenti fanno riferimento all’applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza l’obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell’ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l’inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso.

4-bis. L’autorita’ competente fissa valori limite di emissione che garantiscono che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEL) di cui all’articolo 5, comma 1, lettera l-ter.4), attraverso una delle due opzioni seguenti:

a) fissando valori limite di emissione, in condizioni di esercizio normali, che non superano i BAT-AEL, adottino le stesse condizioni di riferimento dei BAT-AEL e tempi di riferimento non maggiori di quelli dei BAT-AEL;

b) fissando valori limite di emissione diversi da quelli di cui alla lettera a) in termini di valori, tempi di riferimento e condizioni, a patto che l’autorita’ competente stessa valuti almeno annualmente i risultati del controllo delle emissioni al fine di verificare che le emissioni, in condizioni di esercizio normali, non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (6).

4-ter. L’autorita’ competente puo’ fissare valori limite di emissione piu’ rigorosi di quelli di cui al comma 4-bis, se pertinenti, nei seguenti casi:

a) quando previsto dall’articolo 29-septies;

b) quando lo richiede il rispetto della normativa vigente nel territorio in cui e’ ubicata l’installazione o il rispetto dei provvedimenti relativi all’installazione non sostituiti dall’autorizzazione integrata ambientale (7).

4-quater. I valori limite di emissione delle sostanze inquinanti si applicano nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall’installazione e la determinazione di tali valori e’ effettuata al netto di ogni eventuale diluizione che avvenga prima di quel punto, tenendo se del caso esplicitamente conto dell’eventuale presenza di fondo della sostanza nell’ambiente per motivi non antropici. Per quanto concerne gli scarichi indiretti di sostanze inquinanti nell’acqua, l’effetto di una stazione di depurazione puo’ essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell’installazione interessata, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell’ambiente (8).

5. L’autorita’ competente rilascia l’autorizzazione integrata ambientale osservando quanto specificato nell’articolo 29-bis, commi 1, 2 e 3. In mancanza delle conclusioni sulle BAT l’autorita’ competente rilascia comunque l’autorizzazione integrata ambientale secondo quanto indicato al comma 5-ter, tenendo conto di quanto previsto nell’Allegato XI alla Parte Seconda (9).

5-bis. Se l’autorita’ competente stabilisce condizioni di autorizzazione sulla base di una migliore tecnica disponibile non descritta in alcuna delle pertinenti conclusioni sulle BAT, essa verifica che tale tecnica sia determinata prestando particolare attenzione ai criteri di cui all’Allegato XI alla Parte Seconda, e:

a) qualora le conclusioni sulle BAT applicabili contengano BAT-AEL verifica il rispetto degli obblighi di cui ai commi 4-bis e 9-bis, ovvero

b) qualora le conclusioni sulle BAT applicabili non contengano BAT-AEL verifica che la tecnica garantisca un livello di protezione dell’ambiente non inferiore a quello garantito dalle migliori tecniche disponibili descritte nelle conclusioni sulle BAT (10).

5-ter. Se un’attivita’, o un tipo di processo di produzione svolto all’interno di un’installazione non e’ previsto, ne’ da alcuna delle conclusioni sulle BAT, ne’ dalle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione europea in attuazione dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE o dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE o, se queste conclusioni non prendono in considerazione tutti gli effetti potenziali dell’attivita’ o del processo sull’ambiente, l’autorita’ competente, consultato il gestore, stabilisce le condizioni dell’autorizzazione tenendo conto dei criteri di cui all’Allegato XI (11).

6. L’autorizzazione integrata ambientale contiene gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che specificano, in conformita’ a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e basandosi sulle conclusioni sulle BAT applicabili, la metodologia e la frequenza di misurazione, le condizioni per valutare la conformita’, la relativa procedura di valutazione, nonche’ l’obbligo di comunicare all’autorita’ competente periodicamente, ed almeno una volta all’anno, i dati necessari per verificarne la conformita’ alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata nonche’, quando si applica il comma 4-bis, lettera b), una sintesi di detti risultati espressi in un formato che consenta un confronto con i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, rendendo disponibili, a tal fine, anche i risultati del controllo delle emissioni per gli stessi periodi e alle stesse condizioni di riferimento dei livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili. L’autorizzazione contiene altresi’ l’obbligo di comunicare all’autorita’ competente e ai comuni interessati, nonche’ all’ente responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29-decies, comma 3, i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’autorizzazione integrata ambientale. Tra i requisiti di controllo, l’autorizzazione stabilisce in particolare, nel rispetto del decreto di cui all’articolo 33, comma 3-bis, le modalita’ e la frequenza dei controlli programmati di cui all’articolo 29-decies, comma 3. Per gli impianti di competenza statale le comunicazioni di cui al presente comma sono trasmesse per il tramite dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. L’autorita’ competente in sede di aggiornamento dell’autorizzazione, per fissare i nuovi requisiti di controllo delle emissioni, su richiesta del gestore, tiene conto dei dati di controllo sull’installazione trasmessi per verificarne la conformita’ all’autorizzazione e dei dati relativi ai controlli delle emissioni, nonche’ dei dati reperiti durante le attivita’ di cui all’articolo 29-octies, commi 3 e 4 (12).

6-bis. Fatto salvo quanto specificato nelle conclusioni sulle BAT applicabili, l’autorizzazione integrata ambientale programma specifici controlli almeno una volta ogni cinque anni per le acque sotterranee e almeno una volta ogni dieci anni per il suolo, a meno che sulla base di una valutazione sistematica del rischio di contaminazione non siano state fissate diverse modalita’ o piu’ ampie frequenze per tali controlli (13).

6-ter. Nell’ambito dei controlli di cui al comma 6 e’ espressamente prevista un’attivita’ ispettiva presso le installazioni svolta con oneri a carico del gestore dall’autorita’ di controllo di cui all’articolo 29-decies, comma 3, e che preveda l’esame di tutta la gamma degli effetti ambientali indotti dalle installazioni interessate. Le Regioni possono prevedere il coordinamento delle attivita’ ispettive in materia di autorizzazione integrata ambientale con quelle previste in materia di valutazione di impatto ambientale e in materia di incidenti rilevanti, nel rispetto delle relative normative (14).

7. L’autorizzazione integrata ambientale contiene le misure relative alle condizioni diverse da quelle di esercizio normali, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell’installazione, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti, e per l’arresto definitivo dell’installazione. L’autorizzazione puo’, tra l’altro, ferme restando le diverse competenze in materia di autorizzazione alla demolizione e alla bonifica dei suoli, disciplinare la pulizia, la protezione passiva e la messa in sicurezza di parti dell’installazione per le quali il gestore dichiari non essere previsto il funzionamento o l’utilizzo durante la durata dell’autorizzazione stessa. Gli spazi liberabili con la rimozione di tali parti di impianto sono considerati disponibili alla realizzazione delle migliori tecniche disponibili negli stretti tempi tecnici e amministrativi necessari alla demolizione e, se del caso, alla bonifica (15).

7-bis. Fermo restando quanto prescritto agli articoli 237-sexies, comma 1, lettera e), e 237-octiedecies per gli impianti di incenerimento o coincenerimento, e’ facolta’ dell’autorita’ competente, considerata la stabilita’ d’esercizio delle tecniche adottate, l’affidabilita’ dei controlli e la mancata contestazione al gestore, nel periodo di validita’ della precedente autorizzazione, di violazioni relative agli obblighi di comunicazione, indicare preventivamente nell’autorizzazione il numero massimo, la massima durata e la massima intensita’ (comunque non eccedente il 20 per cento) di superamenti dei valori limite di emissione di cui al comma 4-bis, dovuti ad una medesima causa, che possono essere considerati, nel corso di validita’ dell’autorizzazione stessa, situazioni diverse dal normale esercizio e nel contempo non rientrare tra le situazioni di incidente o imprevisti, disciplinate dall’articolo 29-undecies (16).

8. Per le installazioni assoggettate al decreto legislativo del 17 agosto 1999, n. 334, l’autorita’ competente ai sensi di tale decreto trasmette all’autorita’ competente per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale le piu’ recenti valutazioni assunte e i provvedimenti adottati, alle cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, citate nella autorizzazione, sono armonizzate le condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale (17).

9. L’autorizzazione integrata ambientale puo’ contenere ulteriori condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dell’autorita’ competente. Ad esempio, fermo restando l’obbligo di immediato rispetto dei precedenti commi e in particolare del comma 4-bis, l’autorizzazione puo’ disporre la redazione di progetti migliorativi, da presentare ai sensi del successivo articolo 29-nonies, ovvero il raggiungimento di determinate ulteriori prestazioni ambientali in tempi fissati, impegnando il gestore ad individuare le tecniche da implementare a tal fine. In tale ultimo caso, fermo restando l’obbligo di comunicare i miglioramenti progettati, le disposizioni di cui all’articolo 29-nonies non si applicano alle modifiche strettamente necessarie ad adeguare la funzionalita’ degli impianti alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale (18).

9-bis. In casi specifici l’autorita’ competente puo’ fissare valori limite di emissione meno severi di quelli discendenti dall’applicazione del comma 4-bis, a condizione che una valutazione dimostri che porre limiti di emissione corrispondenti ai ‘livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili’ comporterebbe una maggiorazione sproporzionata dei costi rispetto ai benefici ambientali, in ragione dell’ubicazione geografica e delle condizioni ambientali locali dell’istallazione interessata e delle caratteristiche tecniche dell’istallazione interessata. In tali casi l’autorita’ competente documenta, in uno specifico allegato all’autorizzazione, le ragioni di tali scelta, illustrando il risultato della valutazione e la giustificazione delle condizioni imposte. I valori limite di emissione cosi’ fissati non superano, in ogni caso, i valori limite di emissione di cui agli allegati del presente decreto, laddove applicabili. Ai fini della predisposizione di tale allegato si fa riferimento alle linee guida di cui all’Allegato XII-bis alla Parte Seconda. Tale Allegato e’ aggiornato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro sei mesi dall’emanazione, da parte della Commissione europea, di eventuali linee guida comunitarie in materia, per garantire la coerenza con tali linee guida comunitarie. L’autorita’ competente verifica comunque l’applicazione dei principi di cui all’articolo 6, comma 16, e in particolare che non si verifichino eventi inquinanti di rilievo e che si realizzi nel complesso un elevato grado di tutela ambientale. L’applicazione del presente comma deve essere espressamente riverificata e riconfermata in occasione di ciascun pertinente riesame dell’autorizzazione (19).

9-ter. L’autorita’ competente puo’ accordare deroghe temporanee alle disposizioni del comma 4-bis e 5-bis e dell’articolo 6, comma 16, lettera a), in caso di sperimentazione e di utilizzo di tecniche emergenti per un periodo complessivo non superiore a nove mesi, a condizione che dopo il periodo specificato tale tecnica sia sospesa o che le emissioni dell’attivita’ raggiungano almeno i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (20).

9-quater. Nel caso delle installazioni di cui al punto 6.6 dell’Allegato VIII alla Parte Seconda, il presente articolo si applica fatta salva la normativa in materia di benessere degli animali (21).

9-quinquies. Fatto salvo quanto disposto alla Parte Terza ed al Titolo V della Parte Quarta del presente decreto, l’autorita’ competente stabilisce condizioni di autorizzazione volte a garantire che il gestore:

a) quando l’attivita’ comporta l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose, tenuto conto della possibilita’ di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito dell’installazione, elabori e trasmetta per validazione all’autorita’ competente la relazione di riferimento di cui all’articolo 5, comma 1, lettera v-bis), prima della messa in servizio della nuova installazione o prima dell’aggiornamento dell’autorizzazione rilasciata per l’installazione esistente;

b) al momento della cessazione definitiva delle attivita’, valuti lo stato di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte di sostanze pericolose pertinenti usate, prodotte o rilasciate dall’installazione;

c) qualora dalla valutazione di cui alla lettera b) risulti che l’installazione ha provocato un inquinamento significativo del suolo o delle acque sotterranee con sostanze pericolose pertinenti, rispetto allo stato constatato nella relazione di riferimento di cui alla lettera a), adotti le misure necessarie per rimediare a tale inquinamento in modo da riportare il sito a tale stato, tenendo conto della fattibilita’ tecnica di dette misure;

d) fatta salva la lettera c), se, tenendo conto dello stato del sito indicato nell’istanza, al momento della cessazione definitiva delle attivita’ la contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito comporta un rischio significativo per la salute umana o per l’ambiente in conseguenza delle attivita’ autorizzate svolte dal gestore anteriormente al primo aggiornamento dell’autorizzazione per l’installazione esistente, esegua gli interventi necessari ad eliminare, controllare, contenere o ridurre le sostanze pericolose pertinenti in modo che il sito, tenuto conto dell’uso attuale o dell’uso futuro approvato, cessi di comportare detto rischio;

e) se non e’ tenuto ad elaborare la relazione di riferimento di cui alla lettera a), al momento della cessazione definitiva delle attivita’ esegua gli interventi necessari ad eliminare, controllare, contenere o ridurre le sostanze pericolose pertinenti in modo che il sito, tenuto conto dell’uso attuale o dell’uso futuro approvato del medesimo non comporti un rischio significativo per la salute umana o per l’ambiente a causa della contaminazione del suolo o delle acque sotterranee in conseguenza delle attivita’ autorizzate, tenendo conto dello stato del sito di ubicazione dell’installazione indicato nell’istanza (22).

9-sexies. Con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabilite le modalita’ per la redazione della relazione di riferimento di cui all’articolo 5, comma 1, lettera v-bis), con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare con riferimento alle attivita’ di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda (23).

9-septies. A garanzia degli obblighi di cui alla lettera c del comma 9-quinquies, l’autorizzazione integrata ambientale prevede adeguate garanzie finanziarie, da prestare entro 12 mesi dal rilascio in favore della regione o della provincia autonoma territorialmente competente. Con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabiliti criteri che l’autorita’ competente dovra’ tenere in conto nel determinare l’importo di tali garanzie finanziarie (24).

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma modificato dall’articolo 7, comma 5, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(3) Comma soppresso dall’articolo 7, comma 5, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e abrogato dall’articolo 34, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 5, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(5) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(6) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(7) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(8) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(9) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(10) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(11) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(12) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(13) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(14) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(15) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(16) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(17) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 5, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(18) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(19) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(20) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(21) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(22) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(23) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(24) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 septies     

Migliori tecniche disponibili e norme di qualita’ ambientale (1)

Articolo 29-septies

1. Nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale, quali ad esempio il piano di tutela delle acque, o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessita’ di applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure piu’ rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualita’ ambientale, l’amministrazione ambientale competente, per installazioni di competenza statale, o la stessa autorita’ competente, per le altre installazioni, lo rappresenta in sede di conferenza di servizi di cui all’articolo 29-quater, comma 5.

2. Nei casi di cui al comma 1 l’autorita’ competente prescrive nelle autorizzazioni integrate ambientali degli impianti nell’area interessata, tutte le misure supplementari particolari piu’ rigorose di cui al comma 1 fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualita’ ambientale.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 7, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 octies     

Rinnovo e riesame (1)

Articolo 29-octies

1. L’autorita’ competente riesamina periodicamente l’autorizzazione integrata ambientale, confermando o aggiornando le relative condizioni.

2. Il riesame tiene conto di tutte le conclusioni sulle BAT, nuove o aggiornate, applicabili all’installazione e adottate da quando l’autorizzazione e’ stata concessa o da ultimo riesaminata, nonche’ di eventuali nuovi elementi che possano condizionare l’esercizio dell’installazione. Nel caso di installazioni complesse, in cui siano applicabili piu’ conclusioni sulle BAT, il riferimento va fatto, per ciascuna attivita’, prevalentemente alle conclusioni sulle BAT pertinenti al relativo settore industriale.

3. Il riesame con valenza, anche in termini tariffari, di rinnovo dell’autorizzazione e’ disposto sull’installazione nel suo complesso:

a) entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea delle decisioni relative alle conclusioni sulle BAT riferite all’attivita’ principale di un’installazione;

b) quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o dall’ultimo riesame effettuato sull’intera installazione.

4. Il riesame e’ inoltre disposto, sull’intera installazione o su parti di essa, dall’autorita’ competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

a) a giudizio dell’autorita’ competente ovvero, in caso di installazioni di competenza statale, a giudizio dell’amministrazione competente in materia di qualita’ della specifica matrice ambientale interessata, l’inquinamento provocato dall’installazione e’ tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell’autorizzazione o l’inserimento in quest’ultima di nuovi valori limite, in particolare quando e’ accertato che le prescrizioni stabilite nell’autorizzazione non garantiscono il conseguimento degli obiettivi di qualita’ ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;

b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni;

c) a giudizio di una amministrazione competente in materia di igiene e sicurezza del lavoro, ovvero in materia di sicurezza o di tutela dal rischio di incidente rilevante, la sicurezza di esercizio del processo o dell’attivita’ richiede l’impiego di altre tecniche;

d) sviluppi delle norme di qualita’ ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali lo esigono;

e) una verifica di cui all’articolo 29-sexies, comma 4-bis, lettera b), ha dato esito negativo senza evidenziare violazioni delle prescrizioni autorizzative, indicando conseguentemente la necessita’ di aggiornare l’autorizzazione per garantire che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni corrispondano ai “livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili.”.

5. A seguito della comunicazione di avvio del riesame da parte dell’autorita’ competente, il gestore presenta, entro il termine determinato dall’autorita’ competente in base alla prevista complessita’ della documentazione, e compreso tra 30 e 180 giorni, ovvero, nel caso in cui la necessita’ di avviare il riesame interessi numerose autorizzazioni, in base ad un apposito calendario annuale, tutte le informazioni necessarie ai fini del riesame delle condizioni di autorizzazione, ivi compresi, in particolare, i risultati del controllo delle emissioni e altri dati, che consentano un confronto tra il funzionamento dell’installazione, le tecniche descritte nelle conclusioni sulle BAT applicabili e i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili nonche’, nel caso di riesami relativi all’intera installazione, l’aggiornamento di tutte le informazioni di cui all’articolo 29-ter, comma 1. Nei casi di cui al comma 3, lettera b), la domanda di riesame e’ comunque presentata entro il termine ivi indicato. Nel caso di inosservanza del predetto termine l’autorizzazione si intende scaduta. La mancata presentazione nei tempi indicati di tale documentazione, completa dell’attestazione del pagamento della tariffa, comporta la sanzione amministrativa da 10.000 euro a 60.000 euro, con l’obbligo di provvedere entro i successivi 90 giorni. Al permanere dell’inadempimento la validita’ dell’autorizzazione, previa diffida, e’ sospesa. In occasione del riesame l’autorita’ competente utilizza anche tutte le informazioni provenienti dai controlli o dalle ispezioni.

6. Entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Unione europea delle decisioni sulle conclusioni sulle BAT riferite all’attivita’ principale di un’installazione, l’autorita’ competente verifica che:

a) tutte le condizioni di autorizzazione per l’installazione interessata siano riesaminate e, se necessario, aggiornate per assicurare il rispetto del presente decreto in particolare, se applicabile, dell’articolo 29-sexies, commi 3, 4 e 4-bis;

b) l’installazione sia conforme a tali condizioni di autorizzazione.

7. Il ritardo nella presentazione della istanza di riesame, nel caso disciplinato al comma 3, lettera a), non puo’ in alcun modo essere tenuto in conto per dilazionare i tempi fissati per l’adeguamento dell’esercizio delle installazioni alle condizioni dell’autorizzazione.

8. Nel caso di un’installazione che, all’atto del rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 29-quater, risulti registrata ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, il termine di cui al comma 3, lettera b), e’ esteso a sedici anni. Se la registrazione ai sensi del predetto regolamento e’ successiva all’autorizzazione di cui all’articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione e’ effettuato almeno ogni sedici anni, a partire dal primo successivo riesame.

9. Nel caso di un’installazione che, all’atto del rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 29-quater, risulti certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001, il termine di cui al comma 3, lettera b), e’ esteso a dodici anni. Se la certificazione ai sensi della predetta norma e’ successiva all’autorizzazione di cui all’articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione e’ effettuato almeno ogni dodici anni, a partire dal primo successivo riesame.

10. Il procedimento di riesame e’ condotto con le modalita’ di cui agli articoli 29-ter, comma 4, e 29-quater. In alternativa alle modalita’ di cui all’articolo 29-quater, comma 3, la partecipazione del pubblico alle decisioni puo’ essere assicurata attraverso la pubblicazione nel sito web istituzionale dell’autorita’ competente.

11. Fino alla pronuncia dell’autorita’ competente in merito al riesame, il gestore continua l’attivita’ sulla base dell’autorizzazione in suo possesso.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 7, comma 7, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 nonies     

Modifica degli impianti o variazione del gestore (1)

Articolo 29-nonies

1. Il gestore comunica all’autorita’ competente le modifiche progettate dell’impianto, come definite dall’articolo 5, comma 1, lettera l). L’autorita’ competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l’autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera l-bis), ne da’ notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2 del presente articolo. Decorso tale termine, il gestore puo’ procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate.

2. Nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all’autorita’ competente una nuova domanda di autorizzazione corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all’articolo 29-ter, commi 1 e 2. Si applica quanto previsto dagli articoli 29-ter e 29-quater in quanto compatibile.

3. Il gestore, esclusi i casi disciplinati ai commi 1 e 2, informa l’autorita’ competente e l’autorita’ di controllo di cui all’articolo 29-decies, comma 3, in merito ad ogni nuova istanza presentata per l’installazione ai sensi della normativa in materia di prevenzione dai rischi di incidente rilevante, ai sensi della normativa in materia di valutazione di impatto ambientale o ai sensi della normativa in materia urbanistica. La comunicazione, da effettuare prima di realizzare gli interventi, specifica gli elementi in base ai quali il gestore ritiene che gli interventi previsti non comportino ne’ effetti sull’ambiente, ne’ contrasto con le prescrizioni esplicitamente gia’ fissate nell’autorizzazione integrata ambientale (2).

4. Nel caso in cui intervengano variazioni nella titolarita’ della gestione dell’impianto, il vecchio gestore e il nuovo gestore ne danno comunicazione entro trenta giorni all’autorita’ competente, anche nelle forme dell’autocertificazione ai fini della volturazione dell’autorizzazione integrata ambientale (3).

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 8, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(3) Comma modificato dall’articolo 7, comma 8, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 decies     

Rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale (1)

Articolo 29-decies

1. Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale, ne da’ comunicazione all’autorita’ competente. Per gli impianti localizzati in mare, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3, coordinandosi con gli uffici di vigilanza del Ministero dello sviluppo economico (2).

2. A far data dall’invio della comunicazione di cui al comma 1, il gestore trasmette all’autorita’ competente e ai comuni interessati, nonche’ all’ente responsabile degli accertamenti di cui al comma 3, i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’autorizzazione integrata ambientale, secondo modalita’ e frequenze stabilite nell’autorizzazione stessa. L’autorita’ competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell’articolo 29-quater, comma 3, ovvero mediante pubblicazione sul sito internet dell’autorita’ competente ai sensi dell’articolo 29-quater, comma 2. Il gestore provvede, altresi’, ad informare immediatamente i medesimi soggetti in caso di violazione delle condizioni dell’autorizzazione, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare nel piu’ breve tempo possibile la conformita’ (3).

3. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale, o, negli altri casi, l’autorita’ competente, avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 6 e con oneri a carico del gestore (4):

a) il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale;

b) la regolarita’ dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarita’ delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento nonche’ al rispetto dei valori limite di emissione;

c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l’autorita’ competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull’ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

4. Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l’autorita’ competente, nell’ambito delle disponibilita’ finanziarie del proprio bilancio destinate allo scopo, puo’ disporre ispezioni straordinarie sugli impianti autorizzati ai sensi del presente decreto.

5. Al fine di consentire le attivita’ di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta l’assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all’impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto. A tal fine, almeno dopo ogni visita in loco, il soggetto che effettua gli accertamenti redige una relazione che contiene i pertinenti riscontri in merito alla conformita’ dell’installazione alle condizioni di autorizzazione e le conclusioni riguardanti eventuali azioni da intraprendere. La relazione e’ notificata al gestore interessato e all’autorita’ competente entro due mesi dalla visita in loco ed e’ resa disponibile al pubblico, conformemente al comma 8, entro quattro mesi dalla visita in loco. Fatto salvo il comma 9, l’autorita’ competente provvede affinche’ il gestore, entro un termine ragionevole, adotti tutte le ulteriori misure che ritiene necessarie, tenendo in particolare considerazione quelle proposte nella relazione (5).

6. Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all’autorita’ competente ed al gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da adottare.

7. Ogni organo che svolge attivita’ di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono attivita’ di cui agli allegati VIII e XII, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini dell’applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese le eventuali notizie di reato, anche all’autorita’ competente.

8. I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell’autorita’ competente, devono essere messi a disposizione del pubblico, tramite l’ufficio individuato all’articolo 29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni e delle misure di sicurezza di cui all’articolo 29-quattuordecies, l’autorita’ competente procede secondo la gravita’ delle infrazioni:

a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonche’ un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l’autorita’ competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformita’;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell’attivita’ per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate piu’ di due volte all’anno;

c) alla revoca dell’autorizzazione e alla chiusura dell’installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l’ambiente;

d) alla chiusura dell’installazione, nel caso in cui l’infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione (6).

10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’autorita’ competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne da’ comunicazione al sindaco ai fini dell’assunzione delle eventuali misure ai sensi dell’articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

11. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all’ articolo 03, comma 5, deldecreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

11-bis. Le attivita’ ispettive in sito di cui all’articolo 29-sexies, comma 6-ter, e di cui al comma 4 sono definite in un piano d’ispezione ambientale a livello regionale, periodicamente aggiornato a cura della Regione o della Provincia autonoma, sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per garantire il coordinamento con quanto previsto nelle autorizzazioni integrate statali ricadenti nel territorio, e caratterizzato dai seguenti elementi:

a) un’analisi generale dei principali problemi ambientali pertinenti;

b) la identificazione della zona geografica coperta dal piano d’ispezione;

c) un registro delle installazioni coperte dal piano;

d) le procedure per l’elaborazione dei programmi per le ispezioni ambientali ordinarie;

e) le procedure per le ispezioni straordinarie, effettuate per indagare nel piu’ breve tempo possibile e, se necessario, prima del rilascio, del riesame o dell’aggiornamento di un’autorizzazione, le denunce ed i casi gravi di incidenti, di guasti e di infrazione in materia ambientale;

f) se necessario, le disposizioni riguardanti la cooperazione tra le varie autorita’ d’ispezione (7).

11-ter. Il periodo tra due visite in loco non supera un anno per le installazioni che presentano i rischi piu’ elevati, tre anni per le installazioni che presentano i rischi meno elevati, sei mesi per installazioni per le quali la precedente ispezione ha evidenziato una grave inosservanza delle condizioni di autorizzazione. Tale periodo e’ determinato, tenendo conto delle procedure di cui al comma 11-bis, lettera d), sulla base di una valutazione sistematica effettuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma sui rischi ambientali delle installazioni interessate, che considera almeno:

a) gli impatti potenziali e reali delle installazioni interessate sulla salute umana e sull’ambiente, tenendo conto dei livelli e dei tipi di emissioni, della sensibilita’ dell’ambiente locale e del rischio di incidenti;

b) il livello di osservanza delle condizioni di autorizzazione;

c) la partecipazione del gestore al sistema dell’Unione di ecogestione e audit (EMAS) (a norma del regolamento (CE) n. 1221/2009) (8).

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera c), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35.

(3) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 9, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(4) Alinea modificato dall’articolo 7, comma 9, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(5) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 9, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(6) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 9, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(7) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 9, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(8) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 9, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 undecies     

Incidenti o imprevisti (1)

Articolo 29-undecies

1. Fatta salva la disciplina relativa alla responsabilita’ ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, in caso di incidenti o eventi imprevisti che incidano in modo significativo sull’ambiente, il gestore informa immediatamente l’autorita’ competente e l’ente responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29-decies, comma 3, e adotta immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e a prevenire ulteriori eventuali incidenti o eventi imprevisti, informandone l’autorita’ competente.

2. In esito alle informative di cui al comma 1, l’autorita’ competente puo’ diffidare il gestore affinche’ adotti ogni misura complementare appropriata che l’autorita’ stessa, anche su proposta dell’ente responsabile degli accertamenti o delle amministrazioni competenti in materia ambientale territorialmente competenti, ritenga necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o imprevisti. La mancata adozione di tali misure complementari da parte del gestore nei tempi stabiliti dall’autorita’ competente e’ sanzionata ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, commi 1 o 2.

3. L’autorizzazione puo’ meglio specificare tempi, modalita’ e destinatari delle informative di cui al comma 1, fermo restando il termine massimo di otto ore, di cui all’articolo 271, comma 14, nel caso in cui un guasto non permetta di garantire il rispetto dei valori limite di emissione in aria.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 7, comma 10, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 duodecies     

Comunicazioni (1)

Articolo 29-duodecies

1. Le autorita’ competenti comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con cadenza almeno annuale, i dati di sintesi concernenti le domande ricevute, copia informatizzata delle autorizzazioni rilasciate e dei successivi aggiornamenti, nonche’ un rapporto sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale. L’obbligo si intende ottemperato nel caso in cui tali informazioni siano rese disponibili telematicamente ed almeno annualmente l’autorita’ competente comunichi al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare le modalita’ per acquisire in remoto tali informazioni (2).

1-bis. In ogni caso in cui e’ concessa una deroga ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 9-bis, le autorita’ competenti comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro 120 giorni dall’emanazione del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale, i motivi specifici della deroga e le relative condizioni imposte (3).

2. Le domande relative agli impianti di competenza statale di cui all’articolo 29-quater, comma 1, i dati di cui al comma 1 del presente articolo e quelli di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 29-decies, sono trasmessi al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, secondo il formato e le modalita’ di cui al decreto dello stesso Ministro 7 febbraio 2007.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 11, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(3) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 11, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 terdecies     

Scambio di informazioni (1)

Articolo 29-terdecies

1. Le autorita’ competenti trasmettono periodicamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale , una comunicazione relativa all’applicazione del presente titolo, ed in particolare sui dati rappresentativi circa le emissioni e altre forme di inquinamento e sui valori limite di emissione applicati in relazione agli impianti di cui all’Allegato VIII nonche’ sulle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano, segnalando eventuali progressi rilevati nello sviluppo ed applicazione di tecniche emergenti. La frequenza delle comunicazioni, il tipo e il formato delle informazioni che devono essere messe a disposizione, nonche’ l’eventuale individuazione di attivita’ e inquinanti specifici a cui limitare le informazioni stesse, sono stabiliti con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla base delle decisioni in merito emanate dalla Commissione europea. Nelle more della definizione di tale provvedimento le informazioni di cui al presente comma sono trasmesse annualmente, entro il 30 giugno 2014, con riferimento al biennio 2012-2013; entro il 30 aprile 2017, con riferimento al triennio 2014-2016, e successivamente con frequenza triennale, facendo riferimento a tipi e formati definiti nel formulario adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 15 marzo 2012 (2).

2. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone e invia alla Commissione europea una relazione in formato elettronico sull’attuazione del Capo II della direttiva 2010/75/UE e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell’ambiente, sulla base delle informazioni pervenute ai sensi dell’articolo 29-duodecies e del comma 1, rispettando periodicita’, contenuti e formati stabiliti nelle specifiche decisioni assunte in merito in sede comunitaria (3).

2.bis. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare garantisce la partecipazione dell’Italia al Comitato di cui all’articolo 75 della direttiva 2010/75/UE e al Forum di cui all’articolo 13, paragrafo 3, della stessa direttiva, sulla base delle intese di cui al comma 3 (4).

3. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di intesa con il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministero della salute e con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede ad assicurare la partecipazione dell’Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonche’ alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni. Le modalita’ di tale partecipazione, in particolare, dovranno consentire il coinvolgimento delle autorita’ competenti in tutte le fasi ascendenti dello scambio di informazioni.

Le attivita’ di cui al presente comma sono svolte di intesa con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali limitatamente alle attivita’ di cui al punto 6.6 dell’allegato VIII.

4. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, provvede a garantire la sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di informazioni di cui al comma 3 e adotta d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 modalita’ di scambio di informazioni tra le autorita’ competenti, al fine di promuovere una piu’ ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 12, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 12, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma aggiunto dall’articolo 7, comma 12, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO III-bis

Titolo III-bis (1)

L’autorizzazione integrata ambientale

(1) Titolo inserito dall’articolo2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

     Articolo 29 quaterdecies     

Sanzioni (1)

Articolo 29-quattuordecies

1. Chiunque esercita una delle attivita’ di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda senza essere in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale, o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata e’ punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro. Nel caso in cui l’esercizio non autorizzato comporti lo scarico di sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza, ovvero la raccolta, o il trasporto, o il recupero, o lo smaltimento di rifiuti pericolosi, nonche’ nel caso in cui l’esercizio sia effettuato dopo l’ordine di chiusura dell’installazione, la pena e’ quella dell’arresto da sei mesi a due anni e dell’ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro. Se l’esercizio non autorizzato riguarda una discarica, alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale e’ realizzata la discarica abusiva, se di proprieta’ dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

2. Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorita’ competente.

3. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorita’ competente nel caso in cui l’inosservanza:

a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entita’, fissati nell’autorizzazione stessa;

b) sia relativa alla gestione di rifiuti;

c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa.

4. Nei casi previsti al comma 3 e salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, si applica la pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell’arresto fino a due anni qualora l’inosservanza sia relativa:

a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;

b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza;

c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualita’ dell’aria previsti dalla vigente normativa;

d) all’utilizzo di combustibili non autorizzati.

5. Chiunque sottopone una installazione ad una modifica sostanziale senza l’autorizzazione prevista e’ punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro.

6. Ferma restando l’applicazione del comma 3, nel caso in cui per l’esercizio dell’impianto modificato e’ necessario l’aggiornamento del provvedimento autorizzativo, colui il quale sottopone una installazione ad una modifica non sostanziale senza aver effettuato le previste comunicazioni o senza avere atteso il termine di cui all’articolo 29-nonies, comma 1, e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro..

7. E’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro il gestore che omette di trasmettere all’autorita’ competente la comunicazione prevista all’articolo 29-decies, comma 1, nonche’ il gestore che omette di effettuare le comunicazioni di cui all’articolo 29-undecies, comma 1, nei termini di cui al comma 3 del medesimo articolo 29-undecies.

8. E’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all’autorita’ competente, all’ente responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29-decies, comma 3, e ai comuni interessati i dati relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all’articolo 29-decies, comma 2. Nel caso in cui il mancato adempimento riguardi informazioni inerenti la gestione di rifiuti pericolosi la sanzione amministrativa pecuniaria e’ sestuplicata. La sanzione amministrativa pecuniaria e’ ridotta ad un decimo se il gestore effettua tali comunicazioni con un ritardo minore di 60 giorni ovvero le effettua formalmente incomplete o inesatte ma, comunque, con tutti gli elementi informativi essenziali a caratterizzare i dati di esercizio dell’impianto.

9. Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale a chi nell’effettuare le comunicazioni di cui al comma 8 fornisce dati falsificati o alterati.

10. E’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 26.000 euro il gestore che, senza giustificato e documentato motivo, omette di presentare, nel termine stabilito dall’autorita’ competente, la documentazione integrativa prevista all’articolo 29-quater, comma 8, o la documentazione ad altro titolo richiesta dall’autorita’ competente per perfezionare un’istanza del gestore o per consentire l’avvio di un procedimento di riesame.

11. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

12. Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale e dall’autorita’ competente per gli altri impianti.

13. I proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale, per le violazioni previste dal presente decreto, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato. I soli proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al comma 2, al comma 6, al comma 7, limitatamente alla violazione dell’articolo 29-undecies, comma 1, e al comma 10, con esclusione della violazione di cui all’articolo 29-quater, comma 8, del presente articolo, nonche’ di cui all’articolo 29-octies, commi 5 e 5-ter, sono successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono destinati a potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal presente decreto, in particolare all’articolo 29-decies, comma 4, nonche’ le ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione.

14. Per gli impianti autorizzati ai sensi della Parte Seconda, dalla data della prima comunicazione di cui all’articolo 29-decies, comma 1, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore o speciali, relative a fattispecie oggetto del presente articolo, a meno che esse non configurino anche un piu’ grave reato.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 7, comma 13, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO IV

Titolo IV

VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 30     

Impatti ambientali interregionali (1)

Art. 30

1. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a procedura di VIA di competenza regionale, [nonche’ di impianti o parti di essi le cui modalita’ di esercizio necessitano del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale con esclusione di quelli previsti dall’allegato XII,] i quali risultino localizzati anche sul territorio di regioni confinanti, le procedure di valutazione e autorizzazione ambientale sono effettuate d’intesa tra le autorita’ competenti (2).

2. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a VIA di competenza regionale nonche’ di impianti o parti di essi le cui modalita’ di esercizio necessitano del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale con esclusione di quelli previsti dall’allegato XII, i quali possano avere impatti ambientali rilevanti ovvero effetti ambientali negativi e significativi su regioni confinanti, l’autorita’ competente e’ tenuta a darne informazione e ad acquisire i pareri delle autorita’ competenti di tali regioni, nonche’ degli enti locali territoriali interessati dagli impatti (3).

2-bis. Nei casi di cui al comma 2, ai fini dell’espressione dei rispettivi pareri, l’autorita’ competente dispone che il proponente invii gli elaborati alle Regioni nonche’ agli enti locali territoriali interessati dagli impatti, che si esprimono nei termini di cui all’art. 25, comma 2 (4).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma inizialmente sostituito dall’articolo 2, comma 25, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente modificato dall’articolo 8, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 25, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma inserito dall’articolo 2, comma 25, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO IV

Titolo IV

VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 31     

Attribuzione competenze (1)

Art. 31

1. In caso di piani, programmi o progetti la cui valutazione ambientale e’ rimessa alla regione, qualora siano interessati territori di piu’ regioni e si manifesti un conflitto tra le autorita’ competenti di tali regioni circa gli impatti ambientali di un piano, programma o progetto localizzato sul territorio di una delle regioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, puo’ disporre che si applichino le procedure previste dal presente decreto per i piani, programmi e progetti di competenza statale.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO IV

Titolo IV

VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 32     

Consultazioni transfrontaliere (1)

Art. 32

1. In caso di piani, programmi, progetti e impianti, che possono avere impatti rilevanti sull’ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato cosi’ richieda, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministero per i beni e le attivita’ culturali e con il Ministero degli affari esteri e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n. 640, nell’ambito delle fasi previste dalle procedure di cui ai titoli II, III e III-bis, provvede alla notifica dei progetti di tutta la documentazione concernente il piano, programma, progetto o impianto. Nell’ambito della notifica e’ fissato il termine, non superiore ai sessanta giorni, per esprimere il proprio interesse alla partecipazione alla procedura. Della notifica e’ data evidenza pubblica attraverso il sito web dell’autorita’ competente (2).

2. Qualora sia espresso l’interesse a partecipare alla procedura, gli Stati consultati trasmettono all’autorita’ competente i pareri e le osservazioni delle autorita’ pubbliche e del pubblico entro novanta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di interesse alla partecipazione alla procedura ovvero secondo le modalita’ ed i termini concordati dagli Stati membri interessati, in modo da consentire comunque che le autorita’ pubbliche ed il pubblico degli Stati consultati siano informati ed abbiano l’opportunita’ di esprimere il loro parere entro termini ragionevoli. L’Autorita’ competente ha l’obbligo di trasmettere agli Stati membri consultati le decisioni finali e tutte le informazioni gia’ stabilite dagli articoli 17, 27 e 29-quater del presente decreto (3).

3. Fatto salvo quanto previsto dagli accordi internazionali, le regioni o le province autonome nel caso in cui i piani, i programmi, i progetti od anche le modalita’ di esercizio di un impianto o di parte di esso, con esclusione di quelli previsti dall’allegato XII, possano avere effetti transfrontalieri informano immediatamente il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare quando progetti di loro competenza possono avere impatti ambientali transfrontalieri e collaborano per lo svolgimento delle fasi procedurali di applicazione della convenzione (4).

4. La predisposizione e la distribuzione della documentazione necessaria sono a cura del proponente o del gestore o dell’autorita’ procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica , che deve provvedervi su richiesta dell’autorita’ competente secondo le modalita’ previste dai titoli II, III o III-bis del presente decreto ovvero concordate dall’autorita’ competente e gli Stati consultati (5).

5. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero per i beni e le attivita’ culturali e il Ministero degli affari esteri, d’intesa con le regioni interessate, stipulano con i Paesi aderenti alla Convenzione accordi per disciplinare le varie fasi al fine di semplificare e rendere piu’ efficace l’attuazione della convenzione.

5-bis. Nel caso in cui si provveda ai sensi dei commi 1 e 2, il termine per l’emissione del provvedimento finale di cui all’art. 26, comma 1, e’ prorogato di 90 giorni o del diverso termine concordato ai sensi del comma 2 (6).

5-ter. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi ragionevoli (7).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 26, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128e dall’articolo 15, comma 1, lettera i), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 26, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 26, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(5) Comma modificato dall’articolo 2, comma 26, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(6) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 26, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(7) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 26, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO IV

Titolo IV

VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 32 bis     

Effetti transfrontalieri (1)

Articolo 32-bis

1. Nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli articoli 29-ter, 29-quater e 29-octies, nel momento stesso in cui sono messi a disposizione del pubblico. Comunque tali dati devono essere forniti ad uno Stato dell’Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter subire effetti negativi e significativi sull’ambiente nel proprio territorio. Nel caso in cui l’impianto non ricada nell’ambito delle competenze statali, l’autorita’ competente, qualora constati che il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea, informa il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio che provvede ai predetti adempimenti.

2. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio provvede, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, nel quadro dei rapporti bilaterali fra Stati, affinche’, nei casi di cui al comma 1, le domande siano accessibili anche ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell’autorita’ competente.

(1) Articolo inserito dall’articolo 2, comma 27, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 33     

Oneri istruttori (1)

Art. 33

1. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, sono definite, sulla base di quanto previsto dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, le tariffe da applicare ai proponenti per la copertura dei costi sopportati dall’autorita’ competente per l’organizzazione e lo svolgimento delle attivita’ istruttorie, di monitoraggio e controllo previste dal presente decreto.

2. Per le finalita’ di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire proprie modalita’ di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti.

3. Nelle more dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, si continuano ad applicare le norme vigenti in materia.

3-bis. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti ed i sopralluoghi necessari per l’istruttoria delle domande di autorizzazione integrata ambientale o delle domande di modifica di cui all’articolo 29-nonies o del riesame di cui all’articolo 29-octies e per i successivi controlli previsti dall’articolo 29-decies sono a carico del gestore. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalita’, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti al Titolo III-bis della Parte Seconda, nonche’ i compensi spettanti ai membri della Commissione istruttoria di cui all’articolo 8-bis. Il predetto decreto stabilisce altresi’ le modalita’ volte a garantire l’allineamento temporale tra gli introiti derivanti dalle tariffe e gli oneri derivanti dalle attivita’ istruttorie e di controllo. Gli oneri per l’istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla complessita’ delle attivita’ svolte dall’autorita’ competente e dall’ente responsabile degli accertamenti di cui all’articolo 29-decies, comma 3, sulla base delle categorie di attivita’ condotte nell’installazione, del numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti ambientali interessate, nonche’ della eventuale presenza di sistemi di gestione ambientale registrati o certificati e delle spese di funzionamento della commissione di cui all’articolo 8-bis. Gli introiti derivanti dalle tariffe corrispondenti a tali oneri, posti a carico del gestore, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine gli importi delle tariffe istruttorie vengono versati, per installazioni di cui all’Allegato XII alla Parte Seconda, all’entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con gli stessi criteri e modalita’ di emanazione, le tariffe sono aggiornate almeno ogni due anni (2).

3-ter. Nelle more del decreto di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto stabilito dal decreto 24 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2008 (3).

4. Al fine di garantire l’operativita’ della Commissione di cui all’articolo 8-bis, nelle more dell’adozione del decreto di cui al comma 3-bis, e fino all’entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 1 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonche’ per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta Commissione e’ posto a carico del richiedente il versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma e’ riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, e da apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le somme di cui al presente comma si intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l’obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all’eventuale differenza risultante a quanto stabilito dal decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso (4).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma inizialmente inserito dall’articolo 2, comma 28, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 9, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma inizialmente inserito dall’articolo 2, comma 28, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 9, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 28, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 34     

Norme tecniche, organizzative e integrative (1)

Art. 34

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o piu’ regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attivita’ culturali, provvede alla modifica ed all’integrazione delle norme tecniche in materia di valutazione ambientale nel rispetto delle finalita’, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalita’ esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive gia’ recepite nell’ordinamento nazionale. Resta ferma altresi’, nelle more dell’emanazione delle norme tecniche di cui al presente comma, l’applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988 (2).

2. Al fine della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma 1, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare acquisisce il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Governo, con apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome, ed acquisito il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, provvede all’aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 2 agosto 2002.

4. Entro dodici mesi dalla delibera di aggiornamento della strategia nazionale di cui al comma 3, le regioni si dotano, attraverso adeguati processi informativi e partecipativi, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci regionali, di una complessiva strategia di sviluppo sostenibile che sia coerente e definisca il contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia nazionale. Le strategie regionali indicano insieme al contributo della regione agli obiettivi nazionali, la strumentazione, le priorita’, le azioni che si intendono intraprendere. In tale ambito le regioni assicurano unitarieta’ all’attivita’ di pianificazione. Le regioni promuovono l’attivita’ delle amministrazioni locali che, anche attraverso i processi di Agenda 21 locale, si dotano di strumenti strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia regionale.

5. Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto. Dette strategie, definite coerentemente ai diversi livelli territoriali, attraverso la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni, in rappresentanza delle diverse istanze, assicurano la dissociazione fra la crescita economica ed il suo impatto sull’ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilita’ ecologica, la salvaguardia della biodiversita’ ed il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialita’ individuali quali presupposti necessari per la crescita della competitivita’ e dell’occupazione.

6. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni e le province autonome cooperano per assicurare assetti organizzativi, anche mediante la costituzione di apposite unita’ operative, senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse atti a garantire le condizioni per lo svolgimento di funzioni finalizzate a:

a) determinare, nell’ottica della strategia di sviluppo sostenibile, i requisiti per una piena integrazione della dimensione ambientale nella definizione e valutazione di politiche, piani, programmi e progetti;

b) garantire le funzioni di orientamento, valutazione, sorveglianza e controllo nei processi decisionali della pubblica amministrazione;

c) assicurare lo scambio e la condivisione di esperienze e contenuti tecnico-scientifici in materia di valutazione ambientale;

d) favorire la promozione e diffusione della cultura della sostenibilita’ dell’integrazione ambientale;

e) agevolare la partecipazione delle autorita’ interessate e del pubblico ai processi decisionali ed assicurare un’ampia diffusione delle informazioni ambientali.

7. Le norme tecniche assicurano la semplificazione delle procedure di valutazione. In particolare, assicurano che la valutazione ambientale strategica e la valutazione d’impatto ambientale si riferiscano al livello strategico pertinente analizzando la coerenza ed il contributo di piani, programmi e progetti alla realizzazione degli obiettivi e delle azioni di livello superiore. Il processo di valutazione nella sua interezza deve anche assicurare che piani, programmi e progetti riducano il flusso di materia ed energia che attraversa il sistema economico e la connessa produzione di rifiuti.

8. Il sistema di monitoraggio, effettuato anche avvalendosi delle Agenzie ambientali e dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), garantisce la raccolta dei dati concernenti gli indicatori strutturali comunitari o altri appositamente scelti dall’autorita’ competente (3)

9. Salvo quanto disposto dai commi 9-bis e 9-ter le modifiche agli allegati alla parte seconda del presente decreto sono apportate con regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (4).

9-bis. L’elenco riportato nell’allegato IX, ove necessario, e’ modificato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con le stesse modalita’, possono essere introdotte modifiche all’allegato XII, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e quelle in materia di valutazione d’impatto ambientale (5).

9-ter. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa comunicazione ai Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, si provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli allegati VIII, X e XI e XII emanate dalla Commissione europea (6).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 29, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 29, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 29, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(5) Comma inserito dall’articolo 2, comma 29, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(6) Comma inserito dall’articolo 2, comma 29, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 35     

Disposizioni transitorie e finali (1)

Art. 35

1. Le regioni,ove necessario, adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro dodici mesi dall’entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto (2).

2. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili.

2-bis. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalita’ del presente decreto ai sensi dei relativi statuti.

2-ter. Le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all’entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento (3).

2-quater. Fino alla data di invio della comunicazione di cui all’articolo 29-decies, comma 1, relativa alla prima autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’installazione, le installazioni esistenti per le quali sia stata presentata nei termini previsti la relativa domanda, possono proseguire la propria attivita’, nel rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni stabilite nelle autorizzazioni ambientali di settore rilasciate per l’esercizio e per le modifiche non sostanziali delle installazioni medesime; tali autorizzazioni restano valide ed efficaci fino alla data di cui all’articolo 29-quater, comma 12, specificata nell’autorizzazione integrata ambientale, ovvero fino alla conclusione del procedimento, ove esso non porti al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (4).

[2-quinquies. Nei casi di cui al comma 2-quater non si applica la sanzione di cui di cui all’articolo 29-quattuordecies, comma 1.] (5)

2-sexies. Le amministrazioni statali, gli enti territoriali e locali, gli enti pubblici, ivi compresi le universita’ e gli istituti di ricerca, le societa’ per azioni a prevalente partecipazione pubblica, comunicano alle autorita’ competenti un elenco dei piani e un riepilogo dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente in loro possesso, utili ai fini delle istruttorie per il rilascio di autorizzazioni integrate ambientali, segnalando quelli riservati e rendono disponibili tali dati alle stesse autorita’ competenti in forma riproducibile e senza altri oneri oltre quelli di copia, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all’articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. I dati relativi agli impianti di competenza statale sono comunicati, per il tramite dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nell’ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati (6).

2-septies. L’autorita’ competente rende accessibili ai gestori i dati storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente in proprio possesso, di interesse ai fini dell’applicazione del presente decreto, ove non ritenuti riservati, ed in particolare quelli di cui al comma 2-sexies, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all’articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. A tale fine l’autorita’ competente puo’ avvalersi dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, nell’ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati (7).

2-octies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della salute e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalita’ di autorizzazione nel caso in cui piu’ impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore, e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da piu’ di una autorita’ competente (8).

2-nonies. Il rilascio dell’autorizzazione di cui al presente decreto non esime i gestori dalla responsabilita’ in relazione alle eventuali sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di cui al decreto legislativo 4 luglio 2006, n. 216 e successive modifiche ed integrazioni (9).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Comma inizialmente aggiunto dall’articolo 2, comma 30, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 10, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) Comma inizialmente aggiunto dall’articolo 2, comma 30, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, sostituito dall’articolo 10, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e successivamente abrogato dall’articolo 34, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(6) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 30, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(7) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 30, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(8) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 30, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(9) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 30, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 36     

Abrogazioni e modifiche (1)

Art. 36

1. Gli articoli da 4 a 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati.

2. Gli allegati da I a V della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono sostituiti dagli allegati al presente decreto.

3. Fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono inoltre abrogati:

a) l’articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

b) l’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;

c) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377;

d) l’articolo 7 della legge 2 maggio 1990, n. 102;

e) il comma 2, dell’articolo 4, ed il comma 2, dell’articolo 5, della legge 4 agosto 1990, n. 240;

f) il comma 2, dell’articolo 1, della legge 29 novembre 1990, n. 366;

g) l’articolo 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380;

h) l’articolo 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;

i) il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 460;

l) l’articolo 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;

m) articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100;

n) articolo 1 della legge 28 febbraio 1992, n. 220;

o) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1992;

p) il comma 6, dell’articolo 17, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;

q) il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 526;

r) il comma 1, dell’articolo 2-bis, della legge 31 maggio 1995, n. 206 (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96);

s) il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;

t) il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998;

u) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1998;

v) la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 1999;

z) il decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1999, n. 348;

aa) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, n. 302;

bb) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell’11 ottobre 2000;

cc) l’articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;

dd) l’articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

ee) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;

ff) l’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;

gg) l’articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.

[4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto:

a) nell’articolo 5, comma 1, lettera h) del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, alla fine sono inserite le seguenti parole: «nonche’ le attivita’ di autocontrollo e di controllo programmato che richiede l’intervento dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici e delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente»;

b) nell’articolo 5, comma 10, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «convoca» sono sostituite dalle seguenti: «puo’ convocare»;

c) nell’articolo 5, comma 11, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «Nell’ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10 sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.» Sono sostituite dalle seguenti: «L’autorita’ competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui al comma 7, trascorsi i quali l’autorita’ competente rilascia l’autorizzazione anche in assenza di tali espressioni, ovvero nell’ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10, le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonche’ il parere dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici per gli impianti di competenza statale o delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente negli altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell’ambiente.»;

d) nell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «L’autorita’ ambientale rinnova ogni cinque anni le condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale, o le condizioni dell’autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermandole o aggiornandole, a partire dalla data di cui all’articolo 5, comma 18, per gli impianti esistenti, e, a partire dalla data di rilascio dell’autorizzazione negli altri casi, salvo per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici ai quali si applica il disposto dell’articolo 17, comma 4, per i quali il primo rinnovo dell’autorizzazione ambientale e’ effettuato dopo sette anni dalla data di rilascio dell’autorizzazione.», sono sostituite dalle seguenti: «L’autorita’ ambientale rinnova ogni cinque anni l’autorizzazione integrata ambientale, o l’autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermando o aggiornando le relative condizioni, a partire dalla data di rilascio dell’autorizzazione.»;

e) nell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono abrogate le seguenti parole: «Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio adotta le determinazioni relative all’autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio degli impianti di competenza statale, in conformita’ ai principi del presente decreto, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dal rilascio della valutazione di impatto ambientale. Per gli impianti gia’ muniti di valutazione di impatto ambientale, il predetto termine di sessanta giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei casi di inutile scadenza del termine previsto dal presente comma, o di determinazione negativa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, la decisione definitiva in ordine all’autorizzazione integrata ambientale e’ rimessa al Consiglio dei Ministri.»;

f) nell’articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono soppresse le seguenti parole «fino al termine fissato nel calendario» nonche’ le parole “entro tale termine”.] (2)

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma abrogato dall’articolo 34, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 37     

(Compiti istruttori della commissione tecnico-consultiva)

Art. 37

[1. Le attività tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale dei progetti di opere ed interventi di competenza dello Stato sono svolte dalla Commissione di cui all’articolo 6. A tal fine il vicepresidente competente, per ogni progetto inviatogli ai sensi dell’articolo 26, comma 1, provvede alla costituzione di apposita sottocommissione secondo i criteri di cui all’articolo 6, comma 5; ove ne ricorrano i presupposti la sottocommissione è integrata ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 6. Il presente comma non si applica agli impianti disciplinati dai commi 8, 9, 10 e 11.

2. Ove la sottocommissione verifichi l’incompletezza della documentazione presentata, ne può richiedere l’integrazione. In tal caso i termini temporali del procedimento restano sospesi fino al ricevimento delle integrazioni richieste. Nel caso in cui il soggetto interessato non provveda a fornire le integrazioni richieste entro i trenta giorni successivi, o entro il diverso termine specificato nella richiesta di integrazione stessa in considerazione della possibile difficoltà a produrre determinate informazioni, il procedimento viene archiviato. È comunque facoltà del committente o proponente presentare una nuova domanda.

3. La sottocommissione incaricata acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi degli articoli 36, commi 4 e 6, e 39, ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di trenta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui ai citati articoli 36, commi 4 e 6, e 39, fatta comunque salva la sospensione eventualmente disposta ai sensi del comma 2.

4. Il parere emesso dalla sottocommissione è trasmesso, entro dieci giorni dalla sua verbalizzazione, dal competente vicepresidente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, per l’adozione del giudizio di compatibilità ambientale ai sensi del comma 7 dell’articolo 36.

5. Nei casi in cui, in base alle procedure di approvazione previste, la valutazione di impatto ambientale venga eseguita su progetti preliminari, la sottocommissione ha, altresì, il compito di verificare l’ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del giudizio di compatibilità ambientale e di effettuare gli opportuni controlli in tal senso.

6. Qualora nel corso delle verifiche di cui al comma 5 si accerti che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali coinvolte, o comunque che risulta da esso sensibilmente diverso, la sottocommissione trasmette specifico rapporto al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, che adotta i provvedimenti relativi all’aggiornamento dello studio di impatto ambientale e dispone la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell’invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.

7. Ai fini dello svolgimento dei compiti di cui ai commi 5 e 6, il proponente è tenuto, pena la decadenza dell’autorizzazione alla realizzazione del progetto o del titolo abilitante alla trasformazione del territorio, a trasmettere il progetto definitivo alla competente sottocommissione prima dell’avvio della realizzazione dell’opera.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 38     

(Fase preliminare e verifica preventiva)

Art. 38

[1. Per i progetti di cui all’articolo 35, la Commissione tecnico-consultiva di cui all’articolo 6 provvede all’istruttoria anche per le fasi preliminari ed eventuali di verifica preventiva, di cui, rispettivamente, agli articoli 26, comma 3, 27, comma 2, 32 e 36, comma 3.

2. Ai fini di cui al comma 1, le relative richieste sono rivolte direttamente al vicepresidente della Commissione competente per materia, che provvede alla costituzione, secondo i criteri di cui all’articolo 6, commi 5 e 6, delle sottocommissioni cui vengono assegnate le relative istruttorie.

3. La sottocommissione costituita per la fase preliminare relativa ad un determinato progetto provvede poi anche all’istruttoria di cui all’articolo 37 relativa al medesimo progetto. Lo stesso vale per la sottocommissione costituita per la verifica preventiva in caso di esito positivo di detta procedura preliminare.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 39     

(Procedure per i progetti con impatti ambientali transfrontalieri)

Art. 39

[1. Qualora l’opera o l’intervento progettato possa avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro dell’Unione europea, ovvero qualora lo Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, al medesimo Stato devono essere trasmesse quanto meno:

a) una descrizione del progetto corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero;

b) informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata.

2. Se lo Stato membro, cui siano pervenute le informazioni di cui al comma 1, entro i successivi trenta giorni comunica che intende partecipare alla procedura di valutazione in corso, allo stesso Stato, qualora non vi si sia già provveduto, devono essere trasmessi in copia la domanda del committente o proponente, il progetto dell’opera o intervento, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica.

3. Con la trasmissione della documentazione di cui al comma 2 viene assegnato allo Stato interessato un termine di trenta giorni per presentare eventuali osservazioni, salvo che detto Stato non abbia adottato la decisione di esprimere il proprio parere previa consultazione al proprio interno delle autorità competenti e del pubblico interessato, nel qual caso viene assegnato un congruo termine, comunque non superiore a novanta giorni.

4. Modalità più dettagliate per l’attuazione del presente articolo possono essere concordate caso per caso con lo Stato membro interessato, ferma restando la previsione di condizioni adeguate di partecipazione del pubblico alle procedure decisionali.

5. In pedenza dei termini di cui al comma 3, ogni altro termine della procedura resta sospeso.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 40     

(Effetti del giudizio di compatibilità ambientale)

Art. 40

[1. Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono essere comunicati ai soggetti del procedimento, a tutte le amministrazioni pubbliche competenti, anche in materia di controlli ambientali, e devono essere adeguatamente pubblicizzati. In particolare, le informazioni messe a disposizione del pubblico comprendono: il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l’accompagnano; i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, tenuto conto delle istanze e dei pareri del pubblico, nonchè le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico; una descrizione, ove necessario, delle principali misure prescritte al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi.

2. Il giudizio di compatibilità ambientale comprendente le eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti deve, in particolare, essere acquisito dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione definitiva alla realizzazione dell’opera o dell’intervento progettato.

3. Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche, il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura d’impatto ambientale. Negli altri casi, i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione.

4. Nel caso di opere non realizzate almeno per il venti per cento entro tre anni dal giudizio di compatibilità ambientale, la procedura deve essere riaperta per valutare se le informazioni riguardanti il territorio e lo stato delle risorse abbiano subito nel frattempo mutamenti rilevanti. In ogni caso il giudizio di compatibilità ambientale cessa di avere efficacia al compimento del quinto anno dalla sua emanazione.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 41     

(Controlli successivi)

Art. 41

[1. Qualora durante l’esecuzione delle opere di cui all’articolo 35 la Commissione di cui all’articolo 6 ravvisi situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ne dà tempestiva comunicazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, il quale, esperite le opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 42     

(Progetti sottoposti a VIA in sede regionale o provinciale)

Art. 42

[1. Sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in sede regionale o provinciale i progetti di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui all’articolo 23, salvo si tratti di opere o interventi sottoposti ad autorizzazione statale o aventi impatto ambientale interregionale o internazionale ai sensi dell’articolo 35.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire, per determinate tipologie progettuali e/o aree predeterminate, sulla base degli elementi indicati nell’Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, un incremento delle soglie di cui all’elenco B dell’Allegato III alla parte seconda del presente decreto fino alla misura del venti per cento.

3. Qualora dall’istruttoria esperita in sede regionale o provinciale emerga che l’opera o intervento progettato può avere impatti rilevanti anche sul territorio di altre regioni o province autonome o di altri Stati membri dell’Unione europea, l’autorità competente con proprio provvedimento motivato si dichiara incompetente e rimette gli atti alla Commissione tecnico-consultiva di cui all’articolo 6 per il loro eventuale utilizzo nel procedimento riaperto in sede statale. In tale ipotesi è facoltà del committente o proponente chiedere, ai sensi dell’articolo 36, comma 3, la definizione in via preliminare delle modalità per il rinnovo parziale o totale della fase di apertura del procedimento.

4. Qualora si accerti che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali coinvolte, o comunque che risulta da esso sensibilmente diverso, l’autorità competente adotta i provvedimenti relativi all’aggiornamento dello studio di impatto ambientale e dispone la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell’invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 43     

(Procedure di VIA in sede regionale o provinciale)

Art. 43

[1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33 e 34, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la valutazione di impatto ambientale dei progetti di cui all’articolo 42, comma 1.

2. Fino all’entrata in vigore delle discipline regionali e provinciali di cui al comma 1, trovano applicazione le disposizioni di cui alla parte seconda del presente decreto.

3. Nel disciplinare i contenuti e la procedura di valutazione d’impatto ambientale le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano comunque che siano individuati:

a) l’autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale;

b) l’organo tecnico competente allo svolgimento dell’istruttoria;

c) le eventuali deleghe agli enti locali per particolari tipologie progettuali;

d) le eventuali modalità, ulteriori o in deroga rispetto a quelle indicate nella parte seconda del presente decreto, per l’informazione e la consultazione del pubblico;

e) le modalità di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di un archivio degli studi di impatto ambientale consultabile dal pubblico;

f) i criteri integrativi con i quali vengono definiti le province ed i comuni interessati dal progetto.

4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare appropriate forme di pubblicità, ulteriori rispetto a quelle previste nel regolamento di cui all’ articolo 28, comma 2, lettera b).

5. Qualora durante l’esecuzione delle opere di cui all’articolo 42 siano ravvisate situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, l’autorità competente, esperite le opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 44     

(Termini del procedimento)

Art. 44

[1. Ferme restando le ipotesi di sospensione e di interruzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono stabilire, in casi di particolare rilevanza, la prorogabilità dei termini per la conclusione della procedura sino ad un massimo di sessanta giorni.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 45     

(Coordinamento ed integrazione dei procedimenti amministrativi)

Art. 45

[1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono le modalità per l’armonizzazione, il coordinamento e, se possibile, l’integrazione della procedura di valutazione dell’impatto ambientale con le procedure ordinarie di assenso alla realizzazione delle opere.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano integrano e specificano, in relazione alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari, quanto disposto dagli articoli 33 e 34.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 46     

(Procedure semplificate ed esoneri)

Art. 46

[1. Per i progetti di dimensioni ridotte o di durata limitata realizzati da artigiani o piccole imprese, nonchè per le richieste di verifica di cui all’ articolo 32, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono modalità semplificate.

2. Per i progetti di cui all’articolo 23, comma 1, lettera e), le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali, sulla base degli elementi di cui all’Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, criteri o condizioni di esclusione dalla procedura.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 47     

(Obblighi di informazione)

Art. 47

[1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio circa i provvedimenti adottati, i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso e lo stato di definizione delle cartografie e degli strumenti informativi.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 48     

(Abrogazioni)

Art. 48

[1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 3, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono abrogati:

a) l’articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

b) l’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;

c) il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;

d) l’articolo 27 della legge 30 aprile 1999, n. 136;

e) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999;

f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell’11 ottobre 2000;

g) l’articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;

h) l’articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190;

i) l’articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

l) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;

[ m) l’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;] (1)

n) l’articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.

2. La Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali di cui all’articolo 6 provvede, attraverso proprie sottocommissioni costituite secondo le modalità di cui al comma 5 del citato articolo 6, alle attività già di competenza delle commissioni di cui all’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Ogni riferimento a tali commissioni contenuto nella citata legge 11 marzo 1988, n. 67 e nei citati decreti legislativi 20 agosto 2002, n. 190, e 18 febbraio 2005, n. 59, si deve intendere riferito alle sottocommissioni di cui all’articolo 6, comma 5, di volta in volta costituite.

3. Fino all’entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dall’articolo 49, comma 2, resta sospesa l’applicazione del comma 1, lettere b), d), g), h), i), l) del presente articolo e per tanto continuano a svolgere le funzioni di propria competenza le commissioni di cui all’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (2).] (3)

(1) Lettera abrogata dall’articolo 14, comma 1, lettera l), del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

(2) Comma modificato dall’articolo 14, comma 1, lettera l), del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

(3) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 49     

(Provvedimenti di attuazione per la costituzione e funzionamento della commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali)

Art. 49

[1. Il decreto di cui all’articolo 6, comma 1, è adottato entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. In sede di prima attuazione del presente decreto, i componenti delle commissioni tecnico-consultive di cui all’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all’articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, restano in carica, in continuità con le attività svolte nelle commissioni di provenienza, assumendo le funzioni di componenti della commissione di cui all’articolo 6 fino alla scadenza del quarto anno dall’entrata in vigore della parte seconda del presente decreto; tale commissione viene integrata nei casi e con le modalità previste dall’articolo 6, commi 6, 7 e 8.

2. Entro il medesimo termine di novanta giorni, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dalla parte seconda del presente decreto, comprese le verifiche preventive di cui agli articoli 7, comma 5, e 19, commi 1 e 2, la fase preliminare e quella di conduzione di procedimenti integrati ai sensi dell’articolo 34, comma 1, nonché i compensi spettanti ai membri della Commissione di cui all’articolo 6. Gli oneri per l’istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla dimensione e complessità del progetto, al suo valore economico, al numero ed alla tipologia delle componenti ambientali interessate, tenuto conto della eventuale presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di funzionamento della Commissione. Tali oneri, posti a carico del committente o proponente, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine, per gli impianti di competenza statale gli importi delle tariffe vengono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati entro sessanta giorni allo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

3. Entro i successivi quindici giorni ciascuna regione e provincia autonoma comunica al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio il proprio elenco di esperti di cui all’articolo 6, comma 6, con l’ordine di turnazione secondo il quale, all’occorrenza, dovranno essere convocati in sottocommissione.

4. L’operatività della Commissione di cui all’articolo 6 è subordinata all’entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dal comma 2.

5. Sono comunque confermate le autorizzazioni di spesa già disposte ai sensi dell’articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e dell’articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93.

6. Al fine di garantire l’operatività della commissione di cui all’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 18, comma 2 del citato decreto legislativo n. 59/2005, e fino all’entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 2 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta commissione nominata con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 4 gennaio 2006, è posto a carico del richiedente il versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Le somme di cui al presente comma s’intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l’obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all’eventuale differenza risultante in base a quanto stabilito dal successivo decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 14, comma 1, lettera l), del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90 e successivamente dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 50     

(Adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali)

Art. 50

[1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono affinché le disposizioni legislative e regolamentari emanate per adeguare i rispettivi ordinamenti alla parte seconda del presente decreto entrino in vigore entro il termine di centoventi giorni dalla pubblicazione del presente decreto. In mancanza delle disposizioni suddette trovano applicazione le norme della parte seconda del presente decreto e dei suoi Allegati.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 51     

(Regolamenti e norme tecniche integrative – autorizzazione unica ambientale per le piccole imprese)

Art. 51

[1. Al fine di semplificare le procedure di valutazione ambientale strategica e valutazione di impatto ambientale, con appositi regolamenti, emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere adottate norme puntuali per una migliore integrazione di dette valutazioni negli specifici procedimenti amministrativi vigenti di approvazione o autorizzazione dei piani o programmi e delle opere o interventi sottoposti a valutazione.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, non trova applicazione il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, in materia di impianti di gestione di rifiuti soggetti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, fermo restando che, per le opere o interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale, fino all’emanazione dei regolamenti di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 2 del suddetto decreto.

3. Le norme tecniche integrative della disciplina di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, concernenti la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilità in relazione a ciascuna categoria di opere, sono emanate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri competenti per materia e sentita la Commissione di cui all’articolo 6.

4. Le norme tecniche emanate in attuazione delle disposizioni di legge di cui all’articolo 48, ivi compreso il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, restano in vigore fino all’emanazione delle corrispondenti norme di cui al comma 3.

5. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive, si provvederà ad accorpare in un unico provvedimento, indicando l’autorità unica competente, le diverse autorizzazioni ambientali nel caso di impianti non rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, ma sottoposti a più di una autorizzazione ambientale di settore.] (1)

(1) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE II

PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONEDI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC)(1)

(1) A norma dell’ articolo4, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 , gli articoli da 4 a52 dell’originaria Parte II sono stati abrogati e sostituiti dall’attualeParte II, comprendente gli articoli da 4 a 36, ai sensi dell’ articolo1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 4 del 2008 .

TITOLO V

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI (1)

(1) Titolo modificato dall’articolo1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

     Articolo 52     

(Entrata in vigore)

Art. 52

[1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 49 e 50, la parte seconda del presente decreto entra in vigore il 31 luglio 2007 (1).

2. I procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell’interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all’epoca della presentazione di detta istanza.] (2)

(1) Comma modificato dall’articolo 1-septies del D.L. 12 maggio 2006, n. 173 e sostituito dall’ articolo 5 del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300.

(2) Articolo abrogato dall’articolo 36, comma 1, del presente decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO I

CAPO I

PRINCIPI GENERALI

     Articolo 53     

(Finalità)

Art. 53

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione,

2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonchè preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.

3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO I

CAPO I

PRINCIPI GENERALI

     Articolo 54     

(Definizioni)

Art. 54

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

[a) suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;] (1)

b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;

c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;

e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all’interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;

g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;

i) acque costiere: le acque superficiali situate all’interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonchè di acque di transizione o un tratto di acque costiere;

m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un’attività umana;

n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un’attività umana, è sostanzialmente modificata;

o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l’estrazione di quantità significative di acque sotterranee;

q) reticolo idrografico: l’insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;

r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d’acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonchè del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l’uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;

v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;

z) opera idraulica: l’insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico.

(1) Lettera abrogata dall’articolo 34, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO I

CAPO I

PRINCIPI GENERALI

     Articolo 55     

(Attività conoscitiva) (1)

Art. 55

1. Nell’attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all’articolo 53 e riferita all’intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:

a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;

b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell’ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;

d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;

e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all’articolo 53.

2. L’attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta, sulla base delle deliberazioni di cui all’articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonchè modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.

3. È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonchè alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del presente articolo.

4. L’Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento dell’attività conoscitiva di cui al presente articolo, in particolare ai fini dell’attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e), nonchè ai fini della diffusione dell’informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresì con riguardo a:

a) inquinamento dell’aria;

b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;

c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;

d) tutela del territorio;

e) sviluppo sostenibile;

f) ciclo integrato dei rifiuti;

g) energie da fonti energetiche rinnovabili;

h) parchi e aree protette.

5. L’ANCI provvede all’esercizio delle attività di cui al comma 4 attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati necessari al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio sono definiti i criteri e le modalità di esercizio delle suddette attività. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione in essere, una somma non inferiore all’uno e cinquanta per cento dell’ammontare della massa spendibile annualmente delle spese d’investimento previste per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Per l’esercizio finanziario 2006, all’onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale (2) .

(1) Vedi, anche, l’articolo 1, comma 1132, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

(2) Per la disciplina per l’esecuzione del monitoraggio della spesa e altre iniziative informative e conoscitive in campo ambientale di cui al presente comma , vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO I

CAPO I

PRINCIPI GENERALI

     Articolo 56     

(Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione) (1)

Art. 56

1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all’articolo 53riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:

a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;

b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d’acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonchè delle zone umide;

c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;

d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d’acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;

e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonchè la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;

f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;

g) la protezione delle coste e degli abitati dall’invasione e dall’erosione delle acque marine ed il rifacimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;

h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l’insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonchè la polizia delle acque;

i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonchè della gestione dei relativi impianti;

l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni;

m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;

n) il riordino del vincolo idrogeologico.

2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonchè modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l’altro, a garantire omogeneità di:

a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;

b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.

(1) Vedi, anche, l’articolo 1, comma 1132, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

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NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 57     

(Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo)

Art. 57

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:

a) su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio:

1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonchè per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;

2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;

3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;

4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente sezione;

b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di intervento (1).

2. Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, è composto da quest’ultimo e dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attività culturali, nonchè dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile.

3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l’attuazione.

4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.

5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.

6. I principi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 23 luglio 2009, n. 232 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della presente lettera, nella parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato con il previo parere della Conferenza unificata.

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 58     

(Competenze del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio)

Art. 58

1. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.

2. In particolare, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio:

a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell’adozione, ai sensi dell’articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

b) predispone la relazione sull’uso del suolo e sulle condizioni dell’assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell’ambiente di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonchè la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all’articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull’uso del suolo e sulle condizioni dell’assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell’ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT);

c) opera, ai sensi dell’articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l’utilizzazione delle acque e per la tutela dell’ambiente.

3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio svolge le seguenti funzioni:

a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo (1);

b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;

c) indirizzo e coordinamento dell’attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all’articolo 63;

d) identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonchè con riguardo all’impatto ambientale dell’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle tra sformazion i territoriali (2);

e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), e di consultazione dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonchè definizione degli indirizzi per l’accertamento e lo studio degli elementi dell’ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

f) valutazione degli effetti conseguenti all’esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;

g) coordinamento dei sistemi cartografici.

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 23 luglio 2009, n. 232 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della presente lettera, nella parte in cui non prevede che le funzioni di programmazione e finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo siano esercitate previo parere della Conferenza unificata.

(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 23 luglio 2009, n. 232 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della presente lettera, nella parte in cui non prevede che le funzioni in essa indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata.

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NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 59     

(Competenze della conferenza Stato-regioni)

Art. 59

1. La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni, anche ai fini dell’esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta ne è richiesta dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. In particolare:

a) formula proposte per l’adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;

b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;

c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all’articolo 57;

d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all’attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;

e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 60     

(Competenze dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici – APAT)

Art. 60

1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) esercita, mediante il Servizio geologico d’Italia-Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:

a) svolgere l’attività conoscitiva, qual’è definita all’articolo 55;

b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;

c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

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NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 61     

(Competenze delle regioni)

Art. 61

1. Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell’ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d’intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in particolare:

a) collaborano nel rilevamento e nell’elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;

b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;

c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela di cui all’articolo 121;

d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono all’approvazione e all’esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;

e) provvedono, per la parte di propria competenza, all’organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

f) provvedono all’organizzazione e al funzionamento della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) predispongono annualmente la relazione sull’uso del suolo e sulle condizioni dell’assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio entro il mese di dicembre;

h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.

2. Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero delle attività produttive tutte le opere di sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.

3. Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.

4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di invaso.

5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.

6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o delegate alle regioni.

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

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TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 62     

(Competenze degli enti locali e di altri soggetti)

Art. 62

1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d’intesa tra loro, nell’ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.

2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, del Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e sono tenuti a collaborare con la stessa.

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PARTE TERZA

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

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NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZA

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 63     

(Autorità di bacino distrettuale)

Art. 63

1. In ciascun distretto idrografico di cui all’articolo 64 è istituita l’Autorità di bacino distrettuale, di seguito Autorità di bacino, ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione ed uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.

2. Sono organi dell’Autorità di bacino: la Conferenza istituzionale permanente, il Segretario generale, la Segreteria tecnico-operativa e la Conferenza operativa di servizi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, da emanarsi sentita la Conferenza permanente Stato-regioni entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità per l’attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie, salvaguardando i livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre 2005, e previa consultazione dei sindacati.

3. Le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma 2 disciplina il trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo transitorio.

4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale permanente presieduta e convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio su richiesta del Segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente partecipano i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e le attività culturali o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonchè i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli Assessori dai medesimi delegati, oltre al delegato del Dipartimento della protezione civile. Alle conferenze istituzionali permanenti del distretto idrografico della Sardegna e del distretto idrografico della Sicilia partecipano, oltre ai Presidenti delle rispettive regioni, altri due rappresentanti per ciascuna delle predette regioni, nominati dai Presidenti regionali. La conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:

a) adotta criteri e metodi per la elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 57;

b) individua tempi e modalità per l’adozione del Piano di bacino, che potrà eventualmente articolarsi in piani riferiti a sub-bacini;

c) determina quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;

d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l’elaborazione del Piano di bacino;

e) adotta il Piano di bacino;

f) controlla l’attuazione degli schemi previsionali e programmatici del Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo nell’esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l’amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l’inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all’adozione delle misure necessarie ad assicurare l’avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) nomina il Segretario generale.

6. La Conferenza operativa di servizi è composta dai rappresentanti dei Ministeri di cui al comma 4, delle regioni e delle province autonome interessate, nonchè da un rappresentante del Dipartimento della protezione civile; è convocata dal Segretario Generale, che la presiede, e provvede all’attuazione ed esecuzione di quanto disposto ai sensi del comma 5, nonchè al compimento degli atti gestionali. La conferenza operativa di servizi delibera a maggioranza.

7. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

a) all’elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all’articolo 65;

b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche;

c) all’elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati alla parte terza del presente decreto, di un’analisi delle caratteristiche del distretto, di un esame sull’impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonchè di un’analisi economica dell’utilizzo idrico.

8. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell’articolo 62, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonchè del consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago Maggiore, del consorzio dell’Oglio – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago d’Iseo e del consorzio dell’Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all’esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua ed alla fitodepurazione (1).

(1) Per l’istituzione del Consorzio nazionale per i grandi laghi prealpini, lo svolgimento delle funzioni attribuite dal presente comma e la sostituzione delle denominazioni: “Consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago Maggiore”, “Consorzio dell’Oglio – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago d’Iseo” e “Consorzio dell’Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago di Como”, vedi l’articolo 21, comma 12, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201.

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PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO I

CAPO I

I DISTRETTI IDROGRAFICI

     Articolo 64     

(Distretti idrografici)

Art. 64

1. L’intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:

a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Lemene, Fissare Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

b)distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq, comprendente il bacino del Po, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

c) distretto idrografico dell’Appennino settentrionale, con superficie di circa 39.000 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

7) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi dellalegge n. 183 del 1989;

8) fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

10) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

11) bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;

e) distretto idrografico dell’Appennino centrale, con superficie di circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Sele, già bacino interregionale ai sensi dellalegge n. 183 del 1989;

4) bacini dell’Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

f) distretto idrografico dell’Appennino meridionale, con superficie di circa 68.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi dellalegge n. 183 del 1989;

3) Scic, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000 Kmq, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO II

CAPO II

GLI STRUMENTI

     Articolo 65     

(Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale)

Art. 65

1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

2. Il Piano di bacino è redatto dall’Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d’acqua di fondo valle.

3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all’articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all’Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:

a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonchè dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonchè delle relative cause;

c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l’utilizzazione delle acque e dei suoli;

d) l’indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:

1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;

2) dei pericoli di siccità;

3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;

4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonchè del tempo necessario per assicurare l’efficacia degli interventi;

e) la programmazione e l’utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;

f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d’uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell’ambiente;

g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell’approvazione dei relativi atti di programmazione;

h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;

i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;

l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell’impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;

m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l’estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell’equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;

n) l’indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell’ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;

o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa;

p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;

q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;

r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d’impiego e secondo le quantità;

s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto;

t) l’indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonchè per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.

5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall’approvazione del Piano di bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.

6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti l’attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell’approvazione del Piano di bacino, all’adeguamento provvedono d’ufficio le regioni.

7. In attesa dell’approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d’acqua di fondo valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all’approvazione del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un grave danno al territorio, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l’inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio informa senza indugio il Ministro competente da cui l’ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l’adempimento. Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, adotta l’ordinanza cautelare di cui al presente comma.

8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.

9. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO II

CAPO II

GLI STRUMENTI

     Articolo 66     

(Adozione ed approvazione dei piani di bacino)

Art. 66

1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto.

2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:

a) i termini per l’adozione da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;

b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più regioni.

3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui ai comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

4. In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario “ad acta”, per garantire comunque lo svolgimento delle procedure e l’adozione degli atti necessari per la formazione del piano.

5. Dell’adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell’esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.

6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio di compatibilità ambientale espresso dall’autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui all’articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.

7. Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell’inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO II

CAPO II

GLI STRUMENTI

     Articolo 67     

(I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio)

Art. 67

1. Nelle more dell’approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano, ai sensi dell’articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l’assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l’individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.

2. Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all’articolo 66, approvano altresì piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio irirogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l’incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi dell’articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all’articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi all’individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all’approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all’articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi già adottati da parte delle Autorità di bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e d’intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

4. Per l’attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per quanto di rispettiva competenza.

5. Entro sei mesi dall’adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell’incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l’allarme e la messa in salvo preventiva.

6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall’area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per l’adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell’articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All’abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali.

7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l’indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.

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PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

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NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO II

CAPO II

GLI STRUMENTI

     Articolo 68     

(Procedura per l’adozione dei progetti di piani stralcio)

Art. 68

1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 dell’articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all’articolo 66.

2. L’adozione dei piani stralcio per l’assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.

3. Ai fini dell’adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell’Autorità di bacino.

4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.

PARTE III

PARTE TERZA

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

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TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO III

CAPO III

GLI INTERVENTI

     Articolo 69     

(Programmi di intervento)

Art. 69

1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l’indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.

2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:

a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;

b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;

c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell’impatto ambientale delle opere principali.

3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.

4. Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

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TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO III

CAPO III

GLI INTERVENTI

     Articolo 70     

(Adozione dei programmi)

Art. 70

1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.

2. La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre dell’ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l’attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l’attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.

3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma 1, sono trasmessi al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro dell’economia e delle finanze l’indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria.

4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO III

CAPO III

GLI INTERVENTI

     Articolo 71     

(Attuazione degli interventi)

Art. 71

1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all’articolo 63, comma 4.

2. L’esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere definitivo quando l’urgenza del caso lo richiede.

3. Tutti gli atti di concessione per l’attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE I

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO II

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO III

CAPO III

GLI INTERVENTI

     Articolo 72     

(Finanziamento)

Art. 72

1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all’articolo 69.

2. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze fino all’espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell’economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all’articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l’ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per l’adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 57.

5. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, entro trenta giorni dall’approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 73     

(Finalità)

Art. 73

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

a) prevenire e ridurre l’inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;

b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;

c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;

d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonchè la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;

e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:

1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;

2) ridurre in modo significativo l’inquinamento delle acque sotterranee;

3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l’inquinamento dell’ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell’ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.

2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:

a) l’individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;

b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell’ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;

c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonchè la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;

d) l’adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e depurazione degli scarichi idrici, nell’ambito del servizio idrico integrato;

e) l’individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;

f) l’individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;

g) l’adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell’ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

h) l’adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.

3. Il perseguimento delle finalità e l’utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell’ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 74     

(Definizioni)

Art. 74

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BODS) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;

b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai oiprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;

c) acque costiere: le acque superficiali situate all’interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;

e) estuario: l’area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa (1) ;

f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l’estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;

g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;

h) “acque reflue industriali”: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attivita’ commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento (2);

i) “acque reflue urbane”: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato (3);

l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;

m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;

n) agglomerato: l’area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento [in una fognatura dinamica] delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale (4);

o) applicazione al terreno: l’apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;

p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all’applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all’utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;

q) ente di governo dell’ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l’organizzazione del servizio idrico integrato (5);

r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato;

s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;

t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;

u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;

v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;

z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell’azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque interessate;

aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;

bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;

cc) inquinamento: l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell’aria, nell’acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell’ambiente;

dd) “rete fognaria”: un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane (6).

ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;

ff) scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuita’ il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114 (7);

gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;

hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all’affidamento dei lavori, nonchè gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;

ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;

ll ) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BODS delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;

mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l’area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l’utilizzazione delle sostanze di cui all’Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;

oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante con tenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo i valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall’impianto, senza tener conto dell’eventuale diluizione; l’effetto di una stazione di depurazione di acque reflue puo’ essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell’impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell’ambiente (8);

pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:

a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all’interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;

d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;

f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un’attività umana;

g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un’attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall’autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;

h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;

i) acquifero: uno o piu’ strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di permeabilita’ sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l’estrazione di quantita’ significative di acque sotterranee (9).

l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d’acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

o) distretto idrografico: l’area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

p) stato delle acque superficiali: l’espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;

q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno “buono”;

r) stato delle acque sotterranee: l’espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;

s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno “buono”;

t) stato ecologico: l’espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire, entro il 22 dicembre 2015, gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla presente sezione ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualita’ ambientali fissati per le sostanze dell’elenco di priorita’ di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza (10);

aa) buono stato chimico: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde alle condizioni di cui agli articoli 3 e 4 ed all’Allegato 3, Parte A (11);

bb) stato quantitativo: l’espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;

cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all’articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonchè danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;

dd) buono stato quantitativo: stato definito all’Allegato 3, Parte B (12);

ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;

ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;

gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell’Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;

hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;

ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;

ll) standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l’ambiente;

mm) approccio combinato: l’insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:

1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento;

2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l’ambiente acquatico o attraverso l’ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;

nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;

oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:

1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque superficiali o sotterranee;

2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;

pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall’attività conoscitiva di cui all’articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell’analisi economica di cui all’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;

[qq) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un’emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall’impianto, senza tener conto dell’eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell’acqua, l’effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell’impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell’ambiente;] (13)

rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un’emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;

ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l’utilizzo stesso delle risorse idriche causa all’ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l’ambiente;

tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;

uu) impianto: l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all’Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e possono influire sulle emissioni e sull’inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l’impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all’Allegato I del predetto decreto, l’impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell’inquinamento.

uu-bis) limite di rivelabilita’: il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del quale si puo’ affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione e’ diverso da un bianco che non contiene l’analita (14);

uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rivelabilita’ a una concentrazione dell’analita che puo’ ragionevolmente essere determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione puo’ essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e puo’ essere ottenuto dal punto di taratura piu’ basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco (15);

uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate (16);

uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile rispetto a proprieta’ specificate, che si e’ stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in una misurazione o nell’esame di proprieta’ nominali (17).

(1) Per la definizione dei limiti esterni dell’estuario di cui alla presente lettera, vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(2) Lettera sostituita dall’articolo 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Lettera sostituita dall’articolo 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Lettera modificata dall’articolo 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) Lettera modificata dall’articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(6) Lettera sostituita dall’articolo 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(7) Lettera modificata dall’articolo 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(8) Lettera modificata dall’articolo 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(9) Lettera sostituita dall’articolo 9, comma 1, lettera a) del Dlgs. 16 marzo 2009 n. 30.

(10) Lettera sostituita dall’articolo 1, comma 1, lettera a), punto 1), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

(11) Lettera sostituita dall’articolo 9, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30

(12) Lettera sostituita dall’articolo 9, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30

(13) Lettera abrogata dall’articolo 2, comma 7, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(14) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera a), punto 2), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219

(15) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera a), punto 2), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219

(16) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera a), punto 2), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219

(17) Lettera aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lettera a), punto 2), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 75     

(Competenze)

Art. 75

1. Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:

a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema attraverso il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;

b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.

2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o all’ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio per materia, assegna all’ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all’attività di sostituzione sono a carico dell’ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall’ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonchè quanto disposto dall’articolo 132.

3. Le prescrizioni tecniche necessarie all’attuazione della parte terza del presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.

4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall’Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell’Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall’articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

5. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) i dati conoscitivi e le informazioni relative all’attuazione della parte terza del presente decreto, nonchè quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri competenti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) elabora a livello nazionale, nell’ambito del Sistema informativo nazionale dell’ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio anche per l’invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all’Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.

6. Le regioni favoriscono l’attiva partecipazione di tutte le parti interessate all’attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all’articolo 121.

7. Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.

8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.

9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e della fitodepurazione.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 76     

(Disposizioni generali)

Art. 76

1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all’articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

2. L’obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

3. L’obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell’uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.

4. In attuazione della parte terza del presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all’articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015:

a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l’obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di “buono”;

b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale “elevato” come definito nell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all’articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.

5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell’obiettivo di qualità ambientale; l’obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.

6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.

7. Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonchè individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.

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SEZIONE II

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TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 77     

(Individuazione e perseguimento dell’obiettivo di qualità ambientale)

Art. 77

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all’articolo 76, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino, e assicura n d o in ogni caso per tutti i corpi idrici l’adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.

3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell’obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di “buono”, entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di “sufficiente” di cui all’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di qualità fissati nell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.

5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

1) sull’ambiente in senso ampio;

2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;

3) sulle attività per le quali l’acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l’irrigazione;

4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;

5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;

b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possono, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino un’opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

6. Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23 dicembre 2015 per poter conseguire gradualmente gli obiettivi dei corpi idrici purche’ non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato dei corpi idrici e sussistano tutte le seguenti condizioni:

a) i miglioramenti necessari per il raggiungimento del buono stato di qualita’ ambientale non possono essere raggiunti entro i termini stabiliti almeno per uno dei seguenti motivi:

1) i miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere conseguiti per motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre 2015;

2) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionalmente costoso;

3) le condizioni naturali non consentono il miglioramento del corpo idrico nei tempi richiesti;

b) la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate nei piani di cui agli articoli 117 e 121 ;

c) le proroghe non possono superare il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti dei piani di cui alla lettera b), fatta eccezione per i casi in cui le condizioni naturali non consentano di conseguire gli obiettivi entro detto periodo;

d) l’elenco delle misure, la necessita’ delle stesse per il miglioramento progressivo entro il termine previsto, la giustificazione di ogni eventuale significativo ritardo nella attuazione delle misure, nonche’ il relativo calendario di attuazione delle misure devono essere riportati nei piani di cui alla lettera b). Le informazioni devono essere aggiornate nel riesame dei piani (1).

7. Le regioni, per alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli di cui al comma 4, qualora, a causa delle ripercussioni dell’impatto antropico rilevato ai sensi dell’ articolo 118 o delle loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro raggiungimento. Devono, in ogni caso, ricorrere le seguenti condizioni:

a) la situazione ambientale e socioeconomica non consente di prevedere altre opzioni significativamente migliori sul piano ambientale ed economico;

b) la garanzia che:

1) per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell’attivita’ umana o dell’inquinamento;

2) per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al loro stato di qualita’, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell’attivita’ umana o dell’inquinamento;

c) per lo stato del corpo idrico non si verifichi alcun ulteriore deterioramento;

d) gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico e del piano di tutela di cui agli articoli 117 e 121 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni nell’ambito della revisione di detti piani (1).

8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché essi non comportino l’ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purché non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.

9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonchè le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.

10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo a una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purchè ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l’ulteriore deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;

b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti eventi possono essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;

c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;

d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all’articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;

e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.

10-bis. Le regioni non violano le disposizioni del presente decreto nei casi in cui:

a) il mancato raggiungimento del buon stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico delle acque superficiali o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacita’ di impedire il deterioramento del corpo idrico superficiale e sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni idrogeologiche dei corpi idrici sotterranei;

b) l’incapacita’ di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attivita’ sostenibili di sviluppo umano purche’ sussistano le seguenti condizioni:

1) siano state avviate le misure possibili per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

2) siano indicate puntualmente ed illustrate nei piani di cui agli articoli 117 e 121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano rivisti ogni sei anni;

3) le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni di cui alla lettera b) siano di prioritario interesse pubblico ed i vantaggi per l’ambiente e la societa’, risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, siano inferiori rispetto ai vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni per la salute umana, per il mantenimento della sicurezza umana o per lo sviluppo sostenibile;

4) per motivi di fattibilita’ tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo idrico non possano essere conseguiti con altri mezzi che garantiscono soluzioni ambientali migliori (2).

(1) Comma sostituito dall’articolo 3 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 giugno 2008, n. 101.

(2) Comma inserito dall’articolo 3 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 giugno 2008, n. 101.

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SEZIONE II

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TITOLO II

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OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 78     

Standard di qualita’ ambientale per le acque superficiali (1)

Art. 78

1. Ai fini della identificazione del buono stato chimico, di cui all’articolo 74, comma 2, lettera z), si applicano ai corpi idrici superficiali gli standard di qualita’ ambientale, di seguito denominati: “SQA”, di cui alla lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza.

2. Per le finalita’ di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano per la colonna d’acqua gli SQA di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza, secondo le modalita’ riportate alla lettera A.2.8 del medesimo allegato.

3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in alternativa alle disposizioni di cui al comma 2, possono identificare il buono stato chimico delle acque marino-costiere e delle acque di transizione, utilizzando le matrici sedimenti e biota limitatamente alle sostanze per le quali sono definiti SQA nelle suddette matrici.

In tal caso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano:

a) applicano per il biota gli SQA riportati alla tabella 3/A della lettera A.2.6. dell’allegato 1 alla parte terza;

b) applicano per i sedimenti gli SQA riportati alla tabella 2/A della lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza;

c) rispettano le disposizioni di cui alla lettera A.2.6.1 dell’allegato 1 alla parte terza concernenti modalita’ di monitoraggio e classificazione;

d) trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le motivazioni della scelta, al fine di fornire elementi di supporto per la notifica alla Commissione europea e agli altri Stati membri, tramite il comitato di cui all’articolo 21 della direttiva 2000/60/CE, secondo la procedura prevista dalle norme comunitarie.

4. Per le sostanze per le quali non sono definiti SQA per le matrici sedimenti e biota nelle acque marino-costiere e nelle acque di transizione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano effettuano il monitoraggio nella colonna d’acqua applicando i relativi SQA di cui alla tabella 1/A dell’allegato 1 alla parte terza.

5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano effettuano l’analisi della tendenza a lungo termine delle concentrazioni delle sostanze dell’elenco di priorita’ di cui alla tabella 1/A, lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza che tendono ad accumularsi nei sedimenti e nel biota, ovvero in una sola delle due matrici, con particolare attenzione per le sostanze riportate nella citata tabella ai numeri 2, 4, 7, 13, 14, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 28, 30 e 34, conformemente al punto A.3.2.4 dell’allegato 1 alla parte terza.

6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano misure atte a garantire che tali concentrazioni non aumentino in maniera significativamente rilevante nei sedimenti e/o nel biota.

7. Le disposizioni del presente articolo concorrono al raggiungimento entro il 20 novembre 2021 dell’obiettivo di eliminare le sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A della lettera A.2.6. dell’allegato 1 alla parte terza negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite, nonche’ al raggiungimento dell’obiettivo di ridurre gradualmente negli stessi le sostanze prioritarie individuate come P nella medesima tabella. Per le sostanze indicate come E l’obiettivo e’ di eliminare l’inquinamento delle acque causato da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

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OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 78 bis     

Zone di mescolamento (1)

Art. 78-bis.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono designare zone di mescolamento adiacenti ai punti di scarico di acque reflue contenenti sostanze dell’elenco di priorita’ nel rispetto dei criteri tecnici stabiliti con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base delle linee guida definite a livello comunitario, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/105/CE. Le concentrazioni di una o piu’ sostanze di detto elenco possono superare, nell’ambito di tali zone di mescolamento, gli SQA applicabili, a condizione che il superamento non abbia conseguenze sulla conformita’ agli SQA del resto del corpo idrico superficiale.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano designano le zone di mescolamento assicurando che l’estensione di ciascuna di tali zone:

a) sia limitata alle vicinanze del punto di scarico;

b) sia calibrata sulla base delle concentrazioni di inquinanti nel punto di scarico, dell’applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli scarichi di cui alla normativa vigente e dell’adozione delle migliori tecniche disponibili, in funzione del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi ambientali.

3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorita’ di distretto riportano, rispettivamente, nei piani di tutela e nei piani di gestione le zone di mescolamento designate indicando:

a) l’ubicazione e l’estensione;

b) gli approcci e le metodologie applicati per definire tali zone;

c) le misure adottate allo scopo di limitare in futuro l’estensione delle zone di mescolamento, quali quelle necessarie alla riduzione ed all’eliminazione dell’inquinamento delle acque superficiali causato dalle sostanze dell’elenco di priorita’ o le misure consistenti nel riesame delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e successive modificazioni, o delle autorizzazioni preventive rilasciate ai sensi del presente decreto.

4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle aree protette elencate all’allegato 9, alle lettere i), ii), iii), v).

(1) Articolo inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

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OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 78 ter     

Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite (1)

Art. 78-ter.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ciascuna per la parte di territorio di competenza ricadente in ciascun distretto idrografico, mettono a disposizione attraverso il sistema SINTAI le informazioni di cui alla lettera A.2.8.-ter, sezione A “Stato delle acque superficiali”, parte 2 “Modalita’ per la classificazione dello stato di qualita’ dei corpi idrici” dell’allegato 1 alla parte terza, secondo le scadenze temporali riportate nel medesimo allegato. Le informazioni sono ricavate sulla base dell’attivita’ di monitoraggio e dell’attivita’ conoscitiva delle pressioni e degli impatti di cui rispettivamente all’allegato 1 e all’allegato 3 – sezione C, alla parte terza.

2. L’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, di seguito: ISPRA, rende disponibili attraverso il sistema SINTAI i formati standard, aggiornandoli sulla base delle linee guida adottate a livello comunitario, nonche’ i servizi per la messa a disposizione delle informazioni da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

3. L’ISPRA elabora l’inventario, su scala di distretto, dei rilasci derivanti da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite, di seguito denominato “inventario”, con riferimento alle sostanze prioritarie e alle sostanze pericolose prioritarie. L’ISPRA effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche esigenze del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (2).

4. L’inventario e’ redatto sulla base della elaborazione delle informazioni di cui al comma 1, dei dati raccolti in attuazione del regolamento (CE) n. 166/2006, nonche’ sulla base di altri dati ufficiali. Nell’inventario sono altresi’ riportate, ove disponibili, le carte topografiche e, ove rilevate, le concentrazioni di tali sostanze ed inquinanti nei sedimenti e nel biota.

5. L’inventario e’ finalizzato a verificare il raggiungimento dell’obiettivo di cui ai commi 1 e 7 dell’articolo 78, ed e’ sottoposto a riesami sulla base degli aggiornamenti effettuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 118, comma 2.

6. L’ ISPRA, previa verifica e validazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, mette a disposizione di ciascuna autorita’ di distretto, tramite il sistema SINTAI, gli inventari aggiornati su scala distrettuale ai fini dell’inserimento della sezione A dell’inventario nei piani di gestione riesaminati da pubblicare.

(1) Articolo inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

(2) Comma sostituito dall’articolo 24, comma 1, lettera a), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

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OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 78 quater     

Inquinamento transfrontaliero (1)

Art. 78-quater.

1. Qualora si verifichi un superamento di un SQA nei bacini idrografici transfrontalieri, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano interessate non si ritengono inadempienti se possono dimostrare che:

a) il superamento dell’SQA e’ dovuto ad una fonte di inquinamento al di fuori della giurisdizione nazionale;

b) a causa di tale inquinamento transfrontaliero si e’ verificata l’impossibilita’ di adottare misure efficaci per rispettare l’SQA in questione;

c) sia stato applicato, per i corpi idrici colpiti da inquinamento transfrontaliero, il meccanismo di coordinamento ai sensi dei commi 7 e 8 dell’articolo 75 e, se del caso, sia stato fatto ricorso alle disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 10 dell’articolo 77.

2. Qualora si verifichino le circostanze di cui al comma 1, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorita’ di distretto competenti forniscono le informazioni necessarie al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione europea e predispongono una relazione sintetica delle misure adottate riguardo all’inquinamento transfrontaliero da inserire rispettivamente nel piano di tutela e nel piano di gestione.

(1) Articolo inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

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TITOLO II

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OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 78 quinquies     

Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee (1)

Art. 78-quinquies.

1. L’ISPRA assicura che i metodi di analisi, compresi i metodi di laboratorio, sul campo e on line, utilizzati dalle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente , di seguito: “ARPA”, e dalle agenzie provinciali per la protezione dell’ambiente, di seguito: “APPA”, ai fini del programma di monitoraggio chimico svolto ai sensi dell’allegato 1 alla parte terza, siano convalidati e documentati ai sensi della norma UNI-EN ISO/CEI – 17025:2005 o di altre norme equivalenti internazionalmente accettate.

2. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 78, commi 1 e 2, e 78-bis, il monitoraggio e’ effettuato applicando le metodiche di campionamento e di analisi riportati alle lettere A.2.8, punti 16, 17 e 18, e A.3.10 dell’allegato 1 alla parte terza.

3. Le disposizioni di cui al presente articolo, agli articoli 78-sexies, 78-septies e 78-octies ed alla lettera A.2.8.-bis della sezione A “Stato delle acque superficiali” della parte 2 “Modalita’ per la classificazione dello stato di qualita’ dei corpi idrici”dell’allegato 1 alla parte terza si applicano per l’analisi chimica e il monitoraggio dello stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei.

(1) Articolo inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

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TITOLO II

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OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 78 sexies     

Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi (1)

Art. 78-sexies.

1. L’ISPRA verifica che i requisiti minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi siano basati su una incertezza di misura definita conformemente ai criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A “Stato delle acque superficiali”, parte 2 “Modalita’ per la classificazione dello stato di qualita’ dei corpi idrici” dell’allegato 1 alla parte terza.

2. In mancanza di standard di qualita’ ambientali per un dato parametro o di un metodo di analisi che rispetti i requisiti minimi di prestazione di cui al comma 1, le ARPA e le APPA assicurano che il monitoraggio sia svolto applicando le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili.

(1) Articolo inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 78 septies     

Calcolo dei valori medi (1)

Art. 78-septies.

1. Ai fini del calcolo dei valori medi si applicano i criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A “Stato delle acque superficiali”, parte 2 “Modalita’ per la classificazione dello stato di qualita’ dei corpi idrici” dell’allegato 1 alla parte terza.

(1) Articolo inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 78 octies     

Garanzia e controllo di qualita’ (1)

Art. 78-octies.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che i laboratori delle Agenzie regionali per l’ambiente (ARPA), e delle agenzie provinciali per l’ambiente (APPA), o degli enti appaltati da queste ultime applichino pratiche di gestione della qualita’ conformi a quanto previsto dalla norma UNI-EN ISO/CEI-17025:2005 e successive modificazioni o da altre norme equivalenti internazionalmente riconosciute.

2. L’ISPRA assicura la comparabilita’ dei risultati analitici dei laboratori ARPA, APPA o degli enti appaltati da queste ultime, sulla base:

a) della promozione di programmi di prove valutative delle competenze che comprendono i metodi di analisi di cui all’articolo 78-quinquies per i misurandi a livelli di concentrazione rappresentativi dei programmi di monitoraggio delle sostanze chimiche svolti ai sensi del presente decreto;

b) dell’analisi di materiali di riferimento rappresentativi di campioni prelevati nelle attivita’ di monitoraggio e che contengono livelli di concentrazioni adeguati rispetto agli standard di qualita’ ambientali di cui all’articolo 78-sexies, comma 1.

3. I programmi di prove valutative di cui al comma 2, lettera a), vengono organizzati dall’ISPRA o da altri organismi accreditati a livello nazionale o internazionale, che rispettano i criteri stabiliti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010 o da altre norme equivalenti accettate a livello internazionale. L’esito della partecipazione a tali programmi viene valutato sulla base dei sistemi di punteggio definiti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010, dalla norma ISO-13528:2006 o da altre norme equivalenti internazionalmente accettate.

(1) Articolo inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO I

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITA’ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA’ PER SPECIFICADESTINAZIONE

     Articolo 79     

(Obiettivo di qualità per specifica destinazione)

Art. 79

1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:

a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

b) le acque destinate alla balneazione;

c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

d) le acque destinate alla vita dei molluschi.

2. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 76, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l’obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.

3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell’ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1 all’obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.

PARTE III

PARTE TERZA

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SEZIONE II

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TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 80     

(Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile)

Art. 80

1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:

a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;

b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;

c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.

3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.

4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.

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PARTE TERZA

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SEZIONE II

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TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 81     

(Deroghe)

Art. 81

1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:

a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;

b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;

c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie A1, A2 e A3;

d) nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti nell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).

2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.

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TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 82     

(Acque utilizzate per l’estrazione di acqua potabile)

Art. 82

1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni, all’interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:

a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre 10 metri cubi al giorno o servono più di 50 persone, e

b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.

2. L’autorità competente provvede al monitoraggio, a norma dell’Allegato 1 alla parte terza dei presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 metri cubi al giorno.

3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l’obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.

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SEZIONE II

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TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 83     

(Acque di balneazione)

Art. 83

1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.

2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, entro l’inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicità annuale prima dell’inizio della stagione balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di cui all’articolo 75, comma 6.

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SEZIONE II

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TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 84     

(Acque dolci idonee alla vita dei pesci)

Art. 84

1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:

a) i corsi d’acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato nonchè di parchi e riserve naturali regionali;

b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;

c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate “di importanza internazionale” ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonchè quelle comprese nelle “oasi di protezione della fauna”, istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.

2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto come acque dolci “salmonicole” o “ciprinicole”.

3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere gradualmente estese sino a coprire l’intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell’ambito del medesimo, alcuni tratti come “acqua salmonicola” e alcuni tratti come “acqua ciprinicola”. La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.

4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell’ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

5. Sono escluse dall’applicazione del presente articolo e degli articoli 85e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l’allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l’allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.

PARTE III

PARTE TERZA

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SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 85     

(Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci)

Art. 85

1. Le acque designate e classificate ai sensi dell’articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportali nella Tabella 1/B dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se l’inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all’autorità competente le misure appropriate.

3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 86     

(Deroghe)

Art. 86

1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell’uomo.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 87     

(Acque destinate alla vita dei molluschi)

Art. 87

1. Le regioni, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, designano, nell’ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l’uomo.

2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell’esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.

3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco, nell’ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 88     

(Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi)

Art. 88

1. Le acque designate ai sensi dell’articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l’inquinamento.

2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l’inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 89     

(Deroghe)

Art. 89

1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO II

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA’

CAPO II

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

     Articolo 90     

(Norme sanitarie)

Art. 90

1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l’attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO I

CAPO I

AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE DALL’INQUINAMENTO

E DI RISANAMENTO

     Articolo 91     

(Aree sensibili)

Art. 91

1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell’Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:

a) i laghi di cui all’Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonchè i corsi d’acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;

c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

d) le aree costiere dell’Adriatico Nord-Occidentale dalla foce dell’Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d’acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

e) il lago di Garda e il lago d’ldro;

f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;

g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;

h) il golfo di Castellammare in Sicilia;

i) le acque costiere dell’Adriatico settentrionale.

2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all’Allegato 6 alla parte terza del presente decreto.

3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.

4. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l’Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all’interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

5. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l’Autorità di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all’inquinamento di tali aree.

6. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, alla riedificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all’inquinamento delle aree sensibili.

7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono soddisfare i requisiti dell’articolo 106 entro sette anni dall’identificazione.

8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all’ articolo 106.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO I

CAPO I

AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE DALL’INQUINAMENTO

E DI RISANAMENTO

     Articolo 92     

(Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)

Art. 92

1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all’Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.

2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell’Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.

3. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1.

4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell’Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all’interno delle zone indicate nell’Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorità di bacino, devono riesaminare e, se necessario, opportunamente rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all’Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonchè riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere (1).

6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonchè le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.

7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all’Allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d’azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall’inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell’anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.

8. Le regioni provvedono, inoltre, a:

a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;

b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;

c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell’efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

8-bis. Le regioni riesaminano e, se del caso, rivedono i programmi d’azione obbligatori di cui al comma 7, inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai sensi della lettera c) del comma 8, per lo meno ogni quattro anni (2).

9. Gli esiti del riesame delle designazioni di cui al comma 5, i programmi di azione stabiliti ai sensi del comma 7, inclusi gli esiti del riesame di cui al comma 8-bis, i risultati delle verifiche dell’efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonchè degli interventi di formazione e informazione.

10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è raccomandata l’applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.

(1) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera b), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

(2) Comma inserito dall’articolo 24, comma 1, lettera c), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

(3) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera d), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO I

CAPO I

AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE DALL’INQUINAMENTO

E DI RISANAMENTO

     Articolo 93     

(Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione)

Art. 93

1. Con le modalità previste dall’articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell’Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri di cui all’articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall’inquinamento derivante dall’uso di prodotti fitosanitari.

2. Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.

3. Per le aree di cui al comma 2, nell’ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d’azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO I

CAPO I

AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE DALL’INQUINAMENTO

E DI RISANAMENTO

     Articolo 94     

(Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano)

Art. 94

1. Su proposta delle Autorità d’àmbito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonchè per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonchè, all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.

2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.

3. La zona di tutela assoluta è costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un’estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e deve essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.

4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell’opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l’insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;

b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l’impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;

d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade.

e) aree cimiteriali;

f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;

g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell’estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;

h) gestione di rifiuti;

i) stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;

m) pozzi perdenti;

n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. É comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all’interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:

a) fognature;

b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;

c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;

d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.

6. In assenza dell’individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l’uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all’interno delle zone di protezione, le seguenti aree:

a) aree di ricarica della falda;

b) emergenze naturali ed artificiali della falda;

c) zone di riserva.

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CAPO II

CAPO II

TUTELE QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO

     Articolo 95     

(Pianificazione del bilancio idrico)

Art. 95

1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.

2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l’equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d’uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d’acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni dell’Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d’Italia – Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) secondo le modalità di cui all’articolo 75, comma 6.

4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall’Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

5. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime Autorità provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell’articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l’equilibrio del bilancio idrico.

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TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO II

CAPO II

TUTELE QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO

     Articolo 96     

(Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775)

Art. 96

1. Il secondo comma dell’articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

“Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante ai competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull’equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere è elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nomina un Commissario “ad acta” che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.”.

2. I commi 1 e 1-bis. dell’articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti:

“1. Tra più domande concorrenti, completata l’istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste, presenta la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:

a) l’attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all’uso potabile;

b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all’uso;

c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo;

d) la quantità e la qualità dell’acqua restituita rispetto a quella prelevata.

1-bis. E’ preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d’acqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi produttivi è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001, ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

1-ter. Per lo stesso tipo di uso è preferita la domanda che garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attività di recupero e di riciclo.”.

3. L’articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

“Articolo 12-bis.

1. Il provvedimento di concessione è rilasciato se:

a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d’acqua interessato;

b) è garantito il minimo deflusso vitale e l’equilibrio del bilancio idrico;

c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico.

2. I volumi di acqua concessi sono altresì commisurati alle possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative dell’acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l’equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell’acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant’altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.

3. L’utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate al consumo umano, può essere assentito per usi diversi da quello potabile se:

a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno;

b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico;

c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento.

4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile è triplicalo. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.”.

4. L’articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

“Articolo 17.

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 93 e dal comma 2, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell’autorità competente.

2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, Amministrazione competente dispone la cessazione dell’utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. E’ in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L’autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l’utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.”.

5. Il secondo comma dell’articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall’articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.

6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all’articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l’articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l’utilizzazione può proseguire fermo restando l’obbligo del pagamento del canone per l’uso effettuato e il potere dell’autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l’utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell’equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all’articolo 95, comma 5.

7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell’articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell’articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l’equilibrio del bilancio idrico (1) .

8. Il primo comma dell’articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

“Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all’articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”.

9. Dopo il terzo comma dell’articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è inserito il seguente:

“Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d’acqua attraverso le strutture consortili già operanti sul territorio.”.

10. Fatta salva l’efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell’articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall’articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l’equilibrio del bilancio idrico.

(1) Comma modificato dall’articolo 2 del D.L. 28 dicembre 2006 n. 300.

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SEZIONE II

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TITOLO III

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TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO II

CAPO II

TUTELE QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO

     Articolo 97     

(Acque minerali naturali e di sorgenti)

Art. 97

1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all’articolo 121.

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SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

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TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO II

CAPO II

TUTELE QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO

     Articolo 98     

(Risparmio idrico)

Art. 98

1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all’eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

2. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.

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SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO II

CAPO II

TUTELE QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO

     Articolo 99     

(Riutilizzo dell’acqua)

Art. 99

1. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue (1) .

2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell’acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate (2).

(1) Per le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue di cui al presente comma vedi, il D.M. 2 maggio 2006; a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 il citato decreto, non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(2) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

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SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO III

CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

     Articolo 100     

(Reti fognarie)

Art. 100

1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.

2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:

a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;

b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;

c) della limitazione dell’inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.

3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi.

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SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO III

CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

     Articolo 101     

(Criteri generali della disciplina degli scarichi)

Art. 101

1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L’autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l’eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.

2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell’esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:

a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;

b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;

c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;

d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.

3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell’autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall’articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

4. L’autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l’accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L’autorita’ competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4 (1).

6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.

7. Salvo quanto previsto dall’articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;

b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame [che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l’utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all’articolo 112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto] (1);

c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;

f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, al Servizio geologico d’Italia -Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all’articolo 75, comma 5 (2).

9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell’ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 75, comma 5.

10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 8, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni.Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

PARTE III

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NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO III

CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

     Articolo 102     

(Scarichi di acque termali)

Art. 102

1. Per le acque termali che presentano all’origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell’ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell’articolo 124, comma 5:

a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all’ambiente;

b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;

c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dagli enti di governo dell’ambito (1);

d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.

(1) Lettera modificata dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

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TITOLO III

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TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO III

CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

     Articolo 103     

(Scarichi sul suolo)

Art. 103

1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:

a) per i casi previsti dall’articolo 100, comma 3;

b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;

c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l’impossibilità tecnica o l’eccessiva onerosità, a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell’articolo 101, comma 2. Sino all’emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;

e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;

f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.

2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all’articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l’autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.

3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

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TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO III

CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

     Articolo 104     

(Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee)

Art. 104

1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l’autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

3. In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono autorizzare lo scarico di acque risultanti dall’estrazione di idrocarburi nelle unita’ geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unita’ dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano contenuto, idrocarburi, indicando le modalita’ dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualita’ e quantita’, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi (1).

4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l’autorità competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell’assenza di sostanze estranee, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del soggetto richiedente l’autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e qualitative dei fanghi e l’assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico.

4-bis. Fermo restando il divieto di cui al comma 1, l’autorita’ competente, al fine del raggiungimento dell’obiettivo di qualita’ dei corpi idrici sotterranei, puo’ autorizzare il ravvenamento o l’accrescimento artificiale dei corpi sotterranei, nel rispetto dei criteri stabiliti con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’acqua impiegata puo’ essere di provenienza superficiale o sotterranea, a condizione che l’impiego della fonte non comprometta la realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per la fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di ravvenamento o accrescimento. Tali misure sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre nell’ambito del Piano di tutela e del Piano di gestione (2).

5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/1. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all’iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.

5-bis. In deroga a quanto previsto al comma 1 e’ consentita l’iniezione, a fini di stoccaggio, di flussi di biossido di carbonio in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni che per motivi naturali sono definitivamente inadatte ad altri scopi, a condizione che l’iniezione sia effettuata a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio (3).

6. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, in sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:

a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l’acqua risultante dall’estrazione di idrocarburi;

b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall’impianto di iniezione o di reiniezione.

7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l’assenza di pericoli per le acquee per gli ecosistemi acquatici.

8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all’utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l’autorizzazione allo scarico è revocata.

(1) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 6, del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(2) Comma inserito dall’articolo 24, comma 1, lettera e), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

(3) Comma inserito dall’articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162.

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TITOLO III

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TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO III

CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

     Articolo 105     

(Scarichi in acque superficiali)

Art. 105

1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2,

5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.

6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d’alta montagna, ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni negative sull’ambiente.

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CAPO III

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TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

     Articolo 106     

(Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili)

Art. 106

1. Ferme restando le disposizioni dell’articolo 101, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall’articolo 105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l’azoto totale.

3. Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all’interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all’inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell’obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.

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CAPO III

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TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

     Articolo 107     

(Scarichi in reti fognarie) (2)

Art. 107

1. Ferma restando l’inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall’ente di governo dell’ambito competente in base alle caratteristiche dell’impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2 (1).

2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall’ente di governo dell’ambito competente (2).

3. Non e’ ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell’alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell’esistenza di un sistema di depurazione da parte dell’ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L’installazione delle apparecchiature e’ comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio (3).

4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

(1) Lettera modificata dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Lettera modificata dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 8-bis del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituito dal comma 19, del medesimo articolo 2, del D.Lgs. 4/2008. Da ultimo, il presente comma è stato sostituito dall’articolo 9 quater, comma 1, del D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 dicembre 2008, n. 210 .

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     Articolo 108     

(Scarichi di sostanze pericolose)

Art. 108

1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l’utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell’ambiente in cui è effettuato lo scarico, l’autorità competente in sede di rilascio dell’autorizzazione fissa, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all’articolo 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2 (1).

3. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell’ambiente.

4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell’attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L’autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell’articolo 124, comma 2, secondo periodo, l’impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l’autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue (2).

6. L’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 9, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 10, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

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TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO IV

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

     Articolo 109     

(Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte)

Art. 109

1. Al fine della tutela dell’ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l’immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:

a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l’innocuità ambientale;

c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l’attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

2. L’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), e’ rilasciata dalla regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali e’ rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto (1).

3. L’immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione regionale, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all’autorità competente (2).

4. L’immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è soggetta ad autorizzazione.

5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall’attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. Nel caso di condotte o cavi facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, o di connessione con reti energetiche di altri stati, l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni interessate, nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti .

(1) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera d), numero 1, del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 .

(2) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera d), numero 2, del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35.

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NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO IV

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

     Articolo 110     

(Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane)

Art. 110

1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l’utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.

2. In deroga al comma 1, l’autorità competente, d’intesa con l’ente di governo dell’ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell’impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione (1).

3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all’autorità competente ai sensi dell’articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all’articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura (2);

b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell’articolo 100, comma 3 (3);

c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l’ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente (4).

4. L’attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.

5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell’impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L’autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L’autorità competente provvede altresì all’iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.

6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l’apposita tariffa determinata dall’ente di governo dell’ambito (5).

7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Vedi l’articolo 9, comma 1-bis, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39.

(3) Vedi l’articolo 9, comma 1-bis, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39.

(4) Vedi l’articolo 9, comma 1-bis, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39.

(5) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO III

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO IV

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

     Articolo 111     

(Impianti di acquacoltura e piscicoltura)

Art. 111

1. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.

PARTE III

PARTE TERZA

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

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TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO IV

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

     Articolo 112     

(Utilizzazione agronomica)

Art. 112

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell’Allegato 1 al predetto decreto, l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all’articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all’autorità competente ai sensi all’articolo 75del presente decreto.

2. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

3. Nell’ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinali in particolare:

a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;

b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall’obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;

c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;

d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l’imposizione di prescrizioni da parte dell’autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell’attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;

e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall’articolo 137, comma 15.

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CAPO IV

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

     Articolo 113     

(Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia)

Art. 113

1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, disciplinano e attuano:

a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;

b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione.

2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

4. È comunque vietato lo scarico o l’immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.

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CAPO IV

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

     Articolo 114     

(Dighe)

Art. 114

1. Le regioni, previo parere del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.

2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell’acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull’impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell’ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell’invaso durante le operazioni stesse.

3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.

4. Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell’amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell’invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l’inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l’esercizio e la manutenzione di cui all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.

6. Con l’approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.

8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall’emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all’approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l’esercizio e la manutenzione.

9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell’invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.

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CAPO IV

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

     Articolo 115     

(Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici)

Art. 115

1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell’alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d’acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all’autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.

3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell’elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.

4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.

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CAPO IV

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

     Articolo 116     

(Programmi di misure)

Art. 116

1. Le regioni, nell’ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all’articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all’Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l’approvazione all’Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l’Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e deve essere aggiornato ogni sei anni.

1-bis. Eventuali misure nuove o modificate, approvate nell’ambito di un programma aggiornato, sono applicate entro tre anni dalla loro approvazione (1).

(1) Comma aggiunto dall’articolo 24, comma 1, lettera f), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO I

CAPO I

PIANI DI GETSIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

     Articolo 117     

(Piani di gestione e registro delle aree protette)

Art. 117

1. Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all’articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest’ultimo dall’articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore (1).

2. Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A dell’Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2-bis. I Piani di gestione dei distretti idrografici, adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, sono riesaminati e aggiornati entro il 22 dicembre 2015 e, successivamente, ogni sei anni (2) .

2-ter. Qualora l’analisi effettuata ai sensi dell’articolo 118 e i risultati dell’attivita’ di monitoraggio condotta ai sensi dell’articolo 120 evidenzino impatti antropici significativi da fonti diffuse, le Autorita’ competenti individuano misure vincolanti di controllo dell’inquinamento. In tali casi i piani di gestione prevedono misure che vietano l’introduzione di inquinanti nell’acqua o stabiliscono obblighi di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti. Dette misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre (3).

3. L’Autorità di bacino, sentiti gli enti di governo dell’ambito del servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un registro delle aree protette di cui all’Allegato 9 alla parte terza del presente decreto, designate dalle autorità competenti ai sensi della normativa vigente (4).

3-bis. Il registro delle aree protette di cui al comma 3 deve essere tenuto aggiornato per ciascun distretto idrografico (5).

(1) Per il Piano di gestione del distretto idrografico Padano vedi il D.P.C.M. 8 febbraio 2013.

(2) Comma inserito dall’articolo 24, comma 1, lettera g), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

(3) Comma inserito dall’articolo 17, comma 2, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(4) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(5) Comma aggiunto dall’articolo 24, comma 1, lettera h), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO I

CAPO I

PIANI DI GETSIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

     Articolo 118     

(Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell’impatto esercitato dall’attività antropica)

Art. 118

1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di tutela di cui all’articolo 121, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l’impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all’analisi economica dell’utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto. Le risultanze delle attività di cui sopra sono trasmesse al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all’Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e sono aggiornati entro il 22 dicembre 2013 e successivamente ogni sei anni (1).

3. Nell’espletamento dell’attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.

(1) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO I

CAPO I

PIANI DI GETSIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

     Articolo 119     

(Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici)

Art. 119

1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base all’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga”.

2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell’acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:

a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all’utilizzo dell’acqua;

b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell’analisi economica effettuata secondo l’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

3. Nei Piani di tutela di cui all’articolo 121 sono riportate le fasi previste per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO I

CAPO I

PIANI DI GETSIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

     Articolo 120     

(Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici) (1)

Art. 120

1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all’interno di ciascun bacino idrografico.

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell’ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell’esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, gli enti di governo dell’ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni (1).

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO I

CAPO I

PIANI DI GETSIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

     Articolo 121     

(Piani di tutela delle acque)

Art. 121

1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell’Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e gli enti di governo dell’ambito, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza (1).

3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:

a) i risultati dell’attività conoscitiva;

b) l’individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;

c) l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento;

d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;

e) l’indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;

f) il programma di verifica dell’efficacia degli interventi previsti;

g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;

g-bis) i dati in possesso delle autorita’ e agenzie competenti rispetto al monitoraggio delle acque di falda delle aree interessate e delle acque potabili dei comuni interessati, rilevati e periodicamente aggiornati presso la rete di monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da renderli disponibili per i cittadini (2).

h) l’analisi economica di cui all’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;

i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Lettera inserita dal comma 2 ter dell’articolo 2 del D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 dicembre 2008, n. 210.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

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TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO I

CAPO I

PIANI DI GETSIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

     Articolo 122     

(Informazione e consultazione pubblica)

Art. 122

1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata, le regioni autorizzano l’accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali é stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell’inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque nell’ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell’inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce.

2. Per garantire l’attiva partecipazione e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.

3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO I

CAPO I

PIANI DI GETSIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

     Articolo 123     

(Trasmissione delle informazioni e delle relazioni)

Art. 123

1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.

2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:

a) l’attività conoscitiva di cui all’articolo 118entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;

b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all’articolo 120 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale.

3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall’aggiornamento di cui all’articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio una relazione sui progressi realizzati nell’attuazione delle misure di base o supplementari di cui all’articolo 116.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO II

CAPO II

AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI

     Articolo 124     

(Criteri generali)

Art. 124

1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

2. L’autorizzazione e’ rilasciata al titolare dell’attivita’ da cui origina lo scarico. Ove uno o piu’ stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attivita’, oppure qualora tra piu’ stabilimenti sia costituito un consorzio per l’effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attivita’ dei consorziati, l’autorizzazione e’ rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilita’ dei singoli titolari delle attivita’ suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto (1).

3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell’ambito della disciplina di cui all’articolo 101, commi 1 e 2.

4. In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall’ente di governo dell’ambito (2).

5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell’osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformità all’autorizzazione rilasciata dall’ente di governo dell’ambito (3).

6. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio oppure, se gia’ in esercizio, allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, ovvero al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione (4).

7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione e’ presentata alla provincia ovvero all’ente di governo dell’ambito se lo scarico e’ in pubblica fognatura. L’autorita’ competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda (5).

8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l’autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all’adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’articolo 108, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.

9. Per gli scarichi in un corso d’acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.

10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell’ambiente interessato, l’autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l’ambiente.

11. Le spese occorrenti per l’effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l’istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L’autorità competente determina, preliminarmente all’istruttoria e in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità, completata l’istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.

12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d’uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest’ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all’autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.

(1) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 11, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(3) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(4) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera l), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(5) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 12, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO II

CAPO II

AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI

     Articolo 125     

(Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali)

Art. 125

1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata dall’indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall’eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:

a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l’utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev’essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;

b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.

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TITOLO IV

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STRUMENTI DI TUTELA

CAPO II

CAPO II

AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI

     Articolo 126     

(Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane)

Art. 126

1. Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell’impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all’avvio dell’impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO II

CAPO II

AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI

     Articolo 127     

(Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue)

Art. 127

1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato (1).

2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 12-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO III

CAPO III

CONTROLLO DEGLI SCARICHI

     Articolo 128     

(Soggetti tenuti al controllo)

Art. 128

1. L’autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.

2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO III

CAPO III

CONTROLLO DEGLI SCARICHI

     Articolo 129     

(Accessi ed ispezioni)

Art. 129

1. L’autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l’accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO III

CAPO III

CONTROLLO DEGLI SCARICHI

     Articolo 130     

(Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico)

Art. 130

1. Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze:

b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente;

c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente.

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO III

CAPO III

CONTROLLO DEGLI SCARICHI

     Articolo 131     

(Controllo degli scarichi di sostanze pericolose)

Art. 131

Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell’Allegato 5 parte terza del presente decreto, l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l’installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell’autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.

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SEZIONE II

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TITOLO IV

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO III

CAPO III

CONTROLLO DEGLI SCARICHI

     Articolo 132     

(Interventi sostitutivi)

Art. 132

1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell’Ente inadempiente.

2. Nell’esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nomina un commissario “ad acta” che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell’organizzazione del sistema dei controlli.

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SEZIONE II

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TITOLO V

TITOLO V

SANZIONI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI AMMINISTRATIVE

     Articolo 133     

(Sanzioni amministrative)

Art. 133

1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato e fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, commi 2 e 3, nell’effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, o dell’articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro (1).

2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell’ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da seicento euro a tremila euro.

3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, e di cui all’articolo 29-quattuordecies, comma 2, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell’articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro (2).

4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l’immersione in mare dei materiali indicati all’articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l’attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all’emanazione della disciplina regionale di cui all’articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all’articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall’articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.

7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:

a) nell’effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell’impianto di cui all’articolo 114, comma 2:

b) effettui le medesime operazioni prima dell’approvazione del progetto di gestione.

8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l’installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l’obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all’articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.

9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

(1) Comma modificato dall’articolo 11, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Comma modificato dall’articolo 11, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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TITOLO V

TITOLO V

SANZIONI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI AMMINISTRATIVE

     Articolo 134     

(Sanzioni in materia di aree di salvaguardia)

Art. 134

1. L’inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all’articolo 94 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

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SEZIONE II

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TITOLO V

TITOLO V

SANZIONI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI AMMINISTRATIVE

     Articolo 135     

(Competenza e giurisdizione)

1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’articolo 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità.

2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell’accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall’inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all’accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l’ambiente marino e costiero.

3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l’autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative.

4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

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TITOLO V

TITOLO V

SANZIONI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI AMMINISTRATIVE

     Articolo 136     

(Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)

Art. 136

1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all’entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

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SEZIONE II

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TITOLO V

TITOLO V

SANZIONI

CAPO II

CAPO II

SANZIONI PENALI

     Articolo 137     

(Sanzioni penali)

Art. 137

1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l’arresto da due mesi a due anni o con l’ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro (1).

2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell’arresto da tre mesi a tre anni e dell’ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro (2).

3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, o di cui all’articolo 29-quattuordecies, comma 3, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell’autorizzazione, o le altre prescrizioni dell’autorità competente a norma degliarticolo 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l’arresto fino a due anni (3).

4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l’installazione e la gestione dei controlli in automatico o l’obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all’articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.

5. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti piu’ restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorita’ competente a norma dell’articolo 107, comma 1, e’ punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro (4).

6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell’effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.

7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all’obbligo di comunicazione di cui all’articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all’articolo 110, comma 5, si applica la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

8. Il titolare di uno scarico che non consente l’accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all’articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell’arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.

9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all’articolo 137, comma 1.

10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 84, comma 4, ovvero dell’articolo 85, comma 2, è punito con l’ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.

11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103e articolo 104 è punito con l’arresto sino a tre anni.

12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell’articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell’articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 87, comma 3, è punito con l’arresto sino a due anni o con l’ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.

13. Si applica sempre la pena dell’arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall’Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente.

14. Chiunque effettui l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l’ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l’arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.

(1) Comma modificato dall’articolo 11, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Comma modificato dall’articolo 11, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma modificato dall’articolo 11, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, della Legge 25 febbraio 2010, n. 36 e dall’articolo 11, comma 2, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO V

TITOLO V

SANZIONI

CAPO II

CAPO II

SANZIONI PENALI

     Articolo 138     

(Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l’attività di molluschicoltura)

Art. 138

1. Nei casi previsti dal comma 12 dell’articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali è inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall’esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell’attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO V

TITOLO V

SANZIONI

CAPO II

CAPO II

SANZIONI PENALI

     Articolo 139     

(Obblighi del condannato)

Art. 139

1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE II

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO

TITOLO V

TITOLO V

SANZIONI

CAPO II

CAPO II

SANZIONI PENALI

     Articolo 140     

(Circostanza attenuante)

Art. 140

1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell’ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE III

SEZIONE III

GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 141     

(Ambito di applicazione)

Art. 141

1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell’ambiente e della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.

2. Il servizio idrico integrato è costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell’ambito del servizio idrico integrato.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE III

SEZIONE III

GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 142     

(Competenze)

Art. 142

1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione (1).

2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.

3. Gli enti locali, attraverso l’ente di governo dell’ambito di cui all’articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto (2).

(1) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(2) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

PARTE III

PARTE TERZA

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SEZIONE III

SEZIONE III

GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 143     

(Proprietà delle infrastrutture)

Art. 143

1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.

2. Spetta anche all’ente di governo dell’ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 823, secondo comma, del codice civile (1).

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

PARTE III

PARTE TERZA

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE III

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GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 144     

(Tutela e uso delle risorse idriche)

Art. 144

1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.

2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.

4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.

4-bis. Ai fini della tutela delle acque sotterranee dall’inquinamento e per promuovere un razionale utilizzo del patrimonio idrico nazionale, tenuto anche conto del principio di precauzione per quanto attiene al rischio sismico e alla prevenzione di incidenti rilevanti, nelle attivita’ di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato sono vietati la ricerca e l’estrazione di shale gas e di shale oil e il rilascio dei relativi titoli minerari. A tal fine e’ vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose in cui sono intrappolati lo shale gas e lo shale oil. I titolari dei permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione comunicano, entro il 31 dicembre 2014, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i dati e le informazioni relativi all’utilizzo pregresso di tali tecniche per lo shale gas e lo shale oil, anche in via sperimentale, compresi quelli sugli additivi utilizzati precisandone la composizione chimica. Le violazioni accertate delle prescrizioni previste dal presente articolo determinano l’automatica decadenza dal relativo titolo concessorio o dal permesso (1).

5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.

(4) Comma inserito dall’articolo 38, comma 11-quater, del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

PARTE III

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GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 145     

(Equilibrio del bilancio idrico)

Art. 145

1. L’Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l’equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell’area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all’articolo 144.

2. Per assicurare l’equilibrio tra risorse e fabbisogni, l’Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell’economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.

3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.

PARTE III

PARTE TERZA

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SEZIONE III

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GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO I

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

     Articolo 146     

(Risparmio idrico)

Art. 146

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei principi della legislazione statale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:

a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;

b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell’acqua sia interni che esterni, l’obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;

c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell’utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;

d) promuovere l’informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;

e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;

f) installare contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;

g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;

h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo .

2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l’assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto, dell’installazione di coniatori per ogni singola unità abitativa, nonché del collegamento a reti duali, ove già disponibili.

3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all’ente di governo dell’ambito competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi (1) (2).

(1) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(2) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

PARTE III

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE III

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GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 147     

(Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato)

Art. 147

1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Le regioni che non hanno individuato gli enti di governo dell’ambito provvedono, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine si applica l’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all’ente di governo dell’ambito, individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale e’ trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all’articolo 143, comma 1 (1).

1-bis. Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell’ambito individuati ai sensi del comma 1 entro il termine fissato dalle regioni e dalle province autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla delibera di individuazione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente inadempiente. Si applica quanto previsto dagli ultimi due periodi dell’articolo 172, comma 4 (2).

2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:

a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;

b) unicita’ della gestione (3);

c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

2-bis. Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualita’ del servizio all’utenza, e’ consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle citta’ metropolitane. Sono fatte salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148 (4).

3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera b), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Comma aggiunto dall’ articolo 7, comma 1, lettera b), numero 2), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(3) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 13, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituita dall’ articolo 7, comma 1, lettera b), numero 3), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(4) Comma aggiunto dall’ articolo 7, comma 1, lettera b), numero 4), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

PARTE III

PARTE TERZA

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DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE III

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TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 148     

(Autorità d’ambito territoriale ottimale)

Art. 148

[1. L’Autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestiore delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all’articolo 143, comma 1.

2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d’ambito di cui al comma 1, cui è demandata l’organizzazione, l’affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato.

3. I bilanci preventivi e consuntivi dell’Autorità d’ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell’ente, e sono trasmessi all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio entro quindici giorni dall’adozione delle relative delibere (1).

4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell’Autorità d’ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all’Autorità d’ambito.

5. Ferma restando la partecipazione obbligatoria all’Autorita’ d’ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato e’ facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunita’ montane, a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorita’ d’ambito competente (3) (4).]

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 246 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede che «I bilanci preventivi e consuntivi dell’Autorita’ d’ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell’ente».

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 14, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Per la soppressione delle Autorita’ d’ambito territoriale, di cui al presente articolo, e per l’abrogazione dell’intero articolo vedi l”articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come modificato dall’articolo 1, comma 1-quinquies, del D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, dall’articolo 1, commi 1 e 2, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 febbraio 2011, n. 10; dall’articolo 1, comma 1, del DPCM. 25 marzo 2011 e, da ultimo, dall’ articolo 13, comma 2, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 febbraio 2012, n. 14.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE III

SEZIONE III

GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 149     

(Piano d’ambito)

Art. 149

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l’ente di governo dell’ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d’ambito. Il piano d’ambito è costituito dai seguenti atti (1):

a) ricognizione delle infrastrutture;

b) programma degli interventi;

c) modello gestionale ed organizzativo;

d) piano economico finanziario.

2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.

3. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture gia’ esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonche’ al soddisfacimento della complessiva domanda dell’utenza, tenuto conto di quella collocata nelle zone montane o con minore densita’ di popolazione. Il programma degli interventi, commisurato all’intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione (2).

4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l’andamento dei costi di gestione e di investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, cosi come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all’utenza e la realizzazione del programma degli interventi.

6. Il piano d’ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. L’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all’ente di governo dell’ambito, entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all’adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell’evoluzione tariffaria di garantire l’equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati (3) (4).

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera b-bis), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(3) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(4) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE III

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GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 149 bis     

(Affidamento del servizio) (1).

Art. 149-bis

1. L’ente di governo dell’ambito, nel rispetto del piano d’ambito di cui all’articolo 149 e del principio di unicita’ della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L’affidamento diretto puo’ avvenire a favore di societa’ interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale (2).

2. Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l’efficienza, l’efficacia e la continuita’ del servizio idrico integrato, l’ente di governo dell’ambito dispone l’affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell’affidamento previgente. Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale.

2-bis. Al fine di ottenere un’offerta piu’ conveniente e completa e di evitare contenziosi tra i soggetti interessati, le procedure di gara per l’affidamento del servizio includono appositi capitolati con la puntuale indicazione delle opere che il gestore incaricato deve realizzare durante la gestione del servizio.

2-ter. L’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, come sostituito dal comma 4 dell’articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e’ soppresso

(1) Articolo inserito dall’ articolo 7, comma 1, lettera d), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Comma modificato dall’articolo 1, comma 615, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190.

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TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 150     

(Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento)

Art. 150

[1. L’Autorità d’ambito, nel rispetto del piano d’ambito e del principio di unitarietà della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione fra quelle di cui all’articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (1) .] (2)

[2. L’Autorità d’ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia (3) .

3. La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell’ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell’affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2.

4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall’articolo 148, comma 5 (4). ] (5)

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 13, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) A norma dell’articolo 12, comma 1, lettera b), del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, il presente comma deve intendersi abrogato, ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell’Autorita’ d’ambito per l’affidamento e l’aggiudicazione.

(3) Per la disciplina delle modalità e dei termini di aggiudicazione della gestione del servizio idrico integrato di cui al presente comma, vedi il D.M. 2 maggio 2006; a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 il citato decreto, non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(4) Vedi, anche, l’articolo 26-bis del D.L. 1 ottobre 2007, n.159.

(5) Articolo abrogato dall’ articolo 7, comma 1, lettera c), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

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TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 151     

(Rapporti tra ente di governo dell’ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato) (1)

Art. 151

1. Il rapporto tra l’ente di governo dell’ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato e’ regolato da una convenzione predisposta dall’ente di governo dell’ambito sulla base delle convenzioni tipo, con relativi disciplinari, adottate dall’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico in relazione a quanto previsto dall’ articolo 10, comma 14, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 , convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 , e dall’ articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201 , convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (2).

2. A tal fine, le convenzioni tipo, con relativi disciplinari, devono prevedere in particolare (3):

a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio:

b) la durata dell’affidamento, non superiore comunque a trenta anni;

b-bis) le opere da realizzare durante la gestione del servizio come individuate dal bando di gara (4);

c) l’obbligo del raggiungimento e gli strumenti per assicurare il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione (5);

d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all’utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;

e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall’ente di governo dell’ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze (6);

f) l’obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d’indirizzo vigenti;

g) l’obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;

h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l’obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall’articolo 165;

i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l’organizzazione e l’attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l’ente di governo dell’ambito ha facoltà di disporre durante tutto il periodo di affidamento (7);

l) l’obbligo di dare tempestiva comunicazione all’ente di governo dell’ambito del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell’erogazione del servizio, nonché l’obbligo di assumere ogni iniziativa per l’eliminazione delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni dell’Autorità medesima (8);

m) l’obbligo di restituzione, alla scadenza dell’affidamento, delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione, nonche’ la disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell’affidamento, anche tenendo conto delle previsioni di cui agli articoli 143 e 158 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163 , ed i criteri e le modalita’ per la valutazione del valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente (9);

n) l’obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;

o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;

p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.

3. Sulla base della convenzione tipo di cui al comma 1 o, in mancanza di questa, sulla base della normativa vigente, l’ente di governo dell’ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai capitolati della procedura di gara. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformita’ alle previsioni di cui al comma 2, secondo le modalita’ stabilite dall’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (10).

4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e finanziario di esecuzione.

5. L’affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.

6. Il gestore cura l’aggiornamento dell’atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.

[7. L’affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell’Autorità d’ambito, può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all’intero ambito territoriale ottimale.] (11)

8. Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società miste costituite a seguito dell’individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci percento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 1, lettera e), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(3) Alinea sostituito dall’articolo 7, comma 1, lettera e), numero 2), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(4) Lettera aggiunta dall’articolo 7, comma 1, lettera e), numero 3-bis), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(5) Lettera modificata dall’articolo 7, comma 1, lettera e), numero 4), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(6) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(7) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(8) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(9) Lettera modificata dall’articolo 7, comma 1, lettera e), numero 5), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(10) Comma sostituito dall’articolo 7, comma 1, lettera e), numero 6), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(11) Comma abrogato dall’articolo 7, comma 1, lettera e), numero 7), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

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TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 152     

(Poteri di controllo e sostitutivi)

Art. 152

1. L’ente di governo dell’ambito ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione (1).

2. Nell’ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l’ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l’ente di governo dell’ambito interviene tempestivamente per garantire l’adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l’inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca, l’ente di governo dell’ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici (2).

3. Qualora l’ente di governo dell’ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario “ad acta”. Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, mediante nomina di un commissario “ad acta” (3) (4).

4. L’ente di governo dell’ambito con cadenza annuale comunica al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione (5).

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(3) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(4) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(5) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

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SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 153     

(Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato)

Art. 153

1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare. Gli enti locali proprietari provvedono in tal senso entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo eventuali quote residue di ammortamento relative anche ad interventi di manutenzione. Nelle ipotesi di cui all’articolo 172, comma 1, gli enti locali provvedono alla data di decorrenza dell’affidamento del servizio idrico integrato. Qualora gli enti locali non provvedano entro i termini prescritti, si applica quanto previsto dal comma 4, dell’articolo 172. La violazione della presente disposizione comporta responsabilita’ erariale (1).

2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all’ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale, e/o in conto interessi, sono trasferiti al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l’invarianza degli oneri per la finanza pubblica. Il gestore e’ tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguerli, ed a corrispondere al gestore uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (2).

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera f), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera f), numero 2), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

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TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 154     

(Tariffa del servizio idrico integrato)

Art. 154

1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, [dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito] e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’ente di governo dell’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo (1).

2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, su proposta dell’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio “chi inquina paga”, definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua (2).

3. Al fine di assicurare un’omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell’ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L’aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.

4. Il soggetto competente, al fine della redazione del piano economico- finanziario di cui all’articolo 149, comma 1, lettera d), predispone la tariffa di base, nell’osservanza del metodo tariffario di cui all’articolo 10, comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e la trasmette per l’approvazione all’Autorità per l’energia elettrica e il gas (3).

5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.

6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

7. L’eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio idrico integrato.

(1) Comma abrogato, in esito al referendum indetto con D.P.R. 23 marzo 2011, limitatamente alle parole: «dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito», a decorrere dal 21 luglio 2011, dall’articolo 1, comma 1, del D.P.R. 18 luglio 2011, n. 116 e successivamente modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164.

(2) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”. Da ultimo, comma sostituito dall’articolo 34, comma 29, del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221.

(3) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”. Da ultimo, comma sostituito dall’articolo 34, comma 29, del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221.

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GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 155     

(Tariffa del servizio di fognatura e depurazione)

Art. 155

1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell’articolo 154, a un fondo vincolato intestato alll’ente di governo dell’ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l’attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d’ambito. La tariffa non è dovuta se l’utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell’ente di governo dell’ambito (1) (2).

2. In pendenza dell’affidamento della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato, i comuni già provvisti di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.

3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.

4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell’acqua scaricata è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.

5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio “chi inquina paga”. E’ fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell’ente di governo dell’ambito (3).

6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell’utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 10 ottobre 2008, n. 335 (in Gazz. Uff., 15 ottobre 2008, n. 43), ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del primo periodo del presente comma nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione e’ dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi».

(2) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(3) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

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TITOLO II

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 156     

(Riscossione della tariffa)

Art. 156

1. La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione, in base a quanto stabilito dall’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (1).

2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo dell’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione (2).

3. La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l’Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica (3).

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera g), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera g), numero 2), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 10, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2006, n. 286.

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     Articolo 157     

(Opere di adeguamento del servizio idrico)

Art. 157

1. Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all’adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di compatibilità con il piano d’ambito reso dall’ente di governo dell’ambito e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione (1).

(1) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

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SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

     Articolo 158     

(Opere e interventi per il trasferimento di acqua)

Art. 158

1. Ai fini di pianificare l’utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici, le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all’articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.

2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all’utilizzo delle risorse idriche, o di mancata attuazione dell’accordo stesso, provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.

3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione dell’onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio esperisce le procedure per la concessione d’uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità per l’esecuzione e la gestione degli interventi, nonché l’affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti.

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     Articolo 158 bis     

(Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell’autorita’ espropriante) (1)

Art. 158-bis

1. I progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi nei piani d’ambito di cui all’articolo 149 del presente decreto, sono approvati dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi dell’ articolo 3 bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138 , convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 , che provvedono alla convocazione di apposita conferenza di servizi ,ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 . La medesima procedura si applica per le modifiche sostanziali delle medesime opere, interventi ed impianti.

2. L’approvazione di cui al comma 1 comporta dichiarazione di pubblica utilita’ e costituisce titolo abilitativo e, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, esclusi i piani paesaggistici. Qualora l’approvazione costituisca variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, tale variante deve essere coordinata con il piano di protezione civile secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 6, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

3. L’ente di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui al comma 1 costituisce autorita’ espropriante per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo. L’ente di governo puo’ delegare, in tutto o in parte, i propri poteri espropriativi al gestore del servizio idrico integrato, nell’ambito della convenzione di affidamento del servizio i cui estremi sono specificati in ogni atto del procedimento espropriativo.

(1) Articolo inserito dall’ articolo 7, comma 1, lettera h), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

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VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 159     

(Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti) (1)

Art. 159

[1. Alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito denominata “Autorità“, con il compito di assicurare l’osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto (2) .

2. Sono organi dell’Autorità il presidente, il comitato esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate “Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche” e “Sezione per la vigilanza sui rifiuti”; ciascuna sezione è composta dal presidente dell’Autorità, dal coordinatore di sezione e da cinque componenti per la “Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche” e da sei componenti per la “Sezione per la vigilanza sui rifiuti”. Il comitato esecutivo è composto dal presidente dell’Autorità e dai coordinatori di sezione. Il consiglio dell’Autorità è composto da tredici membri e dal presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il presidente dell’Autorità e quattro componenti del consiglio, dei quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, due su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, due su proposta del Ministro per la funzione pubblica, uno su proposta del Ministro delle attività produttive relativamente alla “Sezione per la vigilanza sui rifiuti”, quattro su designazione della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Le proposte sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

3. Il Presidente dell’Autorità è il legale rappresentante, presiede il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso si articola. Il comitato esecutivo è l’organo deliberante dell’Autorità e provvede ad assumere le relative decisioni sulla base dell’istruttoria e delle proposte formulate dal consiglio o dalle sue sezioni.

4. L’organizzazione e il funzionamento, anche contabile, dell’Autorità sono disciplinati, in conformità alle disposizioni di cui alla parte terza e quarta del presente decreto, da un regolamento deliberato dal Consiglio dell’Autorità ed emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il procedimento di cui al comma 3 dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

5. I componenti dell’Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni e non possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza attinente al settore di competenza dell’Autorità; essi non possono essere dipendenti di soggetti privati, né ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l’intera durata dell’incarico o, se professori universitari, in aspettativa, senza assegni, per l’intera durata del mandato. Per almeno due anni dalla cessazione dell’incarico i componenti dell’Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza.

6. In fase di prima attuazione, e nel rispetto del principio dell’invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica di cui all’articolo 1, comma 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, il Presidente ed i componenti del Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell’Autorita’ ed assumono rispettivamente le funzioni di Presidente dell’Autorita’ di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e di componenti della “Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche”, tra i quali il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nomina il coordinatore. Analogamente, il Presidente ed i componenti dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell’Autorita’ ed assumono rispettivamente le funzioni di coordinatore e di componenti della “Sezione per la vigilanza sui rifiuti.

7. L’Autorità si avvale di una segreteria tecnica, composta da esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dell’Autorità. Per essi valgono le incompatibilità di cui al comma 5 con le relative conseguenze previste. L’Autorità può richiedere ad altre amministrazioni pubbliche di avvalersi di loro prestazioni per funzioni di ispezione e di verifica. La dotazione organica della segreteria tecnica, cui è preposto un dirigente, e le spese di funzionamento sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica,

8. I componenti dell’Autorità e della segreteria tecnica, nell’esercizio delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d’ufficio. Si applicano le norme in materia di pubblicità, partecipazione e accesso.

9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri dell’Autorità e ai componenti della segreteria tecnica.

10. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione sono soggetti al controllo della Corte dei conti ed alle forme di pubblicità indicate nel regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione è dato avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

11. L’Autorità definisce annualmente e con proiezione triennale i programmi di attività e le iniziative che intende porre in essere per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, ed a garanzia degli interessi degli utenti, dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.

12. L’Autorità è rappresentata in giudizio dall’Avvocatura dello Stato.] (3)

(1) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(2) In attuazione del presente comma è stato emanato il D.M. 2 maggio 2006; a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 il citato decreto, non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(3) Articolo abrogato dall’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284.

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VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 160     

(Compiti e funzioni dell’Autorità di vigilanza) (1)

Art. 160

[1. Nell’esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell’articolo 159, l’Autorità vigila sulle risorse idriche e sui rifiuti e controlla il rispetto della disciplina vigente a tutela delle risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.

2. L’Autorità in particolare:

a) assicura l’osservanza dei principi e delle regole della concorrenza e della trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi;

b) tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull’integrità delle reti e degli impianti;

c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3;

d) promuove e svolge studi e ricerche sull’evoluzione dei settori e dei rispettivi servizi, avvalendosi dell’Osservatorio di cui all’articolo 161;

e) propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle convenzioni in base all’andamento del mercato e laddove siano resi necessari dalle esigenze degli utenti o dalle finalità di tutela e salvaguardia dell’ambiente;

f) specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da prestare nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio che disciplinano la materia;

g) controlla che i gestori adottino una carta di servizio pubblico con indicazione di standard dei singoli servizi e ne verifica il rispetto;

h) propone davanti al giudice amministrativo i ricorsi contro gli atti e provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita l’azione in sede civile avverso gli stessi comportamenti, richiedendo anche il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente; denuncia all’autorità giudiziaria le violazioni perseguibili in sede penale delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; sollecita l’esercizio dell’azione di responsabilità per i danni erariali derivanti dalla violazione delle norme medesime;

i) formula al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio proposte di revisione della disciplina vigente, segnalando nei casi di grave inosservanza e di non corretta applicazione;

l) predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale sull’attività svolta, con particolare riferimento allo stato e all’uso delle risorse idriche, all’andamento dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché all’utilizzo dei medesimi nella produzione di energia;

m) definisce, d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia degli interessi degli utenti, anche mediante la cooperazione con analoghi organi di garanzia eventualmente istituiti dalle regioni e dalle province autonome competenti;

n) esercita le funzioni già di competenza dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dall’articolo 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

o) può svolgere attività di consultazione nelle materie di propria competenza a favore delle Autorità d’ambito e delle pubbliche amministrazioni, previa adozione di apposito decreto da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per la disciplina delle modalità, anche contabili, e delle tariffe relative a tali attività.

3. Nell’esercizio delle proprie competenze, l’Autorità:

a) richiede informazioni e documentazioni ai gestori operanti nei settori idrico e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici e privati tenuti all’applicazione delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita poteri di acquisizione, accesso ed ispezione alle documentazioni in conformità ad apposito regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi del comma 3 dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

b) irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a trentamila euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti ai sensi della lettera a) o intralciano l’accesso o le ispezioni; irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a sessantamila euro ai soggetti che forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le stesse sanzioni sono irrogate nel caso di violazione degli obblighi di informazione all’Osservatorio di cui all’articolo 161;

c) comunica, alle autorità competenti ad adottare i relativi provvedimenti, le violazioni, da parte dei gestori, delle Autorità d’ambito e dei consorzi di bonifica e di irrigazione, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto, in particolare quelle lesive della concorrenza, della tutela dell’ambiente, dei diritti degli utenti e dei legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti temporanei ed urgenti, ordinatori ed inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei servizi;

d) può intervenire, suistanza dei gestori, in caso di omissioni o inadempimenti delle Autorità d’ambito.

4. Il ricorso contro gli atti e i provvedimenti dell’Autorità spetta alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio.] (2)

(1) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(2) Articolo abrogato dall’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284.

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VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 161     

Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche (1)

Art. 161

1. Il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche di cui al decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 284, articolo 1, comma 5, e’ istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di garantire l’osservanza dei principi di cui all’articolo 141, comma 2 del presente decreto legislativo, con particolare riferimento alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento delle tariffe, nonche’ alla tutela dell’interesse degli utenti.

2. La Commissione e’ composta da cinque membri nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che durano in carica tre anni, due dei quali designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e tre, di cui uno con funzioni di presidente individuato con il medesimo decreto, scelti tra persone di elevata qualificazione giuridico-amministrativa o tecnico-scientifica, nel settore pubblico e privato, nel rispetto del principio dell’equilibrio di genere. Il presidente e’ scelto nell’ambito degli esperti con elevata qualificazione tecnico-scientifica. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare procede, con proprio decreto, alla nomina dei cinque componenti della Commissione, in modo da adeguare la composizione dell’organo alle prescrizioni di cui al presente comma. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di nomina dei nuovi componenti, lo svolgimento delle attivita’ e’ garantito dai componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente disposizione (2).

3. [ I membri del Comitato durano in carica tre anni e non possono essere confermati.] I componenti non possono essere dipendenti di soggetti di diritto privato operanti nel settore, ne’ possono avere interessi diretti e indiretti nei medesimi; qualora siano dipendenti pubblici, essi sono collocati fuori ruolo o, se professori universitari, sono collocati in aspettativa per l’intera durata del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e’ determinato il trattamento economico spettante ai membri del Comitato (3).

4. Il Comitato, nell’ambito delle attivita’ previste all’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, in particolare:

a) predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui all’articolo 154 e le modalita’ di revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

b) verifica la corretta redazione del piano d’ambito, esprimendo osservazioni, rilievi e prescrizioni sugli elementi tecnici ed economici e sulla necessita’ di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra gli enti di governo dell’ambito e i gestori in particolare quando cio’ sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti (4);

c) predispone con delibera una o piu’ convenzioni tipo di cui all’articolo 151, e la trasmette al Ministro per l’ambiente e per la tutela del territorio e del mare, che la adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

d) emana direttive per la trasparenza della contabilita’ delle gestioni e valuta i costi delle singole prestazioni;

e) definisce i livelli minimi di qualita’ dei servizi da prestare, sentite le regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori;

f) controlla le modalita’ di erogazione dei servizi richiedendo informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico, anche al fine di individuare situazioni di criticita’ e di irregolarita’ funzionali dei servizi idrici;

g) tutela e garantisce i diritti degli utenti emanando linee guida che indichino le misure idonee al fine di assicurare la parita’ di trattamento degli utenti, garantire la continuita’ della prestazione dei servizi e verificare periodicamente la qualita’ e l’efficacia delle prestazioni;

h) predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di organizzazione dei servizi al fine di consentire il confronto delle prestazioni dei gestori;

i) esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualita’ dei servizi e la tutela dei consumatori, su richiesta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni, degli enti locali, degli enti di governo dell’ambito, delle associazioni dei consumatori e di singoli utenti del servizio idrico integrato; per lo svolgimento delle funzioni di cui al presente comma il Comitato promuove studi e ricerche di settore (5);

l) predispone annualmente una relazione al parlamento sullo stato dei servizi idrici e sull’attivita’ svolta.

5. Per l’espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di funzioni ispettive, il Comitato si avvale della segreteria tecnica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o). Esso puo’ richiedere di avvalersi, altresi’, dell’attivita’ ispettiva e di verifica dell’Osservatorio di cui al comma 6 e di altre amministrazioni.

6. [Per l’espletamento dei propri compiti il Comitato si avvale, altresi’, dell’Osservatorio dei servizi idrici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o).] La Commissione svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi, in particolare, in materia di (6):

a) censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e relativi dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;

b) convenzioni e condizioni generali di contratto per l’esercizio dei servizi idrici;

c) modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;

d) livelli di qualita’ dei servizi erogati;

e) tariffe applicate;

f) piani di investimento per l’ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.

6-bis. Le attivita’ della Segreteria tecnica [e dell’Osservatorio dei servizi idrici] sono svolte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie gia’ operanti presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (7).

7. I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono entro il 31 dicembre di ogni anno all’Osservatorio, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni di cui al comma 6. L’Osservatorio ha, altresi’, facolta’ di acquisire direttamente le notizie relative ai servizi idrici ai fini della proposizione innanzi agli organi giurisdizionali competenti, da parte del Comitato, dell’azione avverso gli atti posti in essere in violazione del presente decreto legislativo, nonche’ dell’azione di responsabilita’ nei confronti degli amministratori e di risarcimento dei danni a tutela dei diritti dell’utente.

8. L’Osservatorio assicura l’accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate per la tutela degli interessi degli utenti (8) (9).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 2, comma 15, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma sostituito dall’articolo 9-bis, comma 6, lettera a), numero 1), del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 giugno 2009, n. 77.

(3) Comma modificato dall’articolo 9-bis, comma 6, lettera a), numero 2), del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 giugno 2009, n. 77.

(4) Lettera modificata dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(5) Lettera modificata dall’ articolo 7, comma 1, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(6) Alinea modificato dall’articolo 9-bis, comma 6, lettera a), numero 3), del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 giugno 2009, n. 77.

(7) Comma modificato dall’articolo 9-bis, comma 6, lettera a), numero 4), del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 giugno 2009, n. 77.

(8) A norma dell’articolo 10, comma 26, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011, n. 106, la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche di cui al presente articolo, e’ soppressa, e il predetto articolo 161 e’ abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

(9) A norma dell’ articolo 21, comma 20, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214 la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche di cui al presente articolo è soppressa.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE III

SEZIONE III

GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO III

TITOLO III

VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 162     

(Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti)

Art. 162

1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l’informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell’acqua e garantisce l’accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell’ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.

2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, le regioni e le province autonome, nell’ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all’avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall’ articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.

3. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni pubbliche.

PARTE III

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SEZIONE III

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TITOLO III

TITOLO III

VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 163     

(Gestione delle aree di salvaguardia)

Art. 163

1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.

2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all’altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.

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TITOLO III

TITOLO III

VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 164     

(Disciplina delle acque nelle aree protette)

Art. 164

1. Nell’ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l’ente gestore dell’area protetta, sentita l’Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.

2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell’articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell’ente gestore dell’area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all’interno delle aree medesime e richiedono all’autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d’acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

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VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 165     

(Controlli)

Art. 165

1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.

2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall’inquinamento.

3. Le sanzioni previste dall’articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell’acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell’esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell’acqua o a prevenire il consumo o l’erogazione di acqua non idonea.

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TITOLO III

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VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 166     

(Usi delle acque irrigue e di bonifica)

Art. 166

1. I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell’ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l’utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l’approvvigionamento di imprese produttive. L’Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati ai pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell’articolo 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.

3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l’uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.

4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.

4-bis. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentiti i competenti istituti di ricerca, definisce, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i parametri fondamentali di qualita’ delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalita’ di verifica, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 112 del presente decreto e dalla relativa disciplina di attuazione e anche considerati gli standard di qualita’, di cui al decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, nonche’ gli esiti delle indagini e delle attivita’ effettuati ai sensi del medesimo decreto legislativo. Con il regolamento di cui al presente comma si provvede, altresi’, alla verifica ed eventualmente alla modifica delle norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2003, n. 185 (1) (2).

(1) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 6-sexies, del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 febbraio 2014, n. 6.

(2) Comma modificato dall’articolo 14, comma 8, lettera a) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

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VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 167     

(Usi agricoli delle acque)

Art. 167

1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell’uso agricolo ivi compresa l’attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.

2. Nell’ipotesi in cui, ai sensi dell’articolo 145, comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l’amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.

3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.

4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

5. L’utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall’articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non comprometta l’equilibrio del bilancio idrico di cui all’articolo 145 del presente decreto.

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TITOLO III

TITOLO III

VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 168     

(Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico)

Art. 168

1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di bacino, nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:

a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;

b) l’utilizzazione dell’acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;

c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.

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GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

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VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

     Articolo 169     

(Piani, studi e ricerche)

Art. 169

1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.

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DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

     Articolo 170     

(Norme transitorie)

Art. 170

1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

2. Ai fini dell’applicazione dell’ articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279 , convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365 , i riferimenti in esso contenuti all’articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 , convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267 , devono intendersi riferiti all’articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.

2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della eventuale revisione della relativa disciplina legislativa, le Autorita’ di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 , sono prorogate senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2, dell’articolo 63 del presente decreto (1).

3. Ai fini dell’applicazione della parte terza del presente decreto:

a) fino all’emanazione dei decreti di cui all’articolo 95, commi 4 e 5, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;

b) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 99, comma 1, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;

c) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;

d) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 112, comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;

e) fino all’emanazioane del decreto di cui all’articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;

f) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

g) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

h) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 146, comma 3, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;

i) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 150, comma 2, all’affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonché all’affidamento a società miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio del 6 dicembre 2004;

l) fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 154, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.

4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:

a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

b) direttiva 76/464/CEE concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico;

c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;

f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterraanee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;

g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;

h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;

i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;

l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;

m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell’Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco 1 dell’Allegato della direttiva 76/464/CEE;

n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;

o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;

p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;

q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell’Allegato 1;

r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque.

5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell’articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all’articolo 121.

6. Resta fermo quanto disposto dall’ articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128 , e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.

7. Fino all’emanazione della disciplina regionale di cui all’articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

8. Dall’attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.

9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all’attuazione della parte terza del presente decreto.

10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.

11. Fino all’emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall’articolo 175.

12. All’onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all’ articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36(2) .

[13. All’onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sui rifiuti, pari ad unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato annualmente in relazione al tasso d’inflazione, provvede il Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224 con un contributo di pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.] (3

14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all’articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

(1) Comma inserito dall’ articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 e, successivamente, sostituito dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13.

(2) Comma modificato dall’articolo 9-quater, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 giugno 2009, n. 77.

(3) Comma soppresso dall’articolo 2, comma 29-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 .

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DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

     Articolo 171     

(Canoni per le utenze di acqua pubblica)

Art. 171

1. Delle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all’articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:

a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro, ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;

b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;

c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;

d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro. II canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l’uso industriale;

e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l’irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;

f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;

g) per ogni modulo di acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente l’utilizzo dell’acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.

2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.

PARTE III

PARTE TERZA

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SEZIONE IV

SEZIONE IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

     Articolo 172     

(Gestioni esistenti)

Art. 172

1. Gli enti di governo degli ambiti che non abbiano gia’ provveduto alla redazione del Piano d’Ambito di cui all’articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti, entro il termine perentorio del 30 settembre 2015, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l’affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente (1).

2. Al fine di garantire il rispetto del principio di unicita’ della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale, il gestore del servizio idrico integrato subentra, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, agli ulteriori soggetti operanti all’interno del medesimo ambito territoriale. Qualora detti soggetti gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformita’ alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege, il gestore del servizio idrico integrato subentra alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto (2).

3. In sede di prima applicazione, al fine di garantire il conseguimento del principio di unicita’ della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale, l’ente di governo dell’ambito , nel rispetto della normativa vigente e fuori dai casi di cui al comma 1, dispone l’affidamento al gestore unico di ambito ai sensi dell’articolo 149-bis alla scadenza di una o piu’ gestioni esistenti nell’ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, il cui bacino complessivo affidato sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento. Il gestore unico cosi’ individuato subentra agli ulteriori soggetti che gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformita’ alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. Al fine di addivenire, nel piu’ breve tempo possibile, all’affidamento del servizio al gestore unico di ambito, nelle more del raggiungimento della percentuale di cui al primo periodo, l’ente competente, nel rispetto della normativa vigente, alla scadenza delle gestioni esistenti nell’ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, i cui bacini affidati siano complessivamente inferiori al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento, dispone l’affidamento del relativo servizio per una durata in ogni caso non superiore a quella necessaria al raggiungimento di detta soglia, ovvero per una durata non superiore alla durata residua delle menzionate gestioni esistenti, la cui scadenza sia cronologicamente antecedente alle altre, ed il cui bacino affidato, sommato a quello delle gestioni oggetto di affidamento, sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell’ambito territoriale ottimale di riferimento (3) (4).

3-bis. Entro il 31 dicembre 2014 e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, l’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico presenta alle Camere una relazione sul rispetto delle prescrizioni stabilite dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in particolare:

a) a carico delle regioni, per la costituzione degli enti di governo dell’ambito;

b) a carico degli enti di governo dell’ambito, per l’affidamento del servizio idrico integrato;

c) a carico degli enti locali, in relazione alla partecipazione agli enti di governo dell’ambito e in merito all’affidamento in concessione d’uso gratuito delle infrastrutture del servizio idrico integrato ai gestori affidatari del servizio (5).

4. Qualora l’ente di governo dell’ambito non provveda nei termini stabiliti agli adempimenti di cui ai commi 1,2 e 3 o, comunque, agli ulteriori adempimenti previsti dalla legge, il Presidente della regione esercita, dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e all’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente inadempiente, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali e avviando entro trenta giorni le procedure di affidamento. In tali ipotesi, i costi di funzionamento dell’ente di governo riconosciuti in tariffa sono posti pari a zero per tutta la durata temporale dell’esercizio dei poteri sostitutivi. Qualora il Presidente della regione non provveda nei termini cosi’ stabiliti, l’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, entro i successivi trenta giorni, segnala l’inadempienza al Presidente del Consiglio dei Ministri che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell’ente inadempiente. La violazione della presente disposizione comporta responsabilita’ erariale (6).

5. Alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all’ente locale concedente nei limiti e secondo le modalita’ previsti dalla convenzione (7).

6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all’articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell’unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d’uso al gestore del servizio idrico integrato dell’Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.

(1) Comma sostituito dall’ articolo 7, comma 1, lettera i), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(2) Comma sostituito dall’ articolo 7, comma 1, lettera i), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(3) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel testo precedente alla sostituzione del presente comma, sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel testo precedente alla sostituzione del presente comma sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(4) Comma sostituito dall’ articolo 7, comma 1, lettera i), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(5) Comma aggiunto dall’ articolo 7, comma 1, lettera i), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(6) Comma sostituito dall’ articolo 7, comma 1, lettera i), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(7) Comma sostituito dall’ articolo 7, comma 1, lettera i), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE IV

SEZIONE IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

     Articolo 173     

(Personale)

Art. 173

1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE IV

SEZIONE IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

     Articolo 174     

(Disposizioni di attuazione e di esecuzione)

Art. 174

1. Sino all’adozione da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.

2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, nell’ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva 91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all’articolo 152 negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva (1).

(1) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE IV

SEZIONE IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

     Articolo 175     

(Abrogazione di norme)

Art. 175

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:

a) l’articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dall’articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;

c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;

d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;

e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;

f) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;

g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;

h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;

i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236;

l) la legge 18 maggio 1989, n. 183;

m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;

n) l’articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;

o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;

p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;

q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;

r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;

s) l’articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

t) l’articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;

u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell’articolo 22, comma 6;

v) l’articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;

z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;

aa) l’articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;

bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;

cc) l’articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.

PARTE III

PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL’INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSEIDRICHE

SEZIONE IV

SEZIONE IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

     Articolo 176     

(Norma finale)

Art. 176

1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione.

2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 177     

(Campo di applicazione e finalita’)

Articolo 177

1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE, prevedendo misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia.

2. La gestione dei rifiuti costituisce attivita’ di pubblico interesse.

3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.

4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare:

a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonche’ per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

5. Per conseguire le finalita’ e gli obiettivi di cui ai commi da 1 a 4, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformita’ alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d’intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.

6. I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresi’, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalita’ di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della societa’ dell’informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.

7. Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

8. Ai fini dell’attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare puo’ avvalersi del supporto tecnico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (1).

(1) Articolo modificato dall’articolo 2, comma 16, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, sostituito dall’articolo 1 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 178     

(Principi)

Articolo 178

1. La gestione dei rifiuti e’ effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilita’, di proporzionalita’, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonche’ del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti e’ effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicita’, trasparenza, fattibilita’ tecnica ed economica, nonche’ nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.â€.

(1) Articolo modificato dall’articolo 2, comma 16-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, sostituito dall’articolo 2 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 178 bis     

Articolo 178-bis

(Responsabilita’ estesa del produttore)

1. Al fine di rafforzare la prevenzione e facilitare l’utilizzo efficiente delle risorse durante l’intero ciclo di vita, comprese le fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera circolazione delle merci sul mercato, possono essere adottati, previa consultazione delle parti interessate, con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare aventi natura regolamentare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le modalita’ e i criteri di introduzione della responsabilita’ estesa del produttore del prodotto, inteso come qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti, nell’organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo. Ai medesimi fini possono essere adottati con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, le modalita’ e i criteri:

a) di gestione dei rifiuti e della relativa responsabilita’ finanziaria dei produttori del prodotto. I decreti della presente lettera sono adottati di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze;

b) di pubblicizzazione delle informazioni relative alla misura in cui il prodotto e’ riutilizzabile e riciclabile;

c) della progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali;

d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, assicurando che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in conformita’ ai criteri di cui agli articoli 177 e 179;

e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all’uso multiplo, tecnicamente durevoli, e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti ad un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l’ambiente.

2. La responsabilita’ estesa del produttore del prodotto e’ applicabile fatta salva la responsabilita’ della gestione dei rifiuti di cui all’articolo 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.

3. I decreti di cui al comma 1 possono prevedere altresi’ che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti. Nel caso il produttore del prodotto partecipi parzialmente, il distributore del prodotto concorre per la differenza fino all’intera copertura di tali costi.

4. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (1).

(1) Articolo inserito dall’articolo 3 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 179     

(Criteri di priorita’ nella gestione dei rifiuti)

Articolo 179

1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:

a) prevenzione;

b) preparazione per il riutilizzo;

c) riciclaggio;

d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

e) smaltimento.

2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorita’ di cio’ che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilita’ tecnica e la praticabilita’ economica.

3. Con riferimento a singoli flussi di rifiuti e’ consentito discostarsi, in via eccezionale, dall’ordine di priorita’ di cui al comma 1 qualora cio’ sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilita’, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilita’ tecnica e la protezione delle risorse.

4. Con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformita’ a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente.

5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:

a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso piu’ razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;

b) la promozione della messa a punto tecnica e dell’immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantita’ o la nocivita’ dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;

d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

e) l’impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, piu’ in generale, l’impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia.

6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorita’ rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia.

7. Le pubbliche amministrazioni promuovono l’analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall’ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie.

8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.â€.

(1) Articolo modificato dall’articolo 2, comma 17, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituito dall’articolo 4 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 180     

(Prevenzione della produzione di rifiuti)

Art. 180

1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, le iniziative di cui all’articolo 179 riguardano in particolare:

a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione ambientale, utilizzo delle migliori tecniche disponibili, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l’uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell’impatto di uno specifico prodotto sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita del prodotto medesimo (1);

b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere d’invito che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti (2);

c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d’intesa anche sperimentali finalizzati [, con effetti migliorativi,] alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti (3);

[d) l’attuazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e degli altri decreti di recepimento della direttiva 96/61/CE in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.] (4)

1-bis. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro il 31 dicembre 2012, a norma degli articoli 177, 178, 178-bis e 179, un programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora indicazioni affinche’ tale programma sia integrato nei piani di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199. In caso di integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente identificate le misure di prevenzione dei rifiuti. Entro il 31 dicembre di ogni anno, a decorrere dal 2013, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione recante l’aggiornamento del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e contenente anche l’indicazione dei risultati raggiunti e delle eventuali criticita’ registrate nel perseguimento degli obiettivi di prevenzione dei rifiuti (5).

1-ter. I programmi di cui al comma 1-bis fissano gli obiettivi di prevenzione. Il Ministero descrive le misure di prevenzione esistenti e valuta l’utilita’ degli esempi di misure di cui all’allegato L o di altre misure adeguate (6).

1-quater. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare individua gli appropriati specifici parametri qualitativi o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare i progressi realizzati nell’attuazione delle misure di prevenzione e puo’ stabilire specifici traguardi e indicatori qualitativi o quantitativi (7).

1-quinquies. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare assicura la disponibilita’ di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti e, se del caso, elabora linee guida per assistere le regioni nella preparazione dei programmi di cui all’articolo 199, comma 3, lett. r) (8).

1-sexies. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (9).

(1) Lettera modificata dall’articolo 5, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Lettera modificata dall’articolo 5, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Lettera modificata dall’articolo 5, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(4) Lettera abrogata dall’articolo 5, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(5) Comma aggiunto dall’articolo 5, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, modificato dall’ articolo 1, comma 3-bis, del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 28.

(6) Comma aggiunto dall’articolo 5, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(7) Comma aggiunto dall’articolo 5, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(8) Comma aggiunto dall’articolo 5, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(9) Comma aggiunto dall’articolo 5, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 180 bis     

(Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti)

Articolo 180-bis

1. Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere anche in:

a) uso di strumenti economici;

b) misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo;

c) adozione, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del medesimo decreto; a tale fine il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i decreti attuativi di cui all’articolo 2 del Ministro dell’ambiente e della trutela del territorio e del mare in data 11 aprile 2008, pubblicato nella G.U. n. 107 dell’8 maggio 2008;

d) definizione di obiettivi quantitativi;

e) misure educative;

f) promozione di accordi di programma.

2. Con uno o piu’ decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l’introduzione della responsabilita’ estesa del produttore del prodotto. Con uno o piu’ decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalita’ operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate. e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo.

3. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (1).

(1) Articolo inserito dall’articolo 6 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 181     

(Riciclaggio e recupero dei rifiuti)

Articolo 181

1. Al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualita’ e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformita’ a quanto previsto dall’articolo 205. Le autorita’ competenti realizzano, altresi’, entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il legno, nonche’ adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sara’ aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso;

b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sara’ aumentata almeno al 70 per cento in termini di peso.

2. Fino alla definizione, da parte della Commissione europea, delle modalita’ di attuazione e calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare puo’ adottare decreti che determinino tali modalita’.

3. Con uno o piu’ decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformita’ ai criteri di priorita’ di cui all’articolo 179 e alle modalita’ di cui all’articolo 177, comma 4. nonche’ misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualita’, privilegiando la raccolta differenziata, eventualmente anche monomateriale, dei rifiuti.

4. Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, laddove cio’ sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprieta’ diverse.

5. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero e’ sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il piu’ possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimita’ agli impianti di recupero.

6. Al fine di favorire l’educazione ambientale e contribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e plastica negli istituti scolastici sono esentati dall’obbligo di autorizzazione in quanto presentano rischi non elevati e non sono gestiti su base professionale.

7. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (1).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 2, comma 18, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall’articolo 7 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 181 bis     

Materie, sostanze e prodotti secondari (1)

[ Art. 181-bis

1. Non rientrano nella definizione di cui all’articolo 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari definiti dal decreto ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e condizioni:

a) siano prodotti da un’operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti;

b) siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre;

c) siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producono, con particolare riferimento alle modalita’ ed alle condizioni di esercizio delle stesse;

d) siano precisati i criteri di qualita’ ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l’immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l’utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all’ambiente e alla salute derivanti dall’utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario;

e) abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato.

2. I metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari devono garantire l’ottenimento di materiali con caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro il 31 dicembre 2008.

3. Sino all’emanazione del decreto di cui al comma 2 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.

4. Nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 181-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, comma 2, continua ad applicarsi la circolare del Ministero dell’ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN.

5. In caso di mancata adozione del decreto di cui al comma 2 nel termine previsto, il Consiglio dei Ministri provvede in sostituzione nei successivi novanta giorni, ferma restando l’applicazione del regime transitorio di cui al comma 4 del presente articolo. ]

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 2, comma 18-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente abrogato dall’articolo 39, comma 3, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 182     

(Smaltimento dei rifiuti)

Art. 182

1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.

2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorita’ per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attivita’ di riciclaggio o di recupero (1).

3. E’ vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunita’ tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano (2).

3-bis. Il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamita’ naturali per le quali e’ dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (3)

4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico (4).

5. Le attivita’ di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE (5).

6. Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall’articolo 107, comma 3. (6)

6-bis. Le attivita’ di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantita’ giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attivita’ di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali e’ sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facolta’ di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attivita’ possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumita’ e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10) (7).

[7. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.] (8)

[8. È ammesso lo smaltimento della frazione biodegradabile ottenuta da trattamento di separazione fisica della frazione residua dei rifiuti solidi urbani nell’ambito degli impianti di depurazione delle acque reflue previa verifica tecnica degli impianti da parte dell’ente gestore] (9)

(1) Comma modificato dall’articolo 8, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma sostituito dall’articolo 8, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Comma inserito dall’articolo 35, comma 11, del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(4) Comma modificato dall’articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 8, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(5) Comma sostituito dall’articolo 8, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(6) Comma abrogato dall’articolo 2, comma 19, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente il suddetto comma 19 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 4 del 2008 è stato sostituito dall’ articolo 9-quater, comma 3, del D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 dicembre 2008, n. 210 che, nell’attuale formulazione, non contempla più l’abrogazione del presente comma.

(7) Comma aggiunto dall’articolo 14, comma 8, lettera b), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(8) Comma abrogato dall’articolo 8, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(9) Comma abrogato dall’articolo 2, comma 19, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 182 bis     

(Principi di autosufficienza e prossimita’)

Articolo 182-bis

1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;

b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei piu’ vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessita’ di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;

c) utilizzare i metodi e le tecnologie piu’ idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica.

2. Sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare puo’ essere limitato l’ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza la necessita’ di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Puo’ essere altresi’ limitato, con le modalita’ di cui al periodo precedente, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.

3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione europea (1).

(1) Articolo inserito dall’articolo 9 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 182 ter     

(Rifiuti organici)

Articolo 182-ter

1. La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.

2. Ai fini di quanto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome, i comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell’ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure volte a incoraggiare:

a) la raccolta separata dei rifiuti organici;

b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;

c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai rifiuti organici, cio’ al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente (1).

(1) Articolo inserito dall’articolo 9 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 183     

Definizioni (1)

1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:

a) “rifiutoâ€: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi;

b) “rifiuto pericolosoâ€: rifiuto che presenta una o piu’ caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto;

c) “oli usatiâ€: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonche’ gli oli usati per turbine e comandi idraulici;

d) “rifiuto organico” rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato;

e) “autocompostaggioâ€: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto;

f) “produttore di rifiutiâ€: il soggetto la cui attivita’ produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore) (2);

g): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;

h) “detentoreâ€: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne e’ in possesso;

i) “commerciante”: qualsiasi impresa che agisce in qualita’ di committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;

l) “intermediario” qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilita’ dei rifiuti;

m) “prevenzioneâ€: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono:

1) la quantita’ dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita;

2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana;

3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;

n) “gestioneâ€: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonche’ le operazioni effettuate in qualita’ di commerciante o intermediario. Non costituiscono attivita’ di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati (3) (4);

o) “raccoltaâ€: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera “mmâ€, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;

p) “raccolta differenziataâ€: la raccolta in cui un flusso di rifiuti e’ tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;

q) “preparazione per il riutilizzo”: le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;

r) “riutilizzoâ€: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalita’ per la quale erano stati concepiti;

s) “trattamento”: operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;

t) “recuperoâ€: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale.

L’allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.;

u) “riciclaggioâ€: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini.

Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia ne’ il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;

v) “rigenerazione degli oli usatiâ€qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;

z) “smaltimentoâ€: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;

aa) “stoccaggioâ€: le attivita’ di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonche’ le attivita’ di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima parte quarta;

bb) “deposito temporaneoâ€: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari; di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni (5):

1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalita’ alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantita’ in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorche’ il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non puo’ avere durata superiore ad un anno;

3) il “deposito temporaneoâ€deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonche’, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;

5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalita’ di gestione del deposito temporaneo;

cc) “combustibile solido secondario (CSS)â€: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, e’ classificato come rifiuto speciale;

dd) “rifiuto biostabilizzatoâ€: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualita’;

ee) “compost di qualitaâ€: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni;

ff) “digestato di qualitaâ€: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

gg) “emissioniâ€: le emissioni in atmosfera di cui all’articolo 268, comma 1, lettera b);

hh) “scarichi idriciâ€: le immissioni di acque reflue di cui all’articolo 74, comma 1, lettera ff);

ii) “inquinamento atmosfericoâ€: ogni modifica atmosferica di cui all’articolo 268, comma 1, lettera a);

ll) “gestione integrata dei rifiutiâ€: il complesso delle attivita’, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;

mm) “centro di raccoltaâ€: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’attivita’ di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta e’ data con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata , di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

nn) “migliori tecniche disponibili”: le migliori tecniche disponibili quali definite all’articolo 5, comma 1, lett. l-ter) del presente decreto;

oo) spazzamento delle strade: modalita’ di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilita’ e la sicurezza del transito ;

pp) “circuito organizzato di raccoltaâ€: sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All’accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione;

qq) “sottoprodottoâ€: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2.

(1) Articolo sostituito dall’ articolo 2, comma 20, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall’ articolo 10, comma 10, del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205 .

(2) Lettera modificata dall’articolo 11, comma 12, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(3) La Corte Costituzionale, con sentenza 28 gennaio 2010, n. 28 (in Gazz. Uff., 3 febbraio, n. 5), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della presente lettera, nel testo antecedente alle modiche introdotte dall’ art. 2, comma 20, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale), nella parte in cui prevede: «rientrano altresi’ tra i sottoprodotti non soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto le ceneri di pirite, polveri di ossido di ferro, provenienti dal processo di arrostimento del minerale noto come pirite o solfuro di ferro per la produzione di acido solforico e ossido di ferro, depositate presso stabilimenti di produzione dismessi, aree industriali e non, anche se sottoposte a procedimento di bonifica o di ripristino ambientale».

(4) Lettera modificata dall’articolo 14, comma 8, lettera b-bis), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(5) Alinea modificato dall’ articolo 28, comma 2, del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 e, successivamente, dall’articolo 52, comma 2-ter, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134 .

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 184     

(Classificazione)

Art. 184

1. Ai fini dell’attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

2. Sono rifiuti urbani:

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g);

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;

d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;

e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;

f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).

3. Sono rifiuti speciali:

a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c. (1);

b) i rifiuti derivanti dalle attivita’ di demolizione, costruzione, nonche’ i rifiuti che derivano dalle attivita’ di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis (2);

c) i rifiuti da lavorazioni industriali, [fatto salvo quanto previsto dall’articolo 185, comma 1, lettera i)] (3);

d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e) i rifiuti da attività commerciali;

f) i rifiuti da attività di servizio;

g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;

[i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;] (4)

[l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;] (5)

[m) il combustibile derivato da rifiuti;] (6)

[n) i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani.] (7)

4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto (8).

5. L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso e’ vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’articolo 183. Con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dalla presente disposizione, possono essere emanate specifiche linee guida per agevolare l’applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I. (9).

5-bis. Con uno o piu’ decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro della salute, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinate, nel rispetto delle norme dell’Unione europea e del presente decreto legislativo, le speciali procedure per la gestione, lo stoccaggio, la custodia, nonche’ per l’autorizzazione e i nulla osta all’esercizio degli impianti per il trattamento dei rifiuti prodotti dai sistemi d’arma, dai mezzi, dai materiali e dalle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale, cosi’ come individuati con decreto del Ministro della difesa, compresi quelli per il trattamento e lo smaltimento delle acque reflue navali e oleose di sentina delle navi militari da guerra, delle navi militari ausiliarie e del naviglio dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera iscritti nel quadro e nei ruoli speciali del naviglio militare dello Stato (10) .

5-ter. La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non puo’ essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto (11).

5-quater. L’obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all’articolo 193 e l’obbligo di tenuta dei registri di cui all’art. 190 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un’impresa che abbiano ottenuto l’autorizzazione o siano registrate in conformita’ agli articoli 208, 212, 214 e 216 (12).

(1) Lettera modificata dall’articolo 11, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4e, successivamente, sostituita dall’articolo 11, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Lettera soppressa dall’articolo 11, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(5) Lettera soppressa dall’articolo 11, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(6) Lettera soppressa dall’articolo 11, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(7) Lettera soppressa dall’articolo 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(8) Comma sostituito dall’articolo 11, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(9) Comma sostituito dall’articolo 11, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(10) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 21, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4; successivamente modificato dall’articolo 35, comma 2, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134 e, da ultimo, sostituito dall’articolo 13, comma 5, lettera a), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(11) Comma aggiunto dall’articolo 11, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(12) Comma aggiunto dall’articolo 11, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 184 bis     

(Sottoprodotto)

Articolo 184-bis

1. E’ un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto e’ originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non e’ la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) e’ certo che la sostanza o l’oggetto sara’ utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto puo’ essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo e’ legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non portera’ a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinche’ specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformita’ a quanto previsto dalla disciplina comunitaria (1) (2).

2-bis. Il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 10 agosto 2012, n. 161, adottato in attuazione delle previsioni di cui all’ articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 , si applica solo alle terre e rocce da scavo che provengono da attivita’ o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il decreto di cui al periodo precedente non si applica comunque alle ipotesi disciplinate dall’ articolo 109 del presente decreto (3).

(1) Articolo inserito dall’articolo 12 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Vedi l’articolo 186 del presente decreto e l’articolo 39, comma 3, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Comma aggiunto dall’articolo 41, comma 2, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 184 ter     

(Cessazione della qualifica di rifiuto) (1) (2)

Articolo 184-ter

1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando e’ stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto e’ comunemente utilizzato per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non portera’ a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

2. L’operazione di recupero puo’ consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformita’ a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

3. Nelle more dell’adozione di uno o piu’ decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l’art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell’ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione.

4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo e’ da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

(1) Articolo inserito dall’articolo 12 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) In applicazione del presente articolo, vedi il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 184 quater     

Articolo 184-quater

(Utilizzo dei materiali di dragaggio) (1).

1. I materiali dragati sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati ai sensi della normativa vigente, cessano di essere rifiuti se, all’esito delle operazioni di recupero, che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione, soddisfano e sono utilizzati rispettando i seguenti requisiti e condizioni:

a) non superano i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta, con riferimento alla destinazione urbanistica del sito di utilizzo, o, in caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, rispondono ai requisiti tecnici di cui alla lettera b), secondo periodo;

b) e’ certo il sito di destinazione e sono utilizzati direttamente, anche a fini del riuso o rimodellamento ambientale, senza rischi per le matrici ambientali interessate e in particolare senza determinare contaminazione delle acque sotterranee e superficiali. In caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, devono, invece, rispettare i requisiti tecnici per gli scopi specifici individuati, la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti e alle materie prime, e in particolare non devono determinare emissioni nell’ambiente superiori o diverse qualitativamente da quelle che derivano dall’uso di prodotti e di materie prime per i quali e’ stata rilasciata l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

2. Al fine di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee, i materiali di dragaggio destinati all’utilizzo in un sito devono essere sottoposti a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all’Allegato 3 del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998. L’autorita’ competente puo’ derogare alle concentrazioni limite di cloruri e di solfati qualora i materiali di dragaggio siano destinati ad aree prospicenti il litorale e siano compatibili con i livelli di salinita’ del suolo e della falda.

3. Il produttore o il detentore predispongono una dichiarazione di conformita’ da cui risultino, oltre ai dati del produttore, o del detentore e dell’utilizzatore, la tipologia e la quantita’ dei materiali oggetto di utilizzo, le attivita’ di recupero effettuate, il sito di destinazione e le altre modalita’ di impiego previste e l’attestazione che sono rispettati i criteri di cui al presente articolo. La dichiarazione di conformita’ e’ presentata all’autorita’ competente per il procedimento di recupero e all’ARPA nel cui territorio e’ localizzato il sito di destinazione o il ciclo produttivo di utilizzo, trenta giorni prima dell’inizio delle operazioni di conferimento. Tutti i soggetti che intervengono nel procedimento di recupero e di utilizzo dei materiali di cui al presente articolo conservano una copia della dichiarazione per almeno un anno dalla data del rilascio, mettendola a disposizione delle autorita’ competenti che la richiedano.

4. Entro trenta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di cui al comma 3, l’autorita’ competente per il procedimento di recupero verifica il rispetto dei requisiti e delle procedure disciplinate dal presente articolo e qualora rilevi difformita’ o violazioni degli stessi ordina il divieto di utilizzo dei materiali di cui al comma 1 che restano assoggettati al regime dei rifiuti.

5. I materiali che cessano di essere rifiuti ai sensi dei commi 1 e 2 durante la movimentazione sono accompagnati dalla comunicazione di cui al comma 3 e dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286.

(1) Articolo inserito dall’articolo 14, comma 8, lettera b-ter), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 185     

(Esclusioni dall’ambito di applicazione) (1).

Articolo 185

1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell’atmosfera e il biossido di carbonio catturato e trasportato ai fini dello stoccaggio geologico e stoccato in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio (2);

b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati (3);

c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attivita’ di costruzione, ove sia certo che esso verra’ riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui e’ stato escavato (4);

d) i rifiuti radioattivi;

e) i materiali esplosivi in disuso;

f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonche’ altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente ne’ mettono in pericolo la salute umana.

2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:

a) le acque di scarico;

b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;

c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformita’ del regolamento (CE) n. 1774/2002;

d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117;

3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali o nell’ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccita’ o ripristino dei suoli se e’ provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni (5).

4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter (6).

(1) Articolo sostituito dall’ articolo 2, comma 22, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4; modificato dall’ articolo 20, comma 10-sexies, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2 ; dall’ articolo 1, comma 3, del D.L. 8 luglio 2010, n. 105 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 13 agosto 2010, n. 129 e, da ultimo, sostituito dall’ articolo 13, comma 1, del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Lettera sostituita dall’articolo 35, comma 2, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162.

(3) Per l’interpretazione autentica delle disposizioni di cui alla presente lettera, vedi l’articolo 3, comma 1, del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dallaLegge 24 marzo 2012, n. 28.

(4) Per l’interpretazione autentica delle disposizioni di cui alla presente lettera, vedi l’articolo 3, comma 1, del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dallaLegge 24 marzo 2012, n. 28.

(5) Comma modificato dall’ articolo 7, comma 8-bis, del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 , convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 .

(6) Per l’interpretazione autentica delle disposizioni di cui al presente comma, vedi l’articolo 3, comma 1, del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dallaLegge 24 marzo 2012, n. 28.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 186     

Terre e rocce da scavo (1)

Art. 186

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 185, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purche’ (2):

a) siano impiegate direttamente nell’ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti;

b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell’integrale utilizzo;

c) l’utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessita’ di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualita’ ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, piu’ in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate;

d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;

e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;

f) le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualita’ delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non e’ contaminato con riferimento alla destinazione d’uso del medesimo, nonche’ la compatibilita’ di detto materiale con il sito di destinazione;

g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L’impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, e’ consentito nel rispetto delle condizioni fissate all’articolo 183, comma 1, lettera p).

2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell’ambito della realizzazione di opere o attivita’ sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonche’ i tempi dell’eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che e’ approvato dall’autorita’ titolare del relativo procedimento. Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell’eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purche’ in ogni caso non superino i tre anni.

3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell’ambito della realizzazione di opere o attivita’ diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attivita’, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonche’ i tempi dell’eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell’ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalita’ della dichiarazione di inizio di attivita’ (DIA).

4. Fatti salvi i casi di cui all’ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti ne’ a VIA ne’ a permesso di costruire o denuncia di inizio di attivita’, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonche’ i tempi dell’eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell’opera, sottoscritto dal progettista.

5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto.

6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalita’ previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L’accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti e’ svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorita’ competenti nell’ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4.

7. Fatti salvi i casi di cui all’ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo gia’ autorizzati e in corso di realizzazione prima dell’entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorita’ competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonche’ le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalita’ di utilizzo, nonche’ sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L’autorita’ competente puo’ disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che cio’ comporti necessita’ di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA.

7-bis. Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni:

a) un miglioramento della qualita’ della copertura arborea o della funzionalita’ per attivita’ agro-silvo-pastorali;

b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane;

c) un miglioramento della percezione paesaggistica (3).

7-ter.Ai fini dell’applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall’estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresi’ equiparati i residui delle attivita’ di lavorazione di pietre e marmi che presentano le caratteristiche di cui all’articolo 184-bis. Tali residui, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell’Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente derivanti dall’utilizzo della sostanza o dell’oggetto (4) (5) (6).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 2, comma 23, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 .

(2) Alinea modificato dall’articolo 20, comma 10-sexies, lettera b), del D.L. 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2.

(3) Comma inserito dall’articolo 8-ter, comma 1, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13.

(4) Comma inserito dall’articolo 8-ter, comma 1, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13 e, successivamente, modificato dall’articolo 14, comma 1, del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 .

(5) A norma dell’ articolo 39, comma 4, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 , come modificato dall’ articolo 49, comma 1-ter, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 , Legge 24 marzo 2012, n. 27, il presente articolo è abrogato dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al medesimo articolo 49.

(6) Per l’attuazione dell’articolo 49, comma 1, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, vedi il D.M. 10 agosto 2012 , n. 161.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 187     

(Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi) (1)

Articolo 187

1. E’ vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosita’ ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosita’, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, puo’ essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:

a) siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 177, comma 4, e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;

b) l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;

c) l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’articoli 183, comma 1, lettera nn).

2-bis. Gli effetti delle autorizzazioni in essere relative all’esercizio degli impianti di recupero o di smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di rifiuti speciali, consentita ai sensi del presente articolo e dell’allegato G alla parte quarta del presente decreto, nei testi vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, restano in vigore fino alla revisione delle autorizzazioni medesime (2).

3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all’articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 e’ tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 177, comma 4 .

(1) Articolo sostituito dall’articolo 15 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma inserito dall’articolo 14, comma 8-quater, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 188     

(Responsabilita’ della gestione dei rifiuti)

Articolo 188

1. Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformita’ agli articoli 177 e 179. Fatto salvo quanto previsto ai successivi commi del presente articolo, il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilita’ per l’intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilita’, di regola, comunque sussiste.

2. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal golamento (CE) n.1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), la responsabilita’ di ciascuno di tali soggetti e’ limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema.

3. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.1013/2006, la responsabilita’ dei soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi dell’art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi e’ esclusa:

a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa convenzione;

b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attivita’ di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all’articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. [ Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine e’ elevato a sei mesi e la comunicazione e’ effettuata alla regione.] (1)

4. Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale, conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti ai sensi degli articoli 208, 209, 211, 213, 214 e 216 e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 177, comma 4.

5. I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti (2) (3).

(1) Lettera modificata dallarticolo 14, comma 8, lettera b-quater), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(2) Articolo sostituito dall’articolo 16 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) A norma dell’articolo 11, comma 3-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125 , nei dieci mesi successivi alla data del 1º ottobre 2013 continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui al presente articolo, nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 , nonche’ le relative sanzioni. Durante detto periodo, le sanzioni relative al SISTRI di cui agli articoli 260-bis e 260-ter del presente decreto non si applicano; per la proroga del termine fino al quale continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui al presente articolo vedi l’ articolo 9, comma 3, lettere a), b) e c), del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2015, n. 11.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 188 bis     

(Controllo della tracciabilita’ dei rifiuti) (1)

Articolo 188-bis

1. In attuazione di quanto stabilito all’articolo 177, comma 4, la tracciabilita’ dei rifiuti deve essere garantita dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale.

2. A tale fine, la gestione dei rifiuti deve avvenire:

a) nel rispetto degli obblighi istituiti attraverso il sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009;

oppure

b) nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonche’ del formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193.

3. Il soggetto che aderisce al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), non e’ tenuto ad adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonche’ dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193.

Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati dalla copia cartacea della scheda di movimentazione del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a). Il registro cronologico e le schede di movimentazione del predetto sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) sono resi disponibili all’autorita’ di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta e sono conservate in formato elettronico da parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei rifiuti, ad eccezione dei quelli relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell’attivita’ devono essere consegnati all’autorita’ che ha rilasciato l’autorizzazione. Per gli impianti di discarica, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, il registro cronologico deve essere conservato fino al termine della fase di gestione post operativa della discarica.

4. Il soggetto che non aderisce al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), deve adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonche’ dei formulari di identificazione dei rifiuti nella misura stabilita dall’articolo 193.

4-bis. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare si procede periodicamente, sulla base dell’evoluzione tecnologica e comunque nel rispetto della disciplina comunitaria, alla semplificazione e all’ottimizzazione del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti, anche alla luce delle proposte delle associazioni rappresentative degli utenti, ovvero delle risultanze delle rilevazioni di soddisfazione dell’utenza; le semplificazioni e l’ottimizzazione sono adottate previa verifica tecnica e della congruita’ dei relativi costi da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Le semplificazioni e l’ottimizzazione sono finalizzate ad assicurare un’efficace tracciabilita’ dei rifiuti e a ridurre i costi di esercizio del sistema, laddove cio’ non intralci la corretta tracciabilita’ dei rifiuti ne’ comporti un aumento di rischio ambientale o sanitario, anche mediante integrazioni con altri sistemi che trattano dati di logistica e mobilita’ delle merci e delle persone ed innovazioni di processo che consentano la delega della gestione operativa alle associazioni di utenti, debitamente accreditate dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla base dei requisiti tecnologici ed organizzativi individuati con il decreto di cui al presente comma, e ad assicurare la modifica, la sostituzione o l’evoluzione degli apparati tecnologici, anche con riferimento ai dispositivi periferici per la misura e certificazione dei dati. Al fine della riduzione dei costi e del miglioramento dei processi produttivi degli utenti, il concessionario del sistema informativo, o altro soggetto subentrante, puo’ essere autorizzato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere del Garante per la privacy, a rendere disponibile l’informazione territoriale, nell’ambito della integrazione dei sistemi informativi pubblici, a favore di altri enti pubblici o societa’ interamente a capitale pubblico, opportunamente elaborata in conformita’ alle regole tecniche recate dai regolamenti attuativi della direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, anche al fine di fornire servizi aggiuntivi agli utenti, senza nuovi o maggiori oneri per gli stessi. Sono comunque assicurate la sicurezza e l’integrita’ dei dati di tracciabilita’. Con il decreto di cui al presente comma sono, altresi’, rideterminati i contributi da porre a carico degli utenti in relazione alla riduzione dei costi conseguita, con decorrenza dall’esercizio fiscale successivo a quello di emanazione del decreto, o determinate le remunerazioni dei fornitori delle singole componenti dei servizi (2) (3).

(1) Articolo inserito dall’articolo 16 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma inserito dall’articolo 11, comma 7, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125. Vedi, inoltre, quanto disposto dal comma 8 del medesimo articolo 11.

(3) Per le disposizioni attuative del presente articolo vedi l’articolo 3 del D.M. 24 aprile 2014.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 188 ter     

(Sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI)) (1) (2)

Articolo 188-ter

1. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo professionale compresi i vettori esteri che operano sul territorio nazionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti urbani e speciali pericolosi, inclusi i nuovi produttori che trattano o producono rifiuti pericolosi. Sono altresi’ tenuti ad aderire al SISTRI, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali pericolosi in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite le modalita’ di applicazione a regime del SISTRI al trasporto intermodale (3).

2. Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), su base volontaria i produttori, i gestori e gli intermediari e i commercianti dei rifiuti diversi da quelli di cui al comma 1 (4).

3 .Con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possono essere specificate le categorie di soggetti di cui al comma 1 e sono individuate, nell’ambito degli enti o imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, ulteriori categorie di soggetti a cui e’ necessario estendere il sistema di tracciabilita’ dei rifiuti di cui all’articolo 188-bis (5).

4. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania (6).

[ 5. Con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, puo’ essere esteso l’obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2 ai produttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa, nonche’ ai soggetti di cui al decreto previsto dall’articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, recante modalita’ semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonche’ dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature.] (7)

6. Con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l’applicazione del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al regolamento 8CE) n. 1013/2006, e successive modificazioni, ivi compresa l’adozione di un sistema di interscambio di dati previsto dall’articolo 26, parafrafo 4, del predetto regolamento. Nelle more dell’adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, relativi alla tratta del territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero.

7. Con uno o piu’ regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e’ effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate.

8. In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamente, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalita’ con le quali il sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell’economia e delle finanze e, per quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell’interno, da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

9. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare potranno essere individuate modalita’ semplificate per l’iscrizione dei produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a).

10. Nel caso di produzione accidentale di rifiuti pericolosi il produttore e’ tenuto a procedere alla richiesta di adesione al SISTRI entro tre giorni lavorativi dall’accertamento della pericolosita’ dei rifiuti.

(1) Articolo inserito dall’articolo 16 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Per il termine iniziale di operatività del SISTRI vedi l’articolo 11, comma 2, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(3) Comma sostituito dall’articolo 11, comma 1, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125. Per la disciplina delle modalita’ di applicazione a regime del SISTRI del trasporto intermodale nonche’ specificazione delle categorie di soggetti obbligati ad aderire vedi il D.M. 24 aprile 2014.

(4) Comma sostituito dall’articolo 11, comma 1, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(5) Comma sostituito dall’articolo 11, comma 1, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125. Per la disciplina delle modalita’ di applicazione a regime del SISTRI del trasporto intermodale nonche’ specificazione delle categorie di soggetti obbligati ad aderire vedi il D.M. 24 aprile 2014.

(6) A norma dell’articolo 11, comma 3, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125, per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi, nonche’ per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania di cui al presente comma, il termine iniziale di operativita’ e’ fissato al 3 marzo 2014, fatto salvo quanto disposto dal comma 8 del citato articolo 11. Vedi, inoltre, quanto disposto, dal comma 5 del citato articolo 11.

(7) Comma abrogato dall’articolo 11, comma 6, lettera a), del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 189     

(Catasto dei rifiuti)

Articolo 189

1. Il catasto dei rifiuti, istituito dall’articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e’ articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell’ambiente.

2. Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite il sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e delle informazioni di cui al comma 3, anche ai fini della pianificazione delle attivita’ di gestione dei rifiuti.

3. I comuni o loro consorzi e le comunita’ montane comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo le modalita’ previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le seguenti informazioni relative all’anno precedente:

a) la quantita’ dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;

b) la quantita’ dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;

c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantita’ dei rifiuti gestiti da ciascuno;

d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attivita’ di gestione dei rifiuti, nonche’ i proventi della tariffa di cui all’articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;

e) i dati relativi alla raccolta differenziata;

f) le quantita’ raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.

4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai comuni della regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Le informazioni di cui al comma 3, lettera d), sono trasmesse all’ISPRA, tramite interconnessione diretta tra il Catasto dei rifiuti e il sistema di tracciabilita’ dei rifiuti nella regione Campania di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210 (SITRA). Le attivita’ di cui al presente comma sono svolte nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

5. Le disposizioni di cui al comma 3, fatta eccezione per le informazioni di cui alla lettera d), non si applicano altresi’ ai comuni di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e) che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a).

6. Le sezioni regionali e provinciali del Catasto provvedono all’elaborazione dei dati di cui al comma 188-ter, commi 1 e 2, ed alla successiva trasmissione, entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi, alla Sezione nazionale che provvede, a sua volta, all’invio alle amministrazioni regionali e provinciali competenti in materia rifiuti. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) elabora annualmente i dati e ne assicura la pubblicita’. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall’articolo 220, comma 2 (1) (2) (3) (4).

(1) Per la riorganizzazione del catasto dei rifiuti di cui al presente articolo vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(2) Articolo modificato dall’articolo 2, comma 24, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, sostituito dall’articolo 16, comma 1, del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza di cui al medesimoarticolo 16, comma 2.

(3) In riferimento al presente articolo vedi: Circolare INPS 27/2010 del 29 novembre 2011.

(4) A norma dell’articolo 11, comma 3-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125 , nei dieci mesi successivi alla data del 1º ottobre 2013 continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui al presente articolo, nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 , nonche’ le relative sanzioni. Durante detto periodo, le sanzioni relative al SISTRI di cui agli articoli 260-bis e 260-ter del presente decreto non si applicano; per la proroga del termine fino al quale continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui al presente articolo vedi l’ articolo 9, comma 3, lettere a), b) e c), del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2015, n. 11.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 190     

(Registri di carico e scarico) (1)

Articolo 190

1. Sono obbligati alla compilazione e tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti: a) gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui alle lettere c) e d) del comma 3 dell’articolo 184 e di rifiuti speciali non pericolosi da potabilizzazione e altri trattamenti delle acque di cui alla lettera g) del comma 3 dell’articolo 184; b) gli altri detentori di rifiuti, quali enti e imprese che raccolgono e trasportano rifiuti o che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo e di trattamento, recupero e smaltimento, compresi i nuovi produttori e, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto ai sensi dell’articolo 188-ter, comma 1, ultimo periodo; c) gli intermediari e i commercianti di rifiuti (2).

1-bis. Sono esclusi dall’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico:

a) gli enti e le imprese obbligati o che aderiscono volontariamente al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), dalla data di effettivo utilizzo operativo di detto sistema;

b) le attivita’ di raccolta e trasporto di propri rifiuti speciali non pericolosi effettuate dagli enti e imprese produttori iniziali (3).

1-ter. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile produttori iniziali di rifiuti pericolosi adempiono all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico con una delle due seguenti modalita’:

a) con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione di cui all’articolo 193, comma 1, relativo al trasporto dei rifiuti, o della copia della scheda del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a);

b) con la conservazione per tre anni del documento di conferimento di rifiuti pericolosi prodotti da attivita’ agricole, rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti nell’ambito del ‘circuito organizzato di raccolta’ di cui all’articolo 183, comma 1, lettera pp) (4).

1-quater. Nel registro di carico e scarico devono essere annotate le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti prodotti o soggetti alle diverse attivita’ di trattamento disciplinate dalla presente Parte quarta. Le annotazioni devono essere effettuate:

a) per gli enti e le imprese produttori iniziali, entro dieci giorni lavorativi dalla produzione e dallo scarico;

b) per gli enti e le imprese che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo, entro dieci giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti e dallo scarico dei rifiuti originati da detta attivita’; c) per gli enti e le imprese che effettuano operazioni di trattamento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico e dalla conclusione dell’operazione di trattamento; d) per gli intermediari e i commercianti, almeno due giorni lavorativi prima dell’avvio dell’operazione ed entro dieci giorni lavorativi dalla conclusione dell’operazione (5).

1-quinquies. Gli imprenditori agricoli di cui al comma 1-ter possono sostituire il registro di carico e scarico con la conservazione della scheda SISTRI in formato fotografico digitale inoltrata dal destinatario. L’archivio informatico e’ accessibile on-line sul portale del destinatario, in apposita sezione, con nome dell’utente e password dedicati (6).

2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzione o, nel caso in cui cio’ risulti eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di identificazione di cui all’articolo 193, comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa dall’impianto di destinazione dei rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione.

3. I produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui al comma 1, lettera a), la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali interessate o societa’ di servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi (7).

4. Le informazioni contenute nel registro di carico e scarico sono rese disponibili in qualunque momento all’autorita’ di controllo qualora ne faccia richiesta.

5. I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalita’ fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti.

6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico e’ quella di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 7.

7. Nell’Allegato C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: “in litriâ€la congiunzione: “eâ€e’ sostituita dalla disgiunzione: “oâ€.

8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.

9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lettera mm), sono escluse dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico puo’ essere effettuata contestualmente al momento dell’uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell’elenco dei rifiuti (8).

(1) Articolo modificato dall’articolo 2, comma 24-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituito dall’articolo 16 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma modificato dall’articolo 4, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121 e successivamente sostituito dall’articolo 11, comma 12-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(3) Comma inserito dall’articolo 4, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121 e successivamente sostituito dall’articolo 11, comma 12-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(4) Comma inserito dall’articolo 11, comma 12-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(5) Comma inserito dall’articolo 11, comma 12-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(6) Comma inserito dall’articolo 14, comma 8-bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(7) Comma modificato dall’articolo 11, comma 12-ter, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(8) A norma dell’articolo 11, comma 3-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125 , nei dieci mesi successivi alla data del 1º ottobre 2013 continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui al presente articolo, nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 , nonche’ le relative sanzioni. Durante detto periodo, le sanzioni relative al SISTRI di cui agli articoli 260-bis e 260-ter del presente decreto non si applicano; per la proroga del termine fino al quale continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui al presente articolo vedi l’ articolo 9, comma 3, lettere a), b) e c), del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2015, n. 11.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 191     

(Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi)

Art. 191

1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della regione e all’autorità d’ambito di cui all’201 entro tre giorni dall’emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi.

2. Entro centoventi giorni dall’adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell’inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini.

3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.

4. Le ordinanze di cui al comma 1 possono essere reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini (1).

5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio alla Commissione dell’Unione europea.

(1) Comma modificato dall’articolo 9, comma 8, del D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 luglio 2008, n. 123.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 192     

(Divieto di abbandono)

Art. 192

1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2. È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3. Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 193     

(Trasporto dei rifiuti) (1)

Art. 193

Per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti e non sono obbligati o non aderiscono volontariamente al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati (2) :

a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore;

b) origine, tipologia e quantita’ del rifiuto;

c) impianto di destinazione;

d) data e percorso dell’istradamento;

e) nome ed indirizzo del destinatario.

2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che in tal modo da’ atto di aver ricevuto i rifiuti. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.

3. Il trasportatore non e’ responsabile per quanto indicato nella Scheda SISTRI – Area movimentazione o nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformita’ tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformita’ riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico .

4. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformita’ alle norme vigenti in materia di imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose.

4-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano altresi’ nel caso di trasporto di rifiuti speciali di cui all’articolo 184, comma 3, lettera a), effettuato dal produttore dei rifiuti stessi in modo occasionale e saltuario e finalizzato al conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani con il quale sia stata stipulata una convenzione, purche’ tali rifiuti non eccedano la quantita’ di trenta chilogrammi o di trenta litri (3).

5. Fatto salvo quanto previsto per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nonche’ per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti urbani in regioni diverse dalla regione Campania di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e), che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, ne’ ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantita’ di trenta chilogrammi o di trenta litri, ne’ al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lett. mm). Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non piu’ di quattro volte l’anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l’anno.

6. In ordine alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 145.

7. I formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione e’ gratuita e non e’ soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.

8. Per le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), il formulario di identificazione e’ validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all’articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.

9. La scheda di accompagnamento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativa all’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, e’ sostituita dalla Scheda SISTRI – Area movimentazione di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009 o, per le imprese che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione di cui al comma 1. Le specifiche informazioni di cui all’allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI – Area movimentazione o nel formulario di identificazione. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non e’ considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.

9-bis. La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola, ancorche’ effettuati percorrendo la pubblica via, non e’ considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti comprovato da elementi oggettivi ed univoci che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo e la distanza fra i fondi non sia superiore a dieci chilometri. Non e’ altresi’ considerata trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile dai propri fondi al sito che sia nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola ivi compresi i consorzi agrari, di cui e’ socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo (4).

10. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso piu’ produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, deve essere effettuata nel piu’ breve tempo tecnicamente possibile. Nelle schede del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative alla movimentazione dei rifiuti, e nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.

11. Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonche’ le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attivita’ di stoccaggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera v), purche’ le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.

12. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attivita’ di carico e scarico, di trasbordo, nonche’ le soste tecniche all’interno dei porti e degli scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci non rientrano nelle attivita’ di stoccaggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera aa) purche’ siano effettuate nel piu’ breve tempo possibile e non superino comunque, salvo impossibilita’ per caso fortuito o per forza maggiore, il termine massimo di sei giorni a decorrere dalla data in cui hanno avuto inizio predette attivita’. Ove si prospetti l’impossibilita’ del rispetto del predetto termine per caso fortuito o per forza maggiore, il detentore del rifiuto ha l’obbligo di darne indicazione nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI – Area movimentazione e informare, senza indugio e comunque prima della scadenza del predetto termine, il comune e la provincia territorialmente competente indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione. Ferme restando le competenze degli organi di controllo, il detentore del rifiuto dovra’ adottare, senza indugio e a propri costi e spese, tutte le iniziative opportune per prevenire eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana. La decorrenza del termine massimo di sei giorni resta sospesa durante il periodo in cui perduri l’impossibilita’ per caso fortuito o per forza maggiore. In caso di persistente impossibilita’ per caso fortuito o per forza maggiore per un periodo superiore a 30 giorni a decorrere dalla data in cui ha avuto inizio l’attivita’ di cui al primo periodo del presente comma, il detentore del rifiuto sara’ obbligato a conferire, a propri costi e spese, i rifiuti ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformita’ agli articoli 177 e 179.

13. La copia cartacea della scheda del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relativa alla movimentazione dei rifiuti e il formulario di identificazione di cui al comma 1 costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto di cui all’articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 30 giugno 2009 (5).

(1) Articolo modificato dall’ articolo 2, comma 25, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, sostituito dall’articolo 16, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza di cui al medesimo articolo 16, comma 2 .

(2) Alinea sostituito dall’articolo 11, comma 12-quater, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(3) Comma aggiunto dall’articolo 4-quinquies, comma 1, lettera a), del D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 dicembre 2008, n. 205 .

(4) Comma inserito dall’articolo 28, comma 1, del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 e, successivamente, modificato dall’articolo 52, comma 2-ter, lettera b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134.

(5) A norma dell’articolo 11, comma 3-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125 , nei dieci mesi successivi alla data del 1º ottobre 2013 continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui al presente articolo, nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 , nonche’ le relative sanzioni. Durante detto periodo, le sanzioni relative al SISTRI di cui agli articoli 260-bis e 260-ter del presente decreto non si applicano; per la proroga del termine fino al quale continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui al presente articolo vedi l’ articolo 9, comma 3, lettere a), b) e c), del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2015, n. 11.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

     Articolo 194     

(Spedizioni transfrontaliere) (1)

Articolo 194

1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 e dal decreto di cui al comma 4.

2. Sono fatti salvi, ai sensi degli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 gli accordi in vigore tra lo Stato della Citta’ del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Citta’ del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 42 del predetto regolamento.

3. Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’articolo 212. L’iscrizione all’Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non e’ subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 10 del medesimo articolo 212. [Le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero di rifiuti, fra i quali quelli da imballaggio, devono allegare per ogni spedizione una dichiarazione dell’autorita’ del Paese di destinazione dalla quale risulti che nella legislazione nazionale non vi siano norme ambientali meno rigorose di quelle previste dal diritto dell’Unione europea, ivi incluso un sistema di controllo sulle emissioni di gas serra, e che l’operazione di recupero nel Paese di destinazione sia effettuata con modalita’ equivalenti, dal punto di vista ambientale, a quelle previste dalla legislazione in materia di rifiuti del Paese di provenienza ] (2).

4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (CE) n. 1013/2006 sono disciplinati:

a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all’articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;

b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell’articolo 29, del regolamento;

c) le specifiche modalita’ per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2.

5. Sino all’adozione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 3 settembre 1998, n. 370.

6. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CE) n. 1013/2006:

a) le autorita’ competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;

b) l’autorita’ di transito e’ il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

c) corrispondente e’ il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

7. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all’articolo 56 del regolamento (CE) 1013/2006 al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione dell’Unione europea, nonche’, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all’anno precedente, previsti dall’articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 17, comma 1, del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera d-bis), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 e successivamente dall’ articolo 9, comma 3 terdecies del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 aprile 2012, n. 44 .

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 195     

(Competenze dello stato)

Art. 195

1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:

a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all’attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, [nonché l’individuazione dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione] (1);

b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216 (2);

b-ter) la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attivita’ di recupero energetico dei rifiuti (3);

c) l’individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;

d) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi:

e) l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi di rifiuti;

f) l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l’individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell’individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell’erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili;

g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione;

h) l’indicazione [delle tipologie] delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti (4);

i) l’individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero [di materia prima secondaria] dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell’articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203 (5);

l) l’individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;

m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all’articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell’articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi (6);

n) la determinazione, relativamente all’assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d’intesa con laConferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la definizione delle gare d’appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti (7);

o) la determinazione, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità:

p) l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;

q) l’indicazione dei criteri generali ivi inclusa l’emanazione di specifiche linee guida, per l’organizzazione e l’attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani (8);

r) la determinazione, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell’impatto sull’ambiente connesso all’estensione dell’area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale (9);

s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l’attuazione dell’articolo 196, comma 1, lettera p);

t) l’adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell’Unione europea.

2. Sono inoltre di competenza dello Stato:

a) l’indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell’articolo 178, comma 5;

b) l’adozione delle norme e delle condizioni per l’applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;

c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;

d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive;

e) La determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. [Ai rifiuti assimilati, entro due anni , si applica esclusivamente una tariffazione per le quantita’ conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le quantita’ conferite che deve includere, nel rispetto del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale, e’ determinata dall’amministrazione comunale tenendo conto anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attivita’ che li producono. A tale tariffazione si applica una riduzione, fissata dall’amministrazione comunale, in proporzione alle quantita’ dei rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero tramite soggetto diverso dal gestore dei rifiuti urbani. Non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico; allo stesso modo, non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l’avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione.] Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro nvanta giorni, i criteri per l’assimilabilita’ ai rifiuti urbani (10);

f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l’analisi dei rifiuti (11);

g) la determinazione dei requisiti e delle capacita’ tecniche e finanziarie per l’esercizio delle attivita’ di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati all’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, secondo la modalita’ di cui al comma 9 dello stesso articolo (12);

h) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all’articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti (13);

i) l’individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica (14);

l) l’adozione di un modello uniforme del registro di cui all’articolo 190 e la definizione delle modalita’ di tenuta dello stesso, nonche’ l’individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso (15);

m) l’individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all’articolo 227, comma 1, lettera a) (16);

n) l’aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto (17);

o) l’adozione delle norme tecniche, delle modalita’ e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all’utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e del prodotto di qualita’ ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata (18);

p) l’autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformita’ alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell’autorita’ marittima nella cui zona di competenza si trova il porto piu’ vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire (19);

q) l’individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da universita’ o istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori, al fine di prevenire l’inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all’ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell’attivita’ esercitata (20);

r) l’individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di forme di semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attivita’ di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto, da adottarsi con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disciplina (21);

s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti (22);

t) predisposizione di linee guida per l’individuazione di una codifica omogenea per le operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle autorita’ competenti, anche in conformita’ a quanto disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/CE, e sue modificazioni (23);

u) individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211 (24);

v) predisposizione di linee guida per l’individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell’allegato D della parta quarta del presente decreto (25).

3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui ai comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell’interno, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (26).

4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell’interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti.

5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell’accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato.

(1) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(4) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(5) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(6) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(7) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(8) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(9) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(10) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 26, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4; successivamente modificata dall’articolo 5, comma 2, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13; dall’articolo 15, comma 2-bis, del D.L. 25 settembre 2009 , n. 135, convertito, con modificazioni, dalla Legge 20 novembre 2009, n. 166 e, da ultimo, dall’articolo 14, comma 46, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214 .

(11) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(12) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(13) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(14) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(15) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(16) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(17) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(18) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 20.

(19) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(20) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(21) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 20.

(22) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(23) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(24) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 20.

(25) Lettera sostituita dall’articolo 18, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 20.

(26) Lettera modificata dall’articolo 18, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 196     

(Competenze delle regioni)

Art. 196

1. Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’articolo 195:

a) la predisposizione, l’adozione e l’aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d’ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all’articolo 199;

b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti;

c) l’elaborazione, l’approvazione e l’aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza;

d) l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera f), e di cui all’articolo 7, comma 4-bis (1);

e) l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, anche pericolosi, fatte salve le competenze statali di cui all’articolo 7, comma 4-bis (2);

f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento (CEE) n. 259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di destinazione;

g) la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilali;

h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l’approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l’individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto all’articolo 195, comma 1, lettera r):

i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;

l) l’incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;

m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell’articolo 195, comma 2, lettera b);

n) la definizione di criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p);

o) la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;

p) l’adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara o di selezione per l’aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità degli altri requisiti e condizioni. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203, e successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti.

2. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.

3. Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche.

(1) Lettera sostituita dall’articolo 12, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Lettera sostituita dall’articolo 12, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 197     

(Competenze delle province)

Art. 197

1. In attuazione dell’articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competono in linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare (1):

a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;

b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l’accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;

c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;

d) l’individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all’articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l’Autorità d’ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.

2. Ai fini dell’esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215, e 216 in tema di procedure semplificate.

3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all’interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all’obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.

4. Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell’espletamento delle funzioni di cui all’articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente.

5. Nell’ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo professionale, gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l’origine e la destinazione dei rifiuti (2).

5-bis. Le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo, possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari nell’ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) (3).

6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali.

(1) Alinea modificato dall’articolo 2, comma 27, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’ articolo 19, comma 1, lettera a), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma inserito dall’ articolo 19, comma 1, lettera b), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO II

CAPO II

COMPETENZE

     Articolo 198     

(Competenze dei comuni)

Art. 198

1. I comuni concorrono, nell’ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all’inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall’Autorità d’ambito ai sensi dell’articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

2. I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d’ambito adottati ai sensi dell’articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:

a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;

b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;

c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;

d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all’articolo 184, comma 2, lettera f);

e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;

f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;

g) l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all’articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all’articolo 184, comma 2, lettere c) e d).

3. I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed alle Autorità d’ambito tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste.

4. I comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 199     

(Piani regionali)

Articolo 199

1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorita’ d’ambito di cui all’articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalita’ di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformita’ ai criteri generali stabiliti dall’articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. Per l’approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si e’ fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.

2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonche’ una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto.

3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:

a) tipo, quantita’ e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonche’ la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall’articolo 205;

b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica;

c) una valutazione della necessita’ di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformita’ del principio di autosufficienza e prossimita’ di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati;

d) informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacita’ dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;

e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione;

f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m);

g) il complesso delle attivita’ e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicita’ e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200, nonche’ ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti piu’ meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;

i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;

l) i criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonche’ per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera p);

m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;

n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani:

o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;

p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all’articolo 225, comma 6;

q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;

r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.

4. Il piano di gestione dei rifiuti puo’ contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:

a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;

b) valutazione dell’utilita’ e dell’idoneita’ del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessita’ di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno;

c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti e’ coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente.

6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:

a) l’ordine di priorita’ degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);

b) l’individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;

c) le modalita’ degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l’impiego di materiali provenienti da attivita’ di recupero di rifiuti urbani;

d) la stima degli oneri finanziari;

e) le modalita’ di smaltimento dei materiali da asportare.

7. L’approvazione del piano regionale o il suo adeguamento e’ requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.

8. La regione approva o adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti.

9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattivita’ nell’approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale.

10. Le regioni, sentite le province interessate, d’intesa tra loro o singolarmente, per le finalita’ di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessita’ dell’ aggiornamento del piano almeno ogni sei anni, nonche’ alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformita’ alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.

11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea.

12. Le regioni e le province autonome assicurano la pubblicazione dei piani e dei programmi di cui al presente articolo, anche attraverso l’inserimento degli stessi sul sito WEB della regione o della provincia autonoma.

13. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (2).

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 249 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nel testo precedente la sostituzione, nella parte in cui attribuisce al Ministro dell’ambiente il potere sostitutivo nel caso in cui «le autorita’ competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale» di gestione dei rifiuti «nei termini e con le modalita’ stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all’attuazione del piano medesimo».

(2) Articolo sostituito dall’ articolo 20 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 200     

(Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani)

Art. 200

1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all’articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;

b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;

c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all’interno dell’ATO;

d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;

e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;

f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.

2. Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell’ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati.

3. Le regioni interessate, d’intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o più regioni.

4. Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

5. Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.

6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all’assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione.

7. Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell’articolo 195.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 201     

(Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani) (1)

Art. 201

1. Al fine dell’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d’ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amminstrazioni pubbliche, l’organizzazione, l’affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.

2. L’Autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l’esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.

3. L’Autorità d’ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano d’ambito in conformità a quanto previsto dall’articolo 203, comma 3.

4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall’Autorità d’ambito, sono affidate, ai sensi dell’articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull’evidenza pubblica, le seguenti attività:

a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell’intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;

b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all’interno dell’ATO.

5. In ogni ambito:

a) è raggiunta, nell’arco di cinque anni dalla sua costituzione, l’autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;

b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.

6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.

(1) Per la soppressione dellle Autorita’ d’ambito territoriale, di cui al presente articolo, vedi l’articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come modificato dall’articolo 1, comma 1-quinquies, del D.L. 25 gennaio 2010, n. 2.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 202     

(Affidamento del servizio)

Art. 202

[1. L’Autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia (1) (2).] (3)

2. I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa allegata all’offerta, proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente definiti.

3. Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull’utente sia in termini economici, sia di complessità delle operazioni a suo carico.

4. Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali già esistenti al momento dell’assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio.

5. I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi dell’articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui agli articoli 37 -bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994.

6. Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile.

(1) Per le modalità di aggiudicazione, da parte dell’Autorità d’ambito, del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, di cui al presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 28, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) A norma dell’articolo 12, comma 1, lettera c), del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, il presente comma deve intendersi abrogato, ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell’Autorita’ d’ambito per l’affidamento e l’aggiudicazione.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 203     

(Schema tipo di contratto di servizio)

Art. 203

1. I rapporti tra le Autorità d’ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle regioni in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o).

2. Lo schema tipo prevede:

a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;

b) l’obbligo del raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione;

c) la durata dell’affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;

d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;

e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;

f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all’uopo preposte;

g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;

h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo;

i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all’utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;

l) la facoltà di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;

m) l’obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali strumentali all’erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;

n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;

o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze.

p) l’obbligo di applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da parte del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell’igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente piu’ rappresentative, anche in conformita’ a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente (1).

3. Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le Autorità d’ambito operano la ricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorità d’ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del presente decreto ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un piano d’ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti dall’applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato.

(1) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 28-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 204     

(Gestioni esistenti)

Art. 204

1. I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d’ambito.

2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l’Autorità d’ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall’entrata in vigore della medesima parte quarta.

3. Qualora l’Autorità d’ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta regionale esercita, dandone comunicazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario “ad acta” che avvia entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento (1) (2).

4. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all’ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previste dalle rispettive convenzioni di affidamento.

(1) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 249 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui disciplina l’esercizio del potere sostitutivo del Presidente della Giunta regionale in tema di gestioni esistenti del servizio di gestione dei rifiuti.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 205     

(Misure per incrementare la raccolta differenziata)

Art. 205

1. Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:

a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;

b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;

c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012 (1).

1-bis. Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui al comma 1, il comune puo’ richiedere al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei requisiti stabiliti al primo periodo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare puo’ autorizzare la predetta deroga, previa stipula senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica di un accordo di programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, che stabilisca:

a) le modalita’ attraverso le quali il comune richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 181, comma 1. Le predette modalita’ possono consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;

b) la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia;

c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente si obbliga ad effettuare (2).

1-ter. L’accordo di programma di cui al comma precedente puo’ stabilire obblighi, in linea con le disposizioni vigenti, per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalita’ di cui alla parte quarta, titolo I, del presente decreto nonche’ stabilire modalita’ di accertamento dell’adempimento degli obblighi assunti nell’ambito dell’accordo di programma e prevedere una disciplina per l’eventuale inadempimento. I piani regionali si conformano a quanto previsto dagli accordi di programma di cui al presente articolo (3).

[2. La frazione organica umida separata fisicamente dopo la raccolta e finalizzata al recupero complessivo tra materia ed energia, secondo i criteri dell’economicità, dell’efficacia, dell’efficienza e della trasparenza del sistema, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1.] (4)

3. Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un’addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell’Autorità d’ambito, istituito dall’articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l’onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni.

4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo B del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonché la nuova determinazione del coefficiente di correzione di cui all’articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.

5. Sino all’emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui all’articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

6. Le regioni tramite apposita legge, e previa intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero (5).

(1) Comma modificato dall’ articolo 21, comma 1, lettera a), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma inserito dall’ articolo 21, comma 1, lettera b), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Comma inserito dall’ articolo 21, comma 1, lettera b), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(4) Comma soppresso dall’articolo 2, comma 28-ter, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 249 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui assoggetta ad una previa intesa con il Ministro dell’ambiente l’adozione delle leggi con cui le Regioni possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 206     

(Accordi, contratti di programma, incentivi) (1)

Art. 206

1. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e le altre autorita’ competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto:

a) l’attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;

b) la sperimentazione, la promozione, l’attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosita’ e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;

c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;

d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo;

e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantita’ e la pericolosita’ dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

f) la sperimentazione, la promozione e l’attuazione di attivita’ di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;

g) l’adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell’impianto di produzione;

h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l’eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti;

i) l’impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;

l) l’impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.

2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare puo’ altresi’ stipulare appositi accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per: a) promuovere e favorire l’utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di cui al regolamento (Cee) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001; b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilita’ ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.

3. Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni amministrative (2).

4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, sono individuate le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalita’ di stipula dei medesimi.

5. Ai sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione delle Comunita’ europee e’ inoltre possibile concludere accordi ambientali che la Commissione puo’ utilizzare nell’ambito della autoregolamentazione, intesa come incoraggiamento o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della coregolamentazione, intesa come proposizione al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 2, comma 29, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma sostituito dall’articolo 8-quater del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13.

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NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

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GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO III

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SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

     Articolo 207     

(Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti) (1)

Art. 207

[1. L’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti di cui all’articolo 159, di seguito denominata “Autorità“, garantisce e vigila in merito all’osservanza dei principi ed al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta del presente decreto, con particolare riferimento all’efficienza, all’efficacia, all’economicità ed alla trasparenza del servizio.

2. L’Autorità, oltre alle attribuzioni individuate dal presente articolo, subentra in tutte le altre competenze già assegnate dall’articolo 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, all’Osservatorio nazionale sui rifiuti, il quale continua ad operare sino all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 4 dell’articolo 159 del presente decreto.

3. La struttura e la composizione dell’Autorità sono disciplinate dall’articolo 159.

4. L’autorità svolge le funzioni previste dall’articolo 160.

5. Per l’espletamento dei propri compiti ed al fine di migliorare, incrementare ed adeguare agli standard europei, alle migliori tecnologie disponibili ed alle migliori pratiche ambientali gli interventi in materia di tutela delle acque interne, di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, nonché di aumentare l’efficienza di detti interventi anche sotto il profilo della capacità di utilizzare le risorse derivanti da cofinanziamenti, l’Autorità si avvale della Segreteria tecnica di cui all’articolo 1, comma 42, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente. Essa può avvalersi, altresì, di organi ed uffici ispettivi e di verifica di altre amministrazioni pubbliche.] (2)

(1) A norma dell’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284 tutti i riferimenti all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi. Il medesimo articolo 1 ha inoltre disposto che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Successivamente l’articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, ha stabilito che tutti i riferimenti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, contenuti nel presente decreto sono sostituiti dalla denominazione “Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche”.

(2) Articolo abrogato dall’articolo 1, comma 5 del D.Lgs. 8 novembre 2006 n. 284.

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NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

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GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO IV

CAPO IV

AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI

     Articolo 208     

(Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti)

Art. 208

1. I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all’autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto.

2. Per le installazioni di cui all’articolo 6, comma 13, l’autorizzazione integrata ambientale sostituisce l’autorizzazione di cui al presente articolo. A tal fine, in relazione alle attivita’ di smaltimento o di recupero dei rifiuti:

a) ove un provvedimento di cui al presente articolo sia stato gia’ emanato, la domanda di autorizzazione integrata ambientale ne riporta gli estremi;

b) se l’istanza non riguarda esclusivamente il rinnovo o l’adeguamento dell’autorizzazione all’esercizio, prevedendo invece nuove realizzazioni o modifiche, la partecipazione alla conferenza di servizi di cui all’articolo 29-quater, comma 5, e’ estesa a tutti i partecipanti alla conferenza di servizio di cui all’articolo 208, comma 3;

c) la Regione, o l’autorita’ da essa delegata, specifica in conferenza le garanzie finanziarie da richiedere ai sensi dell’articolo 208, comma 11, lettera g);

d) i contenuti dell’AIA sono opportunamente integrati con gli elementi di cui all’articolo 208, comma 11;

e) le garanzie finanziarie di cui all’articolo 208, comma 11, sono prestate a favore della Regione, o dell’autorita’ da essa delegata alla gestione della materia;

f) la comunicazione di cui all’articolo 208, comma 18, e’ effettuata dall’amministrazione che rilascia l’autorizzazione integrata ambientale;

g) la comunicazione di cui all’articolo 208, comma 19, e’ effettuata dal soggetto pubblico che accerta l’evento incidente (1).

3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorita’ d’ambito e degli enti locali sul cui territorio e’ realizzato l’impianto, nonche’ il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 e’ inviata ai componenti della conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi e’ assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza (2).

4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:

a) procede alla valutazione dei progetti;

b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall’articolo 177, comma 4 (3);

c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;

d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.

5. Per l’istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.

6. Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori (4).

7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell’articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione.

8. L’istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell’autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.

9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall’interessato.

10. Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilita’ ai sensi della normativa vigente, ove l’autorita competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (5).

11. L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:

a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati (6);

b) Per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalita’ di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell’impianto al progetto approvato (7);

c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare (8);

d) la localizzazione dell’impianto autorizzato (9);

e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione (10);

f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie (11);

g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell’avvio effettivo dell’esercizio dell’impianto; [a tal fine,] le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall’articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (12) (13);

h) la data di scadenza dell’autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;

i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.

11-bis. Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili (14).

12. Salva l’applicazione dell’articolo 29-octies per le installazioni di cui all’articolo 6, comma 13, l’autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell’autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell’autorizzazione stessa. In ogni caso l’attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell’autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticita’ ambientale, tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990 (15).

12-bis. Per impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti ricompresi in un’installazione di cui all’articolo 6, comma 13, il rinnovo, l’aggiornamento e il riesame dell’autorizzazione di cui al presente articolo sono disciplinati dal Titolo III-bis della Parte Seconda, previa estensione delle garanzie finanziarie gia’ prestate (16).

13. Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione l’autorita’ competente procede, secondo la gravita’ dell’infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente;

c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente (17).

14. Il controllo e l’autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l’autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all’193, comma 1, del presente decreto (18).

15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l’interessato, almeno sessanta giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l’autorizzazione di cui al comma 1 e l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, nonché l’ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica (19).

16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.

17. Fatti salvi l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all’articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all’articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall’articolo 183, comma 1, lettera m). [La medesima esclusione opera anche quando l’attività di deposito temporaneo nel luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento di rifiuti da parte del produttore all’affidatario del deposito temporaneo costituisce adempimento agli obblighi di cui all’articolo 188, comma 3. In tal caso le annotazioni sia da parte del produttore che dell’affidatario del deposito temporaneo debbono essere effettuate entro ventiquattro ore.] (20)

17-bis. L’autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

a) ragione sociale;

b) sede legale dell’impresa autorizzata;

c) sede dell’impianto autorizzato;

d) attivita’ di gestione autorizzata;

e) i rifiuti oggetto dell’attivita’ di gestione;

f) quantita’ autorizzate;

g) scadenza dell’autorizzazione (21).

17-ter. La comunicazione dei dati di cui al comma 17-bis deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi (22).

18. In caso di eventi incidenti sull’autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all’interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 (23).

19. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d’opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono piu’ conformi all’autorizzazione rilasciata (24).

[20. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d’opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all’autorizzazione rilasciata.] (25)

(1) Comma sostituito dall’articolo 13, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Comma sostituito dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Lettera modificata dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(4) Comma modificato dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(5) Comma modificato dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(6) Lettera modificata dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(7) Lettera modificata dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(8) Lettera sostituita dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(9) Lettera modificata dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(10) Lettera modificata dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(11) Lettera sostituita dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(12) Lettera modificata dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(13) A norma dell’articolo 3, comma 2-bis, del D.L. 26 novembre 2010, n. 196 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 gennaio 2011, n. 1 e’ ridotto del cinquanta per cento, per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 (Emas) e del quaranta per cento, per quelle in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001, l’importo delle garanzie finanziarie di cui alla presente lettera.

(14) Comma inserito dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(15) Comma modificato dall’articolo 2, comma 29-ter, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205 e dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(16) Comma inserito dall’articolo 13, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(17) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 29-ter, lettera b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(18) Comma modificato dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(19) Comma modificato dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(20) Comma modificato dall’articolo 2, comma 29-ter, lettera c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(21) Comma inserito dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(22) Comma inserito dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(23) Comma sostituito dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(24) Comma sostituito dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(25) Comma abrogato dall’ articolo 22 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO IV

CAPO IV

AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI

     Articolo 209     

(Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale)

Art. 209

1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all’esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit , che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001, possono sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorita’ competenti, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (1).

2. L’autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell’impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell’esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.

3. L’autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti l’autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all’esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatone di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. L’autocertificazione e i relativi documenti mantengono l’efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all’interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1.

5. Salva l’applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell’autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l’articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.

6. Resta ferma l’applicazione del titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, relativo alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del medesimo (2).

7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell’amministrazione che li rilascia, all’ISPRA, comma 1, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’articolo 208, comma 17, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (3).

7-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 7 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi (4).

(1) Comma sostituito dall’ articolo 23 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma inizialmente sostituito dall’ articolo 23 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205 e successivamente modificato dall’articolo 14, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma modificato dall’ articolo 23 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(4) Comma aggiunto dall’ articolo 23 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO IV

CAPO IV

AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI

     Articolo 210     

(Autorizzazioni in ipotesi particolari)

Art. 210

[1. Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto non abbiano ancora ottenuto l’autorizzazione alla gestione dell’impianto, ovvero intendano, comunque, richiedere una modifica dell’autorizzazione alla gestione di cui sono in possesso, ovvero ne richiedano il rinnovo presentano domanda alla regione competente per territorio, che si pronuncia entro novanta giorni dall’istanza. La procedura di cui al presente comma si applica anche a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività. Ove la nuova attività di recupero o di smaltimento sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, si applicano le disposizioni previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali.

2. Resta ferma l’applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.

3. L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:

a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;

b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell’impianto alla nuova forma di gestione richiesta;

c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;

d) la localizzazione dell’impianto da autorizzare;

e) il metodo di trattamento e di recupero;

f) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico;

g) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell’impianto e ripristino del sito;

h) le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente, o altre equivalenti; tali garanzie sono in ogni caso ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;

i) la data di scadenza dell’autorizzazione, in conformità a quanto previsto dall’articolo 208, comma 12.

4. Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione l’autorita’ competente procede, secondo la gravita’ dell’infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente;

c) alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente (1).

5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 183 comma 1, lettera m), che è soggetto unicamente agli adempimenti relativi al registro di carico e scarico di cui all’articolo 190 ed al divieto di miscelazione di cui all’articolo 187. [La medesima esclusione opera anche quando l’attività di deposito temporaneo nel luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento di rifiuti da parte del produttore all’affidatario del deposito temporaneo costituisce adempimento agli obblighi di cui all’articolo 188, comma 3. In tal caso le annotazioni sia da parte del produttore che dell’affidatario del deposito temporaneo debbono essere effettuate entro ventiquattro ore.] (2)

6. Per i rifiuti in aree portuali e per le operazioni di imbarco e sbarco in caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti si applica quanto previsto dall’articolo 208, comma 14.

7. Per gli impianti mobili, di cui all’articolo 208, comma 15, si applicano le disposizioni ivi previste.

8. Ove l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo al rilascio dell’autorizzazione entro i termini previsti dal comma 1, si applica il potere sostitutivo di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

9. Le autorizzazioni di cui al presente articolo devono essere comunicate, a cura dell’amministrazione che li rilascia, all’Albo di cui all’articolo 212, comma 1, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.] (3)

(1) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 29-quater, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 29-quater, lettera b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Articolo abrogato dall’articolo 39, comma 3, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO IV

CAPO IV

AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI

     Articolo 211     

(Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione)

Art. 211

1. I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l’autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:

a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;

b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall’esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.

2. ha durata dell’autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni.

3. Qualora il progetto o la realizzazione dell’impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l’interessato può presentare istanza al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.

4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l’autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell’istruzione, dell’università e della ricerca (1).

5. L’autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione che la rilascia, all’ISPRA che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’articolo 208, comma 16, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (2).

5-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 5 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi (3).

(1) Comma modificato dall’ articolo 24 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma modificato dall’ articolo 24 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Comma aggiunto dall’ articolo 24 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO IV

CAPO IV

AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI

     Articolo 212     

(Albo nazionale gestori ambientali)

Art. 212

1. È costituito, presso il Ministero dell’ambiente e tutela del territorio, l’Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.

2. Con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attivita’ soggetta ad iscrizione all’Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazionale dell’Albo ha potere deliberante ed e’ composto da diciannove membri effettivi di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:

a) due dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzioni di Presidente;

b) uno dal Ministro dello sviluppo economico, con funzioni di vice-Presidente;

c) uno dal Ministro della salute;

d) uno dal Ministro dell’economia e delle finanze

e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

f) uno dal Ministro dell’interno;

g) tre dalle regioni;

h) uno dall’Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;

i) otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle organizzazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti e uno delle organizzazioni rappresentative delle imprese che effettuano attivita’ di bonifica dei siti e di bonifica di beni contenenti amianto. Per ogni membro effettivo e’ nominato un supplente (9).

3. Le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo sono istituite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e sono composte:

a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all’uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;

b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;

c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall’Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;

d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio;

[e) da due esperti designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche;] (1)

[f) da due esperti designati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.] (1)

[4. Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell’Albo sono svolte, sino alla scadenza del loro mandato, rispettivamente dal Comitato nazionale e dalle Sezioni regionali dell’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti già previsti all’articolo 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, integrati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dai nuovi componenti individuati ai sensi, rispettivamente, del comma 2, lettera 1), e del comma 3, lettere e) ed f), nel rispetto di quanto previsto dal comma 16.] (10)

5. L’iscrizione all’Albo e’ requisito per lo svolgimento delle attivita’ di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall’obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, e al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, limitatamente all’attivita’ di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le aziende speciali,i consorzi di comuni e le societa’ di gestione dei servizi pubblici ci cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, l’iscrizione all’Albo e’ effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed e’ valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, gia’ effettuate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro naturale scadenza. (2).

6. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l’esercizio delle attivita’ di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attivita’ l’iscrizione abilita allo svolgimento delle attivita’ medesime (11).

7. Gli enti e le imprese iscritte all’Albo per le attivita’ di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attivita’ di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attivita’ non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte (12).

8. I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonche’ i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantita’ non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti..

Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilita’, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell’impresa, l’attivita’ o le attivita’ dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;c) gli estremi identificativi e l’idoneita’ tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalita’ di effettuazione del trasporto medesimo; d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l’impresa e’ tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione (3) (A).

9. Le imprese di cui ai commi 5 e 8 tenute ad aderire sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), procedono, in relazione a ciascun autoveicolo utilizzato per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, all’adempimento degli obblighi stabiliti dall’articolo 3, comma 6, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data in data 17 dicembre 2009. La Sezione regionale dell’Albo procede, in sede di prima applicazione entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, alla sospensione d’ufficio dall’Albo degli autoveicoli per i quali non e’ stato adempiuto l’obbligo di cui al precedente periodo. Trascorsi tre mesi dalla sospensione senza che l’obbligo di cui sopra sia stato adempiuto, l’autoveicolo e’ di diritto e con effetto immediato cancellato dall’Albo (13).

10. L’iscrizione all’Albo per le attivita’ di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l’attivita’ di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi, e’ subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalita’ sono stabiliti con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di entrata in vigore dei predetti decreti si applicano la modalita’ e gli importi previsti dal decreto del Ministro dell’ambiente in data 8 ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 1997, come modificato dal decreto del Ministro dell’ambiente in data 23 aprile 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 26 giugno 1999 (14).

11. Le imprese che effettuano le attivita’ di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001 (15).

12. Sono iscritti all’Albo le imprese e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell’ambito del trasporto intermodale, sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa ferroviaria o navale o dell’impresa che effettua il successivo trasporto, nel caso di trasporto navale, il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, e’ delegato dall’armatore o noleggiatore, che effettuano il trasporto, per gli adempimenti relativi al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a). L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non e’ subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie (4).

13. L’iscrizione all’Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell’iscrizione, nonche’ l’accettazione, la revoca e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell’Albo della regione ove ha sede legale l’impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale (16).

14. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell’Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell’Albo (5).

15. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalita’ organizzative dell’Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalita’ di iscrizione, i diritti annuali d’iscrizione. Fino all’adozione dei predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406, e delle deliberazioni del Comitato nazionale dell’Albo.

Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:

a) individuazione di requisiti per l’iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;

b) coordinamento con la vigente normativa sull’autotrasporto, sul trasporto ferroviario, sul trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza con la finalita’ di cui alla lettera a);

c) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione;

d) ridefinizione dei diritti annuali d’iscrizione relativi alle imprese di trasporto dei rifiuti iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali;

e) interconnessione e interoperabilita’ con le pubbliche amministrazioni competenti alla tenuta di pubblici registri;

f) riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell’Albo e delle cause di cancellazione dell’iscrizione;

g) definizione delle competenze e delle responsabilita’ del responsabile tecnico (17).

16. Nelle more dell’emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione e’ differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti (6) (18).

17. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d’iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalita’ di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Fino all’adozione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente in data 29 dicembre 1993, e successive modificazioni, e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente in data 13 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1° marzo 1995. Le somme di cui all’articolo 7 comma 7, del decreto del Ministro dell’ambiente 29 in data dicembre 1993 sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, articolo 04, dell’entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al Capitolo 7082 dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (19).

18. I compensi da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell’Albo e delle Sezioni regionali dell’Albo sono determinati ai sensi dell’articolo 7, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, 406 (7).

19. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’esercizio di un’attivita’ privata puo’ essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell’attivita’ non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell’Albo (20).

19-bis. Sono esclusi dall’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, produttori iniziali di rifiuti, per il trasporto dei propri rifiuti effettuato all’interno del territorio provinciale o regionale dove ha sede l’impresa ai fini del conferimento degli stessi nell’ambito del circuito organizzato di raccolta di cui alla lettera pp) del comma 1 dell’articolo 183 (21).

[20. Le imprese iscritte all’Albo con procedura ordinaria ai sensi del comma 5 sono esentate dall’obbligo della comunicazione di cui al comma 18 se lo svolgimento dell’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell’articolo 216 ed effettivamente avviati al riciclaggio e al recupero non comporta variazioni della categoria, della classe e della tipologia di rifiuti per le quali tali imprese sono iscritte.] (22)

[21. Alla comunicazione di cui al comma 18 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alle imprese che svolgono le attività di cui al comma 18 a seguito di comunicazione corredata da documentazione incompleta o inidonea, si applica il disposto di cui all’articolo 256, comma 1.] (23)

[22. I soggetti firmatari degli accordi e contratti di programma previsti dall’articolo 181 e dall’articolo 206 sono iscritti presso un’apposita sezione dell’Albo, a seguito di semplice richiesta scritta e senza essere sottoposti alle garanzie finanziarie di cui ai commi 8 e 9.] (24)

[23. Sono istituiti presso il Comitato nazionale i registri delle imprese autorizzate alla gestione di rifiuti, aggiornati ogni trenta giorni, nei quali sono inseriti, a domanda, gli elementi identificativi dell’impresa consultabili dagli operatori secondo le procedure fissate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I registri sono pubblici e, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono resi disponibili al pubblico, senza oneri, anche per via telematica, secondo i criteri fissati dal predetto decreto. Le Amministrazioni autorizzanti comunicano al Comitato nazionale, subito dopo il rilascio dell’autorizzazione, la ragione sociale dell’impresa autorizzata, l’attività per la quale viene rilasciata l’autorizzazione, i rifiuti oggetto dell’attività di gestione, la scadenza dell’autorizzazione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell’autorizzazione stessa. Nel caso di ritardo dell’Amministrazione superiore a trenta giorni dal rilascio dell’autorizzazione, l’impresa interessa ta può inoltrare copia autentica del provvedimento, anche per via telematica, al Comitato nazionale, che ne dispone l’inserimento nei registri (8).] (25)

[24. Le imprese che effettuano attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi nel luogo di produzione dei rifiuti stessi ai sensi dell’articolo 215sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo articolo.] (26)

[25. Le imprese che svolgono operazioni di recupero dei rifiuti ai sensi dell’articolo 216 sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo articolo.] (27)

[26. Per la tenuta dei registri di cui ai commi 22, 23, 24 e 25 gli interessati sono tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione, per ogni tipologia di registro, pari a 50 euro, rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406. I diritti di cui al commi 8, 24 e 25 sono versati, secondo le modalità di cui al comma 16, alla competente Sezione regionale dell’Albo, che procede a contabilizzarli separatamente e ad utilizzarli integralmente per l’attuazione dei medesimi commi.] (28)

[27. La tenuta dei registri di cui ai commi 22 e 23 decorre dall’entrata in vigore del decreto di cui al comma 16.] (29)

[28. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.] (30)

(1) Lettera soppressa dall’articolo 2, comma 30, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, commi 30 e 31, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Per l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, vedi la Deliberazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio 26 aprile 2006. Successivamente modificato dall’articolo 4-quinquies, comma 1, lettera b), del D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 dicembre 2008, n. 205 ed infine sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(4) Comma abrogato dall’articolo 2, comma 30, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(5) Comma modificato dall’articolo 2, comma 31, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 successivamente sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205. Vedi l’articolo 5 del D.M. 24 aprile 2014.

(6) Per la gestione delle entrate derivante dall’Albo dei gestori di rifiuti di cui al presente comma, vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(7) Comma modificato dall’articolo 2, comma 31, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(8) Per il registro delle imprese autorizzate alla gestione dei rifiuti di cui al presente comma, vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(9) Comma modificato dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(10) Comma abrogato dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(11) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(12) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(13) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(14) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(15) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(16) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(17) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(18) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(19) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(20) Comma sostituito dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(21) Comma inserito dall’articolo 11, comma 12-quinquies, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

(22) Comma abrogato dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(23) Comma abrogato dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(24 ) Comma abrogato dall’articolo 2, comma 30, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente l’ abrogazione è stata ribadita dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(25) Comma abrogato dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(26) Comma abrogato dall’articolo 2, comma 30, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente l’ abrogazione è stata ribadita dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(27) Comma abrogato dall’articolo 2, comma 30, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente l’ abrogazione è stata ribadita dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(28) Comma abrogato dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(29) Comma abrogato dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(30) Comma abrogato dall’ articolo 25 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(A) In riferimento al presente comma vedi: Circolare Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio 30 novembre 2012 n. 1463/ALBO/PRES.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO IV

CAPO IV

AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI

     Articolo 213     

(Autorizzazioni integrate ambientali)

Art. 213

1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:

a) le autorizzazioni di cui al presente capo;

b) la comunicazione di cui all’articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell’Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall’autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.

[2. Al trasporto dei rifiuti di cui alla lista verde del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto.] (1)

(1) Comma abrogato dall’ articolo 26 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO V

CAPO V

PROCEDURE SEMPLIFICATE

     Articolo 214     

(Determinazione delle attivita’ e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure semplificate)

Articolo 214

1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 177, comma 4.

2. Con decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attivita’ che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attivita’ le norme, che fissano i tipi e le quantita’ di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attivita’ di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attivita’ di recupero di cui all’Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all’aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.

3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantita’ di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell’uomo e da non recare pregiudizio all’ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 , per accedere alle procedure semplificate, le attivita’ di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:

a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;

b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;

c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;

d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3.

4. Sino all’adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attivita’ di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.

5. L’adozione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all’Allegato III del regolamento (CE), n. 1013/2006.

6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l’effettuazione dei controlli periodici, l’interessato e’ tenuto a versare alla provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’emanazione del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 21 luglio 1998, n. 350.All’attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 e’ disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualita’ dell’aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali.

L’autorizzazione all’esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211.

8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attivita’ private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Si applicano, altresi’, le disposizioni di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’articolo 216, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti puo’ essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attivita’ alla provincia.

9. Le province comunicano al catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3:

a) ragione sociale;

b) sede legale dell’impresa;

c) sede dell’impianto;

d) tipologia di rifiuti oggetto dell’attivita’ di gestione;

e) relative quantita’;

f) attivita’ di gestione;

g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3.

10. La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.

11. Con uno o piu’ decreti, emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali l’utilizzo di un combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al Titolo III-bis della Parte II, dotati di certificazione di qualita’ ambientale, sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti decreti possono stabilire, nel rispetto dell’articolo 177, comma 4, le opportune modalita’ di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte, per l’aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento e sostituzione di ogni altro prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l’alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell’ambito del sito dello stabilimento qualora non gia’ autorizzate ai sensi del precedente periodo, si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.

(1) Articolo modificato dall’articolo 2, comma 32, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituito dall’ articolo 27 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO V

CAPO V

PROCEDURE SEMPLIFICATE

     Articolo 214 bis     

(Sgombero della neve)

Articolo 214-bis

1. Le attivita’ di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lettera a) comma 1 dell’articolo 183 (1).

(1) Articolo inserito dall’ articolo 28 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO V

CAPO V

PROCEDURE SEMPLIFICATE

     Articolo 215     

(Autosmaltimento)

Art. 215

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, [entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa ] (1).

2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:

a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;

b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;

c) le condizioni per la realizzazione e l’esercizio degli impianti;

d) le caratteristiche dell’impianto di smaltimento;

e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell’ambiente.

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell’impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare (2):

a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;

b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.

4. Qualora la provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione (3).

5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.

6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 33, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall’ articolo 29 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Alinea modificato dall’articolo 2, comma 34, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 35, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO V

CAPO V

PROCEDURE SEMPLIFICATE

     Articolo 216     

(Operazioni di recupero)

Art. 216

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’ articolo 214 , commi 1, 2 e 3, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, [entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa]. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all’articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all’articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l’avvio delle attività è subordinato all’effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione (1).

2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:

a) per i rifiuti non pericolosi:

1) le quantità massime impiegabili;

2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;

3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente;

b) per i rifiuti pericolosi:

1) le quantità massime impiegabili;

2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;

3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;

4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;

5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente.

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell’impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti:

a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;

b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;

c) le attività di recupero che si intendono svolgere;

d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l’utilizzo di eventuali impianti mobili;

e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero (2).

4. Qualora la provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione (3).

5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.

6. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l’autorizzazione di cui all’articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell’impianto,

7. Alle attivita’ di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo al recupero (4).

8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all’articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l’osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell’utilizzazione dei rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonchè come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e di quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, nonche’ dalla direttiva 2009/28/CE e dalle relative disposizioni di recepimento (5).

8-bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attivita’ solo se effettuate presso l’impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto (6).

8-ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 8, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonche’ le modalita’ di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni (7).

8-quater. Le attivita’ di trattamento disciplinate dai regolamenti di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che fissano i criteri che determinano quando specifici tipi di rifiuti cessano di essere considerati rifiuti, sono sottoposte alle procedure semplificate disciplinate dall’articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti, con particolare riferimento:

a) alla qualita’ e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;

b) alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attivita’;

c) alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;

d) alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati (8).

8-quinquies. L’operazione di recupero puo’ consistere nel mero controllo sui materiali di rifiuto per verificare se soddisfino i criteri elaborati affinche’ gli stessi cessino di essere considerati rifiuti nel rispetto delle condizioni previste. Questa e’ sottoposta, al pari delle altre, alle procedure semplificate disciplinate dall’articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti con particolare riferimento:

a) alla qualita’ e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;

b) alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attivita’;

c) alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;

d) alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati (9).

8-sexies. Gli enti e le imprese che effettuano, ai sensi delle disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269, e dell’articolo 9-bis del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, operazioni di recupero di materia prima secondaria da specifiche tipologie di rifiuti alle quali sono applicabili i regolamenti di cui al comma 8-quater del presente articolo, adeguano le proprie attivita’ alle disposizioni di cui al medesimo comma 8-quater o all’articolo 208 del presente decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti di cui al comma 8-quater. Fino alla scadenza di tale termine e’ autorizzata la continuazione dell’attivita’ in essere nel rispetto delle citate disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio n. 161 del 2002 e n. 269 del 2005 e dell’articolo 9-bis del decreto-legge n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008. Restano in ogni caso ferme le quantita’ massime stabilite dalle norme di cui al secondo periodo (10).

8-septies. Al fine di un uso piu’ efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione, i rifiuti individuati nella lista verde di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, possono essere utilizzati negli impianti industriali autorizzati ai sensi della disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale di cui agli articoli 29-sexies e seguenti del presente decreto, nel rispetto del relativo BAT References, previa comunicazione da inoltrare quarantacinque giorni prima dell’avvio dell’attivita’ all’autorita’ ambientale competente. In tal caso i rifiuti saranno assoggettati al rispetto delle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione (11).

[9. Con apposite norme tecniche adottate ai sensi del comma 1, da pubblicare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, è individuata una lista di rifiuti non pericolosi maggiormente utilizzati nei processi dei settori produttivi nell’osservanza dei seguenti criteri:

a) diffusione dell’impiego nel settore manifatturiero sulla base di dati di contabilità nazionale o di studi di settore o di programmi specifici di gestione dei rifiuti approvati ai sensi delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;

b) utilizzazione coerente con le migliori tecniche disponibili senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente;

c) impiego in impianti autorizzati.] (12)

[10. I rifiuti individuati ai sensi del comma 9 sono sottoposti unicamente alle disposizioni di cui agli articoli 188, comma 3,189, 190 e 193 nonché alle relative norme sanzionatorie contenute nella parte quarta del presente decreto. Sulla base delle informazioni di cui all’articolo 189 il Catasto redige per ciascuna provincia un elenco degli impianti di cui al comma 9.] (13)

[11. Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo ed oggettivo al recupero.] (14)

[12. Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione dell’Unione europea tre mesi prima della loro entrata in vigore.] (15)

[13. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l’impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto.] (16)

[14. Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.] (17)

[15. Le comunicazioni effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto alle sezioni regionali dell’Albo sono trasmesse, a cura delle Sezioni medesime, alla provincia territorialmente competente (18).]

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 36, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall’articolo 30, comma 1, lettera a), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205 .

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 37, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 .

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 38, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 .

(4) Comma sostituito dall’articolo 30, comma 1, lettera b), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(5) Comma modificato dall’articolo 2, comma 36, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall’articolo 30, comma 1, lettera c), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(6) Comma inserito dall’articolo 30, comma 1, lettera d), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(7) Comma inserito dall’articolo 30, comma 1, lettera d), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(8) Comma inserito dall’articolo 13, comma 4 , del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(9) Comma inserito dall’articolo 13, comma 4 , del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(10) Comma inserito dall’articolo 13, comma 4 , del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(11) Comma inserito dall’articolo 13, comma 4 , del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(12) Comma soppresso dall’articolo 2, comma 36, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 .

(13) Comma soppresso dall’articolo 2, comma 36, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 .

(14) Comma abrogato dall’articolo 30, comma 1, lettera e), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(15) Comma abrogato dall’articolo 30, comma 1, lettera e), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(16) Comma abrogato dall’articolo 30, comma 1, lettera e), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(17) Comma abrogato dall’articolo 30, comma 1, lettera e), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(18) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 36, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, abrogato dall’articolo 30, comma 1, lettera e), del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205 .

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 216 bis     

(Oli usati) (1)

Articolo 216-bis

1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base alla classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell´articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l´ordine di priorita’ di cui all’articolo 179, comma 1.

2. In deroga a quanto previsto dall’articolo 187, comma 1, fatti salvi i requisiti di cui al medesimo articolo 187, comma 2, lettere a), b) e c), il deposito temporaneo e le fasi successive della gestione degli oli usati sono realizzati, anche miscelando gli stessi, in modo da tenere costantemente separati, per quanto tecnicamente possibile, gli oli usati da destinare, secondo l’ordine di priorita’ di cui all’articolo 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. E’ fatto comunque divieto di miscelare gli oli usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze (2).

3. Gli oli usati devono essere gestiti:

a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;

b) in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell´ordine di priorita’ di cui all’articolo 179, comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo III-bis della parte II del presente decreto e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;

c) in via residuale, qualora le modalita’ di trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all’Allegato B della parte IV del presente decreto.

4. Al fine di dare priorita’ alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e 178, nonche’ il principio di prossimita’.

5. Le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collocati al di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 e, in particolare, dell’articolo 12 del predetto regolamento.

6. Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare puo’ individuare con uno o piu’ decreti gli elementi da valutare secondo le facolta’ concesse alle autorita’ di spedizione o di transito nell’esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006.

7. Con uno o piu’ regolamenti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le norme tecniche per la gestione di oli usati in conformita’ a quanto disposto dal presente articolo. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui al primo periodo, le autorita’ competenti possono autorizzare, nel rispetto della normativa dell’Unione europea, le operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all’ allegato A , tabella 3, del decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392 , fermi restando i limiti stabiliti dalla predetta tabella in relazione al parametro PCB/PCT (3).

8. I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla disciplina sugli oli usati.

(1) Articolo inserito dall’ articolo 31 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma sostituito dall’articolo 14, comma 8-quinquies, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(3) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera e), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni ,dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 216 ter     

(Comunicazioni alla Commissione europea)

Articolo 216-ter

1. I piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all’articolo 199, commi 1 e 3, lettera r) e le loro eventuali revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva trasmissione alla Commissione europea.

2. Con cadenza triennale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni sull’applicazione della direttiva 2008/98/CE, inviando una relazione settoriale in formato elettronico sulla base di un questionario o di uno schema inviato dalla Commissione europea stessa sei mesi prima del periodo contemplato dalla citata relazione settoriale.

3. La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta alla Commissione europea entro nove mesi dalla fine del triennio che decorre dal 12 dicembre 2010, prevede, tra l’altro, le informazioni sulla gestione degli oli usati, sui progressi compiuti nell’attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti, di cui all’articolo 199, comma 3, lettera r), e sulla misure previste dall’eventuale attuazione del principio della responsabilita’ estesa del produttore, di cui all’articolo 178-bis, comma 1, lettera a).

4. Gli obiettivi di cui all’articolo 181 relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea con i tempi e le modalita’ descritte nei commi 2 e 3.

5. La parte quarta del presente decreto nonche’ i provvedimenti inerenti la gestione dei rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea (1).

(1) Articolo inserito dall’ articolo 31 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 217     

(Ambito di applicazione)

Art. 217

1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell’ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati.

2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della “responsabilità condivisa”, che l’impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita.

3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all’igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 218     

(Definizioni)

Art. 218

1. Ai fini dell’applicazione del presente titolo si intende per:

a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;

b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore;

c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all’utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;

d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;

e) imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito e progettato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita un numero minimo di viaggi o rotazioni all’interno di un circuito di riutilizzo.

f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all’articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione;

g) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all’articolo 183, comma 1, lettera d);

h) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l’ambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della distribuzione, dell’utilizzazione e della gestione post-consumo;

i) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l’imballaggio concepito e progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell’imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato;

l) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia;

m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano rifiuti di imballaggio per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto;

n) recupero di energia: l’utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri rifiuti ma con recupero di calore;

o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione), ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici stabilizzanti o di biogas con recupero energetico, ad esclusione dell’interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio organico;

p) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un imballaggio o un rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell’Allegato B alla parte quarta del presente decreto;

q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori;

r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;

s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;

t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro concessionari;

u) utente finale: il soggetto che nell’esercizio della sua attività professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate;

v) consumatore: il soggetto che fuori dall’esercizio di una attività professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate;

z) accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le pubbliche amministrazioni competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i soggetti interessati, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all’articolo 220;

aa) filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall’inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonché svolge attività di recupero e riciclo a fine vita dell’imballaggio stesso;

bb) ritiro: l’operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei rifiuti speciali assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili;

cc) ripresa: l’operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e terziari dall’utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore della merce o distributore e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura fino al produttore dell’ imballaggio stesso;

dd) imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso.

2. La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell’articolo 3 della direttiva 94/62/CEE, così come modificata dalla direttiva 2004/12/CE e sugli esempi illustrativi riportati nell’Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 219     

(Criteri informatori dell’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio)

Art. 219

1. L’attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti principi generali:

a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in conformità ai principi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l’utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il loro concreto riutilizzo;

b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l’utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;

c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;

d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati.

2. Al fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici conformemente al principio «chi inquina paga» nonché la cooperazione degli stessi secondo i principi della «responsabilità condivisa», l’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti principi:

a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che il costo della raccolta differenziata, della valorizzazione e dell’eliminazione dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;

b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;

c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale;

d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore.

3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:

a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;

b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;

c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;

d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all’articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell’articolo 225, comma 6.

4. In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell’Unione europea, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono adottate le misure tecniche necessarie per l’applicazione delle disposizioni del presente titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso. Qualora siano coinvolti aspetti sanitari, il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della salute.

5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. Il predetto decreto dovrà altresì prescrivere l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio da parte dell’industria interessata, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 220     

(Obiettivi di recupero e di riciclaggio)

Art. 220

1. Per conformarsi ai principi di cui all’articolo 219, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria indicati nell’Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui all’articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all’anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla Comunità [ai sensi del regolamento (CEE) del 1° febbraio 1993, n. 259, del Consiglio, del regolamento (CE) 29 aprile 1999, n. 1420, del Consiglio e del regolamento (CE) 12 luglio 1999, n. 1547, della Commissione] sono presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante che l’operazione di recupero e/o di riciclaggio è stata effettuata con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria. L’Autorità di cui all’articolo 207, entro centoventi giorni dalla sua istituzione, redige un elenco dei Paesi extracomunitari in cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e orientamenti dell’Unione europea in materia (1).

[3. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, per motivi ambientali o in considerazione del rapporto costi-benefici, il recupero energetico ove esso sia preferibile al riciclaggio, purché non si determini uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi nazionali di recupero e di riciclaggio.] (2)

4. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l’uso di materiali ottenuti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti mediante:

a) il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali;

b) la revisione delle norme esistenti che impediscono l’uso di tali materiali.

5. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 224, comma 3, lettera e), qualora gli obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza prevista, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle attività produttive, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico, proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad apposito capitolo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio,

6. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggio generati sul territorio nazionale, nonché a tutti i sistemi di riciclaggio e di recupero al netto degli scarti e sono adottati ed aggiornati in conformità alla normativa comunitaria con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive.

7. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive notificano alla Commissione dell’Unione europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12, 16 e 17 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione sull’attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono adottare nell’ambito del titolo medesimo.

8. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive forniscono periodicamente all’Unione europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell’Unione europea con la decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005.

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-bis, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamkente, dall’articolo 5, comma 2-bis del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13.

(2) Comma soppresso dall’articolo 2, comma 30-bis, lettera b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 221     

(Obblighi dei produttori e degli utilizzatori)

Art. 221

1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti.

2. Nell’ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all’articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall’accordo di programma di cui all’articolo 224, comma 5, adempiono all’obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l’attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell’articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.

3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all’obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:

a) organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull’intero territorio nazionale (1);

b) aderire ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223;

c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6.

4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell’articolo 195, comma 2, lettera e). [Fino all’adozione dei criteri di cui all’articolo 195, comma 2, lettera e), il conferimento degli imballaggi usati secondari e terziari e dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari al servizio pubblico è ammesso per superfici private non superiori a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a diecimila abitanti, ovvero a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a diecimila abitanti.] (2)

5. I produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui all’ articolo 223 , devono presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto va presentato entro novanta giorni dall’assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell’ articolo 218, comma 1 , lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti Consorzi. Il recesso e’, in ogni caso, efficace solo dal momento in cui, intervenuto il riconoscimento, l’Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio, permanendo fino a tale momento l’obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all’ articolo 224, comma 3, lettera h ). Per ottenere il riconoscimento i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema sarà effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all’articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’Osservatorio, acquisiti i necessari elementi di valutazione forniti dal Consorzio nazionale imballaggi, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’Osservatorio è tenuto a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa. Alle domande disciplinate dal presente comma si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attivita’ private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 . A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi del presente articolo, le attivita’ di cui al comma 3 lettere a) e c) possono essere intraprese decorsi novanta giorni dallo scadere del termine per l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare come indicato nella presente norma (3).

6. I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l’elaborazione del programma generale di cui all’articolo 225.

7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all’Autorità prevista dall’articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all’articolo 225.

8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all’Autorità prevista dall’articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all’anno solare precedente, comprensiva dell’indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa.

9. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall’Autorità, previo avviso all’interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l’obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio previsto dall’articolo 224. I provvedimenti dell’Autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L’adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall’articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’Autorità, non provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall’articolo 261.

10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori [i costi per] (4):

a) i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari (5);

b) il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l’Autorità d’ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro (6);

c) i costi per il riutilizzo degli imballaggi usati (7);

d) i costi per il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio (8);

e) i costi per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari (9).

11. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore.

(1) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall’articolo 26, comma 1, lettera a), numero 1), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4; successivamente, dall’articolo 5, comma 2-ter, del D.L. 30 dicembre 2008 n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13e, da ultimo, dall’articolo 26, comma 1, lettera a), numeri 2.1) e 2.2) , del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27 .

(4) Alinea modificato dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(6) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(7) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(8) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(9) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30-ter, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 222     

(Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione)

Art. 222

1. La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:

a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito territoriale ottimale, tenuto conto del contesto geografico;

b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che privilegino l’efficacia, l’efficienza e l’economicità del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti.

2. Nel caso in cui osservatorio nazionale sui rifiuti accerti che le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, anche per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui all’articolo 220, può richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di sostituirsi ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici o privati individuati dal Consorzio nazionale imballaggi medesimo mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d’urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, sempre che ciò avvenga all’interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per l’organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Qualora il Consorzio nazionale imballaggi, per raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dall’articolo 220, decida di aderire alla richiesta, verrà al medesimo corrisposto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivo dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ove il Consorzio nazionale imballaggi non dichiari di accettare entro quindici giorni dalla richiesta, l’Autorità, nei successivi quindici giorni, individua, mediante procedure trasparenti e selettive, un soggetto di comprovata e documentata affidabilità e capacità a cui affidare la raccolta differenziata e conferire i rifiuti di imballaggio in via temporanea e d’urgenza, fino all’espletamento delle procedure ordinarie di aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso di impossibilità oggettiva e documentata di aggiudicazione (1).

3. Le pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l’utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti.

4. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all’articolo 224, comma 3, lettera g).

5. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all’articolo 226, comma 3, e ne dà comunicazione alla Commissione dell’Unione europea.

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-terbis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 223     

(Consorzi)

Art. 223

1. I produttori che non provvedono ai sensi dell’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio di cui all’allegato E della parte quarta del presente decreto, operante su tutto il territorio nazionale. Ai Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi (1).

2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro 31 dicembre 2008, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. Entro il 31 dicembre 2008 i Consorzi gia’ riconosciuti dalla previgente normativa adeguano il proprio statuto in conformita’ al nuovo schema tipo e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita’, nonche’ di libera Concorrenza nelle attivita’ di settore, ai sensi dell’articolo 221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio. Lo statuto adottato da ciascun Consorzio e’ trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, salvo motivate osservazioni cui i Consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora i Consorzi non ottemperino nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (2) (3).

3. I consorzi di cui al comma 1 e 2 sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell’articolo 224, comma 3, lettera h), secondo le modalità indicate dall’articolo 224 comma 8, dai proventi della cessione, nel rispetto dei principi della concorrenza e della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ripresi, raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi (4).

4. Ciascun Consorzio mette a punto e trasmette al CONAI e all’Osservatorio nazionale sui rifiuti un proprio programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti d’imballaggio entro il 30 settembre di ogni anno (5).

5. Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo presentano all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione (6).

6. Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare all’Osservatorio nazionale sui rifiuti ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all’anno precedente, con l’indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio (6).

(1) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-quater, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Per l’attuazione del presente comma, vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-quater, lettere b) e c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-quater, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-quater, lettera e), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(6) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-quater, lettera f), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 224     

(Consorzio nazionale imballaggi)

Art. 224

1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario coordinamento dell’attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio nazionale imballaggi, in seguito denominato CONAI, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive.

2. Entro il 30 giugno 20, il CONAI adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell’articolo 221, comma 2. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il CONAI non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive (1).

3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:

a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;

b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata;

c) elabora ed aggiorna, valutati i programmi specifici di prevenzione di cui agli articolo 221, comma 6, e 223, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all’articolo 225 (2);

d) promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l’attuazione;

e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all’ articolo 223, i soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici, anche eventualmente destinando una quota del contributo ambientale CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi che realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all’Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero e’ in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai (3);

f) indirizza e garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, i consorzi e gli altri operatori economici (4);

g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell’attuazione del Programma generale;

h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per i maggiori oneri della raccolta differenziata di cui all’articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale CONAI (5);

i) promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto dall’articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone gli ambiti di applicazione;

l) promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i consorzi di cui all’articolo 223 e i soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto dell’intervento dei consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l’utilizzazione del contributo ambientale CONAI;

m) fornisce i dati e le informazioni richieste dall’Autorità di cui all’articolo 207 e assicura l’osservanza degli indirizzi da questa tracciati.

n) acquisisce da enti pubblici o privati, nazionali o esteri, i dati relativi ai flussi degli imballaggi in entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli operatori economici coinvolti. Il conferimento di tali dati al CONAI e la raccolta, l’elaborazione e l’utilizzo degli stessi da parte di questo si considerano, ai fini di quanto previsto dall’articolo 178, comma 1, di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (6).

4. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui all’articolo 223nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del CONAI.

5. Il CONAI può stipulare un accordo di programma quadro su base nazionale con l’Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), con l’Unione delle province italiane (PI) o con le Autorità d’ambito al fine di garantire l’attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubbliche amministrazioni. In particolare, tale accordo stabilisce:

a) l’entità dei maggiori oneri per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, di cui all’articolo 221, comma 10, lettera b), da versare alle competenti pubbliche amministrazioni, determinati secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza di gestione del servizio medesimo, nonché sulla base della tariffa di cui allarticolo 238, dalla data di entrata in vigore della stessa;

b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti;

c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione alle esigenze delle attività di riciclaggio e di recupero.

6. L’accordo di programma di cui al comma 5 è trasmesso all’Autorità di cui all’articolo 207, che può richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni.

7. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione.

8. Il contributo ambientale del Conai e’ utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l’organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale contributo e’ attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all’articolo 223, in proporzione alla quantita’ totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantita’ di imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. Il CONAI provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i proventi dell’attività, con i contributi dei consorziati e con una quota del contributo ambientale CONAI, determinata nella misura necessaria a far fronte alle spese derivanti dall’espletamento, nel rispetto dei criteri di contenimento dei costi e di efficienza della gestione, delle funzioni conferitegli dal presente titolo nonche’ con altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all’articolo 221, lettere a) e c), per le attivita’ svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge (7).

9. L’applicazione del contributo ambientale CONAI esclude l’assoggettamento del medesimo bene e delle materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con finalità ambientali previsti dalla parte quarta del presente decreto o comunque istituiti in applicazione del presente decreto.

10. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e dal Ministro delle attività produttive.

[11. Al Consiglio di amministrazione del CONAI non possono partecipare gli amministratori ai quali siano attribuite deleghe operative ed i titolari di cariche direttive degli organismi di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), e 223.] (8)

12. In caso di mancata stipula dell’accordo di cui al comma 5, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare invita le parti a trovare un’intesa entro sessanta giorni, decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d’intesa con Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui alla lettera a) del comma 5. L’accordo di cui al comma 5 e’ sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d’imballaggio, anche dal competente Consorzio di cui all’articolo 223. Nel caso in cui uno di questi Consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei rifiuti d’imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall’articolo 220 (9).

13. Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all’articolo 225, il CONAI adotta, nell’ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata di cui all’articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti dall’Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

(1) Comma modificato dall’articolo 1, comma 6 del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284; dall’ articolo 5, comma 2-bis, del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 febbraio 2007, n. 17 e, da ultimo, dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera e), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(6) Lettera aggiunta dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera f), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(7) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera g), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(8) Comma soppresso dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera h), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(9) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30 quinquies, lettera i), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 225     

(Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio)

Art. 225

1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e articolo 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure per conseguire i seguenti obiettivi:

a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;

b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili;

c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;

d) miglioramento delle caratteristiche dell’imballaggio allo scopo di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;

e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.

2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:

a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni cinque anni e, nell’ambito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale;

b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a).

3. Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI trasmette all’Osservatorio nazionale sui rifiuti un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione (1).

4. La relazione generale consuntiva relativa all’anno solare precedente è trasmessa per il parere all’Osservatorio nazionale sui rifiuti, entro il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’ANCI si provvede alla approvazione ed alle eventuali modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio (2).

5. Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è elaborato in via sostitutiva dall’Autorità di cui all’articolo 207. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi previsti dall’allegato E alla parte quarta del presente decreto.

6. I piani regionali di cui all’ articolo 199sono integrati con specifiche previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo.

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-quinquiesbis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-quinquiesbis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO II

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

     Articolo 226     

(Divieti)

Art. 226

1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei riliuti di imballaggio.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall’articolo 221, comma 4.

3. Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti agli standard europei fissati dal Comitato europeo normalizzazione in conformità ai requisiti essenziali stabiliti dall’articolo 9 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono aggiornati i predetti standard, tenuto conto della comunicazione della Commissione europea 2005/C44/13. Sino all’emanazione del predetto decreto si applica l’Allegato F alla parte quarta del presente decreto.

4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione 1999/177/CE dell’ 8 febbraio 1999.

5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono determinate, in conformità alle decisioni dell’Unione europea:

a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;

b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.

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PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 227     

( Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto)

Art. 227

1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:

a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/53/CE, direttiva 2002/95/CE e direttiva 2003/108/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla data di entrata in vigore delle singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more dell’entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina di cui all’articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

b) rifiuti sanitari: decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254;

c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico degli operatori economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori uso in conformità a quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, della citata direttiva 2000/53/CE;

d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 228     

(Pneumatici fuori uso)

Art. 228

1. Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di garantire il perseguimento di finalita’ di tutela ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando, anche tramite attivita’ di ricerca, sviluppo e formazione, il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale (1).

2. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell’obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall’obbligo di cui al comma 1. Detto contributo, parte integrante del corrispettivo di vendita, e’ assoggettato ad IVA ed e’ riportato nelle fatture in modo chiaro e distinto. Il produttore o l’importatore applicano il rispettivo contributo vigente alla data della immissione del pneumatico nel mercato nazionale del ricambio. Il contributo rimane invariato in tutte le successive fasi di commercializzazione del pneumatico con l’obbligo, per ciascun rivenditore, di indicare in modo chiaro e distinto in fattura il contributo pagato all’atto dell’acquisto dello stesso (2).

3. Il trasferimento all’eventuale struttura operativa associata, da parte dei produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme corrispondenti al contributo per la gestione, calcolato sul quantitativo di pneumatici immessi sul mercato nell’anno precedente costituisce adempimento dell’obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilità (3).

3-bis . I produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate determinano annualmente l’ammontare del rispettivo contributo necessario per l’adempimento, nell’anno solare successivo, degli obblighi di cui al comma 1 e lo comunicano, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare anche specificando gli oneri e le componenti di costo che giustificano l’ammontare del contributo. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, se necessario, richiede integrazioni e chiarimenti al fine di disporre della completezza delle informazioni da divulgare anche a mezzo del proprio portale informatico entro il 31 dicembre del rispettivo anno. E’ fatta salva la facolta’ di procedere nell’anno solare in corso alla rideterminazione, da parte dei produttori e degli importatori di pneumatici o le rispettive forme associate, del contributo richiesto per l’anno solare in corso (4).

4. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell’inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.

(1) Comma modificato dall’ articolo 32 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma modificato dall’articolo 8-bis, comma 1, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(3) Comma modificato dall’ articolo 32 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(4) Comma inserito dall’articolo 24, comma 1, lettera f), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 229     

(Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata – cdr e cdr-q) (1)

Art. 229

[1. Ai sensi e per gli effetti della parte quarta del presente decreto, il combustibile da rifiuti (Cdr), di seguito Cdr, e il combustibile da rifiuti di qualita’ elevata (CDR-Q) di seguito CDR-Q, come definito dall’articolo 183, comma 1, lettera s), sono classificati come rifiuto speciale (2).

[2. Ferma restando l’applicazione della disciplina di cui al presente articolo, è escluso dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto il combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q), di seguito CDR-Q, come definito dall’articolo 183 , comma 1, lettera s), prodotto nell’ambito di un processo produttivo che adotta un sistema di gestione per la qualità basato sullo standard UNI-EN ISO 9001 e destinato all’effettivo utilizzo in co-combustione, come definita dall’articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 11 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 14 dicembre 1999, in impianti di produzione di energia elettrica e in cementifici, come specificato nel decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2002. Il Governo è autorizzato ad apportare le conseguenti modifiche al citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002.] (3)

3. La produzione del CDR e del CDR-Q deve avvenire nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti e rimane comunque subordinata al rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e all’esercizio dell’impianto previste dalla parte quarta del presente decreto. Nella produzione del CDR e del CDR-Q è ammesso per una percentuale massima del cinquanta per cento in peso l’impiego di rifiuti speciali non pericolosi. Per la produzione e l’impiego del CDR è ammesso il ricorso alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216.

4. Ai fini della costruzione e dell’esercizio degli impianti di incenerimento o coincenerimento che utilizzano il CDR si applicano le specifiche disposizioni, comunitarie e nazionali, in materia di autorizzazione integrata ambientale e di incenerimento dei rifiuti. Per la costruzione e per l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica e per i cementifici che utilizzano CDR-Q si applica la specifica normativa di settore. [Le modalità per l’utilizzo del CDR-Q sono definite dal citato decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002.] (4)

[5. Il CDR-Q è fonte rinnovabile, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in misura proporzionale alla frazione biodegradabile in esso contenuta.] (3)

[ 6. Il CDR e il CDR-Q beneficiano del regime di incentivazione di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.] (5)] (6)

(1) Per le modalità di utilizzo per la produzione di energia elettrica del CDR di qualità elevata (CDR-Q), vedi anche il D.M. 2 maggio 2006.

(2) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 40, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Comma abrogato dall’articolo 2, comma 41, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 41, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) Comma abrogato dall’articolo 1, comma 1120 lettera h), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successivamente dall’articolo 2, comma 41, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(6) Articolo abrogato dall’articolo 39, comma 3, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 230     

(Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture)

Art. 230

1. Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.

1-bis. – I rifiuti derivanti dalla attivita’ di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attivita’ economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani (1).

2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.

4. Fermo restando quanto previsto nell’articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1.

5. I rifiuti provenienti dalle attivita’ di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l’attivita’ di pulizia manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unita’ locale del soggetto che svolge l’attivita’ di pulizia manutentiva. I soggetti che svolgono attivita’ di pulizia manutentiva delle reti fognarie aderiscono al sistema SISTRI ai sensi dell’articolo dell’art. 188-ter, comma 1, lettera f). Il soggetto che svolge l’attivita’ di pulizia manutentiva e’ comunque tenuto all’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, prevista dall’articolo 212, comma 5, per lo svolgimento delle attivita’ di raccolta e trasporto di rifiuti (2).

(1) Comma inserito dall’articolo 2, comma 30-quinquiester, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma sostituito dall’ articolo 33 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

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TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 231     

(Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209) (1)

Art. 231

1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore.

2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.

3. I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927, 928,929 e923 del codice civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all’adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460.

4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell’autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l’assunzione, da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare della succursale, dell’impegno a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA).

5. La cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale deve comunicare l’avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente Ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli effetti dell’articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

6. Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso.

7. I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5.

8. Gli estremi della ricevuta dell’avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull’apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

9. Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell’articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dell’articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

10. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. L’origine delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente.

11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l’attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è tenuta a certificarne l’idoneità e la funzionalità.

12. L’utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente.

13. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all’individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all’adozione di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di raccolta e le modalità di trattamento dei veicoli di cui all’Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.

(1) In attuazione del presente articolo, vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 232     

(Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico)

Art. 232

1. La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 182.

2. Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell’Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo.

3. Ai punti 2.4 dell’allegato 1 e 6.6.4 dell’Allegato 3 del decreto 17 novembre 2005, n. 269 la congiunzione: “e” è sostituita dalla disgiunzione: “o”.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 233     

(Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti) (1)

Art. 233

1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un Consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all’articolo 237 (2).

2. il Consorzio di cui al comma 1, gia’ riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalita’ giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformita’ allo schema tipo approvato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita’, nonche’ di libera concorrenza nelle attivita’ di settore. Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio e’ trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il Consorzio e’ tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del Consorzio e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (3).

3. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a) assicurano la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;

b) assicurano, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;

c) promuovono lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti.

4. Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti.

5. Partecipano ai consorzi:

a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;

b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;

c) le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;

d) eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d).

6. Le quote di partecipazione ai consorzi sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria,

7. La determinazione e l’assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione dei consorzi che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.

8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l’assolvimento degli obblighi medesimi.

9. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente, [anche in forma associata], la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all’Autorità di cui all’articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonoma mente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’Autorità, dopo aver acquisito i necessari clementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’Autorità è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite (4).

10. I consorzi sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. Le risorse finanziarie dei consorzi sono costituite:

a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi;

b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;

c) dalle quote consortili;

d) dal contributo ambientale a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine di garantire l’equilibrio di gestione dei consorzi (5).

11. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmettono annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente.

12. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli ai consorzi direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi, fermo restando quanto previsto al comma 9. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

13. Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento ai consorzi, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.

14. Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.

15. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì consentita per i soggetti di cui al comma 5, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione, successiva al termine di cui al comma 9, di nuovi consorzi o l’adozione del sistema di cui al medesimo comma 9, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l’obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo] (6).

(1) Titolo modificato dall’articolo 2, comma 30-sexies, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-sexies, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-sexies, lettera b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-sexies, lettera c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30-sexies, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(6) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-sexies, lettera e), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 234     

(Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene) (1) (2)

Art. 234

1. Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, e’ istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all’articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e231, [nonché, in quanto considerati beni durevoli, i materiali e le tubazioni in polietilene destinati all’edilizia, alle fognature e al trasporto di gas e acque]. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all’articolo 237 (3).

[2. Ai fini della presente disposizione, per beni in polietilene si intendono i beni composti interamente da polietilene individuati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico. L’elenco dei beni in polietilene, di cui al periodo precedente, viene verificato con cadenza triennale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sulla base dei risultati conseguiti in termini di raccolta e ridda dei rifiuti dei predetti beni nonche’ degli impatti ambientali generati dagli stessi. In fase di prima attuazione e fino all’emanazione del decreto di cui al presente comma, per beni in polietilene si intendono i teli e le reti ad uso agricolo quali i film per copertura di serre e tunnel, film per la copertura di vigneti e frutteti, film per pacciamatura, film per insilaggio, film per la protezione di attrezzi e prodotti agricoli, film per pollai, le reti ombreggianti, di copertura e di protezione.] (4)

3. Il consorzio di cui al comma 1, gia’ riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalita’ giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformita’ allo schema tipo approvato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita’, nonche’ di libera concorrenza nelle attivita’ di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di’ amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio e’ trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio e’ tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. In ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico (5).

4. Ai consorzi partecipano:

a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;

b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;

c) i riciclatori e i recuperatoli di rifiuti di beni in polietilene.

5. Ai consorzi possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell’ambito dello statuto di cui al comma 3.

6. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì consentita per i soggetti di cui ai commi 4 e 5, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione, successiva al termine di cui al comma 7, di nuovi consorzi o l’adozione del sistema di cui al medesimo comma 7, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l’obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo] (6).

7. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:

a) organizzare autonomamente, [anche in forma associata], la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale (7);

b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali attivita’, con quantita’ definite e documentate (8).

Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all’osservatorio nazionale sui rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L’Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l’interessato chiede al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio l’adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L’Autorità presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite (9).

8. I consorzi di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine i consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a) promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;

b) assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene;

c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;

d) promuovono l’informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;

e) assicurano l’eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l’inquinamento.

9. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, i consorzi possono ricorrere a forme di deposito cauzionale.

10. I consorzi sono tenuti a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria. I mezzi finanziari per il funzionamento del consorzi sono costituiti:

a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi;

b) dai contributi dei soggetti partecipanti;

c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;

d) dall’eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13 (10).

11. Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti.

12. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente.

13. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull’importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Il contributo percentuale di riciclaggio e’ stabilito comunque in misura variabile, in relazione alla percentuale di polietilene contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso. Con il medesimo decreto di cui al presente comma e’ stabilita anche l’entita’ dei contributi di cui al comma 10, lettera b) (11).

14. Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli a uno dei consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

(1) Per l’individuazione delle tipologie di beni in polietilene rientranti nel campo di applicazione di cui al presente articolo, vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(2) Titolo modificato dall’articolo 2, comma 30-septies, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-septies, lettere a) e b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-septies, lettera c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e dall’articolo 14, comma 8, lettera b-quinquies), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116. Da ultimo, comma abrogato dall’articolo 35, comma 12, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(5) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-septies, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente modificato dall’articolo 35, comma 12, lettera b), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(6) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-septies, lettera e), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(7) Lettera modificata dall’articolo 2, comma 30-septies, lettera g), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(8) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 30-septies, lettera f), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(9) Alinea modificato dall’articolo 2, comma 30-septies, lettera g), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(10) A norma dell’articolo 35, comma 13, del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164 , fino all’emanazione del decreto di cui al comma 13 del presente articolo, il contributo previsto dal presente comma, è dovuto nella misura del 30 per cento dell’importo.

(11) Comma modificato dall’articolo 35, comma 12, lettera c), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164. A norma del comma 13 del medesimo articolo 35, fino all’emanazione del decreto di cui al presente comma, il contributo previsto dal presente comma, è dovuto nella misura del 30 per cento dell’importo.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 235     

Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (1)

Art. 235

[1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, tutte le imprese di cui all’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 15 del presente articolo, [che non] aderiscono al consorzio di cui al medesimo articolo 9-quinquies che adotta sistemi di gestione conformi ai principi di cui all’articolo 237 (2).

2. Il consorzio di cui al comma 1, gia’ riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalita’ giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformita’ allo schema tipo approvato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita’, nonche’ di libera concorrenza nelle attivita’ di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori.Lo statuto adottato dal consorzio e’ trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio e’ tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (3).

3. All’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, il comma 6-bis, e’ sostituito dal presente: «Tutti i soggetti che effettuano attivita’ di gestione del rifiuto di batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, devono trasmettere contestualmente al Consorzio copia della comunicazione di cui all’articolo 189, per la sola parte inerente i rifiuti di batterie esauste e di rifiuti piombosi. Alla violazione dell’obbligo si applicano le medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189 comma 3 (4).

[4. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a) assicurare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;

b) cedere le batterie al piombo esauste e i rifiuti piombosi alle imprese che ne effettuano il recupero;

c) assicurare il loro smaltimento, nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l’inquinamento;

d) promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di produzione, recupero e smaltimento;

e) promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell’eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi.] (5)

[5. Ai consorzi di cui al comma 1 partecipano:

a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;

b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;

c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;

d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.] (5)

[6. Le quote di partecipazione dei consorziati sono determinate di anno in anno con i criteri di cui al comma 3-bis dell’articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 16 del presente articolo.] (5)

7. Le deliberazioni degli organi dei consorzi di cui al presente articolo, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono obbligatorie per tutte le imprese partecipanti.

8. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 15 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì consentita per gli stessi soggetti, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione di nuovi consorzi, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l’obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo.] (6)

9. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento ai consorzi, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti, fermo restando quanto previsto al comma 3. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentoredi cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

10. All’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7 e’ sostituito dal seguente: «Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti e’ istituito un contributo ambientale sulla vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i produttori e gli importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori versano direttamente al consorzio i proventi del contributo ambientale (7).

11. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati: il contributo ambientale di cui al comma 10, la percentuale dei costi da coprirsi con l’applicazione di tale sovrapprezzo (8).

12. Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento ai sensi del comma 9, detenga batterie esauste è obbligato a stoccare le batterie stesse in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti.

13. I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente.

14. Al comma 2 dell’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è aggiunta la seguente lettera:

«d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell’eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi».

15. Il comma 3 dell’articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è sostituito dal seguente:

«Al Consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano:

a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;

b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;

c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo e sauste e dei rifiuti piombosi;

d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.».

16. Dopo il comma 3, dell’articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è inserito il seguente:

«3-bis: Nell’ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:

a) per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria;

b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure d’importazione delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate sulla base del contributo ambientale versato al netto dei rimborsi;

c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell’artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo.» (8).

[17. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Consorzio di cui dell’articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio che lo approva, di concerto con il Ministro delle attività produttive, nei successivi novanta giorni, salvo motivate osservazioni cui il citato Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il citato Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive (9).] (10)

18. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.] (11)

(1) Titolo modificato dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) Comma soppresso dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera e), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(6) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera f), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(7) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera g), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(8) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera h), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(9) Comma modificato dall’ articolo 5 del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 febbraio 2007, n. 17.

(10) Comma soppresso dall’articolo 2, comma 30-octies, lettera i), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(11) Articolo abrogato dall’articolo 29 del D. Lgs. 20 novembre 2008, n. 188 con la decorrenza prevista dal medesimo articolo 29.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 236     

(Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati) (1)

Art. 236

1. Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare all’assolvimento dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, [o ad uno dei consorzi da costituirsi ai sensi del comma 2]. I consorzi adottano sistemi di gestione conformi ai principi di cui all’articolo 237 (2).

2. Il consorzio di cui al comma 1, gia’ riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalita’ giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformita’ allo schema tipo approvato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicita’, nonche’ di libera concorrenza nelle attivita’ di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio e’ trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio e’ tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (3).

3. [I Consorzi di cui al comma 2 devono trasmettere al Consorzio di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, contestualmente alla comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3, copia della comunicazione stessa.] Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all’uopo debitamente autorizzate e gli altri consorzi di cui al presente articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinché tale consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa. Alla violazione dell’obbligo si applicano le sanzioni di cui all’articolo 258per la mancata comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3 (4).

4. Ai Consorzi partecipano in forma paritetica tutte le imprese che:

a) le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini;

b) le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione;

c) le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati;

d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti (5).

5. Le quote di partecipazione al consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese di cui al comma 4 e nell’ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantita’ di lubrificanti prodotti, commercializzati rigenerati o recuperati (6).

6. Le deliberazioni degli organi dei Consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati. [La rappresentanza negli organi elettivi dei Consorzi è attribuita in misura pari all’ottanta per cento alle imprese che producono oli base vergini e immettono sul mercato oli lubrificanti finiti e in misura pari al venti per cento alle imprese che producono e immettono al consumo oli lubrificanti rigenerati.] (7)

7. I consorzi determinano annualmente, con riferimento ai costi sopportati nell’anno al netto dei ricavi per l’assolvimento degli obblighi di cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell’olio lubrificante che sarà messo a consumo nell’anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente decreto si considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all’atto del pagamento dell’imposta di consumo.

8. Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi dovuti da ciascuna di esse secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del comma 9.

9. Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei contributi di cui al comma 8, sono stabiliti con decreto del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro un mese dall’approvazione dello statuto del consorzio.

10. I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I Consorzi di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive una relazione tecnica sull’attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell’anno solare precedente.

11. Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi dei consorzi e le relative modalità di nomina.

12. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a) promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche della raccolta;

b) assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;

c) espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;

d) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;

e) cedere gli oli usati raccolti:

1) in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base;

2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo, alla combustione o coincenerimento;

3) in difetto dei requisiti per l’avvio agli usi di cui ai numeri precedenti, allo smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente;

f) perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativi:

g) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di economicità della gestione, nonché della tutela della salute e dell’ambiente da ogni inquinamento dell’aria, delle acque del suolo;

h) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al Consorzio di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, affinché tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa;

i) concordare con le imprese che svolgono attivita’ di rigenerazione i parametri tecnici per la selezione degli oli usati idonei per l’avvio alla rigenerazione; (8);

l) incentivare la raccolta di oli usati rigenerabili; (9) .

l-bis) cedere gli oli usati rigenerabili raccolti alle imprese di rigenerazione che ne facciano richiesta in ragione del rapporto fra quantita’ raccolte e richieste, delle capacita’ produttive degli impianti previste dalle relative autorizzazioni e, per gli impianti gia’ in funzione, della pregressa produzione di basi lubrificanti rigenerate di qualita’ idonea per il consumo (11);

l-ter) corrispondere alle imprese di rigenerazione un corrispettivo a fronte del trattamento determinato in funzione della situazione corrente del mercato delle basi lubrificanti rigenerate, dei costi di raffinazione e del prezzo ricavabile dall’avvio degli oli usati al riutilizzo tramite combustione; tale corrispettivo sara’ erogato con riferimento alla quantita’ di base lubrificante ottenuta per tonnellata di olio usato, di qualita’ idonea per il consumo ed effettivamente ricavata dal processo di rigenerazione degli oli usati ceduti dal consorzio all’impresa stessa (12);

l-quater) assicurare l’avvio alla combustione dell’olio usato non rigenerabile ma riutilizzabile ovvero dell’olio rigenerabile non ritirato dalle imprese di rigenerazione e lo smaltimento dell’olio usato non riutilizzabile nel rispetto delle disposizioni contro l’inquinamento (13).

13. I consorzi possono svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali. L’attività dei mandatari è svolta sotto la direzione e la responsabilità dei consorzi stessi.

14. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei Consorzi di cui al comma 1, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì consentita per i predetti soggetti, aderenti ad uno dei Consorzi di cui al comma 1, la costituzione di nuovi Consorzi, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente Consorzio e fatto salvo l’obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo.] (10)

15. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento ai Consorzi di cui al comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi di cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.

(1) Titolo modificato dall’articolo 2, comma 30-nonies, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-nonies, lettera a), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Comma modificato dall’ articolo 5 del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300 e successivamente sostituito dall’articolo 2, comma 30-nonies, lettera b), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-nonies, lettera c), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(5) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-nonies, lettera e), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(6) Comma sostituito dall’articolo 2, comma 30-nonies, lettera f), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(7) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-nonies, lettera g), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(8) Lettera modificata dall’articolo 13, comma 4, lettera a), del D.L. 25 settembre 2009, n. 135.

(9) Lettera modificata dall’articolo 13, comma 4, lettera a), del D.L. 25 settembre 2009, n. 135.

(10) Comma modificato dall’articolo 2, comma 30-nonies, lettera d), del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(11) Lettera inserita dall’articolo 13, comma 4, lettera b) del D.L. 25 settembre 2009, n. 135.

(12) Lettera inserita dall’articolo 13, comma 4, lettera b) del D.L. 25 settembre 2009, n. 135.

(13) Lettera inserita dall’articolo 13, comma 4, lettera b) del D.L. 25 settembre 2009, n. 135.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

     Articolo 237     

(Criteri direttivi dei sistemi di gestione)

Art. 237

1. I sistemi di gestione adottati devono, in ogni caso, essere aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di non distorsione della concorrenza, di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 bis     

(Finalita’ e oggetto) (1).

Art. 237-bis

1. Il presente titolo definisce le misure e le procedure atte a prevenire oppure, qualora non sia possibile, a ridurre gli effetti negativi delle attivita’ di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti, ed in particolare le emissioni delle suddette attivita’ nell’aria, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee, al fine di conseguire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di tutela della salute umana.

2. Ai fini di cui al comma 1, il presente titolo disciplina:

a) i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;

b) i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;

c) i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonche’ le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento all’esigenza di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente contro le emissioni causate dall’incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 ter     

(Definizioni) (1).

Art. 237-ter

1. Ai fini dell’applicazione del presente titolo si definiscono:

a) ‘rifiuti urbani misti’: i rifiuti di cui all’articolo 184, comma 2, del presente decreto legislativo, ad esclusione di quelli individuati al sottocapitolo 20.01, che sono oggetto di raccolta differenziata, e al sottocapitolo 20.02 di cui all’Allegato D alla Parte Quarta;

b) ‘impianto di incenerimento’: qualsiasi unita’ e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione, attraverso l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonche’ altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di incenerimento si intendono compresi: il sito e tutte le linee di incenerimento, nonche’ i luoghi di ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento, i luoghi di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile ausiliario e in aria di combustione, le caldaie, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e monitoraggio delle condizioni di incenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall’ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l’impianto di incenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di incenerimento;

c) ‘impianto di coincenerimento’: qualsiasi unita’ tecnica, fissa o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento, mediante ossidazione dei rifiuti, nonche’ altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di coincenerimento si intendono compresi: il sito e l’intero impianto, compresi le linee di coincenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell’aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di coincenerimento, le apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni di coincenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall’ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l’impianto di coincenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di coincenerimento. Se il coincenerimento dei rifiuti avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensi’ nel trattamento termico ai fini dello smaltimento dei rifiuti, l’impianto e’ considerato un impianto di incenerimento dei rifiuti ai sensi della lettera b);

d) ‘impianto di incenerimento e coincenerimento esistente’: un impianto autorizzato prima del 28 dicembre 2002, purche’ lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2003; ovvero un impianto per il quale la domanda di autorizzazione sia stata richiesta all’autorita’ competente entro il 28 dicembre 2002, purche’ lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2004;

e) ‘impianto di incenerimento e coincenerimento nuovo’: impianto diverso da quello ricadente nella definizione di impianto esistente;

f) ‘modifica sostanziale’: una modifica delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento di un’installazione o di un impianto di combustione, di un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti che potrebbe avere effetti negativi e significativi per la salute umana e per l’ambiente;

g) ‘camino’: una struttura contenente una o piu’ canne di scarico che forniscono un condotto attraverso il quale lo scarico gassoso viene disperso nell’atmosfera;

h) ‘capacita’ nominale’: la somma delle capacita’ di incenerimento dei forni che costituiscono un impianto di incenerimento o coincenerimento dei rifiuti, quali dichiarate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa in quantita’ di rifiuti che puo’ essere incenerita in un’ora, rapportata al potere calorifico dichiarato dei rifiuti;

l) ‘carico termico nominale’: la somma delle capacita’ di incenerimento dei forni che costituiscono l’impianto, quali dichiarate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa come prodotto tra la quantita’ oraria di rifiuti inceneriti ed il potere calorifico dichiarato dei rifiuti;

m) ‘ore operative’: il tempo, espresso in ore, durante cui un impianto di combustione, in tutto o in parte, e’ in funzione e scarica emissioni nell’atmosfera, esclusi i periodi di avvio o di arresto;

n) ‘emissione’: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’installazione, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua o nel suolo;

o) ‘valori limite di emissione’: la massa, espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione oppure il livello di un’emissione che non devono essere superati in uno o piu’ periodi di tempo;

p) ‘diossine e furani’: tutte le dibenzo-p-diossine e i dibenzofurani policlorurati di cui alla nota 1 alla lettera a), del punto 4, al paragrafo A dell’Allegato 1;

q) ‘gestore’: la persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, comma 1, lettera r-bis);

r) ‘residuo’: qualsiasi materiale liquido o solido, comprese le scorie e le ceneri pesanti, le ceneri volanti e la polvere di caldaia, i prodotti solidi di reazione derivanti dal trattamento del gas, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue, i catalizzatori esauriti e il carbone attivo esaurito, definito come rifiuto all’articolo 183, comma 1, lettera a), generato dal processo di incenerimento o di coincenerimento, dal trattamento degli effluenti gassosi o delle acque reflue o da altri processi all’interno dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento;

s) ‘biomassa’: per biomassa si intendono:

1) prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile per recuperarne il contenuto energetico;

2) i rifiuti seguenti:

2.1) rifiuti vegetali derivanti da attivita’ agricole e forestali;

2.2) rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l’energia termica generata e’ recuperata;

2.3) rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e di produzione di carta dalla pasta, se sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l’energia termica generata e’ recuperata;

2.4) rifiuti di sughero;

2.5) rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, ottenuti a seguito di un trattamento o di rivestimento inclusi in particolare i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione;

t) ‘autorizzazione’: la decisione o piu’ decisioni scritte, emanate dall’autorita’ competente ai fini di autorizzare la realizzazione e l’esercizio degli impianti di cui alle lettere b) e c), in conformita’ a quanto previsto nel presente titolo.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 quater     

(Ambito di applicazione ed esclusioni) (1).

Art. 237-quater

1. Il presente titolo si applica agli impianti di incenerimento e agli impianti di coincenerimento dei rifiuti solidi o liquidi. 2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente titolo:

a) gli impianti di gassificazione o di pirolisi, se i gas prodotti da siffatto trattamento termico dei rifiuti sono purificati in misura tale da non costituire piu’ rifiuti prima del loro incenerimento e da poter provocare emissioni non superiori a quelle derivanti dalla combustione di gas naturale;

b) gli impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti:

1) rifiuti di cui all’articolo 237-ter, comma 1, lettera s), numero 2);

2) rifiuti radioattivi;

3) rifiuti animali, come regolati dal regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano;

4) rifiuti derivanti dalla prospezione e dallo sfruttamento delle risorse petrolifere e di gas nelle installazioni offshore e inceneriti a bordo di queste ultime;

c) impianti sperimentali utilizzati a fini di ricerca, sviluppo e sperimentazione per migliorare il processo di incenerimento che trattano meno di 50 t di rifiuti all’anno.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 quinquies     

(Domanda di autorizzazione) (1).

Art. 237-quinquies

1. La realizzazione e l’esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti rientranti nell’ambito di applicazione del presente titolo devono essere autorizzati ai sensi delle seguenti disposizioni:

a) per gli impianti non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’articolo 6, comma 13, si applica l’articolo 208;

b) per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’articolo 6, comma 13 del presente decreto legislativo si applicano le disposizioni del Titolo III-bis della Parte Seconda.

2. La domanda per il rilascio dell’autorizzazione deve contenere in particolare una descrizione delle misure previste per garantire che siano rispettate le seguenti prescrizioni:

a) l’impianto e’ progettato e attrezzato e sara’ gestito e sottoposto a manutenzione in maniera conforme ai requisiti del presente titolo, tenendo conto delle categorie di rifiuti da incenerire o da coincenerire;

b) il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento e’ recuperato, per quanto praticabile, attraverso la produzione di calore, vapore o energia;

c) i residui sono ridotti al minimo in quantita’ e nocivita’ e riciclati ove opportuno;

d) lo smaltimento dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sara’ effettuato nel rispetto della Parte IV;

e) le tecniche di misurazione proposte per le emissioni negli effluenti gassosi e nelle acque di scarico sono conformi ai requisiti dell’Allegato 1, lettera C, e dell’Allegato 2, lettera C, al presente Titolo.

3. Per gli impianti di produzione di energia elettrica tramite coincenerimento, per cui il produttore fornisca documentazione atta a dimostrare che la producibilita’ imputabile a fonti rinnovabili, per il quinquennio successivo alla data prevista di entrata in esercizio dell’impianto, sia superiore al 50 per cento della producibilita’ complessiva di energia elettrica, si applica il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 sexies     

(Contenuto dell’autorizzazione) (1).

Art. 237-sexies

1. L’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento deve in ogni caso indicare esplicitamente:

a) un elenco di tutti i tipi di rifiuti che possono essere trattati nell’impianto, individuati mediante il riferimento ai relativi codici dell’elenco europeo dei rifiuti, nonche’ l’informazione sulla quantita’ di ciascun tipo di rifiuti autorizzati;

b) la capacita’ nominale e il carico termico nominale autorizzato dell’impianto;

c) i valori limite per le emissioni nell’atmosfera e nell’acqua per ogni singolo inquinante;

d) le procedure e la frequenza di campionamento e misurazione da utilizzare per rispettare le condizioni fissate per il controllo delle emissioni, nonche’ la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione;

e) il periodo massimo durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti o arresti tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione e di misurazione, le emissioni nell’atmosfera e gli scarichi di acque reflue possono superare i valori limite di emissione previsti;

f) i periodi massimi di tempo per l’avviamento e l’arresto durante il quale non vengono alimentati rifiuti come disposto all’articolo 237-octies, comma 11, del presente Titolo e conseguentemente esclusi dal periodo di effettivo funzionamento dell’impianto ai fini dell’applicazione dell’Allegato 1, paragrafo A, punto 5, e paragrafo C, punto 1;

g) le modalita’ e la frequenza dei controlli programmati per accertare il rispetto delle condizioni e delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione medesima, da effettuarsi, ove non diversamente disposto, da parte delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, con oneri a carico del gestore;

h) il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell’impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all’autorita’ competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L’autorizzazione stabilisce altresi’ la data entro cui devono essere comunicati all’autorita’ competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonche’ il numero dei campionamenti da realizzare.

2. In aggiunta alle prescrizioni di cui al comma 1, l’autorizzazione rilasciata per un impianto di incenerimento e di coincenerimento che utilizza rifiuti pericolosi contiene:

a) un elenco delle quantita’ ed i poteri calorifici inferiori minimi e massimi delle diverse tipologie di rifiuti pericolosi che possono essere trattati nell’impianto;

b) i flussi di massa minimi e massimi di tali rifiuti pericolosi, i loro valori calorifici minimi e massimi e il loro contenuto massimo di policlorobifenile, pentaclorofenolo, cloro, fluoro, zolfo, metalli pesanti e altre sostanze inquinanti.

3. Per quanto concerne il coincenerimento dei propri rifiuti nel luogo di produzione in caldaie a corteccia utilizzate nelle industrie della pasta di legno e della carta, l’autorizzazione e’ subordinata almeno alle seguenti condizioni:

a) devono essere adottate tecniche tali da assicurare il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell’Allegato 2, paragrafo A, per il carbonio organico totale;

b) le condizioni d’esercizio autorizzate non devono dare luogo ad una maggior quantita’ di residui o a residui con un piu’ elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili applicando le prescrizioni di cui al presente articolo.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 septies     

(Consegna e ricezione dei rifiuti) (1).

Art. 237-septies

1. Il gestore dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento adotta tutte le precauzioni necessarie riguardo alla consegna e alla ricezione dei rifiuti per evitare o limitare per quanto praticabile gli effetti negativi sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee nonche’ altri effetti negativi sull’ambiente, odori e rumore e i rischi diretti per la salute umana. Tali misure devono soddisfare almeno le prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 5.

2. Prima dell’accettazione dei rifiuti nell’impianto di incenerimento o di coincenerimento, il gestore determina la massa di ciascun tipo di rifiuti, possibilmente individuati in base all’elenco europeo dei rifiuti.

3. Prima dell’accettazione dei rifiuti pericolosi nell’impianto di incenerimento o nell’impianto di coincenerimento, il gestore raccoglie informazioni sui rifiuti al fine di verificare l’osservanza dei requisiti previsti dall’autorizzazione, in particolare quelli di cui all’articolo 237-sexies.

4. Le informazioni di cui al comma 3 comprendono quanto segue:

a) tutti i dati di carattere amministrativo sul processo produttivo contenuti nei documenti di cui al comma 5, lettera a);

b) la composizione fisica e, se possibile, chimica dei rifiuti e tutte le altre informazioni necessarie per valutarne l’idoneita’ ai fini del previsto processo di incenerimento e coincenerimento;

c) le caratteristiche di pericolosita’ dei rifiuti, le sostanze con le quali non possono essere mescolati e le precauzioni da adottare nella manipolazione dei rifiuti.

5. Prima dell’accettazione dei rifiuti pericolosi nell’impianto di incenerimento o di coincenerimento il gestore applica almeno le seguenti procedure:

a) controllo dei documenti prescritti ai sensi della Parte Quarta, e, se del caso, di quelli prescritti dal regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alla spedizione di rifiuti e dalla legislazione in materia di trasporto di merci pericolose;

b) ad esclusione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo e di eventuali altri rifiuti individuati dall’autorita’ competente, per i quali il campionamento risulti inopportuno, devono essere prelevati campioni rappresentativi. Questa operazione va effettuata, per quanto possibile, prima del conferimento nell’impianto, per verificarne mediante controlli la conformita’ all’autorizzazione nonche’ alle informazioni di cui ai commi 3 e 4, e per consentire alle autorita’ competenti di identificare la natura dei rifiuti trattati. I campioni sono conservati per almeno un mese dopo l’incenerimento o il coincenerimento dei rifiuti da cui sono stati prelevati.

6. L’autorita’ competente, in sede di autorizzazione, puo’ concedere deroghe ai commi 2, 3 4 e 5, lettera a), per gli impianti di incenerimento o di coincenerimento che sono parte di un’installazione di cui al Titolo III-bis della Parte Seconda a condizione che inceneriscano o coinceneriscano esclusivamente i propri rifiuti, nel luogo in cui gli stessi sono stati prodotti, e che venga garantito il rispetto delle previsioni del presente titolo, anche mediante la prescrizione di misure specifiche che tengano conto delle masse e delle categorie di tali rifiuti.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 octies     

(Condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento) (1).

Art. 237-octies

1. Nell’esercizio dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere adottate tutte le misure affinche’ le attrezzature utilizzate per la ricezione, gli stoccaggi, i pretrattamenti e la movimentazione dei rifiuti, nonche’ per la movimentazione o lo stoccaggio dei residui prodotti, siano progettate e gestite in modo da ridurre le emissioni e gli odori, secondo le migliori tecniche disponibili.

2. Gli impianti di incenerimento devono essere gestiti in modo da ottenere il piu’ completo livello di incenerimento possibile, adottando, se necessario, adeguate tecniche di pretrattamento dei rifiuti. Le scorie e le ceneri pesanti prodotte dal processo di incenerimento non possono presentare un tenore di incombusti totali, misurato come carbonio organico totale, di seguito denominato TOC, superiore al 3 per cento in peso, o una perdita per ignizione superiore al 5 per cento in peso sul secco.

3. Gli impianti di incenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale che, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, i gas prodotti dal processo di incenerimento siano portati, in modo controllato ed omogeneo, anche nelle condizioni piu’ sfavorevoli, ad una temperatura di almeno 850° C per almeno due secondi. Tale temperatura e’ misurata in prossimita’ della parete interna della camera di combustione, o in un altro punto rappresentativo della camera di combustione indicato dall’autorita’ competente.

4. Gli impianti di coincenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale che i gas prodotti dal coincenerimento dei rifiuti siano portati, in modo controllato ed omogeneo, anche nelle condizioni piu’ sfavorevoli previste, ad una temperatura di almeno 850°C per almeno due secondi.

5. Se vengono inceneriti e coinceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1 per cento di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura necessaria per osservare il disposto del secondo e terzo comma e’ pari ad almeno 1100°C per almeno due secondi.

6. Ciascuna linea dell’impianto di incenerimento deve essere dotata di almeno un bruciatore ausiliario da utilizzare, nelle fasi di avviamento e di arresto dell’impianto, per garantire l’innalzamento ed il mantenimento della temperatura minima stabilita ai sensi dei commi 3 e 5 e all’articolo 237-nonies, durante tali operazioni e fintantoche’ vi siano rifiuti nella camera di combustione. Tale bruciatore deve entrare in funzione automaticamente in modo da evitare, anche nelle condizioni piu’ sfavorevoli, che la temperatura dei gas di combustione, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, scenda al di sotto delle temperature minima stabilite ai commi 3 e 5 e all’articolo 237-nonies, fino a quando vi e’ combustione di rifiuto. Il bruciatore ausiliario non deve essere alimentato con combustibili che possano causare emissioni superiori a quelle derivanti dalla combustione di gasolio, gas liquefatto e gas naturale.

7. Prima dell’inizio delle operazioni di incenerimento o coincenerimento, l’autorita’ competente verifica che l’impianto sia conforme alle prescrizioni alle quali e’ stato subordinato il rilascio dell’autorizzazione. I costi di tale verifica sono a carico del titolare dell’impianto. L’esito della verifica non comporta in alcun modo una minore responsabilita’ per il gestore.

8. Qualora l’autorita’ competente non provvede alla verifica di cui al comma precedente entro trenta giorni dalla ricezione della relativa richiesta, il titolare puo’ dare incarico ad un soggetto abilitato di accertare che l’impianto soddisfa le condizioni e le prescrizioni alle quali e’ stato subordinato il rilascio dell’autorizzazione. L’esito dell’accertamento e’ fatto pervenire all’autorita’ competente e, se positivo, trascorsi quindici giorni, consente l’attivazione dell’impianto.

9. Al fine di ridurre l’impatto dei trasporti di rifiuti destinati agli impianti di incenerimento in fase progettuale puo’ essere prevista la realizzazione di appositi collegamenti ferroviari con oneri a carico dei soggetti gestori di impianti. L’approvazione di tale elemento progettuale nell’ambito della procedura di autorizzazione, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilita’, urgenza ed indifferibilita’ dei lavori.

10. La dismissione degli impianti deve avvenire nelle condizioni di massima sicurezza ed il sito deve essere bonificato e ripristinato ai sensi della normativa vigente.

11. Gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono dotati di un sistema automatico per impedire l’alimentazione di rifiuti in camera di combustione nei seguenti casi:

a) all’avviamento, finche’ non sia raggiunta la temperatura minima stabilita ai commi 3, 4 e 5 e la temperatura prescritta ai sensi dell’articolo 237-nonies;

b) qualora la temperatura nella camera di combustione scenda al di sotto di quella minima stabilita ai sensi dei commi 3, 4 e 5, oppure della temperatura prescritta ai sensi dell’articolo 237-nonies;

c) qualora le misurazioni in continuo degli inquinanti negli effluenti indichino il superamento di uno qualsiasi dei valori limite di emissione, a causa del cattivo funzionamento o di un guasto dei dispositivi di depurazione degli scarichi gassosi.

12. Il calore generato durante il processo di incenerimento o coincenerimento e’ recuperato per quanto tecnicamente possibile.

13. I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono introdotti direttamente nel forno di incenerimento senza prima essere mescolati con altre categorie di rifiuti e senza manipolazione diretta.

14. La gestione operativa degli impianti di incenerimento o di coincenerimento dei rifiuti deve essere affidata a persone fisiche tecnicamente competenti.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 nonies     

(Modifica delle condizioni di esercizio e modifica sostanziale dell’attivita’) (1).

Art. 237-nonies

1. Per determinate categorie di rifiuti o determinati processi termici, l’autorita’ competente puo’, in sede di autorizzazione, prevedere espressamente l’applicazione di prescrizioni diverse da quelle riportate ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 237-octies, nonche’, per quanto riguarda la temperatura, di cui al comma 11 dell’articolo 237-octies, purche’ nell’impianto di incenerimento e di coincenerimento siano adottate tecniche tali da assicurare:

a) il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell’Allegato 1, parte A, per l’incenerimento e Allegato 2, parte A, per il coincenerimento;

b) che le condizioni d’esercizio autorizzate non diano luogo ad una maggior quantita’ di residui o a residui con un piu’ elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili applicando le prescrizioni di cui all’articolo 237-octies.

2. Le autorita’ competenti comunicano Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare tutte le condizioni di esercizio autorizzate ai sensi del presente articolo e i risultati delle verifiche effettuate anche alla luce delle relazioni annuali di cui all’articolo 237-septiesdecies. Il Ministero provvede a comunicare alla Commissione europea le informazioni ricevute nell’ambito delle relazioni di cui all’articolo 29-terdecies.

3. Se un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti tratta esclusivamente rifiuti non pericolosi, la modifica dell’attivita’ che comporti l’incenerimento o il coincenerimento di rifiuti pericolosi e’ considerata sostanziale.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 decies     

(Coincenerimento di olii usati) (1).

Art. 237-decies

1. E’ vietato il coincenerimento di oli usati contenenti PCB/PCT e loro miscele in misura eccedente le 50 parti per milione. Tale divieto deve essere espressamente menzionato nell’autorizzazione concessa dall’autorita’ competente ad impianti di coincenerimento che utilizzano rifiuti pericolosi.

2. Il coincenerimento di olii usati, fermo restando il divieto di cui al comma 1, e’ autorizzato secondo le disposizioni del presente titolo, a condizione che siano rispettate le seguenti ulteriori prescrizioni:

a) gli oli usati come definiti all’articolo 183, comma 1, lettera c), siano conformi ai seguenti requisiti:

1) la quantita’ di policlorodifenili (PCB) di cui al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, e successive modificazioni, e degli idrocarburi policlorurati presenti concentrazioni non superiori a 50 ppm;

2) questi rifiuti non siano resi pericolosi dal fatto di contenere altri costituenti elencati nell’Allegato D alla Parte Quarta, in quantita’ o concentrazioni incompatibili con gli obiettivi previsti dall’articolo 177, comma 4;

3) il potere calorifico inferiore sia almeno 30 MJ per chilogrammo;

b) la potenza termica nominale della singola apparecchiatura dell’impianto in cui sono alimentati gli oli usati come combustibile sia pari o superiore a 6 MW.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 undecies     

(Coincenerimento di rifiuti animali rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1069/2009/UE) (1).

Art. 237-undecies

1. Il coincenerimento dei prodotti trasformati derivanti da materiali di categoria 1, 2 e 3 di cui al regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, e’ autorizzato secondo le disposizioni degli articoli 237-quinquies e 237-sexies, a condizione che siano rispettati i requisiti, le modalita’ di esercizio e le prescrizioni di cui all’Allegato 3.

2. La domanda per il rilascio delle autorizzazioni e’ inviata anche alla Azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente.

3. Nella documentazione di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, e nel Modello unico di dichiarazione ambientale, di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, e successive modificazioni, deve essere indicato, nella parte relativa all’individuazione e classificazione dei rifiuti di cui al presente articolo, il codice dell’Elenco europeo dei rifiuti; 020203 ‘Scarti inutilizzabili per il consumo e la trasformazione’.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 duodecies     

(Emissione in atmosfera) (1).

Art. 237-duodecies

1. Gli effluenti gassosi degli impianti di incenerimento e coincenerimento devono essere emessi in modo controllato attraverso un camino di altezza adeguata e con velocita’ e contenuto entalpico tale da favorire una buona dispersione degli effluenti al fine di salvaguardare la salute umana e l’ambiente, con particolare riferimento alla normativa relativa alla qualita’ dell’aria.

2. Gli impianti di incenerimento dei rifiuti e gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo che le emissioni nell’atmosfera non superano i valori limite di emissione di cui rispettivamente all’Allegato I, paragrafo A, e all’Allegato 2, paragrafo A, al presente Titolo.

3. Qualora il calore liberato dal coincenerimento di rifiuti pericolosi sia superiore al 40 per cento del calore totale liberato nell’impianto, o qualora l’impianto coincenerisca rifiuti urbani misti non trattati, i valori limite di emissione sono quelli fissati all’Allegato 1, paragrafo A, al presente Titolo e conseguentemente non si applica la formula di miscelazione di cui all’Allegato 2, paragrafo A.

4. I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l’osservanza dei valori limite di emissione di cui al comma 1, sono normalizzati alle condizioni descritte all’Allegato 1, lettera B, al presente Titolo. Il controllo delle emissioni e’ effettuato conformemente al punto C dell’Allegato 1 e punto C dell’Allegato 2.

5. I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l’osservanza dei valori limite di emissione di cui al comma 2, sono normalizzati alle condizioni descritte all’Allegato 2, lettera B, al presente Titolo.

6. L’installazione e il funzionamento dei sistemi di misurazione automatici sono sottoposti a controllo e test annuale di verifica come prescritto al punto C dell’Allegato 1 e al punto C dell’Allegato 2 al presente Titolo.

7. Nel caso di coincerimento dei rifiuti urbani misti non trattati, i valori limite di emissione sono quelli fissati all’Allegato 1, paragrafo A.

8. In sede di autorizzazione, l’autorita’ competente valuta la possibilita’ di concedere specifiche deroghe previste agli Allegati 1 e 2, nel rispetto delle norme di qualita’ ambientale, e, ove ne ricorra la fattispecie, delle disposizioni del Titolo III-bis della Parte seconda.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 terdecies     

(Scarico di acque reflue) (1).

Art. 237-terdecies

1. Lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto di incenerimento o di coincenerimento e’ limitata per quanto possibile e comunque disciplinato dall’autorizzazione di cui all’articolo 237-sexies.

2. Le acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto di incenerimento o di coincenerimento sono soggette all’autorizzazione rilasciata dall’autorita’ competente ai sensi del Titolo III-bis.

3. La domanda di autorizzazione, ove preveda lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione di effluenti gassosi, deve essere accompagnata dall’indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico; della quantita’ di acqua da prelevare nell’anno solare, del corpo ricettore e del punto previsto per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema complessivo di scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dell’eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi ove richiesto, dall’indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico, nonche’ dall’indicazione dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione di cui al comma 3.

4. L’autorizzazione di cui all’articolo 237-sexies, con riferimento allo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione di effluenti gassosi, stabilisce:

a) i valori limite di emissione per gli inquinanti di cui al punto D dell’Allegato I al presente Titolo;

b) i parametri di controllo operativo per le acque reflue almeno relativamente al pH, alla temperatura e alla portata;

c) le prescrizioni riguardanti le misurazioni ai fini della sorveglianza degli scarichi come frequenza delle misurazioni della massa degli inquinanti delle acque reflue trattate, nonche’ la localizzazione dei punti di campionamento o di misurazione;

d) prescrizioni tecniche in funzione del raggiungimento dell’obiettivo di qualita’ dei corpi idrici ricettori individuati ai sensi dell’articolo 76 e successivi;

e) le eventuali ulteriori prescrizioni volte a garantire che gli scarichi siano effettuati in conformita’ alle disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo recettore, per la salute pubblica e l’ambiente.

5. Lo scarico in acque superficiali di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi deve rispettare almeno i valori di emissioni previsti all’Allegato 1, paragrafo D. E’ vietato lo scarico sul suolo, sottosuolo e nelle acque sotterranee.

6. Le acque reflue provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi devono essere separate dalle acque di raffreddamento e dalle acque di prima pioggia rispettando i valori limite di emissione di cui alla Tabella 5 dell’Allegato V alla Parte Terza, a pie’ di impianto di trattamento.

7. Qualora le acque reflue provenienti dalla depurazione dei gas di scarico siano trattate congiuntamente ad acque reflue provenienti da altre fonti, le misurazioni devono essere effettuate:

a) sul flusso delle acque reflue provenienti dai processi di depurazione degli effluenti gassosi prima dell’immissione nell’impianto di trattamento collettivo delle acque reflue;

b) sugli altri flussi di acque reflue prima dell’immissione nell’impianto di trattamento collettivo delle acque reflue;

c) dopo il trattamento, al punto di scarico finale delle acque reflue.

8. Al fine di verificare l’osservanza dei valori limite di emissione stabiliti all’Allegato I, paragrafo D, per il flusso di acque reflue provenienti dal processo di depurazione degli effluenti gassosi, sono effettuati gli opportuni calcoli di bilancio di massa per stabilire i livelli di emissione che, nello scarico finale delle acque reflue, possono essere attribuiti alla depurazione degli effluenti gassosi dell’impianto di coincenerimento.

9. I valori limite di emissione si applicano nel punto in cui le acque reflue, provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi sono evacuate dall’impianto di incenerimento dei rifiuti o dall’impianto di incenerimento dei rifiuti o dall’impianto di coincenerimento dei rifiuti.

10. I valori limite non possono essere in alcun caso conseguiti mediante diluizione delle acque reflue.

11. Fermo restando il divieto di scarico o di immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee, ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le acque meteoriche di dilavamento, le acque di prima pioggia e di lavaggio, le acque contaminate derivanti da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi delle aree esterne devono essere convogliate ed opportunamente trattate, ai sensi della Parte III del presente decreto legislativo.

12. Devono essere adottate le misure necessarie volte all’eliminazione ed alla riduzione dei consumi, nonche’ ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo di acqua reflua o gia’ usata nel ciclo produttivo come l’acqua di raffreddamento, anche mediante le migliori tecnologie disponibili ai sensi della Parte Terza.

13. Qualora le acque reflue provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi siano trattate al di fuori dell’impianto di incenerimento dei rifiuti o dell’impianto di coincenerimento dei rifiuti in un impianto di trattamento destinato esclusivamente al trattamento di questo tipo di acque reflue, i valori limite di emissione di cui alla tabella dell’Allegato 1, lettera D, si applicano al punto in cui le acque reflue fuoriescono dall’impianto di trattamento.

14. Il sito dell’impianto di incenerimento dei rifiuti e il sito dell’impianto di coincenerimento dei rifiuti, ivi comprese le aree di stoccaggio dei rifiuti, e’ progettato e gestito in modo da evitare l’immissione non autorizzata e accidentale di qualsiasi inquinante nel suolo, nelle acque superficiali e nelle acque sotterranee.

15. E’ prevista una capacita’ di stoccaggio per le acque piovane contaminate che defluiscano dal sito dell’impianto di incenerimento dei rifiuti o dal sito dell’impianto di coincenerimento o per l’acqua contaminata derivante da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi. La capacita’ di stoccaggio deve essere sufficiente per garantire che tali acque possano, se necessario, essere analizzate e, se necessario, trattate prima dello scarico.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 quaterdecies     

Campionamento ed analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento e di coincenerimento (1)

Art. 237-quattuordecies

1. I metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni in atmosfera, nonche’ le procedure di acquisizione, validazione, elaborazione ed archiviazione dei dati, sono fissati ed aggiornati ai sensi della lettera C dell’Allegato 1 e della lettera C dell’Allegato 2 al presente Titolo, per quanto non previsto all’Allegato VI alla Parte Quinta.

2. I valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e coincenerimento si intendono rispettati se conformi rispettivamente a quanto previsto all’Allegato 1, paragrafo C, punto 1, e all’Allegato 2, paragrafo C, punto 1.

3. Negli impianti di incenerimento e in quelli di coincenerimento devono essere misurate e registrate in continuo nell’effluente gassoso le concentrazioni di CO, NOx, SO2, polveri totali, TOC, HCl, HF e NH3. L’autorita’ competente puo’ autorizzare che le misurazioni in continuo siano sostituite da misurazioni periodiche di HCl, HF ed SO2, se il gestore dimostra che le emissioni di tali inquinanti non possono in nessun caso essere superiori ai valori limite di emissione stabiliti. La misurazione in continuo di acido fluoridrico (HF) puo’ essere sostituita da misurazioni periodiche se l’impianto adotta sistemi di trattamento dell’acido cloridrico (HCl) nell’effluente gassoso che garantiscano il rispetto del valore limite di emissione relativo a tale sostanza.

4. L’autorita’ competente puo’ decidere di non imporre misurazioni in continuo per NOx e puo’ prescrivere le misurazioni periodiche stabilite al comma 5, negli impianti esistenti di incenerimento o coincenerimento dei rifiuti aventi capacita’ nominale inferiore a 6t/ora se il gestore puo’ dimostare, sulla base di informazioni relative alla qualita’ dei rifiuti in questione, delle tecnologie utilizzate e dei risultati del monitoraggio delle emissioni, che in nessuna circostanza le emissioni di NOx possono essere superiori al valore limite di emissione prescritto.

5. Devono inoltre essere misurati e registrati in continuo il tenore volumetrico di ossigeno, la temperatura, la pressione, il tenore di vapore acqueo e la portata volumetrica nell’effluente gassoso. La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo non e’ richiesta se l’effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell’analisi.

6. Deve essere inoltre misurata e registrata in continuo la temperatura dei gas vicino alla parete interna o in altro punto rappresentativo della camera di combustione, secondo quanto autorizzato dall’autorita’ competente.

7. Devono essere misurate con cadenza almeno quadrimestrale le sostanze di cui all’Allegato 1, paragrafo A, punti 3 e 4, nonche’ gli altri inquinanti, di cui al precedente comma 2, per i quali l’autorita’ competente abbia prescritto misurazioni periodiche; per i primi dodici mesi di funzionamento dell’impianto, le predette sostanze devono essere misurate almeno ogni tre mesi.

8. All’atto della messa in esercizio dell’impianto, e successivamente su motivata richiesta dell’autorita’ competente, devono essere controllati nelle piu’ gravose condizioni di funzionamento i seguenti parametri relativi ai gas prodotti, individuati agli articoli 237-octies e 237-nonies:

a) tempo di permanenza;

b) temperatura minima;

c) tenore di ossigeno.

9. Gli impianti di coincenerimento devono assicurare inoltre la misurazione e registrazione della quantita’ di rifiuti e di combustibile alimentato a ciascun forno o altra apparecchiatura.

10. Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati all’autorita’ competente in modo da consentirle di verificare l’osservanza delle condizioni di funzionamento previste e dei valori limite di emissione stabiliti nell’autorizzazione, secondo le procedure fissate dall’autorita’ che ha rilasciato la stessa.

11. Qualora dalle misurazioni eseguite risulti che i valori limite di emissione in atmosfera stabiliti dal presente articolo sono superati, il gestore provvede a informarne senza indugio l’autorita’ competente e l’agenzia regionale o provinciale per la protezione dell’ambiente, fermo restando quanto previsto all’articolo 237-octiesdecies.

12. La corretta installazione ed il funzionamento dei dispositivi automatici di misurazione delle emissioni gassose sono sottoposti a controllo da parte dell’autorita’ competente al rilascio dell’autorizzazione. La taratura di detti dispositivi deve essere verificata, con metodo parallelo di riferimento, con cadenza almeno triennale.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 quinquiesdecies     

Controllo e sorveglianza delle emissioni nei corpi idrici (1)

Art. 237-quinquiesdecies

1. Fermo restando quanto previsto all’articolo 237-terdecies, ai fini della sorveglianza su parametri, condizioni e concentrazioni di massa inerenti al processo di incenerimento o di coincenerimento sono utilizzate tecniche di misurazione e sono installate le relative attrezzature.

2. Le misurazioni delle emissioni negli ambienti idrici effettuate al punto di scarico delle acque reflue, devono essere eseguite in conformita’ a quanto previsto all’Allegato 1, paragrafo E, punto 1.

3. I valori limite di emissione si considerano rispettati se conformi a quanto previsto all’Allegato 1, paragrafo E, punto 2.

4. Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati all’autorita’ competente in modo da consentirle di verificare l’osservanza delle condizioni di funzionamento previste e dei valori limite di emissione stabiliti nell’autorizzazione, secondo le procedure fissate dall’autorita’ che ha rilasciato la stessa.

5. Qualora dalle misurazioni eseguite risulti che i valori limite di emissione negli ambienti idrici sono superati si provvede ad informare tempestivamente l’autorita’ competente e l’agenzia regionale o provinciale per la protezione dell’ambiente, fermo restando quanto previsto all’articolo 237-septiesdecies.

6. La corretta installazione ed il funzionamento dei dispositivi automatici di misurazione degli scarichi idrici sono sottoposti a controllo da parte dell’autorita’ competente al rilascio dell’autorizzazione. La taratura di detti dispositivi deve essere verificata, con metodo parallelo di riferimento, con cadenza almeno triennale.

7. Il campionamento, la conservazione, il trasporto e le determinazioni analitiche, ai fini dei controlli e della sorveglianza, devono essere eseguiti secondo le metodiche APAT.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 sexiesdecies     

Residui (1)

Art. 237-sexiesdecies

1. La quantita’ e la pericolosita’ dei residui prodotti durante il funzionamento dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere ridotte al minimo: I residui sono riciclati in conformita’ alla Parte IV del presente decreto legislativo, quando appropriato, direttamente nell’impianto o al di fuori di esso. I residui che non possono essere riciclati devono essere smaltiti in conformita’ alle norme del presente decreto legislativo.

2. Il trasporto e lo stoccaggio intermedio di residui secchi sotto forma di polveri devono essere effettuati in modo tale da evitare la dispersione nell’ambiente di tali residui, ad esempio mediante l’utilizzo di contenitori chiusi.

3. Preliminarmente al riciclaggio o smaltimento dei residui prodotti dall’impianto di incenerimento o di coincenerimento, devono essere effettuate opportune analisi per stabilire le caratteristiche fisiche e chimiche, nonche’ il potenziale inquinante dei vari residui. L’analisi deve riguardare in particolare l’intera frazione solubile e la frazione solubile dei metalli pesanti.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 septiesdecies     

Obblighi di comunicazione, informazione, accesso e partecipazione (1)

Art. 237-septiesdecies

1. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, integra la relazione di cui all’articolo 29-terdecies, comma 2 con i dati concernenti l’applicazione del presente titolo, anche avvalendosi delle informazioni ricevute dai gestori degli impianti di incenerimento e coincenerimento di cui al successivo comma 5.

2. Al fine di garantire al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la base informativa necessaria all’attuazione del comma 1, le autorita’ competenti integrano la comunicazione periodica trasmessa ai sensi dell’articolo 29-terdecies, comma 1, con le informazioni relative all’applicazione del presente titolo, secondo le indicazioni fornite del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

3. Le autorizzazioni alla realizzazione e all’esercizio degli impianti di incenerimento o di coincenerimento sono rilasciate solo dopo aver garantito l’accesso alle informazioni ai sensi di quanto disposto dalla normativa di settore.

4. Fatto salvo il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, e, esclusi i casi in cui si applicano le disposizioni in materia di informazione del pubblico previste al Titolo III-bis della Parte Seconda, le domande di autorizzazione e rinnovo per impianti di incenerimento e di coincenerimento sono rese accessibili al pubblico in uno o piu’ luoghi aperti al pubblico, e comunque presso la sede del comune territorialmente competente, per un periodo di tempo adeguato e comunque non inferiore a trenta giorni, affinche’ chiunque possa esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorita’ competente. La decisione dell’autorita’ competente, l’autorizzazione e qualsiasi suo successivo aggiornamento sono rese accessibili al pubblico con le medesime modalita’.

5. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento aventi una capacita’ nominale di due o piu’ Mg l’ora, entro il 30 aprile dell’anno successivo, il gestore predispone una relazione annuale relativa al funzionamento ed alla sorveglianza dell’impianto che dovra’ essere trasmessa all’autorita’ competente che la rende accessibile al pubblico con le modalita’ di cui al comma 4. Tale relazione fornisce, come requisito minimo, informazioni in merito all’andamento del processo e delle emissioni nell’atmosfera e nell’acqua rispetto alle norme di emissione previste dal presente titolo.

6. L’autorita’ competente redige un elenco, accessibile al pubblico, degli impianti di incenerimento e coincenerimento aventi una capacita’ nominale inferiore a due tonnellate l’ora.

7. Copia delle autorizzazioni rilasciate, nonche’ della relazione di cui al comma 4 e degli elenchi di cui al comma 5 sono trasmesse, per le finalita’ di cui al comma 1 al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e all’ Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 duodevicies     

Condizioni anomale di funzionamento (1)

Art. 237-octiesdecies

1. L’autorita’ competente stabilisce nell’autorizzazione il periodo massimo di tempo durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti o arresti tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione e di misurazione, le concentrazioni delle sostanze regolamentate presenti nelle emissioni in atmosfera e nelle acque reflue depurate possono superare i valori limite di emissione autorizzati.

2. Nei casi di guasto, il gestore riduce o arresta l’attivita’ appena possibile, finche’ sia ristabilito il normale funzionamento.

3. Fatto salvo l’articolo 237-octies, comma 11, lettera c), per nessun motivo, in caso di superamento dei valori limite di emissione, l’impianto di incenerimento o di coincenerimento o la linea di incenerimento puo’ continuare ad incenerire rifiuti per piu’ di quattro ore consecutive. La durata cumulativa del funzionamento in tali condizioni in un anno deve essere inferiore a sessanta ore. La durata di sessanta ore si applica alle linee dell’intero impianto che sono collegate allo stesso dispositivo di abbattimento degli inquinanti dei gas di combustione.

4. Per gli impianti di incenerimento, nei casi di cui al comma 1 e di cui al comma 2 qualora il gestore decide di ridurre l’attivita’, il tenore totale di polvere delle emissioni nell’atmosfera non deve in nessun caso superare i 150 mg/m3, espressi come media su 30 minuti. Non possono essere superati i valori limite relativi alle emissioni nell’atmosfera di TOC e CO di cui all’Allegato 1, lettera A, punto 2 e 5, lettera b). Devono inoltre essere rispettate tutte le altre prescrizioni di cui agli articoli 237-octies e 237-nonies.

5. Non appena si verificano le condizioni anomale di cui ai commi 1 e 2, il gestore ne da’ comunicazione nel piu’ breve tempo possibile all’autorita’ di controllo. Analoga comunicazione viene data non appena e’ ripristinata la completa funzionalita’ dell’impianto.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 undevicies     

Incidenti o inconvenienti (1)

Art. 237-noviesdecies

1. Fatte salve le disposizioni della Parte sesta, di attuazione della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, sulla responsabilita’ ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale e esclusi i casi disciplinati all’articolo 29-undecies, in caso di incidenti o inconvenienti che incidano in modo significativo sull’ambiente, il gestore:

a) deve informare immediatamente le Regioni, le Province e i Comuni territorialmente competenti;

b) deve adottare immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.

2. Ai fini del comma 1, le Regioni e le Province territorialmente competenti, diffidano il gestore ad adottare ogni misura complementare appropriata e necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 vicies     

Accessi ed ispezioni (1)

Art. 237-vicies

1. I soggetti incaricati dei controlli sono autorizzati ad accedere in ogni tempo presso gli impianti di incenerimento e coincenerimento per effettuare le ispezioni, i controlli, i prelievi e i campionamenti necessari all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione in atmosfera e in ambienti idrici, nonche’ del rispetto delle prescrizioni relative alla ricezione, allo stoccaggio dei rifiuti e dei residui, ai pretrattamenti e alla movimentazione dei rifiuti e delle altre prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e di tutte le altre prescrizioni contenute nel presente decreto.

2. Il proprietario o il gestore degli impianti sono tenuti a fornire tutte le informazioni, dati e documenti richiesti dai soggetti di cui al comma 1, necessari per l’espletamento delle loro funzioni, ed a consentire l’accesso all’intero impianto.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 vicies semel     

Spese (1)

Art. 237-unvicies

1. Le spese relative alle ispezioni e ai controlli, in applicazione delle disposizioni del presente Titolo, nonche’ quelle relative all’espletamento dell’istruttoria per il rilascio dell’autorizzazione e per la verifica degli impianti sono a carico del titolare dell’autorizzazione, sulla base del costo effettivo del servizio, secondo tariffe e modalita’ di versamento da determinarsi, salvi i casi disciplinati dalla Parte seconda del presente decreto, con disposizioni regionali.

2. Fatto salvo il comma 1, le attivita’ e le misure previste rientrano nell’ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni e degli enti interessati, cui si fa fronte con le risorse di bilancio allo scopo destinate a legislazione vigente.

3. Dall’attuazione del presente titolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO III-BIS

TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1)

(1) Titolo inserito dall’articolo15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

     Articolo 237 vicies bis     

Disposizioni transitorie e finali (1)

Art. 237-duovicies

1. Gli impianti esistenti si adeguano alle disposizioni del presente Titolo entro il 10 gennaio 2016.

2. Per gli impianti esistenti, fermo restando l’obbligo a carico del gestore di adeguamento previsto al comma 1, l’autorita’ competente al rilascio dell’autorizzazione provvede all’aggiornamento della stessa secondo le norme regolamentari e tecniche stabilite dal presente decreto, in occasione del primo rinnovo, rilascio o riesame dell’autorizzazione ambientale, successivo alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

3. Per gli impianti esistenti che effettuano coincenerimento di rifiuti non pericolosi secondo le procedure semplificate di cui al Capo V, del Titolo I alla Parte Quarta per i quali si effettui il rinnovo della comunicazione prevista articoli dal predetto Capo V, resta fermo l’obbligo di adeguamento, a carico del gestore, previsto al comma 1.

4. Agli impianti di coincenerimento non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, con l’esclusione degli impianti che utilizzano rifiuti pericolosi, possono essere applicate le procedure semplificate di cui al Capo V, del Titolo I della Parte quarta. L’ammissione delle attivita’ di coincenerimento dei rifiuti alle procedure semplificate e’ subordinata alla comunicazione di inizio di attivita’ che dovra’ comprendere, oltre a quanto previsto agli articoli 237-quinquies, comma 2, e 237-sexies, comma 1, la relazione prevista all’articolo 215, comma 3. Per l’avvio dell’attivita’ di coincenerimento dei rifiuti la regione chiede la prestazione di adeguata garanzia finanziaria a suo favore nella misura definita dalla regione stessa e proporzionata alla capacita’ massima di coincenerimento dei rifiuti. L’avvio delle attivita’ e’ subordinato all’effettuazione di una ispezione preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla data di presentazione della predetta comunicazione. Le ispezioni successive, da effettuarsi almeno una volta l’anno, accertano:

a) la tipologia e la quantita’ dei rifiuti sottoposti alle operazioni di coincenerimento;

b) la conformita’ delle attivita’ di coincenerimento a quanto previsto agli articoli 214 e 215, e relative norme di attuazione.

5. Nel caso in cui la provincia competente per territorio, a seguito delle ispezioni previste al comma 4, accerta la violazione delle disposizioni stabilite al comma stesso, vieta, previa diffida e fissazione di un termine per adempiere, l’inizio ovvero la prosecuzione dell’attivita’, salvo che il titolare dell’impianto non provveda, entro il termine stabilito, a conformare detta attivita’ alla normativa vigente.

6. Nelle more del rilascio delle autorizzazioni di cui ai commi 2 e 3, i gestori continuano ad operare sulla base del titolo autorizzatorio precedentemente posseduto.

7. Con riguardo agli impianti autorizzati ai sensi dell’articolo 208, nel caso in cui il titolo autorizzatorio di cui al comma 6 non preveda un rinnovo periodico entro il 10 gennaio 2015, entro tale data i gestori degli impianti di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti esistenti presentano comunque all’autorita’ competente una richiesta di rinnovo del titolo autorizzatorio ai fini dell’adeguamento di cui al comma 1.

8. Per il recepimento di normative tecniche comunitarie di modifica degli allegati al presente Titolo si provvede con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa comunicazione ai Ministri della salute e delle attivita’ produttive; ogni qualvolta la nuova normativa comunitaria preveda poteri discrezionali per la sua trasposizione, il decreto e’ adottato di concerto con i Ministri della salute e delle attivita’ produttive, sentita la Conferenza unificata.

(1) Articolo inserito dall’articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 238     

(Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani) (1)

Art. 238

1. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.

2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.

3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d’ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.

4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.

5. Le Autorità d’ambito approvano e presentano all’Autorità di cui all’articolo 207il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l’integrale copertura dei costi.

6. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l’assenza di oneri per le autorità interessate.

7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l’integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.

8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.

9. L’eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio.

10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi.

11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.

12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l’Agenzia delle entrate (2).

(1) Per la deroga alle disposizioni del presente articolo, relativa alla regione Campania, vedi articolo 7 del D.L. 11 maggio 2007, n. 61.

(2) Vedi l’articolo 14, comma 33, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 239     

(Principi e campo di applicazione)

Art. 239

1. Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgenti dell’inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio “chi inquina paga”.

2. Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:

a) all’abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell’area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;

b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato.

3. Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 240     

(Definizioni)

Art. 240

1. Ai fini dell’applicazione del presente titolo, si definiscono:

a) sito: l’area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali struttore edilizie e impiantistiche presenti (1);

b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l’analisi di rischio sito specifica, come individuati nell’Allegato 5alla parte quarta del presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un’area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;

c) concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l’applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il sito;

d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);

e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;

f) sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrice ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinate a seguito dell’analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica;

g) sito con attività in esercizio: un sito nel quale risultano in esercizio attività produttive sia industriali che commerciali nonché le aree pertinenziali e quelle adibite ad attività accessorie economiche, ivi comprese le attività di mantenimento e tutela del patrimonio ai fini della successiva ripresa delle attività;

h) sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attività produttive;

i) misure di prevenzione: le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;

l) misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un’alternativa equivalente a tali risorse o servizi;

m) messa in sicurezza d’emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente;

n) messa in sicurezza operativa: l’insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell’attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all’esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all’interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l’efficacia delle soluzioni adottate;

o) messa in sicurezza permanente: l’insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici;

p) bonifica: l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);

q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici;

r) inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine;

s) analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall’esposizione prolungata all’azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell’alla parte quarta del presente decreto;

t) condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l’esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio:

1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;

2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda;

3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;

4) pericolo di incendi ed esplosioni.

(1) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 4, del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 28 .

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 241     

(Regolamento aree agricole)

Art. 241

1. Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d’emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento è adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali (1).

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 247 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, , nella parte in cui non prevede che, prima dell’adozione del regolamento da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 241 bis     

(Aree Militari) (1).

Art. 241 – bis

1. Ai fini dell’individuazione delle misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica, e dell’istruttoria dei relativi progetti, da realizzare nelle aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle Forze armate per attivita’ connesse alla difesa nazionale, si applicano le concentrazioni di soglia di contaminazione previste nella tabella 1, colonne A e B, dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del presente decreto, individuate tenuto conto delle diverse destinazioni e delle attivita’ effettivamente condotte all’interno delle aree militari.

2. Gli obiettivi di intervento nelle aree di cui al comma 1 sono determinanti mediante applicazione di idonea analisi di rischio sito specifica che deve tenere conto dell’effettivo utilizzo e delle caratteristiche ambientali di dette aree o di porzioni di esse e delle aree limitrofe, al fine di prevenire, ridurre o eliminare i rischi per la salute dovuti alla potenziale esposizione a sostanze inquinanti e la diffusione della contaminazione nelle matrici ambientali.

3. Resta fermo che in caso di declassificazione del sito da uso militare a destinazione residenziale dovranno essere applicati i limiti di concentrazione di soglia di contaminazione di cui alla Tabella 1, colonna a), dell’ Allegato 5 , alla Parte IV, Titolo V del presente decreto.

4. Le concentrazioni soglia di contaminazione delle sostanze specifiche delle attivita’ militari non incluse nella Tabella l dell’ Allegato 5 , alla Parte IV, Titolo V del presente decreto sono definite dall’Istituto Superiore di Sanita’ sulla base delle informazioni tecniche fornite dal Ministero della difesa.

5. Per le attivita’ di progettazione e realizzazione degli interventi, di cui al presente articolo, il Ministero della difesa si puo’ avvalere, con apposite convenzioni, di organismi strumentali dell’Amministrazione centrale che operano nel settore e definisce con propria determinazione le relative modalita’ di attuazione.».

(1) Articolo inserito dall’articolo 13, comma 5, lettera b), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 242     

(Procedure operative ed amministrative)

Art. 242

1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 304 , comma 2. La medesima procedura si applica all’atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.

2. Il responsabile dell’inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un’indagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L’autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell’autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l’inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.

3. Qualora l’indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l’avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell’inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’ Allegato 2alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L’autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione.

4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l’applicazione della procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il 30 giugno 2008. Nelle more dell’emanazione del predetto decreto, i criteri per l’applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati nell’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei mesi dall’approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell’analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell’istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza (1).

5. Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l’approvazione del documento dell’analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell’analisi di rischio e all’attuale destinazione d’uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall’approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:

a) i parametri da sottoporre a controllo;

b) la frequenza e la durata del monitoraggio.

6. La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso. L’anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l’autorità competente ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l’adempimento. In questo caso il termine per l’approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di uno o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7.

7. Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. Per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ piu’ idonee, la regione puo’ autorizzare l’applicazione a scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all’individuazione dei parametri di progetto necessari per l’applicazione a piena scala, a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con riguardo ai rischi sanitari e ambientali. Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al primo periodo, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell’estensione dell’area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive. Nell’ambito dell’articolazione temporale potra’ essere valutata l’adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l’adempimento. In questa ipotesi il termine per l’approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell’esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all’attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all’attuazione medesima, l’autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all’interno dell’area oggetto dell’intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L’autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l’esecuzione dei lavori ed è fissata l’entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell’intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi (2).

8. I criteri per la selezione e l’esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l’individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. – Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie sono riportati nell’Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto,

9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati [con attività in esercizio], garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un’ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell’efficacia delle misure adottate ed indicano se all’atto della cessazione dell’attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente. Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi (3).

10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l’obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.

11. Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l’ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l’esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l’entità e l’estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.

12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.

13. La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.

13-bis. Per la rete di distribuzione carburanti si applicano le procedure semplificate di cui all’articolo 252, comma 4 (4).

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 43-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’articolo 40, comma 5, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 , convertito, con modificazioni dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214 , dall’articolo 24, comma 1, lettera f-bis) del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 e dall’articolo 34, comma 7-bis, del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(3) Comma modificato dall’articolo 40, comma 5, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 , convertito, con modificazioni dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214.

(4) Comma aggiunto dall’articolo 13, comma 3-ter, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 242 bis     

Art. 242-bis

(Procedura semplificata per le operazioni di bonifica) (1).

1. L’operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, puo’ presentare all’amministrazione di cui agli articoli 242 o 252 uno specifico progetto completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, nonche’ del cronoprogramma di svolgimento dei lavori. La caratterizzazione e il relativo progetto di bonifica non sono sottoposti alle procedure di approvazione di cui agli articoli 242 e 252, bensi’ a controllo ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo per la verifica del conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei suoli per la specifica destinazione d’uso. L’operatore e’ responsabile della veridicita’ dei dati e delle informazioni forniti, ai sensi e per gli effetti dell’ articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (2).

1-bis. Qualora il progetto di bonifica di cui al comma 1 riguardi un sito di estensione superiore a 15.000 metri quadrati, esso puo’ essere attuato in non piu’ di tre fasi, ciascuna delle quali e’ soggetta al termine di esecuzione di cui al comma 2. Nel caso di bonifica di un sito avente estensione superiore a 400.000 metri quadrati, il numero delle fasi o dei lotti funzionali in cui si articola il progetto e’ stabilito dallo specifico crono-programma ivi annesso, la cui definizione deve formare oggetto di intesa con l’autorita’ competente. Il crono-programma deve precisare, in particolare, gli interventi per la bonifica e le misure di prevenzione e messa in sicurezza relativi all’intera area, con specifico riferimento anche alle acque di falda (3).

2. Per il rilascio degli atti di assenso necessari alla realizzazione e all’esercizio degli impianti e attivita’ previsti dal progetto di bonifica l’interessato presenta gli elaborati tecnici esecutivi di tali impianti e attivita’ alla regione nel cui territorio ricade la maggior parte degli impianti e delle attivita’, che, entro i successivi trenta giorni, convoca apposita conferenza di servizi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 , o delle discipline regionali applicabili in materia. Entro novanta giorni dalla convocazione, la regione adotta la determinazione conclusiva che sostituisce a tutti di effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato. Non oltre trenta giorni dalla comunicazione dell’atto di assenso, il soggetto interessato comunica all’amministrazione titolare del procedimento di cui agli articoli 242 o 252 e all’ARPA territorialmente competente, la data di avvio dell’esecuzione della bonifica che si deve concludere nei successivi diciotto mesi, salva eventuale proroga non superiore a sei mesi; decorso tale termine, salvo motivata sospensione, deve essere avviato il procedimento ordinario ai sensi degli articoli 242 o 252.

2-bis. Nella selezione della strategia di intervento dovranno essere privilegiate modalita’ tecniche che minimizzino il ricorso allo smaltimento in discarica. In particolare, nel rispetto dei principi di cui alla parte IV del presente decreto legislativo, dovra’ essere privilegiato il riutilizzo in situ dei materiali trattati.

3. Ultimati gli interventi di bonifica, l’interessato presenta il piano di caratterizzazione all’autorita’ di cui agli articoli 242 o 252 al fine di verificare il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso. Il piano e’ approvato nei successivi quarantacinque giorni. In via sperimentale, per i procedimenti avviati entro il 31 dicembre 2017, decorso inutilmente il termine di cui al periodo precedente, il piano di caratterizzazione si intende approvato. L’esecuzione di tale piano e’ effettuata in contraddittorio con l’ARPA territorialmente competente, che procede alla validazione dei relativi dati e ne da’ comunicazione all’autorita’ titolare del procedimento di bonifica entro quarantacinque giorni.

4. La validazione dei risultati del piano di campionamento di collaudo finale da parte dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente, che conferma il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei suoli, costituisce certificazione dell’avvenuta bonifica del suolo. I costi dei controlli sul piano di campionamento finale e della relativa validazione sono a carico del soggetto di cui al comma 1. Ove i risultati del campionamento di collaudo finale dimostrino che non sono stati conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione nella matrice suolo, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente comunica le difformita’ riscontrate all’autorita’ titolare del procedimento di bonifica e al soggetto di cui al comma 1, il quale deve presentare, entro i successivi quarantacinque giorni, le necessarie integrazioni al progetto di bonifica che e’ istruito nel rispetto delle procedure ordinarie ai sensi degli articoli 242 o 252 del presente decreto.

5. Resta fermo l’obbligo di adottare le misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda, se necessarie, secondo le procedure di cui agli articoli 242 o 252.

6. Conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione del suolo, il sito puo’ essere utilizzato in conformita’ alla destinazione d’uso prevista secondo gli strumenti urbanistici vigenti, salva la valutazione di eventuali rischi sanitari per i fruitori del sito derivanti dai contaminanti volatili presenti nelle acque di falda.

(1) Articolo inserito dall’articolo 13, comma 1 , del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116 . Vedi inoltre il comma 2 del medesimo articolo 13.

(2) Comma modificato dall’articolo 34, comma 10-bis, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(3) Comma inserito dall’articolo 34, comma 10-bis, lettera b), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 243     

(Gestione delle acque sotterranee emunte) (1)

Art. 243

1. Al fine di impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell’inquinamento delle acque, anche tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall’articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette; in caso di emungimento e trattamento delle acque sotterranee deve essere valutata la possibilita’ tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformita’ alle finalita’ generali e agli obiettivi di conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella parte terza.

2. Il ricorso al barrieramento fisico e’ consentito solo nel caso in cui non sia possibile conseguire altrimenti gli obiettivi di cui al comma I secondo le modalita’ dallo stesso previste.

3. Ove non si proceda ai sensi dei commi 1 e 2, l’immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuare presso un apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.

4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuita’ il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza.

5. In deroga a quanto previsto dal comma i dell’articolo 104, ai soli fini della bonifica, e’ ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. A tal fine il progetto di cui all’articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche qualitative e quantitative delle acque reimmesse, le modalita’ di reimmissione e le misure di controllo e monitoraggio della porzione di acquifero interessata; le acque emunte possono essere reimmesse anche mediante reiterati cicli di emungimento, trattamento e reimmissione, e non devono contenere altre acque di scarico ne’ altre sostanze ad eccezione di sostanze necessarie per la bonifica espressamente autorizzate, con particolare riferimento alle quantita’ utilizzabili e alle modalita’ d’impiego.

6. Il trattamento delle acque emunte deve garantire un’effettiva riduzione della massa delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali.

(1) Articolo modificato dall’articolo 8-quinquies del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13 e successivamente sostituito dall’articolo 41, comma 1, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 244     

(Ordinanze)

Art. 244

1. Le pubbliche amministrazioni che nell’esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.

2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.

3. L’ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 253.

4. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall’amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall’articolo 250.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 245     

(Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione)

Art. 245

1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate suiniziativa degli interessati non responsabili.

2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’articolo 242, il proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all’articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l’identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o disponibilità.

3. Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ovvero abbiano già provveduto in tal senso in precedenza, la decorrenza dell’obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto verrà definita dalla regione territorialmente competente in base alla pericolosità del sito, determinata in generale dal piano regionale delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni caso la facoltà degli interessati di procedere agli interventi prima del suddetto termine.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 246     

(Accordi di programma)

Art. 246

1. I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati, entro sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio di cui all’articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo.

2. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti che interessano il territorio di più regioni, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con appositi accordi di programma stipulati, entro dodici mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio di cui all’articolo 242, con le regioni interessate.

3. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti dislocati su tutto il territorio nazionale o vi siano più soggetti interessati alla bonifica di un medesimo sito di interesse nazionale, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con accordo di programma da stipularsi, entro diciotto mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio di cui all’articolo 242, con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 247     

(Siti soggetti a sequestro)

Art. 247

1. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l’autorità giudiziaria che lo ha disposto può autorizzare l’accesso al sito per l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l’ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 248     

(Controlli)

Art. 248

1. La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al progetto operativo, comprensiva delle misure di riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d’uso e delle prescrizioni eventualmente dettate ai sensi dell’articolo 242, comma 4, è trasmessa alla provincia e all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente competenti ai fini dell’effettuazione dei controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati.

2. Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente.

3. La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per io svincolo delle garanzie finanziarie di cui all’articolo 242, comma 7.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 249     

(Aree contaminate di ridotte dimensioni)

Art. 249

1. Per le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure semplificate di intervento riportate nell’Allegato 4 alla parte quarta del presente decreto.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 250     

(Bonifica da parte dell’amministrazione)

Art. 250

1. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l’ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 251     

(Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare)

Art. 251

1. Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), predispongono l’anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere:

a) l’elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;

b) l’individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;

c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell’esecuzione d’ufficio, fermo restando l’affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell’articolo 242.

2. Qualora, all’esito dell’analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all’Ufficio tecnico erariale competente.

3. Per garantire l’efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell’anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell’ambiente (SINA).

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 252     

(Siti di interesse nazionale)

Art. 252

1. I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.

2. All’individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale;

b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell’estensione dell’area interessata;

d) l’impatto socio economico causato dall’inquinamento dell’area deve essere rilevante;

e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;

f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni.

f-bis) l’insistenza, attualmente o in passato, di attivita’ di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie (1).

2-bis. Sono in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attivita’ produttive ed estrattive di amianto (2).

3. Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni, le province, le regioni e gli altri enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili.

4. La procedura di bonifica di cui all’articolo 242dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministero delle attività produttive. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio può avvalersi anche dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente delle regioni interessate e dell’Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti (3) (4).

5. Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, avvalendosi dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), dell’Istituto superiore di sanità e dell’E.N.E.A. nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati.

6. L’autorizzazione del progetto e dei relativi interventi sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi, tra l’altro, quelli relativi alla realizzazione e all’esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie alla loro attuazione. L’autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

7. Se il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto ambientale, l’approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione.

8. In attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione di cui ai commi precedenti, completata l’istruttoria tecnica, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio può autorizzare in via provvisoria, su richiesta dell’interessato, ove ricorrano motivi d’urgenza e fatta salva l’acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale, ove prevista, l’avvio dei lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente, con eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. L’autorizzazione provvisoria produce gli effetti di cui all’articolo 242, comma 7.

9. E’ qualificato sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l’area interessata dalla bonifica della ex discarica delle Strillaie (Grosseto). Con successivo decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio si provvederà alla perimetrazione della predetta area.

(1) Lettera aggiunta dall’articolo 36-bis, comma 1, lettera a), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134.

(2) Comma aggiunto dall’articolo 36-bis, comma 1, lettera b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134.

(3) Comma modificato dall’articolo 57, comma 15-bis, del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, come modificato dall’articolo 36, comma 4, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83., convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134.

(4) Per il regolamento recante criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei punti vendita carburanti ai sensi del presente comma, vedi il D.M. 12 febbraio 2015, n. 31.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 252 bis     

Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale (1) (2)

Art. 252-bis

1. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la regione territorialmente interessata e, per le materie di competenza, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonche’ con il Ministro dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo per gli aspetti di competenza in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli immobili, possono stipulare accordi di programma con uno o piu’ proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate. Sono escluse le aree interessate dalle misure di cui al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, e successive modificazioni. L’esclusione cessa di avere effetto nel caso in cui l’impresa e’ ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 , convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39 (3).

2. Gli accordi di programma di cui al comma 1 assicurano il coordinamento delle azioni per determinare i tempi, le modalita’, il finanziamento e ogni altro connesso e funzionale adempimento per l’attuazione dei progetti e disciplinano in particolare:

a) l’individuazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica da attuare, sulla base dei risultati della caratterizzazione validati dalle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente;

b) l’individuazione degli interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico anche attraverso studi e ricerche appositamente condotti da universita’ ed enti di ricerca specializzati;

c) il piano economico finanziario dell’investimento e la durata del relativo programma;

d) i tempi di attuazione degli interventi e le relative garanzie;

e) i contributi pubblici e le altre misure di sostegno economico finanziario disponibili e attribuiti;

f) la causa di revoca dei contributi e delle altre misure di sostegno, e di risoluzione dell’accordo;

g) l’individuazione del soggetto attuatore degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica, e delle attivita’ di monitoraggio, controllo e gestione degli interventi di messa in sicurezza che restano a carico del soggetto interessato;

h) i tempi di presentazione e approvazione degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica;

i) la previsione di interventi di formazione, riqualificazione e aggiornamento delle competenze dei lavoratori degli impianti dismessi da reimpiegare nei lavori di bonifica previsti dai medesimi accordi di programma, mediante il ricorso a fondi preliminarmente individuati a livello nazionale e regionale.

i-bis) le modalita’ di monitoraggio per il controllo dell’adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.

3. La stipula dell’accordo di programma costituisce riconoscimento dell’interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e dichiarazione di pubblica utilita’.

4. Ad eccezione di quanto previsto al comma 5, i soggetti interessati di cui al comma 1 non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica, riconversione industriale e di sviluppo economico, tenuto conto anche dei collegamenti societari e di cariche direttive ricoperte nelle societa’ interessate o ad esse collegate. A tal fine sono soggetti interessati non responsabili i proprietari e i gestori di siti inquinati che non hanno cagionato la contaminazione del sito e hanno assolto gli obblighi imposti dall’articolo 245, comma 2.

5. Gli Accordi di Programma di cui al comma 1 possono essere stipulati anche con soggetti che non soddisfano i requisiti di cui al comma 4 alle seguenti ulteriori condizioni:

a) i fatti che hanno causato l’inquinamento devono essere antecedenti al 30 aprile 2007;

b) oltre alle misure di messa in sicurezza e bonifica, devono essere individuati gli interventi di riparazione del danno ambientale disciplinati dall’allegato 3 alla Parte VI del presente;

c) termine finale per il completamento degli interventi di riparazione del danno ambientale e’ determinato in base ad uno specifico piano finanziario presentato dal soggetto interessato tenendo conto dell’esigenza di non pregiudicare l’avvio e lo sviluppo dell’iniziativa economica e di garantire la sostenibilita’ economica di detti interventi, comunque in misura non inferiore a dieci anni.

6. L’attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio, controllo e relativa gestione, e di riparazione, individuati dall’accordo di programma esclude per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l’onere reale per tutti i fatti antecedenti all’accordo medesimo. La revoca dell’onere reale per tutti i fatti antecedenti all’accordo di programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale e’ subordinata, nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, al rilascio della certificazione dell’avvenuta bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati ai sensi dell’articolo 248. Nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, i contributi e le misure di cui alla lettera e) del comma 2 non potranno riguardare le attivita’ di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto, ma esclusivamente l’acquisto di beni strumentali alla riconversione industriale e allo sviluppo economico dell’area.

7. Al di fuori dei casi che rientrano nel campo di applicazione del comma 5, la pubblica amministrazione puo’ agire autonomamente nei confronti del responsabile della contaminazione per la ripetizione delle spese sostenute per gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica individuati dall’accordo nonche’ per gli ulteriori interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nelle forme e nei modi previsti dalla legge.

8. Gli interventi per l’attuazione del progetto integrato sono autorizzati e approvati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico sulla base delle determinazioni assunte in Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell’articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alla Conferenza di Servizi partecipano tutti i soggetti pubblici firmatari dell’accordo di programma o titolari dei procedimenti di approvazione e autorizzazione, comunque denominati, aventi ad oggetto gli interventi, le opere e le attivita’ previste dall’accordo medesimo, nonche’ i soggetti interessati proponenti. L’assenso espresso dai rappresentanti degli enti locali sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni atto di competenza di detti enti.

9. Fatta salva l’applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, i decreti di cui al comma 8 autorizzano gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica nonche’ la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle opere connesse.

10. Alla progettazione, al coordinamento e al monitoraggio dei progetti integrati di bonifica, riconversione industriale e sviluppo economico in siti inquinati di interesse nazionale di cui al comma 1 sono preposte, con oneri posti a carico delle risorse stanziate a legislazione vigente, una o piu’ societa’ “in house” individuate nell’accordo di programma, di intesa tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Sulle aree di proprieta’ pubblica ovvero nel caso di attivazione degli interventi a iniziativa pubblica, i predetti soggetti sono tenuti ad attivare procedure a evidenza pubblica per l’attuazione degli interventi, salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti per la gestione in house in conformita’ ai requisiti prescritti dalla normativa e dalla giurisprudenza europea.

11. Il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e le Regioni e Province Autonome, adotta misure volte a favorire la formazione di nuove competenze professionali, anche in ambito degli Istituti tecnici superiori, in materia di bonifica ambientale, finanziate, nell’ambito delle risorse stanziate a legislazione vigente nonche’ a valere sulle risorse della programmazione 2014-2020, previamente incluse negli Accordi di programma di cui al comma 1 del presente articolo.

(1) Articolo inizialmente aggiunto dall’articolo 2, comma 43-ter, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e successivamente sostituito dall’articolo 4, comma 1, del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2014, n. 9.

(2) Vedi anche l’articolo 4, comma 2, del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2014, n. 9.

(3) Comma modificato dall’articolo 2, comma 11, del D.L. 5 gennaio 2015, n. 1 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 marzo 2015, n. 20.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO IV

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

     Articolo 253     

(Oneri reali e privilegi speciali)

Art. 253

1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d’ufficio dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 250. L’onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.

2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile.

3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell’inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell’autorità competente che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.

4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell’inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l’osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall’autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell’inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute e per l’eventuale maggior danno subito.

5. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 254     

(Norme speciali)

Art. 254

1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 255     

(Abbandono di rifiuti)

Art. 255

1. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa e’ aumentata fino al doppio (1).

2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all’articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.

3. Chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di cui all’articolo 192, comma 3, o non adempie all’obbligo di cui all’articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all’articolo 192, comma 3, ovvero all’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 187, comma 3.

(1) Comma modificato dall’ articolo 34 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 256     

(Attività di gestione di rifiuti non autorizzata)

Art. 256

1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli aarticoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2.

3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi (2).

4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.

5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all’articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).

6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all’articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.

7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.

8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all’adozione del decreto di cui all’articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.

9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.

(1) Comma modificato dall’articolo 11, comma 3, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Comma modificato dall’articolo 11, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE IV

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 256 bis     

Combustione illecita di rifiuti (1)

Art. 256-bis.

1. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata e’ punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile e’ tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.

2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all’articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.

3. La pena e’ aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 e’ commesso nell’ambito dell’attivita’ di un’impresa o comunque di un’attivita’ organizzata. Il titolare dell’impresa o il responsabile dell’attivita’ comunque organizzata e’ responsabile anche sotto l’autonomo profilo dell’omessa vigilanza sull’operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all’impresa o all’attivita’ stessa; ai predetti titolari d’impresa o responsabili dell’attivita’ si applicano altresi’ le sanzioni previste dall’ articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

4. La pena e’ aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 e’ commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

5. I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell’articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’ articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell’area sulla quale e’ commesso il reato, se di proprieta’ dell’autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

6. Si applicano le sanzioni di cui all’articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all’articolo 184, comma 2, lettera e). Fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all’abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato (2).

(1) Articolo inserito dall’articolo 3, comma 1, del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 febbraio 2014, n. 6.

(2) Comma modificato dall’articolo 14, comma 8, lettera b-sexies) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

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NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 257     

(Bonifica dei siti)

Art. 257

1. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all’articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da mille euro a ventiseimila euro (1).

2. Si applica la pena dell’arresto da un anno a due anni e la pena dell’ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l’inquinamento è provocato da sostanze pericolose.

3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.

4. L’osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilita’ per le contravvenzioni ambientali contemplate da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1 (2).

(1) Comma modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera a), della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

(2) Comma sostituito dall’articolo 1, comma 2, lettera b), della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

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TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 258     

(Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari)

Art. 258

1. I soggetti di cui all’articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalita’ di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, e all’articolo 6, comma 1 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro [per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi]. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione (3).

4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto (4).

5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all’articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all’articolo 193 da parte dei soggetti obbligati (5).

5-bis. I soggetti di cui all’articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione e’ effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro (6).

5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione e’ effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro (7).

(1) Comma sostituito dall’ articolo 35 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma sostituito dall’ articolo 35 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) Comma modificato dall’ articolo 35 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(4) Comma sostituito dall’ articolo 35 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(5) Comma modificato dall’articolo 2, comma 42, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e dall’ articolo 35 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(6) Comma sggiunto dall’ articolo 35 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(7) Comma aggiunto dall’ articolo 35 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

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NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 259     

(Traffico illecito di rifiuti)

Art. 259

1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell’articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell’Allegato II del citato regolamento in violazione dell’articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell’ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l’arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.

2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.

PARTE IV

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TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 260     

(Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti)

Art. 260

1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni,

2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.

3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all’articolo 33 del medesimo codice.

4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente.

4-bis. E’ sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilita’ e ne ordina la confisca (1).

(1) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 3, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

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TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 260 bis     

(Sistema informatico di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti) (1)

Articolo 260-bis

1. I soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

2. I soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. All’accertamento dell’omissione del pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di controllo della tracciabilita’ nei confronti del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilita’ occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma.

3. Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalita’ stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unita’ lavorative inferiore a quindici dipendenti,si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unita’ lavorative e’ calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unita’ lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione e’ quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilita’ dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta (2).

4. Qualora le condotte di cui al comma 3 siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila, nonche’ la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l’infrazione e’ imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unita’ lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le modalita’ di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalita’ di cui al comma 3. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilita’ dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento (3).

5. Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila (4).

6. Si applica la pena di cui all’ articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilita’ dei rifiuti (5).

7. Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all’ art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati (6).

8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI – AREA Movimentazione fraudolentemente alterata e’ punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale. La pena e’ aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi (7).

9. Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la tracciabilita’ dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta (8).

9-bis. Chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo ovvero commette piu’ violazioni della stessa disposizione soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione piu’ grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con piu’ azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi piu’ violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo (9).

9-ter. Non risponde delle violazioni amministrative di cui al presente articolo chi, entro trenta giorni dalla commissione del fatto, adempie agli obblighi previsti dalla normativa relativa al sistema informatico di controllo di cui al comma 1. Nel termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione della violazione, il trasgressore puo’ definire la controversia, previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il pagamento di un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie (10) (11).

(1) Articolo inserito dall’ articolo 36, comma 1, del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) A norma dell’articolo 39, comma 2-quater, del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205, le sanzioni amministrative di cui al presente comma, sono ridotte, ad eccezione dei casi di comportamenti fraudolenti di cui al predetto comma 3, a un decimo per le violazioni compiute negli otto mesi successivi alla decorrenza degli obblighi di operativita’ per ciascuna categoria di operatori, enti o imprese, come individuata dall’articolo 1 del decreto ministeriale 26 maggio 2011, e successive modificazioni, e a un quinto per le violazioni compiute dalla scadenza dell’ottavo mese e per i successivi quattro mesi.

(3) A norma dell’articolo 39, comma 2-quater, del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205, le sanzioni amministrative di cui al presente comma, sono ridotte, ad eccezione dei casi di comportamenti fraudolenti di cui al predetto comma 3, a un decimo per le violazioni compiute negli otto mesi successivi alla decorrenza degli obblighi di operativita’ per ciascuna categoria di operatori, enti o imprese, come individuata dall’articolo 1 del decreto ministeriale 26 maggio 2011, e successive modificazioni, e a un quinto per le violazioni compiute dalla scadenza dell’ottavo mese e per i successivi quattro mesi.

(4) A norma dell’articolo 39, comma 2-quater, del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205, le sanzioni amministrative di cui al presente comma, sono ridotte, ad eccezione dei casi di comportamenti fraudolenti di cui al predetto comma 3, a un decimo per le violazioni compiute negli otto mesi successivi alla decorrenza degli obblighi di operativita’ per ciascuna categoria di operatori, enti o imprese, come individuata dall’articolo 1 del decreto ministeriale 26 maggio 2011, e successive modificazioni, e a un quinto per le violazioni compiute dalla scadenza dell’ottavo mese e per i successivi quattro mesi.

(5) In riferimento al presente comma vedi l’articolo 25-undecies, comma 2, lettera g), del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

(6) In riferimento al presente comma vedi l’articolo 25-undecies, comma 2, lettera g), del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

(7) In riferimento al presente comma vedi l’articolo 25-undecies, comma 2, lettera g), del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

(8) A norma dell’articolo 39, comma 2-quater, del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205, le sanzioni amministrative di cui al presente comma, sono ridotte, ad eccezione dei casi di comportamenti fraudolenti di cui al predetto comma 3, a un decimo per le violazioni compiute negli otto mesi successivi alla decorrenza degli obblighi di operativita’ per ciascuna categoria di operatori, enti o imprese, come individuata dall’articolo 1 del decreto ministeriale 26 maggio 2011, e successive modificazioni, e a un quinto per le violazioni compiute dalla scadenza dell’ottavo mese e per i successivi quattro mesi.

(9) Comma aggiunto dall’articolo 3 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

(10) Comma aggiunto dall’articolo 3 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

(11) A norma dell’articolo 11, comma 11, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125 , le sanzioni per le violazioni di cui al presente articolo, limitatamente alle violazioni di cui al comma 3 quanto alle condotte di informazioni incomplete o inesatte, a quelle di cui al comma 5 e a quelle di cui al comma 7 primo periodo, commesse fino al 31 marzo 2014 dai soggetti per i quali il SISTRI e’ obbligatorio dal 1° ottobre 2013, e fino al 30 settembre 2014 dai soggetti per i quali il SISTRI e’ obbligatorio dal 3 marzo 2014, sono irrogate nel caso di piu’ di tre violazioni nel medesimo rispettivo arco temporale; vedi inoltre quanto disposto dall’ articolo 9, comma 3, lettere a), b) e c), del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2015, n. 11.

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NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 260 ter     

(Sanzioni amministrative accessorie. Confisca) (1)

Articolo 260-ter

1. All’accertamento delle violazioni di cui ai commi 7 e 8 dell’articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attivita’ di trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all’art. 99 c.p. o all’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti (2).

2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 213, 214, 214 bis e 224-ter del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e relative norme di attuazione.

3. All’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 260-bis, consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del veicolo utilizzato dal trasportatore.

In ogni caso restituzione del veicolo sottoposto al fermo amministrativo non puo’ essere disposta in mancanza dell’ iscrizione e del correlativo versamento del contributo.

4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, e’ sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.

5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 256 (3).

(1) Articolo inserito dall’ articolo 36 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Comma modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

(3) Vedi quanto disposto dall’ articolo 9, comma 3, lettere a), b) e c), del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2015, n. 11.

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NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO VI

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 261     

(Imballaggi)

Art. 261

1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiano all’obbligo di raccolta di cui all’articolo 221, comma 2, o non adottino, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 60.000 euro, fatto comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi (1).

2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all’articolo 223, né adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a quarantaseimilacinquecento euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all’obbligo di cui all’articolo 221, comma 4.

3. La violazione dei divieti di cui all’articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemiladuecento euro a quarantamila euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interne imballaggi privi dei requisiti di cui all’articolo 219, comma 5.

4. La violazione del disposto di cui all’articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

(1) Comma modificato dall’articolo 26, comma 1, lettera c), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27.

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TITOLO VI

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CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 261 bis     

Sanzioni (1)

Art. 261-bis

1. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque effettua attivita’ di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione all’esercizio di cui presente titolo, e’ punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro.

2. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque effettua attivita’ di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non pericolosi, negli impianti di cui all’articolo 237-ter, comma 1, lettere b), c) d) ed e), in mancanza della prescritta autorizzazione all’esercizio, e’ punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

3. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque effettua lo scarico sul suolo, nel sottosuolo o nelle acque sotterranee, di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all’articolo 237-duodecies, comma 5, e’ punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

4. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, il proprietario ed il gestore che nell’effettuare la dismissione di un impianto di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non provvedono a quanto previsto all’articolo 237-octies, comma 10, sono puniti con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da diecimila euro a venticinquemila euro.

5. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque effettua attivita’ di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti nelle condizioni di cui all’articolo 237-septiesdecies, comma 3, superando anche uno solo dei limiti temporali ivi previsti, e’ punito con l’arresto fino a nove mesi e con l’ammenda da cinquemila euro a trentamila euro.

6. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque effettua lo scarico in acque superficiali di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all’articolo 237-duodecies, comma 5, non rispettando i valori di emissione previsti all’Allegato 1, paragrafo D, e’ punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

7. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque effettua lo scarico delle acque reflue di cui all’articolo 237-duodecies, in mancanza della prescritta autorizzazione di cui al comma 1, e’ punito con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda da cinquemila euro a trentamila euro.

8. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, nell’esercizio dell’attivita’ di incenerimento o coincenerimento, supera i valori limite di emissione di cui all’articolo 237-undecies, e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da diecimila euro a venticinquemila euro. Se i valori non rispettati sono quelli di cui all’Allegato 1, paragrafo A, punti 3) e 4), il responsabile e’ punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da diecimila euro a quarantamila euro.

9. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, il professionista che, nel certificato sostitutivo di cui all’articolo 237-octies, comma 8, e all’articolo 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di coincenerimento, attesta fatti non corrispondenti al vero, e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da cinquemila euro a venticinquemila euro.

10. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque mette in esercizio un impianto di incenerimento o di coincenerimento autorizzato alla costruzione ed all’esercizio, in assenza della verifica di cui all’articolo 237-octies, comma 7, o della relativa certificazione sostitutiva comunicata nelle forme di cui all’articolo 237-octies, comma 8, e all’articolo 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di coincenerimento, e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da tremila euro a venticinquemila euro.

11. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato e salvo quanto previsto al comma 12, chiunque, nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, non osserva le prescrizioni indicate nell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 237-quinquies, comma 2, con riferimento agli impianti di incenerimento, all’articolo 237-quinquies, comma 3, all’articolo 237-septies, comma 1, e all’articolo 237-octies, comma 1, e’ punito con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.

12. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le parziali deroghe di cui all’articolo 237-septies, comma 6, e all’articolo 237-nonies, non rispetta le prescrizioni imposte dall’autorita’ competente in sede di autorizzazione, e’ punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a venticinquemila euro.

13. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le deroghe di cui all’articolo 237-undecies, comma 6, non rispetta le prescrizioni imposte dall’autorita’ competente in sede di autorizzazione, e’ punito con la sanzione amministrativa da duemilacinquecento euro a venticinquemila euro.

14. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, al di fuori dei casi previsti dal presente articolo, nell’esercizio di un impianto di incenerimento o coincenerimento non rispetta le prescrizioni di cui al presente decreto, o quelle imposte dall’autorita’ competente in sede di autorizzazione, e’ punito con la sanzione amministrativa da mille euro a trentacinquemila euro.

15. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 14 e 15 non si applicano nel caso in cui l’installazione e’ soggetta alle disposizioni del Titolo III-bis della Parte seconda.

(1) Articolo inserito dall’articolo 16, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 262     

(Competenza e giurisdizione)

Art. 262

1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte quarta del presente decreto provvede la provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all’articolo 226, comma 1, per le quali è competente il comune.

2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione previsto dall’articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (1).

3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto l’autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati ai comma 1 ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative.

(1) Comma modificato dall’articolo 34, comma 4, del D.Lgs. 1° settembre 2011 n. 150.

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TITOLO VI

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CAPO I

CAPO I

SANZIONI

     Articolo 263     

(Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)

Art. 263

1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni della parte quarta del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati all’esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all’articolo 226, comma 1, che sono devoluti ai comuni.

2. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative irrogate ai sensi dell’articolo 261-bis sono versate all’entrata dei bilanci delle autorita’ competenti e sono destinate a potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal presente decreto, in particolare all’articolo 29-decies, comma 4, nonche’ le ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione (1).

(1) Comma inserito dall’articolo 17, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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CAPO II

CAPO II

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

     Articolo 264     

(Abrogazione di norme)

Art. 264

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza:

a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;

b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915;

c) il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell’articolo 9 e dell’articolo 9-quinquies come riformulato dal presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell’articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n, 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;

d) il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies;

e) il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45;

f) l’articolo 29-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

g) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell’articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;

h) l’articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994;

i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;

l) l’articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dall’articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;

m) l’articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo periodo, dalle parole: “i soggetti di cui all’articolo 38, comma 3, lettera a) sino alla parola: “CONAI”;

[n) l’articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504;] (1)

o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;

p) l’articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93.

2. Il Governo, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.

2-bis. Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere dell’ISPRA, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (2).

(1) Lettera soppressa dall’articolo 2, comma 44, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma aggiunto dall’articolo 3, comma, 5, del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 28 .

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CAPO II

CAPO II

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

     Articolo 264 bis     

(Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010) (1)

Articolo 264-bis

1. All’Allegato “Articolazione del MUDâ€del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2010, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al capitolo 1 – Rifiuti, al punto “4. Istruzione per la compilazione delle singole sezioniâ€la “Sezione comunicazione semplificataâ€e’ abrogata e sono abrogati il punto 6 “ Sezione rifiutiâ€e il punto 8 “ Sezione intermediari e commercioâ€;

b) i capitoli 2 e 3 sono abrogati a decorrere dalla dichiarazione relativa al 2011.

(1) Articolo inserito dall’ articolo 37 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

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CAPO II

CAPO II

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

     Articolo 264 ter     

(Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209) (1)

Articolo 264-ter

1. All’articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma 3 e’ sostituito dal seguente: “3. A decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti materiali e componenti sottoposti a trattamento, nonche’ i dati relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al reimpiego, al riciclaggio e al recupero, sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e all’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.â€.

(1) Articolo inserito dall’ articolo 37 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

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CAPO II

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DISPOSIZIONI TRANSITORIE

     Articolo 264 quater     

(Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151) (1)

Articolo 264-quater

1. All’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4 e’ sostituito dal seguente: “4. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai RAEE esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a e all’articolo 14-bis del decreto-legge n.78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. Le informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l’allegato 1A, il peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.

(1) Articolo inserito dall’ articolo 37 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

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CAPO II

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DISPOSIZIONI TRANSITORIE

     Articolo 265     

(Disposizioni transitorie)

Art. 265

1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all’adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, nell’esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi (1).

2. In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche in materia di trasporto dei rifiuti, di cui all’articolo 195, comma 2, lettera 1), e fermo restando quanto previsto dall’articolo 188-ter e dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 in materia di rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico, i rifiuti sono assimilati alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose (2).

3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro delle attività produttive, individua con apposito decreto le forme di promozione e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi (3).

4. Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all’autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L’autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie.

[5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive sono disciplinati modalità, presupposti ed effetti economici per l’ipotesi in cui i soggetti aderenti ai vigenti consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi consorzi o a forme ad essi alternative, in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri, senza che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica .](4)

6. Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono autorizzate in via transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o al definitivo diniego dell’autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli nel proprio ciclo produttivo, i rottami ferrosi individuati dal codice GA 430 dell’Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio 1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato.

6-bis. I soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono attivita’ di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto n. 152 del 2006 possono proseguire le attivita’ di gestione in essere alle condizioni di cui alle disposizioni previgenti fino al rilascio o al diniego delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di dette attivita’ nel nuovo regime. Le relative istanze di autorizzazione o iscrizione sono presentate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (5).

(1) Comma modificato dall’articolo 2, comma 45, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Comma modificato dall’ articolo 38 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.

(3) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 247 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che, prima dell’adozione del decreto ministeriale da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.

(4) Comma soppresso dall’articolo 26, comma 1, lettera b), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1.

(5) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 46, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

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CAPO II

CAPO II

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

     Articolo 266     

(Disposizioni finali)

Art. 266

1. Nelle attrezzature sanitarie di cui all’articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprcsc le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.

2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato.

3. Le spese per l’indennità e per il trattamento economico del personale di cui all’articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, restano a carico del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, salvo quanto previsto dal periodo seguente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse.

4. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività.

5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.

6. Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le disposizioni sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies, anche con riferimento a fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004.

7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia (1) (2).

(1) Per la semplificazione delle procedure amministrative di cui al presente comma, vedi il D.M. 2 maggio 2006; il presente decreto, a norma dell’ articolo unico del Comunicato 26 giugno 2006 , non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, deve considerarsi giuridicamente non produttivo di effetti.

(2) Comma modificato dall’articolo 2, comma 45-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 267     

(Campo di applicazione)

Art. 267

1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell’inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite.

2. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell’autorizzazione di cui all’articolo 208 o nell’autorizzazione integrata ambientale di cui al Titolo III-bis alla Parte Seconda. I valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento sulla base del Titolo III-bis della Parte Quarta e dei piani regionali di qualita’ dell’aria e, per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271 del presente titolo. Resta ferma l’applicazione del presente titolo per gli altri impianti e le altre attivita’ presenti nello stesso stabilimento, nonche’ nei casi previsti dall’articolo 214, comma 8 (1).

3. Resta fermo, per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto al Titolo III-bis della Parte Seconda; per tali installazioni l’autorizzazione alle emissioni prevista dal presente Titolo non e’ richiesta in quanto sostituita dall’autorizzazione integrata ambientale (2).

4. Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui alla parte quinta del presente decreto intende determinare l’attuazione di tutte le più opportune azioni volte a promuovere l’impiego dell’energia elettrica prodotta da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa comunitaria e nazionale vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il dispacciamento prioritario. In particolare:

a) potranno essere promosse dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al contempo sviluppare la base produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno;

b) con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, sono determinati i compensi dei componenti dell’Osservatorio di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse di cui all’articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

c) i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell’articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono essere utilizzati per assolvere all’obbligo di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003;

d) al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all’articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole «otto anni» sono sostituite dalle parole «dodici anni» (3).

(1) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente modificato dall’articolo 18, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente dall’articolo 18, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) A norma dell’articolo 2, comma 151, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999 fino al 31 dicembre 2007.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 268     

(Definizioni)

Art. 268

1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:

a) inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell’aria atmosferica, dovuta all’introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell’ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell’ambiente;

b) emissione in atmosfera: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attivita’ di cui all’articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV nell’ambiente (1);

c) emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata attraverso uno o più appositi punti;

d) emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella lettera c); per le lavorazioni di cui all’articolo 275 le emissioni diffuse includono anche i COV contenuti negli scarichi idrici, nei rifiuti e nei prodotti, fatte salve le diverse indicazioni contenute nella parte III dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto (2);

e) emissione tecnicamente convogliabile: emissione diffusa che deve essere convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela;

f) emissioni totali: la somma delle emissioni diffuse e delle emissioni convogliate;

g) effluente gassoso: lo scarico gassoso, contenente emissioni solide, liquide o gassose; la relativa portata volumetrica è espressa in metri cubi all’ora riportate in condizioni normali (N metri cubi/ora), previa detrazione del tenore di vapore acqueo, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto;

h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o piu’ impianti o sono effettuate una o piu’ attivita’ che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o piu’ attivita’ (3);

i) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che e’ stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 (4);

i-bis) stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che e’ stato autorizzato ai sensi dell’articolo 6 o dell’articolo 11 o dell’articolo 15, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, purche’ in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008 (5);

i-ter) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i) e i-bis) (6);

l) impianto: il dispositivo o il sistema o l’insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attivita’, anche nell’ambito di un ciclo piu’ ampio (7);

m) modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o avvio di una attivita’ presso uno stabilimento o modifica di un impianto o di una attivita’ presso uno stabilimento, la quale comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione tecnica di cui all’articolo 269, comma 2, o nell’autorizzazione di cui all’articolo 269, comma 3, o nella domanda di adesione all’autorizzazione generale di cui all’articolo 272, o nell’autorizzazione rilasciata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti dall’articolo 12 di tale decreto; ricadono nella definizione anche le modifiche relative alle modalita’ di esercizio o ai combustibili utilizzati (8);

m-bis) modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilita’ tecnica delle stesse e che possa produrre effetti negativi e significativi sull’ambiente; per gli impianti di cui all’articolo 273 si applica la definizione prevista dall’articolo 5, comma 1, lettera l-bis); per le attivita’ di cui all’articolo 275 si applicano le definizioni previste ai commi 21e 22 di tale articolo (9);

n) gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l’installazione o l’esercizio dello stabilimento e che e’ responsabile dell’applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto; per gli impianti di cui all’articolo 273 e per le attivita’ di cui all’articolo 275 si applica la definizione prevista all’articolo 5, comma 1, lettera r-bis) (10);

o) autorita’ competente: la regione o la provincia autonoma o la diversa autorita’ indicata dalla legge regionale quale autorita’ competente al rilascio dell’autorizzazione alle emissioni e all’adozione degli altri provvedimenti previsti dal presente titolo; per gli stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per gli adempimenti a questa connessi, l’autorita’ competente e’ quella che rilascia tale autorizzazione (11);

p) autorita’ competente per il controllo: l’autorita’ a cui la legge regionale attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i controlli circa il rispetto dell’autorizzazione e delle disposizioni del presente titolo, ferme restando le competenze degli organi di polizia giudiziaria; in caso di stabilimenti soggetti ad autorizzazione alle emissioni tale autorita’ coincide, salvo diversa indicazione della legge regionale, con quella di cui alla lettera o); per stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per i controlli a questa connessi, l’autorita’ competente per il controllo e’ quella prevista dalla normativa che disciplina tale autorizzazione (12);

q) valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione, la percentuale o il flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati. I valori di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti con riferimento al funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio piu’ gravose e, salvo diversamente disposto dal presente titolo o dall’autorizzazione, si intendono stabiliti come media oraria (13);

r) fattore di emissione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e unità di misura specifica di prodotto o di servizio;

s) concentrazione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e volume dell’effluente gassoso; per gli impianti di combustione i valori di emissione espressi come concentrazione (mg/Nmetri cubi) sono calcolati considerando, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, un tenore volumetrico di ossigeno di riferimento del 3 per cento in volume dell’effluente gassoso per i combustibili liquidi e gassosi, del 6 per cento in volume per i combustibili solidi e del 15 per cento in volume per le turbine a gas;

t) percentuale: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e massa della stessa sostanza utilizzata nel processo produttivo, moltiplicato per cento;

u) flusso di massa: massa di sostanza inquinante emessa per unità di tempo;

v) soglia di rilevanza dell’emissione: flusso di massa, per singolo inquinante o per singola classe di inquinanti, calcolato a monte di eventuali sistemi di abbattimento, e nelle condizioni di esercizio più gravose dell’impianto, al di sotto del quale non si applicano i valori limite di emissione (14);

z) condizioni normali: una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa;

aa) migliori tecniche disponibili: la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche ad evitare ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per :

1) tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura degli impianti e delle attivita’ (15);

2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso. Per gli impianti di cui all’articolo 273 e per le attivita’ di cui all’articolo 275 si applica la definizione prevista all’articolo 5, comma 1, lettera l-ter) (16);

aa-bis) ore operative: il tempo, espresso in ore, durante il quale un grande impianto di combustione e’, in tutto o in parte, e’ in esercizio e produce emissioni in atmosfera, esclusi i periodi di avviamento e di arresto (17).

bb) periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l’impianto, a seguito dell’erogazione di energia, combustibili o materiali, è portato da una condizione nella quale non esercita l’attività a cui è destinato, o la esercita in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico;

cc) periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l’impianto, a seguito dell’interruzione dell’erogazione di energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un guasto, è portato da una condizione nella quale esercita l’attività a cui è destinato in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico o non è esercitata;

dd) carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla potenzialità nominale dell’impianto;

ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l’esercizio dell’attivita’ cui l’impianto e’ destinato (18);

ff) impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto:

gg) grande impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale non inferiore a 50MW. Un grande impianto di combustione e’ classificato come:

1) anteriore al 2013: il grande impianto di combustione che ha ottenuto un’autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o per cui e’ stata presentata una domanda completa di autorizzazione entro tale data, a condizione che sia messo in servizio entro il 7 gennaio 2014;

2) anteriore al 2002: il grande impianto di combustione che ha ottenuto un’autorizzazione prima del 27 novembre 2002 o per cui e’ stata presentata una domanda completa di autorizzazione prima di tale data, a condizione che sia stato messo in esercizio entro il 27 novembre 2003;

3) nuovo: il grande impianto di combustione che non ricade nella definizione di cui ai numeri 2) e 3) (19);

hh) potenza termica nominale dell’impianto di combustione: prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato al singolo impianto di combustione, così come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli;

ii) composto organico: qualsiasi composto contenente almeno l’elemento carbonio e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio o azoto, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici;

ll) composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso. Ai fini della parte quinta del presente decreto, è considerata come COV la frazione di creosoto che alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa;

mm) solvente organico: qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri agenti al fine di dissolvere materie prime, prodotti o rifiuti, senza subire trasformazioni chimiche, o usato come agente di pulizia per dissolvere contaminanti oppure come dissolvente, mezzo di dispersione, correttore di viscosità, correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante;

nn) capacità nominale: la massa giornaliera massima di solventi organici utilizzati per le attività di cui all’articolo 275, svolte in condizioni di normale funzionamento ed in funzione della potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;

oo) consumo di solventi: il quantitativo totale di solventi organici utilizzato in uno stabilimento per le attività di cui all’articolo 275 per anno civile ovvero per qualsiasi altro periodo di dodici mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo (20);

pp) consumo massimo teorico di solventi: il consumo di solventi calcolato sulla base della capacità nominale riferita, se non diversamente stabilito dall’autorizzazione, a tre centotrenta giorni all’anno in caso di attività effettuate su tutto l’arco della settimana ed a duecentoventi giorni all’anno per le altre attività (21);

qq) riutilizzo di solventi organici: l’utilizzo di solventi organici prodotti da una attività e successivamente recuperati [al fine di essere alla stessa destinati] per qualsiasi finalità tecnica o commerciale, ivi compreso l’uso come combustibile (22);

rr) soglia di consumo: il consumo di solvente espresso in tonnellate/anno stabilito dalla parte II dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto, per le attività ivi previste;

[ ss) raffinerie: raffinerie di oli minerali sottoposte ad autorizzazione ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239 ] (23);

tt) impianti di distribuzione: impianti in cui il carburante viene erogato ai serbatoi dei veicoli a motore da impianti di deposito; ai fini dell’applicazione dell’articolo 277 si considerano esistenti gli impianti di distribuzione di benzina gia’ costruiti o la cui costruzione ed il cui esercizio sono autorizzati ai sensi della vigente normativa prima del 1° gennaio 2012 e si considerano nuovi gli impianti di distribuzione di benzina la cui costruzione ed il cui esercizio sono autorizzati ai sensi della vigente normativa dal 1° gennaio 2012; sono equiparati agli impianti nuovi gli impianti distribuzione che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, sono oggetto di una ristrutturazione completa, intesa come il totale rinnovo o riposizionamento dei serbatoi e delle relative tubazioni (24);

tt-bis) distributore: ogni apparecchio finalizzato all’erogazione di benzina; il distributore degli impianti di distribuzione di benzina deve essere dotato di idonea pompa di erogazione in grado di prelevare il carburante dagli impianti di deposito o, in alternativa, essere collegato a un sistema di pompaggio centralizzato (25);

tt-ter) sistema di recupero dei vapori di benzina:

1) ai fini dell’articolo 276, l’attrezzatura per il recupero di benzina dai vapori durante le operazioni di caricamento presso i terminali;

2) ai fini dell’articolo 277, l’attrezzatura per il recupero dei vapori di benzina spostati dal serbatoio del carburante del veicolo durante il rifornimento presso un impianto di distribuzione (26);

tt-quater) sistema di recupero di fase II: sistema di recupero dei vapori di benzina che prevede il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l’impianto di distribuzione o il riconvogliamento degli stessi al distributore per la reimmissione in commercio (27);

tt-quinquies) flusso: quantita’ totale annua di benzina scaricata da cisterne mobili di qualsiasi capacita’ in un impianto di distribuzione (28);

uu) benzina: ogni derivato del petrolio, con o senza additivi, corrispondente ai seguenti codici doganali: NC 2710 1131 – 2710 1141 -2710 1145 – 2710 1149 – 2710 1151 – 2710 1159 o che abbia una tensione di vapore Reid pari o superiore a 27,6 kilopascal, pronto all’impiego quale carburante per veicoli a motore, ad eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL);

uu-bis) vapori di benzina: composti gassosi che evaporano dalla benzina (29);

vv) terminale: ogni struttura adibita al caricamento e allo scaricamento di benzina in/da veicolo-cisterna, carro-cisterna o nave-cisterna, ivi compresi gli impianti di deposito presenti nel sito della struttura;

zz) impianto di deposito: ogni serbatoio fisso adibito allo stoccaggio di combustibile; ai fini dell’applicazione dell’articolo 277 si fa riferimento ai serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina presso gli impianti di distribuzione (30);

aaa) impianto di caricamento: ogni impianto di un terminale ove la benzina può essere caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento per i veicoli-cisterna comprendono una o più torri di caricamento;

bbb) torre di caricamento: ogni struttura di un terminale mediante la quale la benzina può essere, in un dato momento, caricata in un singolo veicolo-cisterna;

ccc) deposito temporaneo di vapori: il deposito temporaneo di vapori in un impianto di deposito a tetto fisso presso un terminale prima del trasferimento e del successivo recupero in un altro terminale. Il trasferimento dei vapori da un impianto di deposito ad un altro nello stesso terminale non è considerato deposito temporaneo di vapori ai sensi della parte quinta del presente decreto;

ddd) cisterna mobile: una cisterna di capacità superiore ad 1 metro cubo, trasportata su strada, per ferrovia o per via navigabile e adibita al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad un impianto di distribuzione di carburanti;

eee) veicolo-cisterna: un veicolo adibito al trasporto su strada della benzina che comprenda una o più cisterne montate stabilmente o facenti parte integrante del telaio o una o più cisterne rimuovibili.

(1) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente dall’articolo 19, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(5) Lettera aggiunta dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(6) Lettera aggiunta dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(7) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(8) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(9) Lettera aggiunta dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente sostituita dall’articolo 19, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(10) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente sostituita dall’articolo 19, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(11) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente sostituita dall’articolo 19, comma 1, lettera d) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Vedi, inoltre, l’articolo 7, comma 3, del D.P.R 13 marzo 2013, n. 59.

(12) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128e successivamente modificata dall’articolo 24, comma 1, lettera g), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 e dall’articolo 19, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(13) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(14) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(15) Punto modificato dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(16) Lettera modificata dall’articolo 19, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(17) Lettera inserita dall’articolo 19, comma 1, lettera g) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(18) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(19) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente dall’articolo 19, comma 1, lettera h) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(20) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(21) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(22) Lettera modificata dall’articolo 19, comma 1, lettera i) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(23) Lettera soppressa dall’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(24) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(25) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(26) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(27) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(28) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(29) Lettera inserita dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(30) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 269     

Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti (1)

Art. 269

1. Fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 267, commi 2 e 3, dal comma 10 del presente articolo e dall’articolo 272, commi 1 e 5, per tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto. L’autorizzazione e’ rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attivita’ presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni (2).

2. Il gestore che intende installare un uno stabilimento nuovo o trasferire un impianto da un luogo ad un altro presenta all’autorità competente una domanda di autorizzazione, accompagnata (3):

a) dal progetto dello stabilimento in cui sono descritti gli impianti e le attivita’, le tecniche adottate per limitare le emissioni e la quantita’ e la qualita’ di tali emissioni, le modalita’ di esercizio, la quota dei punti di emissione individuata in modo da garantire l’adeguata dispersione degli inquinanti, i parametri che caratterizzano l’esercizio e la quantita’, il tipo e le caratteristiche merceologiche dei combustibili di cui si prevede l’utilizzo, nonche’, per gli impianti soggetti a tale condizione, il minimo tecnico definito tramite i parametri di impianto che lo caratterizzano (4);

b) da una relazione tecnica che descrive il complessivo ciclo produttivo in cui si inseriscono gli impianti e le attivita’ ed indica il periodo previsto intercorrente tra la messa in esercizio e la messa a regime degli impianti (5).

3. Per il rilascio dell’autorizzazione all’installazione di stabilimenti nuovi, l’autorità competente indice, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai sensi dell’articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel corso della quale si procede anche, in via istruttoria, ad un contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi e, in particolare, nei procedimenti svolti dal comune ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Per il rinnovo e per l’aggiornamento dell’autorizzazione l’autorita’ competente, previa informazione al comune interessato il quale puo’ esprimere un parere nei trenta giorni successivi, avvia un autonomo procedimento entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. In sede di conferenza di servizi o di autonomo procedimento, eventuali integrazioni della domanda devono essere trasmesse all’autorita’ competente entro trenta giorni dalla relativa richiesta; se l’autorità competente non si pronuncia in un termine pari a centoventi giorni o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a centocinquanta giorni dalla ricezione della domanda stessa, in caso di richiesta di integrazioni tali termini sono sospesi fino alla ricezione delle stesse e, comunque, per un periodo non superiore a trenta giorni; il gestore può, entro i successivi sessanta giorni, richiedere al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di provvedere, notificando tale richiesta anche all’autorità competente. [Il Ministro si esprime sulla richiesta, di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, sentito il comune interessato, entro novanta giorni o, nei casi previsti dall’articolo 281, comma 1, entro centocinquanta giorni dalla ricezione della stessa; decorsi tali termini, si applica l’articolo 2, comma 8, della legge 7 agosto 1990, n. 241 ] (6).

4. L’autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:

a) per le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le modalità di captazione e di convogliamento;

b) per le emissioni convogliate o di cui é stato disposto il convogliamento, i valori limite di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e la periodicità dei controlli di competenza del gestore, la quota dei punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni tecnico-economiche, il minimo tecnico per gli impianti soggetti a tale condizione e le portate di progetto tali da consentire che le emissioni siano diluite solo nella misura inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell’esercizio; devono essere specificamente indicate le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione, le prescrizioni ed i relativi controlli (7);

c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad assicurarne il contenimento.

5. In aggiunta a quanto previsto dal comma 4, l’autorizzazione puo’ stabilire, per ciascun inquinante, valori limite di emissione espressi come flussi di massa annuali riferiti al complesso delle emissioni, eventualmente incluse quelle diffuse, degli impianti e delle attivita’ di uno stabilimento. [Per gli impianti di cui all’allegato XII alla parte seconda del presente decreto, in tutti i casi in cui sia tecnicamente possibile individuare valori limite di emissione espressi come concentrazione, l’autorizzazione integrata ambientale, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 275, comma 2, non puo’ stabilire esclusivamente valori espressi come flusso di massa fattore di emissione o percentuale ] (8).

6. L’autorizzazione stabilisce il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell’impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all’autorita’ competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L’autorizzazione stabilisce la data entro cui devono essere comunicati all’autorita’ competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonche’ il numero dei campionamenti da realizzare; tale periodo deve avere una durata non inferiore a dieci giorni, salvi i casi in cui il progetto di cui al comma 2, lettera a) preveda che l’impianto funzioni esclusivamente per periodi di durata inferiore. L’autorita’ competente per il controllo effettua il primo accertamento circa il rispetto dell’autorizzazione entro sei mesi dalla data di messa a regime di uno o piu’ impianti o dall’avvio di una o piu’ attivita’ dello stabilimento autorizzato (9).

7. L’autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo ha una durata di quindici anni. La domanda di rinnovo deve essere presenta ta almeno un anno prima della scadenza. Nelle more dell’adozione del provvedimento sulla domanda di rinnovo dell’autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo, l’esercizio dell’impianto può continuare anche dopo la scadenza dell’autorizzazione in caso di mancata pronuncia in termini del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi del comma 3. L’autorita’ competente puo’ imporre il rinnovo dell’autorizzazione prima della scadenza ed il rinnovo delle autorizzazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, prima dei termini previsti dall’articolo 281, comma 1, se una modifica delle prescrizioni autorizzative risulti necessaria al rispetto dei valori limite di qualita’ dell’aria previsti dalla vigente normativa. Il rinnovo dell’autorizzazione comporta il decorso di un periodo di quindici anni (10).

8. Il gestore che intende effettuare una modifica dello stabilimento ne da’ comunicazione all’autorita’ competente o, se la modifica e’ sostanziale, presenta, ai sensi del presente articolo, una domanda di autorizzazione. Se la modifica per cui e’ stata data comunicazione e’ sostanziale, l’autorita’ competente ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi del presente articolo. Se la modifica e’ sostanziale l’autorita’ competente aggiorna l’autorizzazione dello stabilimento con un’istruttoria limitata agli impianti e alle attivita’ interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale apposita istruttoria che dimostri tale esigenza in relazione all’evoluzione della situazione ambientale o delle migliori tecniche disponibili, la rinnova con un’istruttoria estesa all’intero stabilimento.[ Se la modifica per cui è stata data comunicazione è sostanziale, l’autorità competente ordina al gestore di presentare una domanda di aggiornamento dell’autorizzazione, alla quale si applicano le disposizioni del presente articolo.] Se la modifica non è sostanziale, l’autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l’autorizzazione in atto. Se l’autorità competente non si esprime entro sessanta giorni, il gestore può procedere all’esecuzione della modifica non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell’autorità competente di provvedere successivamente. [Per modifica sostanziale si intende quella che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse.] E’ fatto salvo quanto previsto dall’articolo 275, comma 11. Il rinnovo dell’autorizzazione comporta, a differenza dell’aggiornamento, il decorso di un nuovo periodo di quindici anni. Con apposito decreto da adottare ai sensi dell’articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l’allegato I alla parte quinta del presente decreto con indicazione degli ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali di cui all’articolo 268, comma 1, lettera m bis), e con l’indicazione modifiche di cui all’articolo 268, comma 1, lettera m) per le quali non vi e’ l’obbligo di effettuare la comunicazione (11).

9. L’autorità competente per il controllo é autorizzata ad effettuare presso gli impianti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto dell’autorizzazione.

10. Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalita’, con apposito provvedimento dall’autorita’ competente (12).

11. Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all’installazione di uno stabilimento nuovo (13).

[12. Le disposizioni dei commi 10 e 11 si applicano altresì a chi intende effettuare, in modo non occasionale ed in un luogo a ciò adibito, in assenza di un impianto, attività di lavorazione, trasformazione o conservazione di materiali agricoli, le quali producano emissioni, o attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti, salvo tali attività ricadano tra quelle previste dall’articolo 272, comma 1. Per le attività aventi ad oggetto i materiali polverulenti si applicano le norme di cui alla parte I dell’Allegato V alla parte quinta del presente decreto.] (14)

[13. Se un luogo é adibito, in assenza di una struttura fissa, all’esercizio non occasionale delle attività previste dai commi 10 o 12, ivi effettuate in modo occasionale da più soggetti, l’autorizzazione é richiesta dal gestore del luogo. Per gestore si intende, ai fini del presente comma, il soggetto che esercita un potere decisionale circa le modalità e le condizioni di utilizzo di tale area da parte di chi esercita l’attività.] (15)

[14. Non sono sottoposti ad autorizzazione i seguenti impianti:

a) impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni a cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui all’Allegato X alla parte quinta del presente decreto, a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel;

b) impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW;

c) impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW:

d) impianti di combustione, ubicati all’interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l’attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate;

e) impianti di combustione alimentati a biogas di cui all’Allegato X alla parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW;

f) gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW;

g) gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW;

h) impianti di combustione connessi alle attività di stoccaggio dei prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza termica nominale inferiore a 5 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 2,5 MW se alimentati a gasolio;

i) impianti di emergenza e di sicurezza, laboratori di analisi e ricerca, impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di prototipi. Tale esenzione non si applica in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dalla parte II dell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto.] (16)

[15. L’autorità competente può prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori degli impianti di cui al comma 14 comunichino alla stessa, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell’impianto o di avvio dell’attività.] (17)

[16. Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito provvedimento dall’autorità competente.] (18)

(1) Rubrica sostituita dall’articolo 3, comma 3, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(3) Alinea modificato dall’articolo 3, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(4) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(5) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(6) Comma modificato dall’articolo 3, comma 3, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’articolo 11, comma 4, lettera a), del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

(7) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 3, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(8) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera f), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente modificato dall’articolo 20, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(9) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera g), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(10) Comma modificato dall’articolo 3, comma 3, lettera h), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(11) Comma modificato dall’articolo 3, comma 3, lettera i), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente modificato dall’articolo 20, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(12) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera l), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(13) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera l), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(14) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera m), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(15) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera m), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(16) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera m), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(17) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera m), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(18) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera m), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 270     

Individuazione degli impianti e convogliamento delle emissioni (1)

Art. 270

1. In sede di autorizzazione, l’autorità competente verifica se le emissioni diffuse di ciascun impianto e di ciascuna attivita’ sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell’Allegato I alla parte quinta dei presente decreto e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento (2).

2. In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale, l’autorità competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse ai sensi del comma 1 anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di cui all’articolo 268, comma 1, lettera aa), numero 2).

3. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sono stabiliti i criteri da utilizzare per la verifica di cui ai commi 1 e 2.

4. Se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e localizzati nello stesso stabilimento sono destinati a specifiche attività tra loro identiche, l’autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerare gli stessi come un unico impianto disponendo il convogliamento ad un solo punto di emissione. L’autorita’ competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione dei valori limite di emissione. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 282, comma 2 (3).

5. In caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, ciascun impianto [o macchinario fisso dotato di autonomia funzionale, anche individuato ai sensi del comma 4,] deve avere un solo punto di emissione, fatto salvo quanto previsto nei commi 6 e 7. Salvo quanto diversamente previsto da altre disposizioni del presente titolo, i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di emissione (4).

6. Ove non sia tecnicamente possibile, anche per ragioni di sicurezza, assicurare il rispetto del comma 5, l’autorita’ competente puo’ consentire un impianto avente piu’ punti di emissione. In tal caso, i valori limite di emissione espressi come flusso di massa, fattore di emissione e percentuale sono riferiti al complesso delle emissioni dell’impianto e quelli espressi come concentrazione sono riferiti alle emissioni dei singoli punti. L’autorizzazione puo’ prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell’impianto; in tal caso, il flusso di massa complessivo dell’impianto non puo’ essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione (5).

7. Ove opportuno, l’autorita’ competente, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, puo’ consentire il convogliamento delle emissioni di piu’ impianti in uno o piu’ punti di emissione comuni, purche’ le emissioni di tutti gli impianti presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a ciascun punto di emissione comune si applica il piu’ restrittivo dei valori limite di emissione espressi come concentrazione previsti per i singoli impianti e, se del caso, si prevede un tenore di ossigeno di riferimento coerente con i flussi inviati a tale punto. L’autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni volte a limitare la diluizione delle emissioni ai sensi dell’articolo 269, comma 4, lettera b) (6).

8. L’adeguamento alle disposizioni del comma 5 o, ove cio’ non sia tecnicamente possibile, alle disposizioni dei commi 6 e 7 e’ realizzato entro i tre anni successivi al primo rinnovo o all’ottenimento dell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 281, commi 1, 2, 3 o 4, o dell’articolo 272, comma 3, ovvero nel piu’ breve termine stabilito dall’autorizzazione. Ai fini dell’applicazione dei commi 4, 5, 6 e 7 l’autorità competente tiene anche conto della documentazione elaborata dalla commissione di cui all’articolo 281, comma 9 (7).

8-bis. Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione, fermo restando quanto previsto all’articolo 273, commi 9 e 10 (8).

(1) Rubrica sostituita dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Comma modificato dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Comma modificato dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Comma modificato dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(5) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(6) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(7) Comma modificato dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(8) Comma aggiunto dall’articolo 20, comma 2 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 271     

Valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attivita’ (1)

Art. 271

1. Il presente articolo disciplina i valori di emissione e le prescrizioni da applicare agli impianti ed alle attivita’ degli stabilimenti (2).

2. Con decreto da adottare ai sensi dell’articolo 281, comma 5, sono individuati, sulla base delle migliori tecniche disponibili, i valori di emissione e le prescrizioni da applicare alle emissioni convogliate e diffuse degli impianti ed alle emissioni diffuse delle attivita’ presso gli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi, attraverso la modifica e l’integrazione degli allegati I e V alla parte quinta del presente decreto (3).

3. La normativa delle regioni e delle province autonome in materia di valori limite e di prescrizioni per le emissioni in atmosfera degli impianti e delle attivita’ deve tenere conto, ove esistenti, dei piani e programmi di qualita’ dell’aria previsti dalla vigente normativa. Restano comunque in vigore le normative adottate dalle regioni o dalle province autonome in conformita’ al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ed al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989, in cui si stabiliscono appositi valori limite di emissione e prescrizioni. Per tutti gli impianti e le attivita’ previsti dall’articolo 272, comma 1, la regione o la provincia autonoma, puo’ stabilire, anche con legge o provvedimento generale, sulla base delle migliori tecniche disponibili, appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati. Con legge o provvedimento generale la regione o la provincia autonoma puo’ inoltre stabilire, ai fini della valutazione dell’entita’ della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche tipologie di impianti (4).

4. I piani e i programmi di qualita’ dell’aria previsti dalla normativa vigente possono stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni piu’ restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte quinta del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio, purche’ cio’ sia necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualita’ dell’aria (5).

5. Per gli impianti e le attivita’ degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 o nuovi l’autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di un’istruttoria che si basa sulle migliori tecniche disponibili e sui valori e sulle prescrizioni fissati nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. Si devono altresi’ valutare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e delle attivita’ presenti, le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di qualita’ dell’aria nella zona interessata. I valori limite di emissione e le prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria devono essere non meno restrittivi di quelli previsti dagli Allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo (6).

5-bis. Per gli impianti e le attivita’ degli stabilimenti a tecnologia avanzata nella produzione di biocarburanti, al fine di assicurare la tutela della salute e dell’ambiente, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro della salute, adotta entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa europea, apposite linee guida recanti i criteri per la fissazione dei valori limite di emissione degli impianti di bioraffinazione, quale parametro vincolante di valutazione da parte delle autorita’ competenti (7).

5-ter. Nelle more dell’adozione delle linee guida di cui al comma 5-bis, gli impianti di bioraffinazione devono applicare le migliori tecniche disponibili, rispettare i limiti massimi previsti dalla normativa nazionale applicabile in materia di tutela della qualita’ dell’aria, di qualita’ ambientale e di emissioni in atmosfera (8).

6. Per le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione, l’autorizzazione stabilisce appositi valori limite con riferimento a quelli previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi effetti analoghi sulla salute e sull’ambiente (9).

7. Anche a seguito dell’adozione del decreto di cui al comma 2, l’autorizzazione degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi puo’ sempre stabilire, per effetto dell’istruttoria prevista dal comma 5, valori limite e prescrizioni piu’ severi di quelli contenuti negli allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto, nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4 (9).

[ 8. Per gli impianti nuovi o per gli impianti anteriori al 2006, fino all’adozione del decreto di cui al comma 2, l’autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei valori e delle prescrizioni fissati nei piani e programmi di cui al comma 5 e sulla base delle migliori tecniche disponibili. Nell’autorizzazione non devono comunque essere superati i valori minimi di emissione che l’Allegato I fissa per gli impianti anteriori al 1988. Le prescrizioni finalizzate ad assicurare il contenimento delle emissioni diffuse sono stabilite sulla base delle migliori tecniche disponibili e dell’Allegato V alla parte quinta del presente decreto. Si applica l’ultimo periodo del comma 6 ] (10).

[ 9. Fermo restando quanto previsto dal comma 8, l’autorizzazione può stabilire valori limite di emissione più severi di quelli fissati dall’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, dalla normativa di cui al comma 3 e dai piani e programmi relativi alla qualità dell’aria:

a) in sede di rinnovo, sulla base delle migliori tecniche disponibili, anche tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi;

b) per zone di particolare pregio naturalistico, individuate all’interno dei piani e dei programmi adottati ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, o dell’articolo 3 del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 183, o dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203] (11).

[10. Nel caso previsto dall’articolo 270, comma 6, l’autorizzazione può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell’impianto. Il flusso di massa complessivo dell’impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione] (12).

11. I valori limite di emissione e il tenore volumetrico dell’ossigeno di riferimento si riferiscono al volume di effluente gassoso rapportato alle condizioni normali, previa detrazione, salvo quanto diversamente indicato nell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, del tenore volumetrico di vapore acqueo.

12. Salvo quanto diversamente indicato nell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, il tenore volumetrico dell’ossigeno di riferimento è quello derivante dal processo. Se nell’emissione il tenore volumetrico di ossigeno è diverso da quello di riferimento, le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:

Formula in corso di preparazione.

dove:

EM = concentrazione misurata

E = concentrazione

O2 M = tenore di ossigeno misurato

O2 = tenore di ossigeno di riferimento

13. I valori limite di emissione si riferiscono alla quantità di emissione diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell’esercizio. In caso di ulteriore diluizione dell’emissione le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:

Formula in corso di preparazione.

dove:

PM= portata misurata

EM = concentrazione misurata

P = portata di effluente gassoso diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell’esercizio

E = concentrazione riferita alla P

14. Salvo quanto diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, i valori limite di emissione si applicano ai periodi di normale funzionamento dell’impianto, intesi come i periodi in cui l’impianto è in funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano anomalie o guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi. L’autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni per tali periodi di avviamento e di arresto e per l’eventualita’ di tali anomalie o guasti ed individuare gli ulteriori periodi transitori nei quali non si applicano i valori limile di emissione.In caso di emissione di sostanze di cui all’articolo 272, comma 4, lettera a), l’autorizzazione, ove tecnicamente possibile, deve stabilire prescrizioni volte a consentire la stima delle quantita’ di tali sostanze emesse durante i periodi in cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri periodi transitori e fissare appositi valori limite di emissione, riferiti a tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. Se si verifica un’anomalia o un guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l’autorità competente deve essere informata entro le otto ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni, fermo restando l’obbligo del gestore di procedere al ripristino funzionale dell’impianto nel più breve tempo possibile e di sospendere l’esercizio dell’impianto se l’anomalia o il guasto puo’ determinare un pericolo per la salute umana. Il gestore è comunque tenuto ad adottare tutte le precauzioni opportune per ridurre al minimo le emissioni durante le fasi di avviamento e di arresto. Sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nella parte quinta del presente decreto per specifiche tipologie di impianti. Non costituiscono in ogni caso periodi di avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si verificano regolarmente nello svolgimento della funzione dell’impianto (13).

15. Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione di cui all’articolo 273 ed agli impianti e alle attivita’ di cui all’articolo 275 (14).

16. Fermo quanto disposto dai commi 5-bis e 5-ter del presente articolo per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale i valori limite e le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano ai fini del rilascio di tale autorizzazione, fermo restando il potere dell’autorità competente di stabilire valori limite e prescrizioni più severi (15).

17. L’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto stabilisce i criteri per la valutazione della conformita’ dei valori misurati ai valori limite di emissione. Con apposito decreto ai sensi dell’articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare tale Allegato VI, prevedendo i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni, con l’indicazione di quelli di riferimento, i principi di misura e le modalita’ atte a garantire la qualita’ dei sistemi di monitoraggio delle emissioni. Fino all’adozione di tale decreto si applicano i metodi precedentemente in uso e, per il rilascio, il rinnovo ed il riesame [delle autorizzazioni integrate ambientali e] delle autorizzazioni di cui all’articolo 269, i metodi stabiliti dall’autorita’ competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre norme internazionali o delle norme nazionali previgenti. Nel periodo di vigenza delle autorizzazioni rilasciate prima dell’entrata in vigore di tale decreto, i controlli, da parte dell’autorita’ o degli organi di cui all’articolo 268, comma 1, lett. p), e l’accertamento del superamento dei valori limite di emissione sono effettuati sulla base dei metodi specificamente indicati nell’autorizzazione o, se l’autorizzazione non indica specificamente i metodi, sulla base di uno tra i metodi sopra elencati. I successivi commi 18, 19 e 20, fatta salva l’immediata applicazione degli obblighi di comunicazione relativi ai controlli di competenza del gestore, si applicano a decorrere dal rilascio o dal primo rinnovo dell’autorizzazione effettuati successivamente all’entrata in vigore di tale decreto (16).

18. Le autorizzazioni alle emissioni [e le autorizzazioni integrate ambientali], rilasciate, anche in sede di rinnovo, dopo l’entrata in vigore del decreto di cui al comma 17, indicano, per le emissioni in atmosfera, i metodi di campionamento e di analisi, individuandoli tra quelli elencati nell’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, e i sistemi per il monitoraggio delle emissioni. In caso di modifica delle prescrizioni relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio nell’ambito dell’autorizzazione, l’autorita’ competente provvede a modificare anche, ove opportuno, i valori limite di emissione autorizzati. I controlli, da parte dell’autorita’ o degli organi di cui all’articolo 268, comma 1, lett. p), possono essere effettuati solo sulla base dei metodi elencati nell’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, anche se diversi da quelli di competenza del gestore indicati dall’autorizzazione. Nel caso in cui, in sede di autorizzazione o di controllo, si ricorra a metodi diversi da quelli elencati nell’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto o a sistemi di monitoraggio non conformi alle prescrizioni di tale allegato, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo. Il gestore effettua i controlli di propria competenza sulla base dei metodi e dei sistemi di monitoraggio indicati nell’autorizzazione e mette i risultati a disposizione dell’autorita’ competente per il controllo nei modi previsti dall’Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e dall’autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a sistemi di monitoraggio diversi o non conformi alle prescrizioni dell’autorizzazione, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo e si applica la pena prevista dall’articolo 279, comma 2 (17).

19. Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell’autorita’ o degli organi di cui all’articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, forniscono risultati diversi, l’accertamento deve essere ripetuto sulla base del metodo di riferimento. In caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base del metodo di riferimento e quelli ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di monitoraggio indicati dall’autorizzazione, l’autorita’ competente provvede ad aggiornare tempestivamente l’autorizzazione nelle parti relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la necessita’, ai valori limite di emissione (18).

20. Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato di cui all’articolo 279, comma 2, soltanto se i controlli effettuati dall’autorita’ o dagli organi di cui all’articolo 268, comma 1, lett. p), accertano una difformita’ tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi elencati nell’Allegato V alla parte quinta del presente decreto e di sistemi di monitoraggio conformi alle prescrizioni di tale allegato. Le difformita’ accertate nei controlli di competenza del gestore devono essere da costui specificamente comunicate all’autorita’ competente per il controllo entro 24 ore dall’accertamento. Se i risultati dei controlli di competenza del gestore e i risultati dei controlli dell’autorita’ o degli organi di cui all’articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, divergono in merito alla conformita’ dei valori misurati ai valori limite prescritti, si procede nei modi previsti dal comma 19; i risultati di tali controlli, inclusi quelli ottenuti in sede di ripetizione dell’accertamento, non possono essere utilizzati ai fini della contestazione del reato previsto dall’articolo 279, comma 2, per il superamento dei valori limite di emissione. Resta ferma, in tutti i casi, l’applicazione dell’articolo 279, comma 2, se si verificano le circostanze previste dall’ultimo periodo del comma 18 (19).

(1) Rubrica sostituita dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(5) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(6) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(7) Comma aggiunto articolo 30, comma 2-sexies, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(8) Comma aggiunto articolo 30, comma 2-sexies, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(9) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(10) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(11) Comma soppresso dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(12) Comma soppresso dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(13) Comma soppresso dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(14) Comma modificato dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(15) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente modificato dall’articolo 30, comma 2-septies, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(16) Comma modificato dall’articolo 21, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(17) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente modificato dall’articolo 21, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(18) Comma aggiunto dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente modificato dall’articolo 21, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(19) Comma aggiunto dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(20) Comma aggiunto dall’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 272     

(Impianti e attività in deroga)

Art. 272

1. Non sono sottoposti ad autorizzazione di cui al presente titolo gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attivita’ elencati nella parte I dell’Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. L’elenco si riferisce a impianti e ad attivita’ le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell’inquinamento atmosferico. Si applicano esclusivamente i valori limite di emissione e le prescrizioni specificamente previsti, per tali impianti e attivita’, dai piani e programmi o dalle normative di cui all’articolo 271, commi 3 e 4. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte I dell’Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l’insieme degli impianti e delle attivita’ che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell’elenco. Gli impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6, dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto, devono in ogni caso rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l’uso di tali combustibili nella parte III II, dell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto. Se in uno stabilimento sono presenti sia impianti o attivita’ inclusi nell’elenco della parte I dell’allegato IV alla parte quinta del presente decreto, sia impianti o attivita’ non inclusi nell’elenco, l’autorizzazione di cui al presente titolo considera solo quelli esclusi. Il presente comma si applica anche ai dispositivi mobili utilizzati all’interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all’interno di uno stabilimento. Il gestore di uno stabilimento in cui i dispositivi mobili di un altro gestore sono collocati ed utilizzati in modo non occasionale deve comunque ricomprendere tali dispositivi nella domanda di autorizzazione dell’articolo 269 salva la possibilita’ di aderire alle autorizzazioni generali del comma 2 nei casi ivi previsti. L’autorita’ competente puo’ altresi’ prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori comunichino alla stessa o ad altra autorita’ da questa delegata, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell’impianto o di avvio dell’attivita’ ovvero, in caso di dispositivi mobili, la data di inizio di ciascuna campagna di utilizzo. Gli elenchi contenuti nell’allegato IV alla parte quinta del presente decreto possono essere aggiornati ed integrati, con le modalita’ di cui all’articolo 281, comma 5, anche su indicazione delle regioni, delle province autonome e delle associazioni rappresentative di categorie produttive (1).

2. Per specifiche categorie di categorie di stabilimenti, individuate in relazione al tipo e alle modalità di produzione, l’autorità competente può adottare apposite autorizzazioni di carattere generale, relative a ciascuna singola categoria , nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e la periodicità dei controlli. I valori limite di emissione e le prescrizioni sono stabiliti in conformità all’articolo 271, commi da 5 a 7. L’autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di adesione e puo’ prevedere appositi modelli semplificati di domanda, nei quali le quantita’ e le qualita’ delle emissioni sono deducibili dalle quantita’ di materie prime ed ausiliarie utilizzate. [All’adozione di tali autorizzazioni generali l’autorita’ competente deve in ogni caso procedere entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, per gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente gli impianti e le attivita’ di cui alla parte II dell’Allegato IV alla parte quinta del presente decreto.] Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte II dell’Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l’insieme degli impianti e delle attivita’ che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell’elenco. [In caso di mancata adozione dell’autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e i gestori degli stabilimenti interessati comunicanoo ad altra autorita’ da questa delegata; è fatto salvo il potere di tale autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, l’adesione obbligatoria alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. ] Per gli stabilimenti in cui sono presenti anche impianti o attivita’ a cui l’autorizzazione generale non si riferisce, il gestore deve presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 269. I gestori degli impianti per cui è stata adottata una autorizzazione generale possono comunque presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 269 (2)

3. Almeno quarantacinque giorni prima dell’installazione il gestore degli stabilimenti di cui al comma 2, presenta all’autorita’ competente o ad altra autorita’ da questa delegata una domanda di adesione all’autorizzazione generale corredata dai documenti ivi prescritti. L’autorita’ che riceve la domanda puo’, con proprio provvedimento, negare l’adesione nel caso in cui non siano rispettati i requisiti previsti dall’autorizzazione generale o i requisiti previsti dai piani e dai programmi o dalle normative di cui all’articolo 271, commi 3 e 4, o in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale. Tale procedura si applica anche nel caso in cui il gestore intenda effettuare una modifica dello stabilimento. Resta fermo l’obbligo di sottoporre lo stabilimento all’autorizzazione di cui all’articolo 269 in caso di modifiche per effetto delle quali lo stabilimento non sia piu’ conforme alle previsioni dell’autorizzazione generale. L’autorizzazione generale si applica a chi vi ha aderito, anche se sostituita da successive autorizzazioni generali, per un periodo pari ai dieci anni successivi all’adesione. Non hanno effetto su tale termine le domande di adesione relative alle modifiche dello stabilimento. Almeno quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore presenta una domanda di adesione all’autorizzazione generale vigente, corredata dai documenti ivi prescritti. L’autorita’ competente procede, almeno ogni dieci anni, al rinnovo delle autorizzazioni generali adottate ai sensi del presente articolo. Per le autorizzazioni generali rilasciate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989 e del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, il primo rinnovo e’ effettuato entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto e i soggetti autorizzati presentano una domanda di adesione, corredata dai documenti ivi prescritti, nei sei mesi che seguono al rinnovo o nei diversi termini stabiliti dall’autorizzazione stessa, durante i quali l’esercizio puo’ essere continuato. In caso di mancata presentazione della domanda di adesione nei termini previsti dal presente comma lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni (3).

4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 non si applicano :

a) in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dalla parte II dell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, o

b) nel caso in cui siano utilizzate, nell’impianto o nell’attività, le sostanze o i preparati classificati dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, a causa del loro tenore di COV, e ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R 61 (4).

4-bis. Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell’articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l’allegato IV, parte II, alla parte quinta del presente decreto con l’indicazione dei casi in cui, in deroga al comma precedente, l’autorita’ competente puo’ permettere, nell’autorizzazione generale, l’utilizzo di sostanze inquinanti classificate con frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61, R68, in considerazione degli scarsi quantitativi d’impiego o delle ridotte percentuali di presenza nelle materie prime o nelle emissioni (5).

5. Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati alla difesa nazionale ed alle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d’aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di lavoro. Agli impianti di distribuzione dei carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni degli articoli 276 e 277 (6).

(1) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Comma modificato dall’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e dall’articolo 11, comma 4, lettera b), del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

(3) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Comma modificato dall’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(5) Comma inserito dall’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(6) Comma modificato dall’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 273     

(Grandi impianti di combustione)

Art. 273

1. L’Allegato II alla parte quinta del presente decreto stabilisce, in relazione ai grandi impianti di combustione, i valori limite di emissione, inclusi quelli degli impianti multicombustibili, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della conformità ai valori limite e le ipotesi di anomalo funzionamento o di guasto degli impianti.

2. Ai grandi impianti di combustione nuovi si applicano i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell’Allegato II alla Parte Quinta (1).

3. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 2013 i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell’Allegato II alla Parte Quinta si applicano a partire dal 1° gennaio 2016. Ai grandi impianti di combustione che hanno ottenuto l’esenzione prevista all’Allegato II, Parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta si applicano, in caso di esercizio dal 1° gennaio 2016, i valori limite di emissione previsti dal comma 2 per gli impianti nuovi. Le vigenti autorizzazioni sono entro tale data adeguate alle disposizioni del presente articolo nell’ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico ovvero, se nessun rinnovo periodico e’ previsto entro tale data, a seguito di una richiesta di aggiornamento presentata dal gestore entro il 1° gennaio 2015 ai sensi dell’articolo 29-nonies. Fatto salvo quanto disposto dalla parte seconda del presente decreto, tali autorizzazioni continuano, nelle more del loro adeguamento, a costituire titolo all’esercizio fino al 1° gennaio 2016. Le autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo non possono stabilire valori limite meno severi di quelli previsti dalle autorizzazioni soggette al rinnovo, ferma restando l’istruttoria relativa alle domande di modifica degli impianti (2).

4. L’autorizzazione puo’ consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, gli impianti di combustione di cui al comma 3 siano in esercizio per un numero di ore operative pari o inferiore a 17.500 senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti condizioni:

a) il gestore dell’impianto presenta all’autorita’ competente, entro il 30 giugno 2014, nell’ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico dell’autorizzazione ovvero, se nessun rinnovo periodico e’ previsto entro tale data, nell’ambito di una richiesta di aggiornamento presentata ai sensi dell’articolo 29-nonies, una dichiarazione scritta contenente l’impegno a non far funzionare l’impianto per piu’ di 17.500 ore operative tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, informandone contestualmente il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

b) entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, il gestore presenta all’autorita’ competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui e’ riportata la registrazione delle ore operative utilizzate dal 1° gennaio 2016;

c) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023 si applicano valori limite di emissione non meno severi di quelli che l’impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell’autorizzazione, del presente Titolo e del Titolo III-bis alla Parte Seconda;

d) l’impianto non ha ottenuto l’esenzione prevista all’Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta (3).

4-bis. Se l’esenzione prevista dal comma 4 e’ concessa ad impianti di combustione con potenza termica nominale totale superiore a 500 MW alimentati con combustibili solidi, autorizzati per la prima volta dopo il 1° luglio 1987, devono essere in tutti i casi rispettati, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, i valori limite previsti per gli ossidi azoto all’Allegato II, Parte II, alla Parte Quinta (4).

5. L’autorizzazione puo’ consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, gli impianti di combustione anteriori al 2002 con potenza termica nominale totale non superiore a 200 MW siano in esercizio senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti condizioni:

a) almeno il 50 per cento della produzione di calore utile dell’impianto, calcolata come media mobile su ciascun periodo di cinque anni a partire dal quinto anno antecedente l’autorizzazione, e’ fornito ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda; il gestore e’ tenuto a presentare all’autorita’ competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, un documento in cui e’ indicata la percentuale di produzione di calore utile dell’impianto destinata a tale fornitura;

b) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023 si applicano valori limite di emissione non meno severi di quelli che l’impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell’autorizzazione, del presente titolo e del Titolo III-bis della Parte Seconda (5).

6. Ai sensi dell’articolo 271, commi 5, 14 e 15, l’autorizzazione di tutti i grandi impianti di combustione deve prevedere valori limite di emissione non meno severi dei pertinenti valori di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 7, dell’Allegato II e dei valori di cui all’Allegato I alla Parte Quinta (6).

7. Per i grandi impianti di combustione, ciascun camino, contenente una o piu’ canne di scarico, corrisponde, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 270, ad un punto di emissione (7).

8. In aggiunta a quanto previsto dall’articolo 271, comma 14, i valori limite di emissione non si applicano ai grandi impianti di combustione nei casi di anomalo funzionamento previsti dalla parte I dell’Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nel rispetto delle condizioni ivi previste.

9. Se piu’ impianti di combustione, anche di potenza termica nominale inferiore a 50 MW, sono localizzati nello stesso stabilimento l’autorita’ competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione. L’autorita’ competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, puo’ altresi’ disporre il convogliamento delle emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed applicare i valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all’impianto piu’ recente (8).

10. L’adeguamento alle disposizioni del comma 9 e’ effettuato nei tempi a tal fine stabiliti dall’autorizzazione (9).

11. Nel caso in cui un grande impianto di combustione sia sottoposto a modifiche sostanziali, si applicano all’impianto i valori limite di emissione stabiliti alla Parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell’Allegato II alla Parte Quinta (10).

12. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti nuovi o in caso di modifiche ai sensi del comma 11, la domanda di autorizzazione deve essere corredata da un apposito studio concernente la fattibilità tecnica ed economica della generazione combinata di calore e di elettricità. Nel caso in cui tale fattibilità sia accertata, anche alla luce di elementi diversi da quelli contenuti nello studio, l’autorità competente, tenuto conto della situazione del mercato e della distribuzione, condiziona il rilascio del provvedimento autorizzativo alla realizzazione immediata o differita di tale soluzione.

13. Dopo il 1° gennaio 2008, agli impianti di combustione di potenza termica nominale inferiore a 50MW ed agli altri impianti esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto, facenti parte di una raffineria, continuano ad applicarsi, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, i valori limite di emissione calcolati, su un intervallo mensile o inferiore, come rapporto ponderato tra la somma delle masse inquinanti emesse e la somma dei volumi delle emissioni di tutti gli impianti della raffineria, inclusi quelli ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo (11).

14. In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione che potrebbero arrecare un significativo pregiudizio all’ambiente di un altro Stato della Comunità europea, l’autorità competente informa il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per l’adempimento degli obblighi di cui alla convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata con la legge 3 novembre 1994, n. 640.

15. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli impianti di combustione destinati alla produzione di energia, ad esclusione di quelli che utilizzano direttamente i prodotti di combustione in procedimenti di fabbricazione. Sono esclusi in particolare:

a) gli impianti in cui i prodotti della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l’essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali, come i forni di riscaldo o i forni di trattamento termico;

b) gli impianti di postcombustione, cioè qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell’effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione;

c) i dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di craking catalitico;

d) i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;

e) i reattori utilizzati nell’industria chimica;

f) le batterie di forni per il coke;

g) i cowpers degli altiforni;

h) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;

i) le turbine a gas e motori a gas usati su piattaforme off-shore e sugli impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore (12);

[ l) le turbine a gas autorizzate anteriormente alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, fatte salve le disposizioni alle stesse espressa mente riferite ] (13);

[m) gli impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas.] (14)

m-bis) gli impianti che utilizzano come combustibile qualsiasi rifiuto solido o liquido non ricadente nella definizione di biomassa di cui all’Allegato II alla Parte Quinta (15).

[16. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle turbine a gas autorizzate successivamente all’entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. Alle turbine a gas autorizzate precedentemente si applicano esclusivamente le disposizioni alle stesse riferite dall’Allegato II alla parte quinta del presente decreto in materia di monitoraggio e controllo delle emissioni, nonche’ di anomalie e guasti degli impianti di abbattimento.] (16)

16-bis. A partire dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, ai fini del rilascio dell’autorizzazione prevista per la costruzione degli di impianti di combustione con una potenza termica nominale pari o superiore a 300 MW, il gestore presenta una relazione che comprova la sussistenza delle seguenti condizioni:

a) disponibilita’ di appropriati siti di stoccaggio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162;

b) fattibilita’ tecnica ed economica di strutture di trasporto di cui all’articolo 3, comma 1, lettera aa), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162;

c) possibilita’ tecnica ed economica di installare a posteriori le strutture per la cattura di CO2 (17).

16-ter. L’autorita’ competente, sulla base della documentazione di cui al comma 16-bis, stabilisce se le condizioni di cui allo stesso comma sono soddisfatte. In tal caso il gestore provvede a riservare un’area sufficiente all’interno del sito per installare le strutture necessarie alla cattura e alla compressione di CO 2 (18).

(1) Comma sostituito dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Comma sostituito dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Comma sostituito dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Comma aggiunto dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) Comma sostituito dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(6) Comma sostituito dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(7) Comma modificato dall’articolo 3, comma 7, lettera a), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(8) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 7, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(9) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 7, lettera b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(10) Comma sostituito dall’articolo 22, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(11) Comma modificato dall’articolo 3, comma 7, lettera c), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(12) Lettera sostituita dall’articolo 22, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(13) Lettera soppressa dall’articolo 3, comma 7, lettera d), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente abrogata dall’articolo 34, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(14) Lettera abrogata dall’articolo 34, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(15) Lettera aggiunta dall’articolo 22, comma 1, lettera d) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

(16) Comma inserito dall’articolo 3, comma 7, lettera e), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente abrogato dall’articolo 34, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(17) Comma inserito dall’articolo 35, comma 3, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162 e successivamente sostituito dall’articolo 22, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(18) Comma inserito dall’articolo 35, comma 3, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 274     

(Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione) (1)

Art. 274

1. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alla Commissione europea, ogni tre anni, una relazione inerente le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto, nella quale siano separatamente indicate le emissioni delle raffinerie. Tale relazione e’ trasmessa per la prima volta entro il 31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre anni che decorre dal 1° gennaio 2004 e, in seguito, entro dodici mesi dalla fine di ciascun successivo periodo di tre anni preso in esame. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette inoltre alla Commissione europea, su richiesta, i dati annuali relativi alle emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri dei singoli impianti di combustione.

2. Fino all’anno 2016, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alla Commissione europea ogni anno, in relazione all’anno precedente, una relazione concernente gli impianti per i quali e’ stata concessa l’esenzione prevista dall’Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta, con l’indicazione dei tempi utilizzati e non utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di funzionamento degli impianti. A tal fine l’autorita’ competente, se diversa dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette informazioni.

3. Entro il 1° gennaio 2016 il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea gli elenchi di tutti gli impianti di combustione cui si applicano rispettivamente l’articolo 273, comma 4, e l’articolo 273, comma 5, specificando, per ciascun impianto, la potenza termica nominale totale, le tipologie di combustibili usati e i valori limite di emissione applicati per ossidi di zolfo, ossidi di azoto e polveri. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio presenta alla Commissione europea entro il 31 dicembre di ogni anno, a partire dal 2017, per ciascun impianto di cui all’articolo 273, comma 5, la registrazione del numero di ore operative utilizzate dal 1° gennaio 2016 e, per ciascun impianto di cui all’articolo 273, comma 6, la percentuale della produzione di calore utile, calcolata come media mobile sui cinque anni civili precedenti, fornita ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda. L’autorita’ competente, se diversa dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, comunica a tale Ministero le predette deroghe contestualmente all’applicazione delle stesse specificando, per ciascun impianto, la potenza termica nominale totale, le tipologie di combustibili usati e i valori limite di emissione applicati per ossidi di zolfo, ossidi di azoto e polveri.

4. Entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori dei grandi impianti di combustione comunicano all’Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (ISPRA), con le modalita’ previste alla Parte III dell’Allegato II alla Parte Quinta, la tipologia dell’impianto gestito, la data di messa in esercizio dell’impianto e, con riferimento all’anno precedente, le emissioni totali, di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri, determinate conformemente alle prescrizioni della Parte IV dell’Allegato II alla Parte Quinta, la quantita’ annua totale di energia prodotta rispettivamente dal carbone, dalla lignite, dalle biomasse, dalla torba, dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto, le ore operative, nonche’ la caratterizzazione dei sistemi di abbattimento delle emissioni. In caso di mancata comunicazione dei dati e delle informazioni di cui al presente comma, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall’articolo 650 del codice penale, ordina al gestore inadempiente di provvedere.

5. L’ISPRA, sulla base delle informazioni di cui al comma 4, elabora una relazione in cui sono riportate le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto. Tale relazione deve riportare tutti gli elementi previsti dal comma 4. Almeno due mesi prima della scadenza prevista dal comma 1 per la trasmissione dei dati alla Commissione europea, l’ISPRA trasmette al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la suddetta relazione, nonche’ i dati disaggregati relativi a ciascun impianto.

6. I dati di cui al comma 4 sono raccolti e inviati in formato elettronico. A tal fine debbono essere osservate, ove disponibili, le procedure indicate sul sito internet del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La relazione di cui al comma 5, nonche’ i dati disaggregati raccolti dall’ISPRA sono resi disponibili alle autorita’ competenti sul sito internet del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sul sito internet dell’ISPRA.

7. Entro il 31 dicembre di ogni anno, a partire dal 2017, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea, con riferimento all’anno precedente:

a) per gli impianti di combustione cui si applica la Parte II, sezione 1, lettera C, dell’Allegato II alla Parte Quinta, il tenore di zolfo del combustibile solido indigeno usato e il grado di desolforazione raggiunto come media mensile; la prima comunicazione indica anche la motivazione tecnica dell’impossibilita’ di rispettare i valori limite di emissione oggetto di deroga;

b) il numero di ore operative annue utilizzate dagli impianti di combustione a cui sono state concesse le deroghe previste all’Allegato II, parte II, alla Parte Quinta, sezione I, lettera A, paragrafo 2, sezione 2, lettera A, paragrafo 2, sezione 4, lettera A, paragrafo 1, note 1, 4 e 5, e sezione 4, lettera A-bis, paragrafo 3.

8. L’autorita’ competente, se diversa dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, comunica a tale Ministero le deroghe di cui alle lettere a) e b) contestualmente all’applicazione delle stesse.

(1) Articolo modificato dall’articolo 3, comma 8, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 23, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 275     

(Emissioni di cov)

Art. 275

1. L’Allegato IIIalla parte quinta del presente decreto stabilisce, relativamente alle emissioni di composti organici volatili, i valori limite di emissione, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e le modalità di redazione del piano di gestione dei solventi. Le disposizioni previste dal presente articolo per gli stabilimenti si intendono riferite anche alle installazioni soggette ad autorizzazione integrata ambientale. L’Allegato III alla Parte Quinta indica i casi in cui le attivita’ degli stabilimenti esistenti di cui al comma 8 sono soggette a valori limite e prescrizioni speciali (1).

2. Se nello stesso stabilimento sono esercitate, mediante uno o più impianti o macchinari e sistemi non fissi o operazioni manuali, una o più attività individuate nella parte II dell’Allegato IIIalla parte quinta del presente decreto le quali superano singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi stabilite, a ciascuna di tali attività secondo le modalita’ di cui al comma 7 si applicano i valori limite per le emissioni convogliate e per le emissioni diffuse di cui al medesimoAllegato III, parte III, oppure i valori limite di emissione totale di cui a tale Allegato III, parti III e IV, nonché le prescrizioni ivi previste. Tale disposizione si applica anche alle attività che, nello stesso stabilimento, sono direttamente collegate e tecnicamente connesse alle attività individuate nel suddetto Allegato III, parte II, e che possono influire sulle emissioni di COV. Il superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato con riferimento al consumo massimo teorico di solvente [autorizzato]. Le attività di cui alla parte II dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto comprendono la pulizia delle apparecchiature e non comprendono la pulizia dei prodotti, fatte salve le diverse disposizioni ivi previste (2).

3. Ai fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le emissioni convogliate si applicano a ciascun impianto che produce tali emissioni ed i valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle emissioni non convogliate di tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni.

4. Il gestore che intende effettuare le attività di cui al comma 2 presenta all’autorità competente una domanda di autorizzazione dello stabilimento ai sensi dell’articolo 269 o, ricorrendone i presupposti, una domanda di adesione ai sensi dell’articolo 272, comma 3, o una domanda di autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’articolo 29-ter, in conformita’ a quanto previsto al presente articolo e all’Allegato III alla Parte Quinta. [Si applica, a tal fine, l’articolo 269, ad eccezione dei commi 2 e 4.] In aggiunta ai casi previsti dall’articolo 269, comma 8, la domanda di autorizzazione deve essere presentata anche dal gestore dello stabilimento in cui sono esercitate delle attivita’ che, a seguito di una modifica del consumo massimo teorico di solvente, rientrano tra quelle di cui al comma 2 (3).

5. L’autorizzazione stabilisce, sulla base dei commi 2 e 7, i valori limite di emissione e le prescrizioni che devono essere rispettati. Per la captazione e il convogliamento si applica l’articolo 270. Sono inoltre previste le precauzioni necessarie per ridurre al minimo le emissioni di COV durante le operazioni di avviamento e di arresto. Le autorizzazioni, incluse quelle rilasciate in sede di rinnovo ai sensi dell’articolo 281, assicurano che tali valori limite e prescrizioni si applichino a tutte le attivita’ di cui al comma 2 e che i valori limite e le prescrizioni di cui all’ultimo periodo del comma 2 si possano applicare soltanto alle attivita’ degli stabilimenti esistenti (4).

6. L’autorizzazione indica il consumo massimo teorico di solvente e l’emissione totale annua conseguente all’applicazione dei valori limite di cui al comma 2, individuata sulla base di detto consumo, nonché la periodicità dell’aggiornamento del piano di gestione di cui alla parte V dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto.

7. Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2 è assicurato mediante l’applicazione delle migliori tecniche disponibili e, in particolare, utilizzando materie prime a ridotto o nullo tenore di solventi organici, ottimizzando l’esercizio e la gestione delle attività e, ove necessario, installando idonei dispositivi di abbattimento, in modo da minimizzare le emissioni di composti organici volatili.

8. Si considerano esistenti, ai fini del presente articolo, gli stabilimenti che al 1° aprile 2001 erano in esercizio in base agli atti autorizzativi all’epoca previsti o per i quali e’ stata presentata una domanda completa di autorizzazione prima di tale data ove lo stabilimento sia stato messo in funzione entro il 1° aprile 2002. Si considerano nuovi gli altri stabilimenti. Ai fini dell’applicazione degli articoli 270, 271 e 281 gli stabilimenti previsti dal presente articolo, escluse le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, si considerano anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi sulla base delle definizioni previste dall’articolo 268 (5).

[9. Se le attività di cui al comma 2 sono effettuate esclusivamente da macchinari e sistemi non fissi o da operazioni manuali, in esercizio prima dell’entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, le emissioni devono essere adeguate alle pertinenti prescrizioni dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007. A tal fine l’autorizzazione di cui al comma 4 deve essere richiesta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. In caso di mancata presentazione della richiesta entro tale termine le attività si considerano in esercizio senza autorizzazione.] (6)

10. Sono fatte salve le autorizzazioni rilasciate prima del 13 marzo 2004 che conseguono un maggiore contenimento delle emissioni di composti organici volatili rispetto a quello ottenibile con l’applicazione delle indicazioni di cui alle parti III e IV dell’Allegato IIIalla parte quinta del presente decreto. In tal caso rimangono validi i metodi di campionamento e di analisi precedentemente in uso. È fatta salva la facoltà del gestore di chiedere all’autorità competente di rivedere dette autorizzazioni sulla base delle disposizioni della parte quinta del presente decreto (7).

11. In caso di modifiche sostanziali di attivita’ svolte negli stabilimenti esistenti l’autorizzazione dispone che le attivita’ oggetto di modifica sostanziale:

a) siano soggette alle prescrizioni relative alle attivita’ degli stabilimenti nuovi;

b) siano soggette alle prescrizioni relative alle attivita’ degli stabilimenti esistenti se le emissioni totali di tutte le attivita’ svolte nello stabilimento non superano quelle che si producono in caso di applicazione della lettera a) (8).

12. Se il gestore comprova all’autorita’ competente che, pur utilizzando la migliore tecnica disponibile, non e’ possibile, per uno specifico stabilimento, rispettare il valore limite per le emissioni diffuse, tale autorita’ puo’ autorizzare deroghe a detto valore limite, purche’ cio’ non comporti rischi per la salute umana o per l’ambiente e purche’ le migliori tecniche disponibili siano comunque applicate (9).

13. Nei casi previsti nella parte III dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto, l’autorità competente può esentare il gestore dall’applicazione delle prescrizioni ivi stabilite se le emissioni non possono essere convogliate ai sensi dell’articolo 270, commi 1 e 2. In tal caso si applica quanto previsto dalla parte IV dell’Allegato IIIalla parte quinta del presente decreto, salvo il gestore comprovi all’autorità competente che il rispetto di detto Allegato non è, nel caso di specie, tecnicamente ed economicamente fattibile e che l’impianto utilizza la migliore tecnica disponibile.

14. L’autorità competente comunica al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, nella relazione di cui al comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi dei commi 12 e 13.

15. Se due o più attività effettuate nello stesso stabilimento superano singolarmente le soglie di cui al comma 2, l’autorità competente può:

a) applicare i valori limite previsti da tale comma a ciascuna singola attività o

b) applicare un valore di emissione totale, riferito alla somma delle emissioni di tali attività, non superiore a quello che si avrebbe applicando quanto previsto dalla lettera a); la presente opzione non si estende alle emissioni delle sostanze indicate nel comma 17 (10).

[16. Il gestore che, nei casi previsti dal comma 8, utilizza un dispositivo di abbattimento che consente il rispetto di un valore limite di emissione pari a 50 mgC/N metri cubi, in caso di combustione, e pari a 150 mgC/N metri cubi, in tutti gli altri casi, deve rispettare i valori limite per le emissioni convogliate di cui alla parte III dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto entro il 1° aprile 2013, purche’, sin dalle date di adeguamento previste dal comma 8, le emissioni totali non superino quelle che si sarebbero prodotte in caso di applicazione delle prescrizioni della parte III dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto.] (11)

17. La parte I dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce appositi valori limite di emissione per le sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l’ambiente.

18. Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, ogni tre anni ed entro il 30 aprile, a partire dal 2005, una relazione relativa all’applicazione del presente articolo, in conformità a quanto previsto dalla decisione della Commissione europea 2010/681/UE del 9 novembre 2010. Copia della relazione è inviata dalle autorità competenti alla regione o alla provincia autonoma. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio invia tali informazioni alla Commissione europea (12).

18-bis. Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell’articolo 281, comma 6, si provvede ad inserire all’Allegato III alla Parte Quinta una specifica disciplina delle attivita’ di relazione e di comunicazione alla Commissione europea in merito all’applicazione del presente articolo, in conformita’ ai provvedimenti comunitari di attuazione dell’articolo 72 della direttiva 2010/75/UE. Il comma 18 non trova applicazione a decorrere dalla data prevista dal predetto decreto (13).

[ 19. Alle emissioni di COV degli impianti anteriori al 1988, disciplinati dal presente articolo, si applicano, fino alle date previste dai commi 8 e 9 ovvero fino alla data di effettivo adeguamento degli impianti, se anteriore, i valori limite e le prescrizioni di cui all’Allegato Ialla parte quinta del presente decreto ] (14).

20. I gestori degli stabilimenti costituiti da uno o piu’ impianti a ciclo chiuso di pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso, per i quali l’autorità competente non abbia adottato autorizzazioni di carattere generale, comunicano a tali autorità di aderire all’autorizzazione di cui alla parte VII dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto. E’ fatto salvo il potere delle medesime autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell’articolo 272, l’obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella prevista dalla parte VII dell’Allegato IIIalla parte quinta del presente decreto relativamente al territorio a cui tali nuove autorizzazioni si riferiscono. A tali attività non si applicano le prescrizioni della parte I, paragrafo 3, punti 3.2, 3.3. e 3.4 dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto (15).

21. Costituisce modifica sostanziale, ai sensi del presente articolo:

a) per le attività di ridotte dimensioni, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al venticinque per cento;

b) per tutte le altre attività, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al dieci per cento;

c) qualsiasi modifica che, a giudizio dell’autorità competente, potrebbe avere effetti negativi significativi sulla salute umana o sull’ambiente;

d) qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la variazione dei valori limite applicabili;

22. Per attività di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 21, si intendono le attività di cui alla parte III, punti 1, 3, 4, 5, 8, 10, 13,16 o 17 dell’Allegato III alla parte quinta del presente decreto aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore o uguale alla più bassa tra le soglie di consumo ivi indicate in terza colonna e le altre attività di cui alla parte III del medesimoAllegato III aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore a 10 tonnellate l’anno.

(1) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Comma modificato dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Comma modificato dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente dall’articolo 24, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) Comma modificato dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente sostituito dall’articolo 24, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(6) Comma abrogato dall’articolo 34, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(7) Comma modificato dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(8) Comma modificato dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente sostituito dall’articolo 24, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(9) Comma sostituito dall’articolo 24, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(10) Comma modificato dall’articolo 24, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(11) Comma modificato dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente abrogato dall’articolo 34, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(12) Comma modificato dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente dall’articolo 24, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(13) Comma inserito dall’articolo 24, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(14) Comma soppresso dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(15) Comma soppresso dall’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 276     

(Controllo delle emissioni di COV derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione)

Art. 276

1. L’Allegato VII alla parte quinta del presente decreto stabilisce le prescrizioni che devono essere rispettate ai fini del controllo delle emissioni di COV relativamente:

a) agli impianti di deposito presso i terminali;

b) agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali;

c) agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali;

d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna:

e) agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti;

f) alle attrezzature per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori.

2. Per impianti di deposito ai sensi del presente articolo si intendono i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina. Per tali impianti di deposito situati presso i terminali le pertinenti prescrizioni dell’Allegato VIIalla parte quinta del presente decreto costituiscono le misure che i gestori devono adottare ai sensi dell’articolo 269, comma 10. Con apposito provvedimento l’autorità competente può disporre deroghe a tali prescrizioni, relativamente agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di aree di particolare pregio sotto il profilo paesaggistico (1).

3. Per impianti di distribuzione, ai sensi del presente articolo, si intendono gli impianti in cui la benzina viene erogata ai serbatoi di tutti i veicoli a motore da impianti di deposito.

4. Nei terminali all’interno dei quali è movimentata una quantità di benzina inferiore a 10.000 tonnellate/anno e la cui costruzione è stata autorizzata prima del 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell’autorizzazione, gli impianti di caricamento si adeguano alle disposizioni della parte II, paragrafo 2, dell’Allegato VIIalla parte quinta del presente decreto entro il 17 maggio 2010. Fino alla data di adeguamento deve essere garantita l’agibilità delle operazioni di caricamento anche per i veicoli-cisterna con caricamento dall’alto. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale nei tre anni precedenti il 17 maggio 2000.

5. Le prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2, dell’Allegato VIIalla parte quinta del presente decreto si applicano ai veicoli cisterna collaudati dopo il 17 novembre 2000 e si estendono agli altri veicoli cisterna a partire dal 17 maggio 2010. Tali prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti tarati, collaudati dopo il 1° gennaio 1990 e attrezzati con un dispositivo che garantisca la completa tenuta di vapori durante la fase di caricamento. A tali veicoli cisterna a scomparti tarati deve essere consentita l’agibilità delle operazioni di caricamento presso gli impianti di deposito dei terminali.

6. Gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti di cui al comma 1, lettera b), sono soggetti, ove producano emissioni in atmosfera e non risultino adeguati alle prescrizioni di cui all’ allegato VII alla parte quinta del presente decreto, all’autorizzazione di cui all’articolo 269 (2).

(1) Comma modificato dall’articolo 3, comma 10, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Comma aggiunto dall’articolo 3, comma 10, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e, successivamente, modificato dall’articolo 36, comma 7, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 277     

Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento presso gli impianti di distribuzione di benzina (1)

Art. 277

1. I distributori degli impianti di distribuzione di benzina devono essere attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina prodotti durante le operazioni di rifornimento.

2. I nuovi impianti di distribuzione di benzina e quelli esistenti soggetti a ristrutturazione completa devono essere equipaggiati con sistemi di recupero dei vapori di benzina conformi ai requisiti previsti, per i sistemi di recupero di fase II, all’allegato VIII alla parte quinta del presente decreto, nonche’ essere sottoposti ai controlli previsti all’allegato VIII medesimo, se:

a) il flusso e’ superiore a 500 m³/ anno;

b) il flusso e’ superiore a 100 m³/ anno e sono situati in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro.

3. Negli impianti esistenti di distribuzione di benzina, aventi un flusso superiore a 3.000 mc all’anno, i sistemi di recupero devono rispettare, entro il 31 dicembre 2018, i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero di fase II dall’allegato VIII alla parte quinta del presente decreto.

4. Negli impianti di distribuzione di benzina esistenti, di cui ai commi 2 e 3, i sistemi di recupero devono rispettare, fino alla ristrutturazione completa o fino all’adeguamento previsto al comma 3, i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti all’allegato VIII alla parte quinta del presente decreto per i sistemi di recupero diversi da quelli di fase II. E’ fatta comunque salva, presso tali impianti, la possibilita’ di rispettare i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero di fase II.

5. I commi 2 e 3 non si applicano agli impianti di distribuzione di benzina utilizzati esclusivamente in relazione alla produzione e alla consegna di nuovi veicoli a motore ai fini del primo rifornimento di tali veicoli.

6. Negli impianti di distribuzione diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 i sistemi di recupero devono rispettare i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti dall’allegato VIII alla parte quinta del presente decreto per i sistemi di recupero diversi da quelli di fase II.

7. Il flusso previsto dai commi 2 e 3 si calcola considerando la media degli anni civili in cui l’impianto e’ stato in esercizio nei tre anni antecedenti il 2012 oppure, se durante tale periodo non vi e’ stato almeno un anno civile di esercizio, non c’e’ nella direttiva una stima effettuata dal gestore e documentata con atti da tenere a disposizione presso l’impianto; se la media della quantita’ di benzina scaricata nei tre anni civili successivi a quello della messa in esercizio dell’impianto supera, diversamente dalla stima, il flusso di cui al comma 3, il titolare dell’autorizzazione o della concessione dell’impianto e’ tenuto all’obbligo di adeguamento previsto da tale disposizione.

8. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori devono essere omologati dal Ministero dell’interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza corredata della documentazione necessaria ad identificare i dispositivi e dalla certificazione di cui all’allegato VIII alla parte quinta del presente decreto. Ai fini del rilascio dell’omologazione, il Ministero dell’interno verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di efficienza previsti dal presente articolo ed ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia l’omologazione si intende negata.

9. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori che sono stati omologati dalle competenti autorita’ di altri Paesi appartenenti all’Unione europea possono essere utilizzati per attrezzare i distributori degli impianti di distribuzione, previo riconoscimento da parte del Ministero dell’interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione necessaria ad identificare i dispositivi, dalle certificazioni di prova rilasciate dalle competenti autorita’ estere e da una traduzione giurata in lingua italiana di tali documenti e certificazioni. Ai fini del riconoscimento, il Ministero dell’interno verifica i documenti e le certificazioni trasmessi, da cui deve risultare il rispetto dei requisiti di efficienza previsti dal presente articolo, e verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa.

In caso di mancata pronuncia il riconoscimento si intende negato.

10. Durante le operazioni di rifornimento i gestori degli impianti di distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero dei vapori di cui al presente articolo.

11. Presso gli impianti di distribuzione attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II, deve essere esposto, sui distributori o vicino agli stessi, un cartello, una etichetta o un altro tipo di supporto che informi i consumatori circa l’esistenza di tale sistema. Presso gli impianti di distribuzione esistenti previsti dal comma 4 che, alla data del 1° gennaio 2012, sono gia’ attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II, tale obbligo di informazione si applica entro i due mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

12. I gestori degli impianti di distribuzione di benzina devono rispettare gli obblighi di documentazione previsti dall’allegato VIII alla parte quinta del presente decreto.

(1) Articolo modificato dall’articolo 3, comma 11, lettere a) e b), del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e, successivamente, sostituito dall’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

PARTE V

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NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 278     

(Poteri di ordinanza)

Art. 278

1. In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 279e delle misure cautelari disposte dall’autorità giudiziaria, l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione:

a) alla diffida, con l’assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;

b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell’autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attivita’ per i quali vi e’ stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l’ambiente (1);

c) alla revoca dell’autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attivita’ per i quali vi e’ stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l’ambiente (2).

(1) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 12, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 12, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

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NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 279     

(Sanzioni)

Art. 279

1. Fuori dai casi per cui trova applicazione l’articolo 6, comma 13, cui eventuali sanzioni sono applicate ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua l’esercizio con l’autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata e’ punito con la pena dell’arresto da due mesi a due anni o dell’ammenda da 258 euro a 1.032 euro. Con la stessa pena e’ punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l’autorizzazione prevista dall’articolo 269, comma 8. Chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall’articolo 269, comma 8, e’ assoggettato ad una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 1.000 euro, alla cui irrogazione provvede l’autorita’ competente (1).

2. Chi, nell’esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all’articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorita’ competente ai sensi del presente titolo e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione (2).

3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 7, chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un’attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell’articolo 269, comma 6, o ai sensi dell’articolo 272, comma 1, è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a milletrentadue euro (3).

4. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 8, chi non comunica all’autorità competente i dati relativi alle emissioni ai sensi dell’articolo 269, comma 6, é punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a milletrentadue euro (4).

5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell’arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa.

6. Chi, nei casi previsti dall’articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o dell’ammenda fino a milletrentadue euro.

7. Per la violazione delle prescrizioni dell’articolo 276, nel caso in cui la stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell’articolo 277 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilaquattrocentonovantatre euro a centocinquantaquattromilanovecentotrentasette euro. All’irrogazione di tale sanzione provvede, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di recidiva (5).

(1) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 13, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente modificato dall’articolo 11, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 13, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Comma modificato dall’articolo 3, comma 13, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e dall’articolo 11, comma 4, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Comma modificato dall’articolo 3, comma 13, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e dall’articolo 11, comma 4, lettera c), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) A norma dell’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, restano ferme le sanzioni previste dal presente comma, per la violazione delle prescrizioni dell’articolo 277 del presente decreto, come modificato dal comma 2 del suddetto articolo 2 del D.Lgs. n. 125 del 2012.

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NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 280     

(Abrogazioni)

Art. 280

1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto preveda l’ulteriore vigenza e fermo restando quanto stabilito dall’articolo 14 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351:

a) il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;

b) l’articolo 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;

c) l’articolo 12, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

d) il decreto del Ministro dell’ambiente 10 marzo 1987, n. 105;

e) il decreto del Ministro dell’ambiente 8 maggio 1989;

f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989;

g) il decreto del Ministro dell’ambiente 12 luglio 1990;

h) il decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991;

i) il decreto del Ministro dell’ambiente 21 dicembre 1995;

l) il decreto del Ministro dell’ambiente del 16 maggio 1996;

m) il decreto del Ministro dell’ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;

n) il decreto del Ministro dell’ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;

o) il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 16 gennaio 2004, n. 44.

PARTE V

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NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO I

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI EATTIVITA’

     Articolo 281     

(Disposizioni transitorie e finali)

Art. 281

1. I gestori degli stabilimenti autorizzati, anche in via provvisoria o in forma tacita, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ad esclusione di quelli dotati di autorizzazione generale che sono sottoposti alla disciplina di cui all’articolo 272, comma 3, devono presentare una domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 269 entro i termini di seguito indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto di tali termini, appositi calendari per la presentazione delle domande; in caso di mancata adozione dei calendari, la domanda di autorizzazione deve essere comunque presentata nei termini stabiliti dal presente comma. La mancata presentazione della domanda nei termini, inclusi quelli fissati dai calendari, comporta la decadenza della precedente autorizzazione L’autorita’ competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Se la domanda è presentata nei termini, l’esercizio degli stabilimenti può essere proseguito fino alla pronuncia dell’autorità competente [; in caso di mancata pronuncia entro i termini previsti [ dall’articolo 269, comma 3] , l’esercizio può essere proseguito fino alla scadenza del termine previsto per la pronuncia del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dell’articolo 269]. In caso di stabilimenti autorizzati in via provvisoria o in forma tacita, il gestore deve adottare, fino alla pronuncia dell’autorità competente, tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni. La domanda di autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata entro i seguenti termini:

a) tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed il 31 dicembre 2011, per stabilimenti anteriori al 1988;

b) tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000;

c) tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999 (1).

2. Non sono sottoposti alla procedura autorizzativa prevista dal comma 1, gli stabilimenti per cui l’autorizzazione e’ stata rinnovata ai sensi dell’articolo 269, commi 7 o 8. Se uno stabilimento anteriore al 1988 e’ sottoposto ad una modifica sostanziale, ai sensi dell’articolo 269, comma 8, prima del termine previsto dal comma 1, l’autorita’ competente procede, in ogni caso, al rinnovo dell’autorizzazione (2).

3. I gestori degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che non ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, si adeguano alle disposizioni del presente titolo entro il 1° settembre 2013 o nel piu’ breve termine stabilito dall’autorizzazione alle emissioni. Se lo stabilimento e’ soggetto a tale autorizzazione la relativa domanda deve essere presentata, ai sensi dell’articolo 269 o dell’articolo 272, commi 2 e 3, entro il 31 luglio 2012. L’autorita’ competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Dopo la presentazione della domanda, le condizioni di esercizio ed i combustibili utilizzati non possono essere modificati fino all’ottenimento dell’autorizzazione. In caso di mancata presentazione della domanda entro il termine previsto o in caso di realizzazione di modifiche prima dell’ottenimento dell’autorizzazione, lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. Se la domanda e’ presentata nel termine previsto, l’esercizio puo’ essere proseguito fino alla pronuncia dell’autorita’ competente [; in caso di mancata pronuncia entro i termini previsti, l’esercizio puo’ essere proseguito fino alla scadenza del termine previsto per la pronuncia del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dell’articolo 269.] Ai soli fini della determinazione dei valori limite e delle prescrizioni di cui agli articoli 271 e 272, tali stabilimenti si considerano nuovi. La procedura prevista dal presente articolo si applica anche in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ma erano esentati dall’autorizzazione ivi disciplinata e che, per effetto di tale parte quinta, siano soggetti all’autorizzazione alle emissioni in atmosfera (3).

4. Per gli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che ricadevano nel campo di applicazione della legge 13 luglio 1966, n. 615, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, o del titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, aventi potenza termica nominale inferiore a 10 MW, l’autorita’ competente, ai fini dell’applicazione del comma 3, adotta le autorizzazioni generali di cui all’articolo 272, comma 2, entro cinque anni da tale data. [ In caso di mancata adozione dell’autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa e’ rilasciata con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e i gestori comunicano la propria adesione all’autorita’ competente o all’autorita’ da questa delegata; e’ fatto salvo il potere dell’autorita’ competente di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell’articolo 272, l’obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio] (4).

5 Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di tutela dell’aria e della riduzione delle emissioni in atmosfera del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare , di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 .(5).

6. Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla parte quinta del presente decreto, al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui le stesse comportino modifiche delle modalità esecutive e delle caratteristiche di ordine tecnico stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai sensi dell’articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

7. Le domande di autorizzazione, i provvedimenti adottati dall’autorità competente e i risultati delle attività di controllo, ai sensi del presente titolo, nonché gli elenchi delle attività autorizzate in possesso dell’autorità competente sono messi a disposizione del pubblico ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

[8. L’adozione, da parte dell’autorita’ competente o della regione che abbia delegato la propria competenza, di un atto precedentemente omesso preclude la conclusione del procedimento con il quale il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio esercita i poteri sostitutivi previsti dal presente titolo. A tal fine l’autorita’ che adotta l’atto ne da’ tempestiva comunicazione al Ministero.] (6)

9. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, una commissione per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione, tra le autorità competenti, dei dati e delle informazioni rilevanti ai fini dell’applicazione della parte quinta del presente decreto e per la valutazione delle migliori tecniche disponibili di cui all’articolo 268, comma 1, lettera aa). La commissione è composta da un rappresentante nominato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, con funzioni di presidente, un rappresentante nominato dal Ministro delle attività produttive, un rappresentante nominato dal Ministro della salute e cinque rappresentanti nominati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni della Commissione possono partecipare uno o più rappresentanti di ciascuna regione o provincia autonoma. Il decreto istitutivo disciplina anche le modalità di funzionamento della commissione, inclusa la periodicità delle riunioni, e le modalità di partecipazione di soggetti diversi dai componenti. Ai componenti della commissione e agli altri soggetti che partecipano alle riunioni della stessa non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese.

10. A fini di informazione le autorita’ competenti rendono disponibili al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, in formato digitale, le autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 269 e 272 (7).

[11. Per l’esercizio dei poteri sostitutivi previsti dal presente titolo, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio si puo’ avvalere dell’ISPRA ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 140, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.] (8)

(1) Comma modificato dall’articolo 3, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e dall’articolo 11, comma 4, lettera c), numero 1, del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59. Vedi anche i commi 2 e 3 del medesimo articolo 11.

(2) Comma modificato dall’articolo 1, comma 1-ter, del D.L. 30 ottobre 2007, n. 180, come modificato dalla legge 19 dicembre 2007, n. 243, in sede di conversione, dall’articolo 32, comma 1, del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, dall’articolo 8, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 e sostituito dall’articolo 3, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e dall’ articolo 11, comma 4, lettera c), numero 2, del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59. Vedi anche il comma 3 del medesimo articolo 11.

(4) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e dall’articolo 11, comma 4, lettera c), numero 3, del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

(5) Comma modificato dall’articolo 3, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128e successivamente sostituito dall’articolo 24, comma 1, lettera h), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35 .

(6) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente abrogato dall’articolo 11, comma 4, lettera c), numero 4, del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

(7) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(8) Comma aggiunto dall’articolo 3, comma 14, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128 e successivamente abrogato dall’articolo 11, comma 4, lettera c), numero 5, del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 282     

(Campo di applicazione)

Art. 282 (1)

1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell’inquinamento atmosferico, gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono sottoposti alle disposizioni del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore.

2. Un impianto termico civile avente potenza termica nominale uguale o superiore a 3 MW si considera in qualsiasi caso come un unico impianto ai fini dell’applicazione delle disposizioni del titolo I.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 3, comma 15, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 283     

(Definizioni)

Art. 283

1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:

a) impianto termico: impianto destinalo alla produzione di calore costituito da uno o più generatori di calore e da un unico sistema di distribuzione e utilizzazione di tale calore, nonché da appositi dispositivi di regolazione e di controllo;

b) generatore di calore: qualsiasi dispositivo di combustione alimentato con combustibili al fine di produrre calore, costituito da un focolare ed eventualmente uno scambiatore di calore (1);

c) focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene il processo di combustione;

d) impianto termico civile: impianto termico la cui produzione di calore e’ esclusivamente destinata, anche in edifici ad uso non residenziale, al riscaldamento o alla climatizzazione invernale o estiva di ambienti o al riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari; l’impianto termico civile e’ centralizzato se serve tutte le unita’ dell’edificio o di piu’ edifici ed e’ individuale negli altri casi (2);

e) potenza termica nominale dell’impianto: la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari costituenti l’impianto;

f) potenza termica nominale del focolare: il prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato all’interno del focolare, espresso in Watt termici o suoi multipli;

g) valore di soglia: potenza termica nominale dell’impianto pari a 0.035MW;

h) modifica dell’impianto: qualsiasi intervento che sia effettuato su un impianto gia’ installato e che richieda la dichiarazione di conformita’ di cui all’articolo 7 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37 (3);

i) autorita’ competente: l’autorita’ responsabile dei controlli, gli accertamenti e le ispezioni previsti dall’articolo 9 e dall’allegato L del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 o la diversa autorita’ indicata dalla legge regionale (4);

l) installatore: il soggetto indicato dall’articolo 3 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37 (5);

m) responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto: il soggetto indicato dall’articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412;

n) conduzione di un impianto termico: insieme delle operazioni necessarie al fine di assicurare la corretta combustione nei focolari e l’adeguamento del regime dell’impianto termico alla richiesta di calore.

(1) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 16, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 16, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 16, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 16, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(5) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 16, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

PARTE QUINTA

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TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 284     

Installazione o modifica

Art. 284 (1)

1. Nel corso delle verifiche finalizzate alla dichiarazione di conformita’ prevista dal decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, l’installatore verifica e dichiara anche che l’impianto e’ conforme alle caratteristiche tecniche di cui all’articolo 285 ed e’ idoneo a rispettare i valori limite di cui all’articolo 286. Tali dichiarazioni devono essere espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformita’, messo a disposizione del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto da parte dell’installatore entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori. L’autorita’ che riceve la dichiarazione di conformita’ ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, provvede ad inviare tale atto all’autorita’ competente. In occasione della dichiarazione di conformita’, l’installatore indica al responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto l’elenco delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all’articolo 286, affinche’ tale elenco sia inserito nel libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.

Se il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto non e’ ancora individuato al momento dell’installazione, l’installatore, entro 30 giorni dall’installazione, invia l’atto e l’elenco di cui sopra al soggetto committente, il quale li mette a disposizione del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto entro 30 giorni dalla relativa individuazione.

2. Per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, il libretto di centrale previsto dall’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 deve essere integrato, a cura del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto, entro il 31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che l’impianto e’ conforme alle caratteristiche tecniche di cui all’articolo 285 ed e’ idoneo a rispettare i valori limite di cui all’articolo 286. Entro il 31 dicembre 2012, il libretto di centrale deve essere inoltre integrato con l’indicazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all’articolo 286. Il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto provvede ad inviare tali atti integrativi all’autorita’ competente entro 30 giorni dalla redazione (2).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 3, comma 17, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) A norma dell’articolo 11, comma 7, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116, come modificato dall’articolo 12, comma 2-bis, del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2015, n. 11, agli adempimenti relativi all’integrazione dei libretto di centrale per gli impianti termici civili previsti dal presente comma, si procede, ove non espletati in precedenza, entro il 31 dicembre 2015.

PARTE V

PARTE QUINTA

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TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 285     

(Caratteristiche tecniche)

Art. 285 (1)

1. Gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell’allegato IX alla presente parte pertinenti al tipo di combustibile utilizzato. I piani e i programmi di qualita’ dell’aria previsti dalla vigente normativa possono imporre ulteriori caratteristiche tecniche, ove necessarie al conseguimento e al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualita’ dell’ aria.

(1) Articolo sostituito dall’articolo 3, comma 18, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128, dall’articolo 34, comma 52, del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221 e, da ultimo, dall’articolo 11, comma 9 , del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE V

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TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 286     

(Valori limite di emissione)

Art. 286

1. Le emissioni in atmosfera degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare i valori limite previsti dalla parte III dell’Allegato IX alla parte quinta del presente decreto e i piu’ restrittivi valori limite previsti dai piani e dai programmi di qualita’ dell’aria previsti dalla vigente normativa, ove necessario al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualita’ dell’aria (1).

2. I valori di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto nel corso delle normali operazioni di controllo e manutenzione. I valori misurati, con l’indicazione delle relative date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto che ha effettuato la misura, devono essere allegati al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tale controllo annuale dei valori di emissione non è richiesto nei casi previsti dalla parte III, sezione 1 dell’Allegato IX alla parte quinta del presente decreto. Al libretto di centrale devono essere allegati altresì i documenti o le dichiarazioni che attestano l’espletamento delle manutenzioni necessarie a garantire il rispetto dei valori limite di emissione previste dal libretto di centrale (2).

3. Ai fini del campionamento, dell’analisi e della valutazione delle emissioni degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano i metodi previsti nella parte III dell’Allegato IX alla parte quinta del presente decreto.

4. A decorrere dal 29 ottobre 2006, l’installatore, contestualmente all’installazione o alla modifica dell’impianto, verifica il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente articolo. La documentazione relativa a tale verifica e’ messa a disposizione del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto che la allega al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tale verifica non e’ richiesta nei casi previsti dalla parte III, sezione 1, dell’Allegato IX VIII alla parte quinta del presente decreto (3).

(1) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 19, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Comma modificato dall’articolo 3, comma 19, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 19, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

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TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 287     

(Abilitazione alla conduzione)

Art. 287

1. Il personale addetto alla conduzione degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW deve essere munito di un patentino di abilitazione rilasciato da una autorita’ individuata dalla legge regionale, la quale disciplina anche le opportune modalita’ di formazione nonche’ le modalita’ di compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici. I patentini possono essere rilasciati a persone aventi età non inferiore a diciotto anni compiuti. Il registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici e’ tenuto presso l’autorita’ che rilascia il patentino o presso la diversa autorita’ indicata dalla legge regionale e, in copia, presso l’autorita’ competente e presso il comando provinciale dei vigili del fuoco (1)(2).

2. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.

3. Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il patentino di primo grado abilita alla conduzione degli impianti termici per il cui mantenimento in funzione è richiesto il certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore a norma del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e il patentino di secondo grado abilita alla conduzione degli altri impianti. Il patentino di primo grado abilita anche alla conduzione degli impianti per cui è richiesto il patentino di secondo grado.

4. Il possesso di un certificato di abilitazione di qualsiasi grado per la condotta dei generatori di vapore, ai sensi del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, consente , ove previsto dalla legge regionale, il rilascio del patentino senza necessità dell’esame di cui al comma 1 (3)(4).

5. Il patentino può essere in qualsiasi momento revocato [dall’Ispettorato provinciale del lavoro] in caso di irregolare conduzione dell’impianto. A tal fine l’autorità competente comunica all’autorita’ che ha rilasciato il patentino i casi di irregolare conduzione accertati. Il provvedimento di sospensione o di revoca del certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore ai sensi degli articoli 31 e 32 del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non ha effetto sul patentino di cui al presente articolo (5)(6).

6. Fino all’entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al comma 1, la disciplina dei corsi e degli esami resta quella individuata ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 12 agosto 1968 (7)(8).

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 250 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole «rilasciato dall’ispettorato provinciale del lavoro, al termine di un corso per conduzione di impianti termici, previo superamento dell’esame finale»

(2) Comma modificato dall’articolo 3, comma 20, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 250 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimita’ costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole «senza necessita’ dell’esame di cui al comma 1».

(4) Comma modificato dall’articolo 3, comma 20, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(5) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 250 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimita’ costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole «dall’Ispettorato provinciale del lavoro».

(6) Comma modificato dall’articolo 3, comma 20, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(7) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 250 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 30), ha dichiarato, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimita’ costituzionale del presente comma.

(8) Comma modificato dall’articolo 3, comma 20, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

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TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 288     

(Controlli e sanzioni)

Art. 288

1. E’ punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro l’installatore che non redige o redige in modo incompleto l’atto di cui all’articolo 284, comma 1, o non lo mette a disposizione del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto o del soggetto committente nei termini prescritti o non lo trasmette unitamente alla dichiarazione di conformita’ nei casi in cui questa e’ trasmessa ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. Con la stessa sanzione e’ punito il soggetto committente che non mette a disposizione del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto l’atto e l’elenco dovuti nei termini prescritti. Con la stessa sanzione e’ punito il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto che non redige o redige in modo incompleto l’atto di cui all’articolo 284, comma 2, o non lo trasmette all’autorita’ competente nei termini prescritti (1).

2. In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme alle caratteristiche tecniche di cui all’articolo 285, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:

a) l’installatore, nei casi disciplinati all’articolo 284, comma 1 (2);

b) il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto, nei casi soggetti all’articolo 284, comma 2 (3);

3. Nel caso in cui l’impianto non rispetti i valori limite di emissione di cui all’articolo 286, comma 1, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemila cinquecentottantadue euro:

a) il responsabile dell’esercizio e della manutenzione, in tutti i casi in cui l’impianto non è soggetto all’obbligo di verifica di cui all’articolo 286, comma 4;

b) l’installatore e il responsabile dell’esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei valori limite non è stato verificato ai sensi dell’articolo 286, comma 4, o non è stato dichiarato nell’atto di cui all’articolo 284, comma 1 (4);

c) l’installatore, se il rispetto dei valori limite è stato verificato ai sensi dell’articolo 286, comma 4, e dichiarato nell’atto di cui all’articolo 284, comma 1, e se dal libretto di centrale risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti dalla parte quinta del presente decreto e dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, purché non sia superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell’impianto (5);

d) il responsabile dell’esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei valori limite è stato verificato ai sensi dell’articolo 286, comma 4, e dichiarato nell’atto di cui all’articolo 284, comma 1, e se dal libretto di centrale non risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti o è stata superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell’impianto (6).

4. Con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro è punito il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto che non effettua il controllo annuale delle emissioni ai sensi dell’articolo 286, comma 2, o non allega al libretto di centrale i dati ivi previsti.

5. Ferma stando l’applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti e delle sanzioni previste per la produzione di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni, l’autorità competente, ove accerti che l’impianto non rispetta le caratteristiche tecniche di cui all’articolo 285 o i valori limite di emissione di cui all’articolo 286 o quanto disposto dall’articolo 293, impone, con proprio provvedimento, al contravventore di procedere all’adeguamento entro un determinato termine oltre il quale l’impianto non può essere utilizzato. In caso di mancato rispetto del provvedimento adottato dall’autorità competente si applica l’articolo 650 del codice penale (7).

6. All’irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, provvede l’autorità competente di cui all’articolo 283, comma 1, lettera i), o la diversa autorità indicata dalla legge regionale.

7. Chi effettua la conduzione di un impianto termico civile di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW senza essere munito, ove prescritto, del patentino di cui all’articolo 287 è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da quindici euro a quarantasei euro, alla cui irrogazione provvede l’autorita’ indicata dalla legge regionale (8).

8. I controlli relativi al rispetto del presente titolo sono effettuati dall’autorita’ competente in occasione delle ispezioni effettuate ai sensi dell’allegato L al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, anche avvalendosi degli organismi ivi previsti, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente (9).

(1) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(5) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(6) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(7) Comma modificato dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(8) Comma modificato dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(9) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 21, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

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TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 289     

(Abrogazioni)

Art. 289

1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza, la legge 13 luglio 1966, n. 615, ed il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391.

PARTE V

PARTE QUINTA

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TITOLO II

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

     Articolo 290     

(Disposizioni transitorie e finali)

Art. 290

[1. Alla modifica e all’integrazione dell’Allegato IX alla parte quinta del presente decreto si provvede con le modalità previste dall’articolo 281, comma 5] (1).

2. L’installazione di impianti termici civili centralizzati può essere imposta dai regolamenti edilizi comunali relativamente agli interventi di ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova costruzione qualora tale misura sia individuata dai piani e dai programmi di qualita’ dell’aria previsti dalla vigente normativa, come necessaria al conseguimento dei valori di qualita’ dell’aria (2).

3. La legge 13 luglio 1966, n. 615, il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, e il titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 continuano ad applicarsi agli impianti termici assoggettati al titolo I della parte quinta al del presente decreto, fino alla data in cui e’ effettuato l’adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 281, comma 3 (3).

4. Con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, da adottare entro il 31 dicembre 2010, sono disciplinati i requisiti, le procedure e le competenze per il rilascio di una certificazione dei generatori di calore, con priorita’ per quelli aventi potenza termica nominale inferiore al valore di soglia di 0,035 MW, alimentati con i combustibili individuati alle lettere f), g) e h) della parte I, sezione 2, dell’allegato X alla parte quinta del presente decreto. Nella certificazione si attesta l’idoneita’ dell’impianto ad assicurare specifiche prestazioni emissive, con particolare riferimento alle emissioni di polveri e di ossidi di azoto, e si assegna, in relazione ai livelli prestazionali assicurati, una specifica classe di qualita’. Tale decreto individua anche le prestazioni emissive di riferimento per le diverse classi, i relativi metodi di prova e le verifiche che il produttore deve effettuare ai fini della certificazione, nonche’ indicazioni circa le corrette modalita’ di installazione e gestione dei generatori di calore. A seguito dell’entrata in vigore del decreto, i piani di qualita’ dell’aria previsti dalla vigente normativa possono imporre limiti e divieti all’utilizzo dei generatori di calore non aventi la certificazione o certificati con una classe di qualita’ inferiore, ove tale misura sia necessaria al conseguimento dei valori di qualita’ dell’aria. I programmi e gli strumenti di finanziamento statali e regionali diretti ad incentivare l’installazione di generatori di calore a ridotto impatto ambientale assicurano priorita’ a quelli certificati con una classe di qualita’ superiore (4).

(1) Comma soppresso dall’articolo 3, comma 22, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Comma modificato dall’articolo 3, comma 22, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 22, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Comma aggiunto dall’articolo 3, comma 22, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

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TITOLO III

TITOLO III

COMBUSTIBILI

     Articolo 291     

(Campo di applicazione)

Art. 291

1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell’inquinamento atmosferico, le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui ai titoli I e II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche dei combustibili per uso marittimo . Il presente titolo stabilisce inoltre le condizioni di utilizzo dei combustibili, comprese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche (1).

(1) Comma modificato dall’articolo 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

PARTE V

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TITOLO III

TITOLO III

COMBUSTIBILI

     Articolo 292     

(Definizioni) (1)

Art. 292

1. Ai fini del presente titolo si applicano, ove non altrimenti disposto, le definizioni di cui al titolo I ed al titolo II della parte quinta.

2. In aggiunta alle definizioni del comma 1, si applicano le seguenti definizioni:

a) olio combustibile pesante:

1) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio che rientra nei codici da NC 2710 1951 a NC 2710 1968, 2710 2031, 2710 2035, 2710 2039, escluso il combustibile per uso marittimo (2);

2) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il gasolio di cui alle lettere b) e f), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria degli oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 C secondo il metodo ASTM D86 o per il quale la percentuale del distillato a 250 C non puo’ essere determinata con tale metodo;

b) gasolio:

1) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici NC 2710 1925, 2710 1929, 2710 1947, 2710 1948, 2710 2017, 2710 2019 (3);

2) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 C e di cui almeno l’85% in volume, comprese le perdite, distilla a 350 C secondo il metodo ASTM D86;

c) metodo ASTM: i metodi stabiliti dalla American Society for Testing and Materials nell’edizione 1976 delle definizioni e delle specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti;

d) combustibile per uso marittimo: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio utilizzato su una nave in mare o destinato ad essere utilizzato su una nave in mare, inclusi i combustibili definiti nella norma ISO 8217 (4);

e) olio diesel marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per la qualita’ “DMB” alla tabella I della norma ISO 8217, eccettuato il riferimento al tenore di zolfo (5);

f) gasolio marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per le qualita’ “DMX”, “DMA” e “DMZ” alla tabella I della norma ISO 8217, eccettuato il riferimento al tenore di zolfo (6);

g) immissione sul mercato: qualsiasi operazione di messa a disposizione di terzi, a titolo oneroso o gratuito, di combustibili per uso marittimo destinati alla combustione su una nave, eccettuati quelli destinati all’esportazione e trasportati, a tale fine, all’interno delle cisterne di una nave;

h) acque territoriali: zone di mare previste dall’articolo 2 del codice della navigazione;

i) zona economica esclusiva: zona di cui all’articolo 55 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata con legge 2 dicembre 1994, n. 689;

l) zona di protezione ecologica: zona individuata ai sensi della legge 8 febbraio 2006, n. 61;

m) aree di controllo delle emissioni di SOX: zone a cui tale qualificazione e’ stata assegnata dall’International Maritime Organization (I.M.O.) previa apposita procedura di designazione, ai sensi dell’allegato VI della Convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi, denominata Convenzione MARPOL;

n) nave passeggeri: nave che trasporta piu’ di dodici passeggeri, ad eccezione del comandante, dei membri dell’equipaggio e di tutti i soggetti adibiti ad attivita’ relative alla gestione della nave, nonche’ dei bambini di eta’ inferiore ad un anno;

o) servizio di linea: i viaggi seriali per collegare due o piu’ porti o i viaggi seriali che iniziano e terminano presso lo stesso porto senza scali intermedi, purche’ effettuati sulla base di un orario reso noto al pubblico; l’orario puo’ essere desunto anche dalla regolarita’ o dalla frequenza del servizio;

[p) nave adibita alla navigazione interna: nave destinata ad essere utilizzata in una via navigabile interna di cui al decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie 28 novembre 1987, n. 572;] (7)

q) nave all’ormeggio: nave assicurata ad un ormeggio o ancorata presso un porto italiano;

r) stazionamento: l’utilizzo dei motori su una nave all’ormeggio, ad eccezione dei periodi di carico e scarico;

s) nave da guerra: nave che appartiene alle forze armate di uno Stato e porta i segni distintivi delle navi militari di tale Stato, il cui equipaggio sia soggetto alle leggi relative ai militari ed il cui comandante sia un ufficiale di marina debitamente incaricato e sia inscritto nell’apposito ruolo degli ufficiali o in un documento equivalente;

t) metodo di riduzione delle emissioni: qualsiasi apparecchiatura, apparato, dispositivo o materiale da installare su una nave o qualsiasi procedura, metodo o combustibile alternativo, utilizzato in alternativa ai combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti all’articolo 295, che sia verificabile, quantificabile ed applicabile (8).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

(2) Numero modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(3) Numero modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(4) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(5) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55 e successivamente dall’articolo 1, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(6) Lettera sostituita dall’articolo 2, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55 e successivamente dall’articolo 1, comma 1, lettera d) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(7) Lettera abrogata dall’articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(8) Lettera sostituita dall’articolo 1, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO III

TITOLO III

COMBUSTIBILI

     Articolo 293     

(Combustibili consentiti)

Art. 293 (1)

1. Negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall’Allegato X alla parte quinta, alle condizioni ivi previste I materiali e le sostanze elencati nell’allegato X alla parte quinta del presente decreto non possono essere utilizzati come combustibili ai sensi del presente titolo se costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. E’ soggetta alla normativa vigente in materia di rifiuti la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all’allegato X alla parte quinta del presente decreto o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. Agli impianti di cui alla parte I, paragrafo 4, lettere e) ed f), dell’Allegato IV alla parte quinta si applicano le prescrizioni del successivo Allegato X relative agli impianti disciplinati dal titolo II. Ai combustibili per uso marittimo si applicano le disposizioni dell’articolo 295 (2).

2. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, previa autorizzazione della Commissione europea, possono essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili pesanti, nei gasoli e nei combustibili per uso marittimo piu’ elevati di quelli fissati nell’Allegato X alla parte quinta qualora, a causa di un mutamento improvviso nell’approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti petroliferi o di altri idrocarburi, non sia possibile rispettare tali valori limite.

3. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’universita’ e della ricerca, sono stabiliti i criteri e le modalita’ per esentare, anche mediante apposite procedure autorizzative, i combustibili previsti dal presente titolo III dall’applicazione delle prescrizioni dell’Allegato X alla parte quinta ove gli stessi siano utilizzati a fini di ricerca e sperimentazione .

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

(2) Comma modificato dall’articolo 3, comma 23, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

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NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO III

TITOLO III

COMBUSTIBILI

     Articolo 294     

(Prescrizioni per il rendimento di combustione)

Art. 294

1. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto, con potenza termica nominale pari o superiore a 6 MW, devono essere dotati di rilevatori della temperatura nell’effluente gassoso nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell’ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell’effluente gassoso all’uscita dell’impianto. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. Ai fini dell’applicazione del presente comma si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun focolare, anche nei casi in cui piu’ impianti siano considerati, ai sensi dell’articolo 270, comma 4, o dell’articolo 273, comma 9, o dell’articolo 282, comma 2, come un unico impianto (1).

2. Nel caso di impianti di combustione per i quali l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera o l’autorizzazione integrata ambientale prescriva un valore limite di emissione in atmosfera per il monossido di carbonio e la relativa misurazione in continuo, quest’ultima tiene luogo della misurazione del medesimo prescritta al comma 1. Il comma 1 non si applica agli impianti elencati nell’articolo 273, comma 15, anche di potenza termica nominale inferiore a 50MW (2).

3. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW, devono essere dotati di rilevatori della temperatura negli effluenti gassosi nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell’ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell’effluente gassoso all’uscita del focolare. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile (3).

(1) Comma modificato dall’articolo 3, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Comma sostituito dall’articolo 3, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Comma modificato dall’articolo 3, comma 24, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO III

TITOLO III

COMBUSTIBILI

     Articolo 295     

(Combustibili per uso marittimo) (1).

Art. 295

1. Fermi restando i limiti di tenore di zolfo previsti ai commi 2, 3, 4, 6 e 8, e’ vietato, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all’Italia, a bordo di navi di qualsiasi bandiera, l’utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo, dal 18 giugno 2014, superiore al 3,50% in massa e, dal 1° gennaio 2020, superiore allo 0,50% in massa. Dal 1° gennaio 2018 per il mare Adriatico e il mare Ionio e dal 1° gennaio 2020 per le altre zone di mare, si applica un tenore massimo di zolfo pari allo 0,10% in massa, a condizione che gli Stati membri dell’Unione europea prospicienti le stesse zone di mare abbiano previsto l’applicazione di tenori di zolfo uguali o inferiori (2).

2. E’ vietata l’immissione sul mercato di gasoli marini con tenore di zolfo superiore allo 0,10% in massa (3).

3. E’ vietata l’immissione sul mercato di oli diesel marini con tenore di zolfo superiore all’1,50% in massa (4).

4. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, ricadenti all’interno di aree di controllo delle emissioni di SO X ^, ovunque ubicate, e’ vietato, a bordo di una nave battente bandiera italiana, l’utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all’1,00% in massa e, dal 1° gennaio 2015, superiore allo 0,10% in massa. La violazione del divieto e’ fatta valere anche nei confronti delle navi non battenti bandiera italiana che hanno attraversato una di tali aree inclusa nel territorio italiano o con esso confinante e che si trovano in un porto italiano (5).

5. Il divieto di cui al comma 4 si applica all’area del Mar Baltico [e, a decorrere dall’11 agosto 2007,] all’area del Mare del Nord, nonche’, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della relativa designazione, alle ulteriori aree designate (6).

6. Per le navi passeggeri battenti bandiera italiana, le quali effettuano un servizio di linea proveniente da o diretto ad un porto di un Paese dell’Unione europea, e’ vietato, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all’Italia, l’utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all’1,50% in massa. La violazione del divieto e’ fatta valere anche nei confronti delle navi non battenti bandiera italiana e che si trovano in un porto italiano. Il divieto si applica fino all’entrata in vigore dei piu’ restrittivi limiti di tenore di zolfo di cui al comma 1 (7).

6-bis. Fermi restando i limiti di tenore di zolfo previsti ai commi 1, 2, 3, 4, 6 e 8, e’ vietato, nelle aree soggette alla giurisdizione nazionale, l’utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore al 3,50%. Tali limiti non si applicano ai combustibili destinati alle navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni basati su sistemi a circuito chiuso. Per sistema a circuito chiuso si intende un sistema operante mediante ricircolo della soluzione utilizzata senza che vi sia rilascio all’esterno della stessa o di eventuali solidi ivi contenuti, salvo nelle fasi di manutenzione o di raccolta e smaltimento a terra dei residui costituiti da fanghi. Tali limiti non si applicano inoltre quando siano utilizzati combustibili o miscele previsti in alternativa ai combustibili per uso marittimo all’allegato X, parte I, sezione 5, alla Parte Quinta. Per i combustibili per uso marittimo destinati alle navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni non basati su sistemi a circuito chiuso si applica, nelle aree soggette alla giurisdizione nazionale, un limite relativo al tenore di zolfo pari al 3,50% (8).

6-ter. Il soggetto responsabile dell’immissione sul mercato di combustibili per uso marittimo destinati a navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni basati su sistemi a circuito chiuso allega ai documenti di accompagnamento e di consegna del combustibile una dichiarazione fornita dal comandante o dall’armatore in cui si attesta, ai fini del presente decreto, che la nave di destinazione utilizza tali metodi (9).

[7. A decorrere dal 1 gennaio 2010 e’ vietato, su navi adibite alla navigazione interna, l’utilizzo di combustibili per uso marittimo, diversi dal gasolio marino e dall’olio diesel marino, con tenore di zolfo superiore allo 0,1% massa.] (10)

8. A decorrere dal 1 gennaio 2010 e’ vietato l’utilizzo di combustibili per uso marittimo con tenore di zolfo superiore allo 0,10% in massa su navi all’ormeggio. Il divieto si applica anche ai periodi di carico, scarico e stazionamento. La sostituzione dei combustibili utilizzati con combustibili conformi a tale limite deve essere completata il prima possibile dopo l’ormeggio. La sostituzione dei combustibili conformi a tale limite con altri combustibili deve avvenire il piu’ tardi possibile prima della partenza. I tempi delle operazioni di sostituzione del combustibile sono iscritti nei documenti di cui al comma 10 (11).

9. Il comma 8 non si applica (12):

[a) alle navi adibite alla navigazione interna, quando utilizzate in mare, per le quali sia stato rilasciato un certificato di conformita’ alla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare;] (13)

b) alle navi di cui si prevede, secondo orari resi noti al pubblico, un ormeggio di durata inferiore alle due ore;

c) alle navi all’ormeggio a motori spenti e collegate ad un sistema di alimentazione di energia elettrica ubicato sulla costa.

10. Tutte le operazioni di cambio dei combustibili utilizzati sulle navi devono essere indicate nel giornale generale e di contabilita’ e nel giornale di macchina o nell’inventario di cui agli articoli 174, 175 e 176 del codice della navigazione o in un apposito documento di bordo.

11. Chi mette combustibili per uso marittimo a disposizione dell’armatore o di un suo delegato, per una nave di stazza non inferiore a 400 tonnellate lorde, fornisce un bollettino di consegna indicante il quantitativo ed il relativo tenore di zolfo, del quale conserva una copia per i tre anni successivi, nonche’ un campione sigillato di tale combustibile, firmato da chi riceve la consegna. Chi riceve il combustibile conserva il bollettino a bordo per lo stesso periodo e conserva il campione a bordo fino al completo esaurimento del combustibile a cui si riferisce e, comunque, per almeno dodici mesi successivi alla consegna.

12. E’ tenuto, presso ciascuna autorita’ marittima e, ove istituita, presso ciascuna autorita’ portuale, un apposito registro che riporta l’elenco dei fornitori di combustibili per uso marittimo nell’area di competenza, con l’indicazione dei combustibili forniti e del relativo contenuto massimo di zolfo. [Tali dati sono comunicati dai fornitori alle autorita’ marittime e portuali entro il 31 dicembre 2007.] Le variazioni dei dati [comunicati] sono comunicate in via preventiva. La presenza di nuovi fornitori e’ comunicata in via preventiva. I registri devono essere tenuti a disposizione del pubblico sia in forma documentale, sia attraverso canali informatici. Le autorita’ che detengono i registri elaborano, sulla base degli stessi, informative annuali circa la disponibilita’ di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti dal presente articolo nell’area di competenza e le inviano, entro il 31 marzo di ogni anno, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che le allega alla relazione prevista all’articolo 298, comma 2-bis (14).

12-bis. Al fine di assicurare la disponibilita’ di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti al presente articolo, ove emergano situazioni in cui vi sia il rischio di una significativa riduzione della disponibilita’ di tali combustibili su tutto il territorio nazionale o in specifiche aree, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche su segnalazione delle autorita’ marittime e, ove istituite, delle autorita’ portuali, puo’ richiedere al Ministero dello sviluppo economico di attivare le procedure di emergenza previste all’articolo 20 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 249. A tali fini, i gestori degli impianti di produzione e dei depositi fiscali che importano i combustibili ed i fornitori di cui al comma 12 comunicano preventivamente alle autorita’ marittime e, ove istituite, alle autorita’ portuali le situazioni in cui puo’ verificarsi una significativa riduzione della disponibilita’ di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti al presente articolo (15).

13. I limiti relativi al tenore di zolfo previsti dai commi precedenti non si applicano:

a) ai combustibili utilizzati dalle navi da guerra e da altre navi in servizio militare se le rotte non prevedono l’accesso a porti in cui sono presenti fornitori di combustibili conformi a tali limiti o, comunque, se il relativo rifornimento puo’ pregiudicare le operazioni o le capacita’ operative; in tale secondo caso il comandante informa il Ministero della difesa dei motivi della scelta;

b) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave risulta specificamente necessario per garantire la sicurezza della stessa o di altra nave e per salvare vite in mare;

c) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave e’ imposto dal danneggiamento della stessa o delle relative attrezzature, purche’ si dimostri che, dopo il verificarsi del danno, sono state assunte tutte le misure ragionevoli per evitare o ridurre al minimo l’incremento delle emissioni e che sono state adottate quanto prima misure dirette ad eliminare il danno. Tale deroga non si applica se il danno e’ dovuto a dolo o colpa del comandante o dell’armatore;

d) ai combustibili utilizzati a bordo di navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni ai sensi del comma 14 o del comma 19, fatto salvo quanto previsto al comma 6-bis (16);

e) ai combustibili destinati alla trasformazione prima dell’utilizzo.

14. Con decreto direttoriale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono autorizzati, su navi battenti bandiera italiana o nelle acque sotto giurisdizione italiana, esperimenti relativi a metodi di riduzione delle emissioni, nel corso dei quali e’ ammesso l’utilizzo di combustibili non conformi ai limiti previsti dai commi da 1 a 8. Tale autorizzazione, la cui durata non puo’ eccedere i diciotto mesi, e’ rilasciata entro tre mesi dalla presentazione della domanda, la quale deve essere accompagnata da una relazione contenente i seguenti elementi (17):

a) la descrizione del metodo e, in particolare, del principio di funzionamento, corredata da riferimenti di letteratura scientifica o dai risultati di sperimentazioni preliminari, nonche’ la stima qualitativa e quantitativa delle emissioni, degli scarichi e dei rifiuti previsti per effetto della sperimentazione, e la descrizione delle caratteristiche dei combustibili, delle navi e di tutte le strutture da utilizzare per l’esperimento (18);

b) la stima che, a parita’ di condizioni, le emissioni previste di ossido di zolfo saranno costantemente inferiori o equivalenti a quelle prodotte dall’utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza del metodo di riduzione delle emissioni (19);

c) la stima che, a parita’ di condizioni, le emissioni previste di inquinanti diversi dagli ossidi di zolfo, quali ossidi di azoto e polveri, non superino i livelli previsti dalla vigente normativa e, comunque, non superino in modo significativo quelle prodotte dall’utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni (20);

d) uno studio diretto a dimostrare la compatibilita’ dell’impatto dell’esperimento sull’ambiente marino, con particolare riferimento agli ecosistemi delle baie, dei porti e degli estuari, finalizzato a dimostrarne la compatibilita’; lo studio include un piano di monitoraggio degli effetti prodotti dall’esperimento sull’ambiente marino (21);

e) la descrizione delle zone interessate dai viaggi durante l’esperimento (22);

e-bis) la descrizione degli strumenti a prova di manomissione di cui le navi saranno dotate per le misurazioni in continuo delle emissioni degli ossidi di zolfo e di tutti i parametri necessari a normalizzare le concentrazioni (23);

e-ter) la descrizione dei sistemi diretti a garantire una adeguata gestione dei rifiuti e degli scarichi prodotti per effetto della sperimentazione (24).

15. L’autorizzazione di cui al comma 14 e’ rilasciata previa verifica della completezza della relazione allegata alla domanda e dell’idoneita’ delle descrizioni, delle stime e dello studio ivi contenuti. Al rilascio ed all’istruttoria provvede la Direzione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare competente in materia di inquinamento atmosferico, fatta salva l’istruttoria relativa agli elementi di cui al comma 14, lettere d) ed e-ter), curata rispettivamente dalle Direzioni del predetto Ministero competenti in materia di tutela del mare e di gestione degli scarichi e dei rifiuti. Ai fini dell’istruttoria il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare si puo’ avvalere dell’ISPRA. L’autorizzazione prevede il periodo in cui l’esperimento puo’ essere effettuato e stabilisce i dati e le informazioni che il soggetto autorizzato deve comunicare al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero dei trasporti e la periodicita’ di tale comunicazione. Stabilisce inoltre la periodicita’ con la quale il soggetto autorizzato deve comunicare a tali Ministeri gli esiti del monitoraggio effettuato sulla base del piano di cui al comma 14, lettera d) (25).

16. L’autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 14 e’ immediatamente revocata se, anche sulla base dei controlli effettuati dall’autorita’ di cui all’articolo 296, comma 9:

a) gli strumenti di misura ed i sistemi di gestione dei rifiuti e degli scarichi di cui al comma 14 non sono utilizzati (26);

b) il metodo, alla luce dei risultati delle misure effettuate, non ottiene i risultati previsti dalle stime contenute nella relazione; (27);

c) il soggetto autorizzato non provvede a comunicare, nei termini stabiliti, i dati, le informazioni e gli esiti del monitoraggio previsti dall’autorizzazione, conformi ai criteri ivi stabiliti (28).

17. Nel caso in cui gli esperimenti di cui al comma 14 siano effettuati da navi battenti bandiera italiana in acque sotto giurisdizione di altri Stati dell’Unione europea o da navi battenti bandiera di altri Stati dell’Unione europea in acque sotto giurisdizione italiana, gli Stati interessati individuano opportune modalita’ di cooperazione nel procedimento autorizzativo.

18. Almeno sei mesi prima dell’inizio di ciascun esperimento di cui al comma 14 il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ne informa la Commissione europea e l’eventuale Stato estero avente giurisdizione sulle acque in cui l’esperimento e’ effettuato. I risultati di ciascun esperimento di cui al comma 14 sono trasmessi dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione europea entro sei mesi dalla conclusione dello stesso e sono messi a disposizione del pubblico secondo quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

18-bis. Per gli esperimenti relativi a metodi di riduzione delle emissioni che prevedono l’utilizzo di sistemi, dispositivi o materiali non collocati a bordo della nave, nel corso dei quali e’ ammesso l’utilizzo sulla nave di combustibili non conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, i criteri per il rilascio dell’autorizzazione sono stabiliti con uno o piu’ decreti ai sensi dell’articolo 281, comma 5. A tale autorizzazione si applicano le procedure previste ai commi da 14 a 18 (29).

19. In alternativa all’utilizzo di combustibili conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, e’ ammesso, nei porti, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all’Italia, a bordo di navi battenti bandiera di uno Stato dell’Unione europea, l’utilizzo di metodi di riduzione delle emissioni che sono approvati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1999, n. 407, e successive modificazioni, o che, non ricadendo nel campo di applicazione di tale decreto, sono stati approvati dal Comitato istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002 (30).

20. Al di fuori dei casi previsti al comma 19, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all’Italia, l’uso, a bordo di navi battenti qualsiasi bandiera, di metodi di riduzione delle emissioni in alternativa all’utilizzo di combustibili conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, e’ ammesso ove si disponga degli atti, rilasciati dalle competenti autorita’ di bandiera in conformita’ all’ Allegato VI della Convenzione MARPOL 73/78 e notificati sulla base di tale normativa internazionale, attestanti che:

a) le emissioni di anidride solforosa sono costantemente inferiori o equivalenti a quelle prodotte dall’utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza del metodo di riduzione delle emissioni; ai fini della valutazione si applicano valori di emissione equivalenti ai sensi dell’allegato X, parte I, sezione 4, alla Parte Quinta;

b) sono rispettati i criteri previsti, per ciascun tipo di metodo di riduzione delle emissioni, all’allegato X, parte I, sezione 5, paragrafo 1, punti A, B e C, alla Parte Quinta (31).

20-bis. Gli atti previsti al comma 20 devono essere tenuti a bordo della nave in originale ed esibiti su richiesta dell’autorita’ competente (32).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

(2) Comma sostituito dall’articolo 1, comma 2, lettera a) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(3) Comma sostituito dall’articolo 1, comma 2, lettera b) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(4) Comma modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera c) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(5) Comma modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera d) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(6) Comma modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera e) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(7) Comma modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera f) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(8) Comma inserito dall’articolo 1, comma 2, lettera g) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(9) Comma inserito dall’articolo 1, comma 2, lettera g) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(10) Comma abrogato dall’articolo 2, comma 3, lettera a), del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(11) Comma modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera h) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(12) Alinea modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera i) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(13) Lettera abrogata dall’articolo 2, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(14) Comma modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera l) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(15) Comma inserito dall’articolo 1, comma 2, lettera m) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(16) Lettera sostituita dall’articolo 1, comma 2, lettera n) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(17) Alinea modificato dall’articolo 1, comma 2, lettere o) e p) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(18) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 2, lettera q) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(19) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 2, lettera r) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(20) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 2, lettera s) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(21) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 2, lettera t) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(22) Lettera sostituita dall’articolo 1, comma 2, lettera u) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(23) Lettera inserita dall’articolo 1, comma 2, lettera v) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(24) Lettera inserita dall’articolo 1, comma 2, lettera v) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(25) Comma modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera z) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(26) Lettera sostituita dall’articolo 1, comma 2, lettera aa) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(27) Lettera sostituita dall’articolo 1, comma 2, lettera aa) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(28) Lettera sostituita dall’articolo 1, comma 2, lettera aa) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(29) Comma inserito dall’articolo 1, comma 2, lettera bb) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(30) Comma sostituito dall’articolo 1, comma 2, lettera cc) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(31) Comma sostituito dall’articolo 1, comma 2, lettera cc) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(32) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 2, lettera dd) del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO III

TITOLO III

COMBUSTIBILI

     Articolo 296     

(Controlli e sanzioni).

Art. 296 (1)

1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 4, chi effettua la combustione di materiali o sostanze in difformita’ alle prescrizioni del presente titolo, ove gli stessi non costituiscano rifiuti ai sensi della vigente normativa, e’ punito (2):

a) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo I della parte quinta del presente decreto, con l’arresto fino a due anni o con l’ammenda da duecentocinquantotto euro a milletrentadue euro;

b) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, con una sanzione amministrativa pecuniaria da duecento euro a mille euro; a tale sanzione, da irrogare ai sensi dell’articolo 288, comma 6, non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; la sanzione non si applica se, dalla documentazione relativa all’acquisto di tali materiali o sostanze, risultano caratteristiche merceologiche conformi a quelle dei combustibili consentiti nell’impianto, ferma restando l’applicazione dell’articolo 515 del codice penale e degli altri reati previsti dalla vigente normativa [per chi ha effettuato la messa in commercio] (3).

2. I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente titolo sono effettuati, per gli impianti di cui al titolo I della parte quinta, dall’autorita’ di cui all’articolo 268, comma 1, lettera p), e per gli impianti di cui al titolo II della parte quinta, dall’autorita’ di cui all’articolo 283, comma 1, lettera i).

3. In caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 294, il gestore degli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta e’ punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a milletrentadue euro. Per gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta si applica la sanzione prevista dall’articolo 288, comma 2; tale sanzione, in caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 294, si applica al responsabile per l’esercizio e la manutenzione se ricorre il caso previsto dall’ultimo periodo dell’articolo 284, comma 2.

4. In caso di mancata trasmissione dei dati di cui all’articolo 298, comma 3, nei termini prescritti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall’articolo 650 del codice penale, ordina ai soggetti inadempienti di provvedere.

5. Salvo che il fatto costituisca reato, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a 150.000 euro coloro che immettono sul mercato combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore ai limiti previsti nell’articolo 295 e l’armatore o il comandante che, anche in concorso tra loro, utilizzano combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore a tali limiti. In caso di recidiva e in caso di infrazioni che, per l’entita’ del tenore di zolfo o della quantita’ del combustibile o per le caratteristiche della zona interessata, risultano di maggiore gravita’, all’irrogazione segue, per un periodo da un mese a due anni:

a) la sospensione dei titoli professionali marittimi o la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche nell’esercizio dei quali l’infrazione e’ commessa, ovvero, se tali sanzioni accessorie non sono applicabili,

b) l’inibizione dell’accesso ai porti italiani per il comandante che ha commesso l’infrazione o per le navi dell’armatore che ha commesso l’infrazione.

6. In caso di violazione dell’articolo 295, comma 10, il comandante e’ punito con la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 1193 del codice della navigazione.

7. Salvo che il fatto costituisca reato, chi, senza commettere l’infrazione di cui al comma 5, non consegna il bollettino o il campione di cui all’articolo 295, comma 11, o consegna un bollettino in cui l’indicazione ivi prevista sia assente e’ punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 15.000 euro. Con la stessa sanzione e’ punito chi, senza commettere l’infrazione di cui al comma 5, non conserva a bordo il bollettino o il campione previsto dall’articolo 295, comma 11.

8. I fornitori di combustibili che non comunicano in termini i dati previsti dall’articolo 295, comma 12, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro.

9. All’accertamento delle infrazioni previste dai commi da 5 a 8, provvedono, con adeguata frequenza e programmazione e nell’ambito delle rispettive competenze, ai sensi degli articoli 13 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, il Corpo delle capitanerie di porto, la Guardia costiera, gli altri soggetti di cui all’articolo 1235 del codice della navigazione e gli altri organi di polizia giudiziaria. All’irrogazione delle sanzioni previste da tali commi provvedono le autorita’ marittime competenti per territorio e, in caso di infrazioni attinenti alla immissione sul mercato [o alla navigazione interna], le regioni o le diverse autorita’ indicate dalla legge regionale. Restano ferme, per i fatti commessi all’estero, le competenze attribuite alle autorita’ consolari (4).

10. Gli accertamenti previsti dal comma 9, ove relativi all’utilizzo dei combustibili, possono essere effettuati con le seguenti modalita’ (5):

a) mediante il campionamento e l’analisi dei combustibili per uso marittimo al momento della consegna alla nave; il campionamento deve essere effettuatosecondo le linee guida di cui alla risoluzione 182(59) del comitato MEPC dell’IMO (6);

b) mediante il campionamento e l’analisi dei combustibili per uso marittimo contenuti nei serbatoi della nave o, ove cio’ non sia tecnicamente possibile, nei campioni sigillati presenti a bordo, c) mediante controlli sui documenti di bordo e sui bollettini di consegna dei combustibili.

10-bis. Per i controlli analitici si applica la procedura di verifica prevista all’appendice VI dell’allegato VI alla Convenzione MARPOL 73/78 (7).

10-ter. Nei casi soggetti alla giurisdizione dell’Italia, l’armatore o il comandante della nave, fermi restando i termini previsti al comma 10-quater, hanno l’obbligo di comunicare all’autorita’ marittima competente per territorio tutti i casi in cui sussiste l’impossibilita’ di ottenere combustibile a norma. E’ utilizzato, a tal fine, il rapporto contenuto all’allegato X, parte I, sezione 6, alla Parte Quinta. La comunicazione e’ effettuata prima dell’accesso nelle acque soggette alla giurisdizione nazionale e, nel caso di viaggi effettuati esclusivamente all’interno di tali zone, prima dell’arrivo al porto di prima destinazione. In caso di violazioni commesse all’estero, l’armatore o il comandante delle navi battenti bandiera italiana notificano inoltre al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite del porto di iscrizione, tutti i casi in cui sussiste l’impossibilita’ di ottenere combustibile per uso marittimo a norma (8).

10-quater. Nei casi in cui vi sia una violazione degli obblighi relativi al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo l’armatore o il comandante possono presentare all’autorita’ competente per il controllo operante presso il porto di destinazione, anche su richiesta della stessa, un rapporto nel quale indicano tutte le misure adottate, prima e durante il viaggio, al fine di rispettare l’obbligo violato e, in particolare, le azioni intraprese per ottenere combustibile a norma nell’ambito del proprio piano di viaggio e, se tale combustibile non era disponibile nel luogo previsto, le azioni intraprese per ottenerlo da altre fonti. Il rapporto deve essere diretto a dimostrare che tali tentativi sono stati effettuati con la massima diligenza possibile, la quale non comporta tuttavia l’obbligo di deviare la rotta prevista o di ritardare il viaggio per ottenere il combustibile a norma. Se il rapporto e’ presentato almeno 48 ore prima dell’accesso nelle zone soggette alla giurisdizione nazionale l’autorita’ competente per il controllo, valutando la diligenza osservata dal responsabile alla luce del numero, della gravita’ e della imprevedibilita’ delle cause del mancato ottenimento del combustibile a norma, puo’ stabilire di non procedere al controllo per la presenza di una causa esimente della violazione. Con le stesse modalita’ si procede se, in caso di viaggi effettuati esclusivamente all’interno di zone soggette alla giurisdizione nazionale, il rapporto e’ presentato almeno 48 ore prima dell’arrivo al porto di prima destinazione. Se il rapporto e’ stato presentato oltre tali termini e, comunque, se nel rapporto non e’ dimostrato che il responsabile ha osservato la massima diligenza possibile, l’autorita’ competente per il controllo acquisisce il rapporto e procede ai sensi degli articoli 14 e 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi l’autorita’ competente all’irrogazione della sanzione, valutando la diligenza osservata dal responsabile alla luce del numero, della gravita’ e della imprevedibilita’ delle cause del mancato ottenimento del combustibile a norma, procede, se necessario, ad adeguare l’entita’ della sanzione ai sensi dell’articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, o adottare l’ordinanza di archiviazione ai sensi dell’articolo 18, comma 2, di tale legge (9).

10-quinquies. Le autorita’ che ricevono il rapporto di cui al comma 10-quater ne informano, entro dieci giorni, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che provvede a trasmettere alla Commissione europea tutti i rapporti ricevuti in ciascun mese civile entro la fine del mese successivo. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla luce di tali informazioni e di quelle ricevute ai sensi del comma 10-ter, puo’ attivare la procedura prevista all’articolo 295, comma 12-bis, con particolare riferimento ai casi in cui emerga, presso un porto o terminale, la ricorrente impossibilita’ di ottenere combustibile per uso marittimo a norma (10).

11. In caso di accertamento degli illeciti previsti al comma 5, fatti salvi i casi di cui al comma 10-quater, l’autorita’ competente all’applicazione delle procedure di sequestro, dispone, ove tecnicamente possibile, ed assicurando il preventivo prelievo di campioni e la conservazione degli altri elementi necessari a fini di prova, il cambio del combustibile fuori norma con combustibile marittimo a norma, a spese del responsabile (11).

(1) Articolo sostituito dall’articolo 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

(2) Alinea modificato dall’articolo 11, comma 5, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 25, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Comma modificato dall’articolo 2, comma 4, del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(5) Alinea modificato dall’articolo 1, comma 3, lettera a), del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(6) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(7) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(8) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(9) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(10) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 3, lettera c), del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(11) Comma sostituito dall’articolo 1, comma 3, lettera d), del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO III

TITOLO III

COMBUSTIBILI

     Articolo 297     

(Abrogazioni)

Art. 297

1. Sono abrogati, escluse le diposizioni di cui il presente decreto prevede l’ulteriore vigenza, l’articolo 2, comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 settembre 2001, n. 395, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 e l’articolo 2 del decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 maggio 2002, n. 82.

PARTE V

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL’ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONIIN ATMOSFERA

TITOLO III

TITOLO III

COMBUSTIBILI

     Articolo 298     

(Disposizioni transitorie e finali)

Art. 298

1. Le disposizioni del presente titolo relative agli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto si applicano agli impianti termici civili di cui all’articolo 290, comma 3, a partire dalla data in cui è effettuato l’adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 281, comma 3 (1).

2. Alla modifica e all’integrazione dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto si provvede con le modalità previste dall’articolo 281, commi 5 e 6. All’integrazione di tale Allegato si procede per la prima volta entro un anno dall’entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.

2-bis. Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare invia alla Commissione europea, sulla base di una relazione trasmessa dall’APAT entro il mese precedente, un rapporto circa il tenore di zolfo dell’olio combustibile pesante, del gasolio e dei combustibili per uso marittimo utilizzati nell’anno civile precedente. I soggetti di cui all’articolo 296, commi 2 e 9, i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, i gestori dei depositi fiscali, i gestori degli impianti di produzione di combustibili e i gestori dei grandi impianti di combustione trasmettono all’APAT ed al Ministero, nei casi, nei tempi e con le modalita’ previsti nella parte I, sezione 3, dell’Allegato X alla parte quinta, i dati e le informazioni necessari ad elaborare la relazione (2).

2-ter. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dello sviluppo economico ed il Ministro delle politiche agricole e forestali e’ istituita, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una commissione per l’esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell’Allegato X alla parte quinta del presente decreto, presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni. La commissione e’ composta da due rappresentanti di ciascuno di tali Ministeri e da un rappresentante del Dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ai componenti della Commissione non sono dovuti compensi, ne’ rimborsi spese (3).

(1) Comma modificato dall’articolo 3, comma 26, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Comma aggiunto dall’articolo 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

(3) Comma aggiunto dall’articolo 3, comma 26, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE V bis

PARTE QUINTA-BIS

DISPOSIZIONI PER PARTICOLARI INSTALLAZIONI

TITOLO I

TITOLO I

ATTIVITA’ DI PRODUZIONE DI BIOSSIDO DI TITANIO

     Articolo 298 bis     

Disposizioni particolari per installazioni e stabilimenti che producono biossido di titanio (1)

Art. 298-bis

1. Sono vietati, con riferimento alle sostanze relative ai processi di produzione di biossido di titanio, l’immersione, l’iniezione e lo scarico in qualsiasi corpo d’acqua e nel mare dei seguenti rifiuti:

a) rifiuti solidi, in particolare i residui insolubili del minerale che non vengono attaccati dall’acido solforico o dal cloro nel procedimento di fabbricazione; il vetriolo verde, ossia il solfato ferroso cristallizzato (FeSO4H2O; i cloruri metallici e idrossidi metallici (stanze di filtrazione) provenienti in forma solida dalla fabbricazione del tetracloruro di titanio; i residui di coke provenienti dalla fabbricazione del tetracloruro di titanio;

b) le acque madri provenienti dalla fase di filtrazione successiva all’idrolisi della soluzione di solfato di 1titanio e da installazioni che utilizzano il procedimento al solfato; sono compresi i rifiuti acidi associati a tali acque madri, contenenti complessivamente piu’ dello 0,5 per cento di acido solforico libero nonche’ vari metalli pesanti; sono e comprese le acque madri che sono state diluite fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido solforico libero;

c) i rifiuti provenienti da installazioni che utilizzano il procedimento con cloruro, contenenti piu’ dello 0,5 per cento di acido cloridrico, nonche’ vari metalli pesanti; sono compresi i rifiuti acidi che sono stati diluiti fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido cloridrico libero;

d) i sali di filtrazione, i fanghi ed i rifiuti liquidi ottenuti dal trattamento (concentrazione o neutralizzazione) dei rifiuti di cui alle lettere b) e c) e contenenti vari metalli pesanti; sono esclusi i rifiuti neutralizzati e filtrati o decantati che contengono metalli pesanti solo in tracce e che, prima di qualsiasi diluizione, hanno un valore di pH superiore a 5,5.

2. Per le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio, le emissioni nelle acque e nell’atmosfera devono rispettare i valori limite di emissione previsti all’Allegato I, parti 1 e 2, alla Parte Quinta-bis. Le autorizzazioni prevedono inoltre opportune misure per prevenire l’emissione di aerosol acidi dalle installazioni.

3. Le autorita’ competenti per il controllo possono effettuare ispezioni e prelievi di campioni 3.relativamente alla emissioni nelle acque, alle emissioni nell’atmosfera, agli stoccaggi ed alle lavorazioni presso le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio. Tale controllo comprende almeno il controllo delle emissioni di cui all’Allegato I, Parte 3.3, alla Parte Quinta-bis. Il controllo e’ effettuato conformemente alle norme CEN oppure, se non sono disponibili norme CEN, conformemente a norme ISO, nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualita’ scientifica.

4. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare integra la relazione di cui all’articolo 29-terdecies, comma 2, con i dati relativi all’attuazione del presente articolo, secondo le modalita’ fissate dalla normativa comunitaria e sulla base di rapporti di cui al comma 5 che le regioni e le province autonome forniscono entro il 30 aprile di ogni anno.

5. Il rapporto di cui al comma 4, elaborato sulla base dei controlli di cui al comma 3 e dei dati di cui al comma 6, deve contenere almeno, con riferimento a ciascuna risorsa ambientale interessata, le seguenti informazioni:

a) una descrizione del luogo di campionamento e delle sue caratteristiche permanenti, unitamente ad altre notizie di tipo amministrativo e geografico;

b) l’indicazione dei metodi di campionamento e analisi usati;

c) i risultati delle analisi;

d) le modifiche apportate alla frequenza di campionamento e di analisi ed al luogo di campionamento.

6. I gestori delle installazioni e degli stabilimenti che producono biossido di titanio trasmettono alle regioni e alla province autonome, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione contenente i dati necessari per il rapporto di cui al comma 5 con riferimento alle emissioni, agli stoccaggi e alle lavorazioni di cui al comma 3, indicando anche la tipologia e sui quantitativi di rifiuti prodotti e/o scaricati o stoccati nell’anno civile precedente.

(1) Articolo inserito dall’articolo 25, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. L’articolo 298-bis era già presente nella Parte Sesta inserito dall’articolo 25, comma 1, lettera a), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO I

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

     Articolo 298 ter     

(Principi generali).

Art. 298-bis (1)

1. La disciplina della parte sesta del presente decreto legislativo si applica:

a) al danno ambientale causato da una delle attivita’ professionali elencate nell’allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attivita’;

b) al danno ambientale causato da un’attivita’ diversa da quelle elencate nell’allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attivita’, in caso di comportamento doloso o colposo.

2. La riparazione del danno ambientale deve avvenire nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti nel titolo II e nell’allegato 3 alla parte sesta, ove occorra anche mediante l’esperimento dei procedimenti finalizzati a conseguire dal soggetto che ha causato il danno, o la minaccia imminente di danno, le risorse necessarie a coprire i costi relativi alle misure di riparazione da adottare e non attuate dal medesimo soggetto.

3. Restano disciplinati dal titolo V della parte quarta del presente decreto legislativo gli interventi di ripristino del suolo e del sottosuolo progettati ed attuati in conformita’ ai principi ed ai criteri stabiliti al punto 2 dell’allegato 3 alla parte sesta nonche’ gli interventi di riparazione delle acque sotterranee progettati ed attuati in conformita’ al punto 1 del medesimo allegato 3, o, per le contaminazioni antecedenti alla data del 29 aprile 2006, gli interventi di riparazione delle acque sotterranee che conseguono gli obiettivi di qualita’ nei tempi stabiliti dalla parte terza del presente decreto.

(1) Articolo premesso dall’articolo 25, comma 1, lettera a), della Legge 6 agosto 2013, n. 97. Successivamente l’articolo 25, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, ha inserito l’articolo 298-bis nella parte Quinta-bis; per tale motivo è stato necessario rinumerare il presente articolo 298-ter nella struttura dell’articolato.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO I

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

     Articolo 299     

(Competenze ministeriali)

Art. 299.

1. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all’ambiente [, attraverso la Direzione generale per il danno ambientale istituita presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio dall’articolo 34 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, e gli altri uffici ministeriali competenti ] (1).

2. L’azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo.

3. L’azione ministeriale si svolge nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, delle competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali con applicazione dei principi costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione.

4. Per le finalità connesse all’individuazione, all’accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio si avvale, in regime convenzionale, di soggetti pubblici e privati di elevata e comprovata qualificazione tecnico-scientifica operanti sul territorio, nei limiti delle disponibilità esistenti.

5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle attività produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte all’accertamento del danno ambientale [ e per la riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale ] ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno (2).

6. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

(1) Comma modificato dall’articolo 25, comma 1, lettera b), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

(2) Comma modificato dall’articolo 25, comma 1, lettera c), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO I

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

     Articolo 300     

(Danno ambientale)

Art. 300.

1. È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima.

2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:

a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione;

b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva;

c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;

d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO I

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

     Articolo 301     

(Attuazione del principio di precauzione)

Art. 301

1. In applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.

2. L’applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato a sèguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva.

3. L’operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo, nonché il Prefetto della provincia che, nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.

4. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, in applicazione del principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell’articolo 304, che risultino:

a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s’intende raggiungere;

b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate;

c) basate sull’esame dei potenziali vantaggi ed oneri;

d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.

5. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio promuove l’informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un processo e, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, può finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi di danno ambientale.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO I

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

     Articolo 302     

( Definizioni)

Art. 302

1. Lo stato di conservazione di una specie è considerato favorevole quando:

a) i dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta mantenendo, a lungo termine, come componente vitale dei suoi habitat naturali;

b) l’area naturale della specie non si sta riducendo né si ridurrà verosimilmente in un futuro prevedibile;

c) esiste, e verosimilmente continuerà ad esistere, un habitat sufficientemente ampio per mantenerne la popolazione a lungo termine.

2. Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando:

a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento;

b) le struttore e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e

c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1.

3. Per “acque” si intendono tutte le acque cui si applica la parte terza del presente decreto.

4. Per “operatore” s’intende qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla un’attività professionale avente rilevanza ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli aspetti tecnici e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell’autorizzazione a svolgere detta attività.

5. Per “attività professionale” s’intende qualsiasi azione, mediante la quale si perseguano o meno fini di lucro, svolta nel corso di un’attività economica, industriale, commerciale, artigianale, agricola e di prestazione di servizi, pubblica o privata.

6. Per “emissione” s’intende il rilascio nell’ambiente, a seguito dell’attività umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi.

7. Per “minaccia imminente” di danno si intende il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale.

8. Per “misure di prevenzione” si intendono le misure prese per reagire a un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine di impedire o minimizzare tale danno.

9. Per “ripristino”, anche “naturale”, s’intende: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno, l’eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale. In ogni caso il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie, dirette a riparare, risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall’autorità competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.

10. Per “risorse naturali” si intendono specie e habitat naturali protetti, acqua e terreno.

11. Per “servizi” e “servizi delle risorse naturali” si intendono le funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali e/o del pubblico.

12. Per “condizioni originarie” si intendono le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili.

13. Per “costi” s’intendono gli oneri economici giustificati dalla necessità di assicurare un’attuazione corretta ed efficace delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, compresi i costi per valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente, per progettare gli interventi alternativi, per sostenere le spese amministrative, legali e di realizzazione delle opere, i costi di raccolta dei dati ed altri costi generali, nonché i costi del controllo e della sorveglianza.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO I

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

     Articolo 303     

(Esclusioni)

Art. 303

1. La parte sesta del presente decreto:

a) non riguarda il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati da:

1) atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile, insurrezione;

2) fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;

b) non si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di tale danno provocati da un incidente per il quale la responsabilità o l’indennizzo rientrino nell’ambito d’applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell’allegato 1 alla parte sesta del presente decreto cui la Repubblica italiana abbia aderito;

c) non pregiudica il diritto del trasgressore di limitare la propria responsabilità conformemente alla legislazione nazionale che dà esecuzione alla convenzione sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi (LLMC) del 1976, o alla convenzione di Strasburgo sulla limitazione della responsabilità nella navigazione interna (CLNI) del 1988;

d) non si applica ai rischi nucleari relativi all’ambiente né alla minaccia imminente di tale danno causati da attività disciplinate dal Trattato istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica o causati da un incidente o un’attività per i quali la responsabilità o l’indennizzo rientrano nel campo di applicazione di uno degli strumenti internazionali elencati nell’allegato 2 alla parte sesta del presente decreto;

e) non si applica alle attività svolte in condizioni di necessità ed aventi come scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali;

f) non si applica al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte sesta del presente decreto; [ i criteri di determinazione dell’obbligazione risarcitoria stabiliti dall’articolo 311, commi 2 e 3, si applicano anche alle domande di risarcimento proposte o da proporre ai sensi dell’articolo 18 della legge 18 luglio 1986, n. 349, in luogo delle previsioni dei commi 6, 7 e 8 del citato articolo 18, o ai sensi del titolo IX del libro IV del codice civile o ai sensi di altre disposizioni non aventi natura speciale, con esclusione delle pronunce passate in giudicato; ai predetti giudizi trova, inoltre, applicazione la previsione dell’articolo 315 del presente decreto ] (1);

g) non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent’anni dall’emissione, dall’evento o dall’incidente che l’hanno causato;

h) non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causa ti da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l’attività di singoli operatori;

[ i) non si applica alle situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti hi materia, salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale. ] (2)

(1) Lettera modificata dall’ articolo 5-bis, comma 1, lettera c), del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla Legge 20 novembre 2009, n. 166e successivamente dall’articolo 25, comma 1, lettera d), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

(2) Lettera abrogata dall’articolo 25, comma 1, lettera e), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO II

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

     Articolo 304     

(Azione di prevenzione)

Art. 304

1. Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l’operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.

2. L’operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo, nonché al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. Tale comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalità dell’operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l’operatore alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1. Se l’operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l’autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio irroga una sanzione amministrativa non inferiore a mille euro né superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo.

3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, in qualsiasi momento, ha facoltà di:

a) chiedere all’operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;

b) ordinare all’operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire;

c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.

4. Se l’operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 3, lettera b), o se esso non può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ha facoltà di adottare egli stesso le misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall’effettuato pagamento.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO II

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

     Articolo 305     

(Ripristino ambientale)

Art. 305

1. Quando si è verificato un danno ambientale, l’operatore deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità di cui all’articolo 304, con gli effetti ivi previsti, e, se del caso, alle altre autorità dello Stato competenti, comunque interessate. L’operatore ha inoltre l’obbligo di adottare immediatamente:

a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;

b) le necessarie misure di ripristino di cui all’articolo 306.

2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, in qualsiasi momento, ha facoltà di:

a) chiedere all’operatore di fornire informazioni su qualsiasi danno verificatosi e sulle misure da lui adottate immediatamente ai sensi del comma 1;

b) adottare, o ordinare all’operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi;

c) ordinare all’operatore di prendere le misure di ripristino necessarie;

d) adottare egli stesso le suddette misure.

3. Se l’operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 2, lettera b) o c), o se esso non può essere individuato o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ha facoltà di adottare egli stesso tali misure, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall’effettuato pagamento.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO II

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

     Articolo 306     

(Determinazione delle misure per il ripristino ambientale)

Art. 306

1. Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che risultino conformi all’allegato 3 alla parte sesta del presente decreto e le presentano per l’approvazione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall’evento dannoso, a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305, commi 2 e 3.

2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio decide quali misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del completo ripristino ambientale, e valuta l’opportunità di addivenire ad un accordo con l’operatore interessato nel rispetto della procedura di cui all’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. Se si è verificata una pluralità di casi di danno ambientale e l’autorità competente non è in grado di assicurare l’adozione simultanea delle misure di ripristino necessarie, essa può decidere quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai fini di tale decisione, l’autorità competente tiene conto, fra l’altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale in questione, nonché della possibilità di un ripristino naturale.

4. Nelle attività di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in considerazione i rischi per la salute umana.

5. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio invita i soggetti di cui agli articoli 12 e 7, comma 4, della direttiva 2004/35/CE, nonché i soggetti sugli immobili dei quali si devono effettuare le misure di ripristino a presentare le loro osservazioni nel termine di dieci giorni e le prende in considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza l’invito può essere incluso nell’ordinanza, che in tal caso potrà subire le opportune riforme o essere revocata tenendo conto dello stato dei lavori in corso.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO II

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

     Articolo 307     

(Notificazione delle misure preventive e di ripristino)

Art. 307

1. Le decisioni che impongono misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del presente decreto, sono adeguatamente motivate e comunicate senza indugio all’operatore interessato con indicazione dei mezzi di ricorso di cui dispone e dei termini relativi.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO II

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

     Articolo 308     

(Costi dell’attività di prevenzione e di ripristino)

Art. 308

1. L’operatore sostiene i costi delle iniziative statali di prevenzione e di ripristino ambientale adottate secondo le disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.

2. Fatti salvi i commi 4, 5 e 6, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio recupera, anche attraverso garanzie reali o fideiussioni bancarie a prima richiesta e con esclusione del beneficio della preventiva escussione, dall’operatore che ha causato il danno o l’imminente minaccia, le spese sostenute dallo Stato in relazione alle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate a norma della parte sesta del presente decreto.

3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio determina di non recuperare la totalità dei costi qualora la spesa necessaria sia maggiore dell’importo recuperabile o qualora l’operatore non possa essere individuato.

4. Non sono a carico dell’operatore i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto se egli può provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:

a) è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l’esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee;

b) è conseguenza dell’osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti da una autorità pubblica, diversi da quelli impartiti a seguito di un’emissione o di un incidente imputabili all’operatore; in tal caso il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio adotta le misure necessarie per consentire all’operatore il recupero dei costi sostenuti.

5. L’operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5 intraprese conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento doloso o colposo e che l’intervento preventivo a tutela dell’ambiente è stato causato da:

a) un’emissione o un evento espressa mente consentiti da un’autorizzazione conferita ai sensi delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari recanti attuazione delle misure legislative adottate dalla Comunità europea di cui all’allegato 5 della parte sesta del presente decreto, applicabili alla data dell’emissione o dell’evento e in piena conformità alle condizioni ivi previste;

b) un’emissione o un’attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un prodotto nel corso di un’attività che l’operatore dimostri non essere stati considerati probabile causa di danno ambientale secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell’emissione o dell’esecuzione dell’attività.

6. Le misure adottate dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in attuazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto lasciano impregiudicata la responsabilità e l’obbligo risarcitorio del trasgressore interessato.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO II

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

     Articolo 309     

(Richiesta di intervento statale)

Art. 309

1. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, depositandole presso le Prefetture – Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l’intervento statale a tutela dell’ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.

2. Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente, di cui all’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute titolari dell’interesse di cui al comma 1.

3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio valuta le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale e informa senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo.

4. In caso di minaccia imminente di danno, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, nell’urgenza estrema, provvede sul danno denunciato anche prima d’aver risposto ai richiedenti ai sensi del comma 3.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO II

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

     Articolo 310     

(Ricorsi)

Art. 310

1. I soggetti di cui all’articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l’annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.

2. Nell’ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice amministrativo[, in sede di giurisdizione esclusiva,] può essere preceduto da una opposizione depositata presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio o inviata presso la sua sede a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell’atto. In caso di inerzia del Ministro, analoga opposizione può essere proposta entro il suddetto termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno successivo all’effettuato deposito dell’opposizione presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (1).

3. Se sia stata presentata l’opposizione e non ancora il ricorso al giudice amministrativo, quest’ultimo è proponibile entro il termine di sessanta giorni decorrenti dal ricevimento della decisione di rigetto dell’opposizione oppure dal trentunesimo giorno successivo alla presentazione dell’opposizione se il Ministro non si sia pronunciato.

4. Resta ferma la facoltà dell’interessato di ricorrere in via straordinaria al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell’atto o provvedimento che si ritenga illegittimo e lesivo.

(1) Comma modificato dall’articolo 4, comma 1, punto 36), dell’Allegato 4 al D.Lgs.2 luglio 2010, n. 104.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Articolo 311     

(Azione risarcitoria in forma specifica [ e per equivalente patrimoniale ] ) (1)

Art. 311

1. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio agisce, anche esercitando l’azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.

2. Quando si verifica un danno ambientale cagionato dagli operatori le cui attivita’ sono elencate nell’allegato 5 alla presente parte sesta, gli stessi sono obbligati all’adozione delle misure di riparazione di cui all’allegato 3 alla medesima parte sesta secondo i criteri ivi previsti, da effettuare entro il termine congruo di cui all’articolo 314, comma 2, del presente decreto. Ai medesimi obblighi e’ tenuto chiunque altro cagioni un danno ambientale con dolo o colpa. Solo quando l’adozione delle misure di riparazione anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai termini e modalita’ prescritti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attivita’ necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti (2).

3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri enunciati negli allegati 3 e 4 della presente parte sesta alla determinazione delle misure di riparazione da adottare e provvede con le procedure di cui al presente titolo III all’accertamento delle responsabilita’ risarcitorie. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformita’ a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell’allegato 3 alla presente parte sesta i criteri ed i metodi, anche di valutazione monetaria, per determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa. Tali criteri e metodi trovano applicazione anche ai giudizi pendenti non ancora definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo precedente. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilita’ personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi, nei limiti del loro effettivo arricchimento (3).

(1) Rubrica modificata dall’articolo 25, comma 1, lettera f), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

(2) Comma modificato dall’articolo 5-bis, comma 1, lettera a), del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito , con modificazioni, dalla Legge 20 novembre 2009, n. 166 e successivamente sostituito dall’articolo 25, comma 1, lettera g), della Legge 6 agosto 2013, n. 97. Vedi anche quanto disposto dal successivo comma 2 del medesimo articolo 25 della Legge 97/2013.

(3) Comma modificato dall’articolo 5-bis, comma 1, lettera b), del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito , con modificazioni, dalla Legge 20 novembre 2009, n. 166e successivamente sostituito dall’articolo 25, comma 1, lettera h), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Articolo 312     

(Istruttoria per l’emanazione dell’ordinanza ministeriale)

Art. 312

1. L’istruttoria per l’emanazione dell’ordinanza ministeriale di cui all’articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

2. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, per l’accertamento dei fatti, per l’individuazione dei trasgressori, per l’attuazione delle misure a tutela dell’ambiente e per il risarcimento dei danni, può delegare il Prefetto competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite convenzioni, della collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale dello Stato, dell’Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico dotato di competenza adeguata.

3. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, per l’accertamento delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare in applicazione delle disposizioni contenute negli Allegati 3 e 4 alla parte sesta del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del contraddittorio con l’operatore interessato, apposita consulenza tecnica svolta dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi professionisti.

4. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al fine di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature informatiche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento del fatto dannoso e per l’individuazione dei trasgressori, può disporre l’accesso di propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che eseguono l’accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono. Per l’accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o all’esercizio di attività professionali è necessario che l’Amministrazione si munisca dell’autorizzazione dell’autorità giudiziara competente. In ogni caso, dell’accesso nei luoghi di cui al presente comma dovrà essere informato il titolare dell’attività o un suo delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con l’assistenza di un difensore di fiducia, e di chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate.

5. In caso di gravi indizi che facciano ritenere che libri, registri, documenti, scritture ed altre prove del fatto dannoso si trovino in locali diversi da quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio può chiedere l’autorizzazione per la perquisizione di tali locali all’autorità giudiziaria competente.

6. E’ in ogni caso necessaria l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente per procedere, durante l’accesso, a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame dei documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato eccepito il segreto professionale.

7. Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte all’interessato o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute, nonché le sue dichiarazioni. Il verbale deve essere sottoscritto dall’interessato o da chi lo rappresenta oppure deve indicare il motivo della mancata sottoscrizione. L’interessato ha diritto di averne copia.

8. I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non sia possibile riprodurne o farne constare agevolmente il contenuto rilevante nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; tuttavia gli agenti possono sempre acquisire dati con strumenti propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Articolo 313     

(Ordinanza)

Art. 313

1. Qualora all’esito dell’istruttoria di cui all’articolo 312 sia stato accertato un fatto che abbia causato danno ambientale ed il responsabile non abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304e seguenti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, con ordinanza immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.

2. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto o all’adozione delle misure di riparazione nei termini e modalita’ prescritti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attivita’ necessarie a conseguire la completa attuazione delle misure anzidette secondo i criteri definiti con il decreto di cui al comma 3 dell’articolo 311 e, al fine di procedere alla realizzazione delle stesse, con ordinanza ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, delle somme corrispondenti (1).

3. Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l’ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo l’accertamento istruttorio intervenuto, all’onere economico necessario per apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e tenere i comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili.

4. L’ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell’avvio dell’istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di due anni dalla notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e spese del trasgressore. In tal caso i medesimi termini decorrono dalla sospensione ingiustificata dei lavori di ripristino oppure dalla loro conclusione in caso di incompleta riparazione del danno. Alle attestazioni concernenti la sospensione dei lavori e la loro incompletezza provvede il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con apposito atto di accertamento.

5. Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell’articolo 2947 del codice civile, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati.

6. Nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all’Ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio.

7. Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministro dell’ambiente e della tutela territorio, nuovi interventi comportanti aggravio di costi per l’operatore interessato. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi.

(1) Comma modificato dall’articolo 25, comma 1, lettera i), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Articolo 314     

(Contenuto dell’ordinanza)

Art. 314

1. L’ordinanza contiene l’indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per l’individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova per l’identificazione dei trasgressori.

2. L’ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione dell’entità dei lavori necessari.

3. La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino. [Ove non sia motivatamente possibile l’esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica, o di parte di esso, il danno per equivalente patrimoniale si presume, fino a prova contraria, di ammontare non inferiore al triplo della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, oppure alla sanzione penale, in concreto applicata. ] [ Se sia stata erogata una pena detentiva, al fine della quantificazione del danno di cui al presente articolo, il ragguaglio fra la stessa e la somma da addebitare a titolo di risarcimento del danno ha luogo calcolando quattrocento euro per ciascun giorno di pena detentiva ] (1).

4. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all’articolo 444 del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento trasmette copia degli stessi al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio entro cinque giorni dalla loro pubblicazione.

5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del risarcimento del danno ambientale, comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio le sanzioni amministrative, entro dieci giorni dall’avvenuta irrogazione.

6. Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi termini.

(1) Comma modificato dall’articolo 25, comma 1, lettera l), della Legge 6 agosto 2013, n. 97

PARTE VI

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NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Articolo 315     

(Effetti dell’ordinanza sull’azione giudiziaria)

Art. 315

1. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio che abbia adottato l’ordinanza di cui all’articolo 313non può né proporre né procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, salva la possibilità dell’intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale.

PARTE VI

PARTE SESTA

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Articolo 316     

(Ricorso avverso l’ordinanza)

Art. 316

1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di cui all’articolo 313, può ricorrere al Tribunale amministrativo regionale[, in sede di giurisdizione esclusiva,] competente in relazione al luogo nel quale si è prodotto il danno ambientale (1).

2. Il trasgressore può far precedere l’azione giurisdizionale dal ricorso in opposizione di cui all’articolo 310, commi 2 e 3.

3. Il trasgressore può proporre altresì ricorso al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla ricevuta notificazione o comunicazione dell’ordinanza o dalla sua piena conoscenza.

(1) Comma modificato dall’articolo 4, comma 1, punto 36), dell’Allegato 4 al D.Lgs.2 luglio 2010, n. 104.

PARTE VI

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Articolo 317     

(Riscossione dei crediti e fondo di rotazione)

Art. 317

1. Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, nell’ammontare determinato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio o dal giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

2. Nell’ordinanza o nella sentenza può essere disposto, su richiesta dell’interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di venti; ciascuna rata non può essere inferiore comunque ad euro cinquemila.

3. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.

4. Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta l’obbligo di pagamento del residuo ammontare in unica soluzione.

5. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla presente parte sesta, ivi comprese quelle derivanti dall’escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad un pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere destinate alla realizzazione delle misure di prevenzione e riparazione in conformita’ alle previsioni della direttiva 2004/35/CE ed agli obblighi da essa derivanti (1).

[6. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al predetto fondo di rotazione, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione.] (2)

(1) Comma modificato dall’articolo 5-bis, comma 1, lettera d), del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 , convertito , con modificazioni, dalla Legge 20 novembre 2009, n. 166 e successivamente sostituito dall’articolo 25, comma 1, lettera m), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.

(2) Comma abrogato dall’articolo 5-bis, comma 1, lettera e), del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 , convertito , con modificazioni, dalla Legge 20 novembre 2009, n. 166.

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Articolo 318     

(Norme transitorie e finali)

Art. 318.

1. Nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 317, comma 6, continua ad applicarsi il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 14 ottobre 2003.

2. Sono abrogati:

a) l’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione del comma 5;

b) l’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

c) l’articolo 1, commi 439, 440, 441, 442 e 443 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

3. In attuazione dell’articolo 14 della direttiva 2004/35/CE, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle attività produttive, sono adottate misure per la definizione di idonee forme di garanzia e per lo sviluppo dell’offerta dei relativi strumenti, in modo da consentirne l’utilizzo da parte degli operatori interessati ai lini dell’assolvimento delle responsabilità ad essi incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto.

4. Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare una pluralità di Stati membri dell’Unione europea, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio coopera, anche attraverso un appropriato scambio di informazioni, per assicurare che sia posta in essere un’azione di prevenzione e, se necessario, di riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi, quando il danno ambientale ha avuto origine nel territorio italiano, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio fornisce informazioni sufficienti agli Stati membri potenzialmente esposti ai suoi effetti. Se il Ministro individua entro i confini del territorio nazionale un danno la cui causa si è invece verificata al di fuori di tali confini, esso ne informa la Commissione europea e qualsiasi altro Stato membro interessato; il Ministro può raccomandare l’adozione di misure di prevenzione o di riparazione e può cercare, ai sensi della parte sesta del presente decreto, di recuperare i costi sostenuti in relazione all’adozione delle misure di prevenzione o riparazione.

Parte sesta-bis.

Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale (1).

(1) Parte aggiunta dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

Art. 318-bis.

Ambito di applicazione (1)

1. Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

Art. 318-ter.

Prescrizioni (1)

1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un’apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario. In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine puo’ essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato che e’ comunicato immediatamente al pubblico ministero.

2. Copia della prescrizione e’ notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell’ente nell’ambito o al servizio del quale opera il contravventore.

3. Con la prescrizione l’organo accertatore puo’ imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attivita’ potenzialmente pericolose.

4. Resta fermo l’obbligo dell’organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

Art. 318-quater.

Verifica dell’adempimento (1)

1. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione ai sensi dell’articolo 318-ter, l’organo accertatore verifica se la violazione e’ stata eliminata secondo le modalita’ e nel termine indicati dalla prescrizione.

2. Quando risulta l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo accertatore comunica al pubblico ministero l’adempimento della prescrizione nonche’ l’eventuale pagamento della predetta somma.

3. Quando risulta l’inadempimento della prescrizione, l’organo accertatore ne da’ comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

1. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione ai sensi dell’articolo 318-ter, l’organo accertatore verifica se la violazione e’ stata eliminata secondo le modalita’ e nel termine indicati dalla prescrizione.

2. Quando risulta l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo accertatore comunica al pubblico ministero l’adempimento della prescrizione nonche’ l’eventuale pagamento della predetta somma.

3. Quando risulta l’inadempimento della prescrizione, l’organo accertatore ne da’ comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

Art. 318-quinquies.

Notizie di reato non pervenute dall’organo accertatore (1)

1. Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall’organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne da’ comunicazione all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinche’ provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater.

2. Nel caso previsto dal comma 1, l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria informano il pubblico ministero della propria attivita’ senza ritardo.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

Art. 318-sexies.

Sospensione del procedimento penale (1)

1. Il procedimento per la contravvenzione e’ sospeso dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all’articolo 318-quater, commi 2 e 3, del presente decreto.

2. Nel caso previsto dall’articolo 318-quinquies, comma 1, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato al comma 1 del presente articolo.

3. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, l’assunzione delle prove con incidente probatorio, ne’ gli atti urgenti di indagine preliminare, ne’ il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

Art. 318-septies.

Estinzione del reato (1)

1. La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall’articolo 318-quater, comma 2.

2. Il pubblico ministero richiede l’archiviazione se la contravvenzione e’ estinta ai sensi del comma 1.

3. L’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell’articolo 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalita’ diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza sono valutati ai fini dell’applicazione dell’articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare e’ ridotta alla meta’ del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

Art. 318-octies.

Norme di coordinamento e transitorie (1)

1. Le norme della presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte.

(1) Articolo aggiunto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68.

PARTE VI

PARTE SESTA

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 1     

ALLEGATO I (1)

ALLA PARTE SECONDA

Criteri per la verifica di assoggettabilità di piani e programmi di cui all’articolo 12.

1. Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:

in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l’ubicazione, la natura, le dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse;

in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati;

la pertinenza del piano o del programma per l’integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile;

problemi ambientali pertinenti al piano o al programma;

la rilevanza del piano o del programma per l’attuazione della normativa comunitaria nel settore dell’ambiente (ad es. piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione delle acque).

2. Caratteristiche degli impatti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:

probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli impatti;

carattere cumulativo degli impatti;

natura transfrontaliera degli impatti;

rischi per la salute umana o per l’ambiente (ad es. in caso di incidenti);

entità ed estensione nello spazio degli impatti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate);

valore e vulnerabilità dell’area che potrebbe essere interessata a causa:

– delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale,

– del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite dell’utilizzo intensivo del suolo;

impatti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale.

(1) Allegato sostituito dall’articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE VI

PARTE SESTA

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 2     

ALLEGATO II (1)

ALLA PARTE SECONDA

Progetti di competenza statale.

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonchè impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bitiiminosi, nonchè terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto.

2) Installazioni relative a:

– centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW;

– centrali per la produzione dell’energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti;

– Impianti per l’estrazione dell’amianto,nonché per il trattamento e la trasformazione dell’amianto e dei prodotti contenenti amianto;

– centrali nucleari e altri reattori nucleari, compreso lo smantellamento e lo smontaggio di tali centrali e reattori (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera I kW di durata permanente termica).

3) Impianti destinati :

– al riadattamento di combustibili nucleari irradiati;

– alla produzione o all’arricchimento di combustibili nucleari;

– al trattamento di combustibile nucleare irradiato o di residui altamente radioattivi;

– allo smaltimento definitivo dei combustibili nucleari irradiati;

– esclusivamente allo smaltimento definitivo di residui radioattivi;

– esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o di residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione ;

– al trattamento e allo stoccaggio di residui radioattivi (impianti non compresi tra quelli gia’ individuati nel presente punto), qualora disposto all’esito della verifica di assoggettabilita’ di cui all’articolo 20 (2).

4) Elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 lm. ed elettrodotti in cavo internato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri”.

4-bis) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km ed elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale (3);

4-ter) Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km, qualora disposto all’esito della verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20 (4).

5) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio.

6) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro:

– per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie [1] di seguito indicate:

CLASSE DI PRODOTTO                                     | Soglie*(Gg/anno)
-------------------------------------------------------------------------
a)idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi      |   200           
o insaturi, alifatici o aromatici)                     |                 
-------------------------------------------------------------------------
b)idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi,|
chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri,   |   200
perossidi, resine, epossidi                            |
--------------------------------------------------------------------------
c)idrocarburi solforati                                |   100
--------------------------------------------------------------------------
d)idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi,     |
composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, |   100
isocianati                                             |
--------------------------------------------------------------------------
e)idorcarburi fosforosi                                |   100
--------------------------------------------------------------------------
f)idorcarburi alogenati                                |   100
--------------------------------------------------------------------------
g)composti organometallici                             |   100
--------------------------------------------------------------------------
h)materie plastiche di base (polimeri,fibre sinetiche  |   100
fibre a base di cellulosa)                             |
--------------------------------------------------------------------------
i)gomme sintetiche                                     |   100
--------------------------------------------------------------------------

– per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie [2] di seguito indicate:

CLASSE DI PRODOTTO                                     | Soglie*(Gg/anno)
-------------------------------------------------------------------------
j)gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno,   |   100
fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio,     |   
composti di zolfo,ossidi di azoto, idrogeno, biossido  |   
di zolfo, bicloruro di carbonile                       |   
-------------------------------------------------------------------------
k) acidi,quali acido cromico, acido fluoridrico,acido  |   100
fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido      |
solforico, oleum e acidi solforati                     |
--------------------------------------------------------------------------
l)basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di        |   100
potassio,idrossido di sodio                            |
--------------------------------------------------------------------------

– per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) con capacità produttiva complessiva annua superiore a 300 milioni di chilogrammi (intesa come somma delle capacità produttive relative ai singoli composti elencati nella presente classe di prodotto).

7) Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sulla terraferma e in mare (5).

7-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare (6).

7-ter) Attivita’ di esplorazione in mare e sulla terraferma per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio (7).

7- quater) Impianti geotermici pilota di cui all’ articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 , e successive modificazioni (8);

8) Stoccaggio:

– di prodotti chimici, petrolchimici con capacità complessiva superiore a 80.000 m3;

– superficiale di gas naturali con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3;

– di prodotti di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva superiore a 40.000 m3;

– di prodotti petroliferi liquidi di capacità complessiva superiore a 80.000 m3;

– di prodotti combustibili solidi con capacità complessiva superiore a 150.000 t.

9) Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km;

per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici, e;

per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO 2 ) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta intermedie (9).

10) Opere relative a

Рtronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonch̬ aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 metri di lunghezza;

– autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate e sulle quali sono vietati tra l’altro l’arresto e la sosta di autoveicoli;

– strade [extraurbane] a quattro o più corsie o raddrizzamento o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o più corsie, sempre che la nuova strada o il tratto di strada raddrizzato o allargato abbia una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km (10);

– parcheggi interrati che interessano superfici superiori ai 5 ha, localizzati nei centri storici o in aree soggette a vincoli paesaggistici decretati con atti ministeriali o facenti parte dei siti UNESCO.

11) Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di strada superiore a 1350 tonnellate. Terminali marittimi, da intendersi quali moli, pontili, boe galleggianti, iscile a mare per il carico e lo scarico dei prodotti, collegati con la terraferma e l’esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto), che possono accogliere navi di stazza superiore a 1350 tonnellate, comprese le atirezzature e le opere funzionalmente connesse.

12) Interventi per la difesa del mare:

– teminali per il carico e lo scarico degli idrocarburi e sostanze pericolose;

– piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi;

– condotte sottomarine per il trasporto degli idrocarburi;

– sfruttamento minerario piattaforma continentale.

13) impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m. o che determinano un volume d’invaso superiore ad 1.000.000 m cubi, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fmi energetici in modo durevole, di altezza superiore a 10 m. o che determinano un volume d’invaso superiore a 100.000 m cubi, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati (11).

14) Trivellazioni in profondità per lo stoccaggio dei residui nucleari.

15) Interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240 e successive modifiche, comunque comprendenti uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione.

16) Opere ed interventi relativi a trasferimenti d’acqua che prevedano o possano prevedere trasferimento d’acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183.

17) Stoccaggio di gas combustibile in serbatoi sotterranei naturali in unita’ geologiche profonde e giacimenti esauriti di idrocarburi, nonche’ siti per lo stoccaggio geologico del biossido di carbonio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio (12).

17-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO 2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato o impianti di cattura nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato e’ pari ad almeno 1,5 milioni di tonnellate, ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio (13);

18) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sè sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato.

————————————————————————————————–

[1] Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in un’unica riga

[2] Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in un’unica riga.

(1) Allegato sostituito dall’articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(3) Numero inserito dall’articolo 36, comma 7-bis, lettera a), del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179.

(2) Capoverso aggiunto dall’articolo 15, comma 1, lettera l), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(4) Numero inserito dall’articolo 36, comma 7-bis, lettera a), del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179.

(5) Punto modificato dall’articolo 38, comma 3, lettera a), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(6) Numero inserito dall’articolo 42, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99

(7) Numero inserito dall’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162 e, successivamente, sostituito dall’articolo 15, comma 1, lettera m), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(8) Numero inserito dall’articolo 41, comma 7-ter , lettera a) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

(9) Numero sostituito dall’articolo 35, comma 5, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162.

(10) Trattino modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera n), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(11) Numero modificato dall’articolo 4-bis, comma 1, del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2014, n. 9.

(12) Punto sostituito dall’articolo 15, comma 1, lettera o), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116

(13) Numero inserito dall’ articolo 35, comma 6, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162 .

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 3     

ALLEGATO III (1)

ALLA PARTE SECONDA

Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

a) Recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 200 ettari.

b) Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui la derivazione superi i 1.000 litri al secondo e di acque sotterranee ivi comprese acque minerali e termali, nei casi in cui la derivazione superi i 100 litri al secondo.

c) Impianti termici per la pfoduzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW,

c bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma, con procedimento nel quale prevista la partecipazione obbligatoria del rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali (2);

d) Impianti industriali destinati:

– alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

– alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 200 tonnellate al giorno.

e) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive fiuizionalmente connesse tra di loro:

– per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base (progetti non inclusi nell’Allegato II);

– per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base (progetti non inclusi nell’Allegato II);

– per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) (progetti non inclusi nell’Allegato II);

– per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi;

– per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico;

– per la fabbricazione di esplosivi.

f) Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate.

g) Produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 35.000 t /anno di materie prime lavorate.

h) Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 40.000 m al cubo.

i) Impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 12 tonnellate di prodotto finito al giorno.

I) Porti turistici e da diporto quando lo specchio d’acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri.

m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all’allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

n) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D9, D10 e D11, ed all’allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

o) Impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante operazioni di raggruppamento o ricondizionamento preliminari e deposito preliminare, con capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettere D13 e D14, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 1521.

p) Discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 m cubi (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) discariche di rifiuti speciali non pericolosi (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della pane quarta del decreto legislativo 152/2006), ad esclusione delle discariche per inerti con capacità complessiva sino a 100.000 m cubi .

q) Impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 m cubi oppure con capacità superiore a 200 t /giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

r) Impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 100.000 abitanti equivalenti.

s) Cave e torbiere con più di 500.000 m3/a di materiale estratto o di un’area interessata superiore a 20 ettari.

t) Dighe ed altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici di altezza superiore a 10 m di di capacità superiore a 100.000 m al cubo, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati (3).

u) Attività di coltivazione sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all’art. 2, comma 2 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443.

v) Attività di coltivazione sulla terraferma [degli idrocarburi liquidi e gassosi e] delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all’ articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 , e successive modificazioni (4).

z) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km (5).

aa) Impianti di smaltimento di rifiuti mediante operazioni di iniezione in profondità, lagunaggio, scarico di rifiuti solidi nell’ambiente idrico, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino, deposito permanente (operazioni di cui all’allegato B, lettere D3, D4, D6, D7 e D12, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

ab) Stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3.

ac) Impianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:

– 85000 posti per polli da ingrasso, 60000 posti per galline;

– 3000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o

– 900 posti per scrofe.

ad) Impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonchè concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici.

ae) Sistemi di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell’acqua ricaricata sia superiore a 10 milioni di metri cubi.

af) Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi inteso a prevenire un’eventuale penuria di acqua, per un volume di acque trasferite superiore a 100 milioni di metri cubi all’anno. In tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un’erogazione media pluriemale del bacino in questione superiore a 2000 milioni di metri cubi all’anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5% di detta erogazione. In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua potabile convogliata in tubazioni.

af-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO 2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato (6).

ag) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sè sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato.

(1) Allegato sostituito dall’articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Lettera modificata dall’articolo 42, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99.

(3) Lettera modificata dall’articolo 4-bis, comma 2, del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2014, n. 9.

(4) Lettera modificata dall’articolo 41, comma 7-ter, lettera b) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98 e successivamente dall’articolo 38, comma 3, lettera b), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(5) Lettera modificata dall’articolo 40, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99e dall’articolo 36, comma 7-bis, lettera b), del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179.

(6) Lettera inserita dall’articolo 35, comma 7, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 4     

ALLEGATO IV (1)

ALLA PARTE SECONDA

Progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

1. Agricoltura

a) cambiamento di uso di aree non coltivate, semi-naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con una superficie superiore a 10 ettari;

b) iniziale forestazione di una superficie superiore a 20 ettari; deforestazione allo scopo di conversione di altri usi del suolo di una superficie superiore a 5 ettari;

c) impianti per l’allevamento intensivo di animali il cui numero complessivo di capi sia maggiore di quello derivante dal seguente rapporto: 40 quintali di peso vivo di animali per ettaro di terreno funzionalmente asservito all’allevamento. Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione, gli allevamenti con numero di animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli. 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe, 300 ovicaprini, 50 posti bovini;

d) progetti di gestione delle risorse idriche per l’agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari;

e) piscicultura per superficie complessiva oltre i 5 ettari;

f) progetti di ricomposizione fondiaria che interessano una superficie superiore a 200 ettari

2. Industria energetica ed estrattiva

a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW,

b) attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all’art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi comprese le risorse geotermiche con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all’ articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 , e successive modificazioni, incluse le relative attività minerarie (2);

c) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW (3);

d) impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell’acqua calda che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km;

e) impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento con potenza complessiva superiore a 1 MW (4);

f) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO 2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km (5);

[g) attività di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma;] (6)

h) estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all’art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale;

i) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite;

l) impianti di superficie dell’industria di estrazione di carbon fossile [, di petrolio, di gas naturale] e di minerali metallici nonché di scisti bituminose (7);

m) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e, per i soli impianti idroelettrici che rientrano nella casistica di cui all’articolo 166 del presente decreto ed all’articolo 4, punto 3.b, lettera i), del decreto del Ministro dello sviluppo economico in data 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW (8);

n) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone.

n-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO 2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio (9);

3. Lavorazione dei metalli e dei prodotti minerali

a) impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metalliferi che superino 5.000 m cubi di superficie 50.000 m cubi di volume;

di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria) compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2.5 tonnellate all’ora;

C) impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:

– laminazione a caldo con capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all’ora,

Рforgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 k.J per maglio e allorch̬ la potenza calorifera ̬ superiore a 20 MW;

– applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all’ora;

d) fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno;

e:) impianti di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia) con una capacità di fusione superiore a 10 tonnellate per il piombo e il cadmio o a 50 tonnellate per tutti gli altri metalli al giorno;

f) impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento abbiano un volume superiore a 30 m al cubo;

g): impianti di costruzione e montaggio di auto e motoveicoli e costruzione dei relativi motori; impianti per la costruzione e riparazione di aeromobili; costruzione di materiale ferroviario e rotabile che superino 10.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m al cubo di volume;

h) cantieri navali di superficie complessiva superiore a 2 ettari;

i) imbutitura di fondo con esplosivi che superino 5.000 m 2 di superficie impegnata o 50.000 m 3 di volume;

l) cokerie (distillazione a secco di carbone);

m) fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane, con capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con capacità di forno superiore a 4 metri cubi e con densità di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo;

n) impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;

o) impianti per la produzione di vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;

p) impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno.

4. Industria dei prodotti alimentari

a) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime animali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno;

b) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno su base trimestrale;

c) impianti per la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari con capacità di lavorazione superiore a 200 tonnellate al giorno su base annua;

d) impianti per la produzione di birra o malto con capacità di produzione superiore a 500.000 h /anno;

e) impianti per la produzione di dolciumi e sciroppi che superino 50.000 m3 di volume;

f) macelli aventi una capacità di produzione di carcasse superiori a 50 tonnellate al giorno e impianti per l’eliminazione o il recupero di carcasse e di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno;

g) impianti per la produzione di farina di pesce o di olio di pesce con capacità di lavorazione superiore a 50.000 q/anno di prodotto lavorato;

h) molitura dei cereali, industria dei prodotti amidacei, industria dei prodotti alimentari per zootecnia che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

i) zuccherifici, impianti per la produzione di lieviti con capacità di produzione o raffinazione superiore a 10.000 t/giorno di barbabietole.

5. Industria dei tessili, del cuoio, del legno della carta

a) impianti di fabbricazione di pannelli di fibre, pannelli di particelle e compensati, di capacità superiore alle 50.000 t/anno di materie lavorate;

b)impianti per la produzione e la lavorazione di cellulosa, fabbricazione di carta e cartoni di capacità superiore a 50 tonnellate al giorno;

c) impianti per il pretrattamento (operazioni quali il lavaggio, l’imbianchimento, la mercerizzazione) o la tintura di fibre, di tessili, di lana la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno;

d) impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 3 tonnellate di prodotto finito al giorno.

6. Industria della gomma e delle materie plastiche

a) fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri con almeno 25.000 tonnellate /anno di materie prime lavorate.

7. Progetti di infrastrutture

a) progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari;

b) progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all’interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”; parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 500 posti auto;

c) piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari nonché impianti meccanici di risalita, escluse le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri, con portata oraria massima superiore a 1800 persone;

d) derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni superiori a 50 litri al secondo, nonchè le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo;

e) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;

f) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili;

g) strade extraurbane secondarie;

h) costruzione di strade urbane di scorrimento o di quartiere ovvero potenziamento di strade esistenti a quattro o piu’ corsie con lunghezza, in area urbana o extraurbana, superiore a 1.500 metri (10);

i) linee ferroviarie a carattere regionale o locale;

l) sistemi di trasporto a guida vincolata (tramvie e metropolitane), funicolari o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di passeggeri;

m) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;

n)opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare;

o) opere di canalizzazione e di regolazione dei corsi d’acqua (11);

p) aeroporti;

q) porti turistici e da diporto, quando lo specchio d’acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonché progetti di intervento su porti già esistenti;

r) impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all’allegato E, lettere D13 e D14 del decreto legislativo 152/2006);

s) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento (operazioni di cui all’allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

t) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare con capacità massima superiore a 30.000 m cubi oppure con capacità superiore a 40 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

u) discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

v) impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 10.000 abitanti equivalenti;

z) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale con tensione nominale superiore a l00 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km (12).

za) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all’allegato C, lettere da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

z.b) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giomo, mediante operazioni di cui all’allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

8. Altri progetti

a) villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari, centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri con oltre 300 posti-letto o volume edificato superiore a 25.000 m3 o che occupano una superficie superiore ai 20 ettari, esclusi quelli ricadenti all’interno di centri abitati;

b) piste permanenti per corse e prove di automobili, motociclette ed altri veicoli a motore;

c) centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore all’ettaro;

d) banchi di prova per motori, turbine, reattori quando l’area impegnata supera i 500 m quadrati;

e) fabbricazione di fibre minerali artificiali che superino 5.000 m quadrati di superficie impegnata o 50.000 m cubi di volume;

f) fabbricazione, condizionamento, carico o messa in cartucce di esplosivi con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate;

g) Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 1.000 m cubi;

h) recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 10 ettari;

i) Cave e torbiere;

l) trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore a 10.000 t/anno di materie prime lavorate;

m) produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 10.000 t/anno in materie prime lavorate;

n) depositi di fanghi, compresi quelli provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con capacita’ superiore a 10.000 metri cubi (13);

o) impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive;

p) stabilimenti di squartamento con capacità di produzione superiore a 50 tonnellate al giorno;

q) terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente con capacità superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari;

I) parchi tematici di superficie superiore a 5 ettari;

s) progeni di cui all’allegato III, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utilizzati per più di due anni.

t) modifiche o estensioni di progeni di cui all’allegato III o all’allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’allegato III).

(1) Allegato sostituito dall’articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Lettera modificata dall’articolo 41, comma 7-ter, lettera c) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

(3) Lettera modificata dall’articolo 27, comma 43, lettera a), della legge 23 luglio 2009, n. 99

(4) Lettera modificata dall’articolo 27, comma 43, lettera b), della legge 23 luglio 2009, n. 99

(5) Lettera sostituita dall’articolo 35, comma 8, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162.

(6) Lettera abrogata dall’articolo 38, comma 3, lettera c), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(7) Lettera modificata dall’articolo 38, comma 3, lettera c), numero 2), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

(8) Punto sostituito dall’articolo 36, comma 7, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179.

(9) Lettera inserita dall’articolo 35, comma 9, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162.

(10) Lettera sostituita dall’articolo 15, comma 1, lettera p), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(11) Lettera sostituita dall’articolo 15, comma 1, lettera q), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(12) Lettera modificata dall’articolo 36, comma 7-bis, lettera c), del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179.

(13) Lettera sostituita dall’articolo 15, comma 1, lettera r), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5     

ALLEGATO V (1)

ALLA PARTE SECONDA

Criteri per la Verifica di assoggettabilità di cui all’art. 20.

1. Caratteristiche dei progetti

Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:

– delle dimensioni del progetto,

– del cumulo con altri progetti,

– dell’utilizzazione di risorse naturali,

– della produzione di rifiuti,

– dell’inquinamento e disturbi ambientali,

– del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate.

2. Localizzazione dei progetti

Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

– dell’utilizzazione attuale del territorio;

– della ricchezza relativa, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona;

– della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:

a) zone umide;

b) zone costiere;

c) zone montuose o forestali;

d) riserve e parchi naturali;

e) zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri; zone protette speciali designate dagli Stati membri in base alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;

f) zone nelle quali gli standard di qualità ambientale fissati dalla legislazione comunitaria sono già stati superati;

g) zone a forte densità demografica;

h) zone di importanza storica, culturale o archeologica;

i) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

3. Caratteristiche dell’impatto potenziale

Gli impatti potenzialmente significativi dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e tenendo conto, in particolare:

– della portata dell’impatto (area geografica e densità della popolazione interessata),

– della natura transfrontaliera dell’impatto;

– dell’ordine di grandezza e della complessità dell’impatto;

– della probabilità dell’impatto;

– della durata, frequenza e reversibilità dell’impatto.

(1) Allegato sostituito dall’articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5 bis     

ALLEGATO VI (1)

ALLA PARTE SECONDA

Contenuti del rapporto ambientale di cui all’art. 13.

Le informazioni da fornire con i rapporti ambientali che devono accompagnare le proposte di piani e di programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica sono:

a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;

b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell’ambiente e sua evoluzione probabile senza l’attuazione del piano o del programma;

c) caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;

d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, quali le zone designate come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e dalla flora e della fauna selvatica, nonché i territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;

f) possibili impatti significativi sull’ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l’acqua, l’aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l’interrelazione tra i suddetti fattori. Devono essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi;

g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o del programma;

h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o difficoltà derivanti dalla novità dei problemi e delle tecniche per risolverli) nella raccolta delle informazioni richieste;

i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall’attuazione dei piani o del programma proposto definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare;

j) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.

(1) Allegato aggiunto per effetto della sostituzione degli allegati da I a V con gli attuali da I a VII dall’articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE VI

PARTE SESTA

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5 ter     

ALLEGATO VII (1)

ALLA PARTE SECONDA

Contenuti dello Studio di impatto ambientale di cui all’art. 22.

1. Descrizione del progetto, comprese in particolare:

a) una descrizione delle caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto e delle esigenze di utilizzazione del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento;

b) una descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi, con l’indicazione, per esempio, della natura e delle quantità dei materiali impiegati;

c) una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti (inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione, ecc.) risultanti dall’attività del progetto proposto;

d) la descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e delle altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre l’utilizzo delle risorse naturali, confrontando le tecniche prescelte con le migliori tecniche disponibili.

2. Una descrizione delle principali alternative prese in esame dal proponente, compresa l’alternativa zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale, e la motivazione della scelta progettuale, sotto il profilo dell’impatto ambientale, con una descrizione delle alternative prese in esame e loro comparazione con il progetto presentato.

3. Una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto importante del progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua, all’aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, nonché il patrimonio agroalimentare, al paesaggio e all’interazione tra questi vari fattori.

4. Una descrizione dei probabili impatti rilevanti (diretti ed eventualmente indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi) del progetto proposto sull’ambiente:

a) dovuti all’esistenza del progetto;

b) dovuti all’utilizzazione delle risorse naturali;

c) dovuti all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti; nonché la descrizione da parte del proponente dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli impatti sull’ambiente.

5. Una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e se possibile compensare rilevanti impatti negativi del progetto sull’ambiente.

5.bis. Una descrizione delle misure previste per il monitoraggio.

6. La descrizione degli elementi culturali e paesaggistici eventualmente presenti, dell’impatto su di essi delle trasformazioni proposte e delle misure di mitigazione e compensazione necessarie.

7. Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base dei numeri precedenti.

8. Un sommario delle eventuali difficoltà (lacune tecniche o mancanza di conoscenze) incontrate dal proponente nella raccolta dei dati richiesti e nella previsione degli impatti di cui al numero 4.

(1) Allegato aggiunto per effetto della sostituzione degli allegati da I a V con gli attuali da I a VII dall’articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5 quater     

ALLEGATO VIII (1)

ALLA PARTE SECONDA

Inquadramento generale A- Le installazioni, gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi non rientrano nel Titolo III-bis alla Parte Seconda.

B- I valori soglia riportati di seguito si riferiscono in genere alle capacita’ di produzione o alla resa. Qualora uno stesso gestore ponga in essere varie attivita’ elencate alla medesima voce in una stessa installazione o in una stessa localita’, si sommano le capacita’ di tali attivita’. Per le attivita’ di gestione dei rifiuti, tale calcolo si applica al livello delle attivita’ 5.1 e 5.3, lettere a) e b).

C – Nell’ambito delle categorie di attivita’ di cui al punto 4 (industria chimica), si intende per produzione la produzione su scala industriale mediante trasformazione chimica o biologica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.

D- In mancanza di specifici indirizzi interpretativi emanati ai sensi dell’articolo 29-quinquies e di linee guida interpretative emanate dalla Commissione Europea, le autorita’ competenti valuteranno autonomamente:

a) il rapporto tra le attivita’ di gestione dei rifiuti descritte nel presente Allegato e quelle descritte agli Allegati B e C alla Parte Quarta; e

b) l’interpretazione del termine “scala industriale” in riferimento alle attivita’ dell’industria chimica descritte nel presente Allegato.

Categorie di attivita’ di cui all’articolo 6, comma 13.

1. Attivita’ energetiche

1.1. Combustione di combustibili in installazione con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 50 MW

1.2. Raffinazione di petrolio e di gas

1.3. Produzione di coke

1.4. Gassificazione o liquefazione di:

a) carbone;

b) altri combustibili in installazioni con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 20 MW.

1.4-bis attivita’ svolte su terminali di rigassificazione e altre installazioni localizzate in mare su piattaforme off-shore, esclusi quelli che non effettuino alcuno scarico (ai sensi del Capo II del Titolo IV alla Parte Terza) e le cui emissioni in atmosfera siano esclusivamente riferibili ad impianti ed attivita’ scarsamente rilevanti di cui alla Parte I dell’Allegato IV alla Parte Quinta.

2. Produzione e trasformazione dei metalli

2.1. Arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati

2.2. Produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacita’ superiore a 2,5 Mg all’ora

2.3. Trasformazione di metalli ferrosi mediante:

a) attivita’ di laminazione a caldo con una capacita’ superiore a 20 Mg di acciaio grezzo all’ora;

b) attivita’ di forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorche’ la potenza calorifica e’ superiore a 20 MW;

c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacita’ di trattamento superiore a 2 Mg di acciaio grezzo all’ora.

2.4. Funzionamento di fonderie di metalli ferrosi con una capacita’ di produzione superiore a 20 Mg al giorno.

2.5. Lavorazione di metalli non ferrosi:

a) produzione di metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonche’ concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici;

b) fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero e funzionamento di fonderie di metalli non ferrosi, con una capacita’ di fusione superiore a 4 Mg al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 Mg al giorno per tutti gli altri metalli;

2.6. Trattamento di superficie di metalli o materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30 m3.

3. Industria dei prodotti minerali

3.1. Produzione di cemento, calce viva e ossido di magnesio

a) Produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacita’ di produzione supera 500 Mg al giorno oppure altri forni aventi una capacita’ di produzione di oltre 50 Mg al giorno;

b) produzione di calce viva in forni aventi una capacita’ di produzione di oltre 50 Mg al giorno;

c) produzione di ossido di magnesio in forni aventi una capacita’ di produzione di oltre 50 Mg al giorno.

3.2. Produzione di amianto o fabbricazione di prodotti dell’amianto

3.3. Fabbricazione del vetro compresa la produzione di fibre di vetro, con capacita’ di fusione di oltre 20 Mg al giorno

3.4. Fusione di sostanze minerali compresa la produzione di fibre minerali, con una capacita’ di fusione di oltre 20 Mg al giorno

3.5. Fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane con una capacita’ di produzione di oltre 75 Mg al giorno.

4. Industria chimica

4.1. Fabbricazione di prodotti chimici organici, e in particolare:

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici);

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri e miscele di esteri, acetati, eteri, perossidi e resine epossidiche;

c) idrocarburi solforati;

d) idrocarburi azotati, segnatamente amine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;

e) idrocarburi fosforosi;

f) idrocarburi alogenati;

g) composti organometallici;

h) materie plastiche (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa);

i) gomme sintetiche;

l) sostanze coloranti e pigmenti;

m) tensioattivi e agenti di superficie.

4.2. Fabbricazione di prodotti chimici inorganici, e in particolare:

a) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro e fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile;

b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;

c) basi, quali idrossido d’ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio;

d) sali, quali cloruro d’ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d’argento;

e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio.

4.3. Fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti)

4.4. Fabbricazione di prodotti fitosanitari o di biocidi

4.5. Fabbricazione di prodotti farmaceutici compresi i prodotti intermedi

4.6. Fabbricazione di esplosivi

5. Gestione dei rifiuti

5.1. Lo smaltimento o il recupero di rifiuti pericolosi, con capacita’ di oltre 10 Mg al giorno, che comporti il ricorso ad una o piu’ delle seguenti attivita’:

a) trattamento biologico;

b) trattamento fisico-chimico;

c) dosaggio o miscelatura prima di una delle altre attivita’ di cui ai punti 5.1 e 5.2;

d) ricondizionamento prima di una delle altre attivita’ di cui ai punti 5.1 e 5.2;

e) rigenerazione/recupero dei solventi;

f) rigenerazione/recupero di sostanze inorganiche diverse dai metalli o dai composti metallici;

g) rigenerazione degli acidi o delle basi;

h) recupero dei prodotti che servono a captare le sostanze inquinanti;

i) recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori;

j) rigenerazione o altri reimpieghi degli oli;

k) lagunaggio.

5.2. Smaltimento o recupero dei rifiuti in impianti di incenerimento dei rifiuti o in impianti di coincenerimento dei rifiuti:

a) per i rifiuti non pericolosi con una capacita’ superiore a 3 Mg all’ora;

b) per i rifiuti pericolosi con una capacita’ superiore a 10 Mg al giorno.

5.3.

a) Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, con capacita’ superiore a 50 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o piu’ delle seguenti attivita’ ed escluse le attivita’ di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell’Allegato 5 alla Parte Terza:

1) trattamento biologico;

2) trattamento fisico-chimico;

3) pretrattamento dei rifiuti destinati all’incenerimento o al coincenerimento;

4) trattamento di scorie e ceneri;

5) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

b) Il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacita’ superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ricorso ad una o piu’ delle seguenti attivita’ ed escluse le attivita’ di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell’Allegato 5 alla Parte Terza:

1) trattamento biologico;

2) pretrattamento dei rifiuti destinati all’incenerimento o al coincenerimento;

3) trattamento di scorie e ceneri;

4) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

Qualora l’attivita’ di trattamento dei rifiuti consista unicamente nella digestione anaerobica, la soglia di capacita’ di siffatta attivita’ e’ fissata a 100 Mg al giorno.

5.4. Discariche, che ricevono piu’ di 10 Mg di rifiuti al giorno o con una capacita’ totale di oltre 25000 Mg, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti.

5.5. Accumulo temporaneo di rifiuti pericolosi non contemplati al punto 5.4 prima di una delle attivita’ elencate ai punti 5.1, 5.2, 5.4 e 5.6 con una capacita’ totale superiore a 50 Mg, eccetto il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono generati i rifiuti.

5.6. Deposito sotterraneo di rifiuti pericolosi con una capacita’ totale superiore a 50 Mg.

6. Altre attivita’

6.1. Fabbricazione in installazioni industriali di:

a) pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

b) carta o cartoni con capacita’ di produzione superiore a 20 Mg al giorno;

c) uno o piu’ dei seguenti pannelli a base di legno: pannelli a fibre orientate (pannelli OSB), pannelli truciolari o pannelli di fibre, con una capacita’ di produzione superiore a 600 m3 al giorno.

6.2. Pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o tintura di fibre tessili o di tessili la cui capacita’ di trattamento supera le 10 Mg al giorno.

6.3. Concia delle pelli qualora la capacita’ di trattamento superi le 12 Mg al giorno di prodotto finito.

6.4.

a) Funzionamento di macelli aventi una capacita’ di produzione di carcasse di oltre 50 Mg al giorno;

b) Escluso il caso in cui la materia prima sia esclusivamente il latte, trattamento e trasformazione, diversi dal semplice imballo, delle seguenti materie prime, sia trasformate in precedenza sia non trasformate destinate alla fabbricazione di prodotti alimentari o mangimi da:

1) solo materie prime animali (diverse dal semplice latte) con una capacita’ di produzione di prodotti finiti di oltre 75 Mg al giorno;

2) solo materie prime vegetali con una capacita’ di produzione di prodotti finiti di oltre 300 Mg al giorno o 600 Mg al giorno se l’installazione e’ in funzione per un periodo non superiore a 90 giorni consecutivi all’anno;

3) materie prime animali e vegetali, sia in prodotti combinati che separati, quando, detta “A” la percentuale (%) in peso della materia animale nei prodotti finiti, la capacita’ di produzione di prodotti finiti in Mg al giorno e’ superiore a;

– 75 se A e’ pari o superiore a 10; oppure – [300 – (22,5 × A)] in tutti gli altri casi

L’imballaggio non e’ compreso nel peso finale del prodotto.

c) Trattamento e trasformazione esclusivamente del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 Mg al giorno (valore medio su base annua).

6.5. Lo smaltimento o il riciclaggio di carcasse o di residui di animali con una capacita’ di trattamento di oltre 10 Mg al giorno.

6.6. Allevamento intensivo di pollame o di suini:

a) con piu’ di 40000 posti pollame;

b) con piu’ di 2000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg); o c) con piu’ di 750 posti scrofe.

6.7. Trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacita’ di consumo di solventi organici superiore a 150 kg all’ora o a 200 Mg all’anno.

6.8. Fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.

6.9. Cattura di flussi di CO2 provenienti da installazioni che rientrano nel presente Allegato ai fini dello stoccaggio geologico in conformita’ decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162.

6.10. Conservazione del legno e dei prodotti in legno con prodotti chimici con una capacita’ di produzione superiore a 75 m3 al giorno eccetto il trattamento esclusivamente contro l’azzurratura.

6.11. Attivita’ di trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperte dalle norme di recepimento della direttiva 91/271/CEE, ed evacuate da un’installazione in cui e’ svolta una delle attivita’ di cui al presente Allegato.

(1) Allegato aggiunto dall’ articolo 2, comma 32, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, successivamente modificato dall’articolo 35, comma 10, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162 e dall’articolo 24, comma 1, lettera i), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 e, da ultimo, sostituito dall’articolo 26, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5 quinquies     

ALLEGATO IX (1)

ALLA PARTE SECONDA

Elenco delle autorizzazioni ambientali sostituite dalla autorizzazione integrata ambientale

1. Autorizzazione alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari (titolo I della parte quinta del presente decreto).

2. Autorizzazione allo scarico (Capo II del Titolo IV della Parte Terza).

3. Autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (articoli 208 e 210)

4. Autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB-PCT (decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, articolo 7).

5. Autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura (decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, articolo 9)

6. Autorizzazione allo scarico rilasciata dal Magistrato alle Acque di Venezia, limitatamente alle condizioni di esercizio degli scarichi idrici e alle modalita’ di controllo di tali condizioni (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito con modificazioni nella legge 31 maggio 1995, n. 206, articolo 2, comma 2).

(1) Allegato aggiunto dall’ articolo 2, comma 32, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e successivamente sostituito dall’articolo 26, comma 2, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5 sexies     

ALLEGATO X (1)

ALLA PARTE SECONDA

Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui e’ obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione Aria:

1. Ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo.

2. Ossidi di azoto e altri composti dell’azoto.

3. Monossido di carbonio.

4. Composti organici volatili.

5. Metalli e relativi composti.

6. Polveri , comprese le particelle sottili (2).

7. Amianto (particelle in sospensione e fibre).

8. Cloro e suoi composti.

9. Fluoro e suoi composti.

10. Arsenico e suoi composti.

11. Cianuri.

12. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprieta’ cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell’atmosfera.

13. Policlorodibenzodiossina (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF).

Acqua:

1. Composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell’ambiente idrico.

2. Composti organofosforici.

3. Composti organici dello stagno.

4. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprieta’ cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico o con il concorso dello stesso.

5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili.

6. Cianuri.

7. Metalli e loro composti.

8. Arsenico e suoi composti.

9. Biocidi e prodotti fitosanitari (3).

10. Materie in sospensione.

11. Sostanze che contribuiscono all’eutrofizzazione (nitrati e fosfati, in particolare).

12. Sostanze che esercitano un’influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno (misurabili con parametri quali BOD, COD).

13 sostanze prioritarie di cui all’articolo 74, comma 2, lettera ff) (4).

(1) Allegato aggiunto dall’ articolo 2, comma 32, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Punto modificato dall’articolo 26, comma 3, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Punto modificato dall’articolo 26, comma 3, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Punto aggiunto dall’articolo 26, comma 4, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5 septies     

ALLEGATO XI (1)

ALLA PARTE SECONDA

Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all’art. 5, comma 1, lettera 1 ter), tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un’azione e del principio di precauzione e prevenzione.

1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti.

2. Impiego di sostanze meno pericolose.

3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel processo, e, ove opportuno, dei rifiuti.

4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala industriale.

5. Progressi in campo tecnico e evoluzione, delle conoscenze in campo scientifico.

6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione.

7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti.

8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile.

9. Consumo e natura delle materie prime ivi compresa l’acqua usata nel processo e efficienza energetica.

10. Necessita’ di prevenire o di ridurre al minimo l’impatto globale sull’ambiente delle emissioni e dei rischi.

11. Necessita’ di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l’ambiente.

12 Indicazioni dei documenti di riferimento sulle BAT (BREF) gia’ pubblicati, informazioni diffuse ai sensi dell’articolo 29-tedecies, comma 4, nonche’ altre informazioni pubblicate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE, o da organizzazioni internazionali pubbliche (2).

(1) Allegato aggiunto dall’ articolo 2, comma 32, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Punto sostituito dall’articolo 26, comma 5, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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PARTE SESTA

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5 octies     

ALLEGATO XII (1)

ALLA PARTE SECONDA

Categorie di impianti relativi alle attivita’ industriali di cui all’allegato 8, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonche’ impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate (Mg) al giorno di carbone o di scisti bituminosi;

2) Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW nonche’ quelli facenti parte della rete nazionale dei gasdotti con potenza termica di almeno 50 MW (2);

3) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio;

4) Impianti chimici con capacita’ produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie di seguito indicate:

Soglie*
                                                                                        
       Classe di prodotto                  Gg/ anno
a) idrocarburi semplici (lineari o             200 
  anulari, saturi o insaturi, alifatici 
  o aromatici)
b) idrocarburi ossigenati, segnatamente        200 
  alcoli, aldeidi, chetoni, acidi 
  carbossilici, esteri, acetati,  
  eteri, perossidi, resine, epossidi
c) idrocarburi solforati                       100
d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine,   100
  amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, 
  nitrili, cianati, isocianati
e) idrocarburi fosforosi                       100
f) idrocarburi alogenati                       100
g) composti organometallici                    100
h) materie plastiche di base (polimeri, fibre  100
  sintetiche, fibre a base di cellulosa)
i) gomme sintetiche                            100
l) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di    100
  idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, 
  ossidi di carbonio, composti di zolfo, 
  ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, 
  bicloruro di carbonile 
m) acidi, quali acido cromico, acido           100
  fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, 
  acido cloridrico, acido solforico, oleum e 
  acidi solforati
n) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido  100
  dipotassio, idrossido di sodio
o) fertilizzanti a base di fosforo, azoto o    300
  potassio (fertilizzanti semplici o composti)
  
                           * Le soglie della tabella sono 
                             riferite alla somma delle 
                             capacità produttive relative 
                             ai singoli composti che sono 
                             riportati in un'unica riga.

5) Impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti di cui ai punti precedenti, localizzati nel medesimo sito e gestiti dal medesimo gestore, che non svolgono attivita’ di cui all’allegato VIII;

6) Altri impianti rientranti nelle categorie di cui all’allegato VIII localizzati interamente in mare.

(1) Allegato aggiunto dall’ articolo 2, comma 32, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Punto modificato dall’articolo 37, comma 2, lettera d) del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 5 nonies     

ALLEGATO XII-BIS (1)

ALLA PARTE SECONDA

Linee guida sui criteri da tenere in considerazione per l’applicazione dell’articolo 29-sexies, comma 9-bis

Le deroghe di cui all’articolo 29-sexies, comma 9-bis, sono tipicamente ammesse nei seguenti casi, resi evidenti da un’analisi costi-benefici allegata all’istanza e verificata dall’autorita’ competente nel corso dell’istruttoria:

a) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non garantisce alcun effetto benefico nello specifico contesto ambientale, se confrontato alle prestazioni garantite con l’autorizzazione in corso di definizione;

b) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non garantisce, rispetto alle prestazioni garantite con l’autorizzazione in corso di definizione, significativi effetti benefici nello specifico contesto ambientale, mentre di contro richiede notevoli investimenti da parte del gestore;

c) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL permetterebbe di conseguire benefici effetti ambientali che, nello specifico contesto, possono essere garantiti negli stessi tempi e con investimenti notevolmente minori finanziando azioni di soggetti non sottoposti alla disciplina IPPC;

d) il particolare assetto impiantistico o i vincoli determinati dalla collocazione geografica dell’installazione (prescrizioni paesaggistiche di VIA ad es.) determinano un costo di implementazione delle migliori tecniche disponibili di riferimento sproporzionato rispetto a quello medio richiesto alle altre installazioni del settore;

e) il particolare assetto impiantistico o la collocazione geografica fanno si’ che il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non possa essere conseguito con la sola implementazione delle migliori tecniche disponibili di riferimento;

f) e’ opportuno concedere al gestore una dilazione dei tempi per il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL per consentirgli di raggiungere il punto di pareggio in relazione agli investimenti gia’ effettuati, per l’adeguamento alle migliori tecniche disponibili, in attuazione della autorizzazione in corso di rinnovo o riesame;

g) e’ opportuno concedere al gestore una dilazione dei tempi per il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL per consentirgli di raggiungere almeno il punto di pareggio in relazione agli investimenti gia’ effettuati, in considerazione di particolari caratteristiche tecniche delle installazioni e dei processi produttivi che rendono possibile l’applicazione di talune BAT solo attraverso il completo rifacimento delle unita’ tecniche interessate, e non solo delle parti oggetto delle BAT;

h) degli impianti e dei processi produttivi che rendono possibile l’applicazione di talune BAT solo attraverso il completo rifacimento delle unita’ produttive;

i) l’installazione, o la parte di installazione, e’ utilizzata per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti o processi

j) altri casi particolari legati ad assetto impiantistico, contesto ambientale e collocazione geografica, riconosciuti dall’autorita’ competente.

(1) Allegato aggiunto dall’articolo 26, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 6     

ALLEGATO 1 (1)

ALLA PARTE TERZA

Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale

Il presente allegato stabilisce i criteri per il monitoraggio e la classificazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei

1. CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI

1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI

I corpi idrici superficiali vengono caratterizzati e individuati secondo quanto riportato in Allegato 3

1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI

Identificazione e caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei

Parte A – Identificazione dei corpi idrici

L’identificazione dei corpi idrici sotterranei è necessaria ai fini dell’attuazione del presente decreto.

L’identificazione dei complessi idrogeologici e quindi degli acquiferi rappresenta la fase propedeutica alla identificazione dei corpi idrici sotterranei.

E’ stato definito un percorso di caratterizzazione che porta alla individuazione dei corpi idrici partendo dai complessi idrogeologici di cui alla Tabella 1, passando per gli acquiferi che rappresentano gli elementi di riferimento già in larga parte individuati dalle Regioni.

A.1 Identificazione dei complessi idrogeologici

Sulla base dei criteri generali univoci utili per giungere alla definizione dei corpi idrici sotterranei sono state definite sette tipologie di complessi idrogeologici partendo dalla Carta delle risorse idriche sotterranee di Mouton che costituisce il quadro di riferimento nazionale omogeneo.

Tali tipologie sono state definite tenendo in considerazione gli elementi caratterizzanti i complessi idrogeologici (litologia e assetto idrogeologico) e i parametri descrittivi come la produttività, la facies idrochimica, i contaminanti naturali, la vulnerabilità e l’impatto antropico (tabella 1).

Acronimo Complessi idrogeologici
DQ Alluvioni delle depressioni quaternarie
AV Alluvioni vallive
CA Calcari
VU Vulcaniti
DET Formazioni detritiche degli altipiani plio-quaternarie
LOC Acquiferi locali
STE Formazioni sterili

Tabella 1 J.J. Fried, J. Mouton, F. Mangano (1982)

Tali sette tipologie di Complessi Idrogeologici rappresentano il quadro ove ricollocare gli acquiferi e, successivamente, i corpi idrici sotterranei secondo lo schema di massima, di seguito riportato.

immagine omissis

*Unità di bilancio: dominio dotato di una comprovata unità stratigrafica e/o strutturale, al cui limite si verificano condizioni che annullano od ostacolano le possibilità di interscambi idrici sotterranei e che al suo interno può contenere uno o più corpi idrici.

L’individuazione dei limiti delle unità di bilancio è un processo iterativo che le Regioni perfezionano nel corso del tempo.

A.2 Criteri per l’identificazione degli acquiferi

L’identificazione degli acquiferi viene effettuata sulla base di criteri idrogeologici. L’elaborazione di un modello concettuale permetterà di pervenire ad un bilancio in termini di entrate e di uscite ed alla valutazione della vulnerabilità, tenendo conto delle pressioni antropiche.

La complessità ed il dettaglio del modello aumentano gradualmente all’aumentare delle conoscenze e vengono approfondite nel tempo durante le fasi di caratterizzazione e di monitoraggio.

L’identificazione degli acquiferi deve comunque soddisfare 2 criteri: flusso significativo e quantità significativa.

Se uno o entrambi i criteri sono soddisfatti, le unità stratigrafiche sono da considerarsi acquifero.

Detti criteri per l’identificazione degli acquiferi sono illustrati nello schema seguente (Fig. 1):

Figura 1: schema per l’identificazione degli acquiferi Immagine: omissis.

A.3 Delimitazione dei corpi idrici

La delimitazione dei corpi idrici sotterranei deve assicurare che vengano raggiunti gli obiettivi di qualità ambientale di cui all’ articolo 76 del decreto n. 152 del 2006 ed una descrizione appropriata dello stato chimico e quantitativo delle acque sotterranee. Il Corpo Idrico sotterraneo è per definizione «un volume distinto di acque sotterranee contenuto da uno o più acquiferi». Deve essere individuato come quella massa di acqua caratterizzata da omogeneità nello stato ambientale (qualitativo e/o quantitativo), tale da permettere, attraverso l’interpretazione delle misure effettuate in un numero significativo di stazioni di campionamento, di valutarne lo stato e di individuare il trend. Può essere coincidente con l’acquifero che lo contiene, può esserne una parte, ovvero corrispondere a più acquiferi diversi o loro porzioni.

Le definizioni di acquifero e di corpo idrico sotterraneo permettono di identificare i corpi idrici sotterranei sia separatamente, all’interno di strati diversi che si sovrappongono su un piano verticale, sia come singolo corpo idrico che si estende tra i diversi strati. Un corpo idrico sotterraneo può essere all’interno di uno o più acquiferi, come, ad esempio, nel caso di due acquiferi adiacenti caratterizzati da pressioni simili e contenenti acque con caratteristiche qualitative e quantitative analoghe.

I corpi idrici devono essere delimitati in modo da permettere una descrizione appropriata ed affidabile dello stato quantitativo e chimico delle acque sotterranee.

La valutazione dello stato quantitativo è facilitata se i corpi idrici sotterranei sono delimitati in modo tale che qualsiasi flusso di acqua sotterranea da un corpo idrico ad un altro è talmente piccolo da poter essere trascurato nei calcoli dei bilanci idrici oppure può essere stimato con sufficiente precisione.

Le Regioni devono tenere conto delle caratteristiche specifiche degli acquiferi quando procedono alla delimitazione dei corpi idrici sotterranei. Per esempio, le caratteristiche del flusso di alcuni strati geologici, quali il substrato carsico e fratturato, sono molto più difficili da prevedere rispetto ad altre. La delimitazione dei corpi idrici deve essere vista come un processo iterativo, da perfezionare nel corso del tempo, nella misura necessaria per valutare e gestire adeguatamente i rischi del non raggiungimento degli obiettivi ambientali.

Potrebbe anche presentarsi il caso di un flusso consistente tra strati con caratteristiche molto differenti (per esempio, i complessi carsici e l’arenaria). Le proprietà diverse di questi strati potrebbero richiedere approcci diversi di gestione per il raggiungimento degli obiettivi preposti. In questo caso, le Regioni possono delimitare i confini dei corpi idrici in modo che coincidano con i confini tra gli strati. Nel far ciò devono, comunque, assicurare una adeguata valutazione dello stato quantitativo.

A.4 Criteri per la delimitazione dei corpi idrici sotterranei

La delimitazione dei corpi idrici sotterranei si basa inizialmente su criteri di tipo fisico ed è successivamente perfezionata sulla base di informazioni concernenti lo stato di qualità ambientale.

Due sono, quindi, i criteri generali che si basano sui seguenti elementi:

a. confini idrogeologici;

b. differenze nello stato di qualità ambientale.

CRITERIO a)

Possono essere assunti come punto di partenza per la identificazione geografica dei corpi idrici i limiti geologici. Nei casi in cui la descrizione dello stato e/o il raggiungimento degli obiettivi ambientali richiedano una maggiore suddivisione ovvero non sia possibile identificare un limite geologico, si possono utilizzare, ad esempio, lo spartiacque sotterraneo o le linee di flusso.

CRITERIO b)

Differenze nello stato di qualità ambientale: gli obiettivi di qualità dei corpi idrici sotterranei e le misure necessarie per raggiungerli dipendono dallo stato di qualità esistente. I corpi idrici sotterranei devono essere unità con uno stato chimico ed uno stato quantitativo ben definiti. Quindi, significative variazioni di stato di qualità all’interno di acque sotterranee devono essere prese in considerazione per individuare i confini dei corpi idrici, procedendo, ove necessario, ad una suddivisione in corpi idrici di dimensioni minori. Qualora le differenze nello stato di qualità si riducano durante un ciclo di pianificazione, si può procedere alla riunificazione dei corpi idrici precedentemente identificati in vista dei successivi cicli di pianificazione. Laddove, invece, lo stato di qualità sia omogeneo possono essere delimitati estesi corpi idrici sotterranei. Detti confini possono essere ridefiniti ad ogni revisione del Piano di gestione dei Bacini Idrografici ma devono restare fissi per il periodo di durata di ciascun piano.

Qualora non siano disponibili informazioni sufficienti alla valutazione dello stato di qualità ambientale nelle fasi iniziali di attuazione del presente decreto, per individuare i confini dei corpi idrici sotterranei, si usano le analisi su pressioni ed impatti come indicatori dello stato di qualità.

Con il miglioramento delle conoscenze relative allo stato delle acque, i confini dei corpi idrici devono essere modificati prima della pubblicazione di ciascun Piano di gestione dei Bacini Idrografici, ogni 6 anni.

La suddivisione delle acque sotterranee in corpi idrici sotterranei è quindi una questione che le Regioni devono decidere sulla base delle caratteristiche particolari del loro territorio.

Nel prendere tali decisioni sarà necessario trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza di descrivere adeguatamente lo stato delle acque sotterranee e la necessità di evitare una suddivisione degli acquiferi in un numero di corpi idrici impossibile da gestire.

A.5 Procedura suggerita per l’applicazione pratica del termine corpo idrico sotterraneo

La figura 2 suggerisce un procedimento iterativo e gerarchico per l’identificazione dei corpi idrici sotterranei, basato sui principi descritti nel presente Allegato.Fig. 2 – Procedura suggerita per l’identificazione dei corpi idrici sotterranei Identificazione degli acquiferi Fig. 2 – Procedura suggerita per l’identificazione dei corpi idrici sotterranei Identificazione degli acquiferi Immagine: omissis.

2. MODALITA’ PER LA CLASSIFICAZIONE DELLO STATO DI QUALITA’ DEI CORPI IDRICI

A – STATO DELLE ACQUE SUPERFICIALI

A.1. Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico

A.1.1 – Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico per fiumi, laghi, acque di transizione e acque marino-costiere.

Tabella: omissis.

A. 1. 2 Corpi idrici superficiali artificiali e corpi idrici fortemente modificati

Per i corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati si utilizzano gli elementi di qualità applicabili a quella delle suesposte quattro categorie di acque superficiali naturali che più si accosta al corpo idrico artificiale o fortemente modificato in questione.

A.2. Definizioni normative per la classificazione dello stato ecologico

Tabella A.2. Definizione generale per fiumi, laghi, acque di transizione e acque costiere

Il testo seguente fornisce una definizione generale della qualità ecologica. Ai fini della classificazione i valori degli elementi di qualità dello stato ecologico per ciascuna categoria di acque superficiali sono quelli indicati nelle tabelle da A.2.1 a A.2.4 in appresso.

Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Generale Nessuna alterazione antropica, o alterazioni antropiche poco rilevanti, dei valori degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologica del tipo di corpo idrico superficiale rispetto a quelli di norma associati a tale tipo inalterato. I valori degli elementi di qualità biologica del corpo idrico superficiale rispecchiano quelli di norma associati a tale tipo inalterato e non evidenziano nessuna distorsione, o distorsioni poco rilevanti Si tratta di condizioni e comunità tipiche specifiche I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale presentano livelli poco elevati di distorsione dovuti all’attività umana, ma si discostano solo lievemente da quelli di norma associati al tipo di corpo idrico superficiale inalterato. I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale si discostano moderatamente da quelli di norma associati al tipo di corpo idrico superficiale inalterato. I valori presentano segni moderati di distorsione dovuti all’attività umana e alterazioni significativamente maggiori rispetto alle condizioni dello stato buono.

Le acque aventi uno stato inferiore al moderato sono classificate come aventi stato scarso o cattivo.

Le acque che presentano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali le comunità biologiche interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato scarso.

Le acque che presentano gravi alterazioni dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali mancano ampie porzioni di comunità biologiche interessate di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato cattivo.

A.2.1. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei fiumi Tabella: omissis.

A.2.2. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei laghi Tabella: omissis.

A.2.3. Definizioni di stato ecologico elevato, buono e sufficiente nelle acque di transizione Tabella: omissis.

A.2.4. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente delle acque costiere Tabella: omissis.

A.2.5. Definizioni del potenziale ecologico massimo, buono e sufficiente dei corpi idrici fortemente modificati o artificiali Tabella: omissis.

A.2.6 Stato chimico

Al fine di raggiungere o mantenere il buono stato chimico, le Regioni applicano per le sostanze dell’elenco di priorità, selezionate come indicato ai punti A.3.2.5 e A.3.3.4 gli standard di qualità ambientali così come riportati per le diverse matrici nelle tabelle 1A, 2A, 3A, del presente Allegato.

Le sostanze dell’elenco di priorità sono: le sostanze prioritarie (P), le sostanze pericolose prioritarie (PP) e le rimanenti sostanze (E).

Tali standard rappresentano, pertanto, le concentrazioni che identificano il buono stato chimico.

Ai fini della classificazione delle acque superficiali il monitoraggio chimico viene eseguito nella matrice acquosa.

Per le acque marino-costiere e di transizione, limitatamente alle sostanze di cui in tabella 2/A, la matrice su cui effettuare l’indagine è individuata sulla base dei criteri riportati al successivo punto A.2.6.1.

Analisi supplementari possono essere eseguite nel biota al fine di acquisire ulteriori elementi conoscitivi utili a determinare cause di degrado del corpo idrico e fenomeni di bioaccumulo. A tal proposito vengono definiti nella tabella 3/A standard di qualità per mercurio, esaclorobenzene ed esaclorobutadiene.

Tab. 1/A Standard di qualità nella colonna d’acqua per le sostanze dell’elenco di priorità: omissis.

A.2.6.1 Standard di qualità dei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione

Entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, le Regioni, che non abbiano già adempiuto nel corso del 2008 ad attuare programmi di monitoraggio conformemente alle disposizioni del presente Allegato e dell’Allegato 3 e loro modifiche ed integrazioni, provvedono in tal senso, garantendo in 2 mesi consecutivi 2 campionamenti nella colonna d’acqua ed uno nei sedimenti per le sostanze di cui alla tabella 2/A al fine di fornire elementi di supporto per la notifica alla Commissione europea, secondo la procedura prevista dalle norme comunitarie. In caso di non superamento per entrambe le matrici si prosegue, al fine della classificazione dello stato chimico limitatamente ai citati parametri, con un campionamento annuale sul sedimento.

Qualora gli esiti del monitoraggio evidenzino un superamento degli standard in una o più sostanze per entrambe le matrici o solo nei sedimenti, la Regione individua la matrice su cui effettuare la classificazione dello stato chimico, secondo le frequenze previste per le specifiche matrici.

Nel caso in cui gli esiti del monitoraggio evidenzino un superamento per una o più sostanze solo per la colonna d’acqua, ai fini della classificazione, si effettua il monitoraggio nella colonna d’acqua, con cadenza mensile.

Qualora il superamento avvenga nel sedimento e la classificazione sia eseguita sulla base dei dati di monitoraggio effettuato nella colonna d’acqua, le Regioni, ai fini del controllo delle alterazioni riscontrate, hanno comunque l’obbligo di effettuare un monitoraggio almeno annuale dei sedimenti che includa per almeno i primi 2 anni batterie di saggi biologici costituite da almeno tre specie-test, finalizzati ad evidenziare eventuali effetti ecotossicologici a breve e a lungo termine, nonché ogni altra indagine ritenuta utile a valutare gli eventuali rischi per la salute umana associati al superamento riscontrato.

Sulla base dei risultati di tale monitoraggio, le Regioni valutano la necessità di continuare oltre i due anni le indagini integrative rispetto alle sole misure chimiche da condurre sul sedimento, l’opportunità di riconsiderare la classificazione effettuata sulla base del monitoraggio nella colonna d’acqua e adottano le misure necessarie per la tutela del corpo idrico.

I saggi biologici sono eseguiti utilizzando protocolli metodologici normati o in corso di standardizzazione secondo le indicazioni UNI e con specie di organismi appartenenti ad almeno tre differenti livelli trofici (da scegliere tra decompositori/saprofiti, detritivori/filtratori, produttori primari, consumatori). I saggi di tossicità possono essere applicati a diverse matrici naturali, secondo la seguente priorità: sedimento tal quale, acqua interstiziale, elutriato.

Nel caso di saggi di tossicità acuta o a breve termine il campione viene considerato privo di tossicità quando gli effetti di tutti i test sono come da Colonna A della Tabella 2.4 del «Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini» ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20   90%, oppure effetto massimo   15%, anche se statisticamente significativo.

Nel caso di saggi di tossicità cronica o a lungo termine il campione viene considerato privo di tossicità quando gli effetti di tutti i test sono come da Colonna B della Tabella 2.4 del «Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini» ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20 < 90% e EC50 > 100%, oppure 15% < effetto massimo   30%, anche se statisticamente significativo.

In alternativa è possibile fare riferimento a criteri di ponderazione integrata in accordo con le indicazioni UNI.

Nel caso in cui non siano note le cause del superamento e/o l’estensione dell’area interessata, la Regione è tenuta ad effettuare un monitoraggio di indagine.

I risultati del monitoraggio effettuato, compreso quello d’indagine e le misure di tutela adottate, sono riportate nei Piani di tutela e nei Piani di gestione.

Tab. 2/A Standard di qualità nei sedimenti: omissis.

Tab. 3/A Standard di Qualità biota (Stato Chimico): omissis.

A.2.7. Standard di qualità ambientale nella colonna d’acqua per alcune delle sostanze non appartenenti all’elenco di priorità

Nella tabella 1/B sono definiti standard di qualità ambientale per alcune delle sostanze appartenenti alle famiglie di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo. La selezione delle sostanze da monitorare è riportata ai punti A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente Allegato.

Tab. 1/B: omissis

Per le risorse idriche destinate ad uso potabile sono anche controllate le sostanze di seguito riportate con i relativi standard di qualità ambientale riportati in tab. 2/B. Per tali risorse idriche, inoltre, si applicano gli standard di qualità fissati dal decreto legislativo 2 febbraio 2008, 31 nei casi in cui essi risultino più restrittivi dei valori individuati nelle tabelle 1/A e 1/B.

Tab. 2/B: omissis.

A.2.7.1 Standard di qualità ambientale per altre sostanze, non appartenenti all’elenco di priorità, nei sedimenti per i corpi idrici marino-costieri e di transizione

Nella tabella 3/B sono riportati standard di qualità ambientale per la matrice sedimenti per alcune delle sostanze diverse da quelle dell’elenco di priorità, appartenenti alle famiglie di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo. In quest’ultimo caso il monitoraggio è effettuato almeno 1 volta nell’arco di un anno. Se sono effettuati ulteriori campionamenti nel corso dell’anno la conformità viene valutata sulla media dei campionamenti effettuati.

Per le sostanze PCB, Diossine, Ipa Totali e cromo esavalente resta comunque l’obbligo del controllo nei sedimenti in considerazione del fatto che per dette sostanze non è stato individuato lo standard nella colonna d’acqua.

Tab. 3/B: omissis.

Elenco congeneri e relativi Fattori di Tossicità Equivalenti (EPA, 1989) e elenco congeneri PCB Diossina simili (WHO, 2005): omissis.

A.2.8. Applicazione degli standard di qualità ambientale per la valutazione dello stato chimico ed ecologico

1 SQA-MA (standard di qualità ambientale-media annua): rappresenta, ai fini della classificazione del buono stato chimico ed ecologico, la concentrazione da rispettare. Il valore viene calcolato sulla base della media aritmetica delle concentrazioni rilevate nei diversi mesi dell’anno.

2 SQA-CMA (standard di qualità ambientale-massima concentrazione ammissibile): rappresenta la concentrazione da non superare mai in ciascun sito di monitoraggio.

3 Per quanto riguarda le acque territoriali si effettua solo la valutazione dello stato chimico. Pertanto le sostanze riportate in tabella 1/A sono monitorate qualora vengano scaricate e/o rilasciate e/o immesse in queste acque a seguito di attività antropiche (ad es. piattaforme offshore) o a seguito di sversamenti causati da incidenti.

4 Gli standard di qualità ambientale (SQA) nella colonna d’acqua sono espressi sotto forma di concentrazioni totali nell’intero campione d’acqua. Per i metalli invece l’SQA si riferisce alla concentrazione disciolta, cioè alla fase disciolta di un campione di acqua ottenuto per filtrazione con un filtro da 0,45  m o altro pretrattamento equivalente.

5 Nel caso delle acque interne superficiali le Autorità Competenti nel valutare i risultati del monitoraggio possono tener conto dei seguenti fattori: pH, durezza e altri parametri chimico-fisici che incidono sulla biodisponibilità dei metalli.

6 Nei sedimenti ricadenti in Regioni geochimiche che presentano livelli di fondo naturali, dimostrati scientificamente, dei metalli superiori agli SQA di cui alle tabelle 2/A e 3/B, questi ultimi sono sostituiti dalle concentrazioni del fondo naturale. Le evidenze della presenza di livello di fondo naturali per determinati inquinanti inorganici sono riportate nei piani di gestione e di tutela delle acque.

7 Nelle acque in cui è dimostrata scientificamente la presenza di metalli in concentrazioni di fondo naturali superiori ai limiti fissati nelle tabelle 1/A e 1/B, tali livelli di fondo costituiscono gli standard da rispettare. Le evidenze della presenza di livello di fondo naturali per determinati inquinanti inorganici sono riportate nei piani di gestione e di tutela delle acque.

8 Il limite di rivelabilità è definito come la più bassa concentrazione di un analita nel campione di prova che può essere distinta in modo statisticamente significativo dallo zero o dal bianco. Il limite di rivelabilità è numericamente uguale alla somma di 3 volte lo scarto tipo del segnale ottenuto dal bianco (concentrazione media calcolata su un numero di misure di bianchi indipendenti > 10) del segnale del bianco).

9 Il limite di quantificazione è definito come la più bassa concentrazione di un analita che può essere determinato in modo quantitativo con una determinata incertezza. Il limite di quantificazione è definito come 3 volte il limite di rivelabilità.

10 Incertezza di misura: è il parametro associato al risultato di una misura che caratterizza la dispersione dei valori che possono essere attribuiti al parametro.

11 Il risultato è sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard.

12 I criteri minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi applicati sono basati su un’incertezza di misura del 50% o inferiore (k=2) stimata ad un livello pari al valore degli standard di qualità ambientali e su di un limite di quantificazione uguale o inferiore al 30% dello standard di qualità ambientale.

13 Ai fini dell’elaborazione della media per gli SQA, nell’eventualità che un risultato analitico sia inferiore al limite di quantificazione della metodica analitica utilizzata viene utilizzato il 50% del valore del limite di quantificazione.

14 Il punto 13 non si applica alle sommatorie di sostanze, inclusi i loro metaboliti e prodotti di reazione o degradazione. In questi casi i risultati inferiori al limite di quantificazione delle singole sostanze sono considerati zero.

15 Nel caso in cui il 90% dei risultati analitici siano sotto il limite di quantificazione non è effettuata la media dei valori; il risultato è riportato come «minore del limite di quantificazione».

16 I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle del presente Allegato fanno riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. Tali metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e validati in accordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.

17 Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate a livello nazionale e internazionale, si applicano le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. I metodi utilizzati, basati su queste tecniche, presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel punto 12 validati in accordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.

18 I risultati delle attività di monitoraggio pregresse, per le sostanze inquinanti di cui al punto 17, sono utilizzati a titolo conoscitivo in attesa della definizione di protocolli analitici, che saranno resi disponibili da CNR-IRSA, ISPRA e ISS. Fino all’adeguamento di tali metodi, lo standard si identifica con il limite di quantificazione dei metodi utilizzati che rispondono ai riportati al punto 17.

A.3. Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali

A.3.1. Parte generale

A.3.1.1. Tipi di monitoraggio

Il monitoraggio si articola in

1. sorveglianza

2. operativo

3. indagine

Le Regioni sentite le Autorità di bacino nell’ambito del proprio territorio definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza e un programma di monitoraggio operativo.

I programmi di monitoraggio hanno valenza sessennale al fine di contribuire alla predisposizione dei piani di gestione e dei piani di tutela delle acque. Il primo periodo sessennale è 2010-2015. Il programma di monitoraggio operativo può essere comunque modificato sulla base delle informazioni ottenute dalla caratterizzazione di cui all’Allegato 3 del presente decreto legislativo. Resta fermo che il primo monitoraggio di sorveglianza e quello operativo sono effettuati nel periodo 2008-2009. I risultati dei monitoraggi sono utilizzati per la stesura dei piani di gestione, da predisporre conformemente alle specifiche disposizioni della Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 e anche sulla base dei Piani di tutela regionali, adeguati alla normativa vigente.

In taluni casi può essere necessario istituire anche programmi di monitoraggio d’indagine. I programmi di monitoraggio per le aree protette di cui all’articolo 117 e all’Allegato 9 alla parte terza del presente decreto legislativo, definiti ai sensi del presente Allegato, si integrano con quelli già in essere in attuazione delle relative direttive.

Le Regioni forniscono una o più mappe indicanti la rete di monitoraggio di sorveglianza e operativa. Le mappe con le reti di monitoraggio sono parte integrante del piano di gestione e del piano di tutela delle acque.

La scelta del programma di monitoraggio, che comprende anche l’individuazione dei siti, si basa sulla valutazione del rischio di cui all’Allegato 3, punto 1.1, sezione C del presente decreto legislativo; è soggetta a modifiche e aggiornamenti, al fine di tenere conto delle variazioni dello stato dei corpi idrici. Rimangono, invece, fissi i siti della rete nucleo di cui al punto A.3.2.4 del presente Allegato che sono sottoposti a un monitoraggio di sorveglianza con le modalità di cui al medesimo punto A.3.2.4.

A.3.1.2. Obiettivi del monitoraggio

L’obiettivo del monitoraggio è quello di stabilire un quadro generale coerente ed esauriente dello stato ecologico e chimico delle acque all’interno di ciascun bacino idrografico ivi comprese le acque marino-costiere assegnate al distretto idrografico in cui ricade il medesimo bacino idrografico e permettere la classificazione di tutti i corpi idrici superficiali, «individuati» ai sensi dell’Allegato 3, punto 1.1, sezione B del presente decreto legislativo, in cinque classi.

Le autorità competenti nel definire i programmi di monitoraggio assicurano all’interno di ciascun bacino idrografico:

– la scelta dei corpi idrici da sottoporre al monitoraggio di sorveglianza e/o operativo in relazione alle diverse finalità dei due tipi di controllo;

– l’individuazione di siti di monitoraggio in numero sufficiente ed in posizione adeguata per la valutazione dello stato ecologico e chimico, tenendo conto ai fini dello stato ecologico delle indicazioni minime riportate nei protocolli di campionamento.

In particolari corpi idrici per alcuni elementi di qualità con grande variabilità naturale o a causa di pressioni antropiche, può essere necessario un monitoraggio più intensivo (per numero di siti e frequenze di campionamento) al fine di ottenere livelli alti o comunque sufficienti di attendibilità e precisione nella valutazione dello stato di un corpo idrico.

Per la categoria «Acque di Transizione», per il primo anno dall’avvio del monitoraggio, è consentito di procedere in deroga rispetto a quanto previsto nel protocollo ICRAM, relativamente all’individuazione degli habitat da monitorare ed al conseguente posizionamento dei siti di misura.

In questo caso, nel primo anno il monitoraggio è comunque condotto in conformità alle disposizioni del presente decreto legislativo e volto a raccogliere gli elementi conoscitivi necessari all’individuazione degli habitat per l’adeguamento dei piani di monitoraggio negli anni successivi .

A.3.1.3. Progettazione del monitoraggio e valutazione del rischio

Sulla base di quanto disposto nell’Allegato 3 al presente decreto legislativo nella sezione relativa alle pressioni e agli impatti (punto 1.1 sezione C), i corpi idrici sono assegnati ad una delle categorie di rischio ivi elencate.

Categoria del rischio Definizione
a Corpi idrici a rischio
b Corpi idrici probabilmente a rischio (in base ai dati disponibili non è possibile assegnare la categoria di rischio sono pertanto necessarie ulteriori informazioni)
c Corpi idrici non a rischio

Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato nei corpi idrici rappresentativi per ciascun bacino idrografico, e fondamentalmente appartenenti alle categorie «b» e «c» salvo le eccezioni di siti in corpi idrici a rischio importanti per la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica o particolarmente significativi su scala di bacino o laddove le Regioni ritengano opportuno effettuarlo, sulla base delle peculiarità del proprio territorio.

La priorità dell’attuazione del monitoraggio di sorveglianza è rivolta a quelli di categoria «b» al fine di stabilire l’effettiva condizione di rischio. Il monitoraggio operativo è, invece, programmato per tutti i corpi idrici a rischio rientranti nella categoria «a».

Come riportato nella sezione C del punto 1.1 dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo, tra i corpi idrici a rischio possono essere inclusi anche corpi idrici che, a causa dell’importanza delle pressioni in essi incidenti, sono a rischio per il mantenimento dell’obiettivo buono.

A.3.2. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza

A.3.2.1. Obiettivi

Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato per:

– integrare e convalidare i risultati dell’analisi dell’impatto di cui alla sezione C del punto 1.1 dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo;

– la progettazione efficace ed effettiva dei futuri programmi di monitoraggio;

– la valutazione delle variazioni a lungo termine di origine naturale (rete nucleo);

– la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica (rete nucleo);

– tenere sotto osservazione l’evoluzione dello stato ecologico dei siti di riferimento;

– classificare i corpi idrici.

I risultati di tale monitoraggio sono riesaminati e utilizzati, insieme ai risultati dell’analisi dell’impatto di cui all’Allegato 3 del presente decreto legislativo, per stabilire i programmi di monitoraggio successivi.

Il monitoraggio di sorveglianza è effettuato per almeno un anno ogni sei anni (arco temporale di validità di un piano di gestione).

A.3.2.2. Selezione dei corpi idrici e dei siti di monitoraggio

Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato su un numero sufficiente e, comunque, rappresentativo di corpi idrici al fine di fornire una valutazione dello stato complessivo di tutte le acque superficiali di ciascun bacino e sotto-bacino idrografico compreso nel distretto idrografico.

Nel selezionare i corpi idrici rappresentativi, le Autorità competenti, assicurano che il monitoraggio sia effettuato in modo da rispettare gli obiettivi specificati al punto A.3.2.1 del presente Allegato comprendendo anche i seguenti siti:

– nei quali la proporzione del flusso idrico è significativa nell’ambito dell’intero bacino idrografico;

– a chiusura di bacino e dei principali sottobacini;

– nei quali il volume d’acqua presente è significativo nell’ambito del bacino idrografico, compresi i grandi laghi e laghi artificiali;

– in corpi idrici significativi che attraversano la frontiera italiana con altri Stati membri;

– identificati nel quadro della decisione 77/795/CEE sullo scambio di informazioni;

– necessari per valutare la quantità d’inquinanti trasferiti attraverso le frontiere italiane con altri Stati membri e nell’ambiente marino;

– identificati per la definizione delle condizioni di riferimento;

– di interesse locale.

A.3.2.3. Monitoraggio e validazione dell’analisi di rischio

Qualora la valutazione del rischio, effettuata sulla base dell’attività conoscitiva pregressa, abbia una bassa attendibilità (es. per insufficienza dei dati di monitoraggio pregressi, mancanza di dati esaustivi sulle pressioni esistenti e dei relativi impatti), il primo monitoraggio di sorveglianza può essere esteso ad un maggior numero di siti e corpi idrici, rispetto a quelli necessari nei successivi programmi di sorveglianza.

Contestualmente, al fine di completare il processo dell’analisi puntuale delle pressioni e degli impatti, viene effettuata, secondo le modalità riportate nell’Allegato 3, punto 1.1, sezione C del presente decreto legislativo, un’indagine integrativa dettagliata delle attività antropiche insistenti sul corpo idrico ed un’analisi della loro incidenza sulla qualità dello stesso per ottenere le informazioni necessarie per l’assegnazione definitiva della classe di rischio.

I corpi idrici che a seguito della suddetta attività vengono identificati come a rischio sono inseriti nell’elenco dei corpi idrici già identificati come a rischio e come tali assoggettati al programma di monitoraggio operativo.

A.3.2.4. Valutazione delle variazioni a lungo termine in condizioni naturali o risultanti da una diffusa attività antropica: definizione della rete nucleo

Il monitoraggio di sorveglianza è finalizzato altresì a fornire valutazioni delle variazioni a lungo termine dovute sia a fenomeni naturali sia a una diffusa attività antropica.

Per rispondere agli obiettivi, di cui al punto A.3.2.1 del presente Allegato, di valutare le variazioni sia naturali sia antropogeniche a lungo termine, è selezionato un sottoinsieme di punti fissi denominato rete nucleo.

Per le variazioni a lungo termine di origine naturale sono considerati, ove esistenti, i corpi idrici identificati come siti di riferimento di cui al punto 1.1.1 dell’Allegato 3 al presente decreto legislativo, in numero sufficiente per lo studio delle variazioni a lungo termine per ciascun bacino idrografico, tenendo conto dei diversi tipi di corpo idrico presenti. Qualora, per determinati tipi ed elementi biologici relativi non esistano siti di riferimento o non siano in numero sufficiente per una corretta analisi a lungo termine, si considerano in sostituzione siti in stato buono.

La valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica richiede la scelta di corpi idrici e, nel loro ambito, di siti rappresentativi di tale attività per la determinazione o la conferma dell’impatto.

Il monitoraggio di sorveglianza nei siti della rete nucleo ha un ciclo più breve e più precisamente triennale con frequenze di campionamento di cui alle tabelle 3.6 e 3.7 del presente Allegato.

I primi risultati del monitoraggio di sorveglianza effettuato nella rete nucleo costituiscono il livello di riferimento per la verifica delle variazioni nel tempo. Rispetto a tale livello di riferimento sono valutati la graduale riduzione dell’inquinamento da parte di sostanze dell’elenco di priorità (indicate al punto A.2.6) e delle altre sostanze inquinanti di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo, nonché i risultati dell’arresto e della graduale eliminazione delle emissioni e perdite delle sostanze pericolose prioritarie.

A.3.2.5. Selezione degli elementi di qualità

Nel monitoraggio di sorveglianza per la valutazione e classificazione dello stato ecologico sono monitorati, almeno per un periodo di un anno, i parametri indicativi di tutti gli elementi di qualità biologici idromorfologici, fisico-chimici di cui al punto A.1 del presente Allegato (fatto salve le eccezioni previste al punto A.3.5) e le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo. In riferimento a queste ultime il monitoraggio è obbligatorio qualora siano scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o sottobacino. Per quantità significativa si intende la quantità di sostanza inquinante che potrebbe compromettere il raggiungimento di uno degli obiettivi di cui all’articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo; ad esempio uno scarico si considera significativo qualora abbia impattato un’area protetta o ha causato superamenti di qualsiasi standard di cui al punto A.2.7 del presente Allegato o ha causato effetti tossici sull’ecosistema.

La selezione delle sostanze chimiche da controllare nell’ambito del monitoraggio di sorveglianza si basa sulle conoscenze acquisite attraverso l’analisi delle pressioni e degli impatti. Inoltre la selezione è guidata anche da informazioni sullo stato ecologico laddove risultino effetti tossici o evidenze di effetti ecotossicologici. Quest’ultima ipotesi consente di identificare quelle situazioni in cui vengono introdotti nell’ambiente prodotti chimici non evidenziati dall’analisi degli impatti e per i quali è pertanto necessario un monitoraggio d’indagine. Anche i dati di monitoraggio pregressi costituiscono un supporto per la selezione delle sostanze chimiche da monitorare.

Per quanto riguarda invece la valutazione e classificazione dello stato chimico sono da monitorare le sostanze dell’elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato per le quali a seguito di un’analisi delle pressioni e degli impatti, effettuata per ciascuna singola sostanza dell’elenco di priorità, risultano attività che ne comportano scarichi, emissioni, rilasci e perdite nel bacino idrografico o sottobacino.

Nell’analisi delle attività antropiche che possono provocare la presenza nelle acque di sostanze dell’elenco di priorità, è necessario tener conto non solo delle attività in essere ma anche di quelle pregresse. La selezione delle sostanze chimiche è supportata da documentazione tecnica relativa all’analisi delle pressioni e degli impatti, che costituisce parte integrante del programma di monitoraggio da inserire nei piani di gestione e nei piani di tutela delle acque. Qualora non vi siano informazioni sufficienti per effettuare una valida e chiara selezione delle sostanze dell’elenco di priorità, a fini precauzionali e di indagine, sono da monitorare tutte le sostanze di cui non si possa escludere a priori la presenza nel bacino o sottobacino.

A.3.2.6. Monitoraggio di sorveglianza stratificato

Nel monitoraggio di sorveglianza non sono da monitorare necessariamente nello stesso anno tutti i corpi idrici selezionati. Il programma di sorveglianza può, pertanto, prevedere che i corpi idrici siano monitorati anche in anni diversi, con un intervallo temporale preferibilmente non superiore a 3 anni, nell’arco del periodo di validità del piano di gestione e del piano di tutela delle acque. In tal caso, nei diversi anni è consentito un monitoraggio stratificato effettuando il controllo a sottoinsiemi di corpi idrici, identificati sulla base di criteri geografici (ad esempio corpi idrici di un intero bacino o sottobacino). Comunque, tutti i corpi idrici inclusi nel programma di sorveglianza sono da monitorare in tempo utile, per consentire la verifica dell’obiettivo ambientale e la predisposizione del nuovo Piano di gestione.

Il monitoraggio stratificato può essere applicato a decorrere dal 2010.

A.3.3. Monitoraggio operativo delle acque superficiali

A.3.3.1. Obiettivi

Il monitoraggio operativo è realizzato per:

– stabilire lo stato dei corpi idrici identificati «a rischio» di non soddisfare gli obiettivi ambientali dell’articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo;

– valutare qualsiasi variazione dello stato di tali corpi idrici risultante dai programmi di misure;

– classificare i corpi idrici.

A.3.3.2. Selezione dei corpi idrici

Il monitoraggio operativo è effettuato per tutti i corpi idrici:

– che sono stati classificati a rischio di non raggiungere gli obiettivi ambientali sulla base dell’analisi delle pressioni e degli impatti e/o dei risultati del monitoraggio di sorveglianza e/o da precedenti campagne di monitoraggio;

– nei quali sono scaricate e/o immesse e/o rilasciate e/o presenti le sostanze riportate nell’elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato.

Ove tecnicamente possibile è consentito raggruppare corpi idrici secondo i criteri riportati al punto A.3.3.5 del presente Allegato e limitare il monitoraggio solo a quelli rappresentativi.

A.3.3.3. Selezione dei siti di monitoraggio

I siti di monitoraggio sono selezionati come segue:

– per i corpi idrici soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte d’inquinamento puntuale, i punti di monitoraggio sono stabiliti in numero sufficiente per poter valutare l’ampiezza e l’impatto delle pressioni della fonte d’inquinamento. Se il corpo è esposto a varie pressioni da fonte puntuale, i punti di monitoraggio possono essere identificati con la finalità di valutare l’ampiezza dell’impatto dell’insieme delle pressioni;

– per i corpi soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte diffusa, nell’ambito di una selezione di corpi idrici, si situano punti di monitoraggio in numero sufficiente e posizione adeguata a valutare ampiezza e impatto delle pressioni della fonte diffusa. La selezione dei corpi idrici deve essere effettuata in modo che essi siano rappresentativi dei rischi relativi alle pressioni della fonte diffusa e dei relativi rischi di non raggiungere un buono stato delle acque superficiali;

– Per i corpi idrici esposti a un rischio di pressione idromorfologica significativa vengono individuati, nell’ambito di una selezione di corpi, punti di monitoraggio in numero sufficiente ed in posizione adeguata, per valutare ampiezza e impatto delle pressioni idromorfologiche. I corpi idrici selezionati devono essere rappresentativi dell’impatto globale della pressione idromorfologica a cui sono esposti tutti i corpi idrici.

Nel caso in cui il corpo idrico sia soggetto a diverse pressioni significative è necessario distinguerle al fine di individuare le misure idonee per ciascuna di esse. Conseguentemente si considerano differenti siti di monitoraggio e diversi elementi di qualità. Qualora non sia possibile determinare l’impatto di ciascuna pressione viene considerato l’impatto complessivo.

A.3.3.4. Selezione degli elementi di qualità

Per i programmi di monitoraggio operativo devono essere selezionati i parametri indicativi degli elementi di qualità biologica, idromorfologica e chimico-fisica più sensibili alla pressione o pressioni significative alle quali i corpi idrici sono soggetti.

Nelle seguenti tabelle 3.2, 3.3, 3.4 e 3.5 vengono riportati, a titolo indicativo, gli elementi di qualità più idonei per specifiche pressioni per fiumi, laghi, acque di transizione e acque marino-costiere. Quando più di un elemento è sensibile a una pressione, si scelgono, sulla base del giudizio esperto dell’autorità competente, gli elementi più sensibili per la categoria di acque interessata o quelli per i quali si disponga dei sistemi di classificazione più affidabili.

Tra le sostanze chimiche quelle da monitorare sono da individuare, come nel monitoraggio di sorveglianza, sulla base dell’analisi delle pressioni e degli impatti. Le sostanze dell’elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato sono monitorate qualora vengano scaricate, immesse o vi siano perdite nel corpo idrico indagato. Le altre sostanze riportate all’Allegato 8 del presente decreto legislativo sono monitorate qualora tali scarichi, immissioni o perdite nel corpo idrico siano in quantità significativa da poter essere un rischio per il raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di cui all’articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo.

Tab. 3.2. Elementi di qualità più sensibili alle pressioni che incidono sui fiumi: omissis.

Tab. 3.3. Elementi di qualità più sensibili alle pressioni che incidono sui laghi: omissis.

Tab. 3.4. Elementi di qualità sensibili alle pressioni che incidono sulle acque di transizione: omissis.

Tab. 3.5. Elementi di qualità sensibili alle pressioni che incidono sulle acque marino-costiere: omissis.

A.3.3.5. Raggruppamento dei corpi idrici

Al fine di conseguire il miglior rapporto tra costi del monitoraggio ed informazioni utili alla tutela delle acque ottenute dallo stesso, è consentito il raggruppamento dei corpi idrici e tra questi sottoporre a monitoraggio operativo solo quelli rappresentativi, nel rispetto di quanto riportato al presente paragrafo.

Il raggruppamento può essere applicato qualora l’Autorità competente al monitoraggio sia in possesso delle informazioni necessarie per effettuare le decisioni di gestione su tutti i corpi idrici del gruppo. In ogni caso, è necessario che il raggruppamento risulti tecnicamente e scientificamente giustificabile e le motivazioni dello stesso siano riportate nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque assieme al protocollo di monitoraggio ed è comunque escluso nel caso di pressioni puntuali significative.

Il raggruppamento dei corpi idrici individuati è altresì applicabile solo nel caso in cui per gli stessi esistano tutte le seguenti condizioni:

a) appartengono alla stessa categoria ed allo stesso tipo;

b) sono soggetti a pressioni analoghe per tipo, estensione e incidenza;

c) presentano sensibilità paragonabile alle suddette pressioni;

d) presentano i medesimi obiettivi di qualità da raggiungere;

e) appartengono alla stessa categoria di rischio.

Qualora si faccia ricorso al raggruppamento è possibile monitorare, di volta in volta, i diversi corpi idrici appartenenti allo stesso gruppo allo scopo di avere una migliore rappresentatività dell’intero raggruppamento.

La classe di qualità risultante dai dati di monitoraggio effettuato sul/i corpo/i idrico/i rappresentativi del raggruppamento, si applica a tutti gli altri corpi idrici appartenenti allo stesso gruppo.

Per le caratteristiche fisiografiche delle acque lacustri italiane si ritiene non appropriata l’applicazione del raggruppamento per il monitoraggio di questa categoria di corpi idrici.

A.3.4. Ulteriori indicazioni per la selezione dei siti di monitoraggio

All’interno di un corpo idrico selezionato per il monitoraggio, sono individuati uno o più siti di monitoraggio. Per sito si intende una stazione di monitoraggio, individuata da due cooordinate geografiche, rappresentativa di un’area del corpo idrico. Qualora non sia possibile monitorare nel sito individuato tutti gli elementi di qualità, si individuano sotto-siti, all’interno della stessa area, i cui dati di monitoraggio si integrano con quelli rilevati nel sito principale.

In tal caso i sotto-siti sono posizionati in modo da controllare la medesima ampiezza e il medesimo insieme di pressioni.

Nella rappresentazione cartografica va riportato unicamente il sito principale.

In merito al monitoraggio biologico è opportuno individuare e selezionare l’habitat dominante che sostiene l’elemento di qualità più sensibile alla pressione.

Nel determinare gli habitat da monitorare si tiene conto anche di quanto riportato, sull’argomento, nei singoli protocolli di campionamento.

I siti sono localizzati ad una distanza dagli scarichi tale da risultare esterne all’area di rimescolamento delle acque (di scarico e del corpo recettore) in modo da valutare la qualità del corpo idrico recettore e non quella degli apporti. A tal fine può essere necessario effettuare misure di variabili chimico-fisiche (quali temperatura e conducibilità) onde dimostrare l’avvenuto rimescolamento.

In base alla scala ed alla grandezza della pressione, la Regione identifica l’ubicazione e la distribuzione dei siti di campionamento.

Nei casi in cui il corpo idrico è soggetto a una o più pressioni che causano il rischio del non raggiungimento degli obiettivi, i siti sono ubicati all’interno della zona d’impatto, conosciuta o prevista, per monitorare che gli obiettivi vengano raggiunti e che le misure di contenimento stabilite siano adatte alle pressioni esistenti.

A.3.5 Frequenze

Il monitoraggio di sorveglianza è effettuato, per almeno 1 anno ogni sei anni (periodo di validità di un piano di gestione del bacino idrografico), salvo l’eccezione della rete nucleo che è controllata ogni tre anni. Il ciclo del monitoraggio operativo varia invece in funzione degli elementi di qualità presi in considerazione così come indicato nelle note delle seguenti tabelle 3.6 e 3.7.

Nelle suddette tabelle sono riportate le frequenze di campionamento nell’anno di monitoraggio di sorveglianza e operativo, per fiumi e laghi e per acque di transizione e marino-costiere. Nell’ambito del monitoraggio operativo è possibile ridurre le frequenze di campionamento solo se giustificabili sulla base di conoscenze tecniche e indagini di esperti. Queste ultime, riportate in apposite relazioni tecniche, sono inserite nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque.

Nella progettazione dei programmi di monitoraggio si tiene conto della variabilità temporale e spaziale degli elementi di qualità biologici e dei relativi parametri indicativi. Quelli molto variabili possono richiedere una frequenza di campionamento maggiore rispetto a quella riportata nelle tabelle 3.6 e 3.7. Può essere inoltre previsto anche un programma di campionamento mirato per raccogliere dati in un limitato ma ben definito periodo durante il quale si ha una maggiore variabilità.

Nel caso di sostanze che possono avere un andamento stagionale come ad esempio i prodotti fitosanitari e i fertilizzanti, le frequenze di campionamento possono essere intensificate in corrispondenza dei periodi di massimo utilizzo.

L’Autorità competente, per ulteriori situazioni locali specifiche, può prevedere per ciascuno degli elementi di qualità da monitorare frequenze più ravvicinate al fine di ottenere una precisione sufficiente nella validazione delle valutazioni dell’analisi degli impatti.

Al contrario, per le sostanze chimiche dell’elenco di priorità e per tutte le altre sostanze chimiche per le quali nel primo monitoraggio di sorveglianza vengono riscontrate concentrazioni che garantiscono il rispetto dello standard di qualità, le frequenze di campionamento nei successivi monitoraggi di sorveglianza possono essere ridotte. In tal caso le modalità e le motivazioni delle riduzioni sono riportate nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque.

Tab. 3.6. Monitoraggio di sorveglianza e operativo. Frequenze di campionamento nell’arco di un anno per fiumi e laghi: omissis.

Le frequenze riportate in tabella per fiumi e laghi sono applicate secondo le modalità descritte nei relativi protocolli di campionamento di cui al manuale APAT 46/2007 e quaderni e notiziari CNR-IRSA.

Tab. 3.7. Monitoraggio di sorveglianza e operativo. Frequenze di campionamento nell’arco di un anno per acque di transizione e marino-costiere: omissis.

Le frequenze riportate in tabella per le acque di transizione e marino-costiere sono applicate secondo le modalità descritte nei relativi protocolli di campionamento di cui ai manuali ICRAM ed ISPRA.

A.3.6. Monitoraggio d’indagine

Il monitoraggio d’indagine è richiesto in casi specifici e più precisamente:

– quando sono sconosciute le ragioni di eventuali superamenti (ad esempio quando non si ha chiara conoscenza delle cause del mancato raggiungimento del buono stato ecologico e/o chimico, ovvero del peggioramento dello stato delle acque);

– quando il monitoraggio di sorveglianza indica per un dato corpo idrico il probabile rischio di non raggiungere gli obiettivi, di cui all’articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo, e il monitoraggio operativo non è ancora stato definito, al fine di avere un quadro conoscitivo più dettagliato sulle cause che impediscono il raggiungimento degli obiettivi;

– per valutare l’ampiezza e gli impatti dell’inquinamento accidentale.

I risultati del monitoraggio costituiscono la base per l’elaborazione di un programma di misure volte al raggiungimento degli obiettivi ambientali e di interventi specifici atti a rimediare agli effetti dell’inquinamento accidentale.

Tale tipo di monitoraggio può essere più intensivo sia in termini di frequenze di campionamento che di numero di corpi idrici o parti di essi.

Rientrano nei monitoraggi di indagine gli eventuali controlli investigativi per situazioni di allarme o a scopo preventivo per la valutazione del rischio sanitario e l’informazione al pubblico oppure i monitoraggi di indagine per la redazione di autorizzazioni preventive (es. prelievi di acqua o scarichi). Questo tipo di monitoraggio può essere considerato come parte dei programmi di misure richiesti dall’art. 116 del presente decreto legislativo e può includere misurazioni in continuo di alcuni prodotti chimici e/o l’utilizzo di determinandi biologici anche se non previsti dal regolamento per quella categoria di corpo idrico. L’Autorità competente al monitoraggio definisce gli elementi (es. ulteriori indagini su sedimenti e biota, raccolta ed elaborazione di dati sul regime di flusso, morfologia ed uso del suolo, selezione di sostanze inquinanti non rilevate precedentemente ecc.) e i metodi (ad es. misure ecotossicologiche, biomarker, tecniche di remote sensing) più appropriati per lo studio da realizzare sulla base delle caratteristiche e problematiche dell’area interessata.

Il monitoraggio d’indagine non è usato per classificare direttamente, ma contribuisce a determinare la rete operativa di monitoraggio. Pur tuttavia i dati che derivano da tale tipo di monitoraggio possono essere utilizzati per la classificazione qualora forniscano informazioni integrative necessarie a un quadro conoscitivo più di dettaglio.

A.3.7. Aree protette

Per le aree protette, i programmi di monitoraggio tengono conto di quanto già riportato al punto A.3.1.1 del presente Allegato. I programmi di monitoraggio esistenti ai fini del controllo delle acque per la vita dei pesci e dei molluschi di cui all’articolo 79 del presente decreto legislativo costituiscono fino al 22 dicembre 2013 parte integrante del monitoraggio di cui dal presente Allegato.

A.3.8. Acque utilizzate per l’estrazione di acqua potabile

I corpi idrici superficiali individuati a norma dell’articolo 82 del presente decreto legislativo che forniscono in media più di 100 m³ al giorno sono designati come siti di monitoraggio da eseguire secondo le modalità riportate ai paragrafi precedenti e sono sottoposti ad un monitoraggio supplementare al fine di soddisfare i requisiti previsti dal Decreto Legislativo del 02/02/2001 n. 31.

Il monitoraggio suppletivo, da effettuarsi annualmente secondo la frequenza di campionamento riportata nella tab. 3.8, riguarda tutte le sostanze dell’elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato scaricate e/o immesse e/o rilasciate, nonché tutte le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo scaricate e/o immesse e/o rilasciate in quantità significativa da incidere negativamente sullo stato del corpo idrico.

Nel monitoraggio si applicano i valori di parametro previsti dall’Allegato 1 del decreto legislativo del 2 febbraio 2001, n. 31 nei casi in cui essi risultino più restrittivi dei valori individuati per gli stessi parametri nelle tabelle 1/A, 1/B e 2B del presente Allegato. I parametri di cui alla tabella 1/A, indipendentemente dalla presenza di scarichi, immissioni o rilasci conosciuti, sono comunque tutti parte integrante di uno screening chimico da effettuarsi con cadenza biennale.

Comunità servita Frequenza
< 10.000 4 volte l’anno
Da 10.000 a 30.000 8 volte l’anno
> 30.000 12 volte l’anno

Il monitoraggio supplementare non si effettua qualora siano già soddisfatti tutti i seguenti requisiti:

1) le posizioni dei siti di monitoraggio dello stato delle acque superficiali risultano anche idonee a un controllo adeguato ai fini della tutela della qualità dell’acqua destinata alla produzione di acqua potabile;

2) la frequenza del campionamento dello stato delle acque superficiali non è in nessun caso più bassa di quella fissata nella tabella 3.8;

3) il rischio per la qualità delle acque per l’utilizzo idropotabile non è connesso:

– a un parametro non pertinente alla valutazione dello stato delle acque superficiali (es. parametri microbiologici);

– a uno standard di qualità più restrittivo per le acque potabili rispetto a quello previsto per lo stato delle acque superficiali del corpo idrico. In tali casi, il corpo idrico può non essere a rischio di non raggiungere lo stato buono ma è a rischio di non rispettare gli obiettivi di protezione delle acque potabili.

A.3.9. Aree di protezione dell’habitat e delle specie

I corpi idrici che rientrano nelle aree di protezione dell’habitat e delle specie sono compresi nel programma di monitoraggio operativo qualora, in base alla valutazione dell’impatto e al monitoraggio di sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire i propri obiettivi ambientali. Il monitoraggio viene effettuato per valutare la grandezza e l’impatto di tutte le pertinenti pressioni significative esercitate su tali corpi idrici e, se necessario, per rilevare le variazioni del loro stato conseguenti ai programmi di misure. Il monitoraggio prosegue finché le aree non soddisfano i requisiti in materia di acque sanciti dalla normativa in base alla quale esse sono designate e finché non sono raggiunti gli obiettivi di cui all’articolo 77 del presente decreto legislativo.

Qualora un corpo idrico sia interessato da più di uno degli obiettivi si applica quello più rigoroso.

Come già riportato nella parte generale del presente Allegato, ai fini di evitare sovrapposizioni, la valutazione dello stato avviene per quanto possibile attraverso un unico monitoraggio articolato in modo da soddisfare le specifiche esigenze derivanti dagli obblighi delle disposizioni comunitarie e nazionali vigenti.

A.3.10. Precisione e attendibilità dei risultati del monitoraggio

La precisione ed il livello di confidenza associato al piano di monitoraggio dipendono dalla variabilità spaziale e temporale associata ai processi naturali ed alla frequenza di campionamento ed analisi previste dal piano di monitoraggio stesso.

Il monitoraggio è programmato ed effettuato al fine di fornire risultati con un adeguato livello di precisione e di attendibilità. Una stima di tale livello è indicata nel piano di monitoraggio stesso.

Al fine del raggiungimento di un adeguato livello di precisione ed attendibilità, è necessario porre attenzione a:

– il numero dei corpi idrici inclusi nei vari tipi di monitoraggio;

– il numero di siti necessario per valutare lo stato di ogni corpo idrico;

– la frequenza idonea al monitoraggio dei parametri indicativi degli elementi di qualità.

Per quanto riguarda i metodi sia di natura chimica che biologica, l’affidabilità e la precisione dei risultati devono essere assicurati dalle procedure di qualità interne ai laboratori che effettuano le attività di campionamento ed analisi. Per assicurare che i dati prodotti dai laboratori siano affidabili, rappresentativi ed assicurino una corretta valutazione dello stato dei corpi idrici, i laboratori coinvolti nelle attività di monitoraggio sono accreditati od operano in modo conforme a quanto richiesto dalla UNI CEN EN ISO 17025. I laboratori devono essere accreditati almeno per i parametri di maggiore rilevanza od operare secondo un programma di garanzia della qualità/controllo della qualità per i seguenti aspetti:

– campionamento, trasporto, stoccaggio e trattamento del campione;

– documentazione relativa alle procedure analitiche che devono essere basate su norme tecniche riconosciute a livello internazionale (CEN, ISO, EPA) o nazionale (UNI, metodi proposti dall’ISPRA o da CNR-IRSA per i corpi idrici fluviali e lacustri e metodi proposti dall’ISPRA per le acque marino-costiere e di transizione);

– procedure per il controllo di qualità interno ai laboratori e partecipazione a prove valutative organizzati da istituzioni conformi alla ISO Guide 43-1;

– convalida dei metodi analitici, determinazione dei limiti di rivelabilità e di quantificazione, calcolo dell’incertezza;

– piani di formazione del personale;

– procedure per la predisposizione dei rapporti di prova, gestione delle informazioni.

Per i metodi per il campionamento degli elementi di qualità biologica si fa riferimento al manuale APAT 46/2007, quaderni e notiziari CNR-IRSA per le acque dolci e manuali ISPRA ed ICRAM per le acque marino-costiere e di transizione.

I metodi per i parametri chimici sono riportati nei Manuali e Linee Guida APAT/CNR-IRSA n. 29/2003 e successivi aggiornamenti e in «Metodologie Analitiche di Riferimento. Programma di Monitoraggio per il controllo dell’Ambiente marino costiero (Triennio 2001-2003)» Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, ICRAM, Roma 2001 e successivi aggiornamenti.

Per le sostanze dell’elenco di priorità per le acque superficiali interne, nelle more della pubblicazione dell’aggiornamento dei quaderni APAT/CNR-IRSA si fa riferimento per i metodi analitici alle metodiche di cui alla seguente tabella 3.9.

Per la misura della portata (solida e liquida) per le acque superficiali interne, nelle more della pubblicazione dei metodi ISPRA/CNR, si fa riferimento a quelli indicati nell’elenco di seguito riportato.

Tab. 3.9. Metodi analitici per la misura delle concentrazioni delle sostanze dell’elenco di priorità nella colonna d’acqua per le acque interne: omissis.

Riferimenti metodologici per la misura della portata (solida e liquida) dei corsi d’acqua e dei laghi sono:

– Manual on stream gauging – volume I – Fieldwork – World Meteorological Organization, n° 519;

– Manual on stream gauging – volume II – Computation of discharge – World Meteorological Organization, n° 519 MO n° 519;

– Hydrometry – Measurement of liquid flow in open channels using current-maters or floats – ISO 748/2007;

– Measurement of liquid flow in open channels – Water level measuring devices – ISO 4373/1995;

– Measurement of liquid flow in open channels – Part 1: Establishment and opertion of gauging station – ISO/1100-1;

– Measurement of liquid flow in open channels – Part 2: Determination of the stage-discharge relation – ISO/1100-2;

– Norme Tecniche per la raccolta e l’elaborazione dei dati idrometeorologici (Parte II, dati idrometrici) – Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale, 1998.

I monitoraggi e i relativi dati devono essere rispettivamente programmati e gestiti in modo tale da evitare rischi di errore di classificazione del corpo idrico al fine di ottimizzare i costi per il monitoraggio e poter orientare maggiori risorse economiche all’attuazione delle misure per il risanamento degli stessi corpi idrici.

Le Autorità competenti riportano nei piani di gestione e nei piani di tutela delle acque la metodologia adottata per garantire adeguata attendibilità e precisione ai risultati derivanti dai programmi di monitoraggio.

A.4 Classificazione e presentazione dello stato ecologico e chimico

Sistemi di classificazione per lo stato ecologico

Vengono, di seguito, riportati i sistemi di classificazione dello stato ecologico per le varie categorie di corpi idrici (fiumi, laghi, acque marino-costiere e di transizione). La classificazione è effettuata sulla base della valutazione degli Elementi di Qualità Biologica (EQB), degli elementi fisico-chimici, chimici (inquinanti specifici) e idromorfologici, nonché dei metodi di classificazione di cui al presente allegato.

Per gli elementi biologici la classificazione si effettua sulla base del valore di Rapporto di Qualità Ecologica (RQE), definito al punto 1.1.1, lett. D.2.1, dell’allegato 3, Parte terza del presente decreto legislativo, ossia del rapporto tra valore del parametro biologico osservato e valore dello stesso parametro, corrispondente alle condizioni di riferimento per il «tipo» di corpo idrico in osservazione. Pertanto, la classificazione degli elementi biologici deve tener conto del «tipo» di corpo idrico, stabilito in attuazione dei criteri tecnici di cui all’allegato 3 del presente decreto, e delle relative condizioni di riferimento tipo-specifiche. La tipo-specificità dei singoli EQB viene riportata all’interno dei relativi paragrafi del presente allegato.

Si sottolinea che, in considerazione della diversa sensibilità degli EQB ai vari descrittori utilizzati nella tipizzazione in diversi casi la tipo specificità e le condizioni di riferimento sono indicate per gruppi di tipi (macrotipi).

ISPRA predispone un manuale per la raccolta dei metodi di classificazione già elaborati, ciascuno per la propria competenza, dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), dall’Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRSA), dall’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISE), dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’Agenzia nazionale per le Nuove tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo economico sostenibile (ENEA), dall’ARPA Lombardia e dall’Ispettorato Generale del Corpo Forestale dello Stato (CFS). Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi degli Istituti e delle altre Amministrazioni su riportati, avvia un’attività di coordinamento con le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le ARPA e le APPA al fine della validazione dei metodi di classificazione indicati alla presente lettera A4 e per l’integrazione dei metodi non ancora definiti.

A.4.1 Corsi d’acqua

Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

– Macroinvertebrati

– Diatomee

– Macrofite

– Pesci

Macrotipi fluviali per la classificazione

Ai fini della classificazione, per i macroinvertebrati bentonici e le diatomee i tipi fluviali di cui all’Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati in 8 gruppi (macrotipi) come indicati alla Tab. 4.1/a.

Tab. 4.1/a – Macrotipi fluviali e rapporto tra tipi fluviali per Macroinvertebrati e Diatomee: omissis.

Per le macrofite i tipi fluviali di cui all’Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati in 12 gruppi (macrotipi) come indicati alla tabella 4.1/b.

Tab. 4.1/b – Macrotipi fluviali per Macrofite: omissis.

L’elemento di qualità biologica «Fauna ittica» non risulta sensibile ai descrittori utilizzati per la tipizzazione effettuata ai sensi dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo. Pertanto, ai fini della classificazione è sufficiente considerare tutti i tipi fluviali presenti nelle idroecoregioni, prendendo a riferimento di volta in volta la comunità ittica attesa, in relazione alle Zone zoogeografico-ecologiche riportate nella tabella 4.1.1/h di cui alla sezione «Pesci» del paragrafo A.4.1.1 del presente Allegato.

A.4.1.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

Macroinvertebrati

Il sistema di classificazione per i macroinvertebrati, denominato MacrOper, è basato sul calcolo dell’indice denominato Indice multimetrico STAR di Intercalibrazione (STAR_ICMi), che consente di derivare una classe di qualità per gli organismi macrobentonici per la definizione dello Stato Ecologico.

Lo STAR_ICMi è applicabile anche ai corsi d’acqua artificiali e fortemente modificati.

Specifiche per i fiumi molto grandi e/o non accessibili

La classificazione dei fiumi molto grandi e/o non accessibili, cioè «non guadabili», ovvero di quei tipi fluviali per i quali non sia possibile effettuare in modo affidabile un campionamento multihabitat proporzionale, si ottiene dalla combinazione dei valori RQE ottenuti per gli indici STAR_ICMi e MTS (Mayfly Total Score), mediante il calcolo della media ponderata.

Limiti di classe e classificazione

In tab. 4.1.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe validi sia per lo STAR_ICMi sia per la media ponderata tra STAR_ICMi e MTS, nel caso di fiumi molto grandi e/o non accessibili, per i macrotipi fluviali. L’attribuzione a una delle cinque classi di qualità per il sito in esame è da effettuarsi sulla base del valore medio dei valori dell’indice utilizzato relativi alle diverse stagioni di campionamento.

Tab. 4.1.1/b – Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi fluviali: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.1.1/b corrispondono al valore più basso della classe superiore.

La sezione A dell’Appendice al presente Allegato riporta i valori di riferimento tipo-specifici ad oggi disponibili, per le sei metriche che compongono lo STAR_ICMi e per il valore dell’indice stesso, nonché i valori per l’indice MTS.

Diatomee

L’indice multimetrico da applicare per la valutazione dello stato ecologico, utilizzando le comunità diatomiche, è l’indice denominato Indice Multimetrico di Intercalibrazione (ICMi).

L’ ICMi si basa sull’Indice di Sensibilità agli Inquinanti IPS e sull’Indice Trofico TI.

Limiti di classe e classificazione

In tabella 4.1.1/c sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe dell’ICMi, distinti nei macrotipi fluviali indicati nella tabella 4.1/a

Tab. 4.1.1/c Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi fluviali: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.1.1/c corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Nella tabella 4.1.1/d vengono riportati i valori di riferimento degli indici IPS e TI da utilizzare per il calcolo dei rispettivi RQE.

Tab. 4.1.1/d – Valori di riferimento degli indici IPS e TI per i macrotipi fluviali: omissis.

Macrofite

L’indice da applicare per la valutazione dello stato ecologico, utilizzando le comunità macrofitiche, è l’indice denominato «Indice Biologique Macrophyitique en Rivière» IBMR. L’ IBMR è un indice finalizzato alla valutazione dello stato trofico inteso in termini di intensità di produzione primaria.

Allo stato attuale questo indice non trova applicazione per i corsi d’acqua temporanei mediterranei.

Limiti di classe e classificazione

Nella tabella 4.1.1/e si riportano i valori di RQE_IBMR relativi ai limiti di classe differenziati per Area geografica.

Tab. 4.1.1/e – Valori di RQE_IBMR relativi ai limiti tra le classi Elevata, Buona e Sufficiente: omissis.

In tabella 4.1.1/f sono riportati i valori di riferimento da utilizzare per il calcolo di RQE_IBMR per i macrotipi definiti in tabella 4.1/b.

Tab. 4.1.1/f – Valori di riferimento dell’IBMR per i macrotipi fluviali: omissis.

Fauna ittica

L’indice da utilizzare per l’EQB fauna ittica è l’Indice dello Stato Ecologico delle Comunità Ittiche – ISECI.

Limiti di classe e condizioni di riferimento

Per quanto riguarda l’elemento di qualità biologica fauna ittica viene presa come condizione di riferimento, corrispondente allo stato ecologico elevato, la «comunità ittica attesa» con tutte le popolazioni che la costituiscono in buona condizione biologica (popolazioni ben strutturate in classi di età, capaci di riprodursi naturalmente, con buona o sufficiente consistenza demografica).

Al fine di individuare le comunità ittiche attese nei vari tipi fluviali viene compiuta una prima suddivisione del territorio nazionale su base zoogeografica e una seconda articolazione su base ecologica. La prima porta a distinguere tre «regioni»: Regione Padana, Regione Italico-peninsulare, Regione delle Isole. La seconda porta a distinguere, all’interno di ciascuna regione, tre «zone» (tab. 4.1.1/g): Zona dei Salmonidi, Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila, Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila; un’ultima zona fluviale, la Zona dei Mugilidi, non viene considerata in quanto appartenente alle acque di transizione.

Tab. 4.1.1/g – Caratteristiche ambientali delle tre «zone ittiche» dulcicole in cui è possibile suddividere i corsi d’acqua italiani: omissis.

La REGIONE PADANA è composta dalle seguenti idroecoregioni (livello 1 della tipizzazione di cui alla sezione A dell’allegato 3 del presente decreto): 1) Alpi Occidentali; 2) Prealpi_Dolomiti; 3) Alpi Centro-Orientali; 4) Alpi Meridionali; 5) Monferrato; 6) Pianura Padana; 7) Carso; 8) Appennino Piemontese; 9) Alpi Mediterranee – versante padano; 10) Appennino settentrionale – versanti padano e adriatico; 12) Costa Adriatica – parte settentrionale fino al Fiume Vomano compreso; 13) Appennino Centrale – parte settentrionale fino al Fiume Chienti compreso.

La REGIONE ITALICO-PENINSULARE ̬ composta dalle seguenti idroecoregioni: 10) Appennino settentrionale Рversante tirrenico; 11) Toscana; 12) Costa Adriatica Рparte meridionale a sud del Fiume Vomano; 13) Appennino centrale Рparte centrale e meridionale a sud del Fiume Chienti; 14) Roma_Viterbese; 15) Basso Lazio; 16) Basilicata_Tavoliere; 17) Puglia_Carsica; 18) Appennino meridionale; 19) Calabria_Nebrodi Рparte continentale.

La REGIONE DELLE ISOLE ̬ composta dalle seguenti idroecoregioni: 19) Calabria_Nebrodi Рparte insulare; 20) Sicilia; 21) Sardegna.

Tenendo conto della zonazione ittica vengono individuate 9 zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali riportate nella tab. 4.1.1/h.

Tab. 4.1.1/h – Zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali individuabili in Italia: omissis.

Nella sezione B dell’Appendice al presente allegato sono indicate le 9 comunità ittiche attese che si assumono come comunità di riferimento. Le indagini correlate alle attività di monitoraggio condotte dalle Regioni e dalle Province autonome possono portare all’affinamento della comunità ittica attesa, mediante osservazioni ecologiche sugli habitat effettivamente presenti nei corsi d’acqua e l’analisi storico-bibliografica delle conoscenze sulla fauna ittica di ogni singola idroecoregione o tipo fluviale.

Le Regioni che, a seguito delle indagini sopraindicate, abbiano realizzato l’affinamento delle comunità ittiche attese, trasmettono i risultati delle indagini effettuate e le relative informazioni, corredate dalla documentazione scientifica di supporto, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Ai fini della classificazione, non sono considerate eventuali specie campionate non presenti nelle liste delle comunità ittiche attese e nelle liste delle specie aliene.

Tab. 4.1.1/i – Limiti di classe fra gli stati per l’indice ISECI : omissis.

I valori riportati in Tab. 4.1.1/i corrispondono al valore più basso della classe superiore.

A.4.1.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

– Nutrienti (N-NH4, N-NO3, Fosforo totale);

– Ossigeno disciolto (% di saturazione).

Per un giudizio complessivo della classificazione si tiene conto, secondo i criteri riportati al paragrafo «Altri parametri», anche di:

– Temperatura;

– pH;

– Alcalinità (capacità di neutralizzazione degli acidi);

– Conducibilità.

Nutrienti e ossigeno disciolto

I nutrienti e l’ossigeno disciolto, ai fini della classificazione, vengono integrati in un singolo descrittore LIMeco (Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico ) utilizzato per derivare la classe di qualità.

La procedura prevede che sia calcolato un punteggio sulla base della concentrazione, osservata nel sito in esame, dei seguenti macrodescrittori: N-NH4, N-NO3, Fosforo totale e Ossigeno disciolto (100 – % di saturazione O2). Il punteggio LIMeco da attribuire al sito rappresentativo del corpo idrico è dato dalla media dei singoli LIMeco dei vari campionamenti effettuati nell’arco dell’anno in esame. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri fisico-chimici, il valore di LIMeco viene calcolato come media ponderata (in base alla percentuale di corpo idrico rappresentata da ciascun sito) tra i valori di LIMeco ottenuti per i diversi siti. Nel caso di monitoraggio operativo il valore di LIMeco da attribuire al sito è dato dalla media dei valori di LIMeco ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Per il monitoraggio di sorveglianza, si fa riferimento al LIMeco dell’anno di controllo o, qualora il monitoraggio venisse effettuato per periodi più lunghi, alla media dei LIMeco dei vari anni.

Il LIMeco di ciascun campionamento viene derivato come media tra i punteggi attributi ai singoli parametri secondo le soglie di concentrazione indicate nella seguente tab. 4.1.2/a, in base alla concentrazione osservata.

Tab. 4.1.2/a – Soglie per l’assegnazione dei punteggi ai singoli parametri per ottenere il punteggio LIMeco: omissis.

Per tipi fluviali particolari le Regioni e le Province Autonome possono derogare ai valori soglia di LIMeco stabilendo soglie tipo specifiche diverse, purché sia dimostrato, sulla base di un’attività conoscitiva specifica ed il monitoraggio di indagine, che i livelli maggiori di concentrazione dei nutrienti o i valori più bassi di ossigeno disciolto sono attribuibili esclusivamente a ragioni naturali. Il valore di deroga e le relative motivazioni devono essere trasmesse al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e devono comunque essere riportate nel Piano di gestione e nel Piano di tutela delle acque.

Il valore medio di LIMeco calcolato per il periodo di campionamento è utilizzato per attribuire la classe di qualità al sito, secondo i limiti indicati nella successiva tab. 4.1.2/b.

Conformemente a quanto stabilito nella Direttiva 2000/60/CE, lo stato ecologico del corpo idrico risultante dagli elementi di qualità biologica non viene declassato oltre la classe sufficiente qualora il valore di LIMeco per il corpo idrico osservato dovesse ricadere nella classe scarso o cattivo.

Tab. 4.1.2/b – Classificazione di qualità secondo i valori di LIMeco: omissis.

Altri parametri

Gli altri parametri, temperatura, pH, alcalinità e conducibilità, sono utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione del dato biologico e non per la classificazione. Ai fini della classificazione in stato elevato è necessario che sia verificato che gli stessi non presentino segni di alterazioni antropiche e restino entro la forcella di norma associata alle condizioni territoriali inalterate. Ai fini della classificazione in stato buono, è necessario che sia verificato che detti parametri non siano al di fuori dell’intervallo dei valori fissati per il funzionamento dell’ecosistema tipo specifico e per il raggiungimento dei corrispondenti valori per gli elementi di qualità biologica.

A.4.1.3 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità idromorfologica a sostegno

Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali, gli elementi idromorfologici a sostegno vengono valutati attraverso l’analisi dei seguenti aspetti (ciascuno dei quali descritto da una serie di parametri e/o indicatori):

– regime idrologico (quantità e variazione del regime delle portate);

– condizioni morfologiche (configurazione morfologica plano-altimetrica, configurazione delle sezioni fluviali, configurazione e struttura del letto, vegetazione nella fascia perifluviale, continuità fluviale – entità ed estensione degli impatti di opere artificiali sul flusso di acqua, sedimenti e biota -).

Per i tratti di corpo idrico candidati a siti di riferimento sono valutate anche le condizioni di habitat, conformemente a quanto riportato al successivo paragrafo «Condizioni di habitat».

Regime idrologico

L’analisi del regime idrologico è effettuata in corrispondenza di una sezione trasversale sulla base dell’Indice di Alterazione del Regime Idrologico IARI, che fornisce una misura dello scostamento del regime idrologico osservato rispetto a quello naturale che si avrebbe in assenza di pressioni antropiche.

L’indice di alterazione è definito in maniera differente a seconda che la sezione in cui si effettua la valutazione del regime idrologico sia dotata o meno di strumentazione per la misura, diretta o indiretta, della portata.

La serie delle portate naturali, utilizzata dall’Autorità competente per definire il regime idrologico di riferimento deve essere sufficientemente lunga per ottenere una stima idrologica affidabile. I dati di portata sono stimati o ricostruiti secondo le disponibilità territoriali. I criteri e i modelli di stima e/o ricostruzione della serie delle portate naturali devono essere riportati nei piani di gestione.

La valutazione dello stato del regime idrologico si articola in due fasi (Fase 1 e Fase 2).

Nella Fase 1, sulla base del valore assunto da IARI, è individuato il corrispondente stato del regime idrologico così come indicato nella tabella 4.1.3/a.

Tab. 4.1.3/a – Classi di stato idrologico:

IARI STATO
0 ≤ IARI ≤ 0,05 ELEVATO
0,05 < IARI ≤ 0,15 BUONO
0,15 < IARI NON BUONO

Nel caso in cui il valore di IARI evidenzi la presenza di condizioni critiche, ossia corrispondenti ad uno stato inferiore al «BUONO» (IARI > 0,15), si procede alla Fase 2.

Nella Fase 2, si provvede ad un approfondimento per individuare l’origine della criticità e conseguentemente confermare o variare il giudizio espresso.

Nel caso di sezione strumentata, si effettua l’indagine derivata dal metodo Indicators of Hydrologic Alterations (IHA) che individua cinque componenti critiche del regime idrologico fondamentali per la regolazione dei processi ecologici fluviali.

La differenza tra parametri omologhi dedotti dalle due diverse serie, naturale e reale, è valutata rispetto ad un intervallo di accettabilità prefissato, che definisce l’accettabilità dello scostamento dalle condizioni naturali.

Qualora alcuni parametri non rientrino nell’intervallo di accettabilità a causa di un’alterazione imputabile a fattori naturali (es. variazioni climatiche), è possibile elevare la classe di stato idrologico (indicazioni e motivazioni dell’attribuzione del corpo idrico ad una classe più elevata devono essere riportate nei piani di gestione). In questi casi deve inoltre essere valutato se si tratti di una tendenza consolidata e in tal caso se sia opportuno rivedere le condizioni di riferimento.

Se invece le cause sono di origine antropica, si conferma la valutazione derivante dalla Fase 1 e si definiscono le misure per riportare i parametri idrologici critici all’interno dell’intervallo di accettabilità prefissato.

Nel caso di sezione non strumentata, nella Fase 2, occorre provvedere al monitoraggio sistematico della portata nella sezione in esame al fine di investigare le cause che hanno determinato le condizioni di criticità, e quindi confermare o modificare il giudizio precedentemente espresso secondo le indicazioni sopra riportate.

Condizioni morfologiche

Le condizioni morfologiche vengono valutate per ciascuno dei seguenti aspetti:

– continuità: la continuità longitudinale riguarda la capacità del corso d’acqua di garantire il transito delle portate solide; la continuità laterale riguarda il libero manifestarsi di processi fisici di esondazione e di erosione;

– configurazione morfologica: riguarda la morfologia planimetrica e l’assetto altimetrico;

– configurazione della sezione: riguarda le variazioni di larghezza e profondità della sezione fluviale;

– configurazione e struttura alveo: riguarda la struttura e le caratteristiche tessiturali dell’alveo;

– vegetazione nella fascia perifluviale: riguarda gli aspetti legati alla struttura ed estensione della vegetazione nella fascia perifluviale.

La classificazione si basa sul confronto tra le condizioni morfologiche attuali e quelle di riferimento in modo da poter valutare i processi evolutivi in corso e i valori dei parametri per descriverne lo stato e le tendenze evolutive future.

La valutazione dello stato morfologico viene effettuata considerando la funzionalità geomorfologica, l’artificialità e le variazioni morfologiche, che concorrono alla formazione dell’Indice di Qualità Morfologica, IQM.

Sulla base del valore assunto dall’IQM, è definita la classe di stato morfologico così come indicato nella tabella 4.1.3/b .

Tab. 4.1.3/b – Classi di stato morfologico

IQM STATO
0,85 ≤ IQM ≤ 1 ELEVATO
IQM < 0,85 NON ELEVATO

Classificazione per gli aspetti idromorfologici

La classificazione per gli aspetti idromorfologici è ottenuta dalla combinazione dello stato definito dagli indici IQM e IARI secondo la tabella 4.1.3/c .

Tab. 4.1.3/c – Classi di stato idromorfologico: omissis.

Condizioni di habitat

Le condizioni di habitat sono valutate, secondo le modalità di seguito riportate, per i tratti di corpo idrico candidati a siti di riferimento. Le Regioni possono valutare le condizioni di habitat anche nei corpi idrici sottoposti a monitoraggio di sorveglianza per acquisire un quadro conoscitivo più articolato in relazione all’interpretazione del dato biologico.

La valutazione delle caratteristiche degli habitat è realizzata sulla base di informazioni (scala locale: tratto) relative ai seguenti aspetti: substrato, vegetazione nel canale e detrito organico, caratteristiche di erosione/deposito, flussi, continuità longitudinale, struttura e modificazione delle sponde, tipi di vegetazione/struttura delle sponde e dei territori adiacenti, uso del suolo adiacente al corso d’acqua e caratteristiche associate. Ai fini dell’attribuzione di un tratto fluviale allo stato elevato o non elevato, gli elementi sopra riportati devono essere formalizzati nelle seguenti categorie:

– diversificazione e qualità degli habitat fluviali e ripari;

– presenza di strutture artificiali nel tratto considerato;

– uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali.

Le informazioni relative a tali categorie, opportunamente mediate, concorrono a definire lo stato di qualità dell’habitat (Indice di Qualità dell’Habitat: IQH).

I limiti di classe per l’attribuzione dello stato elevato secondo la qualità dell’habitat sono riportati nelle tabelle 4.1.3/d e 4.1.3/e, separatamente per:

– corsi d’acqua temporanei e corsi d’acqua di pianura piccoli e molto piccoli;

– tutti i rimanenti tipi fluviali.

Tab. 4.1.3/d – Stato di qualità dell’habitat per i corsi d’acqua temporanei e per i corsi d’acqua di pianura piccoli e molto piccoli.

IQH QUALITÀ HABITAT
IQH ≥ 0,81 ELEVATO
IQH < 0,81 NON ELEVATO

Tab. 4.1.3/e – Stato di qualità dell’habitat per tutti i rimanenti tipi fluviali

IQH QUALITÀ HABITAT
IQH ≥ 0,90 ELEVATO
IQH < 0,90 NON ELEVATO

Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più tratti di corpo idrico candidati a sito di riferimento, per il rilevamento della qualità dell’habitat il valore di IQH è calcolato come media ponderata tra i diversi tratti. Occorre valutare quale percentuale del corpo idrico i diversi tratti in esame rappresentino. Il valore di IQH calcolato per un tratto andrà moltiplicato per la percentuale di corpo idrico che esso rappresenta; tale valore andrà quindi sommato al valore di IQH calcolato in un altro tratto del medesimo corpo idrico moltiplicato per la percentuale di rappresentatività del tratto nel corpo idrico.

La classificazione si basa sul rapporto tra le condizioni osservate e quelle attese in condizioni di riferimento. Nella sezione C dell’Appendice vengono riportati i valori di riferimento utili per il calcolo dei rapporti di qualità, qualora il metodo di valutazione IQH utilizzato fosse basato sull’applicazione del metodo «CARAVAGGIO».

Ai fini della classificazione, qualora si faccia anche ricorso alla valutazione delle condizioni di habitat, lo stato idromorfologico complessivo, come riportato in tabella 4.1.3/f, è ottenuto dall’integrazione delle seguenti componenti:

– la classe ottenuta dagli aspetti idromorfologici;

– la classe ottenuta dalla qualità dell’habitat.

Tab. 4.1.3/f – Classificazione dello stato idromorfologico complessivo qualora sia valutata l’informazione relativa all’habitat: omissis.

A.4.2 Corpi idrici lacustri

Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri gli elementi di qualità biologica da considerare sono i seguenti:

– Fitoplancton

– Macrofite

– Pesci

Macrotipi lacustri per la classificazione

Ai fini della classificazione, i tipi lacustri di cui all’Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati nei macrotipi come indicati alla Tab. 4.2/a

Tab. 4.2/a – Accorpamento dei tipi lacustri italiani in macrotipi: omissis.

A.4.2.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

Fitoplancton

La classificazione dei laghi e degli invasi a partire dal fitoplancton si basa sulla media dei valori di due indici, l’Indice medio di biomassa e l’Indice di composizione.

Il calcolo di questi due indici si basa a sua volta su più indici componenti: Concentrazione media di clorofilla a, Biovolume medio, PTI (PTIot, PTIspecies, MedPTI) e Percentuale di cianobatteri caratteristici di acque eutrofe.

Come indicato in tab. 4.2.1/a, l’Indice medio di biomassa è ottenuto, per tutti i macrotipi, come media degli RQE normalizzati della Concentrazione della clorofilla a e del Biovolume.

L’Indice di composizione è invece ottenuto attraverso indici diversi in relazione alla loro applicabilità ai differenti macrotipi; il suo valore può così corrispondere all’RQE normalizzato del PTIot o del PTIspecies, ovvero alla media degli RQE normalizzati del MedPTI e della Percentuale di cianobatteri.

L’Indice complessivo per il fitoplancton (ICF), determinato sulla base dei dati di un anno di campionamento, si ottiene come media degli Indici medi di composizione e biomassa.

Per la classificazione nel caso di monitoraggio operativo si utilizza il valore medio dei tre ICF calcolati annualmente.

Tab. 4.2.1/a – Componenti degli indici da mediare per il calcolo dell’Indice finale di classificazione: omissis.

Limiti di classe e classificazione

In tabella 4.2.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe dell’Indice complessivo per il fitoplancton (ICF). Nelle successive tabelle vengono riportati i limiti di classe ed i relativi valori di riferimento, distinti per macrotipi, per la Concentrazione media annua di clorofilla a, il Biovolume medio, la Percentuale di cianobatteri, il MedPTI, il PTIot e il PTIspecies.

Tab. 4.2.1/b – Limiti di classe, espressi come rapporti di qualità ecologica (RQE), dell’Indice complessivo per il fitoplancton:

Stato Limiti di classe (RQE)
Elevato/Buono 0,8
Buono/Sufficiente 0,6
Sufficiente/Scarso 0,4
Scarso/Cattivo 0,2

Nelle tabelle seguenti si riportano i valori di RQE relativi ai limiti di classe ed ai valori di riferimento degli indici componenti.

Tab. 4.2.1/c – Limiti di classe RQE per la concentrazione media annua di clorofilla: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/c corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/d – Limiti di classe RQE del Biovolume medio annuo: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/d corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/e – Limiti di classe RQE per la percentuale di cianobatteri: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/e corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/f – Limiti di classe RQE per l’indice MedPTI: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/f corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/g – Limiti di classe RQE per l’indice PTIot: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/g corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/h – Limiti di classe RQE dell’indice PTIspecies: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/h corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Macrofite

L’elemento biologico macrofite, o piante acquatiche, basa la classificazione dei laghi sull’utilizzo delle sole specie idrofitiche, cioè quelle macrofite che hanno modo di svilupparsi in ambienti puramente acquatici o su terreni o substrati che almeno periodicamente vengono sommersi dall’acqua.

Le metriche applicate alle macrofite per la classificazione degli ambienti lacustri sono in totale cinque: la massima profondità di crescita, la frequenza relativa delle specie con forma di colonizzazione sommersa, la frequenza delle specie esotiche, la diversità calcolata come indice Simpson e il punteggio trofico per ciascuna specie. Le metriche permettono di calcolare due indici MTIspecies, per i laghi di categoria L-AL3, e MacroIMMI, per i laghi appartenenti alle tipologie L-AL4, L-AL5 e L-AL6.

Allo stato attuale questi indici non trovano applicazione per i laghi mediterranei.

La metodologia di classificazione è diversa a seconda dell’indice che viene applicato e quindi della tipologia di lago che deve essere classificato.

Per determinare il valore dell’indice MTIspecies occorre calcolare per ciascun sito (inteso come porzione continua di riva, di ampiezza variabile, al cui interno è possibile individuare una comunità macrofisica omogenea in termini di composizione specifica) la media ponderata dei valori trofici di ciascuna specie rispetto alle abbondanze relative e, per l’intero corpo idrico, la media ponderata del valore ottenuto per ciascun sito rispetto alla lunghezza totale dei siti con presenza di vegetazione.

Per la determinazione del valore dell’indice MacroIMMI sono necessari due passaggi successivi: il primo passaggio prevede il calcolo in ciascun sito (definito come sopradetto) della media dei valori ottenuti di ciascuna metrica; il secondo passaggio prevede il calcolo della media ponderata dei valori in ciascun sito rispetto alla lunghezza totale dei siti con presenza di vegetazione. L’ambiente di applicazione e’ costituito dai laghi polimittici o non polimittici con profondità massima minore o uguale a 125 m.

Limiti di classe e classificazione

In tabella 4.2.1/i e in tabella 4.2.1/l sono riportati i limiti di classe e i valori di riferimento, distinti per macrotipi, rispettivamente per gli indici finali MTIspecies e MacroIMMI. Nelle tabelle successive sono indicati i limiti di classe e i valori di riferimento, distinti per macrotipi, per le metriche (massima profondità di crescita, frequenza relativa delle specie sommerse, frequenza delle specie esotiche, diversità, punteggio trofico per ciascuna specie) da utilizzare per il calcolo dei suddetti indici.

Tab. 4.2.1/i – Limiti di classe RQE per MTIspecies: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/i corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/l – Limiti di classe RQE per MacroIMMI: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/l corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/m – Limiti di classe RQE per la massima profondità di crescita: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/m corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/n – Limiti di classe RQE per la frequenza relativa delle specie sommerse: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/n corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/o – Limiti di classe RQE per la frequenza delle specie esotiche: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/o corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/p – Limiti di classe RQE per la Diversità: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/p corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/q – I limiti di classe RQE per il punteggio trofico per ciascuna specie: omissis.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/q corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Pesci

La classificazione dei laghi per l’elemento biologico pesci è effettuata attraverso l’applicazione dell’indice LFI (Lake Fish Index – LFI). Tale indice è composto da cinque metriche. Il LFI è applicabile ad ogni lago con superficie >0,5 km² dell’Ecoregione Alpina e dell’Ecoregione Mediterranea.

Per ogni bacino lacustre sono definite delle specie indicatrici (specie chiave e tipo-specifiche) per la valutazione dello stato della fauna ittica.

Il valore degli RQE per ogni metrica è definito dal rapporto tra il punteggio della metrica e il punteggio della stessa assunto in condizioni di riferimento.

Il valore del Rapporto di Qualità Ecologica finale RQEtot, per la valutazione dello stato della fauna ittica, è calcolato come media aritmetica dei valori degli RQE delle singole metriche.

Limiti di classe e classificazione

In tabella 4.2.1/r sono riportati i valori di RQEtot relativi ai limiti di classe dell’Indice LFI.

Nelle successive tabelle vengono riportati i limiti di classe ed i relativi valori di riferimento per le seguenti metriche:

– abbondanza relativa delle specie chiave NPUS (Numero Per Unità di Sforzo) – metrica 1;

– struttura di popolazione delle specie chiave – Indice di struttura PSD – metrica 2;

– successo riproduttivo delle specie chiave e delle specie tipo-specifiche – metrica 3;

– diminuzione (%) del numero di specie chiave e tipo-specifiche – metrica 4;

– presenza di specie ittiche alloctone ad elevato impatto – metrica 5.

Tab. 4.2.1/r – Limiti di classe RQEtot per la valutazione dello stato della fauna ittica nei laghi con superficie > 0,5km²: omissis.

Tab. 4.2.1/s – Limiti di classe RQE_1 per la metrica 1: omissis.

I valori riportati in tab. 4.2.1/s corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/t – Limiti di classe RQE_2 per la metrica 2: omissis.

I valori riportati in tab. 4.2.1/t corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/u – Limiti di classe RQE_3 per la metrica 3: omissis.

I valori riportati in tab. 4.2.1/u corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/v – Limiti di classe RQE_4 per la metrica 4: omissis.

I valori riportati in tab. 4.2.1/v corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/z – Limiti di classe RQE_5 per la metrica 5: omissis.

I valori riportati in tab. 4.2.1/z corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Per quanto riguarda l’EQB «pesci» ogni lago è considerato come un unico corpo idrico.

Nei laghi con superficie superiore a 50km² – il cui campionamento presuppone la suddivisione in sottobacini – il valore finale degli RQE è calcolato come media aritmetica degli RQE calcolati per ogni sottobacino.

A.4.2.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

– fosforo totale;

– trasparenza;

– ossigeno ipolimnico;

Per un giudizio complessivo della classificazione si tiene conto, secondo i criteri riportati al paragrafo «Altri parametri», anche di:

– pH;

– alcalinità;

– conducibilità;

– ammonio.

Fosforo totale, trasparenza e ossigeno disciolto (LTLeco)

Ai fini della classificazione, il fosforo totale, la trasparenza e l’ossigeno disciolto vengono integrati in un singolo descrittore LTLeco (livello trofico laghi per lo stato ecologico) secondo la metodologia di seguito riportata basato su un numero di campionamenti annuali pari a quelli previsti dal protocollo di campionamento APAT 46/2007 -. La procedura per il calcolo dell’LTLeco prevede l’assegnazione di un punteggio per fosforo totale, trasparenza e ossigeno ipolimnico, misurati in sito, sulla base di quanto indicato nelle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, 4.2.2/c del presente paragrafo. Dette tabelle riportano punteggi distinti per i livelli corrispondenti alle classi elevata, buona e sufficiente per i singoli parametri.

I livelli per il fosforo totale, di cui alla tab. 4.2.2/a, sono riferiti alla concentrazione media, ottenuta come media ponderata rispetto ai volumi o all’altezza degli strati, nel periodo di piena circolazione alla fine della stagione invernale, anche per i laghi e gli invasi meromittici.

Tab. 4.2.2/a – Individuazione dei livelli per il Fosforo Totale ( g/l): omissis.

I valori di trasparenza per l’individuazione dei livelli, di cui alla tab. 4.2.2/b, sono ricavati mediante il calcolo della media dei valori riscontrati nel corso dell’anno di monitoraggio.

Tab. 4.2.2/b – Individuazione dei livelli per la trasparenza (metri): omissis.

La concentrazione dell’Ossigeno ipolimnico è ottenuta come media ponderata rispetto al volume degli strati. In assenza dei volumi possono essere utilizzate le altezze degli strati considerati. I valori di saturazione dell’ossigeno da utilizzare per la classificazione sono quelli misurati nell’ipolimnio alla fine del periodo di stratificazione. In tab. 4.2.2/c, sono riportati i valori per l’individuazione dei livelli dell’ossigeno disciolto.

Tab. 4.2.2/c – Individuazione dei livelli per l’Ossigeno disciolto (% saturazione): omissis.

La somma dei punteggi ottenuti per i singoli parametri (fosforo totale, trasparenza e ossigeno ipolimnico) costituisce il punteggio da attribuire all’LTLeco, utile per l’assegnazione della classe di qualità secondo i limiti definiti nella tabella 4.2.2/d di seguito riportata.

Tab. 4.2.2/d – Limiti di classe in termini di LTL_eco: omissis.

Nel caso di monitoraggio operativo, per la classificazione si utilizzano le medie dei valori misurati nei tre anni per ogni singolo parametro. Nel caso di monitoraggio di sorveglianza si fa riferimento ai valori o di un singolo anno o alla media dei valori misurati negli anni di monitoraggio. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri fisico-chimici, ai fini della classificazione del corpo idrico si considera lo stato più basso tra quelli attribuiti alle singole stazioni.

I valori di cui alle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, e 4.2.2/c sopra riportate possono essere derogati qualora coesistano le seguenti condizioni:

– gli elementi di qualità biologica del corpo idrico sono risultati in stato buono o elevato;

Рil superamento dei valori tabellari ̬ dovuto alle caratteristiche peculiari del corpo idrico;

– non sono presenti pressioni che comportino l’aumento di nutrienti ovvero siano state messe in atto tutte le necessarie misure per ridurre adeguatamente l’impatto delle pressioni presenti.

Limitatamente al parametro trasparenza, i limiti previsti dalla tabella 4.2.2/b possono essere derogati qualora l’autorità competente verifichi che la diminuzione di trasparenza è principalmente causata dalla presenza di particolato minerale sospeso dipendente dalle caratteristiche naturali del corpo idrico. Inoltre, qualora l’autorità competente verifichi che la concentrazione di riferimento del Fosforo Totale ( g/l) per un determinato lago o invaso, con particolare attenzione alla categoria dei polimittici, determinata con metodi paleolimnologici o altri modelli previsionali attendibili, risulti essere superiore ai valori indicati in tabella 4.2.2/a possono essere derivati altri limiti meno restrittivi utilizzando la relazione TP/Chl-a dei laghi alpini (OECD,1982).

Nel caso di deroga, il corpo idrico non subisce il declassamento a causa del superamento dei valori tabellari dei nutrienti.

Nei piani di gestione devono essere riportate le motivazioni dettagliate che giustificano l’applicazione della deroga ed il nuovo valore di riferimento per il parametro utilizzato in deroga.

I corpi idrici ai quali è stata applicata la deroga per i valori dei nutrienti, sono sottoposti a monitoraggio operativo e a verifica annuale finalizzata ad accertare l’assenza di un andamento di crescita statisticamente significativo, valutato sulla base di tre anni di campionamenti stagionali nella colonna d’acqua e, se disponibili, dal confronto con dati pregressi.

Altri parametri

Per quanto riguarda temperatura, pH, alcalinità, conducibilità e ammonio (nell’epilimnio) deve essere verificato che, ai fini della classificazione in stato elevato, non presentino segni di alterazioni antropiche e restino entro la variabilità di norma associata alle condizioni inalterate con particolare attenzione agli equilibri legati ai processi fotosintetici. Ai fini della classificazione in stato buono, deve essere verificato che essi non raggiungano livelli superiori alla forcella fissata per assicurare il funzionamento dell’ecosistema tipico specifico e il raggiungimento dei corrispondenti valori per gli elementi di qualità biologica. I suddetti parametri chimico-fisici ed altri non qui specificati, sono utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione del dato biologico, ma non sono da utilizzarsi per la classificazione.

A.4.2.3 Criteri tecnici per la classificazione dei laghi e dei corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione sulla base degli elementi di qualità idromorfologica a sostegno

Nella classificazione dello stato ecologico dei laghi e dei corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione gli elementi idromorfologici a sostegno del biologico da utilizzare sono:

– il livello

– i parametri morfologici.

Livello

L’utilizzo del livello per la classificazione avviene attraverso il calcolo della sintesi annuale (Sa) dei dati mensili di livello (Im) come di seguito riportato.

La sintesi annuale Sa è definita come la media pesata dei valori ricavati per ciascun mese (Im) dell’anno da valutare, con peso 2 per i mesi da gennaio a luglio (compreso) e peso 1 per i restanti mesi e si applica a tutti i macrotipi. In tab. 4.2.3/a si riportano i limiti di classe per la sintesi annuale Sa.

Tab. 4.2.3/a – Limiti di classe espressi come Sa: omissis.

Sa   1 rappresentano le condizioni di riferimento

Si definisce il valore mensile di livello (Im) come:

Im=  H mensile misurato/  H di riferimento

( H = variazione di livello)

La valutazione di qualità del livello mensile deve essere distinta per condizione di piovosità (bassa, media o elevata) e per macrotipi.

Le condizioni di piovosità, avute nel mese precedente a quello di misura del livello, sono stabilite sulla base delle seguenti definizioni:

Рcondizione bassa: assenza di precipitazione sensibile (cio̬ > 1 mm), nel mese precedente a quello di misura. In alternativa utilizzare SPI;

– condizione media: piovosità media mensile, nel mese precedente a quello di misura, calcolata su almeno 10 anni di osservazione;

– condizione elevata: piovosità, nel mese precedente a quello di misura, al di sopra (+ 30%) delle piogge medie mensili calcolate su almeno 10 anni di osservazione. In alternativa utilizzare SPI.

Nella successiva tab. 4.2.3/b si riportano i  H di riferimento per le diverse condizioni di piovosità (bassa, media o elevata).

Tab. 4.2.3/b –  H di riferimento: omissis.

Sa   1 rappresentano le condizioni di riferimento

Si definisce il valore mensile di livello (Im) come:

Im=  H mensile misurato/  H di riferimento

( H = variazione di livello)

La valutazione di qualità del livello mensile deve essere distinta per condizione di piovosità (bassa, media o elevata) e per macrotipi.

Le condizioni di piovosità, avute nel mese precedente a quello di misura del livello, sono stabilite sulla base delle seguenti definizioni:

Рcondizione bassa: assenza di precipitazione sensibile (cio̬ > 1 mm), nel mese precedente a quello di misura. In alternativa utilizzare SPI;

– condizione media: piovosità media mensile, nel mese precedente a quello di misura, calcolata su almeno 10 anni di osservazione;

– condizione elevata: piovosità, nel mese precedente a quello di misura, al di sopra (+ 30%) delle piogge medie mensili calcolate su almeno 10 anni di osservazione. In alternativa utilizzare SPI.

Nella successiva tab. 4.2.3/b si riportano i  H di riferimento per le diverse condizioni di piovosità (bassa, media o elevata).

Tab. 4.2.3/b –  H di riferimento: omissis.

I valori di livello misurati (giornalieri, settimanali, o mensili) devono essere riportati al riferimento assoluto (rispetto al livello del mare), per permettere una confrontabilità a livello nazionale dei dati raccolti.

Parametri morfologici

I parametri morfologici da valutare ai fini della classificazione morfologica di un corpo idrico sono:

– la linea di costa intesa come la zona identificata attraverso il perimetro del corpo idrico lacustre;

– l’area litorale intesa come la parte di sponda che si trova tra il canneto, se presente, e le piante emerse galleggianti oppure, in assenza della zona a canneto, la zona tra il livello medio pluriennale del corpo idrico lacustre, dove batte l’onda, e la zona dove arrivano le macrofite emerse, galleggianti;

– il substrato inteso come la tipologia del materiale di cui sono composte sia la zona litorale che la zona pelagica;

– la profondità o interrimento intesa come evoluzione morfologica del fondo del corpo idrico lacustre, considerando in particolare i delta alluvionali.

Il metodo di riferimento per la valutazione dei suddetti parametri è il Lake Habitat Survey (LHS).

Tale metodo, mediante l’indice di alterazione morfologica (LHMS), permette di esprimere un giudizio di sintesi sulla qualità morfologica attraverso l’elaborazione di dati raccolti in campo. Il metodo si basa sull’osservazione di 10 punti o sezioni (Hab-plot), ugualmente distribuite lungo tutto il perimetro del corpo idrico lacustre, in ciascuna delle quali si valutano le caratteristiche della linea di costa, dell’area litorale, del substrato, della profondità locale, della presenza di affluenti e di infrastrutture antropiche. Vengono anche segnalate e quindi conteggiate nell’elaborazione del giudizio finale, tutte le attività antropiche insistenti sul corpo idrico lacustre (es. attività ricreative, turistiche, economiche, la presenza di campeggi, porti, banchine, opere di ingegneria naturalista o classica, presenza di sbarramenti ecc.), individuate durante il passaggio tra un punto di osservazione e l’altro.

In tab. 4.2.3/d si riportano i parametri da analizzare e una sintesi delle pressioni insistenti sul corpo idrico, ciascuna con diversi intervalli e relativi punteggi indicativi del passaggio da uno stato morfologico all’altro.

Tab. 4.2.3/d – Parametri da valutare e sintesi delle attività antropiche: omissis.

Effettuando un’analisi incrociata dei parametri e delle pressioni di cui alla tab. 4.2.3/d, attraverso un database e un software dedicato, si definisce il punteggio dell’indice di alterazione morfologica (LHMS). In tab. 4.2.3/e si riportano le classi di stato morfologico sulla base dei punteggi del LHMS.

Tab. 4.2.3/e – Classificazione secondo i punteggi del LHMS: omissis.

Classificazione degli elementi idromorfologici a sostegno

La classificazione idromorfologica del corpo idrico è data dal peggiore tra gli indici idrologico Sa e quello morfologico LHMS

A.4.3 Acque marino costiere

Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico delle acque marino-costiere, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

– Fitoplancton

– Macroinvertebrati bentonici

– Macroalghe

– Angiosperme (Posidonia oceanica)

Macrotipi marino-costieri per la classificazione

I criteri per la tipizzazione dei corpi idrici, di cui all’Allegato 3 del presente Decreto legislativo, consentono l’individuazione dei tipi marino-costieri, su base geomorfologica e su base idrologica.

La suddivisione dei corpi idrici in tipi è funzionale alla definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.

In considerazione delle caratteristiche dei vari EQB, le differenze tipo-specifiche e conseguentemente le condizioni di riferimento sono determinate, a seconda dell’EQB analizzato, dalle condizioni idrologiche e da quelle morfologiche.

La tipo-specificità per il Fitoplancton e i Macroinvertebrati bentonici è caratterizzata dal criterio di tipizzazione idrologico, ai fini della classificazione per tali EQB i tipi delle acque marino-costiere, sono aggregati nei 3 gruppi (macrotipi) indicati nella successiva Tab. 4.3/a.

Per ciò che riguarda le Angiosperme (Posidonia oceanica) si fa riferimento al solo macrotipo 3 (bassa stabilità)

Per l’EQB Macroalghe la tipo-specificità è caratterizzata dal criterio di tipizzazione morfologico, le condizioni di riferimento sono in relazione alle differenti condizioni geomorfologiche, ai fini della classificazione per questo EQB i tipi delle acque marino-costiere sono aggregati nei 2 gruppi (macrotipi) indicati nella successiva Tab. 4.3/b.

Tab. 4.3/a – Macrotipi marino-costieri per fitoplancton e macroinvertebrati bentonici: omissis.

Tab. 4.3/b – Macrotipi marino-costieri per macroalghe: omissis.

A.4.3.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

Fitoplancton

Il fitoplancton è valutato attraverso il parametro «clorofilla a» misurato in superficie, scelto come indicatore della biomassa. Occorre fare riferimento non solo ai rapporti di qualità ecologica (RQE) ma anche ai valori assoluti (espressi in mg/m³) di concentrazione di clorofilla a. Come già indicato nel paragrafo A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificità per il fitoplancton è caratterizzata dal criterio idrologico. Di seguito vengono indicate le categorie «tipo-specifiche», i valori da assegnare alle condizioni di riferimento e i limiti di classe distinti per ciascun macrotipo.

Modalità di calcolo, condizioni di riferimento e limiti di classe

Per il calcolo del valore del parametro «clorofilla a» si applicano 2 tipi di metriche:

– per i tipi ricompresi nei macrotipi 2 e 3 il valore del 90° percentile per la distribuzione normalizzata dei dati

– il valore della media geometrica, per i tipi ricompresi nel macrotipo 1

La Tab. 4.3.1/a, di seguito riportata, indica per ciascun macrotipo:

– i valori delle condizioni di riferimento in termini di concentrazione di «clorofilla a»;

– i limiti di classe, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente, espressi sia in termini di concentrazione di clorofilla a, che in termini di RQE;

– il tipo di metrica da utilizzare.

Tab. 4.3.1/a Limiti di classe fra gli stati e valori di riferimento per fitoplancton: omissis.

Nella procedura di classificazione dello stato ecologico di un corpo idrico secondo l’EQB Fitoplancton, le metriche da tenere in considerazione per il confronto con i valori della tabella, sono quelle relative alle distribuzioni di almeno un anno della clorofilla a.

Poiché il monitoraggio dell’EQB Fitoplancton è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni) si ottiene un valore di «clorofilla a» per ogni anno. Il valore da attribuire al sito, si basa sul calcolo della media dei valori di «clorofilla a» ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell’ultimo anno.

Macroinvertebrati bentonici

Sistema di classificazione

Per l’EQB Macroinvertebrati bentonici si applica l’Indice M-AMBI, che utilizza lo strumento dell’analisi statistica multivariata ed è in grado di riassumere la complessità delle comunità di fondo mobile, permettendo una lettura ecologica dell’ecosistema in esame.

Come indicato nel paragrafo A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificità per i macroinvetebrati bentonici è caratterizzata dal criterio idrologico. Pertanto le categorie «tipo-specifiche» per i macroinvertebrati sono quelle associabili ai macrotipi 1, 2 e 3.

Modalità di calcolo dell’M-AMBI, condizioni di riferimento e limiti di classe

L’M-AMBI è un indice multivariato che deriva da una evoluzione dell’AMBI integrato con l’Indice di diversità di Shannon-Wiener ed il numero di specie (S). La modalità di calcolo dell’M-AMBI prevede l’elaborazione delle suddette 3 componenti con tecniche di analisi statistica multivariata.

Per il calcolo dell’indice è necessario l’utilizzo di un software gratuito (AZTI Marine Biotic Index- New Version AMBI 4.1) da applicarsi con l’ultimo aggiornamento già disponibile della lista delle specie.

Il valore dell’M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).

Nella tab. 4.3.1/b sono riportati:

– i valori di riferimento per ciascuna metrica che compone l’M-AMBI;

– i limiti di classe dell’M-AMBI, espressi in termini di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente.

I valori delle condizioni di riferimento e i relativi limiti Buono/Sufficiente ed Elevato/Buono descritti in tabella devono intendersi relativi al solo macrotipo 3 (bassa stabilità).

Tab. 4.3.1/b – Limiti di classe e valori di riferimento per l’M-AMBI: omissis.

Macroalghe

Sistema di classificazione

Il metodo da applicare per la classificazione dell’EQB Macroalghe è il CARLIT.

La tipo-specificità per le macroalghe è definita dal criterio geomorfologico di cui all’Allegato 3 sez. A.3 del presente decreto legislativo. I macrotipi su base geomorfologica da tenere in considerazione sono: A) rilievi montuosi e B) terrazzi. Nella procedura di valutazione dell’Indice CARLIT è necessario precisare anche i seguenti elementi morfologici: la morfologia della costa (blocchi metrici, falesia bassa, falesia alta), il diverso grado di inclinazione della frangia infralitorale, l’orientazione della costa, il grado di esposizione all’idrodinamismo, il tipo di substrato (naturale, artificiale).

Modalità di calcolo del CARLIT, condizioni di riferimento e limiti di classe

Sulla base dei diversi elementi morfologici precedentemente citati sono individuate alcune situazioni geomorfologiche rilevanti, a ciascuna delle quali è assegnato un Valore di Qualità Ecologica di riferimento (EQVrif) come riportato nella tab. 4.3.1/c.

Tab. 4.3.1/c – Valori di riferimento per il CARLIT: omissis.

L’indice CARLIT si basa su una prima valutazione del Valore di Qualità Ecologica (VQE), in ogni sito e per ogni categoria geomorfologica rilevante.

Il risultato finale dell’applicazione del CARLIT non fornisce un valore assoluto, ma direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE).

La tabella seguente riporta i limiti di classe, espressi in termini di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente.

Tab. 4.3.1/d – Limiti di classe per Elemento di qualità biologica «MACROALGHE» secondo il metodo CARLIT espresso in termini di RQE: omissis.

Angiosperme – Prateria a Posidonia oceanica

Sistema di classificazione

Per l’EQB Posidonia oceanica si applica l’Indice PREI.

L’Indice PREI include il calcolo di cinque descrittori: la densità della prateria (fasci m-2); la superficie fogliare fascio, (cm² fascio-1); il rapporto tra la biomassa degli epifiti (mg fascio-1) e la biomassa fogliare fascio (mg fascio-1); la profondità del limite inferiore e la tipologia del limite inferiore.

La densità della prateria, la superficie fogliare fascio ed il rapporto tra la biomassa degli epifiti e la biomassa fogliare vengono valutati alla profondità standard di 15 m, su substrato sabbia o matte; nei casi in cui lo sviluppo batimetrico della prateria non consenta il campionamento alla profondità standard, può essere individuata, motivandone la scelta, una profondità idonea al caso specifico.

Le praterie a P.oceanica vengono monitorate nel piano infralitorale non influenzato da apporti d’acqua dolce significativi, ovvero nel macrotipo 3: bassa stabilità, siti costieri non influenzati da apporti d’acqua dolce e continentale.

Modalità di calcolo dell’indice PREI, condizioni di riferimento e limiti di classe

La modalità di calcolo dell’indice PREI prevede l’applicazione della seguente equazione:

RQE= (RQE’ + 0,11)/(1 + 0,10)

dove

formula: omissis.

Il valore del PREI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).

Il risultato finale dell’applicazione dell’Indice PREI non fornisce un valore assoluto, ma direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE). La tabella 4.3.1/e riporta i limiti di classe, espressi in termini di RQE.

Nel sistema di classificazione seguente lo stato cattivo corrisponde ad una recente non sopravvivenza di P. oceanica, ovvero, alla sua scomparsa da meno di cinque anni.

Tab. 4.3.1/e – Limiti di classe degli RQE per Elemento di Qualità Biologica «Posidonia oceanica», e condizioni di riferimento riferiti ai valori dell’Indice PREI: omissis.

A.4.3.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologica a sostegno

Nelle acque marino costiere con l’espressione: «a sostegno», si intende che gli elementi di qualità fisico-chimica, salvo le eccezioni riportate nella Tab. 4.3.2/b, devono essere considerati nel sistema di classificazione dello stato ecologico, in quanto concorrono alla definizione di tale stato. Gli elementi idromorfologici devono essere utilizzati per migliorare l’interpretazione dei risultati biologici, in modo da pervenire all’assegnazione di uno stato ecologico certo.

Si riportano di seguito le tabelle che indicano gli elementi idromorfologici, Tab. 4.3.2/a e fisico-chimici, Tab. 4.3.2/b, a sostegno dei vari EQB.

Tab. 4.3.2/a- Elementi idromorfologici a sostegno dei vari EQB: omissis.

Tab. 4.3.2/b – Elementi fisico-chimici a sostegno dei vari EQB con indicazione dell’applicazione ai fini della classificazione dello stato ecologico: omissis.

Elementi di qualità fisico-chimica e relativi limiti di classe

Ossigeno disciolto e nutrienti

L’ossigeno disciolto e i nutrienti, unitamente al parametro clorofilla a, sono valutati attraverso l’applicazione dell’Indice TRIX, al fine di misurare il livello trofico degli ambienti marino-costieri.

L’Indice TRIX può essere utilizzato non solo ai fini della valutazione del rischio eutrofico (acque costiere con elevati livelli trofici e importanti apporti fluviali), ma anche per segnalare scostamenti significativi dalle condizioni di trofia tipiche di aree naturalmente a basso livello trofico.

Ai fini dell’applicazione di tale indice, nella classificazione dello stato ecologico delle acque marino-costiere, nella Tab. 4.3.2/c, vengono riportati i valori di TRIX (espressi come valore medio annuo), ossia i limiti di classe tra lo stato buono e quello sufficiente, per ciascuno dei macrotipi individuati su base idrologica.

Tab. 4.3.2/c – Limiti di classe, espressi in termini del TRIX, tra lo stato buono e quello sufficiente: omissis.

Nella procedura di classificazione dello stato ecologico, il giudizio espresso per ciascun EQB deve essere perciò congruo con il limite di classe di TRIX: in caso di stato ecologico «buono» il corrispondente valore di TRIX deve essere minore della soglia riportata in tabella, per ciascuno dei tre macrotipi individuati. Qualora il valore del TRIX sia conforme alla soglia individuata dallo stato biologico, nell’esprimere il giudizio di stato ecologico si fa riferimento al giudizio espresso sulla base degli elementi di qualità biologica. Poiché il monitoraggio degli elementi fisico-chimici è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni) si ottengono tre valori di TRIX. Il valore di TRIX da attribuire al sito, si basa sul calcolo della media dei valori di TRIX ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell’ultimo anno.

Temperatura e salinità

La temperatura e la salinità sono elementi fondamentali per la definizione dei tipi: essi concorrono alla definizione della densità dell’acqua di mare e, quindi, alla stabilità, parametro su cui è basata la tipizzazione su base idrologica. Dalla stabilità della colonna d’acqua discende la tipo-specificità delle metriche e degli indici utilizzati per la classificazione degli EQB.

Trasparenza

Per la trasparenza, espressa come misura del Disco Secchi, si adotta la stessa risoluzione valida per gli elementi idromorfologici a sostegno: essa è utilizzata come elemento ausiliario per integrare e migliorare l’interpretazione del monitoraggio degli EQB, in modo da pervenire all’assegnazione di uno stato ecologico certo.

A.4.4 Acque di transizione

Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico delle acque di transizione, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

– Macroalghe

– Fanerogame

– Macroinvertebrati bentonici

Tipizzazione e condizioni di riferimento

La suddivisione dei corpi idrici in tipi è funzionale alla definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.

Le condizioni di riferimento sono di seguito riportate per macrotipi, sulla base dell’escursione di marea e di intervalli di salinità (> 30 PSU e < 30 PSU) gli intervalli di salinità sono riferiti solo alla marea > 50 cm .

Pertanto ai fini della classificazione i corpi idrici di transizione sono distinti in tre macrotipi (vedi Tab. 4.4/a).

Tab. 4.4/a – Macrotipi ai fini della definizione delle condizioni di riferimento per gli elementi di qualità biologica macroalghe, fanerogame e macroinvertebrati bentonici: omissis.

I sistemi di classificazione dello stato ecologico per le acque di transizione definiti nel presente decreto non si applicano al tipo foci fluviali – delta.

Tali corpi idrici devono comunque essere tipizzati, secondo quanto previsto dall’allegato 3, sezione A del presente decreto e monitorati secondo quanto previsto dalla lettera A.3 del punto 2 del presente allegato.

A.4.4.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

Fanerogame e macroalghe

Per l’EQB Macrofite, viene utilizzato l’indice E-MaQI, che integra i due elementi di qualità biologica macroalghe e fanerogame.

L’affidabilità dell’indice è legata al numero di specie presenti nelle stazioni di monitoraggio; l’applicabilità dell’indice richiede la presenza di almeno 20 specie.

Nel caso in cui il numero di specie presenti sia inferiore a 20, si applica l’indice R-MaQI, modificato.

Valori di riferimento e limiti di classe

Le soglie relative al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE) per la suddivisione dello stato nelle 5 classi previste è riportato in Tab. 4.1.1/a; i valori si applicano ai tre macrotipi (M-AT-1, M-AT-2, M-AT3).

Tab. 4.4.1/a – Limiti di classe per l’E-MaQI e per l’R-MaQI modificato: omissis.

Le condizioni di riferimento per l’indice E MaQI sono espresse in Tab. 4.1.1/b

Tab. 4.4.1/b – Valori di riferimento per l’applicazione dell’indice E-MaQI per i diversi macrotipi: omissis.

L’indice R-MaQI modificato restituisce direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE), le condizioni di riferimento dell’indice sono intrinseche nel metodo.

Macroinvertebrati bentonici

Per l’EQB Macroinvertebrati bentonici ai fini della classificazione dello stato di qualità viene applicato l’indice M-AMBI e facoltativamente anche l’indice BITS.

L’M-AMBI è un indice multivariato che deriva da una evoluzione dell’AMBI integrato con l’Indice di diversità di Shannon-Wiener ed il numero di specie (S). La modalità di calcolo dell’M-AMBI prevede l’elaborazione delle suddette 3 componenti con tecniche di analisi statistica multivariata.

Per il calcolo dell’indice è necessario l’utilizzo di un software gratuito (AZTI Marine Biotic Index- New Version AMBI 4.1) da applicarsi con l’ultimo aggiornamento già disponibile della lista delle specie. Il valore dell’M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).

In aggiunta può essere utilizzato anche l’indice BITS.

L’applicazione dell’indice BITS è finalizzata ad un’eventuale sostituzione dell’M-AMBI nei successivi piani di gestione.

Valori di riferimento e limiti di classe

Tab. 4.4.1/c – Limiti di classe in termini di RQE per l’M-AMBI: omissis.

Le condizioni di riferimento sono state definite sulla base di un criterio misto statistico/geografico.

L’indice M-AMBI è un indice multivariato, pertanto le condizioni di riferimento vanno indicate per i tre indici che lo compongono: AMBI, Indice di Diversità di Shannon-Wiener e numero di specie (S).

Tab. 4.4.1/d – Valori di riferimento tipo-specifiche per l’applicazione dell’M-AMBI: omissis.

Tab. 4.4.1/e – Limiti di classe in termini di RQE per il BITS: omissis.

Tab. 4.4.1/f – Valori di riferimento tipo-specifiche per l’applicazione del BITS: omissis.

A.4.4.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologici a sostegno

Nella classificazione dello stato ecologico delle acque di transizione gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

– Azoto inorganico disciolto (DIN);

– Fosforo reattivo (P-PO4);

– Ossigeno disciolto.

Limiti di classe per gli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

Si riportano in Tab. 4.4.2/a di seguito i limiti di classe degli elementi fisico-chimici a sostegno degli elementi di qualità biologica per la classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici di transizione. I limiti di classe per l’azoto sono definiti per 2 diverse classi di salinità (>30 psu e <30 psu). Il limite per il fosforo reattivo è definito per gli ambienti con salinità >30 psu.

Tab. 4.4.2/a – Limiti di classe per gli elementi di qualità fisico-chimica nella colonna d’acqua: omissis.

Criteri di utilizzo degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

Nutrienti

Qualora gli elementi di qualità biologica monitorati consentano di classificare le acque di transizione in stato buono o elevato, ma, per uno o entrambi i nutrienti, siano superati i limiti di classe riportati in Tab. 4.4.2/a , e comunque di un incremento non superiore al 75% del limite di classe riportato nella suddetta tabella, le autorità competenti possono non declassare automaticamente a sufficiente il corpo idrico, purché attivino un approfondimento dell’attività conoscitiva, un’analisi delle pressioni e degli impatti ed il contestuale avvio di un monitoraggio di indagine basato su :

a) la verifica dello stato degli elementi di qualità biologica rappresentativi dello stato trofico del corpo idrico (macroalghe, angiosperme e fitoplancton);

b) il controllo dei nutrienti con frequenza mensile.

Le attività necessarie ad escludere il declassamento del corpo idrico come sopra indicato rivestono durata minima diversa a seconda dell’entità del superamento:

1) superamento<50% di uno o entrambi i parametri:

– il monitoraggio d’indagine sopra dettagliato è eseguito per un solo anno;

– il corpo idrico può essere classificato in stato buono anche alla fine del successivo monitoraggio operativo, senza effettuare un ulteriore monitoraggio di indagine, purché risultino assenti impatti sulla comunità biologica indagata e non sia presente una tendenza significativa di aumento della concentrazione dei nutrienti;

Se il superamento dei limiti di classe dei nutrienti riportati in Tab. 4.4.2/a si verifica durante il monitoraggio di sorveglianza, il monitoraggio dei parametri fisico-chimici della colonna d’acqua deve essere effettuato per i 2 anni successivi al campionamento.

2) un superamento > 50%, e comunque inferiore a 75%, di uno o entrambi i parametri:

Рil monitoraggio di indagine sopra dettagliato ̬ seguito per due anni consecutivi;

– il corpo idrico può essere classificato in stato buono anche alla fine del successivo monitoraggio operativo, senza effettuare un ulteriore monitoraggio di indagine, purché risultino assenti impatti sulla comunità biologica indagata e non sia presente una tendenza significativa di aumento della concentrazione dei nutrienti;

– il monitoraggio di indagine negli anni intermedi tra i successivi monitoraggi operativi può essere proseguito a giudizio dell’autorità competente.

Resta fermo che anche in caso di esito positivo delle suddette attività volte ad escludere il declassamento, il corpo idrico è classificato in stato buono, anche nel caso in cui gli EQB siano in stato elevato.

Nel caso in cui non sia attivata la procedura volta ad escludere il declassamento del corpo idrico sopra descritta, poiché il monitoraggio degli elementi fisico-chimici è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (tre anni) si ottengono tre valori di concentrazione dei nutrienti. Il valore di concentrazione da utilizzare per la classificazione è la media dei valori ottenuti per ciascuno dei tre anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell’ultimo anno.

Ossigeno

Qualora gli elementi di qualità biologica, controllati nel monitoraggio di sorveglianza od operativo, consentano di classificare le acque di transizione in stato buono o elevato ma si verifichino condizioni di anossia/ipossia si procede come descritto di seguito:

1) Condizioni di anossia per 1 o più giorni all’interno di un anno

Il corpo idrico viene automaticamente classificato in stato ecologico sufficiente.

2) Condizioni di anossia di durata inferiore ad 1 giorno ma ripetute per più giorni consecutivi e/o condizioni di ipossia per più di 1 giorno/anno.

Si effettua per i due anni successivi e consecutivi al campionamento la verifica dello stato dei macroinvertebrati bentonici (anche qualora non selezionati per il monitoraggio operativo) quali elementi di qualità biologica indicativi delle condizioni di ossigenazione delle acque di fondo, al fine di verificare un eventuale ritardo nella risposta biologica.

In assenza di impatti sulla comunità biologica per due anni consecutivi, il corpo idrico può essere classificato in buono stato ecologico (anche nel caso in cui gli EQB siano in stato elevato), in caso contrario si classifica come sufficiente.

Alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (tre anni), si classifica sulla base del valore peggiore nei tre anni. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, allora si utilizzano solo i dati dell’ultimo anno.

Il superamento dei limiti dell’ossigeno comporta il monitoraggio dei parametri fisico-chimici della colonna d’acqua per i successivi 2 anni anche nel caso di monitoraggio di sorveglianza.

Qualora il posizionamento della sonda per il rilevamento in continuo dell’ossigeno ponga dei problemi di gestione possono essere dedotti indirettamente fenomeni di anossia pregressi o in corso, dalla concentrazione del parametro ferro labile (LFe) e del rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/LFe) entrambi rilevati nei sedimenti.

Al riguardo le frequenze di campionamento dei suddetti parametri sono le seguenti:

Рtra giugno e luglio e tra fine agosto e settembre (in concomitanza con le maree di quadratura) quando il rischio di anossia ̬ elevato;

Рtra febbraio e marzo (in concomitanza con le maree di sizigia) quando la riossigenazione del sistema ̬ massima.

Di seguito sono riportati i limiti di classe per il ferro labile (Lfe) e per il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/Lfe)

Tab. 4.4.2/b- Limiti di classe per il ferro labile (LFe) e il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/Lfe) nei sedimenti: omissis.

Altri parametri

Il valore della trasparenza e della temperatura non concorrono direttamente alla classificazione dello stato ecologico, ma sono utilizzati per migliorare l’interpretazione dei risultati biologici e evidenziare eventuali anomalie di origine antropica. Lo stesso criterio vale per i parametri fisico-chimici a sostegno, indicati nel protocollo di monitoraggio ISPRA per i quali non sono stati definiti valori di soglia.

Elementi di qualità idromorfologica a sostegno

La valutazione degli elementi di qualità idromorfologica influenza la classificazione dello stato ecologico solo nel passaggio tra stato «buono ed elevato».

I parametri idromorfologici a supporto degli elementi di qualità biologica previsti dalla tab. A.1.1 del punto 2 del presente allegato sono:

Condizioni morfologiche

– variazione della profondità

– massa, struttura e substrato del letto

– struttura della zona intertidale

Regime di marea

– flusso di acqua dolce

– esposizione alle onde

Le condizioni idromorfologiche dei corpi idrici di transizione per gli elementi sopra indicati sono valutate tramite giudizio esperto, come di seguito indicato.

Variazione della profondità

I dati di profondità derivanti dai rilievi morfobatimetrici dei fondali previsti dalla lettera A.3.3.4 del punto 2 dell’allegato 1 al presente decreto da eseguirsi sono utilizzati secondo le frequenze riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato, almeno una volta nell’arco temporale del Piano di Gestione.

E’ necessario indicare la presenza di attività antropiche rilevanti, quali dragaggio di canali e bassofondali o ripascimenti.

Struttura della zona intertidale

La valutazione della struttura della zona intertidale comprende diversi aspetti, quali l’estensione degli habitat caratteristici (es. barene, velme) e la copertura e composizione della vegetazione.

Per una prima analisi è utile l’utilizzo di supporti cartografici e di foto aeree o satellitari, integrate dai risultati dell’attività di monitoraggio della vegetazione da eseguirsi secondo le frequenze riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato.

Massa struttura e composizione del substrato.

Per l’analisi del substrato si utilizzano i dati rilevati in corrispondenza delle stazioni di macroinvertebrati e angiosperme, ovvero granulometria, densità e contenuto organico del sedimento. Qualora tali elementi di qualità biologica, nel caso di monitoraggio operativo, non siano stati selezionati, è necessario provvedere a appositi campionamenti del substrato o utilizzare informazioni derivanti da altre attività di monitoraggio.

Va inoltre considerata la presenza di attività antropiche rilevanti, quali ripascimenti con sedimenti di diverse caratteristiche.

Flusso di acque dolce

L’analisi diretta della variazione dei flussi d’acqua dolce è possibile qualora siano attive (o previste) stazioni di monitoraggio degli apporti d’acqua derivanti dai corsi d’acqua o artificialmente da idrovore e altri scarichi (possibilmente integrati dagli altri elementi conoscitivi utili alla determinazione del bilancio idrologico del corpo idrico).

Ad integrazione delle analisi, le variazioni di flusso di acqua dolce possono essere indirettamente valutate tramite i dati di salinità derivanti dai campionamenti della matrice acqua previsti in corrispondenza delle stazioni di monitoraggio degli elementi di qualità biologica o integrati da dati derivanti da altre attività di monitoraggio.

Esposizione alle onde

Non si ritiene necessaria l’installazione obbligatoria nelle acque di transizione di ondametri per l’analisi del moto ondoso. L’impiego di tali strumenti può essere previsto nel caso in cui, dall’analisi delle condizioni morfologiche, siano evidenti fenomeni di erosione e instabilità del substrato dei bassofondali o delle zone interditali e si ritenga necessaria la quantificazione delle pressioni idrodinamiche.

A.4.5 Elementi chimici a sostegno (altri inquinanti specifici di cui all’allegato 8 e non appartenenti all’elenco di priorità)

Per la classificazione dello stato ecologico attraverso gli elementi chimici a sostegno si deve fare riferimento a quanto riportato nella tabella 4.5/a in merito alla definizione di stato elevato, buono sufficiente. Per la classificazione del triennio del monitoraggio operativo si utilizza il valore peggiore della media calcolata per ciascun anno. Nel caso del monitoraggio di sorveglianza si fa riferimento al valor medio di un singolo anno; qualora nell’arco dei sei anni le regioni programmino il monitoraggio di sorveglianza per più di un anno si deve considerare il valore medio annuale peggiore. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri chimici ai fini della classificazione del corpo idrico si considera lo stato peggiore tra quelli attribuiti alle singole stazioni.

Tab. 4.5/a – Definizioni dello stato Elevato, Buono e Sufficiente per gli elementi chimici a sostegno: omissis.

Per la selezione delle sostanze chimiche, rimangono ferme le disposizioni di cui alla lettera A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente allegato.

A.4.6 Identificazione dello stato delle acque superficiali e relativa presentazione

A.4.6.1 Stato ecologico

Lo stato ecologico del corpo idrico è classificato in base alla classe più bassa, risultante dai dati di monitoraggio, relativa agli:

– elementi biologici;

– elementi fisico-chimici a sostegno, ad eccezione di quelli indicati, nel presente allegato, come utili ai fini interpretativi;

– elementi chimici a sostegno (altre sostanze non appartenenti all’elenco di priorità).

Qualora lo stato complessivo risulti «elevato», è necessario provvedere ad una conferma mediante l’esame degli elementi idromorfologici. Se tale conferma risultasse negativa, il corpo idrico è declassato allo stato «buono».

Fanno eccezione le acque marino-costiere per le quali gli elementi idromorfologici non rientrano nella classificazione finale ma sono utilizzati per una migliore interpretazione dei dati acquisiti per gli altri elementi di qualità.

Si riportano di seguito gli schemi che chiariscono le 2 fasi necessarie per arrivare alla classificazione ecologica dei corpi idrici superficiali.

Fase I: Integrazione tra gli elementi biologici, fisico-chimici e idromorfologici (distinta per fiumi, laghi/invasi e acque marino costiere/acque di transizione)

A) FIUMI: omissis.

B) LAGHI E INVASI: omissis.

C) ACQUE MARINO COSTIERE E ACQUE DI TRANSIZIONE: omissis.

Fase II: Integrazione risultati della Fase I con gli elementi chimici (altri inquinanti specifici)

Secondo passaggio: Integrazione Primo passaggio / Elementi chimici a sostegno: omissis.

Presentazione dello stato ecologico

Per le varie categorie di acque superficiali, le Autorità competenti forniscono una mappa che riporta la classificazione dello stato ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella tabella 4.6.1/a di seguito riportata. Le Autorità competenti indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui lo stato ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici.

Tab. 4.6.1/a – Schema cromatico per la presentazione delle classi dello stato ecologico

Classe dello stato ecologico Colori associati
Elevato blu
Buono verde
Sufficiente giallo
Scarso arancione
Cattivo rosso

A.4.6.2 Potenziale ecologico

Per i corpi idrici fortemente modificati o artificiali, il potenziale ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico, fisico-chimico e chimico (inquinanti specifici) relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella 4.6.2/a di seguito riportata. Le Autorità competenti forniscono una mappa che riporta la classificazione del potenziale ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato, per i corpi idrici artificiali, nella seconda colonna della medesima tabella e, per quelli fortemente modificati, nella terza. Le Autorità competenti indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui il buon potenziale ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici.

Tab. 4.6.2/a – Schema cromatico per la presentazione delle classi del potenziale ecologico: omissis.

A.4.6.3 Stato chimico

In conformità a quanto riportato al punto A.2.6 e A.2.8 del presente allegato, il corpo idrico che soddisfa, per le sostanze dell’elenco di priorità, tutti gli standard di qualità ambientale fissati al punto 2, lettera A.2.6 tabella 1/A, o 2/A del presente allegato, è classificato in buono stato chimico.

In caso negativo, il corpo idrico è classificato come corpo idrico cui non è riconosciuto il buono stato chimico.

Per la selezione delle sostanze chimiche, rimangono ferme le disposizioni di cui alla lettera A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente allegato.

Le Autorità competenti forniscono una mappa che indica lo stato chimico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda colonna della tabella 4.6.3/a di seguito riportata per rispecchiare la classificazione dello stato chimico del corpo idrico.

Tab. 4.6.3/a – Schema cromatico per la rappresentazione delle classi dello stato chimico: omissis.

A.4.6.4 Trasmissione dati

I dati di cui ai punti A.4.6.1, A.4.6.2 e A.4.6.3 sono parte integrante delle informazioni fornite ai sensi del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 luglio 2009 recante: «Individuazione delle informazioni territoriali e modalità per la raccolta, lo scambio e l’utilizzazione dei dati necessari alla predisposizione dei rapporti conoscitivi sullo stato di attuazione degli obblighi comunitari e nazionali in materia di acque».

B. ACQUE SOTTERRANEE

Buono stato delle acque sotterranee

Parte A – Buono stato chimico

Nella Tabella 1 è riportata la definizione di buono stato chimico delle acque sotterranee.

Tabella 1- definizione del buono stato chimico: omissis.

A.1 – Standard di qualità

Nella Tabella 2 sono inclusi gli standard di qualità individuati a livello comunitario.

Tabella 2- Standard di qualità: omissis.

A.1 – Standard di qualità

Nella Tabella 2 sono inclusi gli standard di qualità individuati a livello comunitario.

Tabella 2- Standard di qualità: omissis.

– I risultati dell’applicazione degli standard di qualità per i pesticidi ai fini del presente decreto non pregiudicano i risultati delle procedure di valutazione di rischio prescritte dal decreto, n. 194 del 1995 dal decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, e dal decreto n. 174 del 2000.

– Quando per un determinato corpo idrico sotterraneo si considera che gli standard di qualità in materia possono impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali specificati agli articoli 76 e 77 del decreto n. 152 del 2006 per i corpi idrici superficiali connessi o provocare un deterioramento significativo della qualità ecologica o chimica di tali corpi o un danno significativo agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo sono stabiliti valori soglia più severi conformemente all’articolo 3 e all’Allegato 3. I programmi e le misure richiesti in relazione a tali valori soglia si applicano anche alle attività che rientrano nel campo di applicazione dell’ articolo 92 del decreto n. 152 del 2006.

A.2 – Valori soglia ai fini del buono stato chimico

Il superamento dei valori soglia di cui alla tabella 3, in qualsiasi punto di monitoraggio è indicativo del rischio che non siano soddisfatte una o più condizioni concernenti il buono stato chimico delle acque sotterranee di cui all’articolo 4, comma 2, lettera c, punti 1, 2 e 3.

I valori soglia di cui alla tabella 3 si basano sui seguenti elementi: l’entità delle interazioni tra acque sotterranee ed ecosistemi acquatici associati ed ecosistemi terrestri che dipendono da essi; l’interferenza con legittimi usi delle acque sotterranee, presenti o futuri; la tossicità umana, l’ecotossicità, la tendenza alla dispersione, la persistenza e il loro potenziale di bioaccumulo.

Tabella 3 – Valori soglia da considerare ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del presente decreto: omissis.

Nei corpi idrici sotterranei in cui è dimostrata scientificamente la presenza di metalli e altri parametri di origine naturale in concentrazioni di fondo naturale superiori ai limiti fissati in tabella, tali livelli di fondo costituiscono i valori soglia per la definizione del buono stato chimico.

– Per i pesticidi per cui sono stati definiti i valori soglia si applicano tali valori in sostituzione dello standard di qualità individuato alla tabella 2.

– Per i metalli il valore dello standard di qualità si riferisce alla concentrazione disciolta, cioè alla fase disciolta di un campione di acqua ottenuta per filtrazione con un filtro da 0,45  m.

– Per tutti gli altri parametri il valore si riferisce alla concentrazione totale nell’intero campione di acqua

A.2.1 Applicazione degli standard di qualità ambientale e dei valori soglia

1 La conformità del valore soglia e dello standard di qualità ambientale deve essere calcolata attraverso la media dei risultati del monitoraggio, riferita al ciclo specifico di monitoraggio, ottenuti in ciascun punto del corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei.

2 Il limite di rivelabilità è definito come la più bassa concentrazione di un analita nel campione di prova che può essere distinta in modo statisticamente significativo dallo zero o dal bianco. Il limite di rivelabilità è calcolato come la somma di 3 volte lo scarto tipo del segnale ottenuto dal bianco e della concentrazione media del bianco.

3 Il limite di quantificazione è definito come la più bassa concentrazione di un analita che può essere determinato in modo quantitativo con una determinata incertezza. Il limite di quantificazione è definito come 3 volte il limite di rivelabilità.

4 Incertezza di misura: è il parametro associato al risultato di una misura che caratterizza la dispersione dei valori che possono essere attribuiti al parametro.

5 Il risultato è sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard.

6 I criteri minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi applicati sono basati su un’incertezza di misura del 50% o inferiore (k=2) stimata ad un livello pari al valore degli standard di qualità ambientali e su di un limite di quantificazione uguale o inferiore al 30% dello standard di qualità ambientale.

7 Ai fini dell’elaborazione della media, nell’eventualità che un risultato analitico sia inferiore al limite di quantificazione della metodica analitica utilizzata viene utilizzato il 50% del valore del limite di quantificazione .

8 Il paragrafo 7 non si applica alle sommatorie di sostanze, inclusi i loro metaboliti e prodotti di reazione o degradazione. In questi casi i risultati inferiori al limite di quantificazione delle singole sostanze sono considerati zero.

9 Nel caso in cui il 90% dei risultati analitici siano sotto il limite di quantificazione non è effettuata la media dei valori; il risultato è riportato come «minore del limite di quantificazione».

10 I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle del presente Allegato fanno riferimento alle più avanzate tecniche di impiego generale. Tali metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e validati in accordo con la norma UNI/ ISO/ EN 17025.

11 Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate a livello nazionale e internazionale si applicano le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili riconosciute come appropriate dalla comunità analitica internazionale. I metodi utilizzati, basati su queste tecniche, presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel punto 6 e sono validati in accordo con la norma UNI/ ISO/EN 17025.

12 a) per le sostanze per cui non sono presenti metodi analitici normalizzati, in attesa che metodi analitici validati ai sensi della ISO 17025 siano resi disponibili da ISPRA, in collaborazione con IRSA-CNR ed ISS, il monitoraggio sarà effettuato utilizzando le migliori tecniche, sia da un punto di vista scientifico che economico, disponibili.

b) I risultati delle attività di monitoraggio pregresse, per le sostanze inquinanti di cui al punto 11, sono utilizzati a titolo conoscitivo.

Parte B – Stato quantitativo

Nella Tabella 4 è riportata la definizione di buono stato quantitativo delle acque sotterranee.

Tabella 4- Definizione di buono stato quantitativo: omissis.

La media annua dell’estrazione a lungo termine di acque sotterranee è da ritenersi tale da non esaurirne le risorse idriche qualora non si delineino diminuzioni significative, ovvero trend negativi significativi, delle medesime risorse.

Ai fini della valutazione della conformità a dette condizioni, è necessario, nell’ambito della revisione dei piani di gestione e dei piani di tutela da pubblicare nel 2015, acquisire le informazioni utili a valutare il bilancio idrico.

Monitoraggio dei corpi idrici sotterranei

Al fine di controllare lo stato quali-quantitativo di un corpo idrico, è necessario realizzare due specifiche reti di monitoraggio volte a rilevare:

a) per lo stato quantitativo, una stima affidabile dello stato di tutti i corpi idrici o gruppo di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili;

b) per lo stato chimico, una panoramica corretta e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee all’interno di ciascun bacino idrogeologico e tale da rilevare eventuali trend crescenti dell’inquinamento antropico sul lungo periodo.

I programmi di monitoraggio delle acque sotterranee ricadenti all’interno di ciascun bacino idrografico devono comprendere:

a) una rete per il monitoraggio quantitativo: al fine di integrare e validare la caratterizzazione e la definizione del rischio di non raggiungere l’obiettivo di buono stato quantitativo per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell’Allegato 1; il principale obiettivo è, quindi, quello di facilitare la valutazione dello stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei;

b) una rete per il monitoraggio chimico che si articola in:

1. una rete per il monitoraggio di sorveglianza: al fine di integrare e validare la caratterizzazione e la identificazione del rischio di non raggiungere l’obiettivo di buono stato chimico per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell’Allegato 1; fornire informazioni utili a valutare le tendenze a lungo termine delle condizioni naturali e delle concentrazioni di inquinanti derivanti dall’attività antropica; indirizzare, in concomitanza con l’analisi delle pressioni e degli impatti, il monitoraggio operativo;

2. una rete per il monitoraggio operativo: al fine di stabilire lo stato di qualità di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici definiti a rischio; stabilire la presenza di significative e durature tendenze ascendenti nella concentrazione di inquinanti.

Nei corpi idrici sotterranei destinati all’approvvigionamento idropotabile, in caso di particolari pressioni, sono considerati nel monitoraggio anche l’Escherichia Coli, come indicatore microbiologico, e le sostanza chimiche di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31«Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano».

Detti parametri sono monitorati almeno una volta prima ed una durante ciascun periodo di pianificazione della gestione del bacino idrografico. Con particolare riferimento all’Escherichia Coli, tale parametro non è utilizzato ai fini della classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici, ma come indicatore per l’individuazione delle misure da intraprendere. Inoltre, lo stesso parametro è monitorato solo in assenza di adeguati controlli.

I risultati dei programmi di monitoraggio devono essere utilizzati per:

a) stabilire lo stato chimico e quantitativo di tutti i corpi idrici sotterranei, inclusa una valutazione delle risorse idriche sotterranee disponibili;

b) supportare l’ulteriore caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei;

c) validare la valutazione del rischio;

d) stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee che oltrepassano la frontiera tra Stati Membri;

e) assistere la progettazione dei programmi di misure;

f) valutare l’efficacia dei programmi di misure;

g) dimostrare la conformità con gli obiettivi delle aree protette comprese le aree protette designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano;

h) definire la qualità naturale delle acque sotterranee, incluse le tendenze naturali;

i) identificare le tendenze nella concentrazione di inquinanti di origine antropica e la loro inversione.

Le Regioni assicurano che i programmi di monitoraggio dei corpi idrici sotterranei siano basati su:

a) l’identificazione dei corpi idrici di cui all’Allegato 1, Parte A;

b) i risultati della caratterizzazione, compresa la valutazione del rischio, di cui all’Allegato 1, Parte B;

c) il modello concettuale di cui all’Allegato 1, Parte C.

I monitoraggi, da effettuarsi con modalità e frequenze stabilite nel presente Allegato, hanno valenza sessennale, al fine di contribuire alla revisione dei piani di gestione del bacino idrografico, all’interno di ciascun distretto, e dei piani di tutela delle acque. Il primo periodo sessennale è 2010- 2015. Resta fermo che i risultati del monitoraggio effettuato nel periodo 2008, ai sensi del decreto n. 152 del 2006, sono utilizzati per la predisposizione del primo piano di gestione da pubblicare entro il 22 dicembre 2009.

Caratteristiche dei siti per il monitoraggio chimico e per il monitoraggio quantitativo

La selezione, l’ubicazione e l’appropriata densità di siti di monitoraggio devono essere basate sul modello concettuale (caratteristiche idrogeologiche e pressioni) e possono essere supportate dalle seguenti informazioni esistenti:

a) dati esistenti sulla qualità e/o quantità;

b) caratteristiche costruttive degli esistenti siti di monitoraggio e regime delle estrazioni;

c) distribuzione spaziale dei siti esistenti in rapporto alle dimensioni del corpo idrico sotterraneo;

d) considerazioni pratiche inerenti la facilità di accesso, l’accesso a lungo termine e la sicurezza.

La selezione di appropriati tipi di siti di monitoraggio all’interno di una rete a livello di corpi idrici sotterranei deve essere basata sulla conoscenza degli obiettivi del monitoraggio, del tempo di percorrenza e/o dell’età delle acque sotterranee che nel sito di monitoraggio vengono campionati.

Queste conoscenze possono essere migliorate con la datazione delle acque sotterranee, attraverso specifiche metodiche quali, ad esempio, Trizio e Carbonio-14. Le coppie isotopiche 18O/ 16O e 2 H/ 1H danno informazioni sul tasso di rinnovamento delle falde e permettono di distinguere gli acquiferi confinati da quelli liberi; inoltre, permettono di identificare le zone di ricarica in relazione ai dati isotopici dell’acqua piovana.

Le informazioni dettagliate sui siti devono essere disponibili e revisionate periodicamente. Dette informazioni, riportate a livello indicativo nella successiva tabella 1, devono essere usate per valutare l’adeguatezza del sito e costituiscono supporto per l’individuazione dei programmi di monitoraggio pertinenti.

Tabella 1- Informazioni utili per un sito di monitoraggio: omissis.

Per la selezione dei siti del monitoraggio quantitativo si riportano le seguenti indicazioni:

a) nei siti di monitoraggio non si devono svolgere attività di pompaggio o possono essere svolte solo per periodi brevi e in tempi ben definiti, e comunque interrotto per tempi significativi, in modo tale che le misurazioni del livello idrico riflettano le condizioni naturali;

b) l’ubicazione dei siti deve essere al di fuori del raggio di influenza idraulico della pressione (pompaggio) così che le variazioni quotidiane dovute al pompaggio non siano evidenziate nei dati di monitoraggio.

c) possono essere utilizzate sorgenti caratterizzate da una portata totale superiore a 1 litro/secondo.

Ove non vi siano alternative, i dati provenienti da siti che fungono da pozzi di estrazione continua possono essere ritenuti accettabili solo se vi siano opportune correlazioni tra il livello statico ed il livello dinamico.

Al fine di ottimizzare i monitoraggi previsti da specifiche disposizioni in relazione a differenti obiettivi, è raccomandato, ove possibile, procedere alla individuazione di siti comuni rappresentativi dei diversi obiettivi. Tale pratica costituisce il monitoraggio integrato che contribuisce significativamente ad un monitoraggio a basso rapporto costi/efficacia, combinando i requisiti del monitoraggio di cui all’ art. 92, comma 5, del decreto n. 152 del 2006, alle aree protette designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano, alla registrazione di prodotti per la protezione delle piante o biocidi, di cui al decreto n. 59 del 2005, e la conformità al presente decreto legislativo.

4.1 Raggruppamento dei corpi idrici

I corpi idrici sotterranei possono essere raggruppati ai fini del monitoraggio garantendo che le informazioni ottenute forniscano una valutazione affidabile dello stato di ciascun corpo idrico all’interno del gruppo e la conferma di ogni tendenza significativa ascendente della concentrazione di inquinanti.

Il raggruppamento non deve compromettere il raggiungimento degli obiettivi ambientali e di monitoraggio di ciascun corpo idrico componente il gruppo.

Il raggruppamento può avvenire purché i corpi idrici siano assimilabili in termini di:

a) caratteristiche dell’acquifero;

b) alterazione delle linee di flusso;

c) pressioni a cui il corpo idrico è sottoposto;

d) attendibilità della valutazione del rischio.

Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come «non a rischio», non è necessario che gli stessi siano adiacenti né prevedere siti di monitoraggio per ogni corpo idrico appartenente allo stesso raggruppamento. In quest’ultimo caso deve comunque essere garantito un monitoraggio complessivo sufficiente a rappresentarli.

Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come «a rischio», il raggruppamento è possibile solo quando gli stessi sono adiacenti, fatta eccezione per i piccoli corpi idrici sotterranei simili o per i corpi idrici sotterranei ricadenti nelle isole di medie o piccole dimensioni. Per ciascun corpo idrico è raccomandato almeno un sito di monitoraggio. Per determinare la relazione tra i corpi idrici, comunque, il numero di siti di monitoraggio dipenderà dalle caratteristiche dell’acquifero, direzione di deflusso idrico, pressioni a cui il corpo idrico è sottoposto e attendibilità della valutazione del rischio.

Il monitoraggio operativo può essere rivolto ad uno o più corpi idrici componenti il gruppo, selezionati sulla base del modello concettuale, di cui alla Parte C dell’Allegato 1, per esempio il corpo o i corpi idrici più sensibili. Quest’ultimo criterio è finalizzato all’ottimizzazione del monitoraggio ambientale in termini di rapporto costi/efficacia.

4.2 Monitoraggio dello stato chimico e valutazione delle tendenze

I programmi di monitoraggio delle acque sotterranee sono necessari per fornire un quadro conoscitivo completo e corretto dello stato delle acque all’interno di ciascun bacino idrografico, per rilevare la presenza di tendenze ascendenti all’aumento delle concentrazioni di inquinanti nel lungo termine causate dall’impatto di attività antropiche ed assicurare la conformità agli obiettivi delle aree protette.

In base alla caratterizzazione ed alla valutazione dell’impatto svolti conformemente all’Allegato 1, le Regioni definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione del bacino idrografico. I risultati del programma del monitoraggio di sorveglianza sono utilizzati per elaborare un programma di monitoraggio operativo da applicare per il restante periodo coperto dal piano.

Il piano riporta le stime sul livello di attendibilità e precisione dei risultati ottenuti con i programmi di monitoraggio.

4.2.1 Monitoraggio di sorveglianza

Il monitoraggio di sorveglianza, da condurre durante ciascun ciclo di gestione del bacino idrografico, va effettuato nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici sia a rischio sia non a rischio.

Il programma di monitoraggio di sorveglianza è inoltre utile per definire le concentrazioni di fondo naturale e le caratteristiche all’interno del corpo idrico.

Selezione dei parametri

Le Regioni devono obbligatoriamente monitorare i seguenti parametri di base:

– Tenore di ossigeno (OD), qualora ci sia un’interazione con le acque superficiali;

– pH;

– Conduttività elettrica (CE);

– Nitrati;

– Ione ammonio.

Qualora sia appropriato, tra i parametri da monitorare devono essere inclusi la temperatura ed un set di ioni diffusi ed in traccia ed indicatori selezionati.

L’elenco dei parametri di base deve anche includere ulteriori parametri inorganici specifici della struttura geologica locale per l’acquisizione di informazioni sullo stato qualitativo del fondo naturale, per poter verificare l’efficacia del modello concettuale, del piano di monitoraggio, del campionamento e dei risultati analitici.

In aggiunta ai parametri di base, le Regioni, sulla base di una dettagliata analisi delle pressioni, selezionano tra le sostanze riportate di seguito quelle potenzialmente immesse nel corpo idrico sotterraneo. In assenza di detta analisi tutte le sostanze di seguito riportate devono essere monitorate.

Inquinanti di origine naturale

– Arsenico

– Cadmio

– Piombo

– Mercurio

– Cloruri

– Solfati

Inquinanti di sintesi

– Tricloroetilene

– Tetracloroetilene

Inoltre è necessario monitorare obbligatoriamente quelle sostanze indicative di rischio e di impatto sulle acque sotterranee ascrivibili alle pressioni definite nella fase di caratterizzazione, tenendo in considerazione la lista dei contaminanti definita nelle tabelle 2 e 3, Parte A, dell’Allegato 3. In questa fase di selezione risulta fondamentale utilizzare il modello concettuale che consente, tra l’altro, di identificare qualunque pressione che vada ad influenzare ciascun sito di campionamento.

Per i corpi idrici che, in base alla caratterizzazione, si ritiene rischino di non raggiungere lo stato buono, il monitoraggio riguarda anche i parametri indicativi dell’impatto delle pressioni determinanti il rischio.

Sono monitorati, se necessario, anche parametri addizionali quali, ad esempio, la torbidità ed il potenziale redox (Eh).

In corrispondenza di tutti i siti è raccomandato il controllo del livello piezometrico o della portata al fine di descrivere «lo stato fisico del sito» come supporto per interpretare le variazioni (stagionali) o le tendenze nella composizione chimica delle acque sotterranee.

I corpi idrici transfrontalieri sono controllati rispetto ai parametri utili per tutelare tutti gli usi legittimi cui sono destinate le acque sotterranee.

Selezione dei siti

Il processo di selezione dei siti di monitoraggio è basato su tre fattori principali:

a) il modello concettuale (o i modelli concettuali), compresa la valutazione delle caratteristiche idrologiche, idrogeologiche e idrochimiche del corpo idrico sotterraneo, quali i tempi di percorrenza, la distribuzione dei diversi tipi di uso del suolo (esempi: insediamenti, industria, foresta, pascolo/agricoltura), alterazione delle linee di flusso, sensibilità del recettore e dati di qualità esistenti;

b) la valutazione del rischio e grado di confidenza nella valutazione, compresa la distribuzione delle pressioni principali;

c) considerazioni pratiche relative all’adeguatezza dei singoli siti di campionamento. I siti devono essere facilmente accessibili a breve e a lungo termine e sicuri.

Una rete efficace di monitoraggio deve essere in grado di monitorare impatti potenziali delle pressioni identificate e l’evoluzione della qualità delle acque sotterranee lungo le linee di flusso all’interno del corpo idrico.

Nel caso in cui i rischi riguardino alcuni recettori specifici come ad esempio alcuni ecosistemi particolari, devono essere previsti siti addizionali di campionamento nelle aree adiacenti a questi recettori specifici (ad esempio, corpi idrici superficiali ad elevata biodiversità).

I principi fondamentali da seguire ai fini dell’identificazione dei siti, che comunque non può prescindere da una analisi caso per caso, sono:

a) siti adatti: la selezione deve essere basata sul modello concettuale regionale dei corpi idrici (o dei gruppi di corpi idrici sotterranei) e su una revisione dei siti di monitoraggio esistenti e candidati sul modello concettuale locale. Estese aree di estrazione e sorgenti possono fornire adeguati siti di campionamento, poiché prelevano acqua da una grande area e volume dell’acquifero particolarmente in sistemi omogenei. Le sorgenti sono particolarmente raccomandate in acquiferi in cui predominano fratture carsiche o superficiali. Comunque, una rete rappresentativa di monitoraggio deve idealmente basarsi su un mix bilanciato di diversi tipi di siti di monitoraggio. In alcuni sistemi idrogeologici in cui l’acqua sotterranea contribuisce in maniera significativa al flusso di base di un corso d’acqua, il campionamento dell’acqua superficiale può fornire campioni rappresentativi dell’acqua sotterranea;

b) rappresentatività: nei sistemi acquiferi caratterizzati da fenomeni di stratificazione, la collocazione dei siti di monitoraggio deve ricadere su quelle parti del corpo idrico che sono più suscettibili all’inquinamento. In genere tali parti sono quelle superiori. Per avere una valutazione rappresentativa della distribuzione dei contaminanti in tutto il corpo idrico, può essere necessario prevedere ulteriori punti di monitoraggio;

c) corpi a rischio: i siti di monitoraggio di sorveglianza servono a fornire la base per il monitoraggio operativo, ossia, a partire dai risultati la rete può essere adattata di conseguenza. Per i programmi di sorveglianza ed operativo possono essere usati gli stessi siti;

d) corpi non a rischio dove la confidenza per la valutazione del rischio è bassa: il numero dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente a rappresentare il range delle pressioni e delle condizioni del percorso dell’inquinante nei corpi idrici sotterranei (o gruppi di corpi idrici sotterranei) con lo scopo di fornire dati sufficienti ad integrare la valutazione di rischio.

L’ubicazione dei siti di campionamento può dunque ricadere sulla aree più suscettibili del corpo idrico per ciascuna combinazione pressione/percorso. Si raccomanda un minimo di 3 punti di campionamento in un corpo idrico sotterraneo o gruppo di corpi idrici;

e) gruppi di corpi idrici sotterranei in cui le pressioni sono limitate (basse o assenti): nei gruppi di corpi idrici sotterranei definiti non a rischio e per i quali la confidenza nella valutazione del rischio è elevata, i siti di campionamento sono necessari in primo luogo per valutare le concentrazioni di fondo naturale e le tendenze naturali.

Frequenza di monitoraggio

Il monitoraggio di sorveglianza deve essere effettuato durante ogni periodo di pianificazione della gestione di un bacino idrografico e non può superare la periodicità dei 6 anni prevista per la revisione e l’aggiornamento dei Piani di gestione dei bacini idrografici; le Regioni ne possono aumentare la frequenza in relazione ad esigenze territoriali.

La scelta di un’appropriata frequenza di monitoraggio di sorveglianza è generalmente basata sul modello concettuale e sui dati di monitoraggio delle acque sotterranee esistenti.

Laddove vi sia una adeguata conoscenza del sistema delle acque sotterranee e sia già stato istituito un programma di monitoraggio a lungo termine, questo deve essere utilizzato per determinare un’appropriata frequenza del monitoraggio di sorveglianza.

Qualora le conoscenze siano inadeguate e i dati non disponibili, la tabella 2 indica le frequenze minime di monitoraggio di sorveglianza che possono essere adottate per differenti tipi di acquiferi.

Tabella 2 – frequenze minime del monitoraggio di sorveglianza: omissis.

Al fine di definire un programma corretto delle frequenze di monitoraggio è necessario considerare anche quanto di seguito riportato.

Di grande importanza sono i cambiamenti nell’andamento temporale della concentrazione degli inquinanti che influenza la frequenza di monitoraggio selezionata così come l’accresciuta conoscenza del modello concettuale.

In generale, i corpi sotterranei di prima falda sono piuttosto dinamici nelle variazioni qualitative e quantitative delle acque. Quando si verifica tale variabilità, la frequenza di monitoraggio deve essere selezionata in modo tale da caratterizzare in maniera adeguata la stessa variabilità.

Nei sistemi di corpi idrici sotterranei meno dinamici due campionamenti per anno possono, inizialmente, essere sufficienti per il monitoraggio di sorveglianza. Se questo monitoraggio non mostra significative variazioni in un ciclo di pianificazione di bacino idrografico (6 anni), può essere opportuna una successiva riduzione della frequenza di campionamento.

A causa dei probabili cambiamenti temporali nell’andamento della concentrazione di inquinanti, specialmente nei sistemi con flusso sotterraneo piuttosto dinamico, i campionamenti nei siti di monitoraggio devono essere eseguiti ad uguali intervalli temporali. Questo garantisce risultati di monitoraggio comparabili e un’appropriata valutazione delle tendenze.

Sulla base dei risultati del monitoraggio di sorveglianza acquisiti, le frequenze devono essere riviste regolarmente ed adeguate di conseguenza al fine di assicurare la qualità delle informazioni.

4.2.2 Monitoraggio operativo

Il monitoraggio operativo è richiesto solo per i corpi idrici a rischio di non raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale.

Deve essere effettuato tutti gli anni nei periodi intermedi tra due monitoraggi di sorveglianza a una frequenza sufficiente a rilevare gli impatti delle pressioni e, comunque, almeno una volta all’anno.

Deve essere finalizzato principalmente a valutare i rischi specifici che determinano il non raggiungimento degli obiettivi.

Nella progettazione di un programma di monitoraggio operativo, la confidenza richiesta nei risultati di monitoraggio deve essere definita. Tale confidenza nei monitoraggi operativi dipende dalla variabilità delle sorgenti di impatto, dalle caratteristiche dell’acquifero o delle acque sotterranee in questione, così come dai rischi in caso di errore. In teoria l’incertezza derivante dal processo di monitoraggio non deve aggiungersi significativamente all’incertezza nel controllo del rischio.

L’accettabilità di non individuare un nuovo rischio o di non controllarne uno conosciuto deve essere stabilita, usata per fissare gli obiettivi di variabilità delle proprietà in questione e usata per il controllo della qualità del monitoraggio rispetto alla variabilità dei dati.

Selezione dei parametri

Nella maggior parte dei casi sia i parametri di base, sia parametri selezionati sono richiesti in ogni stazione di monitoraggio.

Il processo di selezione di tali parametri è basato su:

a) caratterizzazione e modello/i concettuale/i inclusa una valutazione della suscettibilità del percorso delle acque sotterranee, sensibilità del recettore, il tempo necessario perché ciascun programma di misure sia efficace e la capacità di discernere tra gli effetti delle varie misure;

b) valutazione del rischio e livello di confidenza nella valutazione; inclusa la distribuzione delle pressioni principali identificate nel processo di caratterizzazione che possono determinare lo «stato scarso» del corpo idrico;

c) considerazioni pratiche relative alla idoneità dei singoli siti di monitoraggio.

Selezione dei siti

Nel selezionare i siti di monitoraggio operativo la priorità nella ubicazione degli stessi deve essere basata su:

a) disponibilità di siti idonei esistenti (ad esempio siti impiegati nei monitoraggi di sorveglianza) che forniscano campioni rappresentativi;

b) potenzialità nel supportare differenti programmi di monitoraggio (per es. determinate sorgenti possono fungere da siti di monitoraggio per la qualità e la quantità delle acque sotterranee e per le acque superficiali);

c) potenzialità per monitoraggi integrati-multiobiettivo ad esempio combinando i requisiti del monitoraggio di cui all’ articolo 92, comma 5, del decreto n. 152 del 2006, del monitoraggio di cui alle aree protette designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano, del monitoraggio connesso alla registrazione di prodotti per la protezione delle piante o biocidi, del monitoraggio ai sensi del decreto n. 59 del 2005, e la conformità al presente decreto;

d) potenziali collegamenti con siti di monitoraggio delle acque superficiali esistenti o pianificati.

Qualora il rischio coinvolga ecosistemi significativi di corpi idrici superficiali connessi alle acque sotterranee, la Regione può prevedere siti di campionamento addizionali da ubicare in aree prossime ai corpi idrici superficiali. Detto monitoraggio suppletivo può includere il controllo delle parti più superficiali dell’acquifero ed eventualmente delle acque che drenano dai suoli, per esempio tramite campionatori multilivello, lisimetri e prove di drenaggio in situ. I dati ottenuti, oltre che contribuire a valutare lo stato e le tendenze, possono anche aiutare a distinguere gli impatti dei differenti tipi di pressioni, valutare l’estensione spaziale degli impatti e determinare il destino dei contaminanti e il trasporto tra la sorgente e il recettore.

Nel caso in cui i rischi e le pressioni riguardino le stesse acque sotterranee, per esempio pressioni diffuse, i siti di campionamento devono essere maggiormente distribuiti lungo il corpo idrico, e devono essere rivolti alle differenti pressioni e alla loro distribuzione all’interno del corpo idrico sotterraneo. Nell’ambito di tale monitoraggio è importante tenere conto della combinazione tra le pressioni più rappresentative e la sensibilità delle acque sotterranee.

Frequenza di monitoraggio

La selezione della frequenza nell’ambito di ogni anno di monitoraggio è generalmente basata sul modello concettuale e, in particolare, sulle caratteristiche dell’acquifero e sulla sua suscettibilità alle pressioni inquinanti.

La tabella 3 individua frequenze minime di monitoraggio operativo per differenti tipologie di acquifero dove il modello concettuale è limitato e i dati esistenti non sono disponibili.

Se, invece, vi è una buona conoscenza della qualità delle acque sotterranee e del comportamento del sistema idrogeologico, possono essere adottate frequenze ridotte di monitoraggio, comunque non inferiori ad una volta l’anno.

La frequenza e la tempistica del campionamento in ogni sito di monitoraggio deve, inoltre, considerare i seguenti criteri:

a) i requisiti per la valutazione della tendenza;

b) l’ubicazione del sito di campionamento rispetto alla pressione (a monte, direttamente al disotto, o a valle). Infatti le ubicazioni direttamente al disotto di una pressione possono richiedere monitoraggi più frequenti;

c) il livello di confidenza nella valutazione del rischio e i cambiamenti della stessa valutazione nel tempo;

d) le fluttuazioni a breve termine nella concentrazione degli inquinanti, per esempio effetti stagionali. Laddove sia probabile riscontrare effetti stagionali e altri effetti a breve termine, è essenziale che le frequenze di campionamento e le tempistiche siano adattate (incrementate) di conseguenza e che il campionamento abbia luogo nello stesso momento ogni anno, o nelle stesse condizioni, per rendere comparabili i dati per la valutazione delle tendenze, per accurate caratterizzazioni e per la valutazione degli stati di qualità;

e) la tipologia di gestione dell’uso del suolo, per esempio periodo di applicazione di nitrati o pesticidi. Questo è importante specialmente per i sistemi a rapido scorrimento come gli acquiferi carsici e/o i corpi idrici sotterranei di prima falda.

Il campionamento per il monitoraggio operativo deve continuare finché il corpo idrico sotterraneo è considerato, con adeguata confidenza, non più nello stato scarso o a rischio di essere in uno stato scarso e ci sono adeguati dati che dimostrano un’inversione delle tendenze.

Tabella 3 – Frequenze minime del monitoraggio operativo nell’ambito di ciascun anno: omissis.

4.3 Monitoraggio dello stato quantitativo

La rete di monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee è progettata in modo da fornire una stima affidabile dello stato quantitativo di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili. Le Regioni inseriscono nei piani di tutela una o più mappe che riportano detta rete.

Il Monitoraggio dello stato quantitativo ha l’obiettivo di integrare e confermare la validità della caratterizzazione e della procedura di valutazione di rischio, determinare lo stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo, supportare la valutazione dello stato chimico, l’analisi delle tendenze e la progettazione e la valutazione dei programmi di misure.

Come per le altre reti di monitoraggio, la progettazione della rete per il monitoraggio quantitativo deve essere basata sul modello concettuale del sistema idrico sotterraneo e sulle pressioni.

Gli elementi chiave del modello concettuale quantitativo sono:

a) la valutazione della ricarica e del bilancio idrico predisposto secondo le linee guida di cui all’ Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268;

b) le valutazioni esistenti del livello dell’acqua sotterranea o della portata ed informazioni pertinenti sui rischi per le acque superficiali e gli ecosistemi terrestri che dipendono dalle acque sotterranee;

c) il grado di interazione tra acque sotterranee e relativi ecosistemi terrestri e superficiali dove questa interazione è importante e potrebbe potenzialmente determinare un’influenza negativa sullo stato di qualità del corpo idrico superficiale.

Lo sviluppo di una rete di monitoraggio quantitativo può essere iterativo; i dati raccolti dai nuovi siti di monitoraggio possono essere usati per migliorare e perfezionare il modello concettuale, usato per collocare ogni sito di monitoraggio, sull’intero corpo idrico sotterraneo, e la gestione del programma di monitoraggio quantitativo.

L’implementazione di un modello numerico delle acque sotterranee o di un modello idrologico che integri le acque superficiali e sotterranee sono utili strumenti per compilare ed interpretare i dati del monitoraggio quantitativo ed identificare le risorse e gli ecosistemi a rischio. Inoltre, le stime di incertezza che si possono ottenere con un modello numerico possono essere d’aiuto per identificare parti del corpo idrico sotterraneo che necessitano dell’integrazione di siti per meglio descrivere la quantità e la portata delle acque sotterranee.

Selezione dei parametri

Per la valutazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee sono raccomandati almeno i seguenti parametri:

a) livelli delle acque sotterranee nei pozzi o nei piezometri;

b) portata delle sorgenti;

c) caratteristiche del flusso e/o livelli idrici dei corsi d’acqua superficiali durante i periodi di siccità (ad es. quando il contributo delle piogge al flusso delle acque superficiali può essere trascurato e la portata del fiume è mantenuta sostanzialmente dall’acqua sotterranea);

d) livelli idrici delle zone umide e dei laghi che dipendono significativamente dalle acque sotterranee.

La selezione dei siti di monitoraggio e dei parametri deve essere basata su un solido modello concettuale del corpo idrico che deve essere monitorato.

Un monitoraggio addizionale per supportare la caratterizzazione e la classificazione delle acque sotterranee tiene conto almeno di:

a) parametri chimici e indicatori (per esempio temperatura, conduttività, etc.) per monitorare l’intrusione salina o di altra natura. Qualora venga utilizzato un unico sito di monitoraggio sia per la valutazione dello stato chimico sia per la valutazione dello stato quantitativo e i controlli avvengano contemporaneamente, i dati per il controllo dei parametri chimici addizionali sono utilizzati per le finalità sopra riportate. Per gli acquiferi delle isole può essere appropriato monitorare le zone di transizione tra acqua dolce ed acqua marina;

b) piovosità e altri componenti richiesti per calcolare l’evapotraspirazione (per il calcolo della ricarica delle acque sotterranee);

c) monitoraggio ecologico degli ecosistemi terrestri connessi alle acque sotterranee (inclusi gli indicatori ecologici);

d) estrazione di acque sotterranee.

I requisiti specifici per i dati di monitoraggio di supporto, che integrano le conoscenze ottenute dal monitoraggio del livello delle acque sotterranee, sono fortemente determinati dagli strumenti o dai metodi adoperati per supportare la valutazione del rischio o dello stato e della confidenza richiesta in queste valutazioni.

La chiave per la selezione dei parametri dipende da quanto quel parametro sia rappresentativo dello scenario idrogeologico monitorato e della sua importanza nel determinare il rischio o lo stato del corpo idrico.

In alcuni scenari idrogeologici particolarmente complessi, limitare il monitoraggio al solo livello delle acque sotterranee nei piezometri può essere inappropriato per le finalità del presente decreto e in alcuni casi altamente fuorviante. In queste circostanze le caratteristiche del flusso dei corsi d’acqua o delle sorgenti connesse può fornire dati migliori con i quali intraprendere una valutazione.

Ciò è maggiormente probabile nei casi di bassa permeabilità o di acquiferi fratturati. Ci sono casi in cui il livello dell’acqua rimane più o meno stabile, ma si verificano fenomeni di intrusione di acqua proveniente da altri acquiferi o da corpi idrici superficiali o dal mare. Specifiche condizioni devono essere considerate nel caso dei corpi idrici sotterranei delle isole. Se c’è il rischio di intrusione, allora specifici indicatori della qualità delle acque andranno monitorati (per esempio la conduttività elettrica e la temperatura dell’acqua).

Densità dei siti di monitoraggio

La rete per il monitoraggio quantitativo deve essere progettata prevedendo un numero di pozzi tale da consentire il controllo su eventuali variazioni dello stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo.

La rete si articola in sufficienti siti di monitoraggio rappresentativi per stimare il livello delle acque sotterranee di ciascun corpo idrico o gruppi di corpi idrici, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e a lungo termine ed in particolare:

a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, bisogna assicurare una densità dei punti di monitoraggio sufficiente a valutare l’impatto delle estrazioni e degli scarichi sulle variazioni dello stato quantitativo delle acque sotterranee ;

b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l’Italia ed altri Paesi, è necessario designare sufficienti punti di monitoraggio per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.

Il monitoraggio quantitativo può essere richiesto su due differenti piani.

In primo luogo, se possibile, bisogna valutare i livelli e i flussi delle acque lungo un corpo idrico sotterraneo. Questi possono essere correlati alla valutazione del bilancio idrico dell’intero corpo idrico sotterraneo predisposto secondo le linee guida di cui all’ Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268.

In secondo luogo, può essere necessario un monitoraggio «locale» più mirato sui flussi e sui livelli riferiti ai corpi recettori pertinenti che sono localmente alimentati dalle acque sotterranee, ad es.

corpi idrici superficiali (fiumi, laghi ed estuari) ed ecosistemi terrestri dipendenti dalle acque sotterranee. Quest’ultimo monitoraggio può includere informazioni integrative sulla salinità (con riferimento alle intrusioni saline) o informazioni integrative derivanti dal monitoraggio ecologico svolto ai sensi della normativa nazionale e comunitaria vigente (come prova dell’impatto sugli ecosistemi dovuti all’estrazione di acqua sotterranea).

Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati «non a rischio» il monitoraggio quantitativo può essere ridotto. Infatti, non è necessario svolgere il monitoraggio su ogni corpo idrico all’interno di un gruppo di corpi idrici, a patto che tutti i corpi idrici del gruppo siano comparabili dal punto di vista idrogeologico.

Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati «a rischio» la distribuzione dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente per capire le condizioni idrogeologiche relative ai recettori identificati come a rischio e alla loro importanza.

La densità del monitoraggio deve essere sufficiente per assicurare un’appropriata valutazione degli impatti sul livello delle acque sotterranee causati dalle estrazioni.

Per quei corpi idrici sotterranei che attraversano la frontiera tra l’Italia ed uno o più Stati Membri, il numero di siti di campionamento deve essere sufficiente per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso il confine.

Frequenza di monitoraggio

La frequenza dei rilevamenti deve essere sufficiente a permettere di stimare lo stato quantitativo di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine. In particolare:

a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a valutare l’impatto delle estrazioni sul livello delle acque sotterranee;

b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l’Italia ed altri Paesi, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.

La frequenza dei monitoraggi si stabilisce sulla base dei dati necessari per determinare rischio e stato dei corpi idrici e, laddove necessario, per supportare la progettazione e valutazione dei programmi di misure.

La frequenza di monitoraggio dipende principalmente dalle caratteristiche di un corpo idrico e dal sito di monitoraggio. I siti con una significativa variabilità annuale devono essere monitorati più frequentemente rispetto a siti con minore variabilità. In generale un monitoraggio trimestrale sarà sufficiente per il monitoraggio quantitativo dove la variabilità è bassa, ma un monitoraggio giornaliero è preferito, in particolare quando si misurano le portate. La frequenza deve essere rivista quando migliora la comprensione della risposta e del comportamento dell’acquifero e in relazione all’importanza di ciascun cambiamento delle pressioni sul corpo idrico sotterraneo. Questo assicura che sia mantenuto un programma caratterizzato da un basso rapporto costi/efficacia.

4.4 Controlli di qualità

Per il campionamento e l’analisi devono essere stabilite procedure appropriate per il controllo di qualità; tali misure sono necessarie per ridurre al minimo le incertezze.

Gli elementi minimi che devono essere presi in considerazione nei controlli di qualità sono:

a) identificazione e registrazione dei campioni;

b) metodi di campionamento, pianificazione del campionamento e report per esercizi di campo;

c) trasporto e magazzinaggio del campione;

d) validazione dei metodi analitici;

e) procedure per le misure analitiche;

f) controlli di qualità interni dei metodi;

g) partecipazione in schemi esterni per i controlli di qualità (intercalibrazione);

h) elaborazione dei risultati;

i) tracciabilità dei documenti e delle misure.

Per i laboratori di analisi l’accreditamento deve avvenire ai sensi della ISO 17025.

4.5 Protocollo per il campionamento-ISO raccomandate

Un appropriato piano di campionamento deve includere la selezione dei siti di campionamento, la frequenza e la durata del campionamento, le procedure di campionamento, il trattamento dei campioni e l’analisi dei campioni.

Le procedure di campionamento e di trattamento del campione dovranno riferirsi a linee guida e/o standard internazionali incluse parti rilevanti della norma ISO 5667 nello stato di ultima revisione.

Allo stato attuale le parti della norma ISO 5667 utili per il monitoraggio delle acque sotterranee sono le seguenti:

La norma ISO 5667-1: 2006 fornisce i principi per una corretta progettazione del campionamento negli ambienti acquatici.

La norma ISO 5667-3: 2003 fornisce indicazioni riguardo alla preparazione, stabilizzazione, trasporto e conservazione dei campioni di acqua.

La norma ISO 5667-11: 1993 fornisce i principi a) per la progettazione dei programmi di campionamento, b) le tecniche di campionamento, c) la manipolazione dei campioni e d) il sistema di identificazione del campione e le procedure di registrazione e tracciabilità delle acque sotterranee;

La norma ISO 5667-18: 2001 fornisce dei principi per i metodi di campionamento delle acque sotterranee nei siti contaminati.

La norma ISO 5667-14: 1993 fornisce linee guida per il controllo di qualità delle operazioni di campionamento e trattamento del campione.

APPENDICE

SEZIONE A

Tabella 1a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia settentrionale e inclusi nel sistema MacrOper

In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di invertebrati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati in Tabella 1b ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna (‘ord’) rappresenta l’elemento di unione tra le tre tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra le tre tabelle.

Tabella: omissis.

4.3 Monitoraggio dello stato quantitativo

La rete di monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee è progettata in modo da fornire una stima affidabile dello stato quantitativo di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili. Le Regioni inseriscono nei piani di tutela una o più mappe che riportano detta rete.

Il Monitoraggio dello stato quantitativo ha l’obiettivo di integrare e confermare la validità della caratterizzazione e della procedura di valutazione di rischio, determinare lo stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo, supportare la valutazione dello stato chimico, l’analisi delle tendenze e la progettazione e la valutazione dei programmi di misure.

Come per le altre reti di monitoraggio, la progettazione della rete per il monitoraggio quantitativo deve essere basata sul modello concettuale del sistema idrico sotterraneo e sulle pressioni.

Gli elementi chiave del modello concettuale quantitativo sono:

a) la valutazione della ricarica e del bilancio idrico predisposto secondo le linee guida di cui all’ Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268;

b) le valutazioni esistenti del livello dell’acqua sotterranea o della portata ed informazioni pertinenti sui rischi per le acque superficiali e gli ecosistemi terrestri che dipendono dalle acque sotterranee;

c) il grado di interazione tra acque sotterranee e relativi ecosistemi terrestri e superficiali dove questa interazione è importante e potrebbe potenzialmente determinare un’influenza negativa sullo stato di qualità del corpo idrico superficiale.

Lo sviluppo di una rete di monitoraggio quantitativo può essere iterativo; i dati raccolti dai nuovi siti di monitoraggio possono essere usati per migliorare e perfezionare il modello concettuale, usato per collocare ogni sito di monitoraggio, sull’intero corpo idrico sotterraneo, e la gestione del programma di monitoraggio quantitativo.

L’implementazione di un modello numerico delle acque sotterranee o di un modello idrologico che integri le acque superficiali e sotterranee sono utili strumenti per compilare ed interpretare i dati del monitoraggio quantitativo ed identificare le risorse e gli ecosistemi a rischio. Inoltre, le stime di incertezza che si possono ottenere con un modello numerico possono essere d’aiuto per identificare parti del corpo idrico sotterraneo che necessitano dell’integrazione di siti per meglio descrivere la quantità e la portata delle acque sotterranee.

Selezione dei parametri

Per la valutazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee sono raccomandati almeno i seguenti parametri:

a) livelli delle acque sotterranee nei pozzi o nei piezometri;

b) portata delle sorgenti;

c) caratteristiche del flusso e/o livelli idrici dei corsi d’acqua superficiali durante i periodi di siccità (ad es. quando il contributo delle piogge al flusso delle acque superficiali può essere trascurato e la portata del fiume è mantenuta sostanzialmente dall’acqua sotterranea);

d) livelli idrici delle zone umide e dei laghi che dipendono significativamente dalle acque sotterranee.

La selezione dei siti di monitoraggio e dei parametri deve essere basata su un solido modello concettuale del corpo idrico che deve essere monitorato.

Un monitoraggio addizionale per supportare la caratterizzazione e la classificazione delle acque sotterranee tiene conto almeno di:

a) parametri chimici e indicatori (per esempio temperatura, conduttività, etc.) per monitorare l’intrusione salina o di altra natura. Qualora venga utilizzato un unico sito di monitoraggio sia per la valutazione dello stato chimico sia per la valutazione dello stato quantitativo e i controlli avvengano contemporaneamente, i dati per il controllo dei parametri chimici addizionali sono utilizzati per le finalità sopra riportate. Per gli acquiferi delle isole può essere appropriato monitorare le zone di transizione tra acqua dolce ed acqua marina;

b) piovosità e altri componenti richiesti per calcolare l’evapotraspirazione (per il calcolo della ricarica delle acque sotterranee);

c) monitoraggio ecologico degli ecosistemi terrestri connessi alle acque sotterranee (inclusi gli indicatori ecologici);

d) estrazione di acque sotterranee.

I requisiti specifici per i dati di monitoraggio di supporto, che integrano le conoscenze ottenute dal monitoraggio del livello delle acque sotterranee, sono fortemente determinati dagli strumenti o dai metodi adoperati per supportare la valutazione del rischio o dello stato e della confidenza richiesta in queste valutazioni.

La chiave per la selezione dei parametri dipende da quanto quel parametro sia rappresentativo dello scenario idrogeologico monitorato e della sua importanza nel determinare il rischio o lo stato del corpo idrico.

In alcuni scenari idrogeologici particolarmente complessi, limitare il monitoraggio al solo livello delle acque sotterranee nei piezometri può essere inappropriato per le finalità del presente decreto e in alcuni casi altamente fuorviante. In queste circostanze le caratteristiche del flusso dei corsi d’acqua o delle sorgenti connesse può fornire dati migliori con i quali intraprendere una valutazione.

Ciò è maggiormente probabile nei casi di bassa permeabilità o di acquiferi fratturati. Ci sono casi in cui il livello dell’acqua rimane più o meno stabile, ma si verificano fenomeni di intrusione di acqua proveniente da altri acquiferi o da corpi idrici superficiali o dal mare. Specifiche condizioni devono essere considerate nel caso dei corpi idrici sotterranei delle isole. Se c’è il rischio di intrusione, allora specifici indicatori della qualità delle acque andranno monitorati (per esempio la conduttività elettrica e la temperatura dell’acqua).

Densità dei siti di monitoraggio

La rete per il monitoraggio quantitativo deve essere progettata prevedendo un numero di pozzi tale da consentire il controllo su eventuali variazioni dello stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo.

La rete si articola in sufficienti siti di monitoraggio rappresentativi per stimare il livello delle acque sotterranee di ciascun corpo idrico o gruppi di corpi idrici, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e a lungo termine ed in particolare:

a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, bisogna assicurare una densità dei punti di monitoraggio sufficiente a valutare l’impatto delle estrazioni e degli scarichi sulle variazioni dello stato quantitativo delle acque sotterranee (1);

b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l’Italia ed altri Paesi, è necessario designare sufficienti punti di monitoraggio per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.

Il monitoraggio quantitativo può essere richiesto su due differenti piani.

In primo luogo, se possibile, bisogna valutare i livelli e i flussi delle acque lungo un corpo idrico sotterraneo. Questi possono essere correlati alla valutazione del bilancio idrico dell’intero corpo idrico sotterraneo predisposto secondo le linee guida di cui all’ Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268.

In secondo luogo, può essere necessario un monitoraggio «locale» più mirato sui flussi e sui livelli riferiti ai corpi recettori pertinenti che sono localmente alimentati dalle acque sotterranee, ad es.

corpi idrici superficiali (fiumi, laghi ed estuari) ed ecosistemi terrestri dipendenti dalle acque sotterranee. Quest’ultimo monitoraggio può includere informazioni integrative sulla salinità (con riferimento alle intrusioni saline) o informazioni integrative derivanti dal monitoraggio ecologico svolto ai sensi della normativa nazionale e comunitaria vigente (come prova dell’impatto sugli ecosistemi dovuti all’estrazione di acqua sotterranea).

Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati «non a rischio» il monitoraggio quantitativo può essere ridotto. Infatti, non è necessario svolgere il monitoraggio su ogni corpo idrico all’interno di un gruppo di corpi idrici, a patto che tutti i corpi idrici del gruppo siano comparabili dal punto di vista idrogeologico.

Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati «a rischio» la distribuzione dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente per capire le condizioni idrogeologiche relative ai recettori identificati come a rischio e alla loro importanza.

La densità del monitoraggio deve essere sufficiente per assicurare un’appropriata valutazione degli impatti sul livello delle acque sotterranee causati dalle estrazioni.

Per quei corpi idrici sotterranei che attraversano la frontiera tra l’Italia ed uno o più Stati Membri, il numero di siti di campionamento deve essere sufficiente per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso il confine.

Frequenza di monitoraggio

La frequenza dei rilevamenti deve essere sufficiente a permettere di stimare lo stato quantitativo di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine. In particolare:

a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a valutare l’impatto delle estrazioni e degli scarichi sul livello delle acque sotterranee (1);

b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l’Italia ed altri Paesi, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.

La frequenza dei monitoraggi si stabilisce sulla base dei dati necessari per determinare rischio e stato dei corpi idrici e, laddove necessario, per supportare la progettazione e valutazione dei programmi di misure.

La frequenza di monitoraggio dipende principalmente dalle caratteristiche di un corpo idrico e dal sito di monitoraggio. I siti con una significativa variabilità annuale devono essere monitorati più frequentemente rispetto a siti con minore variabilità. In generale un monitoraggio trimestrale sarà sufficiente per il monitoraggio quantitativo dove la variabilità è bassa, ma un monitoraggio giornaliero è preferito, in particolare quando si misurano le portate. La frequenza deve essere rivista quando migliora la comprensione della risposta e del comportamento dell’acquifero e in relazione all’importanza di ciascun cambiamento delle pressioni sul corpo idrico sotterraneo. Questo assicura che sia mantenuto un programma caratterizzato da un basso rapporto costi/efficacia.

4.4 Controlli di qualità

Per il campionamento e l’analisi devono essere stabilite procedure appropriate per il controllo di qualità; tali misure sono necessarie per ridurre al minimo le incertezze.

Gli elementi minimi che devono essere presi in considerazione nei controlli di qualità sono:

a) identificazione e registrazione dei campioni;

b) metodi di campionamento, pianificazione del campionamento e report per esercizi di campo;

c) trasporto e magazzinaggio del campione;

d) validazione dei metodi analitici;

e) procedure per le misure analitiche;

f) controlli di qualità interni dei metodi;

g) partecipazione in schemi esterni per i controlli di qualità (intercalibrazione);

h) elaborazione dei risultati;

i) tracciabilità dei documenti e delle misure.

Per i laboratori di analisi l’accreditamento deve avvenire ai sensi della ISO 17025.

4.5 Protocollo per il campionamento-ISO raccomandate

Un appropriato piano di campionamento deve includere la selezione dei siti di campionamento, la frequenza e la durata del campionamento, le procedure di campionamento, il trattamento dei campioni e l’analisi dei campioni.

Le procedure di campionamento e di trattamento del campione dovranno riferirsi a linee guida e/o standard internazionali incluse parti rilevanti della norma ISO 5667 nello stato di ultima revisione.

Allo stato attuale le parti della norma ISO 5667 utili per il monitoraggio delle acque sotterranee sono le seguenti:

La norma ISO 5667-1: 2006 fornisce i principi per una corretta progettazione del campionamento negli ambienti acquatici.

La norma ISO 5667-3: 2003 fornisce indicazioni riguardo alla preparazione, stabilizzazione, trasporto e conservazione dei campioni di acqua.

La norma ISO 5667-11: 1993 fornisce i principi a) per la progettazione dei programmi di campionamento, b) le tecniche di campionamento, c) la manipolazione dei campioni e d) il sistema di identificazione del campione e le procedure di registrazione e tracciabilità delle acque sotterranee;

La norma ISO 5667-18: 2001 fornisce dei principi per i metodi di campionamento delle acque sotterranee nei siti contaminati.

La norma ISO 5667-14: 1993 fornisce linee guida per il controllo di qualità delle operazioni di campionamento e trattamento del campione.

APPENDICE

SEZIONE A

Tabella 1a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia settentrionale e inclusi nel sistema MacrOper

In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di invertebrati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati in Tabella 1b ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna (‘ord’) rappresenta l’elemento di unione tra le tre tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra le tre tabelle.

Tabella. omissis.

Tabella 2a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia centrale e inclusi nel sistema MacrOper

In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di invertebrati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati in Tabella 2b ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna (‘ord’) rappresenta l’elemento di unione tra le due tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra le due tabelle.

Tabella: omissis.

Tabella 2b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi nei tipi fluviali dell’Italia centrale inclusi nel sistema MacrOper

In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati: per aree di pool, riffle o campionamento generico.

Tabella: omissis.

Tabella 3a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia meridionale e inclusi nel sistema MacrOper

In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di invertebrati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati nella successiva tabella 3b ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna (‘ord’) rappresenta l’elemento di unione tra le due tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra le due tabelle.

Tabella: omissis.

Tabella 3a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia meridionale e inclusi nel sistema MacrOper

In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di invertebrati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati nella successiva tabella 3b ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna (‘ord’) rappresenta l’elemento di unione tra le due tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra le due tabelle.

Tabella: omissis.

Tabella 4. Valori di riferimento per le metriche componenti lo STAR_ICMi, per lo STAR_ICMi e per l’indice MTS nei fiumi molto grandi e/o non accessibili Tabella: omissis.

Tabella 5. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi

I valori sono organizzati per macrotipi fluviali, validi per i tipi fluviali non inclusi nelle tabelle di dettaglio relative a Italia settentrionale, centrale e meridionale. Tali valori sono validi per i 2 anni successivi all’emanazione del decreto classificazione, qualora nel frattempo non si rendessero disponibili dati di dettaglio per i singoli tipi fluviali. In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati: per aree di pool, riffle o campionamento generico.

Tabella: omissis.

SEZIONE B

Tabella 1. Comunità ittiche attese nelle 9 zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali.

Tabella: omissis.

SEZIONE C

Tabella 1. Valore di riferimento (mediana siti riferimento) per la componente relativa alla presenza di strutture artificiali nel tratto considerato (indice HMS) e per la componente relativa all’uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali (indice LUI).

Tabella: omissis.

Il valore utilizzato per convertire l’HMS in RQ è pari a 100. Il valore utilizzato per convertire il LUI in RQ è pari a 39,2.

Tabella 2. Valori di riferimento (mediana siti riferimento) per la componente relativa alla diversificazione e qualità degli habitat fluviali e ripari (indice HQA)

Tabella: omissis.

E’ opportuno far riferimento alla categoria «Tutti gli altri fiumi» qualora il tipo fluviale in esame, per la sua peculiarità, non risulti attribuibile con certezza ad una delle macrocategorie riportate in tabella. Per la conversione dell’HQA in RQ si è considerato come valore minimo 11 per tutte le categorie.

(1) Allegato modificato dall’articolo 1 del D.M. 16 giugno 2008, n. 131; dall’articolo 9, comma 1 del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30; successivamente, sostituito dall’articolo 1, comma 1, del D.M. 14 aprile 2009, n. 56; in seguito, modificato dall’articolo 1, comma 1, lettere e), f), g), h), i) e l) del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219, sostituito dall’articolo 1 del D.M. 8 novembre 2010, n. 260; dall’articolo 24, comma 1, lettere i), ed l), della Legge 6 agosto 2013, n. 97 e, da ultimo modificato dall’articolo 17, comma 3, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 7     

ALLEGATO 2 ALLA PARTE TERZA

CRITERI PER LA CLASSIFICAZIONE DEI CORPI IDRICI A DESTINAZIONE FUNZIONALE

SEZIONE A: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative e per la classificazione delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile dopo i trattamenti appropriati.

1) Calcolo della conformità e classificazione

Per la classificazione delle acque in una delle categorie A1, A2, A3, di cui alla tabella 1/A i valori specificati per ciascuna categoria devono essere conformi nel 95% dei campioni ai valori limite specificati nelle colonne I e nel 90% ai valori limite specificati nelle colonne G, quando non sia indicato il corrispondente valore nella colonna I. Per il rimanente 5% o il 10% dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono discostarsi in misura superiore al 50% dal valore dei parametri in questione, esclusi la temperatura, il pH, l’ossigeno disciolto ed i parametri microbiologici.

2) Campionamento

2.1) Ubicazione delle stazioni di prelievo

Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d’acqua naturali ed artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati per l’approvvigionamento idrico potabile – fermo restando quanto previsto nell’allegato 1 – le stazioni di prelievo dovranno essere ubicate in prossimità delle opere di presa esistenti o previste in modo che i campioni rilevati siano rappresentativi della qualità delle acque da utilizzare.

Ulteriori stazioni di prelievo dovranno essere individuate in punti significativi del corpo idrico quando ciò sia richiesto da particolari condizioni locali, tenuto soprattutto conto di possibili fattori di rischio d’inquinamento. I prelievi effettuati in tali stazioni avranno la sola finalità di approfondire la conoscenza della qualità del corpo idrico, per gli opportuni interventi.

2.2) Frequenza minima dei campionamenti e delle analisi di ogni parametro.

                                    --------------------------------------------
                                    |          GRUPPO DI PARAMETRI (°)         |
                                    |------------------------------------------|
Frequenza minima annua dei          |      I      |      II      |     III     |
campionamenti e delle analisi       |------------------------------------------|
per i corpi idrici da classificare  |      12     |      12      |      12     |
                                    --------------------------------------------
                                                                                
                                    --------------------------------------------
                                    |          GRUPPO DI PARAMETRI (°)         |
                                    |------------------------------------------|
Frequenza minima annua dei          |    I (*)    |      II      |   III (**)  |
campionamenti e delle analisi       |------------------------------------------|
per i corpi idrici già classificare |       8     |       8      |       8     |
                                    --------------------------------------------

(*) Per le acque della categoria A3 la frequenza annuale dei campionamenti dei parametri del gruppo I deve essere portata a 12.

(°) I parametri dei diversi gruppi comprendono:

--------------------------------------------------------------------------------
|                              PARAMETRI I GRUPPO                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| pH, colore, materiali totali in sospensione, temperatura, conduttività,      |
| odore, nitrati, cloruri, fosfati, COD, DO (ossigeno disciolto), BOD5,        |
| ammoniaca                                                                    |
--------------------------------------------------------------------------------
|                              PARAMETRI II GRUPPO                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| ferro disciolto, manganese, rame, zinco, solfati, tensioattivi, fenoli,      |
| azoto Kjeldhal, coliformi totali e coliformi fecali.                         |
--------------------------------------------------------------------------------
|                             PARAMETRI III GRUPPO                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| fluoruri, boro, arsenico, cadmio, cromo totale, piombo, selenio, mercurio,   |
| bario, cianuro, idrocarburi disciolti o emulsioni, idrocarburi policiclici   |
| aromatici, antiparassitari totali, sostanze estraibili con cloroformio,      |
| streptococchi fecali e salmonelle.                                           |
--------------------------------------------------------------------------------

(**) Per i parametri facenti parte del III gruppo, salvo che per quanto riguarda gli indicatori di inquinamento microbiologico, su indicazione dell’autorità competente al controllo ove sia dimostrato che non vi sono fonti antropiche, o naturali, che possano determinare la loro presenza nelle acque, la frequenza di campionamento può essere ridotta.

3) Modalità di prelievo, di conservazione e di trasporto dei campioni

I campioni dovranno essere prelevati, conservati e trasportati in modo da evitare alterazioni che possono influenzare significativamente i risultati delle analisi.

a) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 2/A, vale quanto prescritto, per i singoli parametri, alla colonna G.

b) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A, vale quanto segue:

i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili;

qualora si abbia motivo di ritenere che l’acqua in esame contenga cloro residuo, le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10% di sodio tiosolfato, nella quantità di mL 0,1 per ogni 100 mL di capacità della bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione;

le bottiglie di prelievo dovranno avere una capacità idonea a prelevare l’acqua necessaria all’esecuzione delle analisi microbiologiche;

i campioni prelevati, secondo le usuali cautele di asepsi, dovranno essere trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10 °C) al riparo della luce e dovranno, nel più breve tempo possibile, e comunque entro e non oltre le 24 ore dal prelievo, essere sottoposti ad esame.

Tabella 1/A: Caratteristiche di qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile

--------------------------------------------------------------------------------
| Num. |   Parametro  | Unità  |   A1  |   A1  |   A2  |   A2  |   A3  |   A3  |
|Param.|              |   di   |       |       |       |       |       |       |
|      |              | misura |   G   |   I   |   G   |   I   |   G   |   I   |
--------------------------------------------------------------------------------
|   1  | pH           | unità  |6,5-8,5|   -   | 5,5-9 |   -   | 5,5-9 |   -   |
|      |              | pH     |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|   2  | Colore (dopo | mg/L   |   10  | 20(o) |  50   | 100(o)|  50   | 200(o)|
|      | filtrazione  | scala  |       |       |       |       |       |       |
|      | semplice)    | pt     |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|   3  | Totale       | mg/L   |   25  |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |
|      | materie in   | MES    |       |       |       |       |       |       |
|      | sospensione  |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|   4  | Temperatura  | °C     |   22  | 25(o) |   22  | 25(o) |   22  | 25(o) |
--------------------------------------------------------------------------------
|   5  | Conduttività | mi     | 1000  |   -   | 1000  |   -   | 1000  |   -   |
|      |              | grecoS/|       |       |       |       |       |       |
|      |              | cm a   |       |       |       |       |       |       |
|      |              | 20°    |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|   6  | Odore        | Fattore|   3   |   -   |   10  |   -   |   20  |   -   |
|      |              | di     |       |       |       |       |       |       |
|      |              | dilui- |       |       |       |       |       |       |
|      |              | zione a|       |       |       |       |       |       |
|      |              | 25 °C  |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|   7* | Nitrati      | mg/L   |   25  | 50(o) |   -   | 50(o) |   -   | 50(o) |
|      |              | NO3    |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|   8  | Fluoruri [1] | mg/L F | 0,7/1 |  1,5  | 0,7/  |   -   |  0,7/ |   -   |
|      |              |        |       |       | 1,7   |       |  1,7  |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|   9  | Cloro        | mg/L C1|   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |
|      | organico     |        |       |       |       |       |       |       |
|      | totale       |        |       |       |       |       |       |       |
|      | estraibile   |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  10* | Ferro        | mg/L Fe|  0,1  |  0,3  |   1   |   2   |   1   |   -   |
|      | disciolto    |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  11* | Manganese    | mg/L Mn|  0,05 |   -   |  0,1  |   -   |   1   |   -   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  12  | Rame         | mg/L Cu|  0,02 |0,05(o)|  0,05 |   -   |   1   |   -   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  13  | Zinco        | mg/L Zn|  0,5  |   2   |   1   |   5   |   1   |   5   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  14  | Boro         | mg/L B |   1   |   -   |   1   |   -   |   1   |   -   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  15  | Berillio     | mg/L Be|   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  16  | Cobalto      | mg/L Co|   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  17  | Nichelio     | mg/L Ni|   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  18  | Vanadio      | mg/L V |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  19  | Arsenico     | mg/L As| 0,01  |  0,05 |   -   |  0,05 | 0,05  |  0,1  |
--------------------------------------------------------------------------------
|  20  | Cadmio       | mg/L Cd| 0,001 | 0,005 | 0,001 | 0,005 | 0,001 | 0,005 |
--------------------------------------------------------------------------------
|  21  | Cromo totale | mg/L Cr|   -   |  0,05 |   -   |  0,05 |   -   |  0,05 |
--------------------------------------------------------------------------------
|  22  | Piombo       | mg/L Pb|   -   |  0,05 |   -   |  0,05 |   -   |  0,05 |
--------------------------------------------------------------------------------
|  23  | Selenio      | mg/L Se|   -   |  0,01 |   -   |  0,01 |   -   |  0,01 |
--------------------------------------------------------------------------------
|  24  | Mercurio     | mg/L Hg| 0,0005| 0,001 | 0,0005| 0,001 | 0,0005| 0,001 |
--------------------------------------------------------------------------------
|  25  | Bario        | mg/L Ba|   -   |  0,1  |   -   |   1   |   -   |   1   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  26  | Cianuro      | mg/L CN|   -   |  0,05 |   -   |  0,05 |   -   |  0,05 |
--------------------------------------------------------------------------------
|  27  | Solfati      |mg/L SO4|  150  |  250  |  150  | 250(0)|  150  | 250(o)|
--------------------------------------------------------------------------------
|  28  | Cloruri      | mg/L C1|  200  |   -   |  200  |   -   |  200  |   -   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  29  | Tensioattivi | mg/L   |  0,2  |   -   |  0,2  |   -   |  0,5  |   -   |
|      | (che         |(solfato|       |       |       |       |       |       |
|      | reagiscono   | di     |       |       |       |       |       |       |
|      | al blu di    |laurile)|       |       |       |       |       |       |
|      | metilene)    |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  30* | Fosfati [2]  | mg/L   |  0,4  |   -   |  0,7  |   -   |  0,7  |   -   |
|      |              | P2O5   |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  31  | Fenoli       | mg/L   |   -   | 0,001 | 0,001 | 0,005 |  0,01 |  0,1  |
|      | (indice      | C6H5OH |       |       |       |       |       |       |
|      | fenoli)      |        |       |       |       |       |       |       |
|      | paranitroani-|        |       |       |       |       |       |       |
|      | lina, 4      |        |       |       |       |       |       |       |
|      | amminoantipi-|        |       |       |       |       |       |       |
|      | rina         |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  32  | Idrocarburi  | mg/L   |   -   |  0,05 |   -   |  0,2  |  0,5  |   1   |
|      | disciolti o  |        |       |       |       |       |       |       |
|      | emulsionati  |        |       |       |       |       |       |       |
|      | (dopo        |        |       |       |       |       |       |       |
|      | estrazione   |        |       |       |       |       |       |       |
|      | mediante     |        |       |       |       |       |       |       |
|      | etere di     |        |       |       |       |       |       |       |
|      | petrolio)    |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  33  | Idrocarburi  | mg/L   |   -   | 0,0002|   -   | 0,0002|   -   | 0,001 |
|      | policiclici  |        |       |       |       |       |       |       |
|      | aromatici    |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  34  | Antiparassi- | mg/L   |   -   | 0,001 |   -   | 0,0025|   -   | 0,005 |
|      | tari-totale  |        |       |       |       |       |       |       |
|      | (parathion   |        |       |       |       |       |       |       |
|      | HCH,         |        |       |       |       |       |       |       |
|      | dieldrine)   |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  35* | Domanda      | mg/L O2|   -   |   -   |   -   |   -   |  30   |   -   |
|      | chimica      |        |       |       |       |       |       |       |
|      | ossigeno     |        |       |       |       |       |       |       |
|      | (COD)        |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  36* | Tasso di     |  % 02  | > 70  |   -   | > 50  |   -   |  > 30 |   -   |
|      | saturazione  |        |       |       |       |       |       |       |
|      | dell'ossigeno|        |       |       |       |       |       |       |
|      | disciolto    |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  37* | A 20 °C      | mg/L 02|  < 3  |   -   |  < 5  |   -   |  < 7  |   -   |
|      | senza        |        |       |       |       |       |       |       |
|      | nitrifica-   |        |       |       |       |       |       |       |
|      | zione domanda|        |       |       |       |       |       |       |
|      | biochimica   |        |       |       |       |       |       |       |
|      | di ossigeno  |        |       |       |       |       |       |       |
|      | (BOD5)       |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  38  | Azoto        | mg/L N |   1   |   -   |   2   |   -   |   3   |   -   |
|      | Kjeldahl     |        |       |       |       |       |       |       |
|      | (tranne NO2  |        |       |       |       |       |       |       |
|      | ed NO3)      |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  39  | Ammoniaca    |mg/L NH4| 0,05  |   -   |   1   |  1,5  |   2   | 4(o)  |
--------------------------------------------------------------------------------
|  40  | Sostanze     |mg/L SEC|  0,1  |   -   |  0,2  |   -   |  0,5  |   -   |
|      | estraibili al|        |       |       |       |       |       |       |
|      | cloroformio  |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  41  | Carbonio     | mg/L C |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |
|      | organico     |        |       |       |       |       |       |       |
|      | totale       |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  42  | Carbonio     | mg/L C |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |   -   |
|      | organico     |        |       |       |       |       |       |       |
|      | residuo      |        |       |       |       |       |       |       |
|      | (dopo        |        |       |       |       |       |       |       |
|      | flocculazione|        |       |       |       |       |       |       |
|      | e filtrazione|        |       |       |       |       |       |       |
|      | su membrana  |        |       |       |       |       |       |       |
|      | da 5mi greco)|        |       |       |       |       |       |       |
|      | TOC          |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  43  | Coliformi    |/100 mL |   50  |   -   |  5000 |   -   | 50000 |   -   |
|      | totali       |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  44  | Coliformi    |/100 mL |   20  |   -   |  2000 |   -   | 20000 |   -   |
|      | fecali       |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  45  | Streptococchi|/100 mL |   20  |   -   |  1000 |   -   | 10000 |       |
|      | fecali       |        |       |       |       |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  46  | Salmonelle   |   -    |assenza|   -   |assenza|   -   |   -   |   -   |
|      |              |        |   in  |       |   in  |       |       |       |
|      |              |        |  5000 |       |  1000 |       |       |       |
|      |              |        |   mL  |       |   mL  |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
| Legenda:                                                                     |
| - Categoria A1 - Trattamento fisico semplice e disinfezione                  |
| - Categoria A2 - Trattamento fisico e chimico normale e disinfezione         |
| - Categoria A3 - Trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e          |
|   disinfezione                                                               |
| - I = Imperativo                                                             |
| - G = Guida                                                                  |
| - (o) = sono possibili deroghe in conformità al presente decreto             |
| * = sono possibili deroghe in conformità al presente decreto                 |
|                                                                              |
| Note:                                                                        |
| [1] I valori indicati costituiscono i limiti superiori determinati in base   |
|     alla temperatura media annua (alta e bassa temperatura)                  |
| [2] Tale parametro è inserito per soddisfare le esigenze ecologiche di       |
|     taluni ambienti.                                                         |
--------------------------------------------------------------------------------

Tab. 2/A: metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri chimici e chimico-fisici di cui alla tab. 1/A

--------------------------------------------------------------------------------
|    |   (A)   |  (B)  |  (C)  |  (D)   |  (E)   |     (F)    |       (G)      |
--------------------------------------------------------------------------------
|Num.|Parametro| Unità |Limite | Preci- | Accura-|  Metodi di  | a) Materiale  |
|Par.|         |   di  |  di   | sione  | tezza  |    misura   | del conteni-  |
|    |         | misura| rile- |   +-   |   +-   |    (*) 1    | tore del      |
|    |         |       |vamento|        |        |             | campione;     |
|    |         |       |       |        |        |             | b) metodo di  |
|    |         |       |       |        |        |             | conservazione;|
|    |         |       |       |        |        |             | c) tempo      |
|    |         |       |       |        |        |             | massimo tra il|
|    |         |       |       |        |        |             | campionamento |
|    |         |       |       |        |        |             | e l'analisi   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  1 | pH      | Unità |   -   |   0,1  |   0,2  | Elettrome-  | a) polietilene|
|    |         | pH    |       |        |        | tria. La    | o vetro;      |
|    |         |       |       |        |        | misura va   | b) refrigera- |
|    |         |       |       |        |        | eseguita    | zione a 4 °C; |
|    |         |       |       |        |        | preferibil- | c) 24 ore     |
|    |         |       |       |        |        | mente sul   |               |
|    |         |       |       |        |        | posto al    |               |
|    |         |       |       |        |        | momento del |               |
|    |         |       |       |        |        | campionamen-|               |
|    |         |       |       |        |        | to. Il      |               |
|    |         |       |       |        |        | valore va   |               |
|    |         |       |       |        |        | sempre      |               |
|    |         |       |       |        |        | riferito    |               |
|    |         |       |       |        |        | alla        |               |
|    |         |       |       |        |        | temperatura |               |
|    |         |       |       |        |        | dell'acqua  |               |
|    |         |       |       |        |        | al momento  |               |
|    |         |       |       |        |        | del         |               |
|    |         |       |       |        |        | prelievo.   |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  2 | Colore  | mg/L  |   5   |   10%  |   20%  | Colorime-   | a) polietilene|
|    | (dopo   | scala |       |        |        | tria. Metodo| o vetro;      |
|    | filtra- | pt    |       |        |        | fotometrico | b) refrigera- |
|    | zione   |       |       |        |        | secondo gli | zione a 4 °C; |
|    |semplice)|       |       |        |        | standard    | c) 24 ore     |
|    |         |       |       |        |        | della scala |               |
|    |         |       |       |        |        | platino     |               |
|    |         |       |       |        |        | cobalto     |               |
|    |         |       |       |        |        | (previa     |               |
|    |         |       |       |        |        | filtrazione |               |
|    |         |       |       |        |        | su membrana |               |
|    |         |       |       |        |        | di fibra di |               |
|    |         |       |       |        |        | vetro).     |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  3 | Materia-| mg/L  |   -   |   5%   |   10%  | Gravimetria.| a) polietilene|
|    | li in   |       |       |        |        | Filtrazione | o vetro;      |
|    | sospen- |       |       |        |        | su membrana | b) refrigera- |
|    | sione   |       |       |        |        | da 0,45     | zione a 4 °C; |
|    | totali  |       |       |        |        | mi greco m, | c) 24 ore     |
|    |         |       |       |        |        | essiccazione|               |
|    |         |       |       |        |        | a 105 °C a  |               |
|    |         |       |       |        |        | peso        |               |
|    |         |       |       |        |        | costante.   |               |
|    |         |       |       |        |        | Centrifuga- |               |
|    |         |       |       |        |        | zione (tempo|               |
|    |         |       |       |        |        | minimo 5    |               |
|    |         |       |       |        |        | min,        |               |
|    |         |       |       |        |        | velocità    |               |
|    |         |       |       |        |        | media 2800/ |               |
|    |         |       |       |        |        | 3000 giri-  |               |
|    |         |       |       |        |        | minuto).    |               |
|    |         |       |       |        |        | Filtrazione |               |
|    |         |       |       |        |        | ed          |               |
|    |         |       |       |        |        | essiccazione|               |
|    |         |       |       |        |        | a 105 °C a  |               |
|    |         |       |       |        |        | peso        |               |
|    |         |       |       |        |        | costante.   |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  4 | Tempera-| °C    |   -   |   0,5  |   1    | Termometria.|       -       |
|    | tura    |       |       |        |        | La misura   |               |
|    |         |       |       |        |        | deve essere |               |
|    |         |       |       |        |        | eseguita sul|               |
|    |         |       |       |        |        | posto, al   |               |
|    |         |       |       |        |        | momento del |               |
|    |         |       |       |        |        | campiona-   |               |
|    |         |       |       |        |        | mento.      |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  5 | Condut- | mi    |   -   |   5%   |   10%  | Elettrome-  | a) vetro o    |
|    | tività  | greco |       |        |        | tria.       | polietilene;  |
|    |         | S/cm a|       |        |        |             | c) 1-3 giorni |
|    |         | 20 °C |       |        |        |             | (**)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  6 | Odore   |Fattore|   -   |    -   |   -    | Tecnica     | a) vetro;     |
|    |         | di    |       |        |        | delle       | b) refrige-   |
|    |         | dilui-|       |        |        | diluizioni  | razione a 4°C;|
|    |         | zione |       |        |        | successive. | c) 6-24 ore   |
|    |         | a 25  |       |        |        |             | (**)          |
|    |         | °C    |       |        |        |             |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  7 | Nitrati | mg/L  |   2   |   10%  |   20%  | Spettrofoto-| a) vetro;     |
|    |         | NO3   |       |        |        | metria di   | b) refrige-   |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| razione a 4°C;|
|    |         |       |       |        |        | molecolare. | c) 1-3 ore    |
|    |         |       |       |        |        |             | (**)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  8 | Fluoruri| mg/L F|  0,05 |   10%  |   20%  | Spettrofoto-|a) polietilene;|
|    |         |       |       |        |        | metria di   |c) 7 giorni    |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | molecolare  |               |
|    |         |       |       |        |        | previa      |               |
|    |         |       |       |        |        | distilla-   |               |
|    |         |       |       |        |        | zione se    |               |
|    |         |       |       |        |        | necessaria. |               |
|    |         |       |       |        |        | Elettrome-  |               |
|    |         |       |       |        |        | tria.       |               |
|    |         |       |       |        |        | Elettrodi   |               |
|    |         |       |       |        |        | ionici      |               |
|    |         |       |       |        |        | specifici.  |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  9 | Cloro   | mg/L  |   pm  |   pm   |   pm   |     pm      |       pm      |
|    | organico| C1    | (***) |        |        |             |               |
|    | totale  |       |       |        |        |             |               |
|    |estrai-  |       |       |        |        |             |               |
|    | bile    |       |       |        |        |             |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 10 | Ferro   | mg/L  |  0,02 |   10%  |  20%   | Spettrome-  | a) polietilene|
|    |disciolto| Fe    |       |        |        | tria di     | o vetro;      |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| b) campione   |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    | ben chiuso e  |
|    |         |       |       |        |        | Previa      | refrigerazione|
|    |         |       |       |        |        | filtrazione | a 4 °C;       |
|    |         |       |       |        |        | su membrana | c) 24 ore     |
|    |         |       |       |        |        | da 0,45 mi  |               |
|    |         |       |       |        |        | greco m.    |               |
|    |         |       |       |        |        | Spettrofoto-|               |
|    |         |       |       |        |        | metria di   |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | molecolare, |               |
|    |         |       |       |        |        | previa      |               |
|    |         |       |       |        |        | filtrazione |               |
|    |         |       |       |        |        | su membrana |               |
|    |         |       |       |        |        | da 0,45 mi  |               |
|    |         |       |       |        |        | greco m.    |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 11 | Manga-  | mg/L  |  0,01 |   10%  |   20%  | Spettrome-  | a) polietilene|
|    | nese    | Mn    |  [2]  |        |        | tria di     | o vetro;      |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| b) acidificare|
|    |         |       |       |        |        |  atomico.   | a pH< 2       |
|    |         |       |       |        |        | Spettrome-  | (preferibil-  |
|    |         |       |       |        |        | tria di     | mente con HNO3|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| concentrato)  |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    |               |
|    |         |       |  0,02 |   10%  |   20%  | Spettrofoto-|               |
|    |         |       |  [3]  |        |        | metria di   |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12 | Rame [9]| mg/L  | 0,005 |   10%  |   20%  | Spettrome-  | Come          |
|    |         | Cu    |       |        |        | tria di     | specificato al|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    | 11            |
|    |         |       |       |        |        | Polarografia|               |
|    |         |       |       |        |        | Spettrome-  |               |
|    |         |       |       |        |        | tria di     |               |
|    |         |       |  0,02 |   10%  |   20%  | assorbimento|               |
|    |         |       |  [4]  |        |        | atomico.    |               |
|    |         |       |       |        |        | Spettrofoto-|               |
|    |         |       |       |        |        | metria di   |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. |               |
|    |         |       |       |        |        | Polarografia|               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 13 | Zinco   | mg/L  | 0,01  |   10%  |   20%  | Spettrome-  | Come          |
|    | [9]     | Zn    |  [2]  |        |        | tria di     | specificato al|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    | 11            |
|    |         |       |       |        |        | Spettrome-  |               |
|    |         |       |       |        |        | tria di     |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    |               |
|    |         |       | 0,02  |   10%  |   20%  | Spettrofoto-|               |
|    |         |       |  [3]  |        |        | metria di   |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 14 | Boro [9]| mg/L B|  0,1  |   10%  |   20%  | Spettrofoto-| a) polietilene|
|    |         |       |       |        |        | metria di   | b) acidificare|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| a pH< 2       |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. | (preferibil-  |
|    |         |       |       |        |        | Spettrome-  | mente con HNO3|
|    |         |       |       |        |        | tria di     | diluito 1:1)  |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 15 | Berillio| mg/L  |   pm  |   pm   |   pm   |     pm      | Come          |
|    |         | Be    |       |        |        |             | specificato al|
|    |         |       |       |        |        |             | parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        |             | 11            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 16 | Cobalto | mg/L  |   pm  |   pm   |   pm   |     pm      | Come          |
|    |         | Co    |       |        |        |             | specificato al|
|    |         |       |       |        |        |             | parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        |             | 11            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 17 | Nichelio| mg/L  |   pm  |   pm   |   pm   |     pm      | Come          |
|    |         | NI    |       |        |        |             | specificato al|
|    |         |       |       |        |        |             | parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        |             | 11            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 18 | Vanadio | mg/L  |   pm  |   pm   |   pm   |     pm      | Come          |
|    |         | V     |       |        |        |             | specificato al|
|    |         |       |       |        |        |             | parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        |             | 11            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 19 | Arsenico| mg/L  | 0,002 |   20%  |   20%  | Spettrofoto-| Come          |
|    | [9]     | As    |  [2]  |        |        | metria di   | specificato al|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    | 11            |
|    |         |       | 0,01  |        |        | Spettrofoto-|               |
|    |         |       |  [5]  |        |        | metria di   |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 20 | Cadmio  | mg/L  | 0,0002|   30%  |   30%  | Spettrofoto-| Come          |
|    | [9]     | Cd    |       |        |        | metria di   | specificato al|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    | 11            |
|    |         |       |       |        |        | Polarografia|               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 21 | Cromo   | mg/L  |  0,01 |   20%  |   30%  | Spettrofoto-| Come          |
|    | totale  | Cr    |       |        |        | metria di   | specificato al|
|    | [9]     |       |       |        |        | assorbimento| parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    | 11            |
|    |         |       |       |        |        | Spettrofoto-|               |
|    |         |       |       |        |        | metria di   |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 22 | Piombo  | mg/L  |  0,01 |   20%  |   30%  | Spettrofoto-| Come          |
|    | [9]     | Pb    |       |        |        | metria di   | specificato al|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    | 11            |
|    |         |       |       |        |        | Polarografia|               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 23 | Selenio | mg/L  | 0,005 |    -   |   -    | Spettrofoto-| Come          |
|    | [9]     | Se    |       |        |        | metria di   | specificato al|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| parametro n.  |

|    |         |       |       |        |        | atomico.    | 11            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 24 | Mercurio| mg/L  | 0,0001|   30%  |   30%  | Spettrofoto-| a) polietilene|
|    | [9]     |       |       |        |        | metria di   | o vetro;      |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| b) per ogni   |
|    |         |       |       |        |        | atomico     | litro di      |
|    |         | Hg    |       |        |        | senza fiamma| campione      |
|    |         |       |       |        |        | (su vapori  | addizionare 5 |
|    |         |       |       |        |        | freddi).    | mL di HNO3    |
|    |         |       |       |        |        |             | concentrato e |
|    |         |       |       |        |        |             | 10 mL di      |
|    |         |       |       |        |        |             | soluzione di  |
|    |         |       | 0,0002|        |        |             | KMnO4 al 5%;  |
|    |         |       |  [5]  |        |        |             | c) 7 giorni   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 25 | Bario   | mg/L  |  0,02 |   15%  |   30%  | Spettrofoto-| Come          |
|    | [9]     | Ba    |       |        |        | metria di   | specificato al|
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| parametro n.  |
|    |         |       |       |        |        | atomico.    | 11            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 26 | Cianuro | mg/L  |  0,01 |   20%  |   30%  | Spettrofoto-| a) polietilene|
|    |         | CN    |       |        |        | metria di   | o vetro;      |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| b) addizionare|
|    |         |       |       |        |        | molecolare. | NaOH in gocce |
|    |         |       |       |        |        |             | o in soluzione|
|    |         |       |       |        |        |             | concentrata   |
|    |         |       |       |        |        |             | (pH circa 12) |
|    |         |       |       |        |        |             | e raffreddare |
|    |         |       |       |        |        |             | a 4 °C;       |
|    |         |       |       |        |        |             | c) 24 ore     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 27 | Solfati | mg/L  |   10  |   10%  |   10%  | Gravimetria.| a) polietilene|
|    |         | SO4   |       |        |        | Complessome-| o vetro;      |
|    |         |       |       |        |        | tria con    | b) refrigera- |
|    |         |       |       |        |        | EDTA        | zione a 4 °C; |
|    |         |       |       |        |        | Spettrofoto-| c) 7 giorni   |
|    |         |       |       |        |        | metria di   |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 28 | Cloruri | mg/L  |   10  |   10%  |   10%  | Determina-  | a) polietilene|
|    |         | C1    |       |        |        | zione       | o vetro;      |
|    |         |       |       |        |        | volumetrica | b) refrigera- |
|    |         |       |       |        |        | (metodo di  | zione a 4 °C; |
|    |         |       |       |        |        | Mohr).      | c) 7 giorni   |
|    |         |       |       |        |        | Metodo      |               |
|    |         |       |       |        |        | mercurime-  |               |
|    |         |       |       |        |        | trico con   |               |
|    |         |       |       |        |        | indicatore. |               |
|    |         |       |       |        |        | Spettrofoto-|               |
|    |         |       |       |        |        | metria di   |               |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento|               |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 29 | Tensio- | mg/L  |  0,05 |   20%  |   -    | Spettrofoto-| a) polietilene|
|    | attivi  | MBAS  |       |        |        | metria di   | o vetro;      |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| b) refrigera- |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. | zione a 4 °C; |
|    |         |       |       |        |        |             | c) 24 ore     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 30 | Fosfati | mg/L  |  0,02 |   10%  |   20%  | Spettrofoto-| a) vetro;     |
|    |         | P2O5  |       |        |        | metria di   | b) acidifi-   |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| cazione con   |
|    |         |       |       |        |        | molecolare. | H2SO4 a pH< 2;|
|    |         |       |       |        |        |             | c) 24 ore     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 31 | Fenoli  | mg/L  | 0,0005| 0,0005 | 0,0005 | Spettrofoto-| a) vetro;     |
|    |         | C6H5OH|       |        |        | metria di   | b) acidifi-   |
|    |         |(indice|       |        |        | assorbimento| cazione con   |
|    |         |fenoli)|       |        |        | molecolare. | H3PO4 a pH< 4 |
|    |         |       |       |        |        | Metodo alla | ed aggiunta di|
|    |         |       |       |        |        | 4-ammino    | CuSO4 5 H2O   |
|    |         |       | 0,001 |   30%  |   50%  | antipirina  | (1 g/L);      |
|    |         |       |  [6]  |        |        |             | c) 24 ore     |
|    |         |       |       |        |        | Metodo alla |               |
|    |         |       |       |        |        | p-nitro     |               |
|    |         |       |       |        |        | anilina     |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 32 | Idrocar-| mg/L  | 0,01  |   20%  |   30%  | Spettrofoto-| a) vetro;     |
|    | buri    |       |       |        |        | metria      | b) acidificare|
|    | disciol-|       |       |        |        | all'infraros| a pH < 2      |
|    | ti o    |       |       |        |        | so previa   | (H2SO4 o HC1);|
|    | emulsio-|       |       |        |        | estrazione  | c) 24 ore     |
|    | nati    |       |       |        |        | con         |               |
|    |         |       |       |        |        | tetracloruro|               |
|    |         |       |       |        |        | di carbonio.|               |
|    |         |       |       |        |        | Gravimetria |               |
|    |         |       |       |        |        | previa      |               |
|    |         |       |       |        |        | estrazione  |               |
|    |         |       | 0,04  |        |        | mediante    |               |
|    |         |       | [3]   |        |        | etere di    |               |
|    |         |       |       |        |        | petrolio.   |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 33 | Idrocar-| mg/L  |0,00004|   50%  |   50%  | Misura della| a) vetro scuro|
|    | buri    |       |       |        |        | fluorescenza| od alluminio; |
|    | polici- |       |       |        |        | in UV previa| b) tenere al  |
|    | clici   |       |       |        |        |cromatografia| buio a 4 °C;  |
|    |         |       |       |        |        | su strato   |               |
|    |         |       |       |        |        | sottile.    |               |
|    |         |       |       |        |        | Misura      |               |
|    |         |       |       |        |        | comparativa |               |
|    |         |       |       |        |        | rispetto ad |               |
|    | aromati-|       |       |        |        | un miscuglio| c) 24 ore     |
|    | ci [9]  |       |       |        |        | di 6 sostan-|               |
|    |         |       |       |        |        | ze standard |               |
|    |         |       |       |        |        | aventi la   |               |
|    |         |       |       |        |        | stessa con- |               |
|    |         |       |       |        |        | centrazione |               |
|    |         |       |       |        |        | [7].        |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 34 |Antiparas| mh/L  |0,0001 |   50%  |   50%  | Cromatogra- | a) vetro;     |
|    | sitari- |       |       |        |        | fia in fase | b) per HCH e  |
|    | totale  |       |       |        |        | gassosa o   | dieldrin      |
|    | [para-  |       |       |        |        | liquida     | acidificare   |
|    | thion,  |       |       |        |        | previa      | con HC1       |
|    | esaclo- |       |       |        |        | estrazione  | concentrato   |
|    |rocicloe-|       |       |        |        | mediante    | (1 mL per     |
|    | sano    |       |       |        |        | solventi di | litro di      |
|    | (HCH)   |       |       |        |        | adeguati e  | campione) e   |
|    | dieldri-|       |       |        |        | purificazio-| refrigerare   |
|    | ne [9]  |       |       |        |        | ne. Identi- | a 4 °C; per   |
|    |         |       |       |        |        | ficazione   | parathion     |
|    |         |       |       |        |        | dei         | acidificare a |
|    |         |       |       |        |        | componenti  | pH 5 con H2SO4|
|    |         |       |       |        |        | del         | (1:1) e       |
|    |         |       |       |        |        | miscuglio e | refrigerare a |
|    |         |       |       |        |        | determinazio| 4 °C;         |
|    |         |       |       |        |        | ne quantita-|               |
|    |         |       |       |        |        | tiva [8].   | c) 7 giorni   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 35 | Domanda | mg/L  |   15  |   20%  |   20%  | Metodo al   | a) vetro;     |
|    | chimica | O2    |       |        |        | bicromato   | b) acidificare|
|    | ossigeno|       |       |        |        | di potassio | a pH< 2 con   |
|    | (COD)   |       |       |        |        | (ebollizione| H2SO4; 1-7    |
|    |         |       |       |        |        |  2 ore)     | giorni (**)   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 36 | Tasso   | % O2  |   5   |   10%  |   10%  | Metodo di   | a) vetro;     |
|    | di satu-|       |       |        |        | Winkler.    | b) fissare    |
|    | razione |       |       |        |        | Metodo di   | l'ossigeno    |
|    | dell'   |       |       |        |        | elettrochi- | sul posto con |
|    | ossigeno|       |       |        |        | mico (deter-| solfato       |
|    |disciolto|       |       |        |        | minazione   | manganoso e   |
|    |         |       |       |        |        | in situ)    | ioduro-sodio- |
|    |         |       |       |        |        |             | azide; 1-5    |
|    |         |       |       |        |        |             | giorni a 4 °C |
|    |         |       |       |        |        |             | (**)          |
--------------------------------------------------------------------------------
| 37 | Domanda | mg/L  |   2   |   1,5  |    2   | Determinazio| a) vetro;     |
|    | biochi- | O2    |       |        |        | ne dell'O2  | b) refrigera- |
|    | mica di |       |       |        |        | disciolto   | zione a 4 °C; |
|    | ossigeno|       |       |        |        | prima e dopo| c) 4-24 ore   |
|    | (BOD5)  |       |       |        |        | incubazione |               |
|    | a 20 °C |       |       |        |        | di 5 giorni |               |
|    | senza   |       |       |        |        | (20 +- 1 °C)|               |
|    | nitrifi-|       |       |        |        | al buio.    |               |
|    | cazione |       |       |        |        | Aggiunta di |               |
|    |         |       |       |        |        | un inibitore|               |
|    |         |       |       |        |        | di nitrifica|               |
|    |         |       |       |        |        | zione (Prefe|               |
|    |         |       |       |        |        | ribilmente  |               |
|    |         |       |       |        |        |alliltiourea)|               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 38 | Azoto   | mg/L N|  0,5  |   0,5  |   0,5  | Spettrofoto-| a) vetro;     |
|    | Kieldahl|       |       |        |        | metria di   | b) acidificare|
|    | (escluso|       |       |        |        | assorbimento| con H2SO4     |
|    | azoto   |       |       |        |        | molecolare  | fino a pH< 2; |
|    | di NO2  |       |       |        |        | e determina-| c) refrigerare|
|    | ed NO3) |       |       |        |        | zione       | a 4 °C        |
|    |         |       |       |        |        | volumetrica |               |
|    |         |       |       |        |        | previa mine-|               |
|    |         |       |       |        |        | ralizzazione|               |
|    |         |       |       |        |        | e distilla- |               |
|    |         |       |       |        |        | zione       |               |
|    |         |       |       |        |        | secondo il  |               |
|    |         |       |       |        |        | metodo      |               |
|    |         |       |       |        |        | Kieldahl.   |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 39 |Ammoniaca| mg/L  |  0,01 |  0,03  |  0,03  | Spettrofoto-| come          |
|    |         | NH4   |  [2]  |  [2]   |   [2]  | metria di   | specificato   |
|    |         |       |       |        |        | assorbimento| al parametro  |
|    |         |       |0,1 [3]| 10% [3]| 20% [3]| molecolare. | n. 38         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 40 | Sostanze| mg/L  |   -   |   -    |   -    | Gravimetria.| a) vetro;     |
|    | estrai- |       |       |        |        | Estrazione  | b) refrigera- |
|    | bili    |       |       |        |        | a pH neutro | zione a 4 °C; |
|    | con clo-|       |       |        |        | mediante    | c) 24 ore     |
|    | roformio|       |       |        |        | cloroformio |               |
|    |         |       |       |        |        | distillato  |               |
|    |         |       |       |        |        | di fresco,  |               |
|    |         |       |       |        |        | evaporazione|               |
|    |         |       |       |        |        | sotto vuoto |               |
|    |         |       |       |        |        | moderato a  |               |
|    |         |       |       |        |        | temperatura |               |
|    |         |       |       |        |        | ambiente e  |               |
|    |         |       |       |        |        | pesata del  |               |
|    |         |       |       |        |        | residuo.    |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 41 | Carbonio| mg/L C|  pm   |   pm   |   pm   |     pm      |       pm      |
|    | organico|       |       |        |        |             |               |
|    | totale  |       |       |        |        |             |               |
|    | (TOC)   |       |       |        |        |             |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 42 | Carbonio|       |  pm   |        |   pm   |     pm      |       pm      |
|    | organico|       |       |        |        |             |               |
|    | residuo |       |       |        |        |             |               |
|    | (dopo   |       |       |        |        |             |               |
|    | floccu- |       |       |        |        |             |               |
|    | lazione |       |       |        |        |             |               |
|    | e filtra|       |       |        |        |             |               |
|    | zione su|       |       |        |        |             |               |
|    | membrana|       |       |        |        |             |               |
|    | da 5 mi |       |       |        |        |             |               |
|    | greco m)|       |       |        |        |             |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) Possono adottarsi metodo di misura diversi, purché i limiti di           |
| rilevamento, la precisione e l'accuratezza siano compatibili con quelli      |
| indicati per i metodi riportati per ciascun parametro nel presente allegato. |
| In tal caso deve indicarsi il metodo adottato.                               |
| (**) Il tempo massimo dipende dal tipo di campione.                          |
| (***) Per memoria.                                                           |
| [1] I campioni di acqua superficiali prelevati nel luogo di estrazione       |
| vengono analizzati e misurati previa eliminazione, mediante filtrazione      |
| semplice (vaglio a rete), dei residui galleggianti come legno, plastica.     |
| [2] Per le acque della categoria A1 valore G.                                |
| [3] Per le acque delle categorie A2, A3.                                     |
| [4] Per le acque della categoria A3.                                         |
| [5] Per le acque delle categorie A1, A2, A3, valore I.                       |
| [6] Per le acque delle categorie A2, valore I ed A3.                         |
| [7] Miscuglio di sei sostanze standard aventi la stessa concentrazione da    |
| prendere in considerazione: fluorantrene, benzo-3, 4, fluorantrene, benzo    |
| 11, 12 fluorantrene, benzo 3, 4 pirene, benzo 1, 12 perilene, indeno (1, 2,  |
| 3-cd) pirene.                                                                |
| [8] Miscuglio di tre sostanze aventi la stessa concentrazione da prendere    |
| in considerazione: parathion, esaclorocicloesano, dieldrin.                  |
| [9] Se il tenore di materie in sospensione dei campioni è elevato al punto   |
| da rendere necessario un trattamento preliminare speciale di tali campioni,  |
| i valori dell'accuratezza riportati nella colonna E del presente allegato    |
| potranno eccezionalmente essere superati e costituiranno un obiettivo.       |
| Questi campioni dovranno essere trattati in maniera tale che l'analisi copra |
| la quantità maggiore delle sostanze da misurare.                             |
--------------------------------------------------------------------------------

Tab. 3/A: Metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri microbiologici di cui alla tab. 1/A

--------------------------------------------------------------------------------
|  Num. |    Parametro    |               Metodi di misura (*)                 |
| Param.|                 |                                                    |
--------------------------------------------------------------------------------
|   1   | Coliformi totali| (A) Metodo MPN                                     |
|       | 100 mL          | Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue   |
|       |                 | diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno tre     |
|       |                 | serie) di Brodo Lattosato. Incubare a 36 +- 1 °C   |
|       |                 | per 24 + 24 ore. I tubi positivi (presenza di gas) |
|       |                 | debbono essere sottoposti a conferma in Brodo      |
|       |                 | Lattosio Bile Verde Brillante a 36 +- 1 °C. Sulla  |
|       |                 | base della positività su tale terreno riportare il |
|       |                 | valore come MPN/100 mL di campione.                |
|       |                 | (B) Metodo MF                                      |
|       |                 | Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni     |
|       |                 | attraverso membrana filtrante. Incubate su m-Endo- |
|       |                 | Agar per 24 ore a 36 +- 1 °C. Contare le colonie   |
|       |                 | rosse. Riportare il valore a 100 mL di campione.   |
--------------------------------------------------------------------------------
|   2   | Coliformi fecali| (A) Metodo MPN                                     |
|       | 100 mL          | I tubi positivi in Brodo Lattosato di cui al numero|
|       |                 | 1 lettera (A) debbono essere sottoposti a conferma |
|       |                 | in tubi di EC-Broth per 24 ore a 44 +- 0,2 °C in   |
|       |                 | bagnomaria. Sulla base della positività dei tubi di|
|       |                 | EC-Broth riportate il valore come MPN/100 mL.      |
|       |                 | (B) Metodo MF                                      |
|       |                 | Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni     |
|       |                 | attraverso membrana filtrante come al numero 1     |
|       |                 | lettera (B). Incubare su m-FC-Agar a 44 +- 0,2 °C  |
|       |                 | per 24 ore in bagnomaria. Contare le colonie blu.  |
|       |                 | Riportare il valore a 100 mL di campione.          |
--------------------------------------------------------------------------------
|   3   | Streptococchi   | (A) Metodo MPN                                     |
|       | fecali          | Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue   |
|       |                 | diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno tre) di |
|       |                 | Azide Dextrose Broth. Incubare a 36 +- 1 °C per 24 |
|       |                 | + 24 ore. I tubi positivi (torbidi) debbono essere |
|       |                 | sottoposti a conferma in Ethyl Violet Azide Broth  |
|       |                 | per 48 ore a 36 +- 1 °C. Leggere i tubi positivi   |
|       |                 | (torbidi con fondo porpora). Riportare il valore   |
|       |                 | come MPN/100 mL di campione.                       |
|       |                 | (B) Metodo MF                                      |
|       |                 | Filtrare mL 100 di campione (e/o sue diluizioni)   |
|       |                 | attraverso membrana filtrante come al numero 1,    |
|       |                 | lettera (B). Incubare su KF-Agar a 36 +- 1 °C per  |
|       |                 | 48 ore. Leggere le colonie rosse. Riportare il     |
|       |                 | valore a 100 mL di campione.                       |
--------------------------------------------------------------------------------
|   4   | Salmonelle [1]  | Metodo MF                                          |
|       |                 | Filtrare 1000 e 5000 mL di campione attraverso     |
|       |                 | membrana filtrante. Se la torbidità non consente   |
|       |                 | di filtrare la quantità richiesta di campione,     |
|       |                 | utilizzare idoneo prefiltro. Incubare il filtro    |
|       |                 | (e l'eventuale prefiltro) in acqua peptonata e     |
|       |                 | temperatura ambiente per 6 ore.                    |
|       |                 | Passare nei seguenti terreni:                      |
|       |                 | a) Terreno di MULLER-KAUFFMAN (incubare a 42 °C    |
|       |                 | per 24-48 ore);                                    |
|       |                 | b) Terreno di Brodo Selenite (incubare a 36 °C     |
|       |                 | per 24-48 ore);                                    |
|       |                 | Dai predetti terreni ed alle scadenze temporali    |
|       |                 | indicate eseguire semine isolanti sui seguenti     |
|       |                 | terreni:                                           |
|       |                 | SS-Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).             |
|       |                 | Hektoen Enteric Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).|
|       |                 | d) Desossicolato Citrato Agar (incubare a 36 °C    |
|       |                 | per 24 ore).                                       |
|       |                 | Le colonie sospette devono essere sottoposte ad    |
|       |                 | identificazione.                                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) Per i parametri dal n. 1 al n. 3 è facoltativa la scelta tra i metodi di |
| analisi MPN ed MF specificando il metodo impiegato.                          |
| Assenza in 5000 mL (A1, G) e assenza in 1000 mL (A2, G).                     |
--------------------------------------------------------------------------------

Sezione B: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative, per la classificazione ed il calcolo della conformità delle acque dolci superficiali idonee alla vita dei pesci salmonicolie ciprinicoli.

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali designate quali richiedenti protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci.

1) Calcolo della conformità

Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci quando i relativi campioni prelevati con la frequenza minima riportata nella Tab. 1/B, nello stesso punto di prelevamento e per un periodo di dodici mesi, presentino valori dei parametri di qualità conformi ai limiti imperativi indicati e alle relative note esplicative della medesima Tabella, per quanto riguarda:

a) il valore del 95% dei campioni prelevati, per i parametri:

– pH

РBOD5 (5 ̬ deponente)

– ammoniaca indissociata

– ammoniaca totale

– nitriti

– cloro residuo totale

– zinco totale

– rame disciolto.

Quando la frequenza di campionamento è inferiore ad un prelievo al mese, i valori devono essere conformi ai limiti tabellari nel 100% dei campioni prelevati;

b) i valori indicati nella tabella 1/B per i parametri:

– temperatura

– ossigeno disciolto;

c) la concentrazione media fissata per il parametro:

– materie in sospensione.

Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle osservazioni riportate nella tabella 1/B non sono presi in considerazione se avvengono a causa di piene, alluvioni o altre calamità naturali.

2) Campionamento

Ai fini dell’accertamento della conformità di cui al punto 1:

a) la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/B può essere ridotta ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente migliore di quella riscontrabile, per i singoli parametri dall’applicazione delle percentuali di cui al punto 1;

b) possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistono cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

Il luogo esatto del prelevamento dei campioni, la sua distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati sono definiti dall’autorità competente in funzione, soprattutto, delle condizioni ambientali locali.

Tab. 1/B: Qualità delle acque idonee alla vita dei pesci salmonidi e ciprinidi

--------------------------------------------------------------------------------
|N. |  Parametro  | Unità |  Acque per  |  Acque per  |  Metodo di   |Frequenza|
|pr.|             |   di  |  salmonidi  |  ciprinidi  |  analisi e   | a minima|
|   |             | misura|-------------|-------------| rilevamento  |   di    |
|   |             |       |  G   |  I   |  G   |  I   |              | campio- |
|   |             |       |      |      |      |      |              | namento |
|   |             |       |      |      |      |      |              |   e di  |
|   |             |       |      |      |      |      |              | misura  |
--------------------------------------------------------------------------------
|  1|Temperatura  | delta |      | 1,5  |      |   3  |- Termometria | Mensile |
|   |(aumento)    |   °C  |      |      |      |      |              |         |
|   |Temperatura  |   °C  |      | 21,5 |      |  28  |              |         |
|   |(massima)    |       |      |  (o) |      |  (o) |              |         |
|   |Temperatura  |   °C  |      |  10  |      |      |              |         |
|   |(periodi di  |       |      |  (o) |      |      |              |         |
|   |riproduzione)|       |      |      |      |      |              |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [1]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  2| Ossigeno    |mg/L O2| >= 9 | >= 9 | >= 8 | >= 7 |- Volumetria  | Mensile |
|   |             |       |  (a) |  (a) |  (a) |  (a) | (metodo di   |         |
|   |             |       | (50%)| (50%)| (50%)| (50%)| Winkler)     |         |
|   |             |       | >= 7 |      | >= 5 |      |- Elettrome-  |         |
|   |             |       |  (a) |      |  (a) |      |  tria        |         |
|   |             |       |(100%)|      |(100%)|      | (elettrodi   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | specifici)   |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [2]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  3| Concentra-  |   pH  |  6-9 |      |  6-9 |      |- Potenziome- | Mensile |
|   | zione di    |       |  (o) |      |  (o) |      | tria         |         |
|   | ioni        |       |      |      |      |      |              |         |
|   | idrogeno    |       |      |      |      |      |              |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [3]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  4|Materiali in |  mg/L |  25  |  60  |  25  |  80  |- Gravimetria | Mensile |
|   |sospensione  |       |  (o) |  (o) |  (o) |  (o) |              |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [4]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  5| BOD5        |mg/L O2|   3  |   5  |   6  |   9  |- Volumetria  | Mensile |
|   |             |       |      |      |      |      | (metodo di   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | Winkler)     |         |
|   |             |       |      |      |      |      |- Elettrome-  |         |
|   |             |       |      |      |      |      |  tria        |         |
|   |             |       |      |      |      |      |- Respirome-  |         |
|   |             |       |      |      |      |      |  tria        |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [5]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  6| Fosforo     |mg/L P | 0,07 |      | 0,14 |      |- Spettrofoto-| Mensile |
|   | totale      |       |      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | molecolare   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | (Metodo      |         |
|   |             |       |      |      |      |      | all'acidofo- |         |
|   |             |       |      |      |      |      | sfomolibdico |         |
|   |             |       |      |      |      |      | in presenza  |         |
|   |             |       |      |      |      |      | di acido     |         |
|   |             |       |      |      |      |      | ascorbico,   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | previa       |         |
|   |             |       |      |      |      |      | mineralizza- |         |
|   |             |       |      |      |      |      | zione)       |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [6]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  7| Nitriti     | mg/L  | 0,01 | 0,88 | 0,03 | 1,77 |- Spettrofoto-| Mensile |
|   |             | NO2   |      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | molecolare   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | (Metodo alla |         |
|   |             |       |      |      |      |      | N-1-naftile- |         |
|   |             |       |      |      |      |      | tilen-diam-  |         |
|   |             |       |      |      |      |      | mina e sul   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | fanilammide) |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [7]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  8| Composti    |mg/L   | 0,01 |  **  | 0,01 |  **  |- Spettrofoto-| Mensile |
|   | fenolici    |C6H5OH |      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | molecolare   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | (Metodo alla |         |
|   |             |       |      |      |      |      | 4-aminoanti- |         |
|   |             |       |      |      |      |      | pirina o alla|         |
|   |             |       |      |      |      |      | p-nitroani-  |         |
|   |             |       |      |      |      |      | lina) - Esame|         |
|   |             |       |      |      |      |      | gustativo    |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [8]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  9| Idrocarburi | mg/L  |  0,2 |  *** |  0,2 | ***  |- Spettrofoto-| Mensile |
|   | di origine  |       |      |      |      |      | metria IR    |         |
|   | petrolifera |       |      |      |      |      | (previa      |         |
|   |             |       |      |      |      |      | estrazione   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | con CC14 o   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | solvente     |         |
|   |             |       |      |      |      |      | equivalente) |         |
|   |             |       |      |      |      |      |- Esame visivo|         |
|   |             |       |      |      |      |      |- Esame       |         |
|   |             |       |      |      |      |      | gustativo    |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [9]                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
| 10|Ammoniaca non| mg/L  |0,005 | 0,025| 0,005| 0,025|- Spettrofoto-| Mensile |
|   |ionizzata    | NH3   |      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | molecolare   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | (Metodo al   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | blu di       |         |
|   |             |       |      |      |      |      | indofenolo   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | - oppure -   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | Metodo di    |         |
|   |             |       |      |      |      |      | Nessler)     |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [10]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 11| Ammoniaca   | mg/L  | 0,04 |  1   |  0,2 |  1   |- Spettrofoto-| Mensile |
|   | totale      | NH4   |      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | molecolare   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | (Metodo al   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | blu di       |         |
|   |             |       |      |      |      |      | indofenolo   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | - oppure -   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | Metodo di    |         |
|   |             |       |      |      |      |      | Nessler)     |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [11]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12|Cloro residuo| mg/L  |      | 0,004|      | 0,004|- Spettrofoto-| Mensile |
|   |totale       | come  |      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             | HOC1  |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | molecolare o |         |
|   |             |       |      |      |      |      | volumetria   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | (Metodo DPD: |         |
|   |             |       |      |      |      |      | N,N-dietil-p-|         |
|   |             |       |      |      |      |      | fenilendiam- |         |
|   |             |       |      |      |      |      | mina)        |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [12]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 13|Zinco totale |   mi  |      |  300 |      |  400 |- Spettrofoto-| Mensile |
|   | *           |greco g|      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             | /L Zn |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | atomico      |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [14]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 14|Rame         |   mi  |      |   40 |      |   40 |- Spettrofoto-| Mensile |
|   |             |greco g|      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             | /L Cu |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | atomico      |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [14]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 15| Tensioattivi| mg/L  | 0,2  |      | 0,2  |      |- Spettrofoto-| Mensile |
|   |(anionici)   | come  |      |      |      |      | metria di    |         |
|   |             | MBAS  |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | molecolare   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | (Metodo al   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | blu di       |         |
|   |             |       |      |      |      |      | metilene)    |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [13]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 16| Arsenico    |   mi  |      |   50 |      |   50 | -            | Mensile |
|   |             |greco g|      |      |      |      | Spettrometria|         |
|   |             | /L As |      |      |      |      | di           |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | atomico      |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [14]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 17| Cadmio      |   mi  |  0,2 |  2,5 |  0,2 |  2,5 | -            | Mensile |
|   | totale *    |greco g|      |      |      |      | Spettrometria|         |
|   |             | /L Cd |      |      |      |      | di           |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | atomico      |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [14]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 18| Cromo       |   mi  |      |   20 |      |  100 | -            | Mensile |
|   |             |greco g|      |      |      |      | Spettrometria|         |
|   |             | /L Cr |      |      |      |      | di           |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | atomico      |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [14]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 19| Mercurio    |   mi  | 0,05 |  0,5 | 0,05 |  0,5 | -            | Mensile |
|   | totale *    |greco g|      |      |      |      | Spettrometria|         |
|   |             | /L Hg |      |      |      |      | di           |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | atomico      |         |
|   |             |       |      |      |      |      | (su vapori   |         |
|   |             |       |      |      |      |      | freddi)      |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [14]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 20| Nichel      |   mi  |      |   75 |      |   75 | -            | Mensile |
|   |             |greco g|      |      |      |      | Spettrometria|         |
|   |             | /L Ni |      |      |      |      | di           |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | atomico      |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [14]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 21| Piombo      |   mi  |      |   10 |      |   50 | -            | Mensile |
|   |             |greco g|      |      |      |      | Spettrometria|         |
|   |             | /L Pb |      |      |      |      | di           |         |
|   |             |       |      |      |      |      | assorbimento |         |
|   |             |       |      |      |      |      | atomico      |         |
|   |             |       |      |      |      |      |              |         |
| Riferimento in note esplicative [14]                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| (a) >= maggiore o uguale                                                     |
| ABBREVIAZIONI: G = guida o indicativo; I = imperativo od obbligatorio.       |
| Note: (o): Conformemente al presente decreto sono possibili deroghe;         |
| * Totale = Disciolto più particolato;                                        |
| ** I composti fenolici non devono essere presenti in concentrazioni tali da  |
| alterare il sapore dei pesci                                                 |
| *** I prodotti di origine petrolifera non devono essere presenti in quantità |
| tali da:                                                                     |
| - produrre alla superficie dell'acqua una pellicola visibile o da            |
| depositarsi in strati sul letto dei corsi d'acqua o sul fondo dei laghi      |
| - dare ai pesci un sapore percettibile di idrocarburi                        |
| - provocare effetti nocivi sui pesci.                                        |
--------------------------------------------------------------------------------

Osservazioni di carattere generale:

Occorre rilevare che nel fissare i valori dei parametri si è partiti dal presupposto che gli altri parametri, considerati ovvero non considerati nella presente sezione, sono favorevoli. Ciò significa in particolare che le concentrazioni di sostanze nocive diverse da quelle enumerate sono molto deboli. Qualora due o più sostanze nocive siano presenti sotto forma di miscuglio, è possibile che si manifestino, in maniera rilevante, effetti additivi, sinergici o antagonistici.

Metodiche analitiche e di campionamento:

Le metodiche analitiche e di campionamento da impiegarsi nella determinazione dei parametri sono quelle descritte nei volumi “Metodi analitici per le acque” pubblicati dall’Istituto di Ricerca sulle Acque del C.N.R. (Roma), e successivi aggiornamenti.

NOTE ESPLICATIVE AI PARAMETRI DELLA TAB. 1/B

(Integrano le prescrizioni figuranti nel prospetto di detta Tabella)

[1] Per la verifica del delta T la temperatura deve essere misurata a valle di un punto di scarico termico al limite della zona di mescolamento; il valore riportato in tabella si riferisce alla differenza tra la temperatura misurata e la temperatura naturale.

Con riferimento alla temperatura di riproduzione, non è stato espresso alcun valore limite in considerazione della variabilità di temperatura ideale di riproduzione dei pesci appartenenti ai Ciprinidi nelle acque italiane.

[2] a) Valore limite “I” – acque per Salmonidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 6 mg/L, le Autorità competenti devono intervenire ai sensi della parte terza del presente decreto;

b) Valore limite “I” – acque per Ciprinidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 4 mg/L, le Autorità competenti applicano le disposizioni della parte terza del presente decreto;

– quando si verificano le condizioni previste in (a) e (b) le Autorità competenti devono provare che dette situazioni non avranno conseguenze dannose allo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche;

– tra parentesi viene indicata la percentuale delle misure in cui debbono essere superati o eguagliati i valori tabellari (e.g. > uguale 9 (50%) significa che almeno nel 50% delle misure di controllo la concentrazione di 9 mg/L deve essere superata);

– campionamento: almeno un campione deve essere rappresentativo delle condizioni di minima ossigenazione nel corso dell’anno. Tuttavia se si sospettano variazioni giornaliere sensibili dovranno essere prelevati almeno 2 campioni rappresentativi delle differenti situazioni nel giorno del prelievo.

[3] Le variazioni artificiali del pH, rispetto ai valori naturali medi del corpo idrico considerato, possono superare di +- 0,5 unità-pH i valori estremi figuranti nel prospetto della tabella 1/B (sia per le acque per Salmonidi che per le acque per Ciprinidi) a condizione che tali variazioni non determinano un aumento della nocività di altre sostanze presenti nell’acqua.

[4] Si può derogare dai suddetti limiti nei corpi idrici, in particolari condizioni idrologiche, in cui si verifichino arricchimenti naturali senza intervento antropico;

– i valori limite (G e I per le due sottoclassi) sono concentrazioni medie e non si applicano alle materie in sospensione aventi proprietà chimiche nocive. In quest’ultimo caso le Autorità competenti prenderanno provvedimenti per ridurre detto materiale, se individuata l’origine antropica;

– nell’analisi gravimetrica il residuo, ottenuto dopo filtrazione su membrana di porosità 0,45 mi greco m o dopo centrifugazione (tempo 5 min. ed accelerazione media di 2.800 3.200 g), dovrà essere essiccato a 105 °C fino a peso costante.

[5] La determinazione dell’ossigeno va eseguita prima e dopo incubazione di cinque giorni, al buio completo, a 20 °C (+- 1 °C) e senza impedire la nitrificazione.

[6] I valori limite “G” riportati possono essere considerati come indicativi per ridurre l’eutrofizzazione;

– per i laghi aventi profondità media compresa tra 18 e 300 metri, per il calcolo del carico di fosforo totale accettabile, al fine di controllare l’eutrofizzazione, può essere utilizzata la seguente formula:

        Z         ---  
L = A ------ (1 + vTw) 
        Tw             

dove:

L = carico annuale espresso in mg di P per metro quadrato di superficie del lago considerato;

Z = profondità media del lago in metri (generalmente si calcola dividendo il volume per la superficie);

Tw = tempo teorico di ricambio delle acque del lago, in anni (si calcola dividendo il volume per la portata annua totale dell’emissario);

A = valore soglia per il contenimento dei fenomeni eutrofici – Per la maggior parte dei laghi italiani “A” può essere considerato pari a 20.

Tuttavia per ogni singolo ambiente è possibile calcolare uno specifico valore soglia (A) mediante l’applicazione di una delle seguenti equazioni. (Il valore ottenuto va aumentato del 50% per i laghi a vocazione salmonicola e del 100% per i laghi a vocazione ciprinicola).

Log [P] = 1,48 + 0,33 (+- 0,09) Log MEI* alcal.

Log [P] = 0,75 + 0,27 (+- 0,11) Log MEI* cond.

dove:

P = A = Concentrazione di fosforo totale di mi greco g/L;

MEI alcal. = Rapporto tra alcalinità (meq/L) e profondità media (m);

MEI cond. = Rapporto tra conducibilità (mi greco S/cm) e profondità media (m);

(*) MEI = Indice morfoedafico.

[7] Nei riguardi dei pesci i nitriti risultano manifestamente più tossici in acque a scarso tenore di cloruri. I valori “I” indicati nella tabella 1/B corrispondono ad un criterio di qualità per acque con una concentrazione di cloruri di 10 mg/L.

Per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L i valori limite “I” corrispondenti sono riportati nella seguente tabella 2/B.

Tab. 2/B – Valori limite “Imperativi” per il parametro nitriti per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L

--------------------------------------------------------------------------------
|      Cloruri     |     Acque per salmonidi     |     Acque per ciprinidi     |
|      (mg/L)      |          (mg/L NO2)         |          (mg/L NO2)         |
--------------------------------------------------------------------------------
|        1         |             0,10            |             0,19            |
--------------------------------------------------------------------------------
|        5         |             0,49            |             0,98            |
--------------------------------------------------------------------------------
|       10         |             0,88            |             1,77            |
--------------------------------------------------------------------------------
|       20         |             1,18            |             2,37            |
--------------------------------------------------------------------------------
|       40         |             1,48            |             2,96            |
--------------------------------------------------------------------------------

[8] Data la complessità della classe, anche se ristretta ai fenoli monoidrici, il valore limite unico quotato nel prospetto della tabella 1/B può risultare a seconda del composto chimico specifico troppo restrittivo o troppo permissivo;

– poiché la direttiva del Consiglio (78/659/CEE del 18 luglio 1978) prevede soltanto l’esame organolettico (sapore), appare utile richiamare nella tabella 3/B la concentrazione più alta delle sostanze più rappresentative della sotto classe Clorofenoli che non altera il sapore dei pesci (U.S. EPA – Ambient Water Quality Criteria, 1978):

Tab. 3/B

--------------------------------------------------------------------------------
|       Fenoli      |     Livelli    |          Fenoli        |    Livelli     |
|                   | (mi greco g/L) |                        | (mi greco g/L) |
--------------------------------------------------------------------------------
| 2-clorofenolo     |       60       | 2,5-diclorofenolo      |       23       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 4-clorofenolo     |       45       | 2,6-diclorofenolo      |       35       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 2,3-diclorofenolo |       84       | 2, 4, 6-triclorofenolo |       52       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 2,4-diclorofenolo |      0,4 (*)   |                        |                |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) Questo valore indica che si possono riscontrare alterazioni del sapore   |
| dei pesci anche a concentrazione di fenoli al disotto del valore guida (G)   |
| proposto.                                                                    |
--------------------------------------------------------------------------------

Appare infine utile richiamare, nella tabella 4/B, i criteri, di qualità per la protezione della vita acquatica formulati da B.C. Nicholson per conto del Governo Australiano in “Australian Water Quality Criteria for Organic Compound – Tecnical Paper n. 82 (1984)”.

Tab. 4/B

--------------------------------------------------------------------------------
|       Fenoli      | (mi greco g/L) |          Fenoli        | (mi greco g/L) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Fenolo            |       100      | 4-clorofenolo          |       400      |
--------------------------------------------------------------------------------
| o-cresolo         |       100      | 2,4-diclorofenolo      |        30      |
--------------------------------------------------------------------------------
| m-cresolo         |       100      | 2, 4, 6-triclorofenolo |        30      |
--------------------------------------------------------------------------------
| p-cresolo         |       100      | Pentaclorofenolo       |         1      |
--------------------------------------------------------------------------------

[9] Considerato che gli olii minerali (o idrocarburi di origine petrolifera) possono essere presenti nell’acqua o adsorbiti nel materiale in sospensione o emulsionati o disciolti, appare indispensabile che il campionamento venga fatto sotto la superficie:

– concentrazioni di idrocarburi anche inferiori al valore guida riportato nella tabella 1/B possono tuttavia risultare nocivi per forme ittiche giovanili ed alterare il sapore del pesce;

– la determinazione degli idrocarburi di origine petrolifera va eseguita mediante spettrofotometria IR previa estrazione con tetracloruro di carbonio o altro solvente equivalente.

[10] La proporzione di ammoniaca non ionizzata (o ammoniaca libera), specie estremamente tossica, in quella totale (NH3 + NH4+) (3 e 4 sono deponenti, + è esponente) dipende dalla temperatura e dal pH;

Рle concentrazioni di ammoniaca totale (NH3 + NH4+) (3 ̬ deponente, + ̬ esponente)che contengono una concentrazione di 0,025 mg/L di ammoniaca non ionizzata, in funzione della temperatura e pH, misurate al momento del prelievo, sono quelle riportate nella seguente tabella 5/B:

Tab. 5/B

--------------------------------------------------------------------------------
| Temperatura |                          Valori di pH                          |
|    (°C)     ------------------------------------------------------------------
|             |  6,5   |   7,0  |  7,5  |   8,0   |   8,5  |   9,0   |   9,5   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      5      |  63,3  |  20,0  |  6,3  |   2,0   |  0,66  |  0,23   |  0,089  |
--------------------------------------------------------------------------------
|      10     |  42,4  |  13,4  |  4,3  |   1,4   |  0,45  |  0,16   |  0,067  |
--------------------------------------------------------------------------------
|      15     |  28,9  |   9,2  |  2,9  |   0,94  |  0,31  |  0,12   |  0,053  |
--------------------------------------------------------------------------------
|      20     |  20,0  |   6,3  |  2,0  |   0,66  |  0,22  |  0,088  |  0,045  |
--------------------------------------------------------------------------------
|      25     |  13,9  |   4,4  |  1,4  |   0,46  |  0,16  |  0,069  |  0,038  |
--------------------------------------------------------------------------------
|      30     |   9,8  |   3,1  |  1,0  |   0,36  |  0,12  |  0,056  |  0,035  |
--------------------------------------------------------------------------------

[11] Al fine di ridurre il rischio di tossicità dovuto alla presenza di ammoniaca non ionizzata, il rischio di consumo di ossigeno dovuto alla nitrificazione e il rischio dovuto all’instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione, le concentrazioni di ammoniaca totale non dovrebbero superare i valori “I” indicati nel prospetto della tabella 1/B;

– tuttavia per cause naturali (particolari condizioni geografiche o climatiche) e segnatamente in caso di basse temperature dell’acqua e di diminuzione della nitrificazione o qualora l’Autorità competente possa provare che non si avranno conseguenze dannose per lo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche, è consentito il superamento dei valori tabellari.

[12] Quando il cloro è presente in acqua in forma disponibile, cioè in grado di agire come ossidante, i termini, usati indifferentemente in letteratura, “disponibile”, “attivo”, o “residuo” si equivalgono;

– il “cloro residuo totale” corrisponde alla somma, se presenti contemporaneamente, del cloro disponibile libero [cioè quello presente come una miscela in equilibrio di ioni ipoclorito (OCI-) ed acido ipocloroso (HOCI] e del cloro combinato disponibile [cioè quello presente nelle cloroammine o in altri composti con legami N-Cl (i.e. dicloroisocianurato di sodio)];

– la concentrazione più elevata di cloro (Cl2) (2 è deponente) che non manifesta effetti avversi su specie ittiche sensibili, entro 5 giorni, è di 0,005 mg Cl2/L (2 è deponente) (corrispondente a 0,004 mg/L di HOCl). Considerato che il cloro è troppo reattivo per persistere a lungo nei corsi d’acqua, che lo stesso acido ipocloroso si decompone lentamente a ione cloruro ed ossigeno (processo accelerato dalla luce solare), che i pesci per comportamento autoprotettivo fuggono dalle zone ad elevata concentrazione di cloro attivo, come valore è stato confermato il limite suddetto;

– le quantità di cloro totale, espresse in mg/L di Cl2, che contengono una concentrazione di 0,004 mg/L di HOCl, variano in funzione della temperatura e soprattutto del valore di pH (in quanto influenza in maniera rimarchevole il grado di dissociazione dell’acido ipocloroso HOCl<-> H+ + ClO-) secondo la seguente tabella 6/B:

Tab. 6/B

--------------------------------------------------------------------------------
| Temperatura |                          Valori di pH                          |
|    (°C)     ------------------------------------------------------------------
|             |        6       |       7       |       8       |       9       |
--------------------------------------------------------------------------------
|      5      |      0,004     |     0,005     |     0,011     |     0,075     |
--------------------------------------------------------------------------------
|     25      |      0,004     |     0,005     |     0,016     |     0,121     |
--------------------------------------------------------------------------------

Pertanto i valori “I” risultanti in tabella corrispondono a pH = 6. In presenza di valori di pH più alti sono consentite concentrazioni di cloro residuo totale (Cl2) più elevate e comunque non superiori a quelle riportate in tabella 6/B;

– per i calcoli analitici di trasformazione del cloro ad acido ipocloroso ricordare che, dell’equazione stechiometrica, risulta che una mole di cloro (Cl2) corrisponde ad 1 mole di acido ipocloroso (HOCl).

– in ogni caso la concentrazione ammissibile di cloro residuo totale non deve superare il limite di rilevabilità strumentale del metodo di riferimento.

[13] L’attenzione è rivolta alla classe tensioattivi anionici, che trova il maggior impiego nei detersivi per uso domestico;

– il metodo al blu di metilene, con tutti gli accorgimenti suggeriti negli ultimi anni (vedi direttiva del Consiglio 82/243/CEE del 31 marzo 1982, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee L. 109 del 22 aprile 1982), appare ancora il più valido per la determinazione di questa classe di composti. Per il futuro è da prevedere l’inclusione in questo parametro almeno della classe dei tensioattivi non ionici.

[14] Gli otto metalli presi in considerazione risultano più o meno tossici verso la fauna acquatica. Alcuni di essi (Hg, As, etc.) hanno la capacità di bioaccumularsi anche su pesci commestibili.

La tossicità è spesso attenuata dalla durezza. I valori quotati nel prospetto della tabella 1/B, corrispondono ad una durezza dell’acqua di 100 mg/L come CaCO3. Per durezze comprese tra<50 e >250 i valori limite corrispondenti sono riportati nei riquadri seguenti contraddistinti per protezione dei Salmonidi e dei Ciprinidi.

Protezione Salmonidi

--------------------------------------------------------------------------------
|                         |         Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)         |
|      Parametri (*)      ------------------------------------------------------
|                         |  <50  | 50-99 | 100-149 | 150-199 | 200-250 | >250 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12 | Arsenico | come As |    50 |    50 |      50 |      50 |      50 |   50 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 13 | Cadmio   | come Cd |   2,5 |   2,5 |     2,5 |     2,5 |     2,5 |  2,5 |
|    | totale   |         |       |       |         |         |         |      |
--------------------------------------------------------------------------------
| 14 | Cromo    | come Cr |    5  |    10 |      20 |      20 |      50 |   50 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 15 | Mercurio | come Hg |   0,5 |   0,5 |     0,5 |     0,5 |     0,5 |  0,5 |
|    | totale   |         |       |       |         |         |         |      |
--------------------------------------------------------------------------------
| 16 | Nichel   | come Ni |    25 |    50 |      75 |      75 |     100 |  100 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 17 | Piombo   | come Pb |     4 |    10 |      10 |      20 |      20 |   20 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 18 | Rame     | come Cu |  5(a) |    22 |      40 |      40 |      40 |  112 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 19 | Zinco    | come Zn |    30 |   200 |     300 |     300 |     300 |  500 |
|    | totale   |         |       |       |         |         |         |      |
--------------------------------------------------------------------------------
| (a) La presenza di pesci in acque con più alte concentrazioni può significare|
| che predominano complessi organocuprici disciolti.                           |
--------------------------------------------------------------------------------

Protezione Ciprinidi

--------------------------------------------------------------------------------
|                         |         Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)         |
|      Parametri (*)      ------------------------------------------------------
|                         |  <50  | 50-99 | 100-149 | 150-199 | 200-250 | >250 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12 | Arsenico | come As |    50 |    50 |      50 |      50 |      50 |   50 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 13 | Cadmio   | come Cd |   2,5 |   2,5 |     2,5 |     2,5 |     2,5 |  2,5 |
|    | totale   |         |       |       |         |         |         |      |
--------------------------------------------------------------------------------
| 14 | Cromo    | come Cr |   75  |    80 |     100 |     100 |     125 |  125 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 15 | Mercurio | come Hg |   0,5 |   0,5 |     0,5 |     0,5 |     0,5 |  0,5 |
|    | totale   |         |       |       |         |         |         |      |
--------------------------------------------------------------------------------
| 16 | Nichel   | come Ni |    25 |    50 |      75 |      75 |     100 |  100 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 17 | Piombo   | come Pb |    50 |   125 |     125 |     250 |     250 |  250 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 18 | Rame     | come Cu |     5 |    22 |      40 |      40 |      40 |  112 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 19 | Zinco    | come Zn |   150 |   350 |     400 |     500 |     500 | 1000 |
|    | totale   |         |       |       |         |         |         |      |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) I valori limite si riferiscono al metallo disciolto, salvo diversa       |
| indicazione e sono espressi in mi greco g/L.                                 |
--------------------------------------------------------------------------------

Sezione C: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative ed il calcolo della conformità delle acque destinate alla vita dei molluschi

I seguenti criteri si applicano alle acque costiere e salmastre sedi di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi designate come richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo dei molluschi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura destinati al consumo umano.

1) Calcolo della conformità

1. Le acque designate ai sensi dell’art. 87 si considerano conformi quando i campioni di tali acque, prelevate nello stesso punto per un periodo di dodici mesi, secondo la frequenza minima prevista nella tab. 1/C, rispettano i valori e le indicazioni di cui alla medesima tabella per quanto riguarda:

a) il 100% dei campioni prelevati per i parametri sostanze organo alogenate e metalli;

b) il 95% dei campioni per i parametri ed ossigeno disciolto;

c) il 75% dei campioni per gli altri parametri indicati nella tab. 1/C.

2. Qualora la frequenza dei campionamenti, ad eccezione di quelli relativi ai parametri sostanze organo alogenate e metalli, sia inferiore a quella indicata nella tab. 1/C, la conformità ai valori ed alle indicazioni deve essere rispettata nel 100% dei campioni.

3. Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle indicazioni riportate nella tabella 1/C non sono presi in considerazione se avvengono a causa di eventi calamitosi.

2) Campionamento

1. L’esatta ubicazione delle stazioni di prelievo dei campioni, la loro distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati, sono definiti dall’Autorità competente in funzione delle condizioni ambientali locali.

2. Ai fini dell’accertamento della conformità di cui al comma 1, la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/C può essere ridotta dall’Autorità competente ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente superiore per i singoli parametri di quella risultante dall’applicazione dei valori limite e relative note.

3. Possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistano cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

Tab. 1/C Qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi

--------------------------------------------------------------------------------
|   |Parametro| Unità | G           | 1          | Metodo di      | Frequenza  |
|   |         | di    |             |            | analisi di     | minima di  |
|   |         | misura|             |            | riferimento    | campiona-  |
|   |         |       |             |            |                | menti e    |
|   |         |       |             |            |                | delle      |
|   |         |       |             |            |                | misurazioni|
--------------------------------------------------------------------------------
| 1 | pH      | unità |             | 7-9        |- Elettrometria | Trimestrale|
|   |         | pH    |             |            | La misurazione |            |
|   |         |       |             |            | viene eseguita |            |
|   |         |       |             |            | sul posto al   |            |
|   |         |       |             |            | momento del    |            |
|   |         |       |             |            | campionamento  |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 2 | Tempera-| °C    | La differen-|            |- Termometria   | Trimestrale|
|   | tura    |       | za di       |            | La misurazione |            |
|   |         |       | temperatura |            | viene eseguita |            |
|   |         |       | provocata da|            | sul posto al   |            |
|   |         |       | uno scarico |            | momento del    |            |
|   |         |       | non deve    |            | campionamento  |            |
|   |         |       | superare,   |            |                |            |
|   |         |       | nelle acque |            |                |            |
|   |         |       | destinate   |            |                |            |
|   |         |       | alla vita   |            |                |            |
|   |         |       | dei         |            |                |            |
|   |         |       | molluschi   |            |                |            |
|   |         |       | influenzate |            |                |            |
|   |         |       | da tale     |            |                |            |
|   |         |       | scarico, di |            |                |            |
|   |         |       | oltre 2 °C  |            |                |            |
|   |         |       | la          |            |                |            |
|   |         |       | temperatura |            |                |            |
|   |         |       | misurata    |            |                |            |
|   |         |       | nelle acque |            |                |            |
|   |         |       | non         |            |                |            |
|   |         |       | influenzate |            |                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 3 | Colora- | mg Pt/|             | Dopo fil-  | - Filtrazione  | Trimestrale|
|   | zione   | L     |             | trazione   | su membrana    |            |
|   | (dopo   |       |             | il colore  | filtrante di   |            |
|   | filtra- |       |             | dell'acqua,| 0,45 mi greco  |            |
|   | zione)  |       |             | provocato  | m, Metodo      |            |
|   |         |       |             | da uno     | fotometrico,   |            |
|   |         |       |             | scarico,   | secondo gli    |            |
|   |         |       |             | non deve   | standard della |            |
|   |         |       |             | discostarsi| scala          |            |
|   |         |       |             | nelle acque| platino-cobalto|            |
|   |         |       |             | destinate  |                |            |
|   |         |       |             | alla vita  |                |            |
|   |         |       |             | dei        |                |            |
|   |         |       |             | molluschi  |                |            |
|   |         |       |             | influenzate|                |            |
|   |         |       |             | da tale    |                |            |
|   |         |       |             | scarico di |                |            |
|   |         |       |             | oltre 10 mg|                |            |
|   |         |       |             | Pt/L dal   |                |            |
|   |         |       |             | colore     |                |            |
|   |         |       |             | misurato   |                |            |
|   |         |       |             | nelle acque|                |            |
|   |         |       |             | non        |                |            |
|   |         |       |             | influenzate|                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 4 | Materia-| mg/L  |             | L'aumento  | - Filtrazione  | Trimestrale|
|   | li in   |       |             | del tenore | su membrana    |            |
|   | sospen- |       |             | di materie | filtrante di   |            |
|   | sione   |       |             | in sospen- | 0,45 mi greco  |            |
|   |         |       |             | sione      | m, essiccazione|            |
|   |         |       |             | provocato  | a 105 °C e     |            |
|   |         |       |             | da uno     | pesatura;      |            |
|   |         |       |             | scarico non| - Centrifuga-  |            |
|   |         |       |             | deve supe- | zione (tempo   |            |
|   |         |       |             | rare, nelle| minimo 5 min   |            |
|   |         |       |             | acque      | accelerazione  |            |
|   |         |       |             | destinate  | media di       |            |
|   |         |       |             | alla vita  | 2800-3200 g)   |            |
|   |         |       |             | dei        | essiccazione   |            |
|   |         |       |             | molluschi  | a 105 °C e     |            |
|   |         |       |             | influenzate| pesatura       |            |
|   |         |       |             | da tale    |                |            |
|   |         |       |             | scarico, di|                |            |
|   |         |       |             | oltre il   |                |            |
|   |         |       |             | 30% il     |                |            |
|   |         |       |             | tenore     |                |            |
|   |         |       |             | misurato   |                |            |
|   |         |       |             | nelle acque|                |            |
|   |         |       |             | non        |                |            |
|   |         |       |             | influenzate|                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 5 | Salinità| %c    | 12-38 %c    |- <= 40%c(a)| Conduttometria | Mensile    |
|   |         |       |             | - La varia-|                |            |
|   |         |       |             | zione della|                |            |
|   |         |       |             | salinità   |                |            |
|   |         |       |             | provocata  |                |            |
|   |         |       |             | da uno     |                |            |
|   |         |       |             | scarico non|                |            |
|   |         |       |             | deve       |                |            |
|   |         |       |             | superare,  |                |            |
|   |         |       |             | nelle acque|                |            |
|   |         |       |             | destinate  |                |            |
|   |         |       |             | alla vita  |                |            |
|   |         |       |             | dei        |                |            |
|   |         |       |             | molluschi  |                |            |
|   |         |       |             | influenzate|                |            |
|   |         |       |             | da tale    |                |            |
|   |         |       |             | scarico,   |                |            |
|   |         |       |             | +- 10% la  |                |            |
|   |         |       |             | salinità   |                |            |
|   |         |       |             | misurata   |                |            |
|   |         |       |             | nelle      |                |            |
|   |         |       |             | acque non  |                |            |
|   |         |       |             | influenzate|                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 6 | Ossigeno| % di  | >= 80% (b)  | - = 70%    |                |            |
|   | disciol-| satura|             | (valore    | - Metodo di    | Mensile,   |
|   | to      | zione               | medio)- Se | Winkler- Metodo| con almeno |
|   |         |       |             | una singola| elettrochimico | un campione|
|   |         |       |             | misurazione|                | rappresen- |
|   |         |       |             | indica un  |                | tativo del |
|   |         |       |             | valore     |                | basso teno-|
|   |         |       |             | inferiore  |                | re di      |
|   |         |       |             | al 70% le  |                | ossigeno   |
|   |         |       |             | misurazioni|                | presente   |
|   |         |       |             | vengono    |                | nel giorno |
|   |         |       |             | proseguite-|                | del        |
|   |         |       |             | Una singola|                | prelievo.  |
|   |         |       |             | misurazione|                | Tuttavia   |
|   |         |       |             | può        |                | se si      |
|   |         |       |             | indicare un|                | presentano |
|   |         |       |             | valore     |                | variazioni |
|   |         |       |             | inferiore  |                | diurne     |
|   |         |       |             | al 60%     |                | significati|
|   |         |       |             | soltanto   |                | ve saranno |
|   |         |       |             | qualora non|                | effettuati |
|   |         |       |             | vi siano   |                | almeno due |
|   |         |       |             | conseguenze|                | prelievi   |
|   |         |       |             | dannose per|                | al giorno. |
|   |         |       |             | lo sviluppo|                |            |
|   |         |       |             | delle      |                |            |
|   |         |       |             | popolazioni|                |            |
|   |         |       |             | di         |                |            |
|   |         |       |             | molluschi  |                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 7 | Idrocar-|       |             | Gli idro-  | - Esame visivo | Trimestrale|
|   | buri di |       |             | carburi non|                |            |
|   | origine |       |             | devono     |                |            |
|   | petroli-|       |             | essere     |                |            |
|   | fera    |       |             | presenti   |                |            |
|   |         |       |             | nell'acqua |                |            |
|   |         |       |             | in quantità|                |            |
|   |         |       |             | tale:      |                |            |
|   |         |       |             | - da       |                |            |
|   |         |       |             | produrre   |                |            |
|   |         |       |             | un film    |                |            |
|   |         |       |             | visibile   |                |            |
|   |         |       |             | alla       |                |            |
|   |         |       |             | superficie |                |            |
|   |         |       |             | dell'acqua |                |            |
|   |         |       |             | e/o un     |                |            |
|   |         |       |             | deposito   |                |            |
|   |         |       |             | sui        |                |            |
|   |         |       |             | molluschi  |                |            |
|   |         |       |             | - da avere |                |            |
|   |         |       |             | effetti    |                |            |
|   |         |       |             | nocivi per |                |            |
|   |         |       |             | i molluschi|                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 8 | Sostanze|       | La concen-  | La concen- | Cromatografia  | Semestrale |
|   | organo- |       | trazione di | trazione   | in fase gasso- |            |
|   | alogena-|       | ogni sostan-| di ogni    | sa, previa     |            |
|   | te      |       | za nella    | sostanza   | estrazione     |            |
|   |         |       | polpa del   | nell'acqua | mediante       |            |
|   |         |       | mollusco    | o nella    | appropriati    |            |
|   |         |       | deve essere | polpa del  | solventi e     |            |
|   |         |       | tale da     | mollusco   | purificazione  |            |
|   |         |       | contribuire | non deve   |                |            |
|   |         |       | ad una buona| superare   |                |            |
|   |         |       | qualità dei | un livello |                |            |
|   |         |       | prodotti    | tale da    |                |            |
|   |         |       | della mollu-| provocare  |                |            |
|   |         |       | schicoltura | effetti    |                |            |
|   |         |       |             | nocivi per |                |            |
|   |         |       |             | i molluschi|                |            |
|   |         |       |             | e per le   |                |            |
|   |         |       |             | loro larve |                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 9 | Metalli:| ppm   | La concen-  | La concen- | - Spettrofoto- | Semestrale |
|   | Argento |       | trazione    | trazione   | metria di      |            |
|   | Ag      |       | di ogni     | di ogni    | assorbimento   |            |
|   | Arsenico|       | sostanza    | sostanza   | atomico,       |            |
|   | As      |       | nella polpa | nell'acqua | eventualmente  |            |
|   | Cadmio  |       | del mollusco| o nella    | preceduta da   |            |
|   | Cd      |       | deve essere | polpa del  | concentrazione |            |
|   | Cromo Cr|       | tale da     | mollusco   | e/o estrazione |            |
|   | Rame Cu |       | contribuire | non deve   |                |            |
|   | Mercurio|       | ad una      | superare   |                |            |
|   | Hg (*)  |       | buona       | un livello |                |            |
|   | Nichelio|       | qualità dei | tale da    |                |            |
|   | Ni      |       | prodotti    | provocare  |                |            |
|   | Piombo  |       | della mollu-| effetti    |                |            |
|   | Pb (**) |       | schicoltura | nocivi per |                |            |
|   | Zinco Zn|       |             | i molluschi|                |            |
|   |         |       |             | e per le   |                |            |
|   |         |       |             | loro larve.|                |            |
|   |         |       |             | E' necessa-|                |            |
|   |         |       |             | rio prende-|                |            |
|   |         |       |             | re in con- |                |            |
|   |         |       |             | siderazione|                |            |
|   |         |       |             | gli effetti|                |            |
|   |         |       |             | sinergici  |                |            |
|   |         |       |             | dei vari   |                |            |
|   |         |       |             | metalli    |                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 10| Colifor-| n°/100|             | <=300 (a)  | Metodo di      | Trimestrale|
|   | mi      | mL    |             | nella polpa| diluizione con |            |
|   | fecali  |       |             | del        | fermentazione  |            |
|   |         |       |             | mollusco e | in substrati   |            |
|   |         |       |             | nel liquido| liquidi in     |            |
|   |         |       |             | intervalva-| almeno tre     |            |
|   |         |       |             | re         | provette, in   |            |
|   |         |       |             |            | tre diluizioni.|            |
|   |         |       |             |            | Trapianto      |            |
|   |         |       |             |            | delle provette |            |
|   |         |       |             |            | positive sul   |            |
|   |         |       |             |            | terreno di     |            |
|   |         |       |             |            | conferma.      |            |
|   |         |       |             |            | Computo secondo|            |
|   |         |       |             |            | il sistema     |            |
|   |         |       |             |            | M.P.N. (Numero |            |
|   |         |       |             |            | più probabile).|            |
|   |         |       |             |            | Temperatura di |            |
|   |         |       |             |            | incubazione    |            |
|   |         |       |             |            | 44 +- 0,5 °C   |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 11| Sostanze|       |             | Concentra- | Esame gustativo|            |
|   | che     |       |             | zione      | dei molluschi, |            |
|   | influi- |       |             | inferiore  | allorché si    |            |
|   | scono   |       |             | a quella   | presume la     |            |
|   | sul     |       |             | che può    | presenza di    |            |
|   | sapore  |       |             | alterare   | tali sostanze  |            |
|   | dei     |       |             | il sapore  |                |            |
|   |molluschi|       |             | dei        |                |            |
|   |         |       |             | molluschi  |                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12| Sassi-  |       |             |            |                |            |
|   | tossina |       |             |            |                |            |
|   | (prodot-|       |             |            |                |            |
|   | ta dai  |       |             |            |                |            |
|   | dinofla-|       |             |            |                |            |
|   | gellati)|       |             |            |                |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| (a) <= minore uguale                                                         |
| (b) >= maggiore uguale                                                       |
| (*) valore imperativo nella polpa del mollusco=0,5 ppm                       |
| (**) valore imperativo nella polpa del mollusco=2 ppm                        |
|                                                                              |
| ABBREVIAZIONI                                                                |
| G = guida o indicativo                                                       |
| I = imperativo o obbligatorio                                                |
|                                                                              |
--------------------------------------------------------------------------------

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 8     

ALLEGATO 3 ALLA PARTE TERZA

RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE DEI BACINI IDROGRAFICI E ANALISI DELL’IMPATTO ESERCITATO DALL’ATTIVITA’ ANTROPICA

Per la redazione dei piani di tutela, le Regioni devono raccogliere ed elaborare i dati relativi alle caratteristiche dei bacini idrografici secondo i criteri di seguito indicati.

A tal fine si ritiene opportuno che le Regioni si coordinino, anche con il supporto delle autorità di bacino, per individuare, per ogni bacino idrografico, un Centro di Documentazione cui attribuire il compito di raccogliere, catalogare e diffondere le informazioni relative alle caratteristiche dei bacini idrografici ricadenti nei territori di competenza.

Devono essere in particolare considerati gli elementi geografici, geologici, idrogeologici, fisici, chimici e biologici dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nonché quelli socioeconomici presenti nel bacino idrografico di propria competenza.

1 CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI (1).

Le regioni, nell’ambito del territorio di competenza, individuano l’ubicazione e il perimetro dei corpi idrici superficiali ed effettuano di tutti una caratterizzazione iniziale, seguendo la metodologia indicata in appresso. Ai fini di tale caratterizzazione iniziale le regioni possono raggruppare i corpi idrici superficiali.

i) Individuare i corpi idrici superficiali all’interno del bacino idrografico come rientranti in una delle seguenti categorie di acque superficiali – fiumi, laghi, acque di transizione o acque costiere – oppure come corpi idrici superficiali artificiali o corpi idrici superficiali fortemente modificati.

ii) Per i corpi idrici superficiali artificiali o fortemente modificati, la classificazione si effettua secondo i descrittori relativi a una delle categorie di acque superficiali che maggiormente somigli al corpo idrico artificiale o fortemente modificato di cui trattasi.

1.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI

La fase iniziale, finalizzata alla prima caratterizzazione dei bacini idrografici, serve a raccogliere le informazioni relative a:

a) gli aspetti geografici: estensione geografica ed estensione altitudinale, latitudinale e longitudinale

b) le condizioni geologiche: informazioni sulla tipologia dei substrati, almeno in relazione al contenuto calcareo, siliceo ed organico

c) le condizioni idrologiche: bilanci idrici, compresi i volumi, i regimi di flusso nonché i trasferimenti e le deviazioni idriche e le relative fluttuazioni stagionali e, se del caso, la salinità

d) le condizioni climatiche: tipo di precipitazioni e, ove possibile, evaporazione ed evapotraspirazione.

Tali informazioni sono integrate con gli aspetti relativi a:

a) caratteristiche socioeconomiche utilizzo del suolo, industrializzazione dell’area, ecc.

b) individuazione e tipizzazione di aree naturali protette,

c) eventuale caratterizzazione faunistica e vegetazionale dell’area del bacino idrografico (2).

1.1.1 – FISSAZIONE DELLE CONDIZIONI DI RIFERIMENTO TIPO-SPECIFICHE PER I CORPI IDRICI SUPERFICIALI

D.1. Premessa

Per ciascun tipo di corpo idrico superficiale, individuato in base a quanto riportato nella precedente sezione A al presente punto, sono definite:

a) le condizioni idromorfologiche e fisico-chimiche tipo-specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità idromorfologica e fisico-chimica che l’Allegato 1, punto A.1 alla parte terza del presente decreto legislativo, stabilisce per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell’Allegato 1, punto A.2;

b) le condizioni biologiche di riferimento tipo-specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità biologica che l’Allegato 1, punto A.1 specifica per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell’Allegato 1, punto A.2.

Nell’applicare le procedure previste nella presente sezione ai corpi idrici superficiali fortemente modificati o corpi idrici artificiali, i riferimenti allo stato ecologico elevato sono considerati riferimenti al potenziale ecologico massimo definito nell’Allegato 1, tabella A.2.5. I valori relativi al potenziale ecologico massimo per un corpo idrico sono riveduti ogni sei anni.

D.2. Funzione delle condizioni di riferimento:

Le condizioni di riferimento:

– rappresentano uno stato corrispondente a pressioni molto basse senza gli effetti dell’industrializzazione di massa, dell’urbanizzazione e dell’agricoltura intensiva e con modificazioni molto lievi degli elementi di qualità biologica, idro-morfologica e chimicofisica;

– sono stabilite per ogni tipo individuato all’interno delle categorie di acque superficiali, esse sono pertanto tipo-specifiche;

– non coincidono necessariamente con le condizioni originarie indisturbate e possono includere disturbi molto lievi, cioè la presenza di pressioni antropiche è ammessa purchè non siano rilevabili alterazioni a carico degli elementi di qualità o queste risultino molto lievi;

– consentono di derivare i valori degli elementi di qualità biologica necessari per la classificazione dello stato ecologico del corpo idrico;

– vengono espresse come intervallo di valori, in modo tale da rappresentare la variabilità naturale degli ecosistemi.

D.2.1. Condizioni di riferimento e Rapporto di Qualità Ecologica (RQE)

L’individuazione delle condizioni di riferimento consente di calcolare, sulla base dei risultati del monitoraggio biologico per ciascun elemento di qualità, il «rapporto di qualità ecologica» (RQE). L’RQE viene espresso come un valore numerico che varia tra 0 e 1, dove lo stato elevato è rappresentato dai valori vicino ad 1, mentre lo stato pessimo è rappresentato da valori numerici vicino allo 0.

L’RQE mette in relazione i valori dei parametri biologici osservati in un dato corpo idrico e il valore per quegli stessi parametri riferiti alle condizioni di riferimento applicabili al corrispondente tipo di corpo idrico e serve a quantificare lo scostamento dei valori degli elementi di qualità biologica, osservati in un dato sito, dalle condizioni biologiche di riferimento applicabili al corrispondente tipo di corpo idrico. L’entità di tale scostamento concorre ad effettuare la classificazione dello stato ecologico di un corpo idrico secondo lo schema a 5 classi di cui Allegato 1 punto A2 del presente decreto legislativo.

D.3. Metodi per stabilire le condizioni di riferimento

I principali metodi per la definizione delle condizioni di riferimento sono:

– Metodo spaziale, basato sull’uso dei dati provenienti da siti di monitoraggio;

– Metodo teorico basato su modelli statistici, deterministici o empirici di previsione dello stato delle condizioni naturali indisturbate;

– Metodo temporale, basato sull’utilizzazione di dati di serie storiche o paleoricostruzione o una combinazione di entrambi;

– Una combinazione dei precedenti approcci;

Tra i metodi citati è utilizzato prioritariamente quello spaziale. Qualora tale approccio non risulti applicabile si ricorre agli altri metodi elencati. Può essere inoltre utilizzato un metodo basato sul giudizio degli esperti solo nel caso in cui sia comprovata l’impossibilità dell’applicazione dei metodi sopra riportati.

D.3.1 Metodo spaziale

Il metodo spaziale si basa sui dati di monitoraggio qualora siano disponibili siti, indisturbati o solo lievemente disturbati, idonei a delineare le «condizioni di riferimento» e pertanto identificati come «siti di riferimento». I siti di riferimento sono individuati attraverso l’applicazione dei criteri di selezione basati sull’analisi delle pressioni esistenti e dalla successiva validazione biologica. Possono essere individuati siti diversi per ogni elemento di qualità biologica. Per l’individuazione dei siti si fa riferimento alle metodologie riportate nei manuali ISPRA, per le acque marino-costiere e di transizione, e CNR-IRSA , per i corsi d’acqua e le acque lacustri.

D.4. Processo per la determinazione delle Condizioni di Riferimento

Le Regioni, sentite le Autorità di bacino, all’interno del proprio territorio, individuano, per ciascuna categoria e tipo di corpo idrico, i potenziali siti di riferimento sulla base dei dati e delle conoscenze relative al proprio territorio in applicazione delle metodologie richiamate al punto D.3 e provvedono a inviare le relative informazioni al MATTM.

Le condizioni di cui alle lettere a) e b) del precedente punto D.1, tenendo conto dei siti di riferimento e dei relativi dati comunicati dalle Regioni, sono stabilite con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, da emanarsi ai sensi dell’art. 75, comma 3, del presente decreto legislativo.

Se non risulta possibile stabilire, per un elemento qualitativo in un determinato tipo di corpo idrico superficiale, condizioni di riferimento tipo-specifiche attendibili a causa della grande variabilità naturale cui l’elemento è soggetto (non soltanto in conseguenza delle variazioni stagionali) detto elemento può essere escluso dalla valutazione dello stato ecologico per tale tipo di acque superficiali. In questo caso i motivi dell’esclusione sono specificati nel piano di gestione del bacino idrografico.

Un numero sufficiente di siti in condizioni di riferimento, per ogni tipo individuato, nelle varie categorie di corpi idrici, sono identificati, dal MATTM con il supporto dell’ISPRA e degli altri istituti scientifici, per la costituzione di una rete di controllo, che costituisce parte integrante della rete nucleo di cui al punto A.3.2.4. dell’Allegato 1 al presente decreto legislativo, per lo studio della variazioni, nel tempo, dei valori delle condizioni di riferimento per i diversi tipi.

Le condizioni di riferimento sono aggiornate qualora si presentano variazioni per cause naturali nei siti di riferimento (3).

[1.1.2 Individuazione delle pressioni

Le regioni raccolgono e tengono aggiornate informazioni sul tipo e la grandezza delle pressioni antropiche significative cui i corpi idrici superficiali di ciascun distretto idrografico rischiano di essere sottoposti, in particolare quanto segue:

– Stima e individuazione dell’inquinamento significativo da fonte puntuale, in particolare l’inquinamento dovuto alle sostanze elencate nell’allegato 8, proveniente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, da effettuare in primo luogo sulla base del catasto degli scarichi, se questo è aggiornato almeno al 1996. In mancanza di tali dati (o in presenza solo di informazioni anteriori al 1996) si dovranno utilizzare stime fatte sulla base di altre informazioni e di indici di tipo statistico (esempio: dati camere di commercio relativi agli insediamenti, agli addetti per codice NACE e indici di emissione per codice NACE).

– Stima e individuazione dell’inquinamento significativo da fonte diffusa, in particolare l’inquinamento dovuto alle sostanze elencate nell’allegato 8, proveniente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo.

– Stima e individuazione delle estrazioni significative di acqua (nel caso di acque dolci) per usi urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, comprese le variazioni stagionali, la domanda annua complessiva e le perdite dai sistemi di distribuzione (in mancanza di misure saranno usate stime effettuate in base a parametri statistici).

– Stima e individuazione dell’impatto delle regolazioni significative del flusso idrico, compresi trasferimenti e deviazioni delle acque, sulle caratteristiche complessive del flusso e sugli equilibri idrici.

– Individuazione delle alterazioni morfologiche significative dei corpi idrici.

– Stima e individuazione di altri impatti antropici significativi sullo stato delle acque superficiali.

– Stima dei modelli di utilizzazione del suolo, compresa l’individuazione delle principali aree urbane, industriali e agricole, nonché – ove pertinente – delle zone di pesca e delle foreste.] (4)

[1.1.3 Valutazione dell’impatto

Le regioni effettuano una valutazione della vulnerabilità dello stato dei corpi idrici superficiali rispetto alle pressioni individuate secondo il punto 1.1.2 del presente allegato.

Le regioni si servono delle informazioni raccolte, e di qualsiasi altra informazione pertinente, compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale, per valutare l’eventualità che i corpi idrici superficiali del bacino idrografico del territorio di competenza non riescano a conseguire gli obiettivi di qualità ambientale per i corpi idrici. Per facilitare tale valutazione, gli Stati membri possono ricorrere a tecniche di modellizzazione.

Per i corpi che si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi di qualità ambientale è effettuata, ove opportuno, una caratterizzazione ulteriore per ottimizzare la progettazione dei programmi di monitoraggio e dei programmi di misure.] (3)

1.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI CORPI IDRICI

Per ciascun corpo idrico e’ predisposta una scheda informatizzata che contenga: i dati derivati dalle attivita’ di cui alle sezioni A, B e C, del punto 1.1 del presente allegato; i dati derivanti dalle azioni di monitoraggio e classificazione di cui all’allegato 1 del presente decreto legislativo (5).

2 ACQUE SOTTERRANEE

2.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI

La fase conoscitiva ha come scopo principale la caratterizzazione qualitativa degli acquiferi. Deve avere come risultato:

– definire lo stato attuale delle conoscenze relative agli aspetti quantitativi e qualitativi delle acque sotterranee,

– costituire una banca dati informatizzata dei dati idrogeologici e idrochimici,

– localizzare i punti d’acqua sotterranea potenzialmente disponibili per le misure,

– ricostruire il modello idrogeologico, con particolare riferimento ai rapporti di eventuale intercomunicazione tra i diversi acquiferi e tra le acque superficiali e le acque sotterranee.

Le informazioni da raccogliere devono essere relative ai seguenti elementi:

– studi precedentemente condotti (idrogeologici, geotecnici, geofisici, geomorfologici, ecc.) con relativi eventuali elaborati cartografici (carte geologiche, sezioni idrogeologiche, piezometrie, carte idrochimiche, ecc.),

– dati relativi ai pozzi e piezometri, quali: ubicazione, stratigrafie, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attività (attivo, in disuso, cementato),

– dati relativi alle sorgenti quali: ubicazione, portata, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attività (attiva, in disuso, ecc.),

– dati relativi ai valori piezometrici,

– dati relativi al regime delle portate delle sorgenti,

– dati esistenti riguardanti accertamenti analitici sulla qualità delle acque relative a sorgenti, pozzi e piezometri esistenti,

– reticoli di monitoraggio esistenti delle acque sotterranee.

Devono essere inoltre considerati tutti quegli elementi addizionali suggeriti dalle condizioni locali di insediamento antropico o da particolari situazioni geologiche e geochimiche, nonché della vulnerabilità e rischio della risorsa. Dovranno inoltre essere valutate, se esistenti, le indagini relative alle biocenosi degli ambienti sotterranei.

Le azioni conoscitive devono essere accompagnate da tutte quelle iniziative necessarie ad acquisire tutte le informazioni e le documentazioni in materia presenti presso gli enti che ne dispongono, i quali ne dovranno garantire l’accesso.

Sulla base delle informazione raccolte, delle conoscenze a scala generale e degli studi precedenti, verrà ricostruita la geometria dei principali corpi acquiferi presenti evidenziando la reciproca eventuale intercomunicazione compresa quella con le acque superficiali, la parametrizzazione (laddove disponibile) e le caratteristiche idrochimiche, e dove presenti, quelle biologiche.

La caratterizzazione degli acquiferi sarà revisionata sulla base dei risultati della gestione della rete di monitoraggio effettuato in base alle indicazioni riportate all’allegato 1.

La ricostruzione idrogeologica preliminare dovrà quindi permettere la formulazione di un primo modello concettuale, intendendo con questo termine una schematizzazione idrogeologica semplificata del sottosuolo e una prima parametrizzazione degli acquiferi. In pratica devono essere qui riassunte le proprietà geologiche, le caratteristiche idrogeologiche del sistema, con particolare riferimento ai meccanismi di ricarica degli acquiferi ed ai rapporti tra le falde, i rapporti esistenti tra acque superficiali e acque sotterranee, nonché alle caratteristiche qualitative delle acque sotterranee.

I dati così raccolti dovranno avere un dettaglio rappresentabile significativamente almeno alla scala 1:100.000.

2.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI PUNTI D ‘ACQUA

Deve essere istituito un catasto anagrafico debitamente codificato al fine di disporre di un data-base aggiornato dei punti d’acqua esistenti (pozzi, piezometri, sorgenti e altre emergenze della falda come fontanili, ecc.) e dei nuovi punti realizzati. A ciascun punto d’acqua dovrà essere assegnato un numero di codice univoco stabilito in base alle modalità di codifica che saranno indicate con decreto.

Per quanto riguarda le sorgenti andranno codificate tutte quelle utilizzate e comunque quelle che presentano una portata media superiore a 10 L/s e quelle di particolare interesse ambientale.

Per le nuove opere è fatto obbligo all’Ente competente di verificare all’atto della domanda di ricerca e sfruttamento della risorsa idrica sotterranea, l’avvenuta assegnazione del codice.

In assenza di tale codice i rapporti di prova relativi alla qualità delle acque, non potranno essere accettati dalla Pubblica Amministrazione.

Inoltre per ciascun punto d’acqua dovrà essere predisposta una scheda informatizzata che contenga i dati relativi alle caratteristiche geografiche, anagrafiche, idrogeologiche, strutturali, idrauliche e funzionali derivate dalle analisi conoscitive di cui al punto 1.

Le schede relative ai singoli punti d’acqua, assieme alle analisi conoscitive di cui al punto 1 ed a quelle che potranno essere raccolte per ciascun punto d’acqua dovranno contenere poi le informazioni relative a:

a) le caratteristiche chimico fisiche dei singoli complessi idrogeologici e del loro grado di sfruttamento, utilizzando i dati a vario titolo in possesso dei vari Enti (analisi chimiche effettuate dai laboratori pubblici, autodenunce del sollevato etc.) nonché stime delle direzioni e delle velocità di scambio dell’acqua fra il corpo idrico sotterraneo ed i sistemi superficiali connessi.

b) l’impatto esercitato dalle attività umane sullo stato delle acque sotterranee all’interno di ciascun complesso idrogeologico.

Tale esame dovrà riguardare i seguenti aspetti:

1. stima dell’inquinamento da fonte puntuale (così come indicato al punto relativo alle acque superficiali)

2. stima dell’inquinamento da fonte diffusa

3. dati derivanti dalle misure relative all’estrazione delle acque

4. stima del ravvenamento artificiale

5. analisi delle altre incidenze antropiche sullo stato delle acque.

2.3 RIESAME DEGLI IMPATTI

2.3.1 Riesame dell’impatto delle attività umane sulle acque sotterranee

Quanto ai corpi idrici sotterranei che ricadono sotto due o più ambiti territoriali di competenza, o che, in base alle informazioni di cui al punto 2.1, si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi fissati per ciascun corpo, se del caso, per ciascuno di tali corpi idrici sotterranei si raccolgono e si tengono aggiornate le seguenti informazioni:

a) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo usati per l’estrazione di acqua, con l’eccezione:

– dei punti di estrazione che forniscono, in media, meno di 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e

– dei punti di estrazione di acqua destinata al consumo umano che forniscono, in media, meno di 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone;

b) medie annue di estrazione da tali punti;

c) composizione chimica dell’acqua estratta dal corpo idrico sotterraneo;

d) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo in cui l’acqua è direttamente scaricata;

e) tasso di scarico in tali punti;

f) composizione chimica degli scarichi nel corpo idrico sotterraneo;

g) utilizzazione del suolo nel bacino o nei bacini idrografici da cui il corpo idrico sotterraneo si ravvena, comprese le immissioni di inquinanti e le alterazioni antropiche delle caratteristiche di ravvenamento, quali deviazione di acque meteoriche e di dilavamento mediante riempimento del suolo, ravvenamento artificiale, sbarramento o drenaggio.

2.3.2 Riesame dell’impatto delle variazioni dei livelli delle acque sotterranee

Le regioni individuano inoltre i corpi idrici sotterranei per cui devono essere fissati obiettivi meno rigorosi, anche prendendo in considerazione gli effetti dello stato del corpo:

i) sulle acque superficiali e gli ecosistemi terrestri connessi,

ii) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni e il drenaggio dei terreni,

iii) sullo sviluppo umano.

2.3.3 Riesame dell’impatto dell’inquinamento sulla qualità delle acque sotterranee

Le regioni identificano i corpi idrici sotterranei per i quali devono essere specificati obiettivi meno rigorosi, laddove in conseguenza dell’attività umana, il corpo idrico sotterraneo sia talmente inquinato da rendere impraticabile oppure sproporzionatamente dispendioso ottenere un buono stato chimico delle acque sotterranee.

3 MODALITÀ DI ELABORAZIONE, GESTIONE E DIFFUSIONE DEI DATI

Le Regioni organizzeranno un proprio Centro di Documentazione che curerà l’accatastamento dei dati e la relativa elaborazione, gestione e diffusione.

Tali dati sono organizzati secondo i criteri stabiliti con decreto e devono periodicamente essere aggiornati con i dati prodotti dal monitoraggio secondo le indicazioni di cui all’allegato 1.

Le misure quantitative e qualitative dovranno essere organizzate secondo quanto previsto nel decreto attuativo relativo alla standardizzazione dei dati. A tali modalità si dovranno anche attenere i soggetti tenuti a predisporre i protocolli di garanzia e di qualità.

L’interpretazione dei dati relativi alle acque sotterranee in un acquifero potrà essere espressa in forma sintetica mediante: tabelle, grafici, diagrammi, serie temporali, cartografie tematiche, elaborazioni statistiche, ecc.

Il Centro di documentazione annualmente curerà la redazione di un rapporto sull’evoluzione quali-quantitativa dei complessi idrogeologici monitorati e renderà disponibili tutti i dati e le elaborazioni effettuate, a tutti gli interessati.

Compito del Centro di documentazione sarà inoltre la redazione di carte di sintesi delle aree su cui esiste un vincolo riferito alle acque sotterranee, carte di vulnerabilità e rischio delle acque sotterranee.

Una volta ultimata la presentazione finale dei documenti e degli elaborati grafici ed informatizzati del prodotto, saranno individuati i canali più idonei alla sua diffusione anche mediante rapporti di sintesi e seminari, a tal scopo verrà predisposto un piano contenente modalità e tempi dell’attività di diffusione.

Allo scopo dovrà essere prevista da parte del Centro di documentazione la disponibilità degli stessi tramite sistemi geografici informatizzati (GIS) disponibili su reti multimediali.

La scala delle elaborazioni cartografiche dovrà essere di almeno 1:100.000 salvo necessità di superiore dettaglio (6).

(1) Punto modificato dall’articolo 1 del D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

(2) Per l’inserimento delle sezioni A, B e C vedi l’allegato al D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

(3) Punto sostituito dall’articolo 2, comma 1, del D.M. 14 aprile 2009, n. 56.

(4) Punto abrogato dall’articolo 1 del D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

(5) Punto sostituito dall’articolo 1 del D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

(6) Per le ulteriori modifiche al presente allegato, vedi l”articolo 24, comma 1, lettere m) e n), della Legge 6 agosto 2013, n. 97 e l’articolo 1, comma 1, del D.M. 27 novembre 2013, n. 156.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 9     

ALLEGATO 4 ALLA PARTE TERZA

CONTENUTI DEI PIANI

Parte A. Piani di gestione dei bacini idrografici

A. I piani di gestione dei bacini idrografici comprendono i seguenti elementi.

1. Descrizione generale delle caratteristiche del distretto idrografico, a norma dell’allegato 3. Essa include:

1.1. Per le acque superficiali:

– rappresentazione cartografica dell’ubicazione e del perimetro dei corpi idrici,

– rappresentazione cartografica delle ecoregioni e dei tipi di corpo idrico superficiale presenti nel bacino idrografico,

– segnalazione delle condizioni di riferimento per i tipi di corpo idrico superficiale.

1.2. Per le acque sotterranee:

– rappresentazione cartografica dell’ubicazione e del perimetro dei corpi idrici sotterranei.

2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dalle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee, comprese:

– stime sull’inquinamento da fonti puntuali,

– stime sull’inquinamento da fonti diffuse, con sintesi delle utilizzazioni del suolo,

– stime delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque, estrazioni comprese,

– analisi degli altri impatti antropici sullo stato delle acque.

3. Specificazione e rappresentazione cartografica delle aree protette, come prescritto dall’articolo 117 e dall’allegato 9 alla parte terza del presente decreto.

4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai fini dell’allegato 1 alla parte terza del presente decreto e rappresentazione cartografica dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati a norma di dette disposizioni per verificare lo stato delle:

4.1. acque superficiali (stato ecologico e chimico);

4.2. acque sotterranee (stato chimico e quantitativo);

4.3. aree protette.

5. Elenco degli obiettivi ambientali fissati per acque superficiali, acque sotterranee e aree protette, compresa in particolare la specificazione dei casi in cui è stato fatto ricorso all’articolo 77, comma 6,7,8,10 e alle informazioni connesse imposte da detto articolo.

6. Sintesi dell’analisi economica sull’utilizzo idrico prescritta dall’allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

7. Sintesi del programma o programmi di misure adottati, compresi i conseguenti modi in cui realizzare gli obiettivi.

7.1. Sintesi delle misure necessarie per attuare la normativa comunitaria sulla protezione delle acque.

7.2. Relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate in applicazione del principio del recupero dei costi dell’utilizzo idrico.

7.3. Sintesi delle misure adottate per soddisfare i requisiti previsti.

7.4. Sintesi dei controlli sull’estrazione e l’arginamento delle acque, con rimando ai registri e specificazione dei casi in cui sono state concesse esenzioni.

7.5. Sintesi dei controlli decisi per gli scarichi in fonti puntuali e per altre attività che producono un impatto sullo stato delle acque.

7.6. Specificazione dei casi in cui sono stati autorizzati scarichi diretti nelle acque sotterranee.

7.7. Sintesi delle misure adottate sulle sostanze prioritarie.

7.8. Sintesi delle misure adottate per prevenire o ridurre l’impatto degli episodi di inquinamento accidentale.

7.9. Sintesi delle misure adottate per i corpi idrici per i quali il raggiungimento degli obiettivi enunciati è improbabile,

7.10. Particolari delle misure supplementari ritenute necessarie per il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati.

7.11. Particolari delle misure adottate per scongiurare un aumento dell’inquinamento delle acque marine.

8. Repertorio di eventuali programmi o piani di gestione più dettagliati adottati per il distretto idrografico e relativi a determinati sottobacini, settori, tematiche o tipi di acque, corredato di una sintesi del contenuto.

9. Sintesi delle misure adottate in materia di informazione e consultazione pubblica, con relativi risultati e eventuali conseguenti modifiche del piano.

10. Elenco delle autorità competenti all’interno di ciascun distretto.

11. Referenti e procedure per ottenere la documentazione e le informazioni di base, in particolare dettagli sulle misure di controllo adottate e sugli effettivi dati del monitoraggio raccolti a norma dell’allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

B. Il primo e i successivi aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico comprendono anche quanto segue:

1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti alla versione precedente del piano di gestione, compresa una sintesi delle revisioni da effettuare;

2. valutazione dei progressi registrati per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio relativi al periodo coperto dal piano precedente, e motivazione per l’eventuale mancato raggiungimento degli stessi;

3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella versione precedente del piano di gestione e non realizzate;

4. sintesi di eventuali misure supplementari temporanee adottate, successivamente alla pubblicazione della versione precedente del piano di gestione del bacino idrografico.

Parte B. Piani di tutela delle acque

a) I Piani di tutela delle acque devono contenere:

1. Descrizione generale delle caratteristiche del bacino idrografico ai sensi dell’allegato 3. Tale descrizione include:

1.1 Per le acque superficiali:

– rappresentazione cartografica dell’ubicazione e del perimetro dei corpi idrici con indicazione degli ecotipi presenti all’interno del bacino idrografico e dei corpi idrici di riferimento così come indicato all’allegato 1, come modificato dall’Allegato 8 alla parte terza del presente decreto.

1.2 Per le acque sotterranee:

– rappresentazione cartografica della geometria e delle caratteristiche litostratografiche e idrogeologiche delle singole zone

– suddivisione del territorio in zone acquifere omogenee

2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dall’attività antropica sullo stato delle acque superficiali e sotterranee. Vanno presi in considerazione:

– stima dell’inquinamento in termini di carico (sia in tonnellate/anno che in tonnellate/mese) da fonte puntuale (sulla base del catasto degli scarichi),

– stima dell’impatto da fonte diffusa, in termine di carico, con sintesi delle utilizzazioni del suolo,

– stima delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque, derivanti dalle concessioni e dalle estrazioni esistenti,

– analisi di altri impatti derivanti dall’attività umana sullo stato delle acque.

3. Elenco e rappresentazione cartografica delle aree indicate al Titolo III, capo I, in particolare per quanto riguarda le aree sensibili e le zone vulnerabili così come risultano dalla eventuale reidentificazione fatta dalle Regioni.

4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai sensi dell’articolo 120 e dell’allegato 1 alla parte terza del presente decreto ed una rappresentazione in formato cartografico dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati in conformità a tali disposizioni per lo stato delle:

4.1 acque superficiali (stato ecologico e chimico)

4.2 acque sotterranee (stato chimico e quantitativo)

4.3 aree a specifica tutela

5. Elenco degli obiettivi definiti dalle autorità di bacino e degli obiettivi di qualità definiti per le acque superficiali, le acque sotterranee, includendo in particolare l’identificazione dei casi dove si é ricorso alle disposizioni dell’articolo 77, commi 4 e 5 e le associate informazioni richieste in conformità al suddetto articolo.

6. Sintesi del programma o programmi di misure adottati che deve contenere:

6.1 programmi di misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici

6.2 specifici programmi di tutela e miglioramento previsti ai fini del raggiungimento dei singoli obiettivi di qualità per le acque a specifica destinazione di cui al titolo II capo II

6.3 misure adottate ai sensi del Titolo III capo I

6.4 misure adottate ai sensi del titolo III capo II, in particolare :

– sintesi della pianificazione del bilancio idrico

– misure di risparmio e riutilizzo

6.5 misure adottate ai sensi titolo III del capo III, in particolare:

– disciplina degli scarichi

– definizione delle misure per la riduzione dell’inquinamento degli scarichi da fonte puntuale

– specificazione dei casi particolari in cui sono stati autorizzati scarichi

6.6 informazioni su misure supplementari ritenute necessarie al fine di soddisfare gli obiettivi ambientali definiti

6.7 informazioni delle misure intraprese al fine di evitare l’aumento dell’inquinamento delle acque marine in conformità alle convenzioni internazionali

6.8 relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate per l’applicazione del principio del recupero dei costi dei servizi idrici e sintesi dei piani finanziari predisposti ai sensi del presente decreto

7. Sintesi dei risultati dell’analisi economica, delle misure definite per la tutela dei corpi idrici e per il perseguimento degli obiettivi di qualità, anche allo scopo di una valutazione del rapporto costi benefici delle misure previste e delle azioni relative all’estrazione e distribuzione delle acque dolci, della raccolta e depurazione e riutilizzo delle acque reflue.

8. Sintesi dell’analisi integrata dei diversi fattori che concorrono a determinare lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici, al fine di coordinare le misure di cui al punto 6.3 e 6.4 per assicurare il miglior rapporto costi benefici delle diverse misure in particolare vanno presi in considerazione quelli riguardanti la situazione quantitativa del corpo idrico in relazione alle concessioni in atto e la situazione qualitativa in relazione al carico inquinante che viene immesso nel corpo idrico.

9. relazione sugli eventuali ulteriori programmi o piani più dettagliati adottati per determinati sottobacini.

b) Il primo aggiornamento del Piano di tutela delle acque tutti i successivi aggiornamenti dovranno inoltre includere:

1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti della precedente versione del Piano di tutela delle acque, incluso una sintesi delle revisioni da effettuare

2. valutazione dei progressi effettuati verso il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con la rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio per il periodo relativo al piano precedente, nonché la motivazione per il mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali

3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella precedente versione del Piano di gestione dei bacini idrografici non realizzate

4. sintesi di eventuali misure supplementari adottate successivamente alla data di pubblicazione della precedente versione del Piano di tutela del bacino idrografico.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 10     

ALLEGATO 5 ALLA PARTE TERZA

LIMITI DI EMISSIONE DEGLI SCARICHI IDRICI

1.SCARICHI IN CORPI D’ACQUA SUPERFICIALI

1.1 ACQUE REFLUE URBANE

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono conformarsi, secondo le cadenze temporali indicate, ai valori limiti definiti dalle Regioni in funzione degli obiettivi di qualità e, nelle more della suddetta disciplina, alle leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane:

– se esistenti devono conformarsi secondo le cadenze temporali indicate al medesimo articolo alle norme di emissione riportate nella tabella 1,

– se nuovi devono essere conformi alle medesime disposizioni dalla loro entrata in esercizio.

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono essere conformi alle norme di emissione riportate nelle tabelle 1 e 2. Per i parametri azoto totale e fosforo totale le concentrazioni o le percentuali di riduzione del carico inquinante indicate devono essere raggiunti per uno od entrambi i parametri a seconda della situazione locale.

Devono inoltre essere rispettati nel caso di fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali i valori limite di tabella 3 ovvero quelli stabiliti dalle Regioni.

Tabella 1. Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane.

--------------------------------------------------------------------------------
| Potenzialità impianto    |                         |                         |
| in A.E. (abitanti        |      2.000 - 10.000     |        >10.000          |
| equivalenti)             |                         |                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| Parametri (media         |Concentrazione|   % di   |Concentrazione|   % di   |
| giornaliera) (1)         |              | riduzione|              | riduzione|
--------------------------------------------------------------------------------
| BOD5 (senza              |   <= 25 (*)  | 70-90 (5)|   <= 25 (*)  |    80    |
| nitrificazione) mg/L (2) |              |          |              |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| COD mg/L (3)             |  <= 125 (*)  |    75    |  <= 125 (*)  |    75    |
--------------------------------------------------------------------------------
| Solidi Sospesi mg/L (4)  | <= 35 (5) (*)|  90 (5)  |   <= 35 (*)  |    90    |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) <= maggiore uguale

(1) Le analisi sugli scarichi provenienti da lagunaggio o fitodepurazione devono essere effettuati su campioni filtrati, la concentrazione di solidi sospesi non deve superare i 150 mg/L

(2) La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non filtrato, non decantato. Si esegue la determinazione dell’ossigeno disciolto anteriormente e posteriormente ad un periodo di incubazione di 5 giorni a 20 °C +- 1 °C, in completa oscurità, con aggiunta di inibitori di nitrificazione.

(3) La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non filtrato, non decantato con bicromato di potassio.

(4) La misurazione deve essere fatta mediante filtrazione di un campione rappresentativo attraverso membrana filtante con porosità di 0,45 mi greco m ed essicazione a 105 °C con conseguente calcolo del peso, oppure mediante centrifugazione per almeno 5 minuti (accelerazione media di 2800-3200 g), essiccazione a 105 °C e calcolo del peso.

(5) la percentuale di riduzione del BOD5 non deve essere inferiore a 40. Per i solidi sospesi la concentrazione non deve superare i 70 mg/L e la percentuale di abbattimento non deve essere inferiore al 70%.

Tabella 2. Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili.

--------------------------------------------------------------------------------
| Parametri (media annua)  |          Potenzialità impianto in A.E.            |
--------------------------------------------------------------------------------
|                          |    10.000 - 100.000     |       >100.000          |
--------------------------------------------------------------------------------
|                          |Concentrazione|   % di   |Concentrazione|   % di   |
|                          |              | riduzione|              | riduzione|
--------------------------------------------------------------------------------
| Fosforo totale           |   <= 2 (*)   |    80    |   <= 1 (*)   |    80    |
| (P mg/L) (1)             |              |          |              |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Azoto totale (N mg/L)    |   <= 15 (*)  |  70-80   |  <= 10 (*)   |  70-80   |
| (2) (3)                  |              |          |              |          |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) <= maggiore uguale

(1) Il metodo di riferimento per la misurazione è la spettrofotometria di assorbimento molecolare.

(2) Per azoto totale si intende la somma dell’azoto Kieldahl (N. organico + NH3) + azoto nitrico + azoto nitroso. Il metodo di riferimento per la misurazione è la spettrofotometria di assorbimento molecolare.

(3) In alternativa al riferimento alla concentrazione media annua, purché si ottenga un analogo livello di protezione ambientale, si può fare riferimento alla concentrazione media giornaliera che non può superare i 20 mg/L per ogni campione in cui la temperatura dell’effluente sia pari o superiore a 12 gradi centigradi. Il limite della concentrazione media giornaliera può essere applicato ad un tempo operativo limitato che tenga conto delle condizioni climatiche locali.

Il punto di prelievo per i controlli deve essere sempre il medesimo e deve essere posto immediatamente a monte del punto di immissione nel corpo recettore. Nel caso di controllo della percentuale di riduzione dell’inquinante, deve essere previsto un punto di prelievo anche all’entrata dell’impianto di trattamento. Di tali esigenze si dovrà tener conto anche nella progettazione e modifica degli impianti, in modo da agevolare l’esecuzione delle attività di controllo.

Per il controllo della conformità dei limiti indicati nelle tabelle 1 e 2 e di altri limiti definiti in sede locale vanno considerati i campioni medi ponderati nell’arco di 24 ore.

Per i parametri di tabella 1 il numero di campioni, ammessi su base annua, la cui media giornaliera può superare i limiti tabellari, è definito in rapporto al numero di misure come da schema seguente.

--------------------------------------------------------------------------------
|  campioni prelevati | numero massimo | campioni prelevati |  numero massimo  |
|    durante l'anno   | consentito di  |   durante l'anno   |   consentito di  |
|                     |  campioni non  |                    |   campioni non   |
|                     |    conformi    |                    |     conformi     |
--------------------------------------------------------------------------------
|        4 - 7        |        1       |      172 - 187     |        14        |
--------------------------------------------------------------------------------
|        8 - 16       |        2       |      188 - 203     |        15        |
--------------------------------------------------------------------------------
|       17 - 28       |        3       |      204 - 219     |        16        |
--------------------------------------------------------------------------------
|       29 - 40       |        4       |      220 - 235     |        17        |
--------------------------------------------------------------------------------
|       41 - 53       |        5       |      236 - 251     |        18        |
--------------------------------------------------------------------------------
|       54 - 67       |        6       |      252 - 268     |        19        |
--------------------------------------------------------------------------------
|       68 - 81       |        7       |      269 - 284     |        20        |
--------------------------------------------------------------------------------
|       82 - 95       |        8       |      285 - 300     |        21        |
--------------------------------------------------------------------------------
|       96 - 110      |        9       |      301 - 317     |        22        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      111 - 125      |       10       |      318 - 334     |        23        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      126 - 140      |       11       |      335 - 350     |        24        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      141 - 155      |       12       |      351 - 365     |        25        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      156 - 171      |       13       |                    |                  |
--------------------------------------------------------------------------------

In particolare si precisa che, per i parametri sotto indicati, i campioni che risultano non conformi, affinché lo scarico sia considerato in regola, non possono comunque superare le concentrazioni riportate in tabella 1 oltre la percentuale sotto indicata:

BOD5:              100%
COD:               100%
Solidi Sospesi     150%

Il numero minimo annuo di campioni per i parametri di cui alle tabelle 1 e 2 è fissato in base alla dimensione dell’impianto di trattamento e va effettuato dall’autorità competente ovvero dal gestore qualora garantisca un sistema di rilevamento e di trasmissione dati all’autorità di controllo, ritenuto idoneo da quest’ultimo, con prelievi ad intervalli regolari nel corso dell’anno, in base allo schema seguente.

--------------------------------------------------------------------------------
| potenzialità impianto  | numero campioni                                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| da 2000 a 9999 A.E.:   | 12 campioni il primo anno e 4 negli anni successivi,|
|                        | purché lo scarico sia conforme; se uno dei 4        |
|                        | campioni non è conforme, nell'anno successivo       |
|                        | devono essere prelevati 12 campioni                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| da 10000 a 49999 A.E.: | 12 campioni                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| oltre 50000 A.E.:      | 24 campioni                                         |
--------------------------------------------------------------------------------

I gestori degli impianti devono inoltre assicurare un sufficiente numero di autocontrolli (almeno uguale a quello del precedente schema) sugli scarichi dell’impianto di trattamento e sulle acque in entrata.

L’autorità competente per il controllo deve altresì verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 3. I parametri di tabella 3 che devono essere controllati sono solo quelli che le attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.

--------------------------------------------------------------------------------
|         potenzialità impianto        |            numero controlli           |
--------------------------------------------------------------------------------
| da 2000 a 9999                       | 1 volta l'anno                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| da 10000 a 49.999 A.E.               | 3 volte l'anno                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| oltre 49.999 A.E.                    | 6 volte l'anno                        |
--------------------------------------------------------------------------------

Valori estremi per la qualità delle acque in questione non sono presi in considerazione se essi sono il risultato di situazioni eccezionali come quelle dovute a piogge abbondanti.

I risultati delle analisi di autocontrollo effettuate dai gestori degli impianti devono essere messi a disposizione degli enti preposti al controllo. I risultati dei controlli effettuati dall’autorità competente e di quelli effettuati a cura dei gestori devono essere archiviati su idoneo supporto informatico secondo le indicazioni riportate nell’apposito decreto attuativo.

Ove le caratteristiche dei rifiuti da smaltire lo richiedano per assicurare il rispetto, da parte dell’impianto di trattamento di acque reflue urbane, dei valori limite di emissione in relazione agli standard di qualità da conseguire o mantenere nei corpi recettori interessati dallo scarico dell’impianto, l’autorizzazione prevede:

a) l’adozione di tecniche di pretrattamento idonee a garantire, all’ingresso dell’impianto di trattamento delle acque reflue, concentrazioni di inquinanti che non compromettono l’efficienza depurativa dell’impianto stesso;

b) l’attuazione di un programma di caratterizzazione quali-quantitativa che, in relazione a quanto previsto alla precedente lettera a), consenta controlli sistematici in entrata e in uscita agli impianti di pretrattamento dei rifiuti liquidi e a quelli di depurazione delle acque reflue;

c) l’adozione di sistemi di stoccaggio dei rifiuti liquidi da trattare tale da evitare la miscelazione con i reflui che hanno già subito il trattamento finale;

d) standard gestionali adeguati del processo depurativo e specifici piani di controllo dell’efficienza depurativa;

e) l’adozione di un sistema di autocontrolli basato, per quanto concerne la frequenza e le modalità di campionamento, su criteri statistici o di tipo casuale, comunque tali da rappresentare l’andamento nel tempo della/e reale/i concentrazione/i della/e sostanza/e da misurare analiticamente e da verificare, con un coefficiente di confidenza di almeno il 90%, la conformità o meno dei livelli di emissione ai relativi limiti. I risultati degli autocontrolli sono tenuti a disposizione delle autorità competenti per i quattro anni successivi alla data di rilascio/rinnovo dell’autorizzazione;

f) controlli dell’idoneità o meno all’utilizzo in agricoltura dei fanghi biologici prodotti dall’impianto di trattamento delle acque reflue in relazione a quanto disposto dal D.Lgs. 99/1992.

1.2 ACQUE REFLUE INDUSTRIALI.

1.2.1 Prescrizioni generali

Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali, devono essere conformi ai limiti di emissione indicati nella successiva tabella 3 o alle relative norme disposte dalle Regioni.

I valori limite di emissione che gli scarichi interessati non devono superare sono espressi, in linea di massima, in concentrazione.

Tuttavia, le regioni, nell’esercizio della loro autonomia, in attuazione dei piani di tutela delle acque, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui alla tabella 3 sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo.

In questo caso, i valori limite espressi in concentrazione devono essere coerenti, e comunque non possono essere superiori, con quelli in peso dell’elemento caratteristico dell’attività ed il relativo fabbisogno d’acqua, parametro quest’ultimo che varia in funzione dei singoli processi e stabilimenti.

Nel caso di attività ricadenti nell’allegato I del D.Lgs. 18 febbraio 2005 n. 59 (i valori limite di emissione possono essere definiti, in alternativa, per unità di prodotto in linea con quanto previsto con i BAT references comunitari e con le linee guida settoriali nazionali

Anche in questa ipotesi i valori limite espressi in quantità devono essere coerenti con quelli espressi in concentrazione, tenuto conto del fabbisogno d’acqua, parametro quest’ultimo che varia in funzione dei singoli processi e stabilimenti.

1.2.2 Determinazioni analitiche

Le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell’arco di tre ore. L’autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell’autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuità dello stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc.).

1.2.3 Specifiche prescrizioni per gli scarichi contenenti sostanze pericolose

1. tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove definito, della persistenza, bioaccumulabilità e della pericolosità delle sostanze, nonché della possibilità di utilizzare le migliori tecniche disponibili, le Regioni stabiliscono opportuni limiti di emissione in massa nell’unità di tempo (kg/mese).

2. Per cicli produttivi specificati nella tabella 3/A devono essere rispettati i limiti di emissione in massa per unità di prodotto o di materia prima di cui alla stessa tabella. Per gli stessi cicli produttivi valgono altresì i limiti di concentrazione indicati nelle tabella 3 allo scarico finale.

3. Tra i limiti di emissione in termini di massa per unità di prodotto, indicati nella tabella 3/A, e quelli stabiliti dalle Regioni in termini di massa nell’unità di tempo valgono quelli più cautelativi.

4. Ove il piano di tutela delle acque lo preveda per il raggiungimento degli standard di cui all’allegato 1 del presente decreto, l’autorità competente può individuare conseguenti prescrizioni adeguatamente motivate all’atto del rilascio e/o del rinnovo delle autorizzazioni agli scarichi che contengono le sostanze di cui all’allegato 5. Dette specifiche prescrizioni possono comportare:

a) l’adozione di misure tecniche, di progettazione, costruzione, esercizio o manutenzione dell’impianto in grado di assicurare il rispetto di valori limite di emissione più restrittivi di quelli fissati in tabella 3, fatto salvo il caso in cui sia accertato, attraverso campionamenti a monte ed a valle dell’area di impatto dello scarico, che la presenza nello scarico stesso di una o più sostanze non origina dal ciclo produttivo dell’insediamento ovvero è naturalmente presente nel corpo idrico. Il valore limite di emissione sarà fissato in rapporto con le priorità e le cadenze temporali degli interventi previsti nel piano di tutela delle acque approvato dalla regione e, in particolare, con quanto previsto nello stesso piano per assicurare la qualità delle acque a specifica destinazione funzionale;

b) l’adozione di un sistema di autocontrolli basato, per quanto concerne la frequenza e le modalità di campionamento, su criteri statistici o di tipo casuale, comunque tali da rappresentare l’andamento nel tempo della/e reale/i concentrazione/i della/e sostanza/e da misurare analiticamente e da verificare, con un coefficiente di confidenza di almeno il 90%, la conformità o meno dei livelli di emissione ai relativi limiti. I risultati degli autocontrolli sono tenuti a disposizione delle autorità competenti per i quattro anni successivi alla data di rilascio/rinnovo dell’autorizzazione.

1. le acque di raffreddamento di impianti pre-esistenti possono essere convogliate verso il corpo idrico recettore tramite un unico scarico comune ad altre acque di scarico, a condizione sia posto in essere un sistema di sorveglianza dello scarico che consenta la sistematica rilevazione e verifica dei limiti a monte il punto di miscelazione.

2. I punti 4 e 5 non si applicano agli scarichi che provengono da attività commerciali caratterizzate da modesta significatività con riferimento ai quantitativi annui di acque reflue complessivamente scaricate e che recapitano in pubblica fognatura.

2 SCARICHI SUL SUOLO

Nei casi previsti dall’articolo 103 comma 1 punto c), gli scarichi sul suolo devono rispettare i limiti previsti nella tabella 4.

Il punto di prelievo per i controlli è immediatamente a monte del punto di scarico sul suolo. Per gli impianti di depurazione naturale (lagunaggio, fitodepurazione) il punto di scarico corrisponde è quello all’uscita dall’impianto.

Le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell’arco di tre ore. L’autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell’autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuità dello stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc.).

Per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane si fa riferimento a un campione medio ponderato nell’arco di 24 ore.

Le distanze dal più vicino corpo idrico superficiale oltre le quali è permesso lo scarico sul suolo sono rapportate al volume dello scarico stesso secondo il seguente schema:

a) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane:

– metri – per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a 500 m3

– 2.500 metri – per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e 5000 m3

– 5.000 metri – per scarichi con portate giornaliere medie tra 5001 e 10.000 m3

b) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue industriali.

– 1.000 metri – per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a 100 m3

– 2.500 metri – per scarichi con portate giornaliere medie tra 101 e 500 m3

– 5.000 metri – per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e 2.000 m3

Gli scarichi aventi portata maggiore di quelle su indicate devono in ogni caso essere convogliati in corpo idrico superficiale, in fognatura o destinate al riutilizzo.

Per gli scarichi delle acque reflue urbane valgono gli stessi obblighi di controllo e di autocontrollo previsti per gli scarichi in acque superficiali.

L’autorità competente per il controllo deve verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 4. I parametri di tabella 4 da controllare sono solo quelli che le attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.

--------------------------------------------------------------------------------
|            volume scarico            |            numero controlli           |
--------------------------------------------------------------------------------
| sino a 2000 m3 al giorno             | 4 volte l'anno                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| oltre a 2000 m3 al giorno            | 8 volte l'anno                        |
--------------------------------------------------------------------------------

2.1 SOSTANZE PER CUI ESISTE IL DIVIETO DI SCARICO

Restano fermi i divieti di scarico sul suolo e nel sottosuolo delle seguenti sostanze:

– composti organo alogenati e sostanze che possono

– dare origine a tali composti nell’ambiente idrico

– composti organo fosforici

– composti organo stannici

– sostanze che hanno potere cancerogeno, mutageno e teratogeno in ambiente idrico o in concorso dello stesso

– mercurio e i suoi composti

– cadmio e i suoi composti

– oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti

– cianuri

– materie persistenti che possono galleggiare, restare in sospensione o andare a fondo e che possono disturbare ogni tipo di utilizzazione delle acque.

Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all’entrata in vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti.

Persiste inoltre il divieto di scarico diretto nelle acque sotterranee, in aggiunta alle sostanze su elencate, di:

1:     zinco          rame          nichel           cromo     
       piombo         selenio       arsenico         antimonio 
       molibdeno      titanio       stagno           bario     
       berillio       boro          uranio           vanadio   
       cobalto        tallio        tellurio         argento   

2: Biocidi e loro derivati non compresi nell’elenco del paragrafo precedente

3: Sostanze che hanno un effetto nocivo sul sapore ovvero sull’odore dei prodotti consumati dall’uomo derivati dall’ambiente idrico, nonché i composti che possono dare origine a tali sostanze nelle acque

4: Composti organosilicati tossici o persistenti e che possono dare origine a tali composti nelle acque ad eccezione di quelli che sono biologicamente innocui o che si trasformano rapidamente nell’acqua in sostanze innocue

5: Composti inorganici del fosforo e fosforo elementare

6: Oli minerali non persistenti ed idrocarburi di origine petrolifera non persistenti

7: Fluoruri

8: Sostanze che influiscono sfavorevolmente sull’equilibrio dell’ossigeno, in particolare ammoniaca e nitriti.

Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all’entrata in vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti.

3 INDICAZIONI GENERALI

I punti di scarico degli impianti i trattamento delle acque reflue urbane devono essere scelti, per quanto possibile, in modo da ridurre al minimo gli effetti sulle acque recettrici.

Tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con potenzialità superiore a 2.000 abitanti equivalenti, ad esclusione degli impianti di trattamento che applicano tecnologie depurative di tipo naturale quali la fitodepurazione e il lagunaggio, dovranno essere dotati di un trattamento di disinfezione da utilizzarsi in caso di eventuali emergenze relative a situazioni di rischio sanitario ovvero per garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientali o gli usi in atto del corpo idrico recettore.

In sede di approvazione del progetto dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane l’autorità competente dovrà verificare che l’impianto sia in grado di garantire che la concentrazione media giornaliera dell’azoto ammoniacale (espresso come N), in uscita dall’impianto di trattamento non superi il 30% del valore della concentrazione dell’azoto totale (espresso come N) in uscita dall’impianto di trattamento. Tale prescrizione non vale per gli scarichi in mare.

In sede di autorizzazione allo scarico, l’autorità competente:

a) fisserà il sistema di riferimento per il controllo degli scarichi di impianti di trattamento rispettivamente a: l’opzione riferita al rispetto della concentrazione o della percentuale di abbattimento il riferimento alla concentrazione media annua a alla concentrazione media giornaliera per il parametro “azoto totale ” della tabella 2

b) fisserà il limite opportuno relativo al parametro “Escherichia coli” espresso come UFC/100mL. Si consiglia un limite non superiore a 5000 UFC/100mL.

I trattamenti appropriati devono essere individuati con l ‘obiettivo di:

a) rendere semplice la manutenzione e la gestione

b) essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e organico

c) minimizzare i costi gestionali.

Questa tipologia di trattamento può equivalere ad un trattamento primario o ad un trattamento secondario a seconda della soluzione tecnica adottata e dei risultati depurativi raggiunti.

Per tutti gli agglomerati con popolazione equivalente compresa tra 50 e 2000 a.e, si ritiene auspicabile il ricorso a tecnologie di depurazione naturale quali il lagunaggio o la fitodepurazione, o tecnologie come i filtri percolatori o impianti ad ossidazione totale.

Peraltro tali trattamenti possono essere considerati adatti se opportunamente dimensionati, al fine del raggiungimento dei limiti della tabella 1, anche per tutti gli agglomerati in cui la popolazione equivalente fluttuante sia superiore al 30% della popolazione residente e laddove le caratteristiche territoriali e climatiche lo consentano.

Tali trattamenti si prestano, per gli agglomerati di maggiori dimensioni con popolazione equivalente compresa tra i 2000 e i 25000 a.e, anche a soluzioni integrate con impianti a fanghi attivi o a biomassa adesa, a valle del trattamento, con funzione di affinamento.

4 METODI DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI

Fatto salvo quanto diversamente specificato nelle tabelle 1, 2, 3, 4 circa i metodi analitici di riferimento, rimangono valide le procedure di controllo, campionamento e misura definite dalle normative in essere prima dell’entrata in vigore del presente decreto. Le metodiche di campionamento ed analisi saranno aggiornate con apposito decreto ministeriale su proposta dell’APAT.

Tabella 3. Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura.

--------------------------------------------------------------------------------
|  Numero |    PARAMETRI    | unità di |  Scarico in acque |  Scarico in rete  |
|parametro|                 |  misura  |    superficiali   |    fognaria (*)   |
--------------------------------------------------------------------------------
|       1 | pH              |          | 5,5-9,5           | 5,5-9,5           |
--------------------------------------------------------------------------------
|       2 | Temperatura     | °C       | (1)               | (1)               |
--------------------------------------------------------------------------------
|       3 | colore          |          | non percettibile  | non percettibile  |
|         |                 |          | con diluizione    | con diluizione    |
|         |                 |          | 1:20              | 1:40              |
--------------------------------------------------------------------------------
|       4 | odore           |          | non deve essere   | non deve essere   |
|         |                 |          | causa di molestie | causa di molestie |
--------------------------------------------------------------------------------
|       5 | materiali       |          | assenti           | assenti           |
|         | grossolani      |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|       6 | Solidi speciali | mg/L     | <= 80 (a)         | <= 200 (a)        |
|         | totali (2)      |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|       7 | BOD5 (come O2)  | mg/L     | <= 40 (a)         | <= 250 (a)        |
|         | (2)             |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|       8 | COD (come O2)   | mg/L     | <= 160 (a)        | <= 500 (a)        |
|         | (2)             |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|       9 | Alluminio       | mg/L     | <= 1 (a)          | <= 2,0 (a)        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      10 | Arsenico        | mg/L     | <= 0,5 (a)        | <= 0,5 (a)        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      11 | Bario           | mg/L     | <= 20 (a)         | -                 |
--------------------------------------------------------------------------------
|      12 | Boro            | mg/L     | <= 2 (a)          | <= 4 (a)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|      13 | Cadmio          | mg/L     | <= 0,02 (a)       | <= 0,02 (a)       |
--------------------------------------------------------------------------------
|      14 | Cromo totale    | mg/L     | <= 2 (a)          | <= 4 (a)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|      15 | Cromo VI        | mg/L     | <= 0,2 (a)        | <= 0,20 (a)       |
--------------------------------------------------------------------------------
|      16 | Ferro           | mg/L     | <= 2 (a)          | <= 4 (a)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|      17 | Manganese       | mg/L     | <= 2 (a)          | <= 4 (a)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|      18 | Mercurio        | mg/L     | <= 0,005 (a)      | <= 0,005 (a)      |
--------------------------------------------------------------------------------
|      19 | Nichel          | mg/L     | <= 2 (a)          | <= 4 (a)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|      20 | Piombo          | mg/L     | <= 0,2 (a)        | <= 0,3 (a)        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      21 | Rame            | mg/L     | <= 0,1 (a)        | <= 0,4 (a)        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      22 | Selenio         | mg/L     | <= 0,03 (a)       | <= 0,03 (a)       |
--------------------------------------------------------------------------------
|      23 | Stagno          | mg/L     | <= 10 (a)         |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      24 | Zinco           | mg/L     | <= 0,5 (a)        | <= 1,0 (a)        |
--------------------------------------------------------------------------------
|      25 | Cianuri totali  | mg/L     | <= 0,5 (a)        | <= 1,0 (a)        |
|         | (come CN)       |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      26 | Cloro attivo    | mg/L     | <= 0,2 (a)        | <= 0,3 (a)        |
|         | libero          |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      27 | Solfuri         | mg/L     | <= 1 (a)          | <= 2 (a)          |
|         | (come H2S)      |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      28 | Solfiti         | mg/L     | <= 1 (a)          | <= 2 (a)          |
|         | (come SO3)      |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      29 | Solfati         | mg/L     | <= 1000 (a)       | <= 1000 (a)       |
|         | (come SO4) (3)  |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      30 | Cloruri (3)     | mg/L     | <= 1200 (a)       | <= 1200 (a)       |
--------------------------------------------------------------------------------
|      31 | Fluoruri        | mg/L     | <= 6 (a)          | <= 12 (a)         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      32 | Fosforo totale  | mg/L     | <= 10 (a)         | <= 10 (a)         |
|         | (come P) (2)    |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      33 | Azoto           | mg/L     | <= 15 (a)         | <= 30 (a)         |
|         | ammoniacale     |          |                   |                   |
|         | (come NH4) (2)  |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      34 | Azoto nitroso   | mg/L     | <= 0,6 (a)        | <= 0,6 (a)        |
|         | (come N) (2)    |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      35 | Azoto nitrico   | mg/L     | <= 20 (a)         | <= 30 (a)         |
|         | (come N) (2)    |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      36 | Grassi e olii   | mg/L     | <= 20 (a)         | <= 40 (a)         |
|         | animali/vegetali|          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      37 | Idrocarburi     | mg/L     | <= 5 (a)          | <= 10 (a)         |
|         | totali          |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      38 | Fenoli          | mg/L     | <= 0,5 (a)        | <= 1 (a)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|      39 | Aldeidi         | mg/L     | <= 1 (a)          | <= 2 (a)          |
--------------------------------------------------------------------------------
|      40 | Solventi        | mg/L     | <= 0,2 (a)        | <= 0,4 (a)        |
|         | organici        |          |                   |                   |
|         | aromatici       |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      41 | Solventi        | mg/L     | <= 0,1 (a)        | <= 0,2 (a)        |
|         | organici        |          |                   |                   |
|         | azotati (4)     |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      42 | Tensioattivi    | mg/L     | <= 2 (a)          | <= 4 (a)          |
|         | totali          |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      43 | Pesticidi       | mg/L     | <= 0,10 (a)       | <= 0,10 (a)       |
|         | fosforati       |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      44 | Pesticidi totali| mg/L     | <= 0,05 (a)       | <= 0,05 (a)       |
|         | (esclusi i      |          |                   |                   |
|         | fosforati) (5)  |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|         | tra cui:        |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      45 | - aldrin        | mg/L     | <= 0,01 (a)       | <= 0,01 (a)       |
--------------------------------------------------------------------------------
|      46 | - dieldrin      | mg/L     | <= 0,01 (a)       | <= 0,01 (a)       |
--------------------------------------------------------------------------------
|      47 | - endrin        | mg/L     | <= 0,002 (a)      | <= 0,002 (a)      |
--------------------------------------------------------------------------------
|      48 | - isodrin       | mg/L     | <= 0,002 (a)      | <= 0,002 (a)      |
--------------------------------------------------------------------------------
|      49 | Solventi        | mg/L     | <= 1 (a)          | <= 2 (a)          |
|         | clorurati (5)   |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      50 | Escherichia     | UFC/100mL| nota              |                   |
|         | coli (4)        |          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|      51 | Saggio di       |          | il campione non è | il campione non è |
|         | tossicità acuta |          | accettabile quando| accettabile quando|
|         | (5)             |          | dopo 24 ore il    | dopo 24 ore il    |
|         |                 |          | numero degli      | numero degli      |
|         |                 |          | organismi immobili| organismi immobili|
|         |                 |          | è uguale o        | è uguale o        |
|         |                 |          | maggiore del 50%  | maggiore del 80%  |
|         |                 |          | del totale        | del totale        |
--------------------------------------------------------------------------------

(a) <= minore uguale

(*) I limiti per lo scarico in rete fognaria sono obbligatori in assenza di limiti stabiliti dall’autorità competente o in mancanza di un impianto finale di trattamento in grado di rispettare i limiti di emissione dello scarico finale. Limiti diversi devono essere resi conformi a quanto indicato alla nota 2 della tabella 5 relativa a sostanze pericolose.

(1) Per i corsi d’acqua la variazione massima tra temperature medie di qualsiasi sezione del corso d’acqua a monte e a valle del punto di immissione non deve superare i 3 °C. Su almeno metà di qualsiasi sezione a valle tale variazione non deve superare 1 °C. Per i laghi la temperatura dello scarico non deve superare i 30 °C e l’incremento di temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso superare i 3 °C oltre 50 metri di distanza dal punto di immissione. Per i canali artificiali, il massimo valore medio della temperatura dell’acqua di qualsiasi sezione non deve superare i 35 °C, la condizione suddetta è subordinata all’assenso del soggetto che gestisce il canale. Per il mare e per le zone di foce di corsi d’acqua non significativi, la temperatura dello scarico non deve superare i 35 °C e l’incremento di temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso superare i 3 °C oltre i 1000 metri di distanza dal punto di immissione. Deve inoltre essere assicurata la compatibilità ambientale dello scarico con il corpo recipiente ed evitata la formazione di barriere termiche alla foce dei fiumi.

(2) Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane valgono i limiti indicati in tabella 1 e, per le zone sensibili anche quelli di tabella 2. Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue industriali recapitanti in zone sensibili la concentrazione di fosforo totale e di azoto totale deve essere rispettivamente di 1 e 10 mg/L.

(2-bis) Tali limiti non valgono per gli scarichi in mare delle installazioni di cui all’ allegato VIII alla parte seconda, per i quali i rispettivi documenti di riferimento sulle migliori tecniche disponibili di cui all’ articolo 5, lettera 1 -ter.2), prevedano livelli di prestazione non compatibili con il medesimo valore limite. In tal caso, le Autorizzazioni Integrate Ambientali rilasciate per l’esercizio di dette installazioni possono prevedere valori limite di emissione anche piu’ elevati e proporzionati ai livelli di produzione, fermo restando l’obbligo di rispettare le direttive e i regolamenti dell’Unione europea, nonche’ i valori limite stabiliti dalle Best Available Technologies Conclusion e le prestazioni ambientali fissate dai documenti BREF dell’Unione europea per i singoli settori di attivita’ [1].

(3) Tali limiti non valgono per lo scarico in mare, in tal senso le zone di foce sono equiparate alle acque marine costiere, purché almeno sulla metà di una qualsiasi sezione a valle dello scarico non vengono disturbate le naturali variazioni della concentrazione di solfati o di cloruri.

(4) In sede di autorizzazione allo scarico dell’impianto per il trattamento di acque reflue urbane, da parte dell’autorità competente andrà fissato il limite più opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Si consiglia un limite non superiore ai 5000 UFC/100 mL.

(5) Il saggio di tossicità è obbligatorio. Oltre al saggio su Daphnia magna, possono essere eseguiti saggi di tossicità acuta su Ceriodaphnia dubia, Selenastrum capricornutum, batteri bioluminescenti o organismi quali Artemia salina, per scarichi di acqua salata o altri organismi tra quelli che saranno indicati ai sensi del punto 4 del presente allegato. In caso di esecuzione di più test di tossicità si consideri il risultato peggiore. Il risultato positivo della prova di tossicità non determina l’applicazione diretta delle sanzioni di cui al titolo V, determina altresì l’obbligo di approfondimento delle indagini analitiche, la ricerca delle cause di tossicità e la loro rimozione.

Tabella 3/A. Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi (**)

--------------------------------------------------------------------------------
| Settore produttivo       | Quantità scaricata per unità di | media  | media  |
|                          | prodotto (o capacità di         | mensile| giorno |
|                          | produzione)                     |        | (*)    |
--------------------------------------------------------------------------------
| Cadmio                                                                       |
--------------------------------------------------------------------------------
| Estrazione dello zinco,  |                                 |        |        |
| raffinazione del piombo  |                                 |        |        |
| e dello zinco, industria |                                 |        |        |
| dei metalli non ferrosi  |                                 |        |        |
| e del cadmio metallico   |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Fabbricazione dei        | g/kg grammi di Cd scaricato per |    0,5 |        |
| composti del cadmio      | chilogrammo di Cd trattato      |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di pigmenti   | g/kg (grammi di Cd scaricato    |    0,3 |        |
|                          | per chilogrammo di Cd trattato) |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Fabbricazione di         | g/kg al (grammi di Cd scaricato |    0,5 |        |
| stabilizzanti            | per chilogrammo di Cd trattato) |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Fabbricazione di batterie| g/kg al (grammi di Cd scaricato |    1,5 |        |
| primarie e secondarie    | per chilogrammo di Cd trattato) |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Galvanostegia            | g/kg al (grammi di Cd scaricato |    0,3 |        |
|                          | per chilogrammo di Cd trattato) |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Mercurio (settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini)                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Salamoia riciclata - da  | g Hg/t di capacità di           |    0,5 |        |
| applicare all'Hg presente| produzione di cloro, installata |        |        |
| negli effluenti          |                                 |        |        |
| provenienti dall'unità   |                                 |        |        |
| di produzione del cloro  |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Salamoia riciclata - da  | g Hg /t di capacità di          |      1 |        |
| applicare al totale del  | produzione di cloro, installata |        |        |
| Hg presente in tutte le  |                                 |        |        |
| acque di scarico         |                                 |        |        |
| contenenti Hg            |                                 |        |        |
| provenienti dall'area    |                                 |        |        |
| dello stabilimento       |                                 |        |        |
| industriale              |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Salamoia a perdere - da  | g Hg /t di capacità di          |      5 |        |
| applicare al totale del  | produzione di cloro, installata |        |        |
| Hg presente in tutte le  |                                 |        |        |
| acque di scarico         |                                 |        |        |
| contenenti Hg provenienti|                                 |        |        |
| dall'area dello          |                                 |        |        |
| stabilimento industriale.|                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Mercurio (settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini)   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Aziende che impiegano    | g/t capacità di produzione di   |    0,1 |        |
| catalizzatori all'Hg per | CVM                             |        |        |
| la produzione di cloruro |                                 |        |        |
| di vinile                |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Aziende che impiegano    | g/kg mercurio trattato          |      5 |        |
| catalizzatori all'Hg per |                                 |        |        |
| altre produzioni         |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Fabbricazione dei        | g/kg al mese mercurio trattato  |    0,7 |        |
| catalizzatori contenenti |                                 |        |        |
| Hg utilizzati per la     |                                 |        |        |
| produzione di CVM        |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Fabbricazione dei        | g/kg al mese mercurio trattato  |   0,05 |        |
| composti organici ed     |                                 |        |        |
| inorganici del mercurio  |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Fabbricazione di batterie| g/kg al mese mercurio trattato  |   0,03 |        |
| primarie contenenti Hg   |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Industrie dei metalli    |                                 |        |        |
| non ferrosi              |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| - Stabilimenti di        |                                 |        |        |
| ricupero del mercurio (1)|                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| - Estrazione e           |                                 |        |        |
| raffinazione di metalli  |                                 |        |        |
| non ferrosi (1)          |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Stabilimenti di          |                                 |        |        |
| trattamento dei rifiuti  |                                 |        |        |
| tossici contenenti       |                                 |        |        |
| mercurio                 |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Esaclorocicloesano (HCH) |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione HCH           | g HCH/t HCH prodotto            |      2 |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Estrazione lindano       | g HCH/t HCH trattato            |      4 |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione ed estrazione | g HCH/t HCH prodotto            |      5 |        |
| lindano                  |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| DDT                                                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione DDT compresa  | g/t di sostanze prodotte,       |      4 |      8 |
| la formulazione sul      | trattate o utilizzate - valore  |        |        |
| posto di DDT             | mensile                         |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Pentaclorofenolo (PCP)                                                       |
--------------------------------------------------------------------------------

| Produzione del PCP Na    | g/t di capacità di produzione   |     25 |     50 |
| idrolisi                 | o capacità di utilizzazione     |        |        |
| dell'esaclorobenzene     |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Aldrin, dieldrin, endrin, isodrin                                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione e formulazione| g/t capacità di produzione o    |      3 |     15 |
| di: Aldrin e/o dieldrin  | capacità di utilizzazione       |        |        |
| e/o endrin e/o isoldrin  |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione e trattamento | g HCB/t di capacità di          |     10 |        |
| di HCB                   | produzione di HCB               |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Esaclorobenzene (HCB)                                                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            | g HCB/t di capacità di          |    1,5 |        |
| percloroetilene (PER) e  | produzione totale di PER + CCl4 |        |        |
| di tetracloruro di       |                                 |        |        |
| carbonio (CCl4) mediante |                                 |        |        |
| perclorurazione          |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            |                                 |        |        |
| tricloroetilene e/o      |                                 |        |        |
| percloetilene con altri  |                                 |        |        |
| procedimenti (1)         |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Esaclorobutadiene                                                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            | g HCBD/t di capacità di         |    1,5 |        |
| percloroetilene (PER) e  | produzione totale di PER + CCl4 |        |        |
| di tetracloruro di       |                                 |        |        |
| carbonio (CCl4) mediante |                                 |        |        |
| perclorurazione          |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            |                                 |        |        |
| tricloroetilene e/o di   |                                 |        |        |
| percloroetilene mediante |                                 |        |        |
| altri procedimenti (1)   |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Cloroformio                                                                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione clorometani   | g CHCl3/t di capacità di        |     10 |        |
| del metanolo o da        | produzione di clorometani       |        |        |
| combinazione di metanolo |                                 |        |        |
| e metano                 |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione clorometani   | g CHCl3/t di capacità di        |    7,5 |        |
| mediante clorurazione    | produzione di clorometani       |        |        |
| del metano               |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Tetracloruro di carbonio                                                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            | g CCl4/t di capacità di         |     30 |     40 |
| tetracloruro di carbonio | produzione totale di CCl4 e     |        |        |
| mediante perclorurazione | di percloroetilene              |        |        |
| - procedimento con       |                                 |        |        |
| lavaggio                 |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            | g CCl4/t di capacità di         |    2,5 |      5 |
| tetracloruro di carbonio | produzione totale di CCl4 e     |        |        |
| mediante perclorurazione | di percloroetilene              |        |        |
| - procedimento senza     |                                 |        |        |
| lavaggio                 |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di clorometani|                                 |        |        |
| mediante clorurazione    |                                 |        |        |
| del metano (compresa la  |                                 |        |        |
| clorolisi sotto pressione|                                 |        |        |
| a partire dal metanolo)  |                                 |        |        |
| (1)                      |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            |                                 |        |        |
| clorofluorocarburi (1)   |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| 1,2 dicloroetano (EDC)                                                       |
--------------------------------------------------------------------------------
| Unicamente produzione    | g/t                             |    2,5 |      5 |
| 1,2 dicloroetano         |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione 1,2           | g/t                             |      5 |     10 |
| dicloroetano e           |                                 |        |        |
| trasformazione e/o       |                                 |        |        |
| utilizzazione nello      |                                 |        |        |
| stesso stabilimento      |                                 |        |        |
| tranne che per           |                                 |        |        |
| l'utilizzazione nella    |                                 |        |        |
| produzione di scambiatori|                                 |        |        |
| di calore                |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Utilizzazione di EDC per |                                 |        |        |
| lo sgrassaggio dei       |                                 |        |        |
| metalli (in stabilmenti  |                                 |        |        |
| industriali diversi da   |                                 |        |        |
| quelli del punto         |                                 |        |        |
| precedente) (2)          |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Trasformazione di 1,2    | g/t                             |    2,5 |      5 |
| dicloetano in sostanze   |                                 |        |        |
| diverse dal cloruro di   |                                 |        |        |
| vinile                   |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Tricloroetilene                                                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            | g/t                             |    2,5 |      5 |
| tricloroetilene (TRI) e  |                                 |        |        |
| di percloroetilene (PER) |                                 |        |        |
| (2)                      |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Utilizzazione TRI per lo | g/t                             |        |        |
| sgrassaggio dei metalli  |                                 |        |        |
| (2)                      |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
|                          |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Triclorobenzene (TCB)                                                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di TCB per    | g/t                             |     10 |        |
| disidroclorazione e/o    |                                 |        |        |
| trasformazione di TCB    |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione e             | g/t                             |    0,5 |        |
| trasformazione di        |                                 |        |        |
| clorobenzeni mediante    |                                 |        |        |
| clorazione (2)           |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Percloroetilene (PER)                                                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            | g/t                             |    2,5 |      5 |
| tricloroetilene (TRI) e  |                                 |        |        |
| di percloroetilene       |                                 |        |        |
| (procedimenti TRI-PER)   |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            | g/t                             |    2,5 |     20 |
| tetracloruro di carbonio |                                 |        |        |
| e di percloroetilene     |                                 |        |        |
| (procedimenti TETRA-PER) |                                 |        |        |
| (2)                      |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Utilizzazione di PER     |                                 |        |        |
| per lo sgrassaggio       |                                 |        |        |
| metalli (2)              |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Produzione di            |                                 |        |        |
| clorofluorocarbonio (1)  |                                 |        |        |
--------------------------------------------------------------------------------

Note alla tabella 3/A

(*) Qualora non diversamente indicato, i valori indicati sono riferiti a medie mensili. Ove non indicato esplicitamente si consideri come valore delle media giornaliera il doppio di quella mensile.

(**) Per i cicli produttivi che hanno uno scarico della sostanza pericolosa in questione, minore al quantitativo annuo indicato nello schema seguente, le autorità competenti all’autorizzazione possono evitare il procedimento autorizzativo. In tal caso valgono solo i limiti di tabella 3.

--------------------------------------------------------------------------------
| Sostanza pericolosa           | Quantità annua di sostanza inquinante        |
|                               | scaricata considerata                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Cadmio                        | 10 Kg/anno di Cd (nel caso di stabilimenti   |
|                               | di galvanostegia si applicano comunque i     |
|                               | limiti di tabella 3/A, quando la capacità    |
|                               | complessiva delle vasche di galvanostegia    |
|                               | super a 1,5 m3                               |
--------------------------------------------------------------------------------
| Mercurio (settore             | E' sempre richiesto il rispetto della        |
| dell'elettrolisi dei cloruri  | tabella 3/A.                                 |
| alcalini)                     |                                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| Mercurio (settore diverse     | 7,5 Kg/anno di Hg                            |
| dell'elettrolisi dei cloruri  |                                              |
| alcalini)                     |                                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| Esaclorocicloesano (HCH)      | 3 Kg/anno di HCH                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| DDT                           | 1 Kg/anno di DDT                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| Pentaclorofenolo (PCP)        | 3 Kg/anno di PCP                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| Aldrin, dieldrin, endrin,     | E' sempre richiesto il rispetto della        |
| isodrin                       | tabella 3/A.                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| Esaclorobenzene (HCB)         | 1 Kg/anno di HCB                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| Esaclorobutadiene (HCBB)      | 1 Kg/anno di HCBB                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Cloroformio                   | 30 Kg/anno di CHCL3                          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Tetracloruro di carbonio      | (30 Kg/anno di TETRA                         |
| TETRA)                        |                                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 1,2 dicloroetano (EDC)        | 30 Kg/anno di EDC                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Tricloroetilene (TRI)         | 30 Kg/anno di TRI                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Triclorobenzene (TCB)         | E' sempre richiesto il rispetto della        |
|                               | tabella 3/A.                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| Percloroetilene (PER)         | 30 Kg/anno di PER                            |
--------------------------------------------------------------------------------

(1) Per questi cicli produttivi non vi sono limiti di massa per unità di prodotto, devono essere rispettati, solo i limiti di concentrazione indicati in tabella 3 in relazione alla singola sostanza o alla famiglia di sostanze di appartenenza.

(2) Per questi cicli produttivi non vengono indicati i limiti di massa per unità di prodotto, ma devono essere rispettati, oltre ai limiti di concentrazione indicati in tabella 3 per la famiglia di sostanze di appartenenza, i seguenti limiti di concentrazione:

--------------------------------------------------------------------------------
|                                                          |  Media  |  Media  |
|                                                          |  giorno |   mese  |
|                                                          |   mg/L  |    mg/L |
--------------------------------------------------------------------------------
| 1,2 dicloroetano (EDC) Utilizzazione di EDC per lo       |     0,2 |     0,1 |
| sgrassaggio dei metalli in stabilimenti industriali      |         |         |
| diversi da quelli che producono, trasformano e/o         |         |         |
| utilizzano EDC nello stesso stabilimento                 |         |         |
--------------------------------------------------------------------------------
| Tricloroetilene (TRI) Produzione di tricloroetilene      |     0,5 |       1 |
| (TRI) e di percloroetilene (PER)                         |         |         |
--------------------------------------------------------------------------------
| Utilizzazione TRI per lo sgrassaggio dei metalli         |     0,2 |     0,2 |
--------------------------------------------------------------------------------
| Triclorobenzene (TCB) Produzione e trasformazione di     |     0,1 |    0,05 |
| clorobenzeni mediante clorazione                         |         |         |
--------------------------------------------------------------------------------
| Percloroetilene (PER) Produzione di tricloroetilene      |       1 |     0,5 |
| (TRI) e di percloroetilene (Procedimenti TRI-PER)        |         |         |
--------------------------------------------------------------------------------
| Utilizzazione di PER per lo sgrassaggio metalli          |     0,2 |     0,1 |
--------------------------------------------------------------------------------

Per verificare che gli scarichi soddisfano i limiti indicati nella tabella 3/A deve essere prevista una procedura di controllo che prevede:

– il prelievo quotidiano di un campione rappresentativo degli scarichi effettuati nel giro di 24 ore e la misurazione della concentrazione della sostanza in esame;

– la misurazione del flusso totale degli scarichi nello stesso arco di tempo.

La quantità di sostanza scaricata nel corso di un mese si calcola sommando le quantità scaricate ogni giorno nel corso del mese. Tale quantità va divisa per la quantità totale di prodotto o di materia prima.

Tabella 4. Limiti di emissione per le acque reflue urbane ed industriali che recapitano sul suolo

--------------------------------------------------------------------------------
|                              |  unità di  | (il valore della concentrazione  |
|                              |   misura   | deve essere minore o uguale a    |
|                                           | quello indicato)                 |
--------------------------------------------------------------------------------
|  1 | pH                      |            | 6-8                              |
--------------------------------------------------------------------------------
|  2 | SAR                     |            | 10                               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  3 | Materiali grossolani    | -          | assenti                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|  4 | Solidi sospesi totali   | mg/L       | 25                               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  5 | BOD5                    | mg O2/L    | 20                               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  6 | COD                     | mg O2/L    | 100                              |
--------------------------------------------------------------------------------
|  7 | Azoto totale            | mg N /L    | 15                               |
--------------------------------------------------------------------------------
|  8 | Fosforo totale          | mg P/L     | 2                                |
--------------------------------------------------------------------------------
|  9 | Tensioattivi totali     | mg/L       | 0,5                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 10 | Alluminio               | mg/L       | 1                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| 11 | Berillio                | mg/L       | 0,1                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12 | Arsenico                | mg/L       | 0,05                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| 13 | Bario                   | mg/L       | 10                               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 14 | Boro                    | mg/L       | 0,5                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 15 | Cromo totale            | mg/L       | 1                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| 16 | Ferro                   | mg/L       | 2                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| 17 | Manganese               | mg/L       | 0,2                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 18 | Nichel                  | mg/L       | 0,2                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 19 | Piombo                  | mg/L       | 0,1                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 20 | Rame                    | mg/L       | 0,1                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 21 | Selenio                 | mg/L       | 0,002                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 22 | Stagno                  | mg/L       | 3                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| 23 | Vanadio                 | mg/L       | 0,1                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 24 | Zinco                   | mg/L       | 0,5                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 25 | Solfuri                 | mg H2S/L   | 0,5                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 26 | Solfiti                 | mg SO3/L   | 0,5                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 27 | Solfati                 | mgSO4/L    | 500                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 28 | Cloro attivo            | mg/L       | 0,2                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 29 | Cloruri                 | mg Cl/L    | 200                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 30 | Fluoruri                | mg F/L     | 1                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| 31 | Fenoli totali           | mg/L       | 0,1                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 32 | Aldeidi totali          | mg/L       | 0,5                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 33 | Solventi organici       | mg/L       | 0,01                             |
|    | aromatici totali        |            |                                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| 34 | Solventi organici       | mg/L       | 0,01                             |
|    | azotati totali          |            |                                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| 35 | Saggio di tossicità su  | LC5024h    | il campione non è accettabile    |
|    | Daphnia magna (vedi     |            | quando dopo 24 ore il numero     |
|    | nota 8 di tabella 3)    |            | degli organismi immobili è uguale|
|    |                         |            | maggiore del 50% del totale      |
--------------------------------------------------------------------------------
| 36 | Escherichia coli (1)    | UFC/100 mL |                                  |
--------------------------------------------------------------------------------

(1) In sede di autorizzazione allo scarico dell’impianto per il trattamento di acque reflue urbane, da parte dell’autorità competente andrà fissato il limite più opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Si consiglia un limite non superiore ai 5000 UFC/100 mL.

Tabella 5. Sostanze per le quali non possono essere adottati limiti meno restrittivi di quelli indicati in tabella 3, per lo scarico in acque superficiali (1) e per lo scarico in rete fognaria (2), o in tabella 4 per lo scarico sul suolo

--------------------------------------------------------------------------------
|  1 | Arsenico                                                                |
--------------------------------------------------------------------------------
|  2 | Cadmio                                                                  |
--------------------------------------------------------------------------------
|  3 | Cromo totale                                                            |
--------------------------------------------------------------------------------
|  4 | Cromo esavalente                                                        |
--------------------------------------------------------------------------------
|  5 | Mercurio                                                                |
--------------------------------------------------------------------------------
|  6 | Nichel                                                                  |
--------------------------------------------------------------------------------
|  7 | Piombo                                                                  |
--------------------------------------------------------------------------------
|  8 | Rame                                                                    |
--------------------------------------------------------------------------------
|  9 | Selenio                                                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 10 | Zinco                                                                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 11 | Fenoli                                                                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12 | Oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera           |
|    | persistenti                                                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| 13 | Solventi organici aromatici                                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| 14 | Solventi organici azotati                                               |
--------------------------------------------------------------------------------
| 15 | Composti organici alogenati (compresi i pesticidi clorurati)            |
--------------------------------------------------------------------------------
| 16 | Pesticidi fosforiti                                                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 17 | Composti organici dello stagno                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
| 18 | Sostanze classificate contemporaneamente "cancerogene" (R45) e          |
|    | "pericolose per l'ambiente acquatico" (R50 e 51/53) ai sensi del        |
|    | decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modifiche      |
--------------------------------------------------------------------------------

(1) Per quanto riguarda gli scarichi in corpo idrico superficiale, nel caso di insediamenti produttivi aventi scarichi con una portata complessiva media giornaliera inferiore a 50 m³, per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 15, 16, 17 e 18 le regioni e le province autonome nell’ambito dei piani di tutela, possono ammettere valori di concentrazione che superano di non oltre il 50% i valori indicati nella tabella 3, purché sia dimostrato che ciò non comporti un peggioramento della situazione ambientale e non pregiudica il raggiungimento gli obiettivi ambientali.

(2) Per quanto riguarda gli scarichi in fognatura, purché sia garantito che lo scarico finale della fognatura rispetti i limiti di tabella 3, o quelli stabiliti dalle regioni, l’ente gestore può stabilire per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 14, 15, 16 e 17, limiti di accettabilità i cui valori di concentrazione superano quello indicato in tabella 3.

Tabella 6 – Peso vivo medio corrispondente ad una produzione di 340 Kg di azoto per anno, al netto delle perdite di rimozione e stoccaggio, da considerare ai fini dell’assimilazione alle acque reflue domestiche (art. 101, co. 7, lett. b))

--------------------------------------------------------------------------------
| Categoria animale allevata                      |  Peso vivo medio per anno  |
|                                                 |             (t)            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Scrofe con suinetti fino a 30 kg                |             3,4            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Suini in accrescimento/ingrasso                 |             3,0            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Vacche da latte in produzione                   |             2,5            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Rimonta vacche da latte                         |             2,8            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Bovini all'ingrasso                             |             4,0            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Galline ovaiole                                 |             1,5            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Polli da carne                                  |             1,4            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Tacchini                                        |             2,0            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Cunicoli                                        |             2,4            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ovicaprini                                      |             3,4            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Equini                                          |             4,9            |
--------------------------------------------------------------------------------

[1] Nota inserita dall’articolo 13, comma 7, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 11     

ALLEGATO 6 ALLA PARTE TERZA

CRITERI PER LA INDIVIDUAZIONE DELLE AREE SENSIBILI

Si considera area sensibile un sistema idrico classificabile in uno dei seguenti gruppi:

a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici.

Per individuare il nutriente da ridurre mediante ulteriore trattamento, vanno tenuti in considerazione i seguenti elementi:

i) nei laghi e nei corsi d’acqua che si immettono in laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione la sostanza da eliminare è il fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento non avrebbe alcuno effetto sul livello dell’eutrofizzazione. Nel caso di scarichi provenienti da ampi agglomerati si può prevedere di eliminare anche l’azoto;

ii) negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti, se, da un lato, gli scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza irrilevante, dall’altro, quelli provenienti da agglomerati più estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del fosforo e/o dell’azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione;

b) acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una concentrazione di nitrato superiore a 50 mg/L (stabilita conformemente alle disposizioni pertinenti della direttiva 75/440 concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione d’acqua potabile);

c) aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un trattamento supplementare al trattamento secondario al fine di conformarsi alle prescrizioni previste dalla presente norma.

Ai sensi del comma 1 lettera a) dell’articolo 91, sono da considerare in prima istanza come sensibili i laghi posti ad un’altitudine sotto i 1.000 sul livello del mare e aventi una superficie dello specchio liquido almeno di 0,3 km2.

Nell’identificazione di ulteriori aree sensibili, oltre ai criteri di cui sopra, le Regioni dovranno prestare attenzione a quei corpi idrici dove si svolgono attività tradizionali di produzione ittica.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 12     

ALLEGATO 7 ALLA PARTE TERZA

PARTE A – ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA

Parte AI

Criteri per l’individuazione delle zone vulnerabili

Si considerano zone vulnerabili le zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali di scarichi.

Tali acque sono individuate, in base tra l’altro dei seguenti criteri:

1. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come NO-3) (3 è deponente) nelle acque dolci superficiali, in particolare quelle destinate alla produzione di acqua potabile, se non si interviene;

2. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come NO-3) (3 è deponente) nelle acque dolci sotterranee, se non si interviene;

3. la presenza di eutrofizzazione oppure la possibilità del verificarsi di tale fenomeno nell’immediato futuro nei laghi naturali di acque dolci o altre acque dolci, estuari, acque costiere e marine, se non si interviene.

Nell’individuazione delle zone vulnerabili, le regioni tengono conto pertanto:

1. delle caratteristiche fisiche e ambientali delle acque e dei terreni che determinano il comportamento dei nitrati nel sistema acqua/terreno;

2. del risultato conseguibile attraverso i programmi d’azione adottati;

3. delle eventuali ripercussioni che si avrebbero nel caso di mancato intervento.

Controlli da eseguire ai fini della revisione delle zone vulnerabili

Ai fini di quanto disposto dal comma 4 dell’articolo 92, la concentrazione dei nitrati deve essere controllata per il periodo di durata pari almeno ad un anno:

– nelle stazioni di campionamento previste per la classificazione dei corpi idrici sotterranei e superficiali individuate secondo quanto previsto dall’allegato 1 al decreto;

– nelle altre stazioni di campionamento previste al Titolo II Capo II relativo al controllo delle acque destinate alla produzione di acque potabili, almeno una volta al mese e più frequentemente nei periodi di piena;

– nei punti di prelievo, controllati ai sensi del D.P.R. n. 236/1988, delle acque destinate al consumo umano.

Il controllo va ripetuto almeno ogni quattro anni. Nelle stazioni dove si è riscontrata una concentrazione di nitrati inferiore a 25 mg/L (espressi come NO-3) (3 è deponente) il programma di controllo può essere ripetuto ogni otto anni, purché non si sia manifestato alcun fattore nuovo che possa aver incrementato il tenore dei nitrati.

Ogni quattro anni è sottoposto a riesame lo stato eutrofico delle acque dolci superficiali, di transizione e costiere, adottando di conseguenza i provvedimenti del caso.

Nei programmi di controllo devono essere applicati i metodi di misura di riferimento previsti al successivo punto.

Metodi di riferimento

Concimi chimici

Il metodo di analisi dei composti dell’azoto è stabilito in conformità al D.M. 19 luglio 1989 – Approvazione dei metodi ufficiali di analisi per i fertilizzanti.

Acque dolci, acque costiere e acque marine

Il metodo di analisi per la rilevazione della concentrazione di nitrati è la spettrofotometria di assorbimento molecolare. I laboratori che utilizzano altri metodi di misura devono accertare la comparabilità dei risultati ottenuti.

Parte AII

Aspetti metodologici

1. L’individuazione delle zone vulnerabili viene effettuata tenendo conto dei carichi (specie animali allevate, intensità degli allevamenti e loro tipologia, tipologia dei reflui che ne derivano e modalità di applicazione al terreno, coltivazioni e fertilizzazioni in uso) nonché dei fattori ambientali che possono concorrere a determinare uno stato di contaminazione.

Tali fattori dipendono:

– dalla vulnerabilità intrinseca delle formazioni acquifere ai fluidi inquinanti (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi);

– dalla capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell’inquinante (caratteristiche di tessitura, contenuto di sostanza organica ed altri fattori relativi alla sua composizione e reattività chimico-biologica);

– dalle condizioni climatiche e idrologiche;

– dal tipo di ordinamento colturale e dalle relative pratiche agronomiche.

Gli approcci metodologici di valutazione della vulnerabilità richiedono un’idonea ed omogenea base di dati e a tal proposito si osserva che sul territorio nazionale sono presenti:

– aree per cui sono disponibili notevoli conoscenze di base e già è stata predisposta una mappatura della vulnerabilità a scala di dettaglio sia con le metodologie CNR-GNDCI [2] che con sistemi parametrici;

– aree nelle quali, pur mancando studi e valutazioni di vulnerabilità, sono disponibili dati sufficienti per effettuare un’indagine di carattere orientativo e produrre un elaborato cartografico a scala di riconoscimento;

– aree in cui le informazioni sono molto carenti o frammentarie ed è necessario ricorrere ad una preventiva raccolta di dati al fine di applicare le metodologie di base studiate in àmbito CNR-GNDCI.

Al fine di individuare sull’intero territorio nazionale le zone vulnerabili ai nitrati si ritiene opportuno procedere ad un’indagine preliminare di riconoscimento, che deve essere in seguito revisionata sulla base di aggiornamenti successivi conseguenti anche ad eventuali ulteriori indagini di maggiore dettaglio.

[2] Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche.

2. Indagine preliminare di riconoscimento

La scala cartografica di rappresentazione prescelta è 1:250.000 su base topografica preferibilmente informatizzata.

Obiettivo dell’indagine di riconoscimento è l’individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti. In tale fase dell’indagine non è necessario separare più classi di vulnerabilità.

In prima approssimazione i fattori critici da considerare nell’individuazione delle zone vulnerabili sono:

a) presenza di un acquifero libero o parzialmente confinato (ove la connessione idraulica con la superficie è possibile) e, nel caso di rocce litoidi fratturate, presenza di un acquifero a profondità inferiore a 50 m, da raddoppiarsi in zona a carsismo evoluto;

b) presenza di una litologia di superficie e dell’insaturo prevalentemente permeabile (sabbia, ghiaia o litotipi fratturati);

c) presenza di suoli a capacità di attenuazione tendenzialmente bassa (ad es. suoli prevalentemente sabbiosi, o molto ghiaiosi, con basso tenore di sostanza organica, poco profondi).

La concomitanza delle condizioni sopra esposte identifica le situazioni di maggiore vulnerabilità.

Vengono escluse dalle zone vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile purché continuo.

L’indagine preliminare di riconoscimento delle zone vulnerabili viene effettuata:

a) per le zone ove è già disponibile una mappatura a scala di dettaglio o di sintesi, mediante accorpamento delle aree classificate ad alta, elevata ed estremamente elevata vulnerabilità;

b) per le zone dove non è disponibile una mappatura ma esistono sufficienti informazioni geo-pedologico-ambientali, mediante il metodo di valutazione di zonazione per aree omogenee (metodo CNR-GNDCI) o il metodo parametrico;

c) per le zone dove non esistono sufficienti informazioni, mediante dati esistenti e/o rapidamente acquisibili e applicazione del metodo CNR-GNDCI, anche ricorrendo a criteri di similitudine.

3. Aggiornamenti successivi.

L’indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili.

Con il supporto delle ARPA, ove costituite, deve essere avviata una indagine finalizzata alla stesura di una cartografia di maggiore dettaglio (1:50.000-100.000) per convogliare la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle zone più problematiche.

Obiettivo di questa indagine è l’individuazione dettagliata della “vulnerabilità specifica” degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la “vulnerabilità intrinseca” degli acquiferi e la capacità di attenuazione del suolo, dell’insaturo e dell’acquifero.

Il prodotto di tale indagine può essere soggetto ad aggiornamenti sulla base di nuove conoscenze e dei risultati della sperimentazione. E’ opportuno gestire i dati raccolti mediante un sistema GIS.

4. Le amministrazioni possono comunque intraprendere studi di maggior dettaglio quali strumenti di previsione e di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati alla valutazione della vulnerabilità e dei rischi presenti in siti specifici (campi, pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all’interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare con maggiore definizione le eventuali misure da adottare nel tempo e nello spazio.

Parte AIII

Zone vulnerabili designate

In fase di prima attuazione sono designate vulnerabili all’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole le seguenti zone:

– quelle già individuate dalla Regione Lombardia con il regolamento attuativo della legge regionale 15 dicembre 1993, n. 37;

– quelle già individuate dalla Regione Emilia-Romagna con la deliberazione del Consiglio regionale 11 febbraio 1997, n. 570;

– la zona delle conoidi delle province di Modena, Reggio Emilia e Parma;

– l’area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all’articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305 del bacino Burana Po di Volano della provincia di Ferrara;

– l’area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all’articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305 dei bacini dei fiumi Fissero, Canal Bianco e Po di Levante (della regione Veneto).

Tale elenco viene aggiornato, su proposta delle Regioni interessate, sulla base dei rilevamenti e delle indagini svolte.

Parte AIV

Indicazioni e misure per i programmi d’azione

I programmi d’azione sono obbligatori per le zone vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonché delle condizioni ambientale locali.

1. I programmi d’azione includono misure relative a:

1.1) i periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;

1.2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l’immagazzinamento nel periodo più lungo, durante il quale è proibita l’applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all’autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluente superiore all’effettiva capacità d’immagazzinamento verrà gestito senza causare danno all’ambiente;

1.3) la limitazione dell’applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata; in particolare si deve tener conto:

a) delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo;

b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell’irrigazione;

c) dell’uso del terreno e delle pratiche agricole, inclusi i sistemi di rotazione e di avvicendamento colturale.

Le misure si basano sull’equilibrio tra il prevedibile fabbisogno di azoto delle colture, e l’apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente:

– alla quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanente alla fine dell’inverno);

– all’apporto di composti di azoto provenienti dalla mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico presenti nel terreno;

– all’aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di allevamento;

– all’aggiunta di composti di azoto provenienti da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.

I programmi di azione devono contenere almeno le indicazioni riportate nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili.

2. Le misure devono garantire che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente zootecnico sparso sul terreno ogni anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro.

Tuttavia per i primi due anni del programma di azione il quantitativo di affluente utilizzabile può essere elevato fino ad un apporto corrispondente a 210 kg di azoto per ettaro. I predetti quantitativi sono calcolati sulla base del numero e delle categorie degli animali.

Ai fini del calcolo degli apporti di azoto provenienti dalle diverse tipologie di allevamento si terrà conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali.

3. Durante e dopo i primi quattro anni di applicazione del programma d’azione le regioni in casi specifici possono fare istanza al Ministero dell’ambiente per lo spargimento di quantitativi di effluenti di allevamento diversi da quelli sopra indicati, ma tali da non compromettere le finalità, da motivare e giustificare in base a criteri obiettivi relativi alla gestione del suolo e delle colture, quali:

– stagioni di crescita prolungate;

– colture con grado elevato di assorbimento di azoto;

– terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione.

Il Ministero dell’ambiente, acquisito il parere favorevole della Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste all’articolo 9 della direttiva 91/676/CEE, può concedere lo spargimento di tali quantitativi.

PARTE B – ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI FITOSANITARI

Parte BI

Criteri per l’individuazione

1. Le Regioni e le Province autonome individuano le aree in cui richiedere limitazioni o esclusioni d’impiego, anche temporanee, di prodotti fitosanitari autorizzati, allo scopo di proteggere le risorse idriche e altri comparti rilevanti per la tutela sanitaria o ambientale, ivi inclusi l’entomofauna utile e altri organismi utili, da possibili fenomeni di contaminazione. Un’area è considerata area vulnerabile quando l’utilizzo al suo interno dei prodotti fitosanitari autorizzati pone in condizioni di rischio le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti.

2. Il Ministero della Sanità ai sensi dell’art. 5, comma 20 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, su documentata richiesta delle Regioni e delle Province autonome, sentita la Commissione consultiva di cui all’articolo 20 dello stesso decreto legislativo, dispone limitazioni o esclusioni d’impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.

3. Le Regioni e le Province autonome provvedono entro un anno, sulla base dei criteri indicati nella parte BIII di questo allegato, alla prima individuazione e cartografia delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari ai fini della tutela delle risorse idriche sotterranee.

Successivamente alla prima individuazione, tenendo conto degli aspetti metodologici indicati nella parte BIII, punto 3, le Regioni e le Province autonome provvedono ad effettuare la seconda individuazione e la stesura di una cartografia di maggiore dettaglio delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari.

4. Possono essere considerate zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari ai fini della tutela di zone di rilevante interesse naturalistico e della protezione di organismi utili, ivi inclusi insetti e acari utili, uccelli insettivori, mammiferi e anfibi, le aree naturali protette, o porzioni di esse, indicate nell’Elenco Ufficiale di cui all’art. 5 della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

5. Le Regioni e le Province autonome predispongono programmi di controllo per garantire il rispetto delle limitazioni o esclusioni d’impiego dei prodotti fitosanitari disposte, su loro richiesta, dal Ministero della Sanità. Esse forniscono al Ministero dell’Ambiente e all’Agenzia Nazionale per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) i dati relativi all’individuazione e alla cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari.

6. L’APAT e le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente forniscono supporto tecnico-scientifico alle Regioni e alle Province autonome al fine di:

a) promuovere uniformità d’intervento nelle fasi di valutazione e cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari;

b) garantire la congruità delle elaborazioni cartografiche e verificare la qualità delle informazioni ambientali di base (idrogeologiche, pedologiche, ecc.).

7. L’APAT promuove attività di ricerca nell’ambito delle problematiche relative al destino ambientale dei prodotti fitosanitari autorizzati. Tali attività hanno il fine di acquisire informazioni intese a migliorare e aggiornare i criteri di individuazione delle aree vulnerabili per i comparti del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché degli organismi non bersaglio.

Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio provvede, tenuto conto delle informazioni acquisite e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad aggiornare i criteri per l’individuazione delle aree vulnerabili.

Parte BII

Aspetti metodologici

1. Come per le zone vulnerabili da nitrati, anche nel caso dei fitofarmaci si prevedono due fasi di individuazione delle aree interessate dal fenomeno: una indagine di riconoscimento (prima individuazione) e un’indagine di maggiore dettaglio (seconda individuazione).

2. Indagine preliminare di riconoscimento.

Per la prima individuazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari si adotta un tipo di indagine, alla scala di 1:250.000, simile a quella indicata in precedenza nella Parte AII di questo allegato.

2.1 La prima individuazione delle aree vulnerabili comprende, comunque, le aree per le quali le attività di monitoraggio hanno già evidenziato situazioni di compromissione dei corpi idrici sotterranei sulla base degli standard delle acque destinate al consumo umano indicati dal D.P.R. n. 236 del 1988 per il parametro 55 (antiparassitari e prodotti assimilabili).

Sono escluse, invece, le situazioni in cui la natura delle formazioni rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste la protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile o da un suolo molto reattivo.

Vengono escluse dalle aree vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile, purché continuo, o da un suolo molto reattivo.

2.2 Obiettivo dell’indagine preliminare di riconoscimento non è la rappresentazione sistematica delle caratteristiche di vulnerabilità degli acquiferi, quanto piuttosto la individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti.

Per queste attività si rinvia agli aspetti metodologici già indicati nella Parte AII di questo allegato.

2.3 Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l’applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d’impiego ci si potrà avvalere di parametri, indici, modelli e sistemi di classificazione che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione.

3. Aggiornamenti successivi

L’indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenli e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili.

Questa successiva fase di lavoro, che può procedere parallelamente alle indagini e cartografie maggiore dettaglio, può prevedere inoltre la designazione di più di una classe di vulnerabilità (al massimo 3) riferita ai gradi più elevati e la valutazione della vulnerabilità in relazione alla capacità di attenuazione del suolo, in modo tale che si possa tenere conto delle caratteristiche intrinseche dei prodotti fitosanitari per poterne stabilire limitazioni o esclusioni di impiego sulla base di criteri quanto più possibile obiettivi.

3.1 La seconda individuazione e cartografia è restituita ad una scala maggiormente dettagliata (1:50.000-1:100.000): successivamente o contestualmente alle fasi descritte in precedenza, compatibilmente con la situazione conoscitiva di partenza e con le possibilità operative delle singole amministrazioni, deve essere avviata una indagine con scadenze a medio/lungo termine. Essa convoglia la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle aree più problematiche, già individuate nel corso delle fasi precedenti.

Obiettivo di questa indagine è l’individuazione della vulnerabilità specifica degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, la capacità di attenuazione del suolo e le caratteristiche chemiodinamiche dei prodotti fitosanitari.

Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l’applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d’impiego ci si potrà avvalere di parametri o indici che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione. Si cita, ad esempio, l’indice di Gustafson.

3.2 Le Regioni e le Provincie Autonome redigono un programma di massima con l’articolazione delle fasi di lavoro e i tempi di attuazione. Tale programma è inviato al Ministero dell’Ambiente e all’APAT, i quali forniscono supporto tecnico e scientifico alle Regioni e alle Province Autonome.

Le maggiori informazioni derivanti dall’indagine di medio-dettaglio consentiranno di disporre di uno strumento di lavoro utile per la pianificazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari a livello locale e permetteranno di precisare, rispetto all’indagine preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni o esclusioni d’impiego.

Non si esclude, ovviamente, la possibilità di intraprendere studi di maggior dettaglio a carattere operativo-progettuale, quali strumenti di previsione e, nell’àmbito della pianificazione, di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati al rilevamento della vulnerabilità e dei rischi presenti in siti specifici (campi pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all’interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare più nel dettaglio le eventuali restrizioni nel tempo e nello spazio nonché gli indirizzi tecnici cui attenersi nella scelta dei prodotti fitosanitari, dei tempi e delle modalità di esecuzione dei trattamenti.

Parte BIII

Aspetti generali per la cartografia delle aree ove le acque sotterranee sono potenzialmente vulnerabili

1. Le valutazioni sulla vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento si può avvalere dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) quali strumenti per l’archiviazione, l’integrazione, l’elaborazione e la presentazione dei dati geograficamente identificati (georeferenziati). Tali sistemi permettono di integrare, sulla base della loro comune distribuzione nello spazio, grandi masse di informazioni anche di origine e natura diverse.

Le valutazioni possono essere verificate ed eventualmente integrate alla luce di dati diretti sulla qualità delle acque che dovessero rendersi disponibili.

Nel caso in cui si verifichino discordanze con le previsioni effettuate sulla base di valutazioni si procede ad un riesame di queste ultime ed alla ricerca delle motivazioni tecniche di tali divergenze.

Il quadro di riferimento tecnico-scientifico e procedurale prevede di considerare la vulnerabilità su due livelli: vulnerabilità intrinseca degli acquiferi e vulnerabilità specifica.

2. I Livello: Vulnerabilità intrinseca degli acquiferi. La valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi considera essenzialmente le caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi presenti. Essa è riferita a inquinanti generici e non considera le caratteristiche chemiodinamiche delle sostanze.

2.1 Sono disponibili tre approcci alla valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi: metodi qualitativi, metodi parametrici e numerici.

La selezione di uno dei tre metodi dipende dalla disponibilità di dati, dalla scala di riferimento e dalla finalità dell’indagine.

2.2 I metodi qualitativi prevedono la zonizzazione per aree omogenee, valutando la vulnerabilità per complessi e situazioni idrogeologiche generalmente attraverso la tecnica della sovrapposizione cartografica. La valutazione viene fornita per intervalli preordinati e situazioni tipo. Il metodo elaborato dal GNDCI-CNR valuta la vulnerabilità intrinseca mediante la classificazione di alcune caratteristiche litostrutturali delle formazioni acquifere e delle condizioni di circolazione idrica sotterranea.

2.3 I metodi parametrici sono basati sulla valutazione di parametri fondamentali dell’assetto del sottosuolo e delle relazioni col sistema idrologico superficiale, ricondotto a scale di gradi di vulnerabilità. Essi prevedono l’attribuzione a ciascun parametro, suddiviso in intervalli di valori, di un punteggio prefigurato crescente in funzione dell’importanza da esso assunta nella valutazione complessiva. I metodi parametrici sono in genere più complessi poiché richiedono la conoscenza approfondita di un elevato numero di parametri idrogeologici e idrodinamici.

2.4 I metodi numerici sono basati sulla stima di un indice di vulnerabilità (come ad esempio il tempo di permanenza) basato su relazioni matematiche di diversa complessità.

2.5 In relazione allo stato e all’evoluzione delle conoscenze potrà essere approfondito ed opportunamente considerato anche il diverso peso che assume il suolo superficiale nella valutazione della vulnerabilità intrinseca; tale caratteristica viene definita come “capacità di attenuazione del suolo” e presuppone la disponibilità di idonee cartografie geo-pedologiche.

3. II Livello: Vulnerabilità specifica

Con vulnerabilità specifica s’intende la combinazione della valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi con quella della capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze. Questa si ottiene dal confronto di alcune caratteristiche chemio-dinamiche della sostanza (capacità di assorbimento ai colloidi del suolo resistenza ai processi di degradazione, solubilità in acqua, polarità, etc.) con le caratteristiche fisiche, chimiche ed idrauliche del suolo.

La compilazione di cartografie di vulnerabilità specifica deriva da studi approfonditi ed interdisciplinari e richiede l’uso di opportuni modelli di simulazione.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 13     

ALLEGATO 8 ALLA PARTE TERZA

ELENCO INDICATIVO DEI PRINCIPALI INQUINANTI

1. Composti organoalogenati e sostanze che possano dare origine a tali composti nell’ambiente acquatico

2. Composti organofosforici

3. Composti organostannici

4. Sostanze e preparati, o i relativi prodotti di decomposizione, di cui è dimostrata la cancerogenicità o mutagenicità e che possono avere ripercussioni sulle funzioni steroidea, tiroidea, riproduttiva o su altre funzioni endocrine connesse nell’ambiente acquatico o attraverso di esso

5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili

6. Cianuri

7. Metalli e relativi composti

8. Arsenico e relativi composti

9. Biocidi e prodotti fitosanitari

10. Materia in sospensione

11. Sostanze che contribuiscono all’eutrofizzazione (in particolare nitrati e fosfati)

12. Sostanze che hanno effetti negativi sul bilancio dell’ossigeno (e che possono essere misurate con parametri come la BOD, COD, ecc.)

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 14     

ALLEGATO 9 ALLA PARTE TERZA

AREE PROTETTE

1. Il registro delle aree protette comprende i seguenti tipi di aree protette:

i) aree designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano

ii) aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico;

iii) corpi idrici intesi a scopo ricreativo, comprese le aree designate come acque di balneazione a norma della direttiva 76/160/CEE;

iv) aree sensibili rispetto ai nutrienti, comprese quelle designate come zone vulnerabili a norma della direttiva 91/676/CEE e le zone designate come aree sensibili a norma della direttiva 91/271/CEE;

v) aree designate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione, compresi i siti pertinenti della rete Natura 2000 istituiti a norma della direttiva 79/409/CEE e 92/43/CEE, recepite rispettivamente con la Legge dell’11 febbraio 1992, n. 157 e con D.P.R. dell’8 settembre 1997, n. 357 come modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.

2. Le regioni inseriscono nel Piano di Tutela una sintesi del registro delle aree protette ricadenti nel loro territorio di competenza. Tale sintesi contiene mappe che indicano l’ubicazione di ciascuna area protetta, oltre che la descrizione della normativa comunitaria, nazionale o locale che le ha istituite.

PARTE VI

PARTE SESTA

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TITOLO III

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     Allegato 15     

ALLEGATO 10 ALLA PARTE TERZA

ANALISI ECONOMICA

L’analisi economica riporta informazioni sufficienti e adeguatamente dettagliate (tenuto conto dei costi connessi alla raccolta dei dati pertinenti) al fine di:

a) effettuare i pertinenti calcoli necessari per prendere in considerazione il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, tenuto conto delle previsioni a lungo termine riguardo all’offerta e alla domanda di acqua nel distretto idrografico in questione e, se necessario:

– stime del volume, dei prezzi e dei costi connessi ai servizi idrici,

– stime dell’investimento corrispondente, con le relative previsioni;

b) formarsi un’opinione circa la combinazione delle misure più redditizie, relativamente agli utilizzi idrici, da includere nel programma di misure in base ad una stima dei potenziali costi di dette misure.

PARTE VI

PARTE SESTA

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TITOLO III

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     Allegato 16     

ALLEGATO 11 ALLA PARTE TERZA

ELENCHI DEGLI ELEMENTI DA INSERIRE NEI PROGRAMMI DI MISURE

Misure di base richieste ai sensi delle seguenti direttive:

i) direttiva 76/160/CEE sulle acque di balneazione

ii) direttiva 79/409/CEE sugli uccelli selvatici

iii) direttiva 80/778/CEE sulle acque destinate al consumo umano, modificata dalla direttiva 98/83/CE

iv) direttiva 96/82/CE sugli incidenti rilevanti (Seveso)

v) direttiva 85/337/CEE sulla valutazione dell’impatto ambientale

vi) direttiva 86/278/CEE sulla protezione dell’ambiente nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione

vii) direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane

viii) direttiva 91/414/CEE sui prodotti fitosanitari

ix) direttiva 91/676/CEE sui nitrati

x) direttiva 92/43/CEE sugli habitat

xi) direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento

ELENCO INDICATIVO DELLE MISURE SUPPLEMENTARI DA INSERIRE NEI PROGRAMMI DI MISURE

Elenco delle eventuali misure supplementari che le regioni possono decidere di adottare all’interno di ciascun distretto idrografico ricadente nel territorio di competenza nell’ambito del programma di misure.

i) provvedimenti legislativi

ii) provvedimenti amministrativi

iii) strumenti economici o fiscali

iv) accordi negoziati in materia ambientale

v) riduzione delle emissioni

vi) codici di buona prassi

vii) ricostituzione e ripristino delle zone umide

viii) riduzione delle estrazioni

ix) misure di gestione della domanda, tra le quali la promozione di una produzione agricola adeguata alla situazione, ad esempio raccolti a basso fabbisogno idrico nelle zone colpite da siccità

x) misure tese a favorire l’efficienza e il riutilizzo, tra le quali l’incentivazione delle tecnologie efficienti dal punto di vista idrico nell’industria e tecniche di irrigazione a basso consumo idrico

xi) progetti di costruzione

xii) impianti di desalinizzazione

xiii) progetti di ripristino

xiv) ravvenamento artificiale delle falde acquifere

xv) progetti educativi

xvi) progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione

xvii) altre misure opportune

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     Allegato 17     

ALLEGATO A ALLA PARTE QUARTA

[1 – Categorie di rifiuti

Q1 Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati;

Q2 Prodotti fuori norma;

Q3 Prodotti scaduti;

Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subito qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc. contaminati in seguito all’incidente in questione;

Q5 Sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie (a esempio residui di operazioni di pulizia, materiali da imballaggio, contenitori, ecc.);

Q6 Elementi inutilizzabili (a esempio batterie fuori uso, catalizzatori esausti, ecc.);

Q7 Sostanze divenute inadatte all’impiego (a esempio acidi contaminati, solventi contaminati, sali da rinverdimento esauriti, ecc.);

Q8 Residui di processi industriali (a esempio scorie, residui di distillazione, ecc.);

Q9 Residui di procedimenti antinquinamento (a esempio fanghi di lavaggio di gas, polveri di filtri dell’aria, filtri usati, ecc.);

Q10 Residui di lavorazione/sagomatura (a esempio trucioli di tornitura o di fresatura, ecc.);

Q11 Residui provenienti dall’estrazione e dalla preparazione delle materie prime (a esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere, ecc.);

Q12 Sostanze contaminate (a esempio olio contaminato da PCB, ecc.);

Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è giuridicamente vietata;

Q14 Prodotti di cui il detentore non si serve più (a esempio articoli messi fra gli scarti dell’agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.);

Q15 Materie, sostanze o prodotti contaminati provenienti da attività di riattamento di terreni

Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate.] (1)

(1) Allegato abrogato dall’articolo 39, comma 6, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

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     Allegato 18     

ALLEGATO B ALLA PARTE QUARTA

Operazioni di smaltimento

D1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica).

D2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli).

D3 Iniezioni in profondita’ (ad esempio iniezioni dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali).

D4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.).

D5 Messa in discarica specialmente allestita (ad esempio sistematizzazione in alveoli stagni, separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dall’ambiente).

D6 Scarico dei rifiuti solidi nell’ambiente idrico eccetto l’immersione.

D7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino.

D8 Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12.

D9 Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.)

D10 Incenerimento a terra.

D11 Incenerimento in mare.

D12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera).

D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12.

D14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13.

D15 Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).

——

Questa operazione e’ vietata dalla normativa UE e dalle convenzioni internazionali.

In mancanza di un altro codice D appropriato, puo’ comprendere le operazioni preliminari precedenti allo smaltimento, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essiccazione, la triturazione, il condizionamento o la separazione prima di una delle operazioni indicate da D1 a D12 (1).

(1) Allegato sostituito dall’articolo 39, comma 5, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

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     Allegato 19     

ALLEGATO C ALLA PARTE QUARTA

Operazioni di recupero (1)

R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia

R2 Rigenerazione/recupero di solventi

R3 Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche)

R4 Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici

R5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche

R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi

R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l’inquinamento

R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori

R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli

R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia

R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10

R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11

R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)

—–

Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a:

— 0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformita   della normativa comunitaria applicabile anteriormente al 1’gennaio 2009, — 0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008, calcolata con la seguente formula:

Efficienza energetica = {(Ep – (Ef + Ei))/(0,97 × (Ew + Ef))}* KC

dove:

Ep = energia annua prodotta sotto forma di energia termica o elettrica. E   calcolata moltiplicando l’energia sotto forma di elettricita   per 2,6 e l’energia termica prodotta per uso commerciale per 1,1 (GJ/anno)

Ef = alimentazione annua di energia nel sistema con combustibili che contribuiscono alla produzione di vapore (GJ/anno)

Ew = energia annua contenuta nei rifiuti trattati calcolata in base al potere calorifico netto dei rifiuti (GJ/anno)

Ei = energia annua importata, escluse Ew ed Ef (GJ/anno)

0,97 = fattore corrispondente alle perdite di energia dovute alle ceneri pesanti (scorie) e alle radiazioni.

KC è il valore del fattore di correzione corrispondente all’area climatica nella quale insiste l’impianto di incenerimento:

KC = 1 se HDDLLT > 3350

KC = (-0,382/1200) HDDLLT + 2,0665 quando 2150 < HDDLLT < 3350

KC = 1,382 se HDDLLT < 2150

Dove:

HDDLLT, ovvero HDD locale a lungo termine, è uguale alla media trentennale dei valori di HDDanno calcolati nell’area di riferimento come segue:

HDDanno è il grado di riscaldamento annuo calcolati nell’area di riferimento come segue:

HDDanno =   HDDi HDDi è il grado di riscaldamento giornaliero dello i-esimo giorno Pari a:

HDDi = (18 °C – Tm) se Tm    15°C

HDDi = 0 se Tm > 15°C

Essendo Tm la temperatura media giornaliera, calcolata come (Tmin + Tmax)/2 , del giorno “iâ€dell’anno di riferimento nell’area di riferimento.

I valori di temperatura sono quelli ufficiali dell’aeronautica militare della stazione meteorologica più prossima all’impianto di incenerimento.

La formula si applica conformemente al documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili per l’incenerimento dei rifiuti.

Essendo Tm la temperatura media giornaliera, calcolata come (Tmin + Tmax)/2 , del giorno “iâ€dell’anno di riferimento nell’area di riferimento.

I valori di temperatura sono quelli ufficiali dell’aeronautica militare della stazione meteorologica più prossima all’impianto di incenerimento.

La formula si applica conformemente al documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili per l’incenerimento dei rifiuti.

(1) Allegato modificato dall’ articolo 2, comma 42-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, successivamente sostituito dall’articolo 39, comma 5, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205 ed infine modificato dall’ articolo 1 del D.M. 7 agosto 2013, a decorrere dal 20 agosto 2013. Vedi, anche, il comma 2 del medesimo articolo 1, D.M. 7 agosto 2013.

PARTE VI

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     Allegato 20     

ALLEGATO D ALLA PARTE QUARTA (1)

Elenco dei rifiuti istituito dalla Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000.

Introduzione

1. La classificazione dei rifiuti e’ effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER, applicando le disposizioni contenute nella decisione 2000/532/CE.

2. Se un rifiuto e’ classificato con codice CER pericoloso ‘assoluto’, esso e’ pericoloso senza alcuna ulteriore specificazione. Le proprieta’ di pericolo, definite da H1 ad H15, possedute dal rifiuto, devono essere determinate al fine di procedere alla sua gestione.

3. Se un rifiuto e’ classificato con codice CER non pericoloso ‘assoluto’, esso e’ non pericoloso senza ulteriore specificazione.

4. Se un rifiuto e’ classificato con codici CER speculari, uno pericoloso ed uno non pericoloso, per stabilire se il rifiuto e’ pericoloso o non pericoloso debbono essere determinate le proprieta’ di pericolo che esso possiede. Le indagini da svolgere per determinare le proprieta’ di pericolo che un rifiuto possiede sono le seguenti:

a) individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso:

la scheda informativa del produttore;

la conoscenza del processo chimico;

il campionamento e l’analisi del rifiuto;

b) determinare i pericoli connessi a tali composti attraverso:

la normativa europea sulla etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi;

le fonti informative europee ed internazionali;

la scheda di sicurezza dei prodotti da cui deriva il rifiuto;

c) stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all’analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazione dei test per verificare se il rifiuto ha determinate proprieta’ di pericolo.

5. Se i componenti di un rifiuto sono rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico, e non sono percio’ noti i composti specifici che lo costituiscono, per individuare le caratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del principio di precauzione.

6. Quando le sostanze presenti in un rifiuto non sono note o non sono determinate con le modalita’ stabilite nei commi precedenti, ovvero le caratteristiche di pericolo non possono essere determinate, il rifiuto si classifica come pericoloso.

7. La classificazione in ogni caso avviene prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione.

Il presente elenco armonizzato di rifiuti verra’ rivisto periodicamente, sulla base delle nuove conoscenze ed in particolare di quelle prodotte dall’attivita’ di ricerca, e se necessario modificato in conformita’ dell’articolo 39 della direttiva 2008/98/CE. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi. Una sostanza o un oggetto e’ considerato un rifiuto solo se rientra nella definizione di cui all’articolo 3, punto 1 della direttiva 2008/98/CE.

1. Ai rifiuti inclusi nell’elenco si applicano le disposizioni di cui alla direttiva 2008/98/CE, a condizione che non trovino applicazione le disposizioni di cui agli articoli 2, 5 e 7 della direttiva 2008/98/CE.

2. I diversi tipi di rifiuto inclusi nell’elenco sono definiti specificatamente mediante un codice a sei cifre per ogni singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i rispettivi capitoli. Di conseguenza, per identificare un rifiuto nell’elenco occorre procedere come segue:

3. Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. E’ possibile che un determinato impianto o stabilimento debba classificare le proprie attivita’ riferendosi a capitoli diversi. Per esempio un fabbricante di automobili puo’ reperire i rifiuti che produce sia nel capitolo 12 (rifiuti dalla lavorazione e dal trattamento superficiale di metalli), che nel capitolo 11 (rifiuti inorganici contenenti metalli provenienti da trattamento e ricopertura di metalli) o ancora nel capitolo 08 (rifiuti da uso di rivestimenti), in funzione delle varie fasi della produzione. Nota: I rifiuti di imballaggio oggetto di raccolta differenziata (comprese combinazioni di diversi materiali di imballaggio) vanno classificati alla voce 15 01 e non alla voce 20 01.

3.1 Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto.

3.2. Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16.

3.3. Se un determinato rifiuto non e’ classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all’attivita’ identificata al punto 3.1.

3.4. I rifiuti contrassegnati nell’elenco con un asterisco “*” sono rifiuti pericolosi ai sensi della direttiva 2008/98/CE e ad essi si applicano le disposizioni della medesima direttiva, a condizione che non trovi applicazione l’articolo 20. Si ritiene che tali rifiuti presentino una o piu’ caratteristiche indicate nell’Allegato III della direttiva 2008/98/CE e, in riferimento ai codici da H3 a H8, H10 e H11 del medesimo allegato, una o piu’ delle seguenti caratteristiche:

– punto di infiammabilita’ &lt; o = 55 °C,

– una o piu’ sostanze classificate come molto tossiche in concentrazione totale &gt; o = 0,1%,

– una o piu’ sostanze classificate come tossiche in concentrazione totale &gt; o = 3%,

– una o piu’ sostanze classificate come nocive in concentrazione totale &gt; o = 25%,

– una o piu’ sostanze corrosive classificate come R35 in concentrazione totale &gt; o = 1%,

– una o piu’ sostanze corrosive classificate come R34 in concentrazione totale &gt; o = 5%,

– una o piu’ sostanze irritanti classificate come R41 in concentrazione totale &gt; o = 10%,

– una o piu’ sostanze irritanti classificate come R36, R37 e R38 in concentrazione totale &gt; o = 20%,

– una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie 1 o 2) in concentrazione &gt; o = 0,1%,

– una sostanza riconosciuta come cancerogena (categoria 3) in concentrazione &gt; o = 1%,

– una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categorie 1 o 2) classificata come R60 o R61 in concentrazione &gt; o = 0,5%,

– una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categoria 3) classificata come R62 o R63 in concentrazione &gt; o = 5%,

– una sostanza mutagena della categoria 1 o 2 classificata come R46 in concentrazione &gt; o = 0,1%,

– una sostanza mutagena della categoria 3 classificata come R40 in concentrazione &gt; o = 1%;

Ai fini del presente Allegato per “sostanza pericolosa” si intende qualsiasi sostanza che e’ o sara’ classificata come pericolosa ai sensi della direttiva 67/548/CEE e successive modifiche; per “metallo pesante” si intende qualunque composto di antimonio, arsenico, cadmio, cromo (VI), rame, piombo, mercurio, nichel, selenio, tellurio, tallio e stagno, anche quando tali metalli appaiono in forme metalliche classificate come pericolose.

5. Se un rifiuto e’ identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose, esso e’ classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o piu’ delle proprieta’ di cui all’allegato I. Per le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11, di cui all’allegato I, si applica quanto previsto al punto 3.4 del presente allegato. Per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14, di cui all’allegato I, la decisione 2000/532/CE non prevede al momento alcuna specifica. Nelle more dell’adozione, da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di uno specifico decreto che stabilisca la procedura tecnica per l’attribuzione della caratteristica H14, sentito il parere dell’ISPRA, tale caratteristica viene attribuita ai rifiuti secondo le modalita’ dell’accordo ADR per la classe 9 – M6 e M7 (2).

6. Uno Stato membro puo’ considerare come pericolosi i rifiuti che, pur non figurando come tali nell’elenco dei rifiuti, presentano una o piu’ caratteristiche fra quelle elencate nell’allegato III. Lo Stato membro notifica senza indugio tali casi alla Commissione. Esso li iscrive nella relazione di cui all’articolo 37, paragrafo 1, fornendole tutte le informazioni pertinenti. Alla luce delle notifiche ricevute, l’elenco e’ riesaminato per deciderne l’eventuale adeguamento.

7. Uno Stato membro puo’ considerare come non pericoloso uno specifico rifiuto che nell’elenco e’ indicato come pericoloso se dispone di prove che dimostrano che esso non possiede nessuna delle caratteristiche elencate nell’allegato III. Lo Stato membro notifica senza indugio tali casi alla Commissione fornendole tutte le prove necessarie. Alla luce delle notifiche ricevute, l’elenco e’ riesaminato per deciderne l’eventuale adeguamento.

8. Come dichiarato in uno dei considerando della direttiva 99/45/CE, occorre riconoscere che le caratteristiche delle leghe sono tali che la determinazione precisa delle loro proprieta’ mediante i metodi convenzionali attualmente disponibili puo’ risultare impossibile: le disposizioni di cui al punto 3.4 non trovano dunque applicazione per le leghe di metalli puri (ovvero non contaminati da sostanze pericolose). Cio’ in attesa dei risultati di ulteriori attivita’ che la Commissione e gli Stati membri si sono impegnati ad avviare per studiare uno specifico approccio di classificazione delle leghe. I rifiuti specificamente menzionati nel presente elenco continuano ad essere classificati come in esso indicato.

9. Indice

Capitoli dell’elenco

01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da  miniera  o  cava,
nonche' dal trattamento fisico o chimico di minerali 
02  Rifiuti  prodotti  da  agricoltura,  orticoltura,   acquacoltura,
selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti 
03  Rifiuti  della  lavorazione  del  legno  e  della  produzione  di
pannelli, mobili, polpa, carta e cartone 
04 Rifiuti della lavorazione di pelli  e  pellicce  e  dell'industria
tessile 
05 Rifiuti della raffinazione del  petrolio,  purificazione  del  gas
naturale e trattamento pirolitico del carbone 
06 Rifiuti dei processi chimici inorganici 
07 Rifiuti dei processi chimici organici 
08 Rifiuti  della  produzione,  formulazione,  fornitura  ed  uso  di
rivestimenti  (pitture,   vernici   e   smalti   vetrati),   adesivi,
sigillanti, e inchiostri per stampa 
09 Rifiuti dell'industria fotografica 
10 Rifiuti provenienti da processi termici 
11 Rifiuti  prodotti  dal  trattamento  chimico  superficiale  e  dal
rivestimento di  metalli  ed  altri  materiali;  idrometallurgia  non
ferrosa 
12 Rifiuti prodotti dalla lavorazione  e  dal  trattamento  fisico  e
meccanico superficiale di metalli e plastica 
13 Oli  esauriti  e  residui  di  combustibili  liquidi  (tranne  oli
commestibili, 05 e 12) 
14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne le
voci 07 e 08) 
15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e
indumenti protettivi (non specificati altrimenti) 
16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco 
17 Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il
terreno proveniente da siti contaminati) 
18  Rifiuti  prodotti  dal  settore  sanitario  e  veterinario  o  da
attivita' di ricerca collegate (tranne  i  rifiuti  di  cucina  e  di
ristorazione   che   non   derivino   direttamente   da   trattamento
terapeutico) 
19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti,  impianti
di  trattamento  delle  acque  reflue  fuori  sito,   nonche'   dalla
potabilizzazione  dell'acqua  e  dalla  sua  preparazione   per   uso
industriale 
20 Rifiuti urbani  (rifiuti  domestici  e  assimilabili  prodotti  da
attivita'  commerciali  e  industriali  nonche'  dalle   istituzioni)
inclusi i rifiuti della raccolta differenziata 
01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da  miniera  o  cava,
nonche' dal trattamento fisico o chimico di minerali 
01 01 01 rifiuti da estrazione di minerali metalliferi 
01 01 02 rifiuti da estrazione di minerali non metalliferi 
01 03 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e  fisici  di  minerali
metalliferi 
01 03  04  *  sterili  che  possono  generare  acido  prodotti  dalla
lavorazione di minerale solforoso 
01 03 05 * altri sterili contenenti sostanze pericolose 
01 03 06 sterili diversi da quelli di cui alle voci 01 03 04 e 01  03
05 
01 03 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose  prodotti  da
trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi 
01 03 08 polveri e residui affini diversi da quelli di cui alla  voce
01 03 07 
01 03 09 fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina, diversi
da quelli di cui alla voce 01 03 07 
01 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 
01 04 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e  fisici  di  minerali
non metalliferi 
01 04 07  *  rifiuti  contenenti  sostanze  pericolose,  prodotti  da
trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi 
01 04 08 scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui  alla
voce 01 04 07 
01 04 09 scarti di sabbia e argilla 
01 04 10 polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce
01 04 07 
01 04 11 rifiuti della lavorazione di potassa e salgemma, diversi  da
quelli di cui alla voce 01 04 07 
01 04 12 sterili ed altri residui del lavaggio e  della  pulitura  di
minerali, diversi da quelli di cui alle voci 01 04 07 e 01 04 11 
01 04 13 rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra, diversi  da
quelli di cui alla voce 01 04 07 
01 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 
01 05 fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione 
01 05 04 fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi per acque dolci 
01 05 05 * fanghi e rifiuti di perforazione contenenti oli 
01 05 06 * fanghi di perforazione ed altri  rifiuti  di  perforazione
contenenti sostanze pericolose 
01 05 07 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti barite,  diversi
da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06 
01 05 08 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti cloruri, diversi
da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06 
01 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 
02  Rifiuti  prodotti  da  agricoltura,  orticoltura,   acquacoltura,
selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti 
02 01 rifiuti prodotti  da  agricoltura,  orticoltura,  acquacoltura,
selvicoltura, caccia e pesca 
02 01 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia 
02 01 02 scarti di tessuti animali 
02 01 03 scarti di tessuti vegetali 
02 01 04 rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi) 
02 01 06 feci animali, urine e letame (comprese le  lettiere  usate),
effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito 
02 01 07 rifiuti della silvicoltura 
02 01 08 * rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose 
02 01 09 rifiuti agrochimici diversi da quelli della voce 02 01 08 
02 01 10 rifiuti metallici 
02 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
02 02 rifiuti della preparazione e del trattamento di carne, pesce ed
altri alimenti di origine animale 
02 02 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia 
02 02 02 scarti di tessuti animali 
02 02 03 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione 
02 02 04 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 
02 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 
02 03  rifiuti  della  preparazione  e  del  trattamento  di  frutta,
verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffe', te' e tabacco; della
produzione di conserve alimentari; della  produzione  di  lievito  ed
estratto di lievito; della preparazione e fermentazione di melassa 
02  03  01  fanghi  prodotti  da  operazioni  di  lavaggio,  pulizia,
sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti 
02 03 02 rifiuti legati all'impiego di conservanti 
02 03 03 rifiuti prodotti dall'estrazione tramite solvente 
02 03 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione 
02 03 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 
02 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 
02 04 rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero 
02 04 01 terriccio residuo delle operazioni  di  pulizia  e  lavaggio
delle barbabietole 
02 04 02 carbonato di calcio fuori specifica 
02 04 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 
02 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 
02 05 rifiuti dell'industria lattiero-casearia 
02 05 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione 
02 05 02 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 
02 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 
02 06 rifiuti dell'industria dolciaria e della panificazione 
02 06 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione 
02 06 02 rifiuti legati all'impiego di conservanti 
02 06 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 
02 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 
02 07 rifiuti della produzione di bevande  alcoliche  ed  analcoliche
(tranne caffe', te' e cacao) 
02 07 01 rifiuti prodotti dalle operazioni  di  lavaggio,  pulizia  e
macinazione della materia prima 
02 07 02 rifiuti prodotti dalla distillazione di bevande alcoliche 
02 07 03 rifiuti prodotti dai trattamenti chimici 
02 07 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione 
02 07 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 
02 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 
03  Rifiuti  della  lavorazione  del  legno  e  della  produzione  di
pannelli, mobili, polpa, carta e cartone 
03 01 rifiuti della lavorazione  del  legno  e  della  produzione  di
pannelli e mobili 
03 01 01 scarti di corteccia e sughero 
03 01 04 * segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli  di
truciolare e piallacci contenenti sostanze pericolose 
03 01 05 segatura, trucioli, residui di taglio,  legno,  pannelli  di
truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04 
03 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
03 02 rifiuti dei trattamenti conservativi del legno 
03 02  01  *  prodotti  per  i  trattamenti  conservativi  del  legno
contenenti composti organici non Alogenati 
03 02  02  *  prodotti  per  i  trattamenti  conservativi  del  legno
contenenti composti organici clorurati 
03 02  03  *  prodotti  per  i  trattamenti  conservativi  del  legno
contenenti composti organometallici 
03 02  04  *  prodotti  per  i  trattamenti  conservativi  del  legno
contenenti composti inorganici 
03 02 05 * altri prodotti per i trattamenti  conservativi  del  legno
contenenti sostanze pericolose 
03 02 99 prodotti  per  i  trattamenti  conservativi  del  legno  non
specificati altrimenti 
03 03 rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta  e
cartone 
03 03 01 scarti di corteccia e legno 
03 03 02 fanghi di recupero dei bagni di macerazione (green liquor) 
03 03 05 fanghi  prodotti  dai  processi  di  disinchiostrazione  nel
riciclaggio della carta 
03 03 07 scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa
da rifiuti di carta e cartone 
03 03 08 scarti della selezione  di  carta  e  cartone  destinati  ad
essere riciclati 
03 03 09 fanghi di scarto contenenti carbonato di calcio 
03 03 10 scarti di fibre e  fanghi  contenenti  fibre,  riempitivi  e
prodotti  di  rivestimento  generati  dai  processi  di   separazione
meccanica 
03 03 11 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 03 03 10 
03 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 
04  Rifiuti  della  lavorazione  di   pelli   e   pellicce,   nonche'
dell'industria tessile 
04 01 rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce 
04 01 01 carniccio e frammenti di calce 
04 01 02 rifiuti di calcinazione 
04 01 03 * bagni di sgrassatura esauriti  contenenti  solventi  senza
fase liquida 
04 01 04 liquido di concia contenente cromo 
04 01 05 liquido di concia non contenente cromo 
04 01 06 fanghi, prodotti in  particolare  dal  trattamento  in  loco
degli effluenti, contenenti cromo 
04 01 07 fanghi, prodotti in  particolare  dal  trattamento  in  loco
degli effluenti, non contenenti cromo 
04 01  08  cuoio  conciato  (scarti,  cascami,  ritagli,  polveri  di
lucidatura) contenenti cromo 
04 01 09 rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura 
04 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
04 02 rifiuti dell'industria tessile 
04  02  09  rifiuti  da  materiali   compositi   (fibre   impregnate,
elastomeri, plastomeri) 
04 02 10 materiale organico proveniente da prodotti naturali (ad  es.
grasso, cera) 
04 02 14 * rifiuti provenienti da operazioni di finitura,  contenenti
solventi organici 
04 02 15 rifiuti da operazioni di finitura, diversi da quelli di  cui
alla voce 04 02 14 
04 02 16 * tinture e pigmenti, contenenti sostanze pericolose 
04 02 17 tinture e pigmenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02
16 
04 02 19 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
04 02 20 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 04 02 19 
04 02 21 rifiuti da fibre tessili grezze 
04 02 22 rifiuti da fibre tessili lavorate 
04 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 
05 Rifiuti della raffinazione del  petrolio,  purificazione  del  gas
naturale e trattamento pirolitico del carbone 
05 01 rifiuti della raffinazione del petrolio 
05 01 02 * fanghi da processi di dissalazione 
05 01 03 * morchie depositate sul fondo dei serbatoi 
05 01 04 * fanghi acidi prodotti da processi di alchilazione 
05 01 05 * perdite di olio 
05 01 06 * fanghi oleosi prodotti dalla manutenzione  di  impianti  e
apparecchiature 
05 01 07 * catrami acidi 
05 01 08 * altri catrami 
05 01 09 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
05 01 10 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 05 01 09 
05 01 11 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti tramite
basi 
05 01 12 * acidi contenenti oli 
05 01 13 fanghi residui dell'acqua di alimentazione delle caldaie 
05 01 14 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento 
05 01 15 * filtri di argilla esauriti 
05 01 16 rifiuti contenenti zolfo  prodotti  dalla  desolforizzazione
del petrolio 
05 01 17 bitumi 
05 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
05 06 rifiuti prodotti dal trattamento pirolitico del carbone 
05 06 01 * catrami acidi 
05 06 03 * altri catrami 
05 06 04 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento 
05 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 
05 07 rifiuti prodotti dalla purificazione e  dal  trasporto  di  gas
naturale 
05 07 01 * rifiuti contenenti mercurio 
05 07 02 rifiuti contenenti zolfo 
05 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 Rifiuti dei processi chimici inorganici 
06 01 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
acidi 
06 01 01 * acido solforico ed acido solforoso 
06 01 02 * acido cloridrico 
06 01 03 * acido fluoridrico 
06 01 04 * acido fosforico e fosforoso 
06 01 05 * acido nitrico e acido nitroso 
06 01 06 * altri acidi 
06 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 02 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
basi 
06 02 01 * idrossido di calcio 
06 02 03 * idrossido di ammonio 
06 02 04 * idrossido di sodio e di potassio 
06 02 05 * altre basi 
06 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 03 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
sali, loro soluzioni e ossidi metallici 
06 03 11 * sali e loro soluzioni, contenenti cianuri 
06 03 13 * sali e loro soluzioni, contenenti metalli pesanti 
06 03 14 sali e loro soluzioni, diversi da quelli di cui alle voci 06
03 11 e 06 03 13 
06 03 15 * ossidi metallici contenenti metalli pesanti 
06 03 16 ossidi metallici, diversi da quelli di cui alla voce  06  03
15 
06 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 04 rifiuti contenenti metalli, diversi da quelli di cui alla  voce
06 03 
06 04 03 * rifiuti contenenti arsenico 
06 04 04 * rifiuti contenenti mercurio 
06 04 05 * rifiuti contenenti altri metalli pesanti 
06 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 
06 05 02 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
06 05 03 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 06 05 02 
06 06 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti chimici contenenti zolfo, dei processi chimici dello zolfo e
dei processi di desolforazione 
06 06 02 * rifiuti contenenti solfuri pericolosi 
06 06 03 rifiuti contenenti solfuri, diversi da quelli  di  cui  alla
voce 06 06 02 
06 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 07 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti alogeni e dei processi chimici degli alogeni 
06 07 01 * rifiuti dei processi elettrolitici, contenenti amianto 
06 07 02 * carbone attivato dalla produzione di cloro 
06 07 03 * fanghi di solfati di bario, contenenti mercurio 
06 07 04 * soluzioni ed acidi, ad es. acido di contatto 
06 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 08 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura  ed  uso  del
silicio e dei suoi derivati 
06 08 02 * rifiuti contenenti clorosilano pericoloso 
06 08 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 09 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti fosforosi e dei processi chimici del fosforo 
06 09 02 scorie fosforose 
06 09 03 * rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio contenenti o
contaminati da sostanze pericolose 
06 09 04 rifiuti prodotti da reazioni a base di  calcio,  diversi  da
quelli di cui alla voce 06 09 03 
06 09 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 10 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti chimici contenenti azoto, dei processi chimici dell'azoto  e
della produzione di fertilizzanti 
06 10 02 * rifiuti contenenti sostanze pericolose 
06 10 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06 11 rifiuti dalla produzione di pigmenti inorganici ed opacificanti 
06 11 01  rifiuti  prodotti  da  reazioni  a  base  di  calcio  nella
produzione di diossido di titanio 
06 11 99 rifiuti non specificati altrimenti 
06  13  rifiuti  di  processi  chimici  inorganici  non   specificati
altrimenti 
06 13 01 * prodotti fitosanitari, agenti conservativi  del  legno  ed
altri biocidi inorganici 
06 13 02 * carbone attivato esaurito (tranne 06 07 02) 
06 13 03 nerofumo 
06 13 04 * rifiuti della lavorazione dell'amianto 
06 13 05 * fuliggine 
06 13 99 rifiuti non specificati altrimenti 
07 Rifiuti dei processi chimici organici 
07 01 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti chimici organici di base 
07 01 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 
07 01 03 * solventi organici  alogenati,  soluzioni  di  lavaggio  ed
acque madri 
07 01 04 * altri solventi organici, soluzioni di  lavaggio  ed  acque
madri 
07 01 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 
07 01 08 * altri fondi e residui di reazione 
07 01 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 
07 01 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 
07 01 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
07 01 12 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 01 11 
07 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
07 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso (PFFU)
di plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali 
07 02 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07  02  03  *
solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 
07 02 04 * altri solventi organici, soluzioni di  lavaggio  ed  acque
madri 
07 02 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 
07 02 08 * altri fondi e residui di reazione 
07 02 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 
07 02 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 
07 02 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
07 02 12 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 02 11 
07 02 13 rifiuti plastici 
07  02  14  *  rifiuti  prodotti  da  additivi,  contenenti  sostanze
pericolose 
07 02 15 rifiuti prodotti da additivi, diversi da quelli di cui  alla
voce 07 02 14 
07 02 16 * rifiuti contenenti silicone pericoloso 
07 02 17 rifiuti contenenti silicone diversi da quelli  di  cui  alla
voce 07 02 16 
07 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 
07 03 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
coloranti e pigmenti organici (tranne 06 11) 
07 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 
07 03 03 * solventi organici  alogenati,  soluzioni  di  lavaggio  ed
acque madri 
07 03 04 * altri solventi organici, soluzioni di  lavaggio  ed  acque
madri 
07 03 07 * fondi e residui di reazione alogenati 
07 03 08 * altri fondi e residui di reazione 
07 03 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati 
07 03 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 
07 03 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
07 03 12 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 03 11 
07 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 
07 04 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti  fitosanitari  (tranne  02  01  08  e  02  01  09),   agenti
conservativi del legno (tranne 03 02) ed altri biocidi organici 
07 04 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 
07 04 03 * solventi organici  alogenati,  soluzioni  di  lavaggio  ed
acque madri 
07 04 04 * altri solventi organici, soluzioni di  lavaggio  ed  acque
madri 
07 04 07 * fondi e residui di reazione alogenati 
07 04 08 * altri fondi e residui di reazione 
07 04 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati 
07 04 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 
07 04 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
07 04 12 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 04 11 
07 04 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose 
07 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 
07 05 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti farmaceutici 
07 05 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 
07 05 03 * solventi organici  alogenati,  soluzioni  di  lavaggio  ed
acque madri 
07 05 04 * altri solventi organici, soluzioni di  lavaggio  ed  acque
madri 
07 05 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 
07 05 08 * altri fondi e residui di reazione 
07 05 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 
07 05 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 
07 05 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
07 05 12 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 05 11 
07 05 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose 
07 05 14 rifiuti solidi, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 13 
07 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 
07 06 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici 
07 06 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 
07 06 03 * solventi organici  alogenati,  soluzioni  di  lavaggio  ed
acque madri 
07 06 04 * altri solventi organici, soluzioni di  lavaggio  ed  acque
madri 
07 06 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 
07 06 08 * altri fondi e residui di reazione 
07 06 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 
07 06 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 
07 06 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11 
07 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 
07 07 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
prodotti della chimica fine e di  prodotti  chimici  non  specificati
altrimenti 
07 07 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 
07 07 03 * solventi organici  alogenati,  soluzioni  di  lavaggio  ed
acque madri 
07 07 04 * altri solventi organici, soluzioni di  lavaggio  ed  acque
madri 
07 07 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 
07 07 08 * altri fondi e residui di reazione 
07 07 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 
07 07 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 
07 07 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
07 07 12 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 07 07 11 
07 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 
08 Rifiuti  della  produzione,  formulazione,  fornitura  ed  uso  di
rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti
e inchiostri per stampa 
08 01 rifiuti della produzione,  formulazione,  fornitura  ed  uso  e
della rimozione di pitture e vernici 
08 01 11 * pitture e vernici di scarto, contenenti solventi  organici
o altre sostanze pericolose 
08 01 12 pitture e vernici di scarto, diverse da quelle di  cui  alla
voce 08 01 11 
08 01 13 * fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti  solventi
organici o altre sostanze pericolose 
08 01 14 fanghi prodotti da pitture e vernici, diversi da  quelli  di
cui alla voce 08 01 13 
08 01 15 * fanghi acquosi contenenti pitture  e  vernici,  contenenti
solventi organici o altre sostanze pericolose 
08 01 16 fanghi acquosi contenenti  pitture  e  vernici,  diversi  da
quelli di cui alla voce 08 01 15 
08 01 17 * fanghi prodotti dalla  rimozione  di  pitture  e  vernici,
contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 
08 01 18 fanghi  prodotti  dalla  rimozione  di  pitture  e  vernici,
diversi da quelli di cui alla voce 08 01 17 
08  01  19  *  sospensioni  acquose  contenenti  pitture  e  vernici,
contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 
08 01 20 sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, diverse da
quelle di cui alla voce 08 0119 
08 01 21 * residui di vernici o di sverniciatori 
08 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
08 02 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
altri rivestimenti (inclusi materiali ceramici) 
08 02 01 polveri di scarto di rivestimenti 
08 02 02 fanghi acquosi contenenti materiali ceramici 
08 02 03 sospensioni acquose contenenti materiali ceramici 
08 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 
08 03 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
inchiostri per stampa 
08 03 07 fanghi acquosi contenenti inchiostro 
08 03 08 rifiuti liquidi acquosi contenenti inchiostro 
08 03 12 * scarti di inchiostro, contenenti sostanze pericolose 
08 03 13 scarti di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce  08
03 12 
08 03 14 * fanghi di inchiostro, contenenti sostanze pericolose 
08 03 15 fanghi di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce  08
03 14 
08 03 16 * residui di soluzioni chimiche per incisione 
08 03 17 * toner per stampa esauriti, contenenti sostanze pericolose 
08 03 18 toner per stampa esauriti, diversi da  quelli  di  cui  alla
voce 08 03 17 
08 03 19 * oli dispersi 
08 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 
08 04 rifiuti della produzione, formulazione,  fornitura  ed  uso  di
adesivi e sigillanti (inclusi i prodotti impermeabilizzanti) 
08 04 09 *  adesivi  e  sigillanti  di  scarto,  contenenti  solventi
organici o altre sostanze pericolose 
08 04 10 adesivi e sigillanti di scarto, diversi  da  quelli  di  cui
alla voce 08 04 09 
08 04 11 *  fanghi  di  adesivi  e  sigillanti,  contenenti  solventi
organici o altre sostanze pericolose 
08 04 12 fanghi di adesivi e sigillanti, diversi  da  quelli  di  cui
alla voce 08 04 11 
08 04 13 * fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, contenenti
solventi organici o altre sostanze pericolose 
08 04 14 fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti,  diversi  da
quelli di cui alla voce 08 04 13 
08 04 15 * rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi  e  sigillanti,
contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 
08 04 16 rifiuti liquidi acquosi  contenenti  adesivi  e  sigillanti,
diversi da quelli di cui alla voce 08 04 15 
08 04 17 * olio di resina 
08 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 
08 05 rifiuti non specificati altrimenti alla voce 08 
08 05 01 * isocianati di scarto 
09 Rifiuti dell'industria fotografica 
09 01 rifiuti dell'industria fotografica 
09 01 01 * soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa 
09 01 02 * soluzioni di sviluppo per lastre offset a base acquosa 
09 01 03 * soluzioni di sviluppo a base di solventi 
09 01 04 * soluzioni fissative 
09 01 05* soluzioni di sbianca e soluzioni di sbianca-fissaggio 
09 01 06 * rifiuti contenenti argento  prodotti  dal  trattamento  in
loco di rifiuti fotografici 
09 01 07 carta e  pellicole  per  fotografia,  contenenti  argento  o
composti dell'argento 
09 01 08 carta e pellicole per fotografia, non contenenti  argento  o
composti dell'argento 
09 01 10 macchine fotografiche monouso senza batterie 
09 01 11 * macchine fotografiche monouso contenenti batterie  incluse
nelle voci 16 06 01, 16 06 02 o 16 06 03 
09 01 12 macchine fotografiche monouso diverse da quelle di cui  alla
voce 09 01 11 
09 01 13 * rifiuti liquidi acquosi  prodotti  dal  recupero  in  loco
dell'argento, diversi da quelli di cui alla voce 09 01 06 
09 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 Rifiuti prodotti da processi termici 
10 01 rifiuti prodotti da centrali termiche ed altri impianti termici
(tranne 19) 
10 01 01 ceneri pesanti, scorie  e  polveri  di  caldaia  (tranne  le
polveri di caldaia di cui alla voce 10 01 04) 
10 01 02 ceneri leggere di carbone 
10 01 03 ceneri leggere di torba e di legno non trattato 
10 01 04 * ceneri leggere di olio combustibile e polveri di caldaia 
10 01 05 rifiuti solidi prodotti da reazioni a  base  di  calcio  nei
processi di desolforazione dei fumi 
10 01 07 rifiuti fangosi prodotti da reazioni a base  di  calcio  nei
processi di desolforazione dei fumi 
10 01 09 * acido solforico 
10 01 13 * ceneri leggere prodotte da idrocarburi  emulsionati  usati
come carburante 
10 01 14 * ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia  prodotte  dal
coincenerimento, contenenti sostanze pericolose 
10 01 15 ceneri pesanti, scorie e polveri  di  caldaia  prodotte  dal
coincenerimento, diverse da quelli di cui alla voce 10 01 14 
10 01 16 * ceneri leggere prodotte  dal  coincenerimento,  contenenti
sostanze pericolose 
10 01 17 ceneri leggere  prodotte  dal  coincenerimento,  diverse  da
quelle di cui alla voce 10 01 16 
10 01 18 * rifiuti prodotti dalla depurazione  dei  fumi,  contenenti
sostanze pericolose 
10 01 19 rifiuti prodotti dalla  depurazione  dei  fumi,  diversi  da
quelli di cui alle voci 10 01 05, 10 01 07 e 10 01 18 
10 01 20 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
10 01 21 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 10 01 20 
10  01  22  *  fanghi  acquosi  da  operazioni  di  pulizia  caldaie,
contenenti sostanze pericolose 
10 01 23 fanghi acquosi da operazioni di pulizia caldaie, diversi  da
quelli di cui alla voce 10 01 22 
10 01 24 sabbie dei reattori a letto fluidizzato 
10 01 25  rifiuti  dell'immagazzinamento  e  della  preparazione  del
combustibile delle centrali termoelettriche a carbone 
10  01  26  rifiuti  prodotti  dal   trattamento   delle   acque   di
raffreddamento 
10 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 02 rifiuti dell'industria del ferro e dell'acciaio 
10 02 01 rifiuti del trattamento delle scorie 
10 02 02 scorie non trattate 
10 02  07  *  rifiuti  solidi  prodotti  dal  trattamento  dei  fumi,
contenenti sostanze pericolose 
10 02 08 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli
di cui alla voce 10 02 07 
10 02 10 scaglie di laminazione 
10  02  11  *  rifiuti  prodotti  dal  trattamento  delle  acque   di
raffreddamento, contenti oli 
10  02  12  rifiuti  prodotti  dal   trattamento   delle   acque   di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 11 
10 02 13 * fanghi e residui di filtrazione prodotti  dal  trattamento
dei fumi, contenenti sostanze pericolose 
10 02 14 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 13 
10 02 15 altri fanghi e residui di filtrazione 
10 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 03 rifiuti della metallurgia termica dell'alluminio 
10 03 02 frammenti di anodi 
10 03 04 * scorie della produzione primaria 
10 03 05 rifiuti di allumina 
10 03 08 * scorie saline della produzione secondaria 
10 03 09 * scorie nere della produzione secondaria 
10 03 15 * schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con
l'acqua, gas infiammabili in quantita' pericolose 
10 03 16 schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 03 15 
10 03 17 * rifiuti contenenti catrame della produzione degli anodi 
10 03 18 rifiuti contenenti carbone  della  produzione  degli  anodi,
diversi da quelli di cui alla voce 10 03 17 
10 03 19 *  polveri  dei  gas  di  combustione,  contenenti  sostanze
pericolose 
10 03 20 polveri dei gas di combustione, diverse  da  quelle  di  cui
alla voce 10 03 19 
10 03 21 * altre polveri e particolati (comprese quelle  prodotte  da
mulini a palle), contenenti sostanze pericolose 
10 03 22 altre polveri e particolati  (comprese  quelle  prodotte  da
mulini a palle), diverse da quelle di cui alla voce 10 03 21 
10 03  23  *  rifiuti  solidi  prodotti  dal  trattamento  dei  fumi,
contenenti sostanze pericolose 
10 03 24 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli
di cui alla voce 10 03 23 
10 03 25 * fanghi e residui di filtrazione prodotti  dal  trattamento
dei fumi, contenenti sostanze pericolose 
10 03 26 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 25 
10  03  27  *  rifiuti  prodotti  dal  trattamento  delle  acque   di
raffreddamento, contenenti oli 
10  03  28  rifiuti  prodotti  dal   trattamento   delle   acque   di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 27 
10 03 29 * rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie
nere, contenenti sostanze pericolose 
10 03 30 rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline  e  scorie
nere, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 29 
10 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 04 rifiuti della metallurgia termica del piombo 
10 04 01 * scorie della produzione primaria e secondaria 
10 04 02 *  impurita'  e  schiumature  della  produzione  primaria  e
secondaria 
10 04 03 * arsenato di calcio 
10 04 04 * polveri dei gas di combustione 
10 04 05 * altre polveri e particolato 
10 04 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 
10 04 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti  dal  trattamento
dei fumi 
10  04  09  *  rifiuti  prodotti  dal  trattamento  delle  acque   di
raffreddamento, contenenti oli 
10  04  10  rifiuti  prodotti  dal   trattamento   delle   acque   di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 04 09 
10 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 05 rifiuti della metallurgia termica dello zinco 
10 05 01 scorie della produzione primaria e secondaria 
10 05 03 * polveri dei gas di combustione 
10 05 04 altre polveri e particolato 
10 05 05 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 
10 05 06 * fanghi e residui di filtrazione prodotti  dal  trattamento
dei fumi 
10  05  08  *  rifiuti  prodotti  dal  trattamento  delle  acque   di
raffreddamento, contenenti oli 
10  05  09  rifiuti  prodotti  dal   trattamento   delle   acque   di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 05 08 
10 05 10 * scorie e schiumature infiammabili  o  che  rilasciano,  al
contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantita' pericolose 
10 05 11 scorie e schiumature diverse da quelle di cui alla  voce  10
05 10 
10 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 06 rifiuti della metallurgia termica del rame 
10 06 01 scorie della produzione primaria e secondaria 
10  06  02  impurita'  e  schiumature  della  produzione  primaria  e
secondaria 
10 06 03 * polveri dei gas di combustione 
10 06 04 altre polveri e particolato 
10 06 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 
10 06 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti  dal  trattamento
dei fumi 
10  06  09  *  rifiuti  prodotti  dal  trattamento  delle  acque   di
raffreddamento, contenenti oli 
10  06  10  rifiuti  prodotti  dal   trattamento   delle   acque   di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 06 09 
10 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 07 rifiuti della metallurgia termica di argento, oro e platino 
10 07 01 scorie della produzione primaria e secondaria 
10  07  02  impurita'  e  schiumature  della  produzione  primaria  e
secondaria 
10 07 03 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 
10 07 04 altre polveri e particolato 
10 07 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi 
10  07  07  *  rifiuti  prodotti  dal  trattamento  delle  acque   di
raffreddamento, contenenti oli 
10  07  08  rifiuti  prodotti  dal   trattamento   delle   acque   di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 07 07 
10 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 08 rifiuti della metallurgia termica di altri minerali non ferrosi 
10 08 04 polveri e particolato 
10 08 08 * scorie salate della produzione primaria e secondaria 
10 08 09 altre scorie 
10 08 10 * impurita' e schiumature infiammabili o che rilasciano,  al
contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantita' pericolose 
10 08 11 impurita' e schiumature diverse da quelle di cui  alla  voce
10 08 10 
10 08 12 * rifiuti  contenenti  catrame  derivante  dalla  produzione
degli anodi 
10 08 13 rifiuti contenenti carbone  della  produzione  degli  anodi,
diversi da quelli di cui alla voce 10 08 12 
10 08 14 frammenti di anodi 
10 08 15 *  polveri  dei  gas  di  combustione,  contenenti  sostanze
pericolose 
10 08 16 polveri dei gas di combustione, diverse  da  quelle  di  cui
alla voce 10 08 15 
10 08 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti  dal  trattamento
dei fumi, contenenti sostanze pericolose 
10 08 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 17 
10  08  19  *  rifiuti  prodotti  dal  trattamento  delle  acque   di
raffreddamento, contenenti oli 
10  08  20  rifiuti  prodotti  dal   trattamento   delle   acque   di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 19 
10 08 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 09 rifiuti della fusione di materiali ferrosi 
10 09 03 scorie di fusione 
10 09 05 * forme e  anime  da  fonderia  non  utilizzate,  contenenti
sostanze pericolose 
10 09 06 forme e anime da fonderia non utilizzate, diverse da  quelle
di cui alla voce 10 09 05 
10 09 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti  sostanze
pericolose 
10 09 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da  quelle  di
cui alla voce 10 09 07 
10 09 09  *  polveri  dei  gas  di  combustione  contenenti  sostanze
pericolose 
10 09 10 polveri dei gas di combustione diverse da quelle di cui alla
voce 10 09 09 
10 09 11 * altri particolati contenenti sostanze pericolose 
10 09 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce  10  09
11 
10 09 13 * leganti per rifiuti contenenti sostanze pericolose 
10 09 14 leganti per rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 10 09
13 
10 09 15  *  scarti  di  prodotti  rilevatori  di  crepe,  contenenti
sostanze pericolose 
10 09 16 scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da quelli di
cui alla voce 10 09 15 
10 09 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 10 rifiuti della fusione di materiali non ferrosi 
10 10 03 scorie di fusione 
10 10 05 * forme e  anime  da  fonderia  non  utilizzate,  contenenti
sostanze pericolose 
10 10 06 forme e anime da fonderia non utilizzate, diverse da  quelle
di cui alla voce 10 10 05 
10 10 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti  sostanze
pericolose 
10 10 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da  quelle  di
cui alla voce 10 10 07 
10 10 09 *  polveri  dei  gas  di  combustione,  contenenti  sostanze
pericolose 
10 10 10 polveri dei gas di combustione, diverse  da  quelle  di  cui
alla voce 10 10 09 
10 10 11 * altri particolati contenenti sostanze pericolose 
10 10 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce  10  10
11 
10 10 13 * leganti per rifiuti contenenti sostanze pericolose 
10 10 14 leganti per rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 10 10
13 
10 10 15  *  scarti  di  prodotti  rilevatori  di  crepe,  contenenti
sostanze pericolose 
10 10 16 scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da quelli di
cui alla voce 10 10 15 
10 10 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 11 rifiuti della fabbricazione del vetro e di prodotti di vetro 
10 11 03 scarti di materiali in fibra a base di vetro 
10 11 05 polveri e particolato 
10 11 09 * scarti di mescole non sottoposte  a  trattamento  termico,
contenenti sostanze pericolose 
10 11 10 scarti di mescole  non  sottoposte  a  trattamento  termico,
diverse da quelle di cui alla voce 10 11 09 
10 11 11 * rifiuti di vetro in forma  di  particolato  e  polveri  di
vetro contenenti metalli pesanti (provenienti ad es. da tubi a  raggi
catodici) 
10 11 12 rifiuti di vetro diversi da quelli di cui alla voce 10 11 11 
10 11 13 * lucidature di vetro e fanghi  di  macinazione,  contenenti
sostanze pericolose 
10 11 14 lucidature di vetro e  fanghi  di  macinazione,  diversi  da
quelli di cui alla voce 10 11 13 
10 11  15  *  rifiuti  solidi  prodotti  dal  trattamento  dei  fumi,
contenenti sostanze pericolose 
10 11 16 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli
di cui alla voce 10 11 15 
10 11 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti  dal  trattamento
dei fumi, contenenti sostanze pericolose 
10 11 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 17 
10 11 19 * rifiuti solidi prodotti  dal  trattamento  in  loco  degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose 
10 11 20 rifiuti  solidi  prodotti  dal  trattamento  in  loco  degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 19 
10 11 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 12 rifiuti della fabbricazione di prodotti di  ceramica,  mattoni,
mattonelle e materiali da costruzione 
10 12 01 scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico 
10 12 03 polveri e particolato 
10 12 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi 
10 12 06 stampi di scarto 
10 12 08 scarti di  ceramica,  mattoni,  mattonelle  e  materiali  da
costruzione (sottoposti a trattamento termico) 
10 12  09  *  rifiuti  solidi  prodotti  dal  trattamento  dei  fumi,
contenenti sostanze pericolose 
10 12 10 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da
quelli di cui alla voce 10 12 09 
10 12 11 * rifiuti delle operazioni di smaltatura, contenenti metalli
pesanti 
10 12 12 rifiuti delle operazioni di smaltatura diversi da quelli  di
cui alla voce 10 12 11 
10 12 13 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 
10 12 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 13 rifiuti  della  fabbricazione  di  cemento,  calce  e  gesso  e
manufatti di tali materiali 
10 13 01 scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico 
10 13 04 rifiuti di calcinazione e di idratazione della calce 
10 13 06 polveri e particolato (eccetto quelli delle voci 10 13 12  e
10 13 13) 
10 13 07 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei
fumi 
10 13 09 * rifiuti della fabbricazione di amianto cemento, contenenti
amianto 
10 13 10 rifiuti della fabbricazione di amianto cemento,  diversi  da
quelli di cui alla voce 10 13 09 
10 13 11 rifiuti della produzione di materiali compositi  a  base  di
cemento, diversi da quelli di cui alle voci 10 13 09 e 10 13 10 
10 13  12  *  rifiuti  solidi  prodotti  dal  trattamento  dei  fumi,
contenenti sostanze pericolose 
10 13 13 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da
quelli di cui alla voce 10 13 12 
10 13 14 rifiuti e fanghi di cemento 
10 13 99 rifiuti non specificati altrimenti 
10 14 rifiuti prodotti dai forni crematori 
10 14 01 * rifiuti prodotti dalla depurazione  dei  fumi,  contenenti
mercurio 
11 Rifiuti  prodotti  dal  trattamento  chimico  superficiale  e  dal
rivestimento di  metalli  ed  altri  materiali;  idrometallurgia  non
ferrosa 
11 01 rifiuti prodotti dal trattamento e ricopertura di  metalli  (ad
esempio,  processi   galvanici,   zincatura,   decapaggio,   pulitura
elettrolitica, fosfatazione, sgrassaggio con alcali, anodizzazione) 
11 01 05 * acidi di decappaggio 
11 01 06 * acidi non specificati altrimenti 
11 01 07 * basi di decappaggio 
11 01 08 * fanghi di fosfatazione 
11 01 09 * fanghi  e  residui  di  filtrazione,  contenenti  sostanze
pericolose 
11 01 10 fanghi e residui di filtrazione, diversi da  quelli  di  cui
alla voce 11 01 09 
11 01  11  *  soluzioni  acquose  di  lavaggio,  contenenti  sostanze
pericolose 
11 01 12 soluzioni acquose di lavaggio, diverse da quelle di cui alla
voce 11 01 11 
11 01 13 * rifiuti di sgrassaggio contenenti sostanze pericolose 
11 01 14 rifiuti di sgrassaggio diversi da quelli di cui alla voce 11
01 13 
11 01 15 * eluati e fanghi di sistemi a membrana e sistemi a  scambio
ionico, contenenti sostanze pericolose 
11 01 16 * resine a scambio ionico saturate o esaurite 
11 01 98 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose 
11 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
11 02 rifiuti prodotti dalla lavorazione idrometallurgica di  metalli
non ferrosi 
11 02 02 * rifiuti della  lavorazione  idrometallurgica  dello  zinco
(compresi jarosite, goethite) 
11 02 03 rifiuti della produzione di anodi per processi elettrolitici
acquosi 
11 02 05 *  rifiuti  della  lavorazione  idrometallurgica  del  rame,
contenenti sostanze pericolose 
11 02 06 rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, diversi
da quelli della voce 11 02 05 
11 02 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose 
11 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 
11 03 rifiuti solidi e fanghi prodotti da processi di rinvenimento 
11 03 01 * rifiuti contenenti cianuro 
11 03 02 * altri rifiuti 
11 05 rifiuti prodotti da processi di galvanizzazione a caldo 
11 05 01 zinco solido 
11 05 02 ceneri di zinco 
11 05 03 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 
11 05 04 * fondente esaurito 
11 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 
12 Rifiuti prodotti dalla lavorazione  e  dal  trattamento  fisico  e
meccanico superficiale di metalli e plastica 
12 01 rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento  fisico  e
meccanico superficiale di metalli e plastiche 
12 01 01 limatura e trucioli di materiali ferrosi 
12 01 02 polveri e particolato di materiali ferrosi 
12 01 03 limatura e trucioli di materiali non ferrosi 
12 01 04 polveri e particolato di materiali non ferrosi 
12 01 05 limatura e trucioli di materiali plastici (5) 
12 01 06 * oli minerali per macchinari, contenenti  alogeni  (eccetto
emulsioni e soluzioni) 
12 01 07 *  oli  minerali  per  macchinari,  non  contenenti  alogeni
(eccetto emulsioni e soluzioni) 
12 01 08 * emulsioni e soluzioni per macchinari, contenenti alogeni 
12 01 09 * emulsioni  e  soluzioni  per  macchinari,  non  contenenti
alogeni 
12 01 10 * oli sintetici per macchinari 
12 01 12 * cere e grassi esauriti 
12 01 13 rifiuti di saldatura 
12 01 14 * fanghi di lavorazione, contenenti sostanze pericolose 
12 01 15 fanghi di lavorazione, diversi da quelli di cui alla voce 12
01 14 
12  01  16  *  materiale  abrasivo  di  scarto,  contenente  sostanze
pericolose 
12 01 17 materiale abrasivo di scarto, diverso da quello di cui  alla
voce 12 01 16 
12 01 18 *  fanghi  metallici  (fanghi  di  rettifica,  affilatura  e
lappatura) contenenti olio 
12 01 19 * oli per macchinari, facilmente biodegradabili 
12 01 20 *  corpi  d'utensile  e  materiali  di  rettifica  esauriti,
contenenti sostanze pericolose 
12 01 21 corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti,  diversi
da quelli di cui alla voce 12 01 20 
12 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
12 03 rifiuti prodotti da processi di sgrassatura ad acqua  e  vapore
(tranne 11) 
12 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio 
12 03 02 * rifiuti prodotti da processi di sgrassatura a vapore 
13 Oli  esauriti  e  residui  di  combustibili  liquidi  (tranne  oli
commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19) 
13 01 scarti di oli per circuiti idraulici 
13 01 01 * oli per circuiti idraulici contenenti PCB (1) 
13 01 04 * emulsioni clorurate 
13 01 05 * emulsioni non clorurate 
13 01 09 * oli minerali per circuiti idraulici, clorurati 
13 01 10 * oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati 
13 01 11 * oli sintetici per circuiti idraulici 
13 01 12 * oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili 
13 01 13 * altri oli per circuiti idraulici 
(1) La definizione di PCB adottata nel presente elenco di rifiuti  e'
quella contenuta nella direttiva 96/59/CE. 
13 02 scarti di olio motore, olio per ingranaggi e oli lubrificanti 
13 02  04  *  scarti  di  olio  minerale  per  motori,  ingranaggi  e
lubrificazione, clorurati 
13 02  05  *  scarti  di  olio  minerale  per  motori,  ingranaggi  e
lubrificazione, non clorurati 
13 02 06  *  scarti  di  olio  sintetico  per  motori,  ingranaggi  e
lubrificazione 
13 02 07 * olio per motori, ingranaggi e  lubrificazione,  facilmente
biodegradabile 
13 02 08 * altri oli per motori, ingranaggi e lubrificazione 
13 03 oli isolanti e termoconduttori di scarto 
13 03 01 * oli isolanti e termoconduttori, contenenti PCB 
13 03 06 * oli minerali isolanti e termoconduttori clorurati, diversi
da quelli di cui alla voce 13 03 01 
13 03 07 * oli minerali isolanti e termoconduttori non clorurati 
13 03 08 * oli sintetici isolanti e termoconduttori 
13 03 09 * oli isolanti e termoconduttori, facilmente biodegradabili 
13 03 10 * altri oli isolanti e termoconduttori 
13 04 oli di sentina 
13 04 01 * oli di sentina della navigazione interna 
13 04 02 * oli di sentina delle fognature dei moli 
13 04 03 * altri oli di sentina della navigazione 
13 05 prodotti di separazione olio/acqua 
13 05 01 * rifiuti solidi delle camere a  sabbia  e  di  prodotti  di
separazione olio/acqua 
13 05 02 * fanghi di prodotti di separazione olio/acqua 
13 05 03 * fanghi da collettori 
13 05 06 * oli prodotti dalla separazione olio/acqua 
13 05 07 * acque oleose prodotte dalla separazione olio/acqua 
13 05 08 * miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e  dei  prodotti
di separazione olio/acqua 
13 07 rifiuti di carburanti liquidi 
13 07 01 * olio combustibile e carburante diesel 
13 07 02 * petrolio 
13 07 03 * altri carburanti (comprese le miscele) 
13 08 rifiuti di oli non specificati altrimenti 
13 08 01 * fanghi ed emulsioni prodotti dai processi di dissalazione 
13 08 02 * altre emulsioni 
13 08 99 * rifiuti non specificati altrimenti 
14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne 07
e 08) 
14   06   solventi   organici,   refrigeranti   e   propellenti    di
schiuma/aerosol di scarto 
14 06 01 * clorofluorocarburi, HCFC, HFC 
14 06 02 * altri solventi e miscele di solventi, alogenati 
14 06 03 * altri solventi e miscele di solventi 
14 06 04 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti solventi alogenati 
14 06 05 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti altri solventi 
15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e
indumenti protettivi (non specificati altrimenti) 
15 01 imballaggi (compresi i rifiuti urbani di imballaggio oggetto di
raccolta differenziata) 
15 01 01 imballaggi in carta e cartone 
15 01 02 imballaggi in plastica 
15 01 03 imballaggi in legno 
15 01 04 imballaggi metallici 
15 01 05 imballaggi in materiali compositi 
15 01 06 imballaggi in materiali misti 
15 01 07 imballaggi in vetro 
15 01 09 imballaggi in materia tessile 
15 01 10 * imballaggi contenenti residui  di  sostanze  pericolose  o
contaminati da tali sostanze 
15 01 11 * imballaggi  metallici  contenenti  matrici  solide  porose
pericolose (ad esempio amianto), compresi i contenitori  a  pressione
vuoti 
15 02 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi 
15 02 02 * assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri  dell'olio
non  specificati  altrimenti),  stracci   e   indumenti   protettivi,
contaminati da sostanze pericolose 
15  02  03  assorbenti,  materiali  filtranti,  stracci  e  indumenti
protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 15 02 02 
16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco 
16 01 veicoli fuori uso appartenenti  a  diversi  modi  di  trasporto
(comprese le macchine mobili non stradali) e rifiuti  prodotti  dallo
smantellamento di veicoli fuori uso e dalla manutenzione  di  veicoli
(tranne 13, 14, 16 06 e 16 08) 
16 01 03 pneumatici fuori uso 
16 01 04 * veicoli fuori uso 
16 01  06  veicoli  fuori  uso,  non  contenenti  liquidi  ne'  altre
componenti pericolose 
16 01 07 * filtri dell'olio 
16 01 08 * componenti contenenti mercurio 
16 01 09 * componenti contenenti PCB 
16 01 10 * componenti esplosivi (ad esempio "air bag") 
16 01 11 * pastiglie per freni, contenenti amianto 
16 01 12 pastiglie per freni, diverse da quelle di cui alla  voce  16
01 11 
16 01 13 * liquidi per freni 
16 01 14 * liquidi antigelo contenenti sostanze pericolose 
16 01 15 liquidi antigelo diversi da quelli di cui alla voce 16 01 14 
16 01 16 serbatoi per gas liquido 
16 01 17 metalli ferrosi 
16 01 18 metalli non ferrosi 
16 01 19 plastica 
16 01 20 vetro 
16 01 21 * componenti pericolosi diversi da quelli di cui  alle  voci
da 16 01 07 a 16 01 11, 16 01 13 e 16 01 14 
16 01 22 componenti non specificati altrimenti 
16 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
16  02  scarti   provenienti   da   apparecchiature   elettriche   ed
elettroniche 
16 02 09 * trasformatori e condensatori contenenti PCB 
16 02 10 *  apparecchiature  fuori  uso  contenenti  PCB  o  da  essi
contaminate, diverse da quelle di cui alla voce 16 02 09 
16 02 11 * apparecchiature fuori uso, contenenti  clorofluorocarburi,
HCFC, HFC 
16 02 12 * apparecchiature fuori uso,  contenenti  amianto  in  fibre
libere 
16  02  13  *  apparecchiature  fuori  uso,   contenenti   componenti
pericolosi (2) diversi da quelli di cui alle voci 16 02 09 e 16 02 12 
16 02 14 apparecchiature fuori uso, diverse da  quelle  di  cui  alle
voci da 16 02 09 a 16 02 13 
16 02 15 * componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso 
16 02 16 componenti rimossi da apparecchiature fuori uso, diversi  da
quelli di cui alla voce 16 02 15 
(2) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di  apparecchiature
elettriche ed elettroniche gli accumulatori e le batterie di cui alle
voci 16 06 contrassegnati come pericolosi, i commutatori a  mercurio,
i vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc. 
16 03 prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati 
16 03 03 * rifiuti inorganici, contenenti sostanze pericolose 
16 03 04 rifiuti inorganici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03
03 
16 03 05 * rifiuti organici, contenenti sostanze pericolose 
16 03 06 rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce  16  03
05 
16 04 esplosivi di scarto 
16 04 01 * munizioni di scarto 
16 04 02 * fuochi artificiali di scarto 
16 04 03 * altri esplosivi di scarto 
16 05 gas in contenitori a pressione e prodotti chimici di scarto 
16 05 04 * gas in  contenitori  a  pressione  (compresi  gli  halon),
contenenti sostanze pericolose 
16 05 05 gas in contenitori a pressione, diversi  da  quelli  di  cui
alla voce 16 05 04 
16 05 06 * sostanze chimiche di laboratorio contenenti  o  costituite
da sostanze pericolose, comprese le miscele di sostanze  chimiche  di
laboratorio 
16 05 07 * sostanze  chimiche  inorganiche  di  scarto  contenenti  o
costituite da sostanze pericolose 
16 05 08  *  sostanze  chimiche  organiche  di  scarto  contenenti  o
costituite da sostanze pericolose 
16 05 09 sostanze chimiche di scarto diverse da quelle  di  cui  alle
voci 16 05 06, 16 05 07 e 16 05 08 
16 06 batterie ed accumulatori 
16 06 01 * batterie al piombo 
16 06 02 * batterie al nichel-cadmio 
16 06 03 * batterie contenenti mercurio 
16 06 04 batterie alcaline (tranne 16 06 03) 
16 06 05 altre batterie ed accumulatori 
16 06 06 *  elettroliti  di  batterie  ed  accumulatori,  oggetto  di
raccolta differenziata 
16 07 rifiuti della pulizia di serbatoi per trasporto e stoccaggio  e
di fusti (tranne 05 e 13) 
16 07 08 * rifiuti contenenti olio 
16 07 09 * rifiuti contenenti altre sostanze pericolose 
16 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 
16 08 catalizzatori esauriti 
16 08 01  catalizzatori  esauriti  contenenti  oro,  argento,  renio,
rodio, palladio, iridio o platino (tranne 16 08 07) 
16 08 02 * catalizzatori esauriti contenenti metalli  di  transizione
(3) pericolosi o composti di metalli di transizione pericolosi 
16 08 03 catalizzatori esauriti contenenti metalli di  transizione  o
composti di metalli di transizione, non specificati altrimenti 
16 08 04 catalizzatori esauriti da cracking catalitico fluido (tranne
16 08 07) 
16 08 05 * catalizzatori esauriti contenenti acido fosforico 
16 08 06 * liquidi esauriti usati come catalizzatori 
16 08 07 * catalizzatori esauriti contaminati da sostanze pericolose 
(3)  Ai  fini  della  presente  voce  sono  considerati  metalli   di
transizione: scandio,  vanadio,  manganese,  cobalto,  rame,  ittrio,
niobio, afnio,  tungsteno,  titanio,  cromo,  ferro,  nichel,  zinco,
zirconio, molibdeno, tantalio. Tali metalli o i  loro  composti  sono
considerati pericolosi se classificati come sostanze  pericolose.  La
classificazione delle sostanze pericolose determina quali metalli  di
transizione e quali  composti  di  metalli  di  transizione  sono  da
considerare pericolosi. 
16 09 sostanze ossidanti 
16 09 01 * permanganati, ad esempio permanganato di potassio 
16 09 02 * cromati, ad esempio  cromato  di  potassio,  dicromato  di
potassio o di sodio 
16 09 03 * perossidi, ad esempio perossido d'idrogeno 
16 09 04 * sostanze ossidanti non specificate altrimenti 
16 10 rifiuti liquidi acquosi destinati ad essere trattati fuori sito 
16  10  01  *  soluzioni  acquose  di  scarto,  contenenti   sostanze
pericolose 
16 10 02 soluzioni acquose di scarto, diverse da quelle di  cui  alla
voce 16 10 01 
16 10 03 * concentrati acquosi, contenenti sostanze pericolose 
16 10 04 concentrati acquosi, diversi da quelli di cui alla  voce  16
10 03 
16 11 scarti di rivestimenti e materiali refrattari 
16 11 01 * rivestimenti e materiali  refrattari  a  base  di  carbone
provenienti  dalle  lavorazioni  metallurgiche,  contenenti  sostanze
pericolose 
16 11 02 rivestimenti  e  materiali  refrattari  a  base  di  carbone
provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui
alla voce 16 11 01 
16 11 03 * altri  rivestimenti  e  materiali  refrattari  provenienti
dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze pericolose 
16 11 04 altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti  dalle
lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce  16  11
03 
16 11  05  *  rivestimenti  e  materiali  refrattari  provenienti  da
lavorazioni non metallurgiche, contenenti sostanze pericolose 
16  11  06  rivestimenti  e  materiali  refrattari   provenienti   da
lavorazioni non metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce  16
11 05 
17 Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il
terreno proveniente da siti contaminati) 
17 01 cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche 
17 01 01 cemento 
17 01 02 mattoni 
17 01 03 mattonelle e ceramiche 
17 01 06 * miscugli  o  scorie  di  cemento,  mattoni,  mattonelle  e
ceramiche, contenenti sostanze pericolose 
17 01  07  miscugli  o  scorie  di  cemento,  mattoni,  mattonelle  e
ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 17 01 06 
17 02 legno, vetro e plastica 
17 02 01 legno 
17 02 02 vetro 
17 02 03 plastica 
17 02 04 * vetro, plastica e legno contenenti sostanze  pericolose  o
da esse contaminati 
17 03 miscele bituminose, catrame di carbone  e  prodotti  contenenti
catrame 
17 03 01 * miscele bituminose contenenti catrame di carbone 
17 03 02 miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 17  03
01 
17 03 03 * catrame di carbone e prodotti contenenti catrame 
17 04 metalli (incluse le loro leghe) 
17 04 01 rame, bronzo, ottone 
17 04 02 alluminio 
17 04 03 piombo 
17 04 04 zinco 
17 04 05 ferro e acciaio 
17 04 06 stagno 
17 04 07 metalli misti 
17 04 09 * rifiuti metallici contaminati da sostanze pericolose 
17 04 10 * cavi, impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre
sostanze pericolose 
17 04 11 cavi, diversi da quelli di cui alla voce 17 04 10 
17 05 terra (compreso il terreno proveniente  da  siti  contaminati),
rocce e fanghi di dragaggio 
17 05 03 * terra e rocce, contenenti sostanze pericolose 
17 05 04 terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03 
17 05 05 * fanghi di dragaggio, contenente sostanze pericolose 
17 05 06 fanghi di dragaggio, diversa da quella di cui alla  voce  17
05 05 
17 05 07 * pietrisco per massicciate ferroviarie, contenente sostanze
pericolose 
17 05 08 pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello  di
cui alla voce 17 05 07 
17 06  materiali  isolanti  e  materiali  da  costruzione  contenenti
amianto 
17 06 01 * materiali isolanti contenenti amianto 
17 06 03 *  altri  materiali  isolanti  contenenti  o  costituiti  da
sostanze pericolose 
17 06 04 materiali isolanti diversi da quelli di cui alle voci 17  06
01 e 17 06 03 
17 06 05 * materiali da costruzione contenenti amianto(i) 
(i) Per quanto riguarda il deposito  dei  rifiuti  in  discarica,  la
classificazione di tale rifiuto come "pericoloso" e' posticipata fino
all'adozione delle norme regolamentari di recepimento della direttiva
99/31/CE sulle discariche, e comunque non oltre il 16 luglio 2002. 
17 08 materiali da costruzione a base di gesso 
17 08 01 * materiali da costruzione a base di  gesso  contaminati  da
sostanze pericolose 
17 08 02 materiali da costruzione a base di gesso diversi  da  quelli
di cui alla voce 17 08 01 
17 09 altri rifiuti dell'attivita' di costruzione e demolizione 
17 09 01 *  rifiuti  dell'attivita'  di  costruzione  e  demolizione,
contenenti mercurio 
17 09 02 *  rifiuti  dell'attivita'  di  costruzione  e  demolizione,
contenenti PCB (ad esempio sigillanti contenenti PCB,  pavimentazioni
a base di resina contenenti PCB, elementi stagni in vetro  contenenti
PCB, condensatori contenenti PCB) 
17 09 03 * altri rifiuti dell'attivita' di costruzione e  demolizione
(compresi rifiuti misti) contenenti sostanze pericolose 
17 09 04 rifiuti misti dell'attivita' di costruzione  e  demolizione,
diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03 
18  Rifiuti  prodotti  dal  settore  sanitario  e  veterinario  o  da
attivita' di ricerca collegate (tranne  i  rifiuti  di  cucina  e  di
ristorazione non direttamente provenienti da trattamento terapeutico) 
18 01 rifiuti dei reparti di maternita' e rifiuti legati a  diagnosi,
trattamento e prevenzione delle malattie negli esseri umani 
18 01 01 oggetti da taglio (eccetto 18 01 03) 
18 01 02 parti anatomiche ed organi incluse le sacche per il plasma e
le riserve di sangue (tranne 18 01 03) 
18 01 03 * rifiuti che devono essere raccolti e  smaltiti  applicando
precauzioni particolari per evitare infezioni 
18 01 04 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando
precauzioni   particolari   per   evitare   infezioni   (es.   bende,
ingessature, lenzuola, indumenti monouso, assorbenti igienici) 
18 01  06  *  sostanze  chimiche  pericolose  o  contenenti  sostanze
pericolose 
18 01 07 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce  18  01
06 
18 01 08 * medicinali citotossici e citostatici 
18 01 09 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 01 08 
18 01 10 * rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici 
18  02  rifiuti  legati  alle  attivita'  di  ricerca   e   diagnosi,
trattamento e prevenzione delle malattie negli animali 
18 02 01 oggetti da taglio (eccetto 18 02 02) 
18 02 02 * rifiuti che devono essere raccolti e  smaltiti  applicando
precauzioni particolari per evitare infezioni 
18 02 03 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando
precauzioni particolari per evitare infezioni 
18 02  05  *  sostanze  chimiche  pericolose  o  contenenti  sostanze
pericolose 
18 02 06 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce  18  02
05 
18 02 07 * medicinali citotossici e citostatici 
18 02 08 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 02 07 
19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti,  impianti
di  trattamento  delle  acque  reflue  fuori  sito,   nonche'   dalla
potabilizzazione  dell'acqua  e  dalla  sua  preparazione   per   uso
industriale 
19 01 rifiuti da incenerimento o pirolisi di rifiuti 
19 01 02 materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti 
19 01 05 * residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 
19 01 06 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal trattamento dei  fumi
e di altri rifiuti liquidi acquosi 
19 01 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 
19 01 10 * carbone attivo esaurito, impiegato per il trattamento  dei
fumi 
19 01 11 * ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose 
19 01 12 ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla  voce
19 01 11 
19 01 13 * ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose 
19 01 14 ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 13 
19 01 15 * ceneri di caldaia, contenenti sostanze pericolose 
19 01 16 polveri di caldaia, diverse da quelle di cui alla voce 19 01
15 
19 01 17 * rifiuti della pirolisi, contenenti sostanze pericolose 
19 01 18 rifiuti della pirolisi, diversi da quelli di cui  alla  voce
19 01 17 
19 01 19 sabbie dei reattori a letto fluidizzato 
19 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 
19 02 rifiuti prodotti da  specifici  trattamenti  chimico-fisici  di
rifiuti  industriali   (comprese   decromatazione,   decianizzazione,
neutralizzazione) 
19 02 03 miscugli di rifiuti composti esclusivamente da  rifiuti  non
pericolosi 
19  02  04  *  miscugli  di  rifiuti  contenenti  almeno  un  rifiuto
pericoloso 
19 02 05 * fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici,  contenenti
sostanze pericolose 
19 02 06 fanghi prodotti da trattamenti  chimico-fisici,  diversi  da
quelli di cui alla voce 19 02 05 
19 02 07 * oli e concentrati prodotti da processi di separazione 
19  02  08  *  rifiuti  combustibili  liquidi,  contenenti   sostanze
pericolose 
19  02  09  *  rifiuti  combustibili  solidi,   contenenti   sostanze
pericolose 
19 02 10 rifiuti combustibili, diversi da quelli di cui alle voci  19
02 08 e 19 02 09 
19 02 11 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose 
19 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 
19 03 rifiuti stabilizzati/solidificati (4) 
19 03 04 * rifiuti contrassegnati come pericolosi,  parzialmente  (5)
stabilizzati 
19 03 05 rifiuti stabilizzati diversi da quelli di cui alla  voce  19
03 04 
19 03 06 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, solidificati 
19 03 07 rifiuti solidificati diversi da quelli di cui alla  voce  19
03 06 
(4) I processi di stabilizzazione modificano la  pericolosita'  delle
sostanze contenute nei rifiuti e trasformano i rifiuti pericolosi  in
rifiuti non pericolosi. I  processi  di  solidificazione  influiscono
esclusivamente sullo stato fisico dei rifiuti (dallo stato liquido  a
quello solido, ad esempio)  per  mezzo  di  appositi  additivi  senza
modificare le proprieta' chimiche dei rifiuti stessi. 
(5) Un rifiuto e' considerato parzialmente  stabilizzato  se  le  sue
componenti pericolose, che non sono state  completamente  trasformate
in sostanze non pericolose grazie  al  processo  di  stabilizzazione,
possono essere  disperse  nell'ambiente  nel  breve,  medio  o  lungo
periodo. 
19 04 rifiuti vetrificati e rifiuti di vetrificazione 
19 04 01 rifiuti vetrificati 
19 04 02 * ceneri leggere ed altri rifiuti dal trattamento dei fumi 
19 04 03 * fase solida non vetrificata 
19 04 04 rifiuti liquidi acquosi prodotti  dalla  tempra  di  rifiuti
vetrificati 
19 05 rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di rifiuti solidi 
19 05 01 parte di rifiuti urbani e simili non compostata 
19 05 02 parte di rifiuti animali e vegetali non compostata 
19 05 03 compost fuori specifica 
19 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 
19 06 rifiuti prodotti dal trattamento anaerobico dei rifiuti 
19 06 03 liquidi  prodotti  dal  trattamento  anaerobico  di  rifiuti
urbani 
19 06 04 digestato prodotto dal  trattamento  anaerobico  di  rifiuti
urbani 
19 06 05 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico  di  rifiuti  di
origine animale o vegetale 
19 06 06 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti  di
origine animale o vegetale 
19 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 
19 07 percolato di discarica 
19 07 02 * percolato di discarica, contenente sostanze pericolose 
19 07 03 percolato di discarica, diverso da quello di cui  alla  voce
19 07 02 
19 08 rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle  acque
reflue, non specificati altrimenti 
19 08 01 vaglio 
19 08 02 rifiuti dell'eliminazione della sabbia 
19 08 05 fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane 
19 08 06 * resine a scambio ionico saturate o esaurite 
19 08 07 * soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio
ionico 
19 08 08  *  rifiuti  prodotti  da  sistemi  a  membrana,  contenenti
sostanze pericolose 
19  08  09  miscele  di  oli  e  grassi  prodotte  dalla  separazione
olio/acqua, contenenti esclusivamente oli e grassi commestibili 
19 08 10 *  miscele  di  oli  e  grassi  prodotte  dalla  separazione
olio/acqua, diverse da quelle di cui alla voce 19 08 09 
19 08 11 * fanghi prodotti  dal  trattamento  biologico  delle  acque
reflue industriali, contenenti sostanze pericolose 
19 08 12 fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue
industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11 
19 08 13 * fanghi contenenti sostanze pericolose  prodotti  da  altri
trattamenti delle acque reflue industriali 
19 08 14 fanghi prodotti da  altri  trattamenti  delle  acque  reflue
industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 13 
19 08 99 rifiuti non specificati altrimenti 
19 09 rifiuti prodotti dalla potabilizzazione dell'acqua o dalla  sua
preparazione per uso industriale 
19 09 01 rifiuti solidi prodotti dai processi di filtrazione e vaglio
primari 
19 09 02 fanghi prodotti dai processi di chiarificazione dell'acqua 
19 09 03 fanghi prodotti dai processi di decarbonatazione 
19 09 04 carbone attivo esaurito 
19 09 05 resine a scambio ionico saturate o esaurite 
19 09 06 soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine  a  scambio
ionico 
19 09 99 rifiuti non specificati altrimenti 
19 10 rifiuti prodotti da  operazioni  di  frantumazione  di  rifiuti
contenenti metallo 
19 10 01 rifiuti di ferro e acciaio 
19 10 02 rifiuti di metalli non ferrosi 
19 10 03 * fluff - frazione leggera e  polveri,  contenenti  sostanze
pericolose 
19 10 04 fluff - frazione leggera e polveri, diversi da quelli di cui
alla voce 19 10 03 
19 10 05 * altre frazioni, contenenti sostanze pericolose 
19 10 06 altre frazioni, diverse da quelle di cui alla voce 19 10 05 
19 11 rifiuti prodotti dalla rigenerazione dell'olio 
19 11 01 * filtri di argilla esauriti 
19 11 02 * catrami acidi 
19 11 03 * rifiuti liquidi acquosi 
19 11 04 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti tramite
basi 
19 11 05 * fanghi prodotti dal trattamento in loco  degli  effluenti,
contenenti sostanze pericolose 
19 11 06 fanghi prodotti dal trattamento  in  loco  degli  effluenti,
diversi da quelli di cui alla voce 19 11 05 
19 11 07 * rifiuti prodotti dalla purificazione dei fumi 
19 11 99 rifiuti non specificati altrimenti 
19 12 rifiuti prodotti dal  trattamento  meccanico  dei  rifiuti  (ad
esempio selezione, triturazione, compattazione, riduzione in  pellet)
non specificati altrimenti 
19 12 01 carta e cartone 
19 12 02 metalli ferrosi 
19 12 03 metalli non ferrosi 
19 12 04 plastica e gomma 
19 12 05 vetro 
19 12 06 * legno contenente sostanze pericolose 
19 12 07 legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06 
19 12 08 prodotti tessili 
19 12 09 minerali (ad esempio sabbia, rocce) 
19 12 10 rifiuti combustibili (CDR: combustibile derivato da rifiuti) 
19 12 11 * altri rifiuti  (compresi  materiali  misti)  prodotti  dal
trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose 
19 12 12  altri  rifiuti  (compresi  materiali  misti)  prodotti  dal
trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce
19 12 11 
19 13 rifiuti prodotti dalle operazioni  di  bonifica  di  terreni  e
risanamento delle acque di falda 
19 13 01 * rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di  bonifica  dei
terreni, contenenti sostanze pericolose 
19 13 02 rifiuti solidi prodotti dalle  operazioni  di  bonifica  dei
terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 01 
19 13 03 * fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei  terreni,
contenenti sostanze pericolose 
19 13 04 fanghi prodotti dalle operazioni di  bonifica  dei  terreni,
diversi da quelli di cui alla voce 19 13 03 
19 13 05 * fanghi prodotti  dalle  operazioni  di  risanamento  delle
acque di falda, contenenti sostanze pericolose 
19 13 06 fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle  acque
di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 05 
19 13 07 * rifiuti liquidi acquosi  e  concentrati  acquosi  prodotti
dalle operazioni di risanamento  delle  acque  di  falda,  contenenti
sostanze pericolose 
19 13 08 rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle
operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli  di
cui alla voce 19 13 07 
20 Rifiuti urbani  (rifiuti  domestici  e  assimilabili  prodotti  da
attivita'  commerciali  e  industriali  nonche'  dalle   istituzioni)
inclusi i rifiuti della raccolta differenziata 
20 01 frazioni oggetto di raccolta differenziata (tranne 15 01) 
20 01 01 carta e cartone 
20 01 02 vetro 
20 01 08 rifiuti biodegradabili di cucine e mense 
20 01 10 abbigliamento 
20 01 11 prodotti tessili 
20 01 13 * solventi 
20 01 14 * acidi 
20 01 15 * sostanze alcaline 
20 01 17 * prodotti fotochimici 
20 01 19 * pesticidi 
20 01 21 * tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio 
20 01 23 * apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi 
20 01 25 oli e grassi commestibili 
20 01 26 * oli e grassi diversi da quelli di cui alla voce 20 01 25 
20 01 27 * vernici, inchiostri, adesivi e resine contenenti  sostanze
pericolose 
20 01 28 vernici, inchiostri, adesivi e resine diversi da  quelli  di
cui alla voce 20 01 27 
20 01 29 * detergenti contenenti sostanze pericolose 
20 01 30 detergenti diversi da quelli di cui alla voce 20 01 29 
20 01 31 * medicinali citotossici e citostatici 
20 01 32 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 20 01 31 
20 01 33 * batterie e accumulatori di cui alle voci 16 06 01,  16  06
02  e  16  06  03  nonche'  batterie  e  accumulatori  non  suddivisi
contenenti tali batterie 
20 01 34 batterie e accumulatori diversi da quelli di cui  alla  voce
20 01 33 
20 01 35 * apparecchiature  elettriche  ed  elettroniche  fuori  uso,
diverse da quelle di cui alla voce 20 01 21 e 20  01  23,  contenenti
componenti pericolosi (6) 
20 01  36  apparecchiature  elettriche  ed  elettroniche  fuori  uso,
diverse da quelle di cui alle voci 20 01 21, 20 01 23 e 20 01 35 
20 01 37 * legno, contenente sostanze pericolose 
20 01 38 legno, diverso da quello di cui alla voce 20 01 37 
20 01 39 plastica 
20 01 40 metallo 
20 01 41 rifiuti prodotti dalla pulizia di camini e ciminiere 
20 01 99 altre frazioni non specificate altrimenti 
(6) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di  apparecchiature
elettriche ed elettroniche gli accumulatori e le batterie di cui alle
voci 16 06 contrassegnati come pericolosi, i commutatori a  mercurio,
i vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc." 
20 02 rifiuti prodotti  da  giardini  e  parchi  (inclusi  i  rifiuti
provenienti da cimiteri) 
20 02 01 rifiuti biodegradabili 
20 02 02 terra e roccia 
20 02 03 altri rifiuti non biodegradabili 
20 03 altri rifiuti urbani 
20 03 01 rifiuti urbani non differenziati 
20 03 02 rifiuti dei mercati 
20 03 03 residui della pulizia stradale 
20 03 04 fanghi delle fosse settiche 
20 03 06 rifiuti della pulizia delle fognature 
20 03 07 rifiuti ingombranti 
20 03 99 rifiuti urbani non specificati altrimenti 

(1) Allegato sostituito dall’articolo 39, comma 5, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, modificato dall’articolo 13, comma 5, lettera b-bis), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116, con la decorrenza di cui al comma 5-bis, del medesimo articolo 13.

(2) Punto sostituito dall’articolo 3, comma, 6, del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 28 .

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 21     

ALLEGATO E ALLA PARTE QUARTA

1) Obiettivi di recupero e di riciclaggio

Entro il 31 dicembre 2008 almeno il 60% in peso dei rifiuti di imballaggio sarà recuperato o sarà incenerito in impianti di incenerimento rifiuti con recupero di energia;

entro il 31 dicembre 2008 sarà riciclato almeno il 55% e fino all’80% in peso dei rifiuti di imballaggio materiali contenuti nei rifiuti di imballaggio:

60% in peso per il vetro;

60% in peso per la carta e il cartone;

50% in peso per i metalli;

27,5% in peso per la plastica, tenuto conto esclusivamente dei materiali riciclati sottoforma di plastica;

35% in peso per il legno.

2) Criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai sensi della Direttiva 2004/12/CE

i) Sono considerati imballaggi gli articoli che rientrano nella definizione di cui sopra, fatte salve altre possibili funzioni dell’imballaggio, a meno che tali articoli non siano parti integranti di un prodotto e siano necessari per contenere, sostenere o preservare tale prodotto per tutto il suo ciclo di vita e tutti gli elementi siano destinati ad essere utilizzati, consumati o eliminati insieme;

ii) sono considerati imballaggi gli articoli progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita e gli elementi usa e getta venduti, riempiti o progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita, a condizione che svolgano una funzione di imballaggio;

iii) i componenti dell’imballaggio e gli elementi accessori integrati nell’imballaggio sono considerati parti integranti dello stesso. Gli elementi accessori direttamente fissati o attaccati al prodotto e che svolgono funzioni di imballaggio sono considerati imballaggio a meno che non siano parte integrante del prodotto e tutti gli elementi siano destinati ad essere consumati o eliminati insieme. Esempi illustrativi per i criteri sopra citati sono:

Esempi illustrativi per il criterio i).

Articoli considerati imballaggio.

Scatole per dolci.

Pellicola che ricopre le custodie di CD.

Buste a sacco per l’invio di cataloghi e riviste (contenenti riviste).

Pizzi per torte venduti con le torte.

Rotoli, tubi e cilindri sui quali e’ avvolto materiale flessibile (come ad esempio pellicola, fogli di alluminio, carta), eccetto i rotoli, i tubi e i cilindri che sono parti di macchinari di produzione e non sono utilizzati per presentare un prodotto come un’unita’ di vendita.

Vasi da fiori da usare solo per la vendita e il trasporto di piante e non destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita.

Bottiglie di vetro per soluzioni iniettabili.

Spine di contenimento per CD (spindle) (vendute con i CD, non destinate ad essere usate per riporli).

Grucce per indumenti (vendute con un indumento).

Scatole di fiammiferi.

Sistemi di barriera sterili (involucri, vassoi e materiali necessari per preservare la sterilita’ del prodotto).

Capsule per sistemi erogatori di bevande (caffe’, cioccolata e latte) che sono lasciate vuote dopo l’uso.

Recipienti di acciaio ricaricabili per gas di vario tipo, esclusi gli estintori.

Articoli non considerati imballaggio.

Vasi da fiori destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita.

Cassette di attrezzi.

Bustine da te’.

Rivestimenti di cera dei formaggi.

Budelli per salsicce.

Grucce per indumenti (vendute separatamente).

Capsule per sistemi erogatori di caffe’, sacchetti di alluminio per caffe’ e bustine di carta per caffe’ filtro che si gettano insieme al caffe’ usato.

Cartucce per stampanti.

Custodie per CD, DVD e videocassette (vendute insieme ai CD, DVD e alle videocassette).

Spine di contenimento per CD (spindle) (venduti vuoti, destinati ad essere usati per custodire i CD).

Bustine solubili per detersivi.

Lumini per tombe (contenitori per candele).

Macinini meccanici (integrati in recipienti ricaricabili, ed es. macinapepe ricaricabile).

Esempi illustrativi per il criterio ii).

Articoli da imballaggio progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita.

Sacchetti o borse di carta o di plastica.

Piatti e tazze monouso.

Pellicola retrattile.

Sacchetti per panini.

Fogli di alluminio.

Pellicola di plastica per gli indumenti lavati nelle lavanderie.

Articoli non considerati imballaggio.

Agitatori.

Posate monouso.

Carta da imballaggio (venduta separatamente).

Forme di carta per prodotti da forno (vendute vuote).

Pizzi per torte venduti senza le torte.

Esempi illustrativi per il criterio iii).

Articoli considerati imballaggio.

Etichette fissate direttamente o apposte sul prodotto.

Articoli considerati parti di imballaggio.

Spazzolini per mascara che fanno parte integrante della chiusura dei recipienti.

Etichette adesive apposte su un altro articolo di imballaggio.

Graffette.

Fascette di plastica.

Dispositivo di dosaggio che fa parte integrante della chiusura della confezione dei detersivi.

Macinini meccanici (integrati in recipienti non ricaricabili, riempiti con un prodotto, ed es. macinapepe contenente pepe).

Articoli non considerati imballaggio.

Etichette di identificazione a radiofrequenza (RIFID) (1).

(1) Punto modificato dall’articolo 1 del D.M. 22 aprile 2014.

PARTE VI

PARTE SESTA

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TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 22     

ALLEGATO F ALLA PARTE QUARTA

Criteri da applicarsi sino all’entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all’articolo 226, comma 3.

Requisiti essenziali concernenti la composizione e la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità) degli imballaggi.

Gli imballaggi sono fabbricati in modo da limitare il volume e il peso al minimo necessario per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità tanto per il prodotto imballato quanto per il consumatore.

Gli imballaggi sono concepiti, prodotti e commercializzati in modo da permetterne il reimpiego o il recupero, compreso il riciclaggio, e da ridurne al minimo l’impatto sull’ambiente se i rifiuti di imballaggio o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono smaltiti.

Gli imballaggi sono fabbricati in modo che la presenza di metalli nocivi e di altre sostanze e materiali pericolosi come costituenti del materiale di imballaggio o di qualsiasi componente dell’imballaggio sia limitata al minimo con riferimento alla loro presenza nelle emissioni, nelle ceneri o nei residui di lisciviazione se gli imballaggi o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono inceneriti o interrati.

I seguenti requisiti devono essere soddisfatti simultaneamente:

1) le proprietà fisiche e le caratteristiche dell’imballaggio devono consentire una serie di spostamenti o rotazioni in condizioni di impiego normalmente prevedibili;

2) possibilità di trattare gli imballaggi usati per ottemperare ai requisiti in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori;

3) osservanza dei requisiti specifici per gli imballaggi recuperabili se l’imballaggio non è più utilizzato e diventa quindi un rifiuto;

4) l’imballaggio deve essere prodotto in modo tale da consentire il riciclaggio di una determinata percentuale in peso del materiali usati, nella fabbricazione di prodotti commerciabili, rispettando le norme in vigore nella Comunità europea;

5) la determinazione di tale percentuale può variare a seconda del tipo di materiale che costituisce l’imballaggio.

6) I rifiuti di imballaggio trattati a scopi di recupero energetico devono avere un valore calorifico minimo inferiore per permettere di ottimizzare il recupero energetico.

1. Requisiti per la fabbricazione e composizione degli imballaggi

2. Requisiti per la riutilizzabilità di un imballaggio

3. Requisiti per la recuperabilità di un imballaggio

a) Imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale

b) Imballaggi recuperabili sotto forma di recupero di energia

c) Imballaggi recuperabili sotto forma di compost

I rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata e il processo o l’attività di compostaggio in cui sono introdotti.

I rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua.

d) Imballaggi biodegradabili.

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TITOLO III

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RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 23     

ALLEGATO G ALLA PARTE QUARTA

[Categorie o tipi generici di rifiuti pericolosi elencati in base alla loro natura o all’attività che li ha prodotti (I rifiuti possono presentarsi sotto forma di liquido, di solido o di fango) (*)

Allegato G.1

Rifiuti che presentano una qualsiasi delle caratteristiche elencate nell’allegato I e che consistono in:

1. Sostanze anatomiche: rifiuti di ospedali o provenienti da altre attività mediche

2. Prodotti farmaceutici, medicinali, prodotti veterinari

3. Prodotti per la protezione del legno

4. Biocidi e prodotti fitosanitari

5. Residui di prodotti utilizzati come solventi

6. Sostanze organiche alogenate non utilizzate come solventi, escluse le sostanze polimerizzate inerti

7. Sali per rinvenimento contenenti cianuri

8. Oli e sostanze oleose minerali (ad esempio fanghi di lavorazione, ecc.)

9. Miscugli olio/acqua o idrocarburo/acqua, emulsioni

10. Sostanze contenenti PCB e/o PCT (ad esempio isolanti elettrici, ecc.)

11. Sostanze bituminose provenienti da operazioni di raffinazione, distillazione o pirolisi (ad esempio residui di distillazione, ecc.)

12. Inchiostri, coloranti, pigmenti, pitture, lacche, vernici

13. Resine, lattici, plastificanti, colle/adesivi

14. Sostanze chimiche non identificate e/o nuove provenienti da attività di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull’uomo e/o sull’ambiente non sono noti (ad esempio rifiuti di laboratorio, ecc.)

15. Prodotti pirotecnici e altre sostanze esplosive

16. Prodotti di laboratori fotografici

17. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorurati.

18. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia delle dibenzoparadiossine policlorurate.

Allegato G.2

Rifiuti contenenti uno qualunque dei costituenti elencati nell’allegato H, aventi una delle caratteristiche elencate nell’allegato I e consistenti in:

19. Saponi, corpi grassi, cere di origine animale o vegetale

20. Sostanze organiche non alogenate non utilizzate come solventi

21. Sostanze inorganiche senza metalli né composti metallici

22. Scorie e/o ceneri

23. Terre, argille o sabbie, compresi i fanghi di dragaggio

24. Sali per rinvenimento non contenenti cianuri

25. Polveri metalliche

26. Materiali catalitici usati

27. Liquidi o fanghi contenenti metalli o composti metallici

28. Rifiuti provenienti da trattamenti disinquinanti (ad esempio: polveri di filtri dell’aria, ecc.) salvo quelli previsti ai punti 29, 30 e 33

29. Fanghi provenienti dal lavaggio di gas

30. Fanghi provenienti dagli impianti di depurazione dell’acqua

31. Residui di decarbonazione

32. Residui di colonne scambiatrici di ioni

33. Fanghi residuati non trattati o non utilizzabili in agricoltura

34. Residui della pulitura di cisterne e/o di materiale

35. Materiale contaminato

36. Recipienti contaminati (ad esempio: imballaggi, bombole di gas, ecc.) che abbiano contenuto uno o più dei costituenti elencati nell’allegato H

37. Accumulatori e pile elettriche

38. Oli vegetali

39. Oggetti provenienti da una raccolta selettiva di rifiuti domestici e aventi una delle caratteristiche elencate nell’allegato I

40. Qualunque altro rifiuto contenente uno qualunque dei costituenti elencati nell’allegato H e aventi una delle caratteristiche elencate nell’allegato I.

(*) alcune ripetizioni rispetto alle voci dell’allegato H sono fatte intenzionalmente.] (1)

(1) Allegato abrogato dall’articolo 39, comma 6, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

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     Allegato 24     

ALLEGATO H ALLA PARTE QUARTA

[Costituenti che rendono pericolosi i rifiuti dell’allegato G.2 quando tali rifiuti possiedono le caratteristiche dell’allegato I:

C1 Berillio, composti del berillio

C2 Composti del vanadio

C3 Composti del cromo esavalente

C4 Composti del cobalto

C5 Composti del nichel

C6 Composti del rame

C7 Composti dello zinco

C8 Arsenico, composti dell’arsenico

C9 Selenio, composti del selenio

C10 Composti dell’argento

C11 Cadmio, composti del cadmio

C12 Composti dello stagno

C13 Antimonio, composti dell’antimonio

C14 Tellurio, composti del tellurio

C15 Composti del bario, ad eccezione del solfato di bario

C16 Mercurio, composti del mercurio

C17 Tallio, composti del tallio

C18 Piombo, composti del piombo

C19 Solfuri inorganici

C20 Composti inorganici del fluoro, escluso il fluoruro di calcio

C21 Cianuri inorganici

C22 I seguenti metalli alcalini o alcalino-terrosi: litio, sodio, potassio, calcio, magnesio sotto forma non combinata

C23 Soluzioni acide o acidi sotto forma solida

C24 Soluzioni basiche o basi sotto forma solida

C25 Amianto (polvere e fibre)

C26 Fosforo, composti del fosforo esclusi i fosfati minerali

C27 Metallocarbonili

Rifiuti aventi come costituenti:

C28 Perossidi

C29 Clorati

C30 Perclorati

C31 Azoturi

C32 PCB e/o PCT

C33 Composti farmaceutici o veterinari

C34 Biocidi e sostanze fitosanitarie (ad esempio antiparassitari, ecc.)

C35 Sostanze infettive

C36 Oli di creosoto

C37 Isocianati, tiocianati

C38 Cianuri organici (ad esempio: nitrilli, ecc.)

C39 Fenoli, composti fenolati

C40 Solventi alogenati

C41 Solventi organici, esclusi i solventi alogenati

C42 Composti organo-alogenati, escluse le sostanze polimerizzate inerti e le altre sostanze indicate nel presente allegato

C43 Composti aromatici, composti organici policiclici ed eterociclici

C44 Ammine alifatiche

C45 Ammine aromatiche

C46 Eteri

C47 Sostanze di carattere esplosivo, escluse le sostanze indicate in altri punti del presente allegato

C48 Composti organici dello zolfo

C49 Qualsiasi prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorati

C50 Qualsiasi prodotto della famiglia delle dibenzo-paradiossine policlorate

C51 Idrocarburi e loro composti ossigenati azotati e/o solforati non altrimenti indicati nel presente allegato.] (1)

(1) Allegato abrogato dall’articolo 39, comma 6, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

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     Allegato 25     

ALLEGATO I ALLA PARTE QUARTA

Caratteristiche di pericolo per i rifiuti (1)

H1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti piu’ del dinitrobenzene;

H2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica;

H3-A «Facilmente infiammabile»: sostanze e preparati:

– liquidi il cui punto di infiammabilita’ e’ inferiore a 21° C (compresi i liquidi estremamente infiammabili),

o

– che a contatto con l’aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e infiam6marsi,

o

– solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l’allontanamento della sorgente di accensione,

o

– gassosi che si infiammano a contatto con l’aria a pressione normale,

o

– che, a contatto con l’acqua o l’aria umida, sprigionano gas facilmente infiammabili in quantita’ pericolose;

H3-B «Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilita’ e’ pari o superiore a 21° C e inferiore o pari a 55° C;

H4 «Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose puo’ provocare una reazione infiammatoria;

H5 «Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravita’ limitata;

H6 «Tossico»: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte;

H7 «Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne l’incidenza;

H8 «Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un’azione distruttiva;

H9 «Infettivo»: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi;

H10 «Tossico per la riproduzione»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza;

H11 «Mutageno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne l’incidenza;

H12 Rifiuti che, a contatto con l’acqua, l’aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico;

H13 «Sensibilizzanti»:

sostanze o preparati che per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo a una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici;

H14 «Ecotossico»:

rifiuti che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o piu’ comparti ambientali.

H15 Rifiuti suscettibili, dopo l’eliminazione, di dare origine in qualche modo ad un’altra sostanza, ad esempio a un prodotto di lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate.

Note 1. L’attribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico» (e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo» e «irritante» «cancerogeno», «tossico per la riproduzione», «mutageno» ed «ecotossico» e’ effettuata secondo i criteri stabiliti nell’allegato VI, parte I.A e parte II.B della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967 e successive modifiche e integrazioni, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose.

2. Ove pertinente si applicano i valori limite di cui agli allegati II e III della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 1999 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi.

Metodi di prova:

I metodi da utilizzare sono quelli descritti nell’allegato V della direttiva 67/548/CEE e in altre pertinenti note del CEN.

—–

Se disponibili metodi di prova.

(1) Allegato sostituito dall’articolo 39, comma 5, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

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TITOLO III

TITOLO III

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     Allegato 25 bis     

ALLEGATO L ALLA PARTE QUARTA (1)

Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti

Misure che possono incidere sulle condizioni generali relative alla produzione di rifiuti

1. Ricorso a misure di pianificazione o ad altri strumenti economici che promuovono l’uso efficiente delle risorse.

2. Promozione di attivita’ di ricerca e sviluppo finalizzate a realizzare prodotti e tecnologie piu’ puliti e capaci di generare meno rifiuti; diffusione e utilizzo dei risultati di tali attivita’.

3. Elaborazione di indicatori efficaci e significativi delle pressioni ambientali associate alla produzione di rifiuti volti a contribuire alla prevenzione della produzione di rifiuti a tutti i livelli, dalla comparazione di prodotti a livello comunitario attraverso interventi delle autorita’ locali fino a misure nazionali.

Misure che possono incidere sulla fase di progettazione e produzione e di distribuzione

4. Promozione della progettazione ecologica (cioe’ l’integrazione sistematica degli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto al fine di migliorarne le prestazioni ambientali nel corso dell’intero ciclo di vita).

5. Diffusione di informazioni sulle tecniche di prevenzione dei rifiuti al fine di agevolare l’applicazione delle migliori tecniche disponibili da parte dell’industria.

6. Organizzazione di attivita’ di formazione delle autorita’ competenti per quanto riguarda l’integrazione delle prescrizioni in materia di prevenzione dei rifiuti nelle autorizzazioni rilasciate a norma della presente direttiva e della direttiva 96/61/CE.

7. Introduzione di misure per prevenire la produzione di rifiuti negli impianti non soggetti al Titolo III-bis alla Parte Seconda. Tali misure potrebbero eventualmente comprendere valutazioni o piani di prevenzione dei rifiuti (2).

7-bis Introduzione delle misure indicate nei documenti di riferimento sulle BAT per prevenire la produzione di rifiuti da installazioni soggette al Titolo III-bis alla Parte Seconda. Sono a tal fine pertinenti le operazioni di riutilizzo, riciclo, ricupero effettuate all’interno delle stesse installazioni in cui si generano i materiali (3).

8. Campagne di sensibilizzazione o interventi per sostenere le imprese a livello finanziario, decisionale o in altro modo.

Tali misure possono essere particolarmente efficaci se sono destinate specificamente (e adattate) alle piccole e medie imprese e se operano attraverso reti di imprese gia’ costituite.

9. Ricorso ad accordi volontari, a panel di consumatori e produttori o a negoziati settoriali per incoraggiare le imprese o i settori industriali interessati a predisporre i propri piani o obiettivi di prevenzione dei rifiuti o a modificare prodotti o imballaggi che generano troppi rifiuti.

10. Promozione di sistemi di gestione ambientale affidabili, come l’EMAS e la norma ISO 14001.

Misure che possono incidere sulla fase del consumo e dell’utilizzo 11. Ricorso a strumenti economici, ad esempio incentivi per l’acquisto di beni e servizi meno inquinanti o imposizione ai consumatori di un pagamento obbligatorio per un determinato articolo o elemento dell’imballaggio che altrimenti sarebbe fornito gratuitamente.

12. Campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

13. Promozione di marchi di qualita’ ecologica affidabili.

14. Accordi con l’industria, ricorrendo ad esempio a gruppi di studio sui prodotti come quelli costituiti nell’ambito delle politiche integrate di prodotto, o accordi con i rivenditori per garantire la disponibilita’ di informazioni sulla prevenzione dei rifiuti e di prodotti a minor impatto ambientale.

15. Nell’ambito degli appalti pubblici e privati, integrazione dei criteri ambientali e di prevenzione dei rifiuti nei bandi di gara e nei contratti, coerentemente con quanto indicato nel manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili pubblicato dalla Commissione il 29 ottobre 2004.

16. Promozione del riutilizzo e/o della riparazione di determinati prodotti scartati, o loro componenti in particolare attraverso misure educative, economiche, logistiche o altro, ad esempio il sostegno o la creazione di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo, specialmente in regioni densamente popolate.

(1) Allegato inserito dall’articolo 39, comma 7, del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(2) Punto modificato dall’articolo 27, comma 2, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Punto aggiunto dall’articolo 27, comma 3, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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     Allegato 25 ter     

ALLEGATO 1 AL TITOLO III-BIS ALLA PARTE QUARTA (1)

Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento di rifiuti

(1) Allegato aggiunto dall’articolo 27, comma 5, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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     Allegato 25 quater     

ALLEGATO 2 AL TITOLO III-BIS ALLA PARTE QUARTA DEL DECRETO LEGISLATIVO 3 APRILE 2006, N. 152

Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di coincenerimento

(1) Allegato aggiunto dall’articolo 27, comma 5, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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     Allegato 25 quinquies     

ALLEGATO 3 AL TITOLO III-BIS ALLA PARTE QUARTA (1)

NORME TECNICHE PER IL COINCENERIMENTO DEI PRODOTTI TRASFORMATI

DERIVATI DA MATERIALI DI CATEGORIA 1, 2 E 3 DI CUI AL REGOLAMENTO (CE) 1069/2009.

1. Tipologia: Prodotti trasformati e derivati da materiali di categoria 1, 2 e 3, ivi compresi i grassi; partite di alimenti zootecnicí contenenti frazioni dei materiali predetti.

1.1 Provenienza: impianti di trasformazione riconosciuti ai sensi del regolamento (CE) 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, per le partite di alimenti zootecnici contenenti frazioni dei materiali predetti è ammessa qualsiasi provenienza 1.2 Caratteristiche:

a) farina proteica animale e/o alimenti zootecnici aventi le seguenti caratteristiche:

P.C.I. sul tal quale 12.000 kJ/kg min;

umidità 10% max;

ceneri sul secco 40% max.

b) grasso animale avente le seguenti caratteristiche:

P.C.I. sul tal quale 30.000 kJ/kg min;

umidità 2% max;

ceneri sul secco 2% max.

I parametri di cui ai punti a) e b) devono essere documentati dal produttore in aggiunta alla documentazione sanitaria prevista dalla vigente normativa.

1.3 Il coincenerimento con recupero energetico, comprende anche la relativa messa in riserva presso l’impianto. Durante tutte le fasi dell’attività devono essere evitati il contatto diretto e la manipolazione dei rifiuti di cui al punto 1.2, nonché qualsiasi forma di dispersione ambientale degli stessi.

(1) Allegato aggiunto dall’articolo 27, comma 5, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

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     Allegato 26     

ALLEGATO 1 AL TITOLO V

CRITERI GENERALI PER L’ANALISI DI RISCHIO SANITARIO AMBIENTALE SITO-SPECIFICA

PREMESSA

Il presente allegato definisce gli elementi necessari per la redazione dell’analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica (nel seguito analisi di rischio), da utilizzarsi per la definizione degli obiettivi di bonifica.

L’analisi di rischio si può applicare prima, durante e dopo le operazioni di bonifica o messa in sicurezza.

L’articolato normativo fa riferimento a due criteri-soglia di intervento: il primo (CSC) da considerarsi valore di attenzione, superato il quale occorre svolgere una caratterizzazione ed il secondo (CSR) che identifica i livelli di contaminazione residua accettabili, calcolati mediante analisi di rischio, sui quali impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica.

Il presente allegato definisce i criteri minimi da applicare nella procedura di analisi di rischio inversa che verrà utilizzata per il calcolo delle CSR, cioè per definire in modo rigoroso e cautelativo per l’ambiente gli obiettivi di bonifica aderenti alla realtà del sito, che rispettino i criteri di accettabilità del rischio cancerogeno e dell’indice di rischio assunti nei punti di conformità prescelti.

CONCETTI E PRINCIPI BASE

Nell’applicazione dell’analisi di rischio dei siti contaminati ed ai fini di una interpretazione corretta dei risultati finali occorre tenere conto dei seguenti concetti:

la grandezza rischio, in tutte le sue diverse accezioni, ha costantemente al suo interno componenti probabilistiche. Nella sua applicazione per definire gli obiettivi di risanamento è importante sottolineare che la probabilità non è legata all’evento di contaminazione (già avvenuto), quanto alla natura probabilistica degli effetti nocivi che la contaminazione, o meglio l’esposizione ad un certo contaminante, può avere sui ricettori finali.

Ai fini di una piena accettazione dei risultati dovrà essere posta una particolare cura nella scelta dei parametri da utilizzare nei calcoli, scelta che dovrà rispondere sia a criteri di conservatività, il principio della cautela è intrinseco alla procedura di analisi di rischio, che a quelli di sito-specificità ricavabili dalle indagini di caratterizzazione svolte.

L’individuazione e l’analisi dei potenziali percorsi di esposizione e dei bersagli e la definizione degli obiettivi di bonifica, in coerenza con gli orientamenti strategici più recenti, devono tenere presente la destinazione d’uso del sito prevista dagli strumenti di programmazione territoriale.

COMPONENTI DELL’ANALISI DI RISCHIO DA PARAMETRIZZARE

Sulla base della struttura del processo decisionale di “analisi di rischio”, indipendentemente dal tipo di metodologia impiegata, dovranno essere parametrizzate le seguenti componenti: contaminanti indice, sorgenti, vie e modalità di esposizione, ricettori finali.

Di seguito si presentano gli indirizzi necessari per la loro definizione ai fini dei calcoli.

Contaminanti indice

Particolare attenzione dovrà essere posta nella scelta delle sostanze di interesse (contaminanti indice) da sottoporre ai calcoli di analisi di rischio.

La scelta dei contaminanti indice, desunti dai risultati della caratterizzazione, deve tener conto dei seguenti fattori:

– Superamento della o delle CSC, ovvero dei valori di fondo naturali.

– Livelli di tossicità.

– Grado di mobilità e persistenza nelle varie matrici ambientali.

– Correlabilità ad attività svolta nel sito

– Frequenza dei valori superiori al CSC.

Sorgenti

Le indagini di caratterizzazione dovranno portare alla valutazione della geometria della sorgente: tale valutazione dovrà necessariamente tenere conto delle dimensioni globali del sito, in modo da procedere, eventualmente, ad una suddivisione in aree omogenee sia per le caratteristiche idrogeologiche che per la presenza di sostanze contaminanti, da sottoporre individualmente ai calcoli di analisi di rischio.

In generale l’esecuzione dell’analisi di rischio richiede l’individuazione di valori di concentrazione dei contaminanti rappresentativi in corrispondenza di ogni sorgente di contaminazione (suolo superficiale, suolo profondo, falda) secondo modalità e criteri che si diversificano in funzione del grado di approssimazione richiesto.

Tale valore verrà confrontato con quello ricavato dai calcoli di analisi di rischio, per poter definire gli interventi necessari.

Salvo che per le contaminazioni puntuali (hot-spots), che verranno trattate in modo puntuale, tali concentrazioni dovranno essere di norma stabilite su basi statistiche (media aritmetica, media geometrica, UCL 95% del valore medio).

Le vie e le modalità di esposizione

Le vie di esposizione sono quelle mediante le quali il potenziale bersaglio entra in contatto con le sostanze inquinanti.

Si ha una esposizione diretta se la via di esposizione coincide con la sorgente di contaminazione; si ha una esposizione indiretta nel caso in cui il contatto del recettore con la sostanza inquinante avviene a seguito della migrazione dello stesso e quindi avviene ad una certa distanza dalla sorgente.

Le vie di esposizione per le quali occorre definire i parametri da introdurre nei calcoli sono le seguenti:

– Suolo superficiale (compreso fra piano campagna e 1 metro di profondità).

– Suolo profondo (compreso fra la base del precedente e la massima profondità indagata).

– Aria outdoor (porzione di ambiente aperto, aeriforme, dove si possono avere evaporazioni di sostanze inquinanti provenienti dai livelli più superficiali.

– Aria indoor (porzione di ambiente aeriforme confinata in ambienti chiusi).

– Acqua sotterranea (falda superficiale e/o profonda).

Le modalità di esposizione attraverso le quali può avvenire il contatto tra l’inquinante ed il bersaglio variano in funzione delle vie di esposizione sopra riportate e sono distinguibili in:

– ingestione di acqua potabile.

– ingestione di suolo.

– contatto dermico.

– inalazione di vapori e particolato.

I recettori o bersagli della contaminazione

Sono i recettori umani, identificabili in residenti e/o lavoratori presenti nel sito (on-site) o persone che vivono al di fuori del sito (off-site).

Di fondamentale importanza è la scelta del punto di conformità (soprattutto quello per le acque sotterranee) e del livello di rischio accettabile sia per le sostanze cancerogene che non-cancerogene.

– punto di conformità per le acque sotterranee

Il punto di conformita’ per le acque sotterranee rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella parte terza (in particolare articolo 76) e nella parte sesta del presente decreto (in particolare articolo 300).Pertanto in attuazione del principio generale di precauzione, il punto di conformita’ deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica e la relativa CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all’Allegato 5 della parte quarta del presente decreto. Valori superiori possono essere ammissibili solo in caso di fondo naturale piu’ elevato o di modifiche allo stato originario dovute all’inquinamento diffuso, ove accertati o validati dalla Autorita’ pubblica competente, o in caso di specifici minori obiettivi di qualita’ per il corpo idrico sotterraneo o per altri corpi idrici recettori, ove stabiliti e indicati dall’Autorita’ pubblica competente, comunque compatibilmente con l’assenza di rischio igienico-sanitario per eventuali altri recettori a valle. A monte idrogeologico del punto di conformita’ cosi’ determinato e comunque limitatamente alle aree interne del sito in considerazione, la concentrazione dei contaminanti puo’ risultare maggiore della CSR cosi’ determinata, purche’ compatibile con il rispetto della CSC al punto di conformita’ nonche’ compatibile con l’analisi del rischio igienico sanitario per ogni altro possibile recettore nell’area stessa (1).

– criteri di accettabilità del rischio cancerogeno e dell’indice di rischio

Si propone 1 x 10-6 come valore di rischio incrementale accettabile per la singola sostanza cancerogena e 1×10’5 come valore di rischio incrementale accettabile cumulato per tutte le sostanze cancerogene, mentre per le sostanze non cancerogene si applica il criterio del non superamento della dose tollerabile o accettabile (ADI o TDI) definita per la sostanza (Hazard Index complessivo 1) (2).

PROCEDURE DI CALCOLO E STIMA DEL RISCHIO

Le procedure di calcolo finalizzate alla caratterizzazione quantitativa del rischio, data l’importanza della definizione dei livelli di bonifica (CSR), dovranno essere condotte mediante l’utilizzo di metodologie quale ad esempio ASTM PS 104, di comprovata validità sia dal punto di vista delle basi scientifiche che supportano gli algoritmi di calcolo, che della riproducibilità dei risultati.

PROCEDURA DI VALIDAZIONE

Al fine di consentire la validazione dei risultati ottenuti da parte degli enti di controllo e’ necessario avere la piena rintracciabilità dei dati di input con relative fonti e dei criteri utilizzati per i calcoli.

Gli elementi più importanti sono di seguito riportati:

– Criteri di scelta dei contaminanti indice.

– Modello concettuale del sito alla luce dei risultati delle indagini di caratterizzazione con percorsi di esposizione e punti di conformità.

– Procedure di calcolo utilizzate.

– Fonti utilizzate per la determinazione dei parametri di input degli algoritmi di calcolo.

(1) Punto modificato dall’articolo 2, comma 43, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(2) Punto modificato dall’articolo 2, comma 43, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 27     

ALLEGATO 2 AL TITOLO V

CRITERI GENERALI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEI SITI CONTAMINATI

PREMESSA

La caratterizzazione ambientale di un sito è identificabile con l’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito. Le attività di caratterizzazione devono essere condotte in modo tale da permettere la validazione dei risultati finali da parte delle Pubbliche Autorità in un quadro realistico e condiviso delle situazioni di contaminazione eventualmente emerse.

Per caratterizzazione dei siti contaminati si intende quindi l’intero processo costituito dalle seguenti fasi:

1. Ricostruzione storica delle attività produttive svolte sul sito.

2. Elaborazione del Modello Concettuale Preliminare del sito e predisposizione di un piano di indagini ambientali finalizzato alla definizione dello stato ambientale del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.

3. Esecuzione del piano di indagini e delle eventuali indagini integrative necessarie alla luce dei primi risultati raccolti.

4. Elaborazione dei risultati delle indagini eseguite e dei dati storici raccolti e rappresentazione dello stato di contaminazione del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.

5. Elaborazione del Modello Concettuale Definitivo.

6. Identificazione dei livelli di concentrazione residua accettabili – sui quali impostare gli eventuali interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica, che si rendessero successivamente necessari a seguito dell’analisi di rischio – calcolati mediante analisi di rischio eseguita secondo i criteri di cui in Allegato 1.

La Caratterizzazione ambientale, sarà avviata successivamente alla approvazione da parte delle Autorità Competenti del Piano di indagini di cui al punto 1 e si riterrà conclusa con l’approvazione, in unica soluzione, da parte delle Autorità Competenti dell’intero processo sopra riportato, al termine delle attività di cui al punto 5 nel caso di non superamento delle CSC e al termine dell’attività di cui al punto 6 qualora si riscontri un superamento delle suddette concentrazioni.

Nel fase di attuazione dell’intero processo, l’Autorità competente potrà richiedere al Proponente stati di avanzamento dei lavori per ognuna delle fasi sopra riportate, rilasciando eventuali prescrizioni per ognuna delle fasi di cui sopra in un’unica soluzione. Per i Siti di interesse nazionale, i tempi e le modalità di approvazione delle fasi di cui sopra potranno essere disciplinate con appositi Accordi di Programma.

Il presente documento fa riferimento ai siti potenzialmente contaminati che non rientrano nella fattispecie a cui si applicano le procedure semplificate dell’Allegato 4.

PREDISPOSIZIONE DEL PIANO DI INDAGINI AMBIENTALI FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DELLO STATO AMBIENTALE DEL SOTTOSUOLO

Tale fase si attua attraverso:

1. Raccolta dei dati esistenti ed elaborazione del Modello Concettuale Preliminare

2. Elaborazione del Piano di Investigazione Iniziale comprendente: indagini, campionamenti e analisi da svolgere mediante prove in sito ed analisi di laboratorio

3. Ogni altra indagine, campionamento e analisi finalizzati alla definizione dello stato ambientale del sottosuolo e dei livelli di concentrazione accettabili per il terreno e le acque sotterranee

Modello concettuale preliminare

Il modello concettuale preliminare è realizzato sulla base delle informazioni storiche disponibili prima dell’inizio del Piano di investigazione, nonché di eventuali indagini condotte nelle varie matrici ambientali nel corso della normale gestione del sito. Con il modello concettuale preliminare vengono infatti descritte: caratteristiche specifiche del sito in termini di potenziali fonti della contaminazione; estensione, caratteristiche e qualità preliminari delle matrici ambientali influenzate dalla presenza dell’attività esistente o passata svolta sul sito; potenziali percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati. Tale modello deve essere elaborato prima di condurre l’attività di campo in modo da guidare la definizione del Piano di investigazione.

Parte integrante e fondamentale del modello concettuale del sito è la definizione preliminare, sulla base delle informazioni storiche a disposizione, delle caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi superficiali e profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione.

Per la redazione del Modello Concettuale preliminare dovranno essere considerate le eventuali indagini condotte nelle varie matrici ambientali nel corso della normale gestione del sito, prima dell’attuazione del piano di indagini.

Piano di indagini

Il piano di indagini dovrà contenere la dettagliata descrizione delle attività che saranno svolte in campo ed in laboratorio per la caratterizzazione ambientale del sito. Il Proponente dovrà includere in tale documento le specifiche tecniche per l’esecuzione delle attività (procedure di campionamento, le misure di campo, modalità di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, metodiche analitiche, ecc.) che una volta approvate dalle Autorità Competenti, prima dell’inizio dei lavori, costituiranno il protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito.

Le fonti potenziali di inquinamento sono definite sulla base del Modello Concettuale Preliminare del sito e comprendono: luoghi di accumulo e stoccaggio di rifiuti e materiali, vasche e serbatoi interrati e fuori terra, pozzi disperdenti, cumuli di rifiuti in contenitori o dispersi, tubazioni e fognature, ecc. …

Le indagini avranno l’obiettivo di:

– verificare l’esistenza di inquinamento di suolo, sottosuolo e acque sotterranee; definire il grado, l’estensione volumetrica dell’inquinamento; delimitare il volume delle aree di interramento di rifiuti;

– individuare le possibili vie di dispersione e migrazione degli inquinanti dalle fonti verso i potenziali ricettori;

– ricostruire le caratteristiche geologiche ed idrogeologiche dell’area al fine di sviluppare il modello concettuale definitivo del sito;

– ottenere i parametri necessari a condurre nel dettaglio l’analisi di rischio sito specifica;

– individuare i possibili ricettori.

A tal fine devono essere definiti:

– l’ubicazione e tipologia delle indagini da svolgere, sia di tipo diretto, quali sondaggi e piezometri, sia indiretto, come i rilievi geofisici;

– il piano di campionamento di suolo, sottosuolo, rifiuti e acque sotterranee;

– il piano di analisi chimico-fisiche e le metodiche analitiche;

– la profondità da raggiungere con le perforazioni, assicurando la protezione degli acquiferi profondi ed evitando il rischio di contaminazione indotta dal campionamento;

– le metodologie di interpretazione e restituzione dei risultati.

Ubicazione dei punti di campionamento

L’ubicazione dei punti di campionamento deve essere stabilita in modo da corrispondere agli obiettivi indicati nei criteri generali.

Per ogni matrice ambientale investigata (suolo, sottosuolo, acque sotterranee) si possono presentare due principali strategie per selezionare l’ubicazione dei punti di sondaggio e prelievo:

1. la scelta è basata sull’esame dei dati storici a disposizione e su tutte le informazioni sintetizzate nel modello concettuale preliminare e deve essere mirata a verificare le ipotesi formulate nel suddetto modello in termini di presenza, estensione e potenziale diffusione della contaminazione; questa scelta è da preferirsi per i siti complessi qualora le informazioni storiche e impiantistiche a disposizione consentano di prevedere la localizzazione delle aree più vulnerabili e delle più probabili fonti di contaminazione [“ubicazione ragionata”]

2. la scelta della localizzazione dei punti è effettuata sulla base di un criterio di tipo casuale o statistico, ad esempio campionamento sulla base di una griglia predefinita o casuale; questa scelta è da preferirsi ogni volta che le dimensioni dell’area o la scarsità di informazioni storiche e impiantistiche sul sito non permettano di ottenere una caratterizzazione preliminare soddisfacente e di prevedere la localizzazione delle più probabili fonti di contaminazione [“ubicazione sistematica”]

A seconda della complessità del sito, i due approcci di cui sopra possono essere applicati contemporaneamente in funzione del differente utilizzo delle aree del sito. In particolare, nella scelta dei punti di indagine si terrà conto della diversità tra aree dismesse e/o libere da impianti e aree occupate da impianti, collocando i punti di campionamento in corrispondenza dei punti di criticità, valutando nel contempo la configurazione impiantistica e lo schema dei relativi sottoservizi.

Oltre ai criteri di cui sopra, l’applicazione di tecniche indirette di indagine, la dove applicabili (analisi del gas interstiziale del suolo, indagini geofisiche indirette, ecc.), potrà essere utilizzata al fine di determinare una migliore ubicazione dei punti di indagine diretta (prelievi di terreno e acqua) ed ottenere una maggiore copertura areale delle informazioni. In tal caso il proponente potrà presentare un piano di indagini per approfondimenti successivi utilizzando le indagini indirette per formulare il modello concettuale preliminare del sito e concordando con le Autorità competenti modalità di discussione ed approvazione degli stati di avanzamento delle indagini. In tal caso il piano di indagini dovrà contenere una dettagliata descrizione della validità e della applicabilità delle tecniche di indagine indirette utilizzate.

Al fine di conoscere la qualità delle matrici ambientali (valori di fondo) dell’ambiente in cui è inserito il sito potrà essere necessario prelevare campioni da aree adiacenti il sito. Tali campioni verranno utilizzati per determinare i valori di concentrazione delle sostanze inquinanti per ognuna delle componenti ambientali rilevanti per il sito in esame; nel caso di campionamento di suoli, la profondità ed il tipo di terreno da campionare deve corrispondere, per quanto possibile, a quelli dei campioni raccolti nel sito.

Selezione delle sostanze inquinanti da ricercare

La selezione dei parametri dovrà avvenire essenzialmente sulla base seguente processo:

Esame del ciclo produttivo e/o dei dati storici del sito (processo industriale, materie prime, intermedi, prodotti e reflui generati nel caso di un’area industriale dimessa; materiali smaltiti nel caso di una discarica; prodotti coinvolti nel caso di versamenti accidentali, eventuali analisi esistenti, etc.), per la definizione di un “set standard” di analiti (sia per le analisi dei terreni sia per quelle delle acque sotterranee) concettualmente applicabile, nel corso delle indagini, alla generalità delle aree di interesse.

Esame dello stato fisico, della stabilità e delle caratteristiche di reale pericolosità delle sostanze individuate nel “set standard” di analiti di cui al punto precedente per eseguire solo su queste la caratterizzazione completa di laboratorio;

Nei punti distanti dalle possibili sorgenti di contaminazione si potrà inoltre selezionare un numero limitato di parametri indicatori, scelti sulla base della tossicità e mobilità dei contaminanti e dei relativi prodotti di trasformazione.

Il percorso logico di cui sopra dovrà essere validato prima dell’inizio dei lavori con l’approvazione del Piano di Indagini presentato dal proponente.

Si potrà valutare la possibilità e l’opportunità di modulare il piano analitico in funzione delle peculiarità delle varie sub aree di interesse, individuando set specifici.

Modalità di esecuzione sondaggi e piezometri

I sondaggi saranno eseguiti, per quanto possibile, mediante carotaggio continuo a infissione diretta, rotazione/rotopercussione a secco, utilizzando un carotiere di diametro idoneo ed evitando fenomeni di surriscaldamento.

I sondaggi da attrezzare a piezometro saranno realizzati, per quanto possibile, a carotaggio continuo a rotazione/rotopercussione a secco, utilizzando un carotiere di diametro idoneo.

Campionamento terreni e acque sotterranee

Tutte le operazioni che saranno svolte per il campionamento delle matrici ambientali, il prelievo, la formazione, il trasporto e la conservazione del campione e per le analisi di laboratorio dovranno essere documentate con verbali quotidiani.

Dovrà inoltre essere riportato l’elenco e la descrizione dei materiali e delle principali attrezzature utilizzati.

Il piano di indagini dovrà contenere una dettagliata descrizione delle procedure di campionamento dei terreni e delle acque, le misure da effettuare in campo, le modalità di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, che una volta approvate dalle Autorità Competenti, prima dell’inizio dei lavori, costituiranno l’unico protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito.

Ogni campione è suddiviso in due aliquote, una per l’analisi da condurre ad opera dei soggetti privati, una per archivio a disposizione dell’ente di controllo.

L’eventuale terza aliquota, quando richiesta, sarà confezionata in contraddittorio solo alla presenza dell’ente di controllo, sigillando il campione che verrà firmato dagli addetti incaricati, verbalizzando il relativo prelievo. La copia di archivio verrà conservata a temperatura idonea, sino all’esecuzione e validazione delle analisi di laboratorio da parte dell’ente di controllo preposto.

Terreni

I criteri che devono essere adottati nella formazione di campioni di terreno che si succedono lungo la colonna di materiali prelevati sono:

– ottenere la determinazione della concentrazione delle sostanze inquinanti per strati omogenei dal punto di vista litologico;

– prelevare separatamente, in aggiunta ai campioni previsti per sondaggio, materiali che si distinguono per evidenze di inquinamento o per caratteristiche organolettiche, chimico-fisiche e litologico-stratigrafiche. Analisi di campo e analisi semiquantitative (p. es. test in sito dello spazio di testa) potranno essere utilizzate, laddove applicabili, per selezionare tali campioni e per ottenere una maggiore estensione delle informazioni sulla verticale. I campioni relativi a particolari evidenze o anomalie sono formati per spessori superiori ai 50 cm.

Per corrispondere ai criteri indicati, da ciascun sondaggio i campioni dovranno essere formati distinguendo almeno:

– campione 1: da 0 a -1 metro dal piano campagna;

– campione 2: 1 m che comprenda la zona di frangia capillare;

– campione 3: 1 m nella zona intermedia tra i due campioni precedenti.

Con eccezione dei casi in cui esista un accumulo di rifiuti nella zona satura, la caratterizzazione del terreno sarà concentrata sulla zona insatura.

Quando il campionamento dei terreni è specificatamente destinato a composti volatili, non viene previsto il campionamento in doppia aliquota.

Il campione dovrà essere formato immediatamente a seguito dell’estrusione del materiale dal carotiere in quantità significative e rappresentative.

Un apposito campione dovrà essere prelevato nel caso in cui si debba provvedere alla classificazione granulometrica del terreno.

Quando sono oggetto di indagine rifiuti interrati, in particolare quando sia prevista la loro rimozione e smaltimento come rifiuto, si procederà al prelievo e all’analisi di un campione medio del materiale estratto da ogni posizione di sondaggio.

I sondaggi, dopo il prelievo dei campioni di terreno, saranno sigillati con riempimento dall’alto o iniezione di miscele bentonitiche dal fondo.

Acque sotterranee

Ai fini del presente documento si intende rappresentativo della composizione delle acque sotterranee il campionamento dinamico

Qualora debba essere prelevata solamente la fase separata di sostanze non miscibili oppure si sia in presenza di acquiferi poco produttivi, può essere utilizzato il campionamento statico.

Qualora sia rinvenuto nei piezometri del prodotto surnatante in fase libera, occorrerà provvedere ad un campionamento selettivo del prodotto; sui campioni prelevati saranno condotti i necessari accertamenti di laboratorio finalizzati alla sua caratterizzazione per determinarne se possibile l’origine.

Metodiche analitiche

Le attività analitiche verranno eseguite da laboratori pubblici o privati che garantiscano di corrispondere ai necessari requisiti di qualità. Le metodiche analitiche applicate dovranno essere concordate fra le parti prima dell’inizio dei lavori, in fase di approvazione del piano di indagine proposto.

Analisi chimica dei terreni

Ai fini di ottenere l’obiettivo di ricostruire il profilo verticale della concentrazione degli inquinanti nel terreno, i campioni da portare in laboratorio dovranno essere privi della frazione maggiore di 2 cm (da scartare in campo) e le determinazioni analitiche in laboratorio dovranno essere condotte sull’aliquota di granulometria inferiore a 2 mm. La concentrazione del campione dovrà essere determinata riferendosi alla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche dello scheletro.

Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l’ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite.

Analisi chimica delle acque

Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l’ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite.

Attività di controllo

Le attività di controllo da parte della Pubblica Autorità sarà soprattutto qualitativo e potrà essere realizzato durante lo svolgimento delle attività di campo, attraverso la verifica dell’applicazione delle specifiche definite nel Piano di Indagini. Le attività di campo, saranno descritte e cura del responsabile del sito, con la redazione del Giornale dei Lavori, che sarà verificato e validato dai Responsabili degli Enti preposti al controllo.

Le attività di controllo da parte degli enti preposti, potrà essere realizzato durante lo svolgimento delle analisi di laboratorio, seguendone le diverse fasi.

I Responsabili degli Enti preposti al controllo, potranno pertanto verificare, attraverso un sistema di controllo qualità, la corretta applicazione :

– delle metodiche analitiche;

– dei sistemi utilizzati;

– del rispetto delle Buone Pratiche di Laboratorio.

Tutte le fasi operative di laboratorio, comprese le attività di controllo degli Enti preposti, saranno descritte nel giornale lavori di laboratorio, che potrà essere verificato e validato dai Responsabili degli stessi Enti.

La validazione dell’intero percorso analitico, dal prelievo dal campione alla restituzione del dato, potrà essere eseguita dagli Enti di Controllo, attraverso l’approvazione dei certificati analitici.

ESECUZIONE DI EVENTUALI INDAGINI INTEGRATIVE

Sulla base dei risultati del Piano di Indagini eseguito in conformità con le specifiche in esso contenute, il Proponente potrà procedere, se ritenuto necessario, alla predisposizione di indagini integrative mirate alla migliore definizione del Modello Concettuale Definitivo del sito.

Per indagini integrative si intendono quindi tutte le indagini mirate alla definizione dei parametri sito specifici necessari per l’applicazione dell’analisi di rischio ed eventualmente alla migliore calibrazione dei modelli di calcolo impiegati, che non sia stati possibile caratterizzare con le indagini iniziali.

Tali indagini possono includere: campionamenti e analisi di terreno e acque sotterranee con le modalità riportate ai paragrafi precedenti; prove specifiche per verificare la stabilità e la mobilità dei contaminanti (test di permeabilità, test di cessione, ecc.); prove e test in sito per verificare la naturale attenuazione dei contaminanti nel terreno e nelle acque sotterranee.

Tutte le indagini integrative proposte saranno dettagliatamente descritte e motivate in un documento tecnico che sarà presentato dal Proponente, prima dell’inizio dei lavori, alla Autorità Competenti, per eventuali prescrizioni.

RAPPRESENTAZIONE DELLO STATO DI CONTAMINAZIONE DEL SOTTOSUOLO

Tutti i risultati analitici ricavati nel corso delle fasi di indagine costituiscono la base di dati a cui riferirsi per definire il modello concettuale del sito e definire il grado e l’estensione della contaminazione nel sito.

L’obiettivo è quello di raccogliere e rappresentare tutti gli elementi che servono a definire: l’estensione dell’area da bonificare; i volumi di suolo contaminato; le caratteristiche rilevanti dell’ambiente naturale e costruito; il grado di inquinamento delle diverse matrici ambientali.

L’elaborazione dei risultati analitici deve esprimere l’incertezza del valore di concentrazione determinato per ciascun campione: in considerazione della eterogeneità delle matrici suolo, sottosuolo e materiali di riporto la deviazione standard per ogni valore di concentrazione determinato, da confrontare con i valori di concentrazione limite accettabili, dovrà essere stabilita sulla base del confronto delle metodologie che si intendono adottare per il campionamento e per le analisi dei campioni di terreno e di acqua.

Nella relazione che accompagna la presentazione dei risultati delle analisi devono essere riportati i metodi e calcoli statistici adottati nell’espressione dei risultati e della deviazione standard.

I risultati delle attività di indagine svolte sul sito e in laboratorio devono essere espressi sotto forma di tabelle di sintesi, di rappresentazioni grafiche e cartografiche, tra cui devono essere realizzate:

– carte geologiche, strutturali ed idrogeologiche;

– carte dell’ubicazione delle indagini svolte e dei punti di campionamento;

– carte piezometriche, con evidenziazione delle direzioni prevalenti di flusso e dei punti di misura;

– carte di rappresentazione della contaminazione.

In particolare, carte di rappresentazione della isoconcentrazione dei contaminanti (es. curve di isoconcentrazione) potranno essere utilizzate principalmente per le acque sotterranee e applicate alla contaminazione del terreno qualora le condizioni di omogeneità del sottosuolo lo consentano.

Per i Siti di Interesse nazionale, potrà essere realizzata una banca-dati informatizzata collegata ad un Sistema Informativo Territoriale (SIT/GIS) per permettere la precisa archiviazione di tutti dati relativi al sito e dei risultati di ogni tipo di investigazione.

ELABORAZIONE DI UN MODELLO CONCETTUALE DEFINITIVO DEL SITO

L’elaborazione di un Modello Concettuale Definitivo del sito è mirata alla rappresentazione dell’interazione tra lo stato di contaminazione del sottosuolo, ricostruita e rappresentata conformemente al paragrafo precedente, e l’ambiente naturale e/o costruito.

Il Modello Concettuale costituisce pertanto la base per l’applicazione dell’Analisi di Rischio che dovrà verificare gli scenari di esposizione in esso definiti.

Il Modello Concettuale Definitivo include:

– le caratteristiche specifiche del sito in termini di stato delle potenziali fonti della contaminazione (attive, non attive, in sicurezza, ecc.);

– grado ed estensione della contaminazione del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee del sito e dell’ambiente da questo influenzato; a tale fine dovranno essere individuati dei parametri specifici di rappresentazione (ad esempio; concentrazione media della sorgente secondaria di contaminazione);

– percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati nello scenario attuale (siti in esercizio) o nello scenario futuro (in caso di riqualificazione dell’area).

Informazioni di dettaglio sulla formulazione del Modello Concettuale Definitivo ai fini dell’applicazione dell’Analisi di Rischio sono riportate nell’Allegato 1.

In particolare, nel caso di siti in esercizio, il modello concettuale dovrà inoltre includere tutte le informazioni necessarie per stabilire le priorità di intervento per la eventuale verifica delle sorgenti primarie di contaminazione e la messa in sicurezza e bonifica del sottosuolo.

Parte integrante del modello concettuale del sito è la definizione del modello idrogeologico dell’area che descrive in dettaglio le caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi superficiali e profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione.

IDENTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE RESIDUA ACCETTABILI

Fatto salvo quanto previsto per i casi in cui si applicano le procedure semplificate di cui in Allegato 4, la Caratterizzazione del sito si riterrà conclusa con la definizione da parte del Proponente e l’approvazione da parte delle Autorità Competenti, dei livelli di concentrazione residua accettabili nel terreno e nelle acque sotterranee mediante l’applicazione dell’analisi di rischio secondo quanto previsto dall’Allegato 1.

L’Analisi di Rischio dovrà essere sviluppata verificando i percorsi di esposizione attivi individuati dal Modello Concettuale di cui al paragrafo precedente.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 28     

ALLEGATO 3 AL TITOLO V

CRITERI GENERALI PER LA SELEZIONE E L’ESECUZIONE DEGLI INTERVENTI DI BONIFICA E RIPRISTINO AMBIENTALE, DI MESSA IN SICUREZZA (D’URGENZA, OPERATIVA O PERMANENTE), NONCHE’ PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE MIGLIORI TECNICHE D’INTERVENTO A COSTI SOPPORTABILI

Premessa

Il presente allegato si propone di illustrare i criteri generali da seguire sia nella selezione che nell’esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza d’urgenza, messa in sicurezza operativa, messa in sicurezza permanente, nonché degli interventi in cui si faccia ricorso a batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo.

Sono presentate, quindi, le diverse opzioni da prendere in considerazione sia per pervenire ad un’effettiva eliminazione/riduzione della contaminazione, sia per conseguire un’efficace azione di protezione delle matrici ambientali influenzate dagli effetti del sito, mediante la messa in sicurezza dello stesso, qualora le tecniche di bonifica dovessero risultare meno efficaci, ovvero non sostenibili economicamente ovvero non compatibili con la prosecuzione delle attività produttive.

Per i siti “in esercizio”, infatti, laddove un intervento di bonifica intensivo comporterebbe delle limitazioni se non l’interruzione delle attività di produzione, il soggetto responsabile dell’inquinamento o il proprietario del sito può ricorrere, in alternativa, ad interventi altrettanto efficaci di messa in sicurezza dell’intero sito, finalizzati alla protezione delle matrici ambientali sensibili mediante il contenimento degli inquinanti all’interno dello stesso, e provvedere gradualmente all’eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie in step successivi programmati, rimandando la bonifica alla dismissione delle attività.

Le modalità di gestione dei rifiuti e delle acque di scarico, o meglio, gli accorgimenti tecnici che possono essere previsti e progettati per evitare la produzione di rifiuti (per es. il riutilizzo delle acque e dei terreni) incidono in maniera determinante sui costi di un intervento a parità di obiettivi di bonifica o di messa in sicurezza da raggiungere.

Tale situazione è particolarmente rilevante nel caso di siti in esercizio.

Criteri generali per gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza

Interventi di bonifica

La bonifica di un sito inquinato è finalizzata ad eliminare l’inquinamento delle matrici ambientali o a ricondurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti in suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, entro i valori soglia di contaminazione (CSC) stabiliti per la destinazione d’uso prevista o ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) definiti in base ad una metodologia di Analisi di Rischio condotta per il sito specifico sulla base dei criteri indicati nell’Allegato 1.

Interventi di messa in sicurezza

Gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati alla rimozione e all’isolamento delle fonti inquinanti, e al contenimento della diffusione degli inquinanti per impedirne il contatto con l’uomo e con i recettori ambientali circostanti.

Essi hanno carattere di urgenza in caso di rilasci accidentali o di improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di pericolo di contaminazione (messa in sicurezza d’urgenza), ovvero di continuità e compatibilità con le lavorazioni svolte nei siti produttivi in esercizio (messa in sicurezza operativa), ovvero di definitività nei casi in cui, nei siti non interessati da attività produttive in esercizio, non sia possibile procedere alla rimozione degli inquinanti pur applicando le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili di cui al presente allegato (messa in sicurezza permanente).

La messa in sicurezza di un sito inquinato è comprensiva delle azioni di monitoraggio e controllo finalizzate alla verifica nel tempo delle soluzioni adottate ed il mantenimento dei valori di concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali interessate al di sotto dei valori soglia di rischio (CSR).

Gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza devono essere condotti secondo i seguenti criteri tecnici generali:

a) privilegiare le tecniche di bonifica che riducono permanentemente e significativamente la concentrazione nelle diverse matrici ambientali, gli effetti tossici e la mobilità delle sostanze inquinanti;

b) privilegiare le tecniche di bonifica tendenti a trattare e riutilizzare il suolo nel sito, trattamento in-situ ed on-site del suolo contaminato, con conseguente riduzione dei rischi derivanti dal trasporto e messa a discarica di terreno inquinato;

c) privilegiare le tecniche di bonifica/messa in sicurezza permanente che blocchino le sostanze inquinanti in composti chimici stabili (ed es. fasi cristalline stabili per metalli pesanti).

a) privilegiare le tecniche di bonifica che permettono il trattamento e il riutilizzo nel sito anche dei materiali eterogenei o di risulta utilizzati nel sito come materiali di riempimento;

b) prevedere il riutilizzo del suolo e dei materiali eterogenei sottoposti a trattamenti off-site sia nel sito medesimo che in altri siti che presentino le caratteristiche ambientali e sanitarie adeguate;

c) privilegiare negli interventi di bonifica e ripristino ambientale l’impiego di materiali organici di adeguata qualità provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

d) evitare ogni rischio aggiuntivo a quello esistente di inquinamento dell’aria, delle acque sotterranee e superficiali, del suolo e sottosuolo, nonché ogni inconveniente derivante da rumori e odori;

e) evitare rischi igienico-sanitari per la popolazione durante lo svolgimento degli interventi;

f) adeguare gli interventi di ripristino ambientale alla destinazione d’uso e alle caratteristiche morfologiche, vegetazionali e paesistiche dell’area.

g) per la messa in sicurezza privilegiare gli interventi che permettano il trattamento in situ ed il riutilizzo industriale dei terreni, dei materiali di risulta e delle acque estratte dal sottosuolo, al fine di conseguire una riduzione del volume di rifiuti prodotti e della loro pericolosità;

h) adeguare le misure di sicurezza alle caratteristiche specifiche del sito e dell’ambiente da questo influenzato;

i) evitare ogni possibile peggioramento dell’ambiente e del paesaggio dovuto dalle opere da realizzare.

Nel progetto relativo agli interventi da adottare si dovrà presentare, infatti, una dettagliata analisi comparativa delle diverse tecnologie di intervento applicabili al sito in esame, in considerazione delle specifiche caratteristiche dell’area, in termini di efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali, concentrazioni residue, tempi di esecuzione, impatto sull’ambiente circostante degli interventi; questa analisi deve essere corredata da un’analisi dei costi delle diverse tecnologie.

Le alternative presentate dovranno permettere di comparare l’efficacia delle tecnologie anche in considerazione delle risorse economiche disponibili per l’esecuzione degli interventi.

Nel progetto si dovrà inoltre indicare se, qualora previste, si dovrà procedere alla rimozione o al mantenimento a lungo termine delle misure di sicurezza, e dei relativi controlli e monitoraggi.

Messa in sicurezza d’urgenza

Gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza sono mirati a rimuovere le fonti inquinanti primarie e secondarie, ad evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate e matrici ambientali adiacenti, ad impedire il contatto diretto della popolazione con la contaminazione presente.

Gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza devono essere attuati tempestivamente a seguito di incidenti o all’individuazione di una chiara situazione di pericolo di inquinamento dell’ambiente o di rischio per la salute umana, per rimuovere o isolare le fonti di contaminazione e attuare azioni mitigative per prevenire ed eliminare pericoli immediati verso l’uomo e l’ambiente circostante. Tali interventi, in assenza di dati specifici, vengono definiti in base ad ipotesi cautelative.

Di seguito vengono riportate le principali tipologie di interventi di messa in sicurezza d’urgenza:

– rimozione dei rifiuti ammassati in superficie, svuotamento di vasche, raccolta sostanze pericolose sversate;

– pompaggio liquidi inquinanti galleggianti, disciolti o depositati in acquiferi superficiali o sotterranei;

– installazione di recinzioni, segnali di pericolo e altre misure di sicurezza e sorveglianza;

– installazione di trincee drenanti di recupero e controllo;

– costruzione o stabilizzazione di argini;

– copertura o impermeabilizzazione temporanea di suoli e fanghi contaminati;

– rimozione o svuotamento di bidoni o container abbandonati, contenenti materiali o sostanze potenzialmente pericolosi.

In caso di adozione di interventi di messa in sicurezza d’urgenza sono previste attività di monitoraggio e controllo finalizzate a verificare il permanere nel tempo delle condizioni che assicurano la protezione ambientale e della salute pubblica.

Messa in sicurezza operativa

Gli interventi di messa in sicurezza operativa si applicano ai siti contaminati in cui siano presenti attività produttive in esercizio.

Tali interventi sono finalizzati a minimizzare o ridurre il rischio per la salute pubblica e per l’ambiente a livelli di accettabilità attraverso il contenimento degli inquinanti all’interno dei confini del sito, alla protezione delle matrici ambientali sensibili, e alla graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie mediante tecniche che siano compatibili col proseguimento delle attività produttive svolte nell’ambito del sito.

Gli interventi di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da idonei sistemi di monitoraggio e controllo atti a verificare l’efficacia delle misure adottate e il mantenimento nel tempo delle condizioni di accettabilità del rischio.

E’ opportuno progettare tali interventi dopo aver eseguito la caratterizzazione ambientale del sito, finalizzata ad un’analisi di rischio sito-specifica.

Devono pertanto essere acquisite sufficienti informazioni sulla contaminazione presente, sulle caratteristiche degli acquiferi sottostanti e delle altre possibili vie di migrazione degli inquinanti, sui possibili punti di esposizione, e sui probabili bersagli ambientali ed umani.

Nelle operazioni di messa in sicurezza devono essere privilegiate le soluzioni tecniche che consentano di minimizzare la produzione di rifiuti e pertanto favoriscano:

– il trattamento on-site ed il riutilizzo del terreno eventualmente estratto dal sottosuolo;

– il riutilizzo nel sito come materiali di riempimento anche dei materiali eterogenei e di risulta;

– la reintroduzione nel ciclo di lavorazione delle materie prime recuperate;

– il risparmio idrico mediante il riutilizzo industriale delle acque emunte dal sottosuolo;

Le misure di messa in sicurezza operativa si distinguono in:

– mitigative;

– di contenimento.

Misure mitigative

Per misure mitigative della messa in sicurezza operativa si intendono gli interventi finalizzati ad isolare, immobilizzare, rimuovere gli inquinanti dispersi nel suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee.

Esse sono attuate in particolare con:

– sistemi fissi o mobili di emungimento e recupero con estrazione monofase o plurifase;

– trincee drenanti;

– sistemi di ventilazione del sottosuolo insaturo e degli acquiferi ed estrazione dei vapori;

– sistemi gestionali di pronto intervento in caso di incidente che provochi il rilascio di sostanze inquinanti sul suolo, sottosuolo, corpi idrici;

Misure di contenimento

Esse hanno il compito di impedire la migrazione dei contaminanti verso ricettori ambientali sensibili, quali acque superficiali e sotterranee. Esse sono generalmente applicate in prossimità dei confini del sito produttivo.

Esse si dividono in:

– misure di sbarramento passive di natura fisica o statica;

– misure di sbarramento attive di natura idraulica o dinamica;

– misure di sbarramento reattive di natura chimica.

Tra le prime si possono elencare:

– barriere o diaframmi verticali in acciaio o in altri materiali impermeabili; essi possono essere realizzati mediante infissione, escavazione, gettiniezione, iniezione, congelamento, miscelazione in situ, o misti di due o più delle precedenti tipologie;

– sistemi di impermeabilizzazione sotterranei e di immobilizzazione degli inquinanti.

Tra le misure attive e di natura idraulica vi sono:

– sbarramenti realizzati con pozzi di emungimento con pompaggio adeguato ad intercettare il flusso di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee;

– trincee di drenaggio delle acque sotterranee possibilmente dotate di sistemi di prelievo di acque contaminate;

– sistemi idraulici di stabilizzazione degli acquiferi sotterranei;

Le misure di sbarramento di tipo reattivo operano l’abbattimento delle concentrazioni degli inquinanti nelle acque di falda mediante sistemi costituiti da sezioni filtranti in cui vengono inserirti materiali in grado di degradare i contaminanti (barriere reattive permeabili).

Bonifica e ripristino ambientale; messa in sicurezza permanente

Tali tipologie possono considerarsi come interventi definitivi da realizzarsi sul sito non interessato da attività produttive in esercizio, al fine di renderlo fruibile per gli utilizzi previsti dagli strumenti urbanistici.

La definizione e la realizzazione degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono essere precedute da un’accurata attività di caratterizzazione del sito inquinato e dell’area soggetta agli effetti dell’inquinamento presente nel sito, sulla base dei criteri di cui all’Allegato 2.

Gli obiettivi di bonifica o della messa in sicurezza permanente sono determinati mediante un’analisi di rischio condotta per il sito specifico secondo i criteri di cui all’Allegato 1, e devono tener conto della specifica destinazione d’uso prevista.

La scelta della soluzione da adottare tiene conto del processo di valutazione dei benefici ambientali e della sostenibilità dei costi delle diverse tecniche applicabili, secondo i criteri di seguito, anche in relazione alla destinazione d’uso del sito.

La definizione di un programma di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato può essere schematizzata in questo modo:

– definizione della destinazione d’uso del sito prevista dagli strumenti urbanistici;

– acquisizione dei dati di caratterizzazione del sito, dell’ambiente e del territorio influenzati, secondo i criteri definiti nell’Allegato 2;

– definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell’Allegato 1, e selezione della tecnica di bonifica.

– selezione della tecnica di bonifica e definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell’Allegato 1;

– selezione delle eventuali misure di sicurezza aggiuntive;

– studio della compatibilità ambientale degli interventi;

– definizione dei criteri di accettazione dei risultati;

– controllo e monitoraggio degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente e delle eventuali misure di sicurezza,

– definizione delle eventuali limitazioni e prescrizioni all’uso del sito.

Gli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono assicurare per ciascun sito in esame il raggiungimento degli obiettivi previsti col minor impatto ambientale e la maggiore efficacia, in termini di accettabilità del rischio di eventuali concentrazioni residue nelle matrici ambientali e di protezione dell’ambiente e della salute pubblica.

Il sistema di classificazione generalmente adottato per individuare la tipologia di intervento definisce:

– interventi in-situ: effettuati senza movimentazione o rimozione del suolo;

– interventi ex situ on-site: con movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato, ma con trattamento nell’area del sito stesso e possibile riutilizzo;

– interventi ex situ off-site: con movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato fuori dal sito stesso, per avviare i materiali e il suolo negli impianti di trattamento autorizzati o in discarica.

Il collaudo degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente dovrà valutare la rispondenza tra il progetto definitivo e la realizzazione in termini di:

– raggiungimento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) o di concentrazioni soglia di rischio (CSR) in caso di intervento di bonifica;

– efficacia delle misure di sicurezza in caso di messa in sicurezza permanente, in particolare di quelle adottate al fine di impedire la migrazione degli inquinanti all’esterno dell’area oggetto dell’intervento;

– efficienza di sistemi, tecnologie, strumenti e mezzi utilizzati per la bonifica/messa in sicurezza permanente, sia durante l’esecuzione che al termine delle attività di bonifica e ripristino ambientale o della messa in sicurezza permanente.

Protezione dei lavoratori

L’applicazione di un intervento di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato deve garantire che non si verifichino emissioni di sostanze o prodotti intermedi pericolosi per la salute degli operatori che operano sul sito, sia durante l’esecuzione delle indagini, dei sopralluoghi, del monitoraggio, del campionamento e degli interventi.

Per ciascun sito in cui i lavoratori sono potenzialmente esposti a sostanze pericolose sarà previsto un piano di protezione con lo scopo di indicare i pericoli per la sicurezza e la salute che possono esistere in ogni fase operativa ed identificare le procedure per la protezione dei dipendenti. Il piano di protezione sarà definito in conformità a quanto previsto dalle norme vigenti in materia di protezione dei lavoratori.

Monitoraggio

Le azioni di monitoraggio e controllo devono essere effettuate nel corso e al termine di tutte le fasi previste per la messa in sicurezza, per la bonifica e il ripristino ambientale del sito inquinato, al fine di verificare l’efficacia degli interventi nel raggiungere gli obiettivi prefissati.

In particolare:

– al termine delle azioni di messa in sicurezza d’emergenza e operativa;

– a seguito della realizzazione delle misure di sicurezza a valle della bonifica, per verificare che: i valori di contaminazione nelle matrici ambientali influenzate dal sito corrispondano ai livelli di concentrazione residui accettati in fase di progettazione; non siano in atto fenomeni di migrazione dell’inquinamento; sia tutelata la salute pubblica;

– nel corso delle attività di bonifica/messa in sicurezza permanente per verificare la congruità con i requisiti di progetto;

– a seguito del completamento delle attività di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale, per verificare, durante un congruo periodo di tempo, l’efficacia dell’intervento di bonifica e delle misure di sicurezza.

Criteri generali per gli interventi in cui si faccia ricorso a batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo

a) L’uso di inoculi costituiti da microrganismi geneticamente modificati (MGM) negli interventi di bonifica biologica di suolo, sottosuolo, acque sotterranee o superficiali è consentito limitatamente a sistemi di trattamento completamente chiusi, di seguito indicati come bioreattori. Per bioreattori si intendono strutture nelle quali è possibile isolare completamente dall’ambiente esterno le matrici da bonificare, una volta asportate dalla giacitura originaria. In questo caso, le reazioni biologiche avvengono all’interno di contenitori le cui vie di ingresso (per l’alimentazione) e di uscita (per il monitoraggio del processo e lo scarico) devono essere a tenuta, in modo da prevenire il rilascio di agenti biologici nell’ambiente circostante.

b) Nei casi previsti in a) è consentito l’impiego di soli MGM appartenenti al Gruppo 1 di cui alla direttiva 90/219/CEE, recepita col Dlgs. 3 marzo 1993, con emendamenti introdotti dalla Direttiva 94/51 CEE.

c) Il titolare dell’intervento di bonifica che intenda avvalersi di MGM, limitatamente a quanto specificato al capoverso a) deve inoltrare documentata richiesta al Ministero dell’ambiente (o ad altra autorità competente da designarsi), fornendo le informazioni specificate nell’allegato VB della succitata direttiva. L’impiego di MGM del Gruppo 1 in sistemi chiusi può avvenire solo previo rilascio di autorizzazione da parte dell’autorità competente, la quale è obbligata a pronunciarsi entro 90 giorni dall’inoltro della richiesta da parte del titolare dell’intervento di bonifica.

d) Una volta terminato il ciclo di trattamento in bioreattore, le matrici, prima di una eventuale ricollocazione nella giacitura originaria, devono essere sottoposte a procedure atte a favorire una diffusa ricolonizzazione da parte di comunità microbiche naturali, in modo da ricondurre il numero dei MGM inoculati a valori < 103 UFC (unità formanti colonie) per g di suolo o mL di acqua sottoposti a trattamento di bonifica.

e) Non sono soggetti a limitazioni particolari, anche per gli interventi di bonifica condotti in sistemi non confinati, gli interventi di amplificazione (bioaugmentation) delle comunità microbiche degradatrici autoctone alle matrici da sottoporre a trattamento biologico ovvero l’inoculazione delle stesse con microrganismi o consorzi microbici naturali, fatta salva la non patogenicità di questi per l’uomo, gli animali e le piante.

Migliori tecniche disponibili (BAT)

Principi generali e strumenti per la selezione delle migliori tecniche disponibili (BAT)

La scelta della migliore tra le possibili tipologie di intervento descritte nei paragrafi precedenti applicabile in un determinato caso di inquinamento di un sito comporta il bilanciamento di vari interessi in presenza di numerose variabili, sia di ordine generale che soprattutto sito-specifiche, quali in particolare:

– il livello di protezione dell’ambiente che sarebbe desiderabile conseguire;

– l’esistenza o meno di tecniche affidabili in grado di conseguire e mantenere nel tempo detti livelli di protezione;

– l’entità dei costi di progettazione, realizzazione, gestione monitoraggio, etc. da sostenere nelle varie fasi dell’intervento.

La formulazione più evoluta cui deve ispirarsi tale bilanciamento di interessi è data dalla definizione di “migliori tecniche disponibili”, contenuta nella Direttiva 96/61/CE, recepita nel nostro ordinamento, che per la prevenzione ed il controllo integrati dell’inquinamento di talune categorie di impianti considera tale “la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso”. E specifica che si intende per

– “tecniche”, sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’impianto;

– “disponibili”, le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte nello Stato membro di cui si tratta, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

– “migliori”, le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso.

Strumenti di supporto nel processo decisionale che porta alla scelta sito-specifica della “migliore tecnica disponibile” da adottare sono costituiti dalle metodiche di analisi costi – efficacia e/o costi – benefici.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 29     

ALLEGATO 4 AL TITOLO V

CRITERI GENERALI PER L’APPLICAZIONE DI PROCEDURE SEMPLIFICATE

PREMESSA

Il presente allegato riporta le procedure amministrative e tecnico/operative con le quali gestire situazioni di rischio concreto o potenziale di superamento delle soglie di contaminazione (CSC) per i siti di ridotte dimensioni (quali, ad esempio, la rete di distribuzione carburanti) oppure per eventi accidentali che interessino aree circoscritte, anche nell’ambito di siti industriali, di superficie non superiore a 1000 metri quadri.

CRITERI GENERALI

Il principio che guida gli interventi si basa sulla semplificazione delle procedure amministrative da seguire nel caso di superamento delle CSC nei casi di cui al punto precedente.

PROCEDURE AMMINISTRATIVE

Nel caso in cui anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti presenti in una delle matrici ambientali risulti superiore ai valori delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), il responsabile deve effettuare una comunicazione di potenziale contaminazione di sito con le seguenti modalità:

1. Comunicazione a Comune, Provincia e Regione territorialmente competente, della constatazione del superamento o del pericolo di superamento delle soglie di contaminazione CSC;

2. – 1° caso

Qualora gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza effettuati riportino i valori di contaminazione del sito al di sotto delle CSC, la comunicazione di cui al punto precedente sarà aggiornata, entro trenta giorni, con una relazione tecnica che descriva gli interventi effettuati ed eventuale autocertificazione di avvenuto ripristino della situazione antecedente il superamento con annullamento della comunicazione.

– 2°caso

Qualora invece oltre agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza siano necessari interventi di bonifica, il soggetto responsabile può scegliere una delle seguenti alternative:

a) Bonifica riportando i valori di contaminazione del sito ai livelli di soglia di contaminazione CSC (senza effettuare l’analisi di rischio).

b) Bonifica portando i valori di contaminazione del sito ai livelli di soglia di rischio CSR effettuando l’analisi di rischio sulla base dei criteri di cui all’allegato 1.

In entrambi i casi verrà presentato alle Autorità competenti un unico progetto di bonifica che comprenderà:

1. la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata a seguito delle attività di caratterizzazione eseguite,

2. gli eventuali interventi di messa in sicurezza d’emergenza adottati o in fase di esecuzione per assicurare la tutela della salute e dell’ambiente,

3. la descrizione degli interventi di bonifica da eseguire sulla base:

a) dei risultati della caratterizzazione per riportare la contaminazione ai valori di CSC;

oppure

b) dell’analisi di rischio sito-specifica di cui all’allegato 1 per portare la contaminazione ai valori di CSR.

Tale progetto di bonifica dovrà essere approvato dalle autorità competenti, entro 60 giorni dalla presentazione dello stesso, prima dell’esecuzione degli interventi di bonifica.

– 3° caso

Qualora si riscontri una contaminazione della falda, il soggetto responsabile provvederà alla presentazione alle autorità competenti entro novembre di un unico progetto di bonifica che comprenderà:

1) la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata a seguito delle attività di caratterizzazione eseguite,

2) gli eventuali interventi di messa in sicurezza d’emergenza adottati o in fase di esecuzione per assicurare la tutela della salute e dell’ambiente,

3) la descrizione degli interventi di bonifica da eseguire sulla base dell’analisi di rischio sito-specifica di cui all’allegato 1 per portare la contaminazione ai valori di CSR.

Tale progetto di bonifica dovrà essere approvato dalle autorità competenti, entro sessanta giorni dalla presentazione dello stesso, prima dell’esecuzione degli interventi di bonifica.

4. notifica di ultimazione interventi per richiesta di certificazione da parte dell’autorità competente.

Procedure Tecniche e Operative

Attività di Messa in sicurezza d’urgenza

Le attività di messa in sicurezza d’urgenza vengono realizzate a partire dalla individuazione della sorgente di contaminazione, allo scopo di evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate; tali attività possono essere sostitutive degli interventi di bonifica qualora si dimostri che tramite gli interventi effettuati non sussista più il superamento delle CSC.

Le attività di messa in sicurezza d’urgenza vanno in deroga a qualsiasi autorizzazione, concessione, o nulla osta eventualmente necessario per lo svolgimento delle attività inerenti l’intervento.

Caratterizzazione del sito

Per la caratterizzazione del sito valgono i criteri generali di cui all’allegato 2 viste le ridotte dimensioni dei siti oggetto della procedura, si definisce essere 3 il numero minimo di perforazioni da attrezzare eventualmente a piezometro qualora si supponga una contaminazione della falda.

A integrazione delle indagini dirette posso essere previste indagini indirette (rilievi geofisici, soil gas survey, etc.) al fine di ottenere un quadro ambientale più esaustivo. Non è richiesta la elaborazione di un GIS/SIT.

Analisi di rischio sito-specifica (casi 2 b e 3 di cui al punto precedente)

I risultati della caratterizzazione serviranno alla definizione del Modello Concettuale Definitivo; tale strumento sarà la base per la costruzione e la esecuzione dell’analisi di rischio sito-specifica secondo i criteri di cui in Allegato 1.

Bonifica (casi 2 a e b, 3 di cui al punto precedente)

Ove dall’indagine di caratterizzazione e successivamente dall’analisi di rischio emergesse la necessità di eseguire interventi di bonifica del sito, gli stessi verranno realizzati secondo i criteri previsti dalla normativa vigente.

La scelta della tecnologia da applicare al caso specifico di inquinamento deve scaturire da un processo decisionale nel quale devono essere presi in considerazione non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli economici.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 30     

ALLEGATO 5 AL TITOLO V

Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti

Tabella 1: Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare (1)

--------------------------------------------------------------------------------
|                                      |         A         |         B         |
|                                      |-------------------|-------------------|
|                                      | Siti ad uso Verde |    Siti ad uso    |
|                                      | pubblico, privato |   Commerciale e   |
|                                      |  e residenziale   |    Industriale    |
|                                      |   (mg kg-1 (**)   |   (mg kg-1 (**)   |
|                                      | espressi come ss) | espressi come ss) |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Composti inorganici             |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|  1 | Antimonio                       |         10        |          30       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  2 | Arsenico                        |         20        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  3 | Berillio                        |          2        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  4 | Cadmio                          |          2        |          15       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  5 | Cobalto                         |         20        |         250       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  6 | Cromo totale                    |        150        |         800       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  7 | Cromo VI                        |          2        |          15       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  8 | Mercurio                        |          1        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|  9 | Nichel                          |        120        |         500       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 10 | Piombo                          |        100        |        1000       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 11 | Rame                            |        120        |         600       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12 | Selenio                         |          3        |          15       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 13 | Composti organo-stannici        |          1        |         350       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 14 | Tallio                          |          1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 15 | Vanadio                         |         90        |         250       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 16 | Zinco                           |        150        |        1500       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 17 | Cianuri (liberi)                |          1        |         100       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 18 | Fluoruri                        |        100        |        2000       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Aromatici                       |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 19 | Benzene                         |        0.1        |           2       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 20 | Etilbenzene                     |        0.5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 21 | Stirene                         |        0.5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 22 | Toluene                         |        0.5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 23 | Xilene                          |        0.5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 24 | Sommatoria organici             |          1        |         100       |
|    | aromatici (da 20 a 23)          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Aromatici policiclici [1]       |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 25 | Benzo (a) antracene             |        0.5        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 26 | Benzo (a) pirene                |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 27 | Benzo (b) fluorantene           |        0.5        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 28 | Benzo (k,) fluorantene          |        0.5        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 29 | Benzo (g, h, i,) perilene       |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 30 | Crisene                         |          5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 31 | Dibenzo (a,e) pirene            |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 32 | Dibenzo (a,l) pirene            |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 33 | Dibenzo (a,i) pirene            |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 34 | Dibenzo (a,h) pirene.           |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 35 | Dibenzo (a,h) antracene         |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 36 | Indenopirene                    |        0.1        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 37 | Pirene                          |          5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 38 | Sommatoria policiclici          |         10        |         100       |
|    | aromatici  (da 25 a 34)         |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Alifatici clorurati             |                   |                   |
|    | cancerogeni  [1]                |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 39 | Clorometano                     |        0.1        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 40 | Diclorometano                   |        0.1        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 41 | Triclorometano                  |        0.1        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 42 | Cloruro di Vinile               |       0.01        |         0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 43 | 1,2-Dicloroetano                |        0.2        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 44 | 1,1 Dicloroetilene              |        0.1        |           1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 45 | Tricloroetilene                 |          1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 46 | Tetracloroetilene  (PCE)        |        0.5        |          20       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Alifatici clorurati non         |                   |                   |
|    | cancerogeni [1]                 |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 47 | 1,1-Dicloroetano                |        0.5        |          30       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 48 | 1,2-Dicloroetilene              |        0.3        |          15       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 49 | 1,1,1-Tricloroetano             |        0.5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 50 | 1,2-Dicloropropano              |        0.3        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 51 | 1,1,2-Tricloroetano             |        0.5        |          15       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 52 | 1,2,3-Tricloropropano           |          1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 53 | 1,1,2,2-Tetracloroetano         |        0.5        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Alifatici alogenati             |                   |                   |
|    | Cancerogeni  [1]                |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 54 | Tribromometano (bromoformio)    |        0.5        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 55 | 1,2-Dibromoetano                |       0.01        |         0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 56 | Dibromoclorometano              |        0.5        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 57 | Bromodiclorometano              |        0.5        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Nitrobenzeni                    |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 58 | Nitrobenzene                    |        0.5        |          30       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 59 | 1,2-Dinitrobenzene              |        0.1        |          25       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 60 | 1,3-Dinitrobenzene              |        0.1        |          25       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 61 | Cloronitrobenzeni               |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Clorobenzeni  [1]               |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 62 | Monoclorobenzene                |        0.5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 63 | Diclorobenzeni non cancerogeni  |          1        |          50       |
|    | (1,2-diclorobenzene)            |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 64 | Diclorobenzeni cancerogeni      |        0.1        |          10       |
|    | (1,4-diclorobenzene)            |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 65 | 1,2,4 -triclorobenzene          |          1        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 66 | 1,2,4,5-tetracloro-benzene      |          1        |          25       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 67 | Pentaclorobenzene               |        0.1        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 68 | Esaclorobenzene                 |       0.05        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 69 | Fenoli non clorurati [1]        |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 70 | Metilfenolo (o-, m-, p-)        |        0.1        |          25       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 71 | Fenolo                          |          1        |          60       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Fenoli clorurati  [1]           |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 72 | 2-clorofenolo                   |        0.5        |          25       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 73 | 2,4-diclorofenolo               |        0.5        |          50       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 74 | 2,4,6 - triclorofenolo          |       0.01        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 75 | Pentaclorofenolo                |       0.01        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Ammine Aromatiche  [1]          |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 76 | Anilina                         |       0.05        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 77 | o-Anisidina                     |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 78 | m,p-Anisidina                   |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 79 | Difenilamina                    |        0.1        |          10       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 80 | p-Toluidina                     |        0.1        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 81 | Sommatoria Ammine               |        0.5        |          25       |
|    | Aromatiche  (da 73 a 77)        |                   |                   |
|    | Fitofarmaci                     |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 82 | Alaclor                         |       0.01        |           1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 83 | Aldrin                          |       0.01        |         0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 84 | Atrazina                        |       0.01        |           1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 85 | alfa-esacloroesano              |       0.01        |         0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 86 | beta-esacloroesano              |       0.01        |         0.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 87 | gamma-esacloroesano (Lindano)   |       0.01        |         0.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 88 | Clordano                        |       0.01        |         0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 89 | DDD, DDT, DDE                   |       0.01        |         0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 90 | Dieldrin                        |       0.01        |         0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 91 | Endrin                          |       0.01        |           2       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Diossine e furani               |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 92 | Sommatoria PCDD, PCDF           |     1x10-5 (**)   |     1x10-4 (**)   |
|    | (conversione T.E.)              |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 93 | PCB                             |       0.06        |           5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Idrocarburi                     |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 94 | Idrocarburi Leggeri C inferiore |         10        |         250       |
|    | o uguale a 12                   |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 95 | Idrocarburi pesanti             |         50        |         750       |
|    | C superiore a 12                |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|    | Altre sostanze                  |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 96 | Amianto                         |      1000 (*)     |      1000 (*)     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 97 | Esteri dell'acido               |        10         |          60       |
|    | ftalico  (ognuno)               |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------

[1] In Tabella sono selezionate, per ogni categoria chimica, alcune sostanze frequentemente rilevate nei siti contaminati. Per le sostanze non esplicitamente indicate in Tabella i valori di concentrazione limite accettabili sono ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.

(*) Corrisponde al limite di rilevabilità della tecnica analitica (diffrattometria a raggi X oppure I.R.- Trasformata di Fourier)

(**) = è esponente:

kg-1 = -1 è esponente;

1×10-5 = -5 è esponente;

1×10-4 = -4 è esponente.

Tabella 2. Concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee

--------------------------------------------------------------------------------
|  N. ord.  |                   SOSTANZE                 |    Valore limite    |
|           |                                            |     (mi greco/l)    |
--------------------------------------------------------------------------------
|                                   METALLI                                    |
--------------------------------------------------------------------------------
|      1    | Alluminio                                  |         200         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      2    | Antimonio                                  |           5         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      3    | Argento                                    |          10         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      4    | Arsenico                                   |          10         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      5    | Berillio                                   |           4         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      6    | Cadmio                                     |           5         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      7    | Cobalto                                    |          50         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      8    | Cromo totale                               |          50         |
--------------------------------------------------------------------------------
|      9    | Cromo  (VI)                                |           5         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     10    | Ferro                                      |         200         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     11    | Mercurio                                   |           1         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     12    | Nichel                                     |          20         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     13    | Piombo                                     |          10         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     14    | Rame                                       |        1000         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     15    | Selenio                                    |          10         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     16    | Manganese                                  |          50         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     17    | Tallio                                     |           2         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     18    | Zinco                                      |        3000         |
--------------------------------------------------------------------------------
|                             INQUINANTI INORGANICI                            |
--------------------------------------------------------------------------------
|     19    | Boro                                       |        1000         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     20    | Cianuri liberi                             |          50         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     21    | Fluoruri                                   |        1500         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     22    | Nitriti                                    |         500         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     23    | Solfati (mg/L)                             |         250         |
--------------------------------------------------------------------------------
|                         COMPOSTI ORGANICI AROMATICI                          |
--------------------------------------------------------------------------------
|     24    | Benzene                                    |           1         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     25    | Etilbenzene                                |          50         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     26    | Stirene                                    |          25         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     27    | Toluene                                    |          15         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     28    | para-Xilene                                |          10         |
--------------------------------------------------------------------------------
|                               POLICLICI AROMATICI                            |
--------------------------------------------------------------------------------
|     29    | Benzo (a) antracene                        |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     30    | Benzo (a) pirene                           |           0.01      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     31    | Benzo (b) fluorantene                      |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     32    | Benzo (k,) fluorantene                     |           0.05      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     33    | Benzo (g, h, i) perilene                   |           0.01      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     34    | Crisene                                    |           5         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     35    | Dibenzo (a, h) antracene                   |           0.01      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     36    | Indeno (1,2,3 - c, d) pirene               |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     37    | Pirene                                     |          50         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     38    | Sommatoria (31, 32, 33, 36 )               |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|                         ALIFATICI CLORURATI CANCEROGENI                      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     39    | Clorometano                                |           1.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     40    | Triclorometano                             |           0.15      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     41    | Cloruro di Vinile                          |           0.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     42    | 1,2-Dicloroetano                           |           3         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     43    | 1,1 Dicloroetilene                         |           0.05      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     44    | Tricloroetilene                            |           1.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     45    | Tetracloroetilene                          |           1.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     46    | Esaclorobutadiene                          |           0.15      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     47    | Sommatoria organoalogenati                 |          10         |
--------------------------------------------------------------------------------
|                    ALIFATICI CLORURATI NON CANCEROGENI                       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     48    | 1,1 - Dicloroetano                         |         810         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     49    | 1,2-Dicloroetilene                         |          60         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     50    | 1,2-Dicloropropano                         |           0.15      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     51    | 1,1,2 - Tricloroetano                      |           0.2       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     52    | 1,2,3 - Tricloropropano                    |           0.001     |
--------------------------------------------------------------------------------
|     53    | 1,1,2,2, - Tetracloroetano                 |           0.05      |
--------------------------------------------------------------------------------
|                        ALIFATICI ALOGENATI CANCEROGENI                       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     54    | Tribromometano                             |           0.3       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     55    | 1,2-Dibromoetano                           |           0.001     |
--------------------------------------------------------------------------------
|     56    | Dibromoclorometano                         |           0.13      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     57    | Bromodiclorometano                         |           0.17      |
--------------------------------------------------------------------------------
|                                 NITROBENZENI                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
|     58    | Nitrobenzene                               |           3.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     59    | 1,2 - Dinitrobenzene                       |          15         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     60    | 1,3 - Dinitrobenzene                       |           3.7       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     61    | Cloronitrobenzeni (ognuno)                 |           0.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|                                  CLOROBENZENI                                |
--------------------------------------------------------------------------------
|     62    | Monoclorobenzene                           |          40         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     63    | 1,2 Diclorobenzene                         |         270         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     64    | 1,4 Diclorobenzene                         |           0.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     65    | 1,2,4 Triclorobenzene                      |         190         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     66    | 1,2,4,5 Tetraclorobenzene                  |           1.8       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     67    | Pentaclorobenzene                          |           5         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     68    | Esaclorobenzene                            |           0.01      |
--------------------------------------------------------------------------------
|                             FENOLI E CLOROFENOLI                             |
--------------------------------------------------------------------------------
|     69    | 2-clorofenolo                              |         180         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     70    | 2,4 Diclorofenolo                          |         110         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     71    | 2,4,6 Triclorofenolo                       |           5         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     72    | Pentaclorofenolo                           |           0.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|                              AMMINE AROMATICHE                               |
--------------------------------------------------------------------------------
|     73    | Anilina                                    |          10         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     74    | Difenilamina                               |         910         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     75    | p-toluidina                                |           0.35      |
--------------------------------------------------------------------------------
|                                  FITOFARMACI                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
|     76    | Alaclor                                    |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     77    | Aldrin                                     |           0.03      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     78    | Atrazina                                   |           0.3       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     79    | alfa - esacloroesano                       |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     80    | beta - esacloroesano                       |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     81    | gamma - esacloroesano (lindano)            |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     82    | Clordano                                   |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     83    | DDD, DDT, DDE                              |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     84    | Dieldrin                                   |           0.03      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     85    | Endrin                                     |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     86    | Sommatoria fitofarmaci                     |           0.5       |
--------------------------------------------------------------------------------
|                              DIOSSINE E FURANI                               |
--------------------------------------------------------------------------------
|     87    | Sommatoria PCDD, PCDF (conversione TEF)    |    4 x 10-6 (**)    |
--------------------------------------------------------------------------------
|                                ALTRE SOSTANZE                                |
--------------------------------------------------------------------------------
|     88    | PCB                                        |           0.01      |
--------------------------------------------------------------------------------
|     89    | Acrilammide                                |           0.1       |
--------------------------------------------------------------------------------
|     90    | Idrocarburi totali (espressi come n-esano) |         350         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     91    | Acido para - ftalico                       |       37000         |
--------------------------------------------------------------------------------
|     92    | Amianto (fibre A > 10 mm) (*)              |     da definire     |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) Non sono disponibili dati di letteratura tranne il valore di 7 milioni fibre/l comunicato da ISS, ma giudicato da ANPA e dallo stesso ISS troppo elevato. Per la definizione del limite si propone un confronto con ARPA e Regioni.

(**) 1×10-6 = -6 è esponente

(1) Tabella modificata al punto 13 dall’articolo 13, comma 3-bis del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116 .

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 31     

ALLEGATO I ALLA PARTE QUINTA (1)

Valori di emissione e prescrizioni

Parte I

Disposizioni generali

1. Il presente allegato fissa, nella parte II, i valori di emissione minimi e massimi per le sostanze inquinanti e, nella parte III, i valori di emissione minimi e massimi per le sostanze inquinanti di alcune tipologie di impianti e le relative prescrizioni. Per gli impianti previsti nella parte III i valori di emissione ivi stabiliti si applicano in luogo di quelli stabiliti per le stesse sostanze nella parte II. Per le sostanze per cui non sono stabiliti valori di emissione nella parte III si applicano, anche per tali impianti, i valori di emissione stabiliti nella parte II.

2. Il presente allegato fissa, nella parte IV, i valori di emissione e le prescrizioni relativi alle raffinerie e agli impianti per la coltivazione di idrocarburi e dei flussi geotermici. A tali impianti si applicano esclusivamente i valori di emissione e le prescrizioni ivi stabiliti. E’ fatto salvo, per i grandi impianti di combustione facenti parti di una raffineria, quanto previsto dall’articolo 273.

3. Nei casi in cui le parti II e III stabiliscano soglie di rilevanza delle emissioni, i valori di emissione devono essere rispettati solo se tali soglie sono raggiunte o superate.

4. Se per i valori di emissione della parte II è previsto un unico dato numerico lo stesso rappresenta il valore minimo, ferme restando le soglie di rilevanza delle emissioni; in tal caso il valore massimo di emissione corrisponde al doppio del valore minimo.

5. Se per valori di emissione delle parti III e IV è previsto un unico dato numerico, il valore minimo e il valore massimo coincidono, ferme restando le soglie di rilevanza delle emissioni.

Parte II

Valori di emissione

1.1. Sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene (tabella A1)

In via generale le emissioni di sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene devono essere limitate nella maggiore misura possibile dal punto di vista tecnico e dell’esercizio.

Per le sostanze della tabella A1, i valori di emissione, che rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|            |        Soglia di rilevanza      |      Valore di emissione      |
|            | (espressa come flusso di massa) |(espresso come concentrazione) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe I   |             0,5 g/h             |           0,1 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe II  |              5 g/h              |            1 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe III |             25 g/h              |            5 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione:

– in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate;

– in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze della classe II devono essere sommate le quantità di sostanze di classe I e alle quantità di sostanze della classe III devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi I e II.

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, al fine del rispetto del limite in concentrazione:

– in caso di presenza di più sostanze delle classi I e II la concentrazione totale non deve superare il limite della classe II

– in caso di presenza di più sostanze delle classi I, II e III, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe III.

Tabella A1

CLASSE I

– Asbesto (crisotilo, crocidolite, amosite, antofillite, actinolite e tremolite)

– Benzo(a)pirene

– Berillio e i suoi composti espressi come Be

– Dibenzo(a,h)antracene

– 2-naftilammina e suoi sali

– Benzo(a)antracene

– Benzo(b)fluorantene

– Benzo(j)fluorantene Benzo(k)fluorantene

– Dibenzo(a,h)acridina

– Dibenzo(a,j)acridina

– Dibenzo(a,e)pirene

– Dibenzo(a,h)pirene

– Dibenzo(a,i)pirene

– Dibenzo(a,l)pirene

– Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1)

– Dimetilnitrosamina

– Indeno (1,2,3-cd) pirene (1)

– 5-Nitroacenaftene

– 2-Nitronaftalene

– 1-Metil-3-Nitro-1-Nitrosoguanidina

(1) Il valore di emissione e la soglia di rilevanza previsti dal presente punto si applicano a decorrere dalla data indicata nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 281, comma 1.

CLASSE II

– Arsenico e suoi composti, espressi come As

– Cromo (VI) e suoi composti, espressi come Cr

– Cobalto e suoi composti, espressi come Co

– 3,3′-Diclorobenzidina e suoi sali

– Dimetilsolfato

– Etilenimmina

– Nichel e suoi composti espressi come Ni (2)

– 4- aminobifenile e suoi sali

– Benzidina e suoi sali

– 4,4′-Metilen bis (2-Cloroanilina) e suoi sali

– Dietilsolfato

– 3,3′-Dimetilbenzidina e suoi sali

– Esametilfosforotriamide

– 2-Metilaziridina

– Metil ONN Azossimetile Acetato

– Sulfallate

– Dimetilcarbammoilcloruro

– 3,3′-Dimetossibenzidina e suoi sali

(2) Riferito ad emissioni in atmosfera nella forma respirabile ed insolubile.

CLASSE III

– Acrilonitrile

– Benzene

– 1,3-butadiene

– 1-cloro-2,3-epossipropano (epicloridrina)

– 1,2-dibromoetano

– 1,2-epossipropano

– 1,2-dicloroetano

– vinile cloruro

– 1,3-Dicloro-2-propanolo

– Clorometil (Metil) Etere

– N,N-Dimetilidrazina

– Idrazina

– Ossido di etilene

– Etilentiourea

– 2-Nitropropano

– Bis-Clorometiletere

– 3-Propanolide

– 1,3-Propansultone

– Stirene Ossido

1.2. Sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate (tabella A2)

Le emissioni di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate devono essere limitate nella maggiore misura possibile dal punto di vista tecnico e dell’esercizio.

I valori di emissione, che rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|            |        Soglia di rilevanza      |      Valore di emissione      |
|            | (espressa come flusso di massa) |(espresso come concentrazione) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe I   |             0,02 g/h            |           0,01 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe II  |             0,5  g/h            |           0,5  mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione, in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate.

Tabella A2

--------------------------------------------------------------------------------
|              CLASSE I                |                 CLASSE II             |
--------------------------------------------------------------------------------
| Policlorodibenzodiossine             | Policlorobifenili                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Policlorodibenzofurani               | Policlorotrifenili                    |
--------------------------------------------------------------------------------
|                                      | Policloronaftaleni                    |
--------------------------------------------------------------------------------

2. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere (tabella B)

I valori di emissione sono quelli riportati nella tabella seguente:

--------------------------------------------------------------------------------
|            |        Soglia di rilevanza      |      Valore di emissione      |
|            | (espressa come flusso di massa) |(espresso come concentrazione) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe I   |             1 g/h               |            0,2 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe II  |             5 g/h               |             1  mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe III |            25 g/h               |             5  mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati

a) ai fini del calcolo di flusso di massa e di concentrazione:

– in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate.

– in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze della classe II devono essere sommate le quantità di sostanze della classe I e alle quantità di sostanze della classe III devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi I e II.

b) al fine del rispetto del limite di concentrazione:

– in caso di presenza di più sostanze delle classi I e II, ferme restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe II; in caso di presenza di più sostanze delle classi I, II e III, fermo restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe III.

Ove non indicato diversamente nella tabella B devono essere considerate anche le eventuali quantità di sostanze presenti nell’effluente gassoso sotto forma di gas o vapore.

Tabella B

CLASSE I

– Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1)

– Mercurio e suoi composti, espressi come Hg

– Tallio e suoi composti, espressi come Tl

(1) Fatto salvo quanto previsto dalla Tabella A1

CLASSE II

– Selenio e suoi composti, espressi come Se

– Tellurio e suoi composti, espressi come Te

– Nichel e suoi composti, espressi come Ni, in forma di polvere

CLASSE III

– Antimonio e suoi composti, espressi come Sb

– Cianuri, espressi come CN

– Cromo (III) e suoi composti, espressi come Cr

– Manganese e suoi composti, espressi come Mn

– Palladio e suoi composti, espressi come Pd

– Piombo e suoi composti, espressi come Pb

– Platino e suoi composti, espressi come Pt

– Quarzo in polvere, se sotto forma di silice cristallina, espressi come SiO2

– Rame e suoi composti, espressi come Cu

– Rodio e suoi composti, espressi come Rh

– Stagno e suoi composti, espressi come Sn

– Vanadio e suoi composti, espressi come V

3. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di gas o vapore (tabella C)

I valori di emissione sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|            |        Soglia di rilevanza      |      Valore di emissione      |
|            | (espressa come flusso di massa) |(espresso come concentrazione) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe I   |             10 g/h              |            1 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe II  |             50 g/h              |            5 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe III |            300 g/h              |           30 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe IV  |           2000 g/h              |          250 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe V   |           5000 g/h              |          500 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------

I flussi di massa e i valori di emissione si riferiscono alle singole sostanze o famiglie di sostanze.

CLASSE I

– Clorocianuro

– Fosfina

– Fosgene

CLASSE II

– Acido cianidrico

– Bromo e suoi composti, espressi come acido bromidrico

– Cloro

– Fluoro e suoi composti, espressi come acido fluoridrico

– Idrogeno solforato

CLASSE III

– Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapore, esclusi clorocianuro e fosgene, espressi come acido cloridrico.

CLASSE IV

– Ammoniaca

CLASSE V

– Ossidi di azoto (monossido e biossido), espressi come biossido di azoto

– Ossidi di zolfo (biossido e triossido), espressi come biossido di zolfo

4. Composti organici sotto forma di gas, vapori o polveri (tabella D)

I valori di emissione sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|            |        Soglia di rilevanza      |      Valore di emissione      |
|            | (espressa come flusso di massa) |(espresso come concentrazione) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe I   |             25 g/h              |            5 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe II  |            100 g/h              |           20 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe III |           2000 g/h              |          150 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe IV  |           3000 g/h              |          300 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Classe V   |           4000 g/h              |          600 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione:

– in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate;

– in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze di ogni classe devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi inferiori.

Al fine del rispetto del limite di concentrazione, in caso di presenza di più sostanze di classe diverse, fermo restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe più elevata.

Per i composti organici sotto forma di polvere devono essere rispettate anche le condizioni contenute nel paragrafo 5.

Tabella D

CLASSE I

– Anisidina

– Butilmercaptano

– Cloropicrina

– Diazometano

– Dicloroacetilene

– Dinitrobenzene

– Dinitrocresolo

– Esaclorobutadiene

– Esaclorociclopentadiene

– Esafluoroacetone

– Etere diglicidilico

– Etilacrilato

– Etilenimina

– Etilmercaptano

– Isocianati

– Metilacrilato

– Nitroglicerina

– Perclorometilmercaptano

– 1,4-diossano

CLASSE II

– Acetaldeide

– Acido cloroacetico

– Acido formico

– Acido tioglicolico

– Acido tricloroacetico

– Anidride ftalica

– Anidride maleica

– Anilina

– Benzilcloruro

– Bifenile

– Butilacrilato

– Butilammina

– Canfora sintetica

– Carbonio tetrabromuro

– Carbonio tetracloruro

– Cicloesilammina

– Cloroacetaldeide

– 1-Cloro-1-nitropentano

– Cresoli

– Crotonaldeide

– 1,2-Dibutilaminoetanolo

– Dibutilfosfato o-diclorobenzene

– 1,1-dicloroetilene

– Dicloroetiletere

– Diclorofenolo

– Diclorometano

– Dietilammina

– Difenilammina

– Diisopropilammina

– Dimetilammina

– Etilammina

– Etanolammina

– 2-etossietanolo

– 2-etossietilacetato

– Fenolo

– Ftalati

– 2-Furaldeide Furfurolo

– Iodoformio

– Iosoforone

– Iosopropilammina

– Metilacrilonitrile

– Metilammina

– Metilanilina

– Metilbromuro

– Metil n-butilbromuro

– Metilcloruro

– Metil-2-cianoacrilato

– Metilstirene

– 2-Metossietanolo

– 2-Metossietanolo acetato

– Nitroetano

– Nitrometano

– 1-Nitropropano

– Nitrotoluene

– Piretro

– Piridina

– Piomboalchili

– 2-Propenale

– 1,1,2,2,-tetracloroetano

– Tetracloroetilene

– Tetranitrometano

– m, p toluidina

– Tributilfosfato

– Triclorofenolo

– Tricloroetilene

– Triclorometano

– Trietilammina

– Trimetilammina

– Trimetilfosfina

– Vinilbromuro

– Xilenolo (escluso 2,4-xilenolo)

– Formaldeide

CLASSE III

– Acido acrilico

– Acetonitrile

– Acido propinico

– Acido acetico

– Alcool n-butilico

– Alcool iso-bitilico

– Alcool sec-butilico

– Alcool terb-utilico

– Alcool metilico

– Butirraldeide

– p-ter-butiltoluene

– 2-butossietanolo

– Caprolattame

– Disolfuro di carbonio

– Cicloesanone

– Ciclopentadiene

– Clorobenzene

– 2-cloro-1,3-butadiene

– o-clorostirene

– o-clorotoluente

– p-clorotoluene

– Cumene

– Diacetonalcool

– 1,4-diclorobenzene

– 1,1-dicloroetano

– Dicloropropano

– Dietanolammina

– Dietilformammide

– Diisobutilchetone

– N,N-Dimetilacetammide

– N,N-Dimetilformammide

– Dipropilchetone

– Esametilendiammina

– n-esano

– Etilamilchetone

– Etilbenzene

– Etilbutilchetone

– Etilenglicole

– Isobutilglicidiletere

– Isopropossietanolo

– Metilmetacrilato

– Metilamilchetone

– o-metilcicloesanone

– Metilcloroformio

– Metilformiato

– Metilisobutilchetone

– Metilisobutilcarbinolo

– Naftalene

– Propilenglicole

– Propilenglicolemonometiletere

– Propionaldeide

– Stirene

– Tetraidrofurano

– Trimetilbenzene

– n-veratraldeide

– Vinilacetato

– Viniltoluene

– 2,4-xilenolo

CLASSE IV

– Alcool propilico

– Alcool isopropilico

– n-amilacetato

– sec-amilacetato

– Benzoato di metile

– n-butilacetato

– isobutilacetato

– Dietilchetone

– Difluorodibromonetano

– Sec-esilacetato

– Etilformiato

– Metilacetato

– Metiletilchetone

– Metilisopropilchetone

– N-metilpirrolidone

– Pinene

– n-propilacetato

– iso-propilenacetato

– Toluene

– Xilene

CLASSE V

– Acetone

– Alcool etilico

– Butano

– Cicloesano

– Cicloesene

– Cloropentano

– Clorobromometano

– Clorodifluorometano

– Cloropentafluoroetano

– Dibromodifluoroetano

– Dibutiletere

– Diclorofluorometano

– Diclorotetrafluoroetano

– Dietiletere

– Diisopropiletere Dimetiletere

– Eptano

– Esano tecnico

– Etere isopropilico

– Etilacetato

– Metilacetilene

– Metilcicloesano

– Pentano

– 1,1,1,2-tetracloro-2,2-difluoroetano

– 1,1,1,2-tetracloro-1,2-difluoroetano

– Triclorofluorometano

– 1,1,2-tricloro-1,2,2-trifluoroetano

– Trifluorometano

– Trifluorobromometano

5. Polveri totali.

Il valore di emissione è pari a:

50 mg/Nm3 se il flusso di massa è pari o superiore a 0,5 kg/h il valore di emissione;

150 mg/Nm3 se il flusso di massa è pari o superiore alla soglia di rilevanza corrispondente a 0,1 kg/h ed è inferiore a 0,5 kg/h.

Parte III

Valori di emissione per specifiche tipologie di impianti

(1) Impianti di combustione con potenza termica nominale inferiore a 50 MW

Il presente paragrafo si applica agli impianti di combustione di potenza termica nominale inferiore a 50 MW destinati alla produzione di energia.

In particolare il paragrafo non si applica ai seguenti impianti:

– impianti in cui i prodotti della combustione sono utilizzati prevalentemente per il riscaldamento diretto, l’essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali, come forni di riscaldo e forni di trattamento termico

– impianti di postcombustione, cioè qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell’effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione

– dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking catalitico

– dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo

– reattori utilizzati nell’industria chimica

– batterie di forni per il coke

– cowper degli altiforni

– impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas da turbine a gas.

1.1. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili solidi.

Se sono utilizzate le biomasse di cui all’allegato X i valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso dell’11%.

--------------------------------------------------------------------------------
|                     |        Potenza termica nominale installata (MW)        |
--------------------------------------------------------------------------------
|                     | [1] da >0,15 |   da >3 a   |   da >6 a   |     >20     |
|                     | a < uguale 3 | < uguale 6  | < uguale 20 |             |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri totali      |  100 mg/Nm3  |  30 mg/Nm3  |  30 mg/Nm3  |  30 mg/Nm3  |
--------------------------------------------------------------------------------
| carbonio organico   |              |             |             |  20 mg/Nm3  |
| totale (COT)        |              |             |             |-------------|
|                     |       -      |      -      |  30 mg/Nm3  |  10 mg/Nm3  |
|                     |              |             |             |     [2]     |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di        |              |             |  250 mg/Nm3 |     200     |
| carbonio (CO)       |              |             |-------------|-------------|
|                     |  350 mg/Nm3  | 300 mg/Nm3  |  150 mg/Nm3 |  100 mg/Nm3 |
|                     |              |             |     [2]     |     [2]     |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto     |              |             |  400 mg/Nm3 |  400 mg/Nm3 |
| (espressi come NO2) |              |             |-------------|-------------|
| (a)                 |  500 mg/Nm3  | 500 mg/Nm3  |  300 mg/Nm3 |  200 mg/Nm3 |
|                     |              |             |     [2]     |     [2]     |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo     |  200 mg/Nm3  | 200 mg/Nm3  |  200 mg/Nm3 |  200 mg/Nm3 |
| (espressi come SO2) |              |             |             |             |
| (a)                 |              |             |             |             |
--------------------------------------------------------------------------------
| (a) 2 è deponente:                                                           |
| NO2 = 2 è deponente;                                                         |
| SO2 =2 è deponente.                                                          |
| [1] Agli impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 0.035 MW e  |
| non superiore a 0,15 MW si applica un valore di emissione per le polveri     |
| totali di 200 mg/Nm3.                                                        |
| [2] Valori medi giornalieri.                                                 |
--------------------------------------------------------------------------------

Se sono utilizzate le biomasse di cui all’allegato X in impianti anteriori al 1988, si applicano i valori di emissione, riportati nella tabella seguente, riferiti ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso dell’11%.

Se sono utilizzati altri combustibili solidi i valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 6%.

--------------------------------------------------------------------------------
|                        | Potenza termica nominale | Potenza termica nominale |
|                        |       < uguale 5 MW      |       > uguale 5 MW      |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri                |      100-150 mg/Nm3      |         50 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| COV                    |                     50 mg/Nm3                       |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto        |                    650 mg/Nm3                       |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo        |  600 mg/Nm3 per gli impianti a letto fluido         |
|                        | 2000 mg/Nm3 per tutti gli altri impianti            |
|                        | I valori di emissione per gli ossidi di zolfo si    |
|                        | considerano rispettati se sono utilizzati           |
|                        | combustibili con contenuto di zolfo uguale o        |
|                        | inferiore all'1%.                                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| composti alogenati     | Non si applica la parte II, paragrafo 3, tranne nel |
|                        | caso in cui il combustibile utilizzato sia legno o  |
|                        | residui di legno contenente prodotti sintetici o    |
|                        | sanse residue da estrazione                         |
--------------------------------------------------------------------------------

1.2. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili liquidi.

I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso nel 3%. Nel caso in cui il combustibile utilizzato sia liscivia proveniente dalla produzione di cellulosa, il valore di emissione si riferisce ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 6%.

--------------------------------------------------------------------------------
|                        | Potenza termica nominale | Potenza termica nominale |
|                        |          < 5 MW          |       > uguale 5 MW      |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri                |        150 mg/Nm3        |        100 mg/Nm3        |
|                        |-----------------------------------------------------|
|                        | Non si applica la parte II, paragrafo 2 se il       |
|                        | valore limite di emissione per le polveri è         |
|                        | rispettato senza l'impiego di un impianto di        |
|                        | abbattimento                                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto        |  500 mg/Nm3                                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo        | 1700 mg/Nm3                                         |
|                        | Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo si   |
|                        | considera rispettato se sono utilizzati             |
|                        | combustibili con contenuto di zolfo uguale o        |
|                        | inferiore all'1%.                                   |
--------------------------------------------------------------------------------

1.3. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili gassosi.

I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 3%.

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri         | 5 mg/Nm3                                                   |
|                 |------------------------------------------------------------|
|                 | Il valore limite di emissione per le polveri si considera  |
|                 | rispettato se viene utilizzato metano o GPL.               |
|                 |------------------------------------------------------------|
|                 | Se il combustibile utilizzato è gas d'altoforno il valore  |
|                 | di emissione è 15-20 mg/Nm3.                               |
|                 |------------------------------------------------------------|
|                 | Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke o gas  |
|                 | d'acciaieria il valore di emissione è 50 mg/Nm3.           |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto | 350 mg/Nm3                                                 |
|                 |------------------------------------------------------------|
|                 | Se il combustibile utilizzato è un gas di processo         |
|                 | contenente composti dell'azoto non si applica alcun valore |
|                 | limite di emissione; le emissioni devono comunque essere   |
|                 | ridotte per quanto possibile                               |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo | 35 mg/Nm3                                                  |
|                 |------------------------------------------------------------|
|                 | Il valore limite di emissione per gli ossidi di zolfo si   |
|                 | considera rispettato se viene utilizzato metano o GPL.     |
|                 |------------------------------------------------------------|
|                 | Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke, il    |
|                 | valore di emissione è 1700 mg/Nm3.                         |
|                 |------------------------------------------------------------|
|                 | Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke e gas  |
|                 | da altoforno (o d'acciaieria), il valore di emissione è    |
|                 | 800 mg/Nm3.                                                |
--------------------------------------------------------------------------------

Agli impianti che utilizzano il biogas di cui all’allegato X si applicano i valori di emissione indicati alle lettere a), b) e c).

a) nel caso si tratti di motori a combustione interna i valori di emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno pari al 5% nell’effluente gassoso anidro, sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|                        |          Potenza termica nominale installata        |
|                        |-----------------------------------------------------|
|                        |       < uguale 3 MW      |          > 3 MW          |
--------------------------------------------------------------------------------
| carbonio organico      |                          |                          |
| totale (COT)           |         150 mg/Nm3       |        100 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio  |                          |                          |
| (CO)                   |         800 mg/Nm3       |        650 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto        |                          |                          |
| (espressi come NO2)    |         500 mg/Nm3       |        450 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| Composti inorganici    |                          |                          |
| del cloro sotto forma  |                          |                          |
| di gas o vapori (come  |                          |                          |
| HCI)                   |          10 mg/Nm3       |         10 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------

b) nel caso si tratti di turbine a gas fisse i valori di emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno pari al 15%, nell’effluente gassoso anidro, sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|                     |        Potenza termica nominale installata (MW)        |
--------------------------------------------------------------------------------
|                     |   < uguale 8  |     >8 +    |    >15 +    |     >50    |
|                     |               | < uguale 15 | < uguale 50 |            |
--------------------------------------------------------------------------------
| carbonio organico   |               |             |             |            |
| totale (COT)        |       -       |      -      |      50     |      50    |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di        |               |             |             |            |
| carbonio (CO)       |      100      |      80     |      60     |      50    |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto     |               |             |             |            |
|(espressi come NO2)  |               |             |             |            |
| (a)                 |      150      |      80     |      80     |      60    |
--------------------------------------------------------------------------------
| Composti inorganici |               |             |             |            |
| del cloro sotto     |               |             |             |            |
| forma di gas o      |               |             |             |            |
| vapori (come HCI)   |       5       |       5     |       5     |       5    |
--------------------------------------------------------------------------------
| (a) NO2 = 2 è deponente                                                      |
--------------------------------------------------------------------------------

c) per le altre tipologie di impianti di combustione i valori di emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno pari al 3%, nell’effluente gassoso anidro, sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|                        |        Potenza termica nominale installata (MW)     |
|                        |-----------------------------------------------------|
|                        |        < uguale 3        |           > 3            |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio  |            150           |           100            |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto        |                          |                          |
| (espressi come NO2)    |            300           |           200            |
--------------------------------------------------------------------------------
| carbonio organico      |                          |                          |
| totale (COT)           |             30           |            20            |
--------------------------------------------------------------------------------
| composti inorganici    |                          |                          |
| del cloro sotto forma  |                          |                          |
| di gas o vapori (come  |                          |                          |
| HCI)                   |             30           |            30            |
--------------------------------------------------------------------------------

1.4. Impianti multicombustibile

1.4.1. In caso di impiego simultaneo di due o più combustibili i valori di emissione sono determinati nel modo seguente:

– assumendo ai punti 1.1, 1.2 e 1.3 il valore di emissione relativo a ciascun combustibile e a ciascun inquinante

– calcolando i valori di emissione ponderati per combustibile; detti valori si ottengono moltiplicando ciascuno dei valori di emissione per l’energia fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma dell’energia fornita da tutti i combustibili

– addizionando i valori di emissione ponderati per combustibile.

I valori di emissione sono quelli corrispondenti al combustibile con il più elevato valore di emissione se l’energia fornita da tale combustibile è il 70% o più rispetto al totale.

1.4.2. In caso di impiego alternato di due o più combustibili i valori di emissione sono quelli relativi al combustibile di volta in volta utilizzato.

1.4.3. Per gli impianti multicombustibile a letto fluido il valore di emissione per le polveri è:

– per impianti di potenza termica superiore a 5 MW 50 mg/Nm3

– per impianti di potenza termica uguale o inferiore a 5 MW 150 mg/Nm3.

(2) Impianti di essiccazione

I valori di emissione per gli impianti di essiccazione nei quali i gas combusti o le fiamme vengono a contatto diretto con i materiali da essiccare si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 17%.

(3) Motori fissi a combustione interna.

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 5%.

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri         | 130 mg/Nm3                                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto | 200 mg/Nm3 per i motori ad accensione spontanea di potenza |
|                 | uguale o superiore a 3 MW                                  |
|                 -------------------------------------------------------------|
|                 | 4000 mg/Nm3 per i motori ad accensione spontanea di        |
|                 | potenza inferiore a 3 MW                                   |
|                 | 500 mg/Nm3 per gli altri motori a quattro tempi            |
|                 | 800 mg/Nm3per gli altri motori a due tempi.                |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di    | 650 mg/Nm3                                                 |
| carbonio        |                                                            |
--------------------------------------------------------------------------------

Non si applicano valori di emissione ai gruppi elettrogeni d’emergenza ed agli altri motori fissi a combustione interna funzionanti solo in caso di emergenza.

(4) Turbine a gas fisse

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 15%. Se la turbina a gas è accoppiata ad una caldaia di recupero con o senza sistema di postcombustione i valori di emissione misurati al camino della caldaia si riferiscono ad un tenore di ossigeno del 15%. Per le turbine utilizzate nei cicli combinati i valori di riferimento sono riferiti al combustibile principale.

--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di azoto | Il valore di emissione è 400 mg/Nm3, se il flusso in       |
|                 | volume dei gas di scarico è uguale o superiore a 60.000    |
|                 | Nm3/h; negli altri casi il valore di emissione è           |
|                 | 450 mg/Nm3.                                                |
|                 | Se il combustibile utilizzato è gasolio, il valore di      |
|                 | emissione è di 600 mg/Nm3.                                 |
|                 | Per le turbine a gas con rendimento termico superiore al   |
|                 | 30% i valori di emissione sopraindicati sono calcolati     |
|                 | aumentando i valori di emissione in proporzione            |
|                 | all'aumento del rendimento                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di    | 100 mg/Nm3                                                 |
| carbonio        |                                                            |
--------------------------------------------------------------------------------

(5) Cementifici

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi.

--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di azoto | 1800-3000 mg/Nm3                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di zolfo | 600 mg/Nm3                                                 |
|                 | 1500 mg/Nm3 per i forni a via umida                        |
--------------------------------------------------------------------------------

(6) Forni per la calcinazione di bauxite, dolomite, gesso, calcare, diatomite, magnesite, quarzite

I valori di emissione di seguito riportati si riferiscono agli effluenti gassosi umidi, per gli impianti di produzione di calce spenta e di dolomite idrata.

– Cromo

Nella calcinazione di materiali contenenti cromo, il valore di emissione per il cromo [III] e i suoi composti, espressi come cromo, sotto forma di polvere è 10 mg/Nm3.

– Ossidi di azoto

Il valore di emissione è 1800-3000 mg/Nm3.

– Composti del fluoro

Per i forni usati periodicamente per la calcinazione di quarzite, il valore di emissione di composti inorganici gassosi del fluoro espressi come acido fluoridrico è 10 mg/Nm3.

(7) Forni per la produzione di vetro

Per i forni a bacino a lavorazione continua i valori di emissione si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso dell’8% e per i forni a crogiolo e quelli a bacino a lavorazione giornaliera ad un tenore di ossigeno del 13%.

I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|                                | Forni che utilizzano | Forni che utilizzano |
|                                | combustibile liquido | combustibile gassoso |
--------------------------------------------------------------------------------
| Forni a crogiolo               |      1200 mg/Nm3     |      1200 mg/Nm3     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Forni a bacino con recupero    |      1200 mg/Nm3     |      1400 mg/Nm3     |
| di calore                      |                      |                      |
--------------------------------------------------------------------------------
| Forni a bacino a lavorazione   |      1600 mg/Nm3     |      1600 mg/Nm3     |
| giornaliera                    |                      |                      |
--------------------------------------------------------------------------------
| Forni a bacino con bruciatore  |      1800 mg/Nm3     |      2200 mg/Nm3     |
| ad "U" con rigenerazione e     |                      |                      |
| recupero di calore             |                      |                      |
--------------------------------------------------------------------------------
| Forni a bacino con bruciatore  |      3000 mg/Nm3     |      3500 mg/Nm3     |
| trasversale con rigenerazione  |                      |                      |
| e recupero di calore           |                      |                      |
--------------------------------------------------------------------------------
| Se, per ragioni connesse alla qualità della produzione, è necessario         |
| l'utilizzo di nitrati nella fase di affinaggio si applicano valori di        |
| emissione pari al doppio di quelli sopra indicati.                           |
--------------------------------------------------------------------------------

I valori di emissione per gli ossidi di zolfo sono:

--------------------------------------------------------------------------------
| Per i forni a bacino a lavorazione continua                |   1800 mg/Nm3   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Per i forni a crogiolo e forni a bacino a lavorazione      |   1100 mg/Nm3   |
| giornaliera                                                |                 |
--------------------------------------------------------------------------------

I valori di emissione per le polveri sono:

--------------------------------------------------------------------------------
| Per gli impianti con una produzione di vetro inferiore     |    150 mg/Nm3   |
| a 250 tonnellate al giorno, se il flusso di massa è        |                 |
| superiore a 0,1 kg/h                                       |                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| Per gli impianti con una produzione di vetro superiore     |  80-100 mg/Nm3  |
| od uguale a 250 tonnellate al giorno                       |                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| Per gli impianti di produzione di fibre di vetro e tubo    |    350 mg/Nm3   |
| di vetro                                                   |                 |
--------------------------------------------------------------------------------

(8) Forni per la cottura di prodotti ceramici a base di argilla

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 18%.

--------------------------------------------------------------------------------
|            Inquinante               |    Valori di emissione di emissione    |
--------------------------------------------------------------------------------
|         Ossidi di zolfo             |              1500 mg/Nm3               |
--------------------------------------------------------------------------------
|         Ossidi di azoto             |              1500 mg/Nm3               |
--------------------------------------------------------------------------------
|         Fenoli e aldeidi            |               40 mg/Nm3                |
--------------------------------------------------------------------------------

(9) Impianti per la fusione di prodotti minerali, in particolare di basalto, di diabase o di scorie

In caso di utilizzo di combustibile solido i valori di emissione si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso dell’8%.

I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono:

--------------------------------------------------------------------------------
|                                | Combustibile liquido |         Gas          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Forni a bacino con recupero    |      1200 mg/Nm3     |      1400 mg/Nm3     |
| di calore                      |                      |                      |
--------------------------------------------------------------------------------
| Forni a tino                   |      1800 mg/Nm3     |      2200 mg/Nm3     |
--------------------------------------------------------------------------------

Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo è:

--------------------------------------------------------------------------------
|            |      Soglia di rilevanza        |     Valore di emissione       |
|            | (espressa come flusso di massa) | (espresso come concentrazione)|
--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di  |             10 kg/h             |          1800 mg/Nm3          |
| zolfo      |                                 |                               |
--------------------------------------------------------------------------------

(10) Impianti per la produzione di piastrelle in ceramica.

Si applicano i seguenti valori di emissione

--------------------------------------------------------------------------------
| Fluoro e suoi    | 10 mg/Nm3 per i forni fusori, i forni del vetrato e       |
| composti         | monocottura e i forni del biscotto e del grès             |
--------------------------------------------------------------------------------
| Polveri          | 75 mg/Nm3 per gli essiccatori a spruzzo atomizzatori)     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di azoto  | 1500 mg/Nm3                                               |
--------------------------------------------------------------------------------

(11) Impianti per l’agglomerazione di perlite, scisti o argilla espansa

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi ed a un tenore di ossigeno del 14%.

--------------------------------------------------------------------------------
|            |       Soglia di rilevanza       |      Valore di emissione      |
|            | (espressa come flusso di massa) | (espresso come concentrazione)|
--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di  |             10 kg/h             |          1000 mg/Nm3          |
| zolfo      |                                 |                               |
--------------------------------------------------------------------------------

(12) Impianti per la produzione o la fusione di miscele composte da bitumi o da catrami e prodotti minerali, compresi gli impianti per la preparazione di materiali da costruzione stradali a base di bitume e gli impianti per la produzione di pietrisco di catrame

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 17%.

--------------------------------------------------------------------------------
|     Inquinante     |    Valore di emissione (espresso come concentrazione)   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Polveri            | 20 mg/Nm3 per l'effluente gassoso proveniente           |
|                    | dall'essiccatore a tamburo e dal miscelatore            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di zolfo    | 1700 mg/Nm3                                             |
--------------------------------------------------------------------------------

(13) Impianti di distillazione a secco del carbone (cokerie)

13.1 Forno inferiore

I valori di emissione di seguito indicati si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 5%.

– Polveri

Devono essere adottate tutte le misure atte a contenere le emissioni di polveri dalle camere di combustione in base allo stato attuale della tecnica.

Sino alla ricostruzione del forno a coke, il valore di emissione è 100 mg/Nm3.

– Ossidi di zolfo

Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke, il valore di emissione è 1.700 mg/Nm3.

Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke e gas da altoforno (o d’acciaieria) il valore di emissione è 800 mg/Nm3.

– Ossidi di azoto

Il valore di emissione è 600 mg/Nm3.

Devono essere adottate tutte le misure atte a contenere le emissioni di ossidi di azoto dalle camere di combustione in base allo stato attuale della tecnica.

Le emissioni di ossidi di azoto, sino alla ricostruzione del forno a coke, non devono essere superiori a 800 mg/Nm3.

13.2 Caricamento dei forni da coke

Devono essere evitate le emissioni di polvere nel prelevare il carbone dalle tramogge e nel caricare i carrelli.

I gas di caricamento devono essere raccolti.

Nelle operazioni di versamento, i gas di caricamento devono essere deviati nel gas grezzo, o in un forno vicino, ove non fosse possibile utilizzarli per lavorare i catrame grezzo.

Nelle operazioni di pigiatura, i gas di caricamento devono essere deviati il più possibile nel gas grezzo.

I gas di caricamento che non possono essere deviati devono essere convogliati ad un impianto di combustione cui si applica il valore di emissione per le polveri di 25 mg/Nm3.

Nelle operazioni di spianamento del carbone le emissioni dei gas di caricamento devono essere limitate assicurando la tenuta delle aperture che servono a tali operazioni.

13.3 Coperchio portello di carica

Le emissioni dal coperchio di carica devono essere evitate quanto più possibile, usando porte a elevata tenuta, spruzzando i coperchi dei portelli dopo ogni carica dei forni, pulendo regolarmente gli stipiti e i coperchi dei portelli di carica prima di chiudere. La copertura del forno deve essere mantenuta costantemente pulita da resti di carbone.

13.4 Coperchio tubo di mandata

I coperchi dei tubi di mandata, per evitare emissioni di gas o di catrame, devono essere dotati di dispositivi ad immersione in acqua, o sistemi analoghi, di pari efficacia; i tubi di mandata devono venire costantemente puliti.

13.5 Macchine ausiliari per forno a coke

Le macchine ausiliarie adibite al funzionamento del forno a coke devono essere dotate di dispositivo per mantenere pulite le guarnizioni applicate agli stipiti dei portelli di carica.

13.6. Porte del forno a coke

Si devono usare porte ad elevate tenuta. Le guarnizioni delle porte dei forni devono essere regolarmente pulite.

13.7. Sfornamento del coke

Nella ricostruzione delle batterie di forni a coke queste devono essere progettate in modo da permettere che vengano installati, sul lato macchina e sul lato coke, impianti di captazione e abbattimento delle emissioni di polveri allo sfornamento del coke, in modo che le emissioni non superino 5 g/t di coke prodotto.

Sino alla ricostruzione del forno a coke, gli effluenti gassosi devono essere raccolti e convogliati ad un impianto di abbattimento delle polveri, ove tecnicamente possibile.

13.8. Raffreddamento del coke

Per il raffreddamento del coke devono essere limitate, per quanto possibile, le emissioni. Nel caso in cui la tecnologia adottata sia quella del raffreddamento a secco, il valore di emissione per le polveri è 20 mg/Nm3.

(14) Impianti per l’agglomerazione del minerale di ferro

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi.

--------------------------------------------------------------------------------
| Polveri            | Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un   |
|                    | impianto di abbattimento: i valori di emissione sono    |
|                    | pari ai valori massimi previsti nella parte II,         |
|                    | paragrafo 5                                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di azoto    | Il valore di emissione è 400 mg/Nm3.                    |
--------------------------------------------------------------------------------
| Inquinanti di cui  | I valori di emissione sono pari ai valori massimi       |
| alla parte II,     | previsti nella parte II, paragrafo 2                    |
| paragrafo 2        |                                                         |
|                    |                                                         |
--------------------------------------------------------------------------------

(15) Impianti per la produzione di ghisa

Fino al rifacimento del rivestimento in refrattario dell’altoforno il valore di emissione per le polveri è 150 mg/Nm3.

(16) Impianti per la produzione d’acciaio per mezzo di convertitori, forni ad arco elettrici, e forni di fusione sotto vuoto

Si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri          | 25-100 mg/Nm3 per i forni ad arco                         |
|                  | 25 mg/Nm3 per i forni ad induzione                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di     | Negli impianti per fusione ad eccezione dei forni ad arco |
| carbonio         | e nei convertitori l'effluente gassoso deve essere        |
|                  | riutilizzato, per quanto possibile, o combusto.           |
--------------------------------------------------------------------------------

(17) Fonderie di ghisa, d’acciaio.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri          | 20-40 mg/Nm3 se il flusso di massa è uguale o superiore a |
|                  | 0,5 kg/h,                                                 |
|                  | Per gli impianti funzionanti con abbattimento ad umido i  |
|                  | valori di emissione sono:                                 |
|                  | - 25 mg/Nm3 per i cubilotti con aspirazione applicata     |
|                  | alla bocca superiore                                      |
|                  | - 50 mg/Nm3 per i cubilotti con aspirazione applicata     |
|                  | alla bocca inferiore                                      |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di     | 1000 mg/Nm3 per i cubilotti a vento caldo dotati di       |
| carbonio         | recuperatore                                              |
--------------------------------------------------------------------------------

(18) Forni di riscaldo e per trattamenti termici, per impianti di laminazione ed altre deformazioni plastiche

I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 5%:

--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto | Per gli impianti nei quali l'aria di combustione è         |
|                 | preriscaldata a temperature uguali o superiori a 200°C il  |
|                 | valore di emissione è determinato mediante il diagramma    |
|                 | riportato in figura 1                                      |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo | 1700 mg/Nm3 se il combustibile usato è gas da forno a coke |
|                 | 800 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato è gas da forno a  |
|                 | coke e gas d'altoforno o d'acciaieria                      |
--------------------------------------------------------------------------------


(19) Impianti di zincatura a caldo.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri                                      | 15-30 mg/Nm3                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| composti gassosi del cloro, espressi         | 10 mg/Nm3                     |
| come acido cloridrico                        |                               |
--------------------------------------------------------------------------------
| ammoniaca ed ammonio in fase gassosa         | 30 mg/Nm3                     |
--------------------------------------------------------------------------------

(20) Impianti di trattamento di superfici metalliche con uso di acido nitrico

Agli impianti di decapaggio funzionanti in continuo si applica il valore di emissione per gli ossidi di azoto di 1500 mg/Nm3.

(21) Impianti per la produzione di ferroleghe mediante processi elettrotermici o pirometallurgici

Per le polveri i valori di emissione minimo e massimo sono pari rispettivamente a 20 mg/Nm3 e 40 mg/Nm3.

(22) Impianti per la produzione primaria di metalli non ferrosi

Si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
|                |       Soglia di rilevanza       |    Valore di emissione    |
|                | (espressa come flusso di massa) |                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri        |               -                 | 10 mg/Nm3 per le fonderie |
|                |                                 | di piombo 20 mg/Nm3 negli |
|                |                                 | altri casi                |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo|            5 kg/h               | 800 mg/Nm3                |
--------------------------------------------------------------------------------

(23) Impianti per la produzione di alluminio

I forni elettrolitici devono essere chiusi, le dimensioni dell’apertura del forno devono essere quelle minime indispensabili per il funzionamento e il meccanismo di apertura deve essere, per quanto possibile, automatizzato. Si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri (1)          | 30 mg/Nm3 per i forni elettrolitici;                  |
|                      | 5 kg/t di alluminio prodotto, come media giornaliera  |
|                      | se all'effluente gassoso dei forni elettrolitici è    |
|                      | aggiunta l'aria di ventilazione dei locali di         |
|                      | elettrolisi                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| composti inorganici  | 2 mg/Nm3                                              |
| gassosi del fluoro,  | 0,6-1 kg/t di alluminio prodotto, come media          |
| espressi come acido  | giornaliera se all'effluente gassoso dei forni        |
| fluoridrico (1)      | elettrolitici è aggiunta l'aria di ventilazione dei   |
|                      | locali di elettrolisi                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| (1) in caso di aggiunta di aria di ventilazione si applicano entrambi i      |
| valori                                                                       |
--------------------------------------------------------------------------------

(24) Impianti per la fusione dell’alluminio

Si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
|                  |       Soglia di rilevanza       |   Valore di emissione   |
|                  | (espressa come flusso di massa) |                         |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri          |             0,5 kg/h            | 20 mg/Nm3               |
--------------------------------------------------------------------------------
| cloro            |                -                | 3 mg/Nm3 per i forni di |
|                  |                                 | affinazione (impianti   |
|                  |                                 | di clorazione)          |
--------------------------------------------------------------------------------
| COV (espressi    |                -                | 50 mg/Nm3               |
| come carbonio    |                                 |                         |
| organico totale) |                                 |                         |
--------------------------------------------------------------------------------

(25) Impianti per la seconda fusione degli altri metalli non ferrosi e delle loro leghe.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
|    Inquinante    |        Tipologia di impianto        | Valore di emissione |
--------------------------------------------------------------------------------
| Polveri          | impianti per seconda fusione del    | 10 mg/Nm3           |
|                  | piombo o delle sue leghe            |                     |
|                  -------------------------------------------------------------
|                  | altri impianti, se il flusso di     | 20 mg/Nm3           |
|                  | massa è uguale o superiore a 0,2    |                     |
|                  | kg/h                                |                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Rame e suoi      | Per i forni a tino, durante la      | 10 mg/Nm3           |
| composti         | fusione del rame elettrolitico      |                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| COV (espressi    |                  -                  | 50 mg/Nm3           |
| come carbonio    |                                     |                     |
| organico totale) |                                     |                     |
--------------------------------------------------------------------------------

(26) Impianti per la produzione di accumulatori al piombo

Per le polveri, se il flusso di massa è uguale o superiore a 5 g/h, si applica il valore di emissione di 0,5 mg/Nm3.

(27) Impianti per la produzione di ossidi di zolfo, acido solforico e oleum

Negli impianti per la produzione di ossidi di zolfo allo stato liquido l’effluente gassoso deve essere convogliato ad un impianto per la produzione di acido solforico o ad altri impianti di trattamento.

Nei processi a doppio contatto deve essere mantenuta una resa di conversione minima del 99%. Per concentrazioni di biossido di zolfo nel gas d’alimentazione uguali o superiori all’8% in volume deve essere mantenuta:

– una resa del 99,5% in condizioni variabili del gas

– una resa del 99,6% in condizioni costanti del gas

Le emissioni di biossido di zolfo devono essere ulteriormente limitate con adeguati processi di trattamento, se superano 1200 mg/Nm3.

Nei processi a contatto semplice deve essere mantenuta una resa di conversione minima del 97,5%. Per concentrazioni di biossido di zolfo nel gas d’alimentazione inferiori al 6% le emissioni devono essere ulteriormente limitate.

Nei processi di catalisi ad umido deve essere mantenuta una resa di conversione di almeno il 97,5%.

Per l’acido solforico si applicano valori di emissione minimo e massimo rispettivamente pari a 80 mg/Nm3 e 100 mg/Nm3.

(28) Impianti per la produzione di cloro

Si applicano i seguenti valori di emissione

--------------------------------------------------------------------------------
| cloro            | 1 mg/Nm3                                                  |
|                  | 6 mg/Nm3 per gli impianti per la produzione del cloro a   |
|                  | liquefazione totale                                       |
--------------------------------------------------------------------------------
| mercurio         | 1,5-2 g/t di produzione nella elettrolisi dei cloruri     |
|                  | alcalini secondo il processo all'amalgama                 |
--------------------------------------------------------------------------------

(29) Impianti Claus per la produzione di zolfo

Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un impianto di combustione. Per l’idrogeno solforato si applica un valore di emissione di 10 mg/Nm3.

(30) Impianti per la produzione, granulazione ed essiccamento di fertilizzanti fosfatici, azotati o potassici.

Si applicano i seguenti valori di emissioni:

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri          | 75 mg/Nm3                                                 |
|                  | 100-150 mg/Nm3 per gli impianti di prilling o a letto     |
|                  | fluido                                                    |
--------------------------------------------------------------------------------
| ammoniaca        | 200 mg/Nm3 per gli impianti di prilling o a letto fluido  |
--------------------------------------------------------------------------------

(31) Impianti per la produzione di acrilonitrile

L’effluente gassoso prodotto dal reattore e dall’assorbitore deve essere combusto.

L’effluente gassoso prodotto durante la purificazione per distillazione dei prodotti di reazione e quello proveniente dal processo di travaso deve essere convogliato ad idonei sistemi di abbattimento.

(32) Impianti per la produzione di principi attivi antiparassitari

Per le polveri, se il flusso di massa è uguale o superiore a 25 g/h, si applica un valore di emissione di 5 mg/Nm3.

(33) Impianti per la produzione di polivinile cloruro (PVC)

I tenori residui in cloruro di vinile monomero (CVM) nel polimero devono essere ridotti al massimo. Nella zona di passaggio dal sistema chiuso a quello aperto il tenore residuo non può superare i seguenti valori:

--------------------------------------------------------------------------------
| PVC in massa                                  |   10 mg CVM/kg PVC           |
--------------------------------------------------------------------------------
| omopolimeri in sospensione                    |  100 mg CVM/kg PVC           |
--------------------------------------------------------------------------------
| copolimeri in sospensione                     |  400 mg CVM/kg PVC           |
--------------------------------------------------------------------------------
| PVC in microsospensione e emulsione di PVC    | 1500 mg CVM/kg PVC           |
--------------------------------------------------------------------------------

Al fine di ridurre ulteriormente la concentrazione di cloruro di vinile nell’effluente gassoso proveniente dall’essiccatore tale effluente deve, per quanto possibile, essere utilizzato come comburente in un impianto di combustione.

(34) Impianti per la produzione di polimeri in poliacrilonitrile

I gas provenienti dal reattore e dall’assorbitore devono essere convogliati ad un efficace sistema di combustione. I gas provenienti dalla purificazione per distillazione e dalle operazioni di travaso devono essere convogliati ad idonei sistemi di abbattimento.

34.1. Produzione e lavorazione di polimeri acrilici per fibre

Se la polimerizzazione è effettuata in soluzione acquosa, agli impianti di polimerizzazione, di essiccamento del polimero e di filatura si applica un valore di emissione per l’acrilonitrile pari a 25 mg/Nm3.

Se la polimerizzazione è effettuata in solvente, agli impianti di polimerizzazione si applica un valore di emissione di acrilonitrile pari a 5 mg/Nm3 ed agli impianti di filatura, lavaggio ed essiccamento si applica un valore di emissione di acrilonitrile pari a 50 mg/Nm3.

34.2. Produzione di materie plastiche ABS e SAN

– Polimerizzazione in emulsione: l’effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla polimerizzazione, dalla precipitazione e dalla pulizia del reattore deve essere convogliato ad un termocombustore. A tale effluente si applica, per l’acrilonitrile, un valore di emissione di 25 mg/Nm3.

– Polimerizzazione combinata in soluzione/emulsione: l’effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla polimerizzazione, dai serbatoi di stoccaggio intermedi, dalla precipitazione, dalla disidratazione, dal recupero dei solventi e dai miscelatori, deve essere convogliato ad un termocombustore. Alle emissioni che si formano nella zona di uscita dei miscelatori si applica, per l’acrilonitrile, un valore di emissione di 10 mg/Nm3.

34.3. Produzione di gomma acrilonitrilica (NBR)

L’effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dal recupero di butadiene, dal deposito di lattice, dal lavaggio del caucciù solido, deve essere convogliato ad un termocombustore. L’effluente gassoso proveniente dal recupero dell’acrilonitrile deve essere convogliato ad un impianto di lavaggio. Agli essiccatori si applica, per l’acrilonitrile, un valore di emissione di 15 mg/Nm3.

34.4. Produzione di lattice per polimerizzazione, in emulsione, di acrilonitrile.

L’effluente gassoso contenente acrilonitrile e proveniente dai contenitori di monomeri, dai reattori, dai serbatoi di stoccaggio e dai condensatori deve essere convogliato ad un impianto di abbattimento se la concentrazione di acrilonitrile nell’effluente gassoso è superiore a 5 mg/Nm3.

(35) Impianti per la produzione e la lavorazione della viscosa.

35.1. Le emissioni dalla produzione di viscosa, dalla preparazione del bagno di rilavatura e dai trattamenti successivi connessi alla produzione di rayon tessile, devono essere convogliate ad un impianto di abbattimento. A tali attività si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
| idrogeno solforato                            | 5 mg/Nm3                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| solfuro di carbonio                           | 100 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------

35.2. Nella produzione di fibra cellulosica in fiocco e cellofane, i gas provenienti dai filatoi e dal trattamento successivo devono essere convogliati ad un impianto di abbattimento. A tali attività si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
| idrogeno solforato                            | 5 mg/Nm3                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| solfuro di carbonio                           | 150 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------

35.3. Nella produzione di prodotti da viscosa all’impianto di aspirazione generale e agli aspiratori delle macchine, si applica un valore di emissione per l’idrogeno solforato pari a 50 mg/Nm3, mentre per il solfuro di carbonio si applicano i seguenti valori emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
|           prodotti di viscosa                 |      Solfuro di carbonio     |
--------------------------------------------------------------------------------
| fibra cellulosica                             | 150 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| cellofane                                     | 150 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| rayon tessile                                 | 150 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| rayon continuo per usi speciali               | 300 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| budella artificiali                           | 400 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| panno spugnoso                                | 400 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| rayon tecnico                                 | 600 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------

(36) Impianti per la produzione di acido nitrosilsolforico

Per la fase di concentrazione i valori di emissione sono:

--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto                               | 2000 mg/Nm3                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo                               | 800 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| n-esano                                       | 1000 mg/Nm3                  |
--------------------------------------------------------------------------------

(37) Impianti di produzione di poliesteri

Negli impianti di produzione di acido tereftalico e di dimetiltereftalato facenti parte di cicli di produzione di polimeri e fibre poliesteri per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore di emissione delle sostanze organiche, espresso come carbonio organico totale, è 350 mg/Nm3.

(38) Impianti di produzione di acetato di cellulosa per fibre.

Negli impianti di polimerizzazione, dissoluzione e filatura di acetato di cellulosa per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore di emissione di acetone è pari a 400 mg/Nm3.

(39) Impianti di produzione di fibre poliammidiche

Negli impianti di filatura per fili continui del polimero “poliammide 6” per flussi di massa superiori a 2 kg/h il valore di emissione del caprolattame è 100 mg/Nm3.

Negli impianti di filatura per fiocco il valore di emissione del caprolattame è 150 mg/Nm3.

(40) Impianti per la formulazione di preparati antiparassitari

Le emissioni contenenti polveri devono essere convogliate ad un impianto di abbattimento. Il valore di emissione per le polveri è pari a 10 mg/Nm3.

(41) Impianti per la nitrazione della cellulosa

Il valore di emissione per gli ossidi di azoto è pari a 2000 mg/Nm3.

(42) Impianti per la produzione di biossido di titanio

Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo provenienti dalla digestione e dalla calcinazione è pari a 10 kg/t di biossido di titanio prodotto. Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo provenienti dalla concentrazione degli acidi residui è pari a 500 mg/Nm3.

(43) Impianti per la produzione di fibre acriliche

Se il flusso di massa di N,N-dimetilacetamide e N.N-dimetilformamide è uguale o superiore a 2 kg/h si applica, per tali sostanze, un valore di emissione di 150 mg/Nm3.

(44) Impianti per la produzione di policarbonato

Il valore di emissione per il diclorometano è pari a 100 mg/Nm3.

(45) Impianti per la produzione di nero carbonio

I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono agli effluenti gassosi umidi. L’effluente gassoso contenente idrogeno solforato, monossido di carbonio o sostanze organiche deve essere convogliato ad un termocombustore.

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri                                       | 15-30 mg/Nm3.                |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo                               | 2600 mg/Nm3                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto                               | 1000 mg/Nm3                  |
--------------------------------------------------------------------------------

(46) Impianti per la produzione di carbone o elettrografite mediante cottura, ad esempio per la fabbricazione di elettrodi

Per le sostanze organiche si applicano i seguenti valori di emissione, espressi come carbonio organico totale:

--------------------------------------------------------------------------------
| 100 mg/Nm3  | per la miscelazione e macinazione con uso, ad alta temperatura,|
|             | di pece, catrame o altri leganti o solventi volatili           |
--------------------------------------------------------------------------------
| 50 mg/Nm3   | per i forni a camera unica, forni a camere comunicanti e forni |
|             | a tunnel                                                       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 200 mg/Nm3  | per i forni anulari utilizzati per la cottura degli elettrodi  |
|             | di grafite, degli elettrodi di carbone e delle mattonelle di   |
|             | carbone                                                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| 50 mg/Nm3   | per l'impregnazione a base di catrame                          |
--------------------------------------------------------------------------------

(47) Impianti per la verniciatura in serie, inclusi gli impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari, delle carrozzerie degli autoveicoli e componenti degli stessi, eccettuate le carrozzerie degli autobus

Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 275, si applicano i seguenti valori di emissione, espressi in grammi di solvente per metro quadrato di manufatto trattato, inclusi i solventi emessi dagli impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari:

a) vernici a due strati 120 g/m2

b) altre vernici 60 g/m2.

Per le zone d’applicazione della vernice all’aria di ventilazione delle cabine di verniciatura non si applicano i valori di emissione indicati nella parte II, paragrafo 4, classi III, IV e V.

Per gli essiccatori il valore di emissione per le sostanze organiche, espresse come carbonio organico totale, è pari a 50 mg/Nm3. Il valore di emissione per le polveri è pari a 3 mg/Nm3.

(48) Altri impianti di verniciatura

48.1 Verniciatura del legno

Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 275, il valore di emissione per la verniciatura piana, espresso in grammi di solvente per metro quadro di superficie verniciata è 40 g/m2. Il valore di emissione per le polveri è pari a 10 mg/Nm3.

48.2 Verniciatura manuale a spruzzo

Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 275, per l’aria di ventilazione delle cabine di verniciatura nelle quali si vernicia a mano con pistola a spruzzo non si applicano i valori di emissione indicati nella parte II, paragrafo 4, classi III, IV e V; devono comunque essere prese le misure possibili per ridurre le emissioni, facendo ricorso a procedimenti di applicazione della vernice particolarmente efficaci, assicurando un efficace ricambio dell’aria e il suo convogliamento ad un impianto di abbattimento, oppure utilizzando vernici prodotte secondo le migliori tecnologie. Il valore di emissione per le polveri è pari a 3 mg/Nm3.

48.3 Essiccatori

Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 275, il valore di emissione per le sostanze organiche, espresse con carbonio totale, è 50 mg/Nm3.

(49) Impianti per la produzione di manufatti in gomma

Per le polveri, nella fase di preparazione mescole, i valori di emissione minimo e massimo sono rispettivamente pari a 20 mg/Nm3 e 50 mg/Nm3.

(50) Impianti per impregnare di resine le fibre di vetro o le fibre minerali

Le emissioni di sostanze di cui alla parte II, paragrafo 4, classe I non devono superare 40 mg/Nm3 e devono essere adottate le possibili soluzioni atte a limitare le emissioni, come la postcombustione, o altre misure della medesima efficacia.

(51) Impianti per la produzione di zucchero

– Ossidi di zolfo

Il valore di emissione è 1700 mg/Nm3.

– Ammoniaca

Se il flusso di massa supera 1,5 kg/h, i valori di emissione sono:

--------------------------------------------------------------------------------
| fase di saturazione                           | 500 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| fase di essiccazione                          | 150 mg/Nm3.                  |
--------------------------------------------------------------------------------

– Polveri

Il valore di emissione è pari a 75 mg/Nm3, e, nella fase di movimentazione e condizionamento zucchero, è pari a 20 mg/Nm3.

(52) Impianti per l’estrazione e la raffinazione degli oli di sansa di oliva

I valori di emissione sono:

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri                                       | 200-300 mg/Nm3               |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto                               | 300 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------

(53) Impianti per l’estrazione e la raffinazione di oli di semi

I valori di emissione per le polveri sono i seguenti:

--------------------------------------------------------------------------------
| fase di essiccazione semi                     | 150 mg/Nm3                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| fase di lavorazione semi oleosi               | 80 mg/Nm3.                   |
--------------------------------------------------------------------------------

Parte IV

Sezione 1

Valori di emissione e prescrizioni relativi alle raffinerie

1. Valori di emissione

1.1 In deroga a quanto previsto all’articolo 270, comma 5, i valori di emissione per i composti sotto riportati sono calcolati come rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse di inquinanti emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi dell’intera raffineria:

--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo                                          | 1700 mg/Nm3       |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto                                          | 500 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri                                                  | 80 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio                                    | 250 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze organiche volatili                              | 300 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| idrogeno solforato                                       | 5 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------
| ammoniaca e composti a base di cloro espressi come       | 30 mg/Nm3         |
| acido cloridrico                                         |                   |
--------------------------------------------------------------------------------

1.2. I valori di emissione per le sostanze inorganiche di cui alla parte II, paragrafo 2, che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere sono:

--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze appartenenti alla classe I                      | 0,3 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze appartenenti alla classe II                     | 3 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze appartenenti alla classe III                    | 10 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------

1.3. Per le sostanze di cui alla parte II, paragrafo 1, si applicano i valori di emissione ivi stabiliti.

1.4. I valori di emissione per le sostanze inorganiche che si presentano sotto forma di gas o vapore sono:

--------------------------------------------------------------------------------
| cloro                                                    | 5 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------
| bromo e suoi composti indicati come acido bromidrico     | 5 mg/Nm3          |
| fluoro e suoi composti indicati come acido fluoridrico   | 5 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------

1.5. Gli effluenti gassosi degli impianti Claus devono essere convogliati ad un postcombustore. In deroga al punto 1.1, a tali impianti si applica, per l’idrogeno solforato, un valore di emissione minimo pari a 10 e un valore di emissione massimo pari a 30 mg/Nm3. In tali impianti la conversione operativa dello zolfo, nelle condizioni ottimali di funzionamento, non deve essere inferiore, a seconda della capacità produttiva, rispettivamente al:

a) 95% se la capacità produttiva è inferiore o uguale a 20 ton. al giorno di zolfo

b) 96% se la capacità produttiva è superiore a 20 ton. e inferiore o uguale a 50 ton. al giorno di zolfo

c) 97,5% se la capacità produttiva è superiore a 50 ton. al giorno di zolfo.

2. Prescrizioni per le emissioni diffuse

2.1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dall’articolo 276, per lo stoccaggio di petrolio greggio e di prodotti della raffinazione, aventi una tensione di vapore superiore a 13 mbar alla temperatura di 20°C devono essere utilizzati serbatoi a tetto galleggiante, serbatoi a tetto fisso con membrana galleggiante, serbatoi a tetto fisso polmonati con emissioni convogliate opportunamente ad un sistema di abbattimento o ad altro sistema idoneo ad evitare la diffusione delle emissioni; i tetti dei serbatoi a tetto galleggiante devono essere muniti di un’efficace tenuta verso il mantello del serbatoio.

Per lo stoccaggio di altri prodotti i serbatoi con tetto fisso devono essere muniti di un sistema di ricambio forzato dei gas e di convogliamento ad un sistema di raccolta o ad un postcombustore se gli stessi contengono liquidi che, nelle condizioni di stoccaggio, possono emettere sostanze cancerogene o organiche di classe I con flussi di massa uguali o superiori a quelli indicati nella parte II, paragrafo 1.

2.2 Gli effluenti gassosi che si formano durante le operazioni di avviamento e di arresto degli impianti devono essere, per quanto possibile, raccolti e convogliati ad un sistema di raccolta di gas e reimmessi nel processo, oppure combusti nell’impianto di combustione del processo; qualora queste soluzioni non fossero possibili, devono essere convogliati ad un bruciatore a torcia.

In quest’ultimo caso il valore di emissione per le sostanze organiche volatili, espresso come carbonio totale è l’1% in volume.

3. I gas e i vapori che si producono nelle apparecchiature per la riduzione della pressione o nelle apparecchiature da vuoto devono essere convogliati ad un sistema di raccolta del gas; tale disposizione non si applica per le apparecchiature per l’abbassamento della pressione che si usano in caso di emergenza o di incendio o nei casi in cui si forma sovrappressione a seguito della polimerizzazione o di processi analoghi; i gas raccolti devono essere combusti in impianti di processo, oppure, nel caso questa soluzione non fosse possibile, devono essere portati ad un bruciatore a torcia.

4. I gas derivanti dai processi, dalla rigenerazione catalizzatori, dalle ispezioni, dalle operazioni di pulizia, devono essere convogliati ed inviati alla postcombustione. In alternativa al trattamento di post-combustione possono essere applicate altre misure, atte al contenimento delle emissioni.

5. Fatto salvo quanto diversamente disposto dall’articolo 276, nella caricazione di prodotti grezzi, semilavorati, finiti, con pressione di vapore di oltre 13 mbar a temperatura di 20°C, le emissioni devono essere limitate adottando misure adeguate, come sistemi di aspirazione e convogliamento dell’effluente gassoso ad un impianto di abbattimento.

6. L’acqua di processo eccedente può essere fatta defluire in un sistema aperto solo dopo il degassaggio. In tal caso l’effluente gassoso deve essere depurato mediante lavaggio, combustione o altro opportuno sistema.

7. Per le emissioni derivanti da prodotti polverulenti si applica l’allegato V.

Sezione 2

Impianti per la coltivazione degli idrocarburi e dei fluidi geotermici

1. L’autorità competente si avvale delle competenti Sezioni dell’Ufficio nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia ai fini del rilascio dell’autorizzazione alle emissioni degli impianti per la coltivazione degli idrocarburi e dei fluidi geotermici.

2. Coltivazione di idrocarburi

2.1. Disposizioni generali.

Le emissioni devono essere limitate all’origine, convogliate ed abbattute utilizzando la migliore tecnologia disponibile.

2.2. Emissioni da combustione di gas di coda.

I gas di coda derivanti dalle centrali di raccolta e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi, se non utilizzati come combustibili, devono essere convogliati ad unità di termodistruzione in cui la combustione deve avvenire ad una temperatura minima di 950°C per un tempo di almeno 2 secondi e con eccesso di ossigeno non inferiore al 6%. A tali emissioni si applicano i limiti seguenti:

--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo espressi come SO2                        | 1200 mg/Nm3       |
--------------------------------------------------------------------------------
| idrogeno solforato                                       | 10 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto espressi come NO2                        | 350 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio                                    | 100 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze organiche volatili espresse come carbonio       | 20 mg/Nm3         |
| organico totale                                          |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri                                                  | 10 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------

Quale unità di riserva a quella di termodistruzione deve essere prevista una torcia, con pilota, in grado di assicurare una efficienza minima di combustione del 99% espressa come CO2/(CO2+CO) (il 2 è deponente).

2.3. Emissioni da impianti di combustione utilizzanti il gas naturale del giacimento.

a) Nel caso di impiego di gas naturale proveniente dal giacimento con contenuto di H2S (il 2 è deponente) massimo fino a 5 mg/Nm3 i valori di emissione si intendono comunque rispettati.

b) Nel caso che il contenuto di H2S (il 2 è deponente) sia superiore a 5 mg/Nm3 o che il gas naturale venga miscelato con gas di coda e/o con gas di saturazione, si applicano i seguenti limiti:

--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo (espressi come SO2)                      | 800 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto (espressi come NO2)                      | 3500 mg/Nm3       |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio (CO)                               | 100 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze organiche volatili (espresse come COT)          | 10 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri                                                  | 10 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------

2.4. Emissioni da stoccaggi in attività di coltivazione.

Per lo stoccaggio degli idrocarburi estratti dal giacimento e dei prodotti ausiliari aventi tensione di vapore superiore a 13 mbar alla temperatura di 20°C devono essere usati i seguenti sistemi:

a) i serbatoi a tetto galleggiante devono essere dotati di sistemi di tenuta di elevata efficienza realizzati secondo la migliore tecnologia disponibile;

b) i serbatoi a tetto fisso devono essere dotati di sistemi di condotte per l’invio dei gas di sfiato e/o di flussaggio ad una unità di combustione o termodistruzione;

c) le superfici esterne dei serbatoi devono essere trattate in modo tale che venga riflesso inizialmente almeno il 70% dell’energia solare. Detta protezione è ripristinata quando il valore di riflessione diventa inferiore al 45%.

2.5. Vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici (DEG e/o TEG) usati per la disidratazione del gas naturale.

I vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici devono essere convogliati ad una unità di termodistruzione oppure miscelati al gas combustibile primario.

Solo nel caso di piccoli impianti (fino a 200.000 Nm3/giorno di gas naturale trattato) e/o per flussi di massa non superiori a 200 g/h come H2S è consentita l’emissione in atmosfera cui si applicano i seguenti valori di emissione:

--------------------------------------------------------------------------------
| polveri totali                                           | 5 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo (espressi come SO2)                      | 30 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto (espressi come NO2)                      | 50 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio (CO)                               | 10 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------
| alcali, escluso metano (espressi come esano)             | 300 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| glicoli etilenici (come MEG)                             | 300 mg/Nm3        |
--------------------------------------------------------------------------------
| idrogeno solforato (H2S )                                | 10 mg/Nm3         |
--------------------------------------------------------------------------------

2.6. Emissioni da piattaforme di coltivazione di idrocarburi off shore ossia ubicate nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana.

Se la collocazione geografica della piattaforma assicura una ottimale dispersione delle emissioni, evitando che le stesse interessino località abitate, i limiti di emissione si intendono rispettati quando in torcia viene bruciato esclusivamente gas naturale.

In caso contrario si applicano i valori di emissione indicati alla parte II, paragrafo 3, per le sostanze gassose e un valore pari a 10 mg/Nm3 per le polveri totali.

Per i motori a combustione interna e le turbine a gas si applicano i pertinenti paragrafi della parte III.

3. Impianti che utilizzano fluidi geotermici

1. Gli effluenti gassosi negli impianti che utilizzano i fluidi geotermici di cui all’articolo 1 della legge 9 dicembre 1986, n. 896, devono essere dispersi mediante torri refrigeranti e camini di caratteristiche adatte. Per ciascuno dei due tipi di emissione i valori di emissione minimi e massimi, di seguito riportati, sono riferiti agli effluenti gassosi umidi ed intesi come media oraria su base mensile:

--------------------------------------------------------------------------------
| H2S (*)                              | 70-100 mg/Nm3 per un flusso di massa  |
|                                      | uguale o superiore a 170 kg/h         |
--------------------------------------------------------------------------------
| As (come sali disciolti nell'acqua   | 1-1,5 mg/Nm3 per un flusso di massa   |
| trascinata)                          | uguale o superiore a 5 g/h            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Hg (come sali disciolti nell'acqua   | 0,2-0,4 mg/ Nm3 per un flusso di      |
| trascinata)                          | massa uguale o superiore a 1 g/h      |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) 2 è deponente

(1) Allegato modificato dall’articolo 3, comma 27, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 32     

ALLEGATO II ALLA PARTE QUINTA

Grandi impianti di combustione

Parte I

Disposizioni generali

1. Definizioni.

Ai fini del presente allegato si intende per:

a) impianto multicombustibile: qualsiasi impianto di combustione che possa essere alimentato simultaneamente o alternativamente da due o più tipi di combustibile;

b) grado di desolforazione: il rapporto tra la quantità di zolfo non emessa nell’atmosfera nel sito dell’impianto di combustione per un determinato periodo di tempo e la quantità di zolfo contenuta nel combustibile introdotto nei dispositivi dell’impianto di combustione e utilizzata per lo stesso periodo di tempo;

c) biomassa: prodotti, costituiti interamente o in parte di materia vegetale, di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile ai sensi della normativa vigente per recuperarne il contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile:

– rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;

– rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l’energia termica generata è recuperata;

– rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se gli stessi sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l’energia termica generata è recuperata;

– rifiuti di sughero;

– rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento, inclusi in particolare i rifiuti di legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione.

d) turbina a gas: qualsiasi macchina rotante, che trasforma energia termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, da un dispositivo termico in cui il combustibile è ossidato per riscaldare il fluido motore e da una turbina;

e) ore operative: il numero delle ore in cui l’impianto è in funzione, con l’esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi di guasto, salvo diversamente stabilito dalle normative adottate ai sensi dell’articolo 271, comma 3, o dall’autorizzazione (1).

1-bis. Condizioni generali

I valori limite di emissione previsti dal presente Allegato sono calcolati in condizioni normali (temperatura di 273,15 K, e pressione di 101,3 kPa) previa detrazione del tenore di vapore acqueo degli scarichi gassosi e ad un tenore standard di O2 pari al 6% per gli impianti che utilizzano combustibili solidi, al 3% per gli impianti, diversi dalle turbine a gas e dai motori a gas, che utilizzano combustibili liquidi e gassosi ed al 15 % per le turbine a gas e per i motori a gas. Nel caso delle turbine a gas usate in impianti nuovi a ciclo combinato dotati di un bruciatore supplementare, il tenore di O2 standard puo’ essere definito dall’autorita’ competente in funzione delle caratteristiche dell’installazione (2).

2. Procedura di esenzione per gli impianti anteriori al 1988.

2.1 I gestori degli impianti anteriori al 1988 presentano all’autorità competente, nell’ambito della richiesta di autorizzazione integrata ambientale, una dichiarazione scritta contenente l’impegno a non far funzionare l’impianto per più di 20.000 ore operative a partire dal 1° gennaio 2008 ed a non farlo funzionare oltre il 31 dicembre 2015. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW la dichiarazione é presentata entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del presente titolo e l’autorità competente, in caso di approvazione della richiesta di esenzione, provvede ad aggiornare l’autorizzazione in atto con la procedura prevista dall’articolo 269. La richiesta di esenzione è approvata soltanto se compatibile con le misure stabilite nei piani e nei programmi di cui al decreto legislativo n. 351 del 1999 ove tali misure siano necessarie per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria e se compatibile con le condizioni stabilite dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale. Tutti i predetti provvedimenti autorizzativi indicano le ore operative approvate per ogni anno del funzionamento residuo degli impianti. In caso di approvazione il gestore è tenuto a presentare ogni anno all’autorità competente un documento in cui è riportata la registrazione delle ore operative utilizzate e quelle non utilizzate che sono state autorizzate per il restante periodo di funzionamento degli impianti (3).

2.2 La richiesta di esenzione di cui al punto precedente decade se il gestore presenta, successivamente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e comunque non oltre il 31 maggio 2007, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all’articolo 273, comma 6, nell’ambito di una richiesta di aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW, la richiesta di esenzione decade se il gestore trasmette all’autorità competente, entro il 1° agosto 2007, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all’articolo 273, comma 7. La richiesta di esenzione non si considera decaduta nel caso in cui l’autorità competente non approvi la relazione tecnica o il progetto di adeguamento

2.3 Gli impianti per cui l’esenzione è stata approvata ai sensi del punto 2.1 e non é decaduta ai sensi del punto 2.2 non possono, in alcun caso, funzionare per più di 20.000 ore operative nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2015 (4).

3. Impianti multicombustibili

3.1 Per gli impianti multicombustibili che comportano l’impiego simultaneo di due o piu’ combustibili, l’autorita’ competente, in sede di autorizzazione, stabilisce i valori limite di emissione per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le polveri e i metalli nei modi previsti dal punto 3.2 o applicando le deroghe previste ai punti 3.3 e 3.4.

3.2. L’autorita’ competente applica la seguente procedura:

a) individuare il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile ed a ciascun inquinante, corrispondente alla potenza termica nominale dell’intero impianto di combustione secondo quanto stabilito dalla Parte II, sezioni da 1 a 6;

b) determinare i valori limite di emissione ponderati per combustibile, moltiplicando ciascuno dei valori limite di emissione di cui alla lettera a) per la potenza termica fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;

c) addizionare i valori limite di emissione ponderati per combustibile.

3.3. In deroga al punto 3.2 l’autorita’ competente, in sede di autorizzazione, puo’ applicare le disposizioni concernenti il combustibile determinante, inteso come il combustibile con il piu’ elevato valore limite di emissione, per gli impianti multi combustibile anteriori al 2013 che utilizzano i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i propri consumi propri dell’installazione, sempre che, durante il funzionamento dell’impianto la proporzione di calore fornito da tale combustibile risulti pari ad almeno il 50% della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili. Se la proporzione del calore fornito dal combustibile determinante e’ inferiore al 50% della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili, l’autorita’ competente determina il valore limite di emissione, applicando la seguente procedura:

a) individuare il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile ed a ciascun inquinante, corrispondente alla potenza termica nominale dell’impianto secondo quanto stabilito dalla parte II, sezioni da 1 a 6;

b) calcolare il valore limite di emissione per il combustibile determinante, inteso come il combustibile con il valore limite di emissione piu’ elevato in base a quanto stabilito dalla parte II, sezioni da 1 a 6, e inteso, in caso di combustibili aventi il medesimo valore limite, come il combustibile che fornisce la quantita’ piu’ elevata di calore. Tale valore limite si ottiene moltiplicando per due il valore limite di emissione del combustibile determinante, previsto dalla parte II, sezioni da 1 a 6, e sottraendo il valore limite di emissione relativo al combustibile con il valore limite di emissione meno elevato;

c) determinare i valori limite di emissione ponderati per combustibile, moltiplicando il valore limite di emissione del combustibile calcolato in base alla lettera b) per la quantita’ di calore fornita da ciascun combustibile determinante, moltiplicando ciascuno degli altri valori limite di emissione per la quantita’ di calore fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;

d) addizionare i valori limite di emissione ponderati per combustibile.

3.4 In alternativa a quanto previsto al punto 3.3, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas, per gli impianti multicombustibili, ricompresi in una installazione che svolge attivita’ di raffinazione, alimentati con i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i consumi propri dell’installazione, l’autorizzazione puo’ applicare un valore limite medio di emissione di anidride solforosa pari a 1.000 mg/Nm3 per gli impianti anteriori al 2002 e pari a 600 mg/Nm3 per gli altri impianti anteriori al 2013.

I valori medi da confrontare con tali valori limite sono calcolati ad una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa, previa detrazione del tenore di vapore acqueo degli effluenti gassosi, e ad un tenore standard di O2 pari al 6% per i combustibili solidi e al 3% per i combustibili liquidi e gassosi, come rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse di biossido di zolfo emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi relativi agli impianti.

Tali valori limite medi sono rispettati se superiori alla media, calcolata su base mensile, delle emissioni di tutti i detti impianti, indipendentemente dalla miscela di combustibili usata, qualora cio’ non determini un aumento delle emissioni rispetto a quelle previste dalle autorizzazioni in atto.

3.5 Per gli impianti multicombustibili che comportano l’impiego alternativo di due o piu’ combustibili, sono applicabili i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 6, corrispondenti a ciascuno dei combustibili utilizzati (5).

4. Monitoraggio e controllo delle emissioni

4.1 A partire dall’entrata in vigore del presente decreto, negli impianti di cui all’articolo 273, commi 3 e 4, di potenza termica nominale pari o superiore a 300MW e negli impianti di cui all’articolo 273, comma 2, di potenza termica nominale pari o superiore a 100MW le misurazioni delle concentrazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell’effluente gassoso, sono effettuate in continuo. La concentrazione di CO negli scarichi gassosi di ogni impianto di combustione alimentato con combustibili gassosi e con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 100 MW e’ misurata in continuo (6).

4.1 Negli impianti di combustione con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 100 MW le misurazioni delle concentrazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell’effluente gassoso sono effettuate in continuo. Se l’impianto con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 100 MW e’ alimentato con combustibili gassosi, anche la misurazione della concentrazione di CO nell’effluente gassoso e’ effettuata in continuo (7).

4.2. In deroga al punto 4.1 le misurazioni continue non sono richieste nei seguenti casi:

a) per il biossido di zolfo e per le polveri degli impianti di combustione alimentati con gas naturale;

b) per il biossido di zolfo degli impianti di combustione alimentate a combustibile liquido con tenore di zolfo noto, in assenza di apparecchiature di desolforazione (8).

4.3. In deroga al punto 4.1, l’autorita’ competente puo’ non richiedere misurazioni continue nei seguenti casi:

a) per gli impianti di combustione con un ciclo di vita inferiore a 10.000 ore di funzionamento;

b) per il biossido di zolfo degli impianti di combustione alimentati con biomassa se il gestore puo’ provare che le emissioni di biossido di zolfo non possono in nessun caso superare i valori limite di emissione previsti dal presente decreto (9).

4.4. Nei casi previsti dai punti 4.2 e 4.3, l’autorita’ competente stabilisce, in sede di autorizzazione, l’obbligo di effettuare misurazioni discontinue degli inquinanti per cui vi e’ la deroga almeno ogni sei mesi ovvero, in alternativa, individua opportune procedure di determinazione per valutare le concentrazioni del biossido di zolfo e delle polveri nelle emissioni. Tali procedure devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualita’ scientifica (10).

4.5. Per gli impianti di combustione alimentati a carbone o lignite, le emissioni di mercurio totale devono essere misurate almeno una volta all’anno (11).

4.6 La modifiche relative al combustibile utilizzato e alle modalita’ di esercizio costituiscono modifica ai sensi dell’articolo 268, comma 1, lettera m). In tal caso l’autorita’ competente valuta anche, in sede di autorizzazione, se rivedere le prescrizioni imposte ai sensi dei punti da 4.1 a 4.5 (12).

4.7. L’autorità competente in sede di autorizzazione può stabilire che le misurazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell’effluente gassoso siano effettuate in continuo anche nei casi non previsti dai paragrafi precedenti.

4.8. Il controllo del livello di inquinanti nelle emissioni degli impianti di combustione e di tutti gli altri parametri stabiliti dal presente decreto deve essere realizzato in conformità alle prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, e alle prescrizioni dell’allegato VI.

4.9. Le autorità competenti stabiliscono, in sede di autorizzazione, le modalità e la periodicità secondo cui i gestori devono informare le stesse autorità circa i risultati delle misurazioni continue, i risultati della verifica del funzionamento delle apparecchiature di misurazione, i risultati delle misurazioni discontinue, nonché circa i risultati di tutte le altre misurazioni effettuate per valutare il rispetto delle pertinenti disposizioni del presente decreto.

4.10. Nel caso di impianti che devono rispondere ai gradi di desolforazione fissati nella parte II sezione 1, l’autorità competente, in sede di autorizzazione, individua opportune procedure di determinazione per valutare le concentrazioni del biossido di zolfo nelle emissioni. Tali procedure devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali o internazionali, che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica. L’autorità competente stabilisce inoltre, in sede di autorizzazione, l’obbligo di effettuare regolari controlli del tenore di zolfo nel combustibile introdotto nell’impianto.

5. Conformità ai valori limite di emissione

5.1. In caso di misurazioni continue, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, lettere A, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che, nelle ore operative, durante un anno civile:

– nessun valore medio mensile supera i pertinenti valori limite di emissione, e

– il 97% di tutte le medie di 48 ore non supera il 110% dei valori limite di emissione previsti per il biossido di zolfo e le polveri, ed il 95% di tutte le medie di 48 ore non supera il 110% dei valori limite di emissione previsti per gli ossidi di azoto (13).

5.2. Nel caso in cui l’autorità competente in sede di rilascio dell’autorizzazione, richieda soltanto misurazioni discontinue o altre opportune procedure di determinazione, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 6, si considerano rispettati se i risultati di ogni serie di misurazioni o delle altre procedure disciplinate nell’allegato VI non superano tali valori limite di emissione.

5.3. I valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, lettere B, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che, nelle ore operative, durante un anno civile, nessun valore medio giornaliero valido supera i pertinenti valori limite di emissione ed il 95% di tutti i valori medi orari convalidati nell’arco dell’anno non supera il 200% dei pertinenti valori limite di emissione (14).

5.4. I valori medi convalidati di cui al punto 5.3. sono determinati in conformità alle prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, paragrafo 5.

6. Anomalie o guasti degli impianti di abbattimento

6.1. L’autorità competente può concedere sospensioni dell’applicazione dei valori limite di emissione di cui all’articolo 273 per il biossido di zolfo, per periodi massimi di sei mesi, a favore degli impianti che, ai fini del rispetto di tali valori utilizzano un combustibile a basso tenore di zolfo e che, a causa di un’interruzione delle forniture dello stesso combustibile, derivante da una grave ed eccezionale difficoltà di reperimento sul mercato, non siano in grado di rispettare i predetti valori limite.

6.2. L’autorità competente può concedere deroghe all’applicazione dei valori limite di emissione previsti dall’articolo 273, a favore degli impianti che normalmente utilizzano soltanto combustibili gassosi e che sarebbero altrimenti soggetti all’obbligo di dotarsi di un dispositivo di depurazione degli effluenti gassosi, nel caso in cui, a causa di una improvvisa interruzione della fornitura di gas, tali impianti debbano eccezionalmente ricorrere all’uso di altri combustibili per un periodo non superiore a 10 giorni o, se esiste una assoluta necessità di continuare le forniture di energia, per un periodo più lungo.

6.3. L’autorità competente, se diversa dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, informa tempestivamente tale Ministero in merito a tutte le sospensioni e le deroghe concesse per i periodi di anomalo funzionamento di cui ai punti 6.1. e 6.2..

6.4. In caso di guasti tali da non permettere il rispetto dei valori limite di emissione, il ripristino funzionale dell’impianto deve avvenire nel più breve tempo possibile e comunque entro le successive 24 ore. In caso di mancato ripristino funzionale l’autorità competente può prescrivere la riduzione o la cessazione dell’attività oppure l’utilizzo di combustibili a minor impatto ambientale rispetto a quelli autorizzati. Un impianto di combustione non può funzionare in assenza di impianti di abbattimento per un periodo complessivo che ecceda le centoventi ore nell’arco di qualsiasi periodo di dodici mesi consecutivi preso in esame. L’autorizzazione prevede l’installazione di idonei sistemi di misurazione dei periodi di funzionamento degli impianti di abbattimento.

6.5. Nei casi in cui siano effettuate misurazioni continue il punto 6.4 si applica soltanto se da tali misurazioni risulti un superamento dei valori limite di emissione previsti negli atti autorizzativi.

6.6. L’autorità competente può concedere deroghe al limite di ventiquattro ore ed al limite di centoventi ore, previsti dal punto 6.4, nei casi in cui sussista la necessità assoluta di mantenere la fornitura energetica e nei casi in cui l’impianto sarebbe sostituito, per il periodo di tempo corrispondente alla durata della deroga, da un impianto in grado di causare un aumento complessivo delle emissioni.

Parte II

Valori limite di emissione

Sezione 1 (15)

Valori limite di emissione di SO2 – Combustibili solidi

A.

1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili solidi, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas:

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combustibili solidi Biomassa Torba
50-100 400 200 300
100-300 250 200 300
> 300 200 200 200

2. In deroga al paragrafo 1, l’autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di biossido di zolfo pari a 800 mg/Nm3 per gli impianti anteriori al 2002 che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all’anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all’autorità competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

B.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combustibili solidi Biomassa Torba
50-100 200 100 200
100-300 100 100 100
> 300 75 75 75

C.

1. Per gli impianti alimentati a combustibili solidi indigeni, se il gestore dimostra che i valori limite di emissione delle lettere A) e B) non possono essere rispettati a causa delle caratteristiche del combustibile, l’autorizzazione può prevedere un grado minimo di desolforazione quantomeno pari ai seguenti valori, intesi come valori limite medi mensili:

Potenza termica nominale totale (MW) Impianti anteriori al 2002 Impianti anteriori al 2013 Altri impianti
50-100 80 % 92 % 93 %
100-300 90 % 92 % 93 %
> 300 96 % (*) 96 % 97 %

(*) per impianti alimentati a scisti bituminosi: 95%

2. Per gli impianti alimentati a combustibili solidi indigeni in cui sono coinceneriti anche rifiuti, se il gestore dimostra che non possono essere rispettati i valori limite Cprocesso per il biossido di zolfo di cui alla parte 4, punti 3.1 o 3.2, dell’Allegato I al Titolo I-bis della Parte Quarta del presente decreto, a causa delle caratteristiche del combustibile, l’autorizzazione può prevedere, in alternativa, un grado minimo di desolforazione quantomeno pari ai valori del precedente paragrafo. In tal caso, il valore Crifiuti di cui a tale parte 4, punto 1, è pari a 0 mg/Nm3.

3. Nei casi previsti dai paragrafi 1 e 2 il gestore, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, é tenuto a presentare all’autorità competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento che riporta il tenore di zolfo del combustibile solido indigeno usato e il grado di desolforazione raggiunto come media mensile; la prima comunicazione indica anche la motivazione tecnica dell’impossibilità di rispettare i valori limite di emissione oggetto di deroga.

Sezione 2 (16)

Valori limite di emissione di SO2 – Combustibili liquidi

A.

1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel:

Potenza termica nominale totale (MWth) valore limite di emissione di SO2 (mg/Nm3)
50-100 350
100-300 250
> 300 200

2. In deroga al paragrafo 1, per gli impianti anteriori al 2002, l’autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di biossido di zolfo pari a 850 mg/Nm3 per gli impianti con potenza non superiore a 300 MW e pari a 400 mg/Nm3 per gli impianti con potenza superiore a 300 MW, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all’anno.. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all’autorità competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

B.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti nuovi, che utilizzano combustibili liquidi ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel:

Potenza termica nominale totale (MWth) valore limite di emissione di SO2 (mg/Nm3)
50-100 350
100-300 200
> 300 150

Sezione 3 (17)

Valori limite di emissione di SO2- Combustibili gassosi

A.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti alimentati a combustibile gassoso ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas:

Gas naturale ed altri gas 35
Gas liquido 5
Gas a basso potere calorifico originati da forni a coke 400
Gas a basso potere calorifico originati da altiforni 200

Per gli impianti di combustione anteriori al 2002 alimentati con gas a basso potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffinerie si applica un limite pari a 800 mg/Nm3.

Sezione 4 (18)

Valori limite di emissione di NOx (misurati come NO2) e di CO

C.

1. Valori limite di emissione di NOx espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 alimentati con combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combustibili solidi Biomassa e torba Combustibili liquidi
50-100 300 [4] 300 [4] 450
100-300 200 [4] 250 [4] 200 [2] [3] [4]
> 300 200 [4] [5] 200 [4] [5] 150 [1] [2] [3] [4] [5]

[1] L’autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 400 mg/Nm3 per impianti anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale superiore a 500 MW, alimentati a combustibile liquido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all’anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all’autorità competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

[2] L’autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm3 per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW che utilizzano residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio ai fini del processo di raffinazione.

[3] L’autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm3 per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW, situati all’interno di installazioni chimiche, alimentati con residui liquidi di produzione di cui non è ammesso il commercio utilizzati ai fini del processo di produzione.

[4] L’autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm3 per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW, alimentati a combustibile solido o liquido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all’anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all’autorità competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

[5] L’autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm3 per impianti di combustione autorizzati prima del 1° luglio 1987, anche se con una potenza termica nominale totale superiore a 500 MW, alimentati a combustibile solido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all’anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all’autorità competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

2. Le turbine a gas (comprese le turbine a gas a ciclo combinato — CCGT) di impianti che utilizzano distillati leggeri e medi come combustibili liquidi sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 90 mg/Nm3 e di CO pari a 100 mg/Nm3.

3. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera A. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all’autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

A-bis 1.

Valori limite di emissione di NOx e di CO espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 15% per le turbine e motori a gas e 3% negli altri casi) che devono essere applicati per gli impianti di combustione alimentati a combustibile gassoso anteriori al 2013:

Tipo impianto NOx CO
alimentato con gas naturale,* ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas 100 100
alimentato con gas di altoforno, gas da forno a coke o gas a basso potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffinerie, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas 200 (300 per impianti anteriori al 2002 di potenza termica totale non superiore ai 500 MW)
alimentato con gas diversi da quelli specificamente previsti dalla presente tabella, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas 200 (300 per impianti anteriori al 2002 di potenza termica totale non superiore ai 500 MW)
Turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale* 50 100
Turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate con gas diversi dal gas naturale* 120
Motori a gas 100 100

* Il gas naturale è il metano presente in natura con non più del 20% in volume di inerti ed altri costituenti.

2. In deroga al paragrafo 1, sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 75 mg/Nm3 le turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale usate:

– in un sistema di produzione combinata di calore e di elettricità che abbia un grado di rendimento globale superiore al 75%;

– in impianti a ciclo combinato che abbiano un grado di rendimento elettrico globale medio annuo superiore al 55%;

– per trasmissioni meccaniche. Per le turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale che non rientrano in una delle categorie di cui sopra e che hanno un grado di efficienza Å‹, determinato alle condizioni ISO di carico base, superiore al 35%, il valore limite di emissione di NOx é pari a 50 x Å‹/35%.

3. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 4, l’autorizzazione può prevedere, per le turbine a gas (comprese le CCGT) anteriori al 2002 che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all’anno, un valore limite di emissione di NOx pari a 150 mg/Nm3 se le turbine sono alimentate a gas naturale e a 200 mg/Nm3 se le turbine sono alimentate con altri gas o combustibili liquidi. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all’autorità competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

4. Per le turbine a gas di potenza termica nominale maggiore o uguale a 300 MW ubicate nelle zone nelle quali i livelli di ossidi di azoto comportano il rischio di superamento dei valori di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa, l’autorizzazione deve prevedere un valore limite di ossidi di azoto pari o inferiore a 40 mg/ Nm3.

5. Le turbine a gas e i motori a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera Abis. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all’autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

B.

1. Valori limite di emissione NOx espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combustibili solidi Biomassa e torba Combustibili liquidi
50-100 150 180 per biomasse solide e torba 200 per biomasse liquide 150
100-300 100 180 per biomasse solide e torba 200 per biomasse liquide 100
> 300 100 150 100

2. Le turbine a gas (comprese le CCGT) che utilizzano distillati leggeri e medi come combustibili liquidi sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 50 mg/Nm3 e di CO pari a 100 mg/Nm3.

3. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera B. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all’autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

B-bis

1.Valori limite di emissione di NOx e CO espressi in mg/Nm3 per impianti di combustione nuovi alimentati a combustibile gassoso (tenore di O2 di riferimento: 15% per le turbine e motori a gas e 3% negli altri casi).

Tipo impianto NOx CO
diverso dalle turbine a gas e dei motori a gas 100 100
Turbine a gas (comprese le CCGT) 30 * 100
Turbine a gas per trasmissione meccanica (comprese le CCGT) (19) 50 * 100
Motori a gas 75 100

*Se il grado di efficienza ŋ, determinato alle condizioni ISO di carico base, supera il 35%, il valore limite di emissione di NOx è pari a 30 x n/35%, o in caso di CCGT utilizzate per trasmissioni meccaniche è pari a 50 x n/35

%. 2. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera B-bis. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all’autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

Sezione 5

Valori limite di emissione delle polveri

A.

1. Valori limite di emissione di polveri espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite ed altri combustibili solidi Biomassa e torba Combustibili liquidi
50-100 30 30 30
100-300 25 20 25
> 300 20 20 20

2. In deroga al paragrafo 1, l’autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di polveri pari a 50 mg/Nm3 per gli impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW che utilizzano residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio ai fini del processo di raffinazione.

B.

1. Valori limite di emissione di polveri, espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Biomassa e torba altri combustibili solidi o liquidi
50-300 18 per biomasse solide e torba 10 per biomasse liquide 20
> 300 18 per biomasse solide e torba 10 per biomasse liquide 10

2. Valori limite di emissione di polveri, espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento 3%) che devono essere applicati a tutti gli impianti che utilizzano combustibili gassosi ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas.

Gas diversi da quelli indicati nella presente tabella 5
Gas di altiforni 10
Gas prodotti dall’industria siderurgica che possono essere usati in stabilimenti diversi da quello di produzione 30

Sezione 5

Valori limite di emissione delle polveri

A.

Valori limite di emissione di polveri espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 (*) di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 1988 e agli impianti anteriori al 2006:

--------------------------------------------------------------------------------
|     Tipo di combustibile     |  Valori limite di emissione polveri (mg/Nm3)  |
|                              |                       (*)                     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Solido                       | 50                                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Liquido                      | 50                                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| Gassoso                      | 5 di regola                                   |
|                              | 10 per i gas di altoforno                     |
|                              | 50 per i gas prodotti dalle acciaierie che    |
|                              | possono essere impiegati altrove              |
--------------------------------------------------------------------------------

B.

Valori limite di emissione di polveri espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 (*) di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti nuovi, ad eccezione delle turbine a gas:

Combustibili solidi

--------------------------------------------------------------------------------
|    Potenza termica nominale (P) (MW)   | Valore limite di emissione polveri  |
|                                        |               (mg/Nm3)              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 50 < uguale P < uguale 100             |                  50                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| P > 100                                |                  30                 |
--------------------------------------------------------------------------------

Combustibili liquidi

--------------------------------------------------------------------------------
|    Potenza termica nominale (P) (MW)   | Valore limite di emissione polveri  |
|                                        |               (mg/Nm3)              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 50 < uguale P < uguale 100             |                  50                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| P > 100                                |                  30                 |
--------------------------------------------------------------------------------

Combustibili gassosi

--------------------------------------------------------------------------------
|      Tipo di combustibile      | Valori limite di emissione polveri (mg/Nm3) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Gas di altiforni               | 10                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Gas prodotti dall'industria    |                                             |
| siderurgica che possono essere |                                             |
| usati altrove                  | 30                                          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Altri gas                      | 5                                           |
--------------------------------------------------------------------------------

Sezione 6

Valori limite di emissione per alcuni metalli e loro composti [10]

Valori limite di emissione di metalli e loro composti espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 (*) di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati a tutti i grandi impianti di combustione.

Impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW e inferiore o pari a 100MW

--------------------------------------------------------------------------------
|                   Inquinante           | Valore limite di emissione (mg/Nm3) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Be                                     | 0.08                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| Cd + Hg + Tl                           | 0.20                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| As + Cr (VI) + Co + Ni (frazione       |                                     |
| respirabile ed insolubile)             | 0.80                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| Se + Te + Ni (sotto forma di polvere)  | 1.60                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| Sb +Cr (III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu  |                                     |
| + Rh + Sn + V                          | 8.00                                |
--------------------------------------------------------------------------------

Impianti di potenza termica nominale superiore a 100MW

--------------------------------------------------------------------------------
|                   Inquinante           | Valore limite di emissione (mg/Nm3) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Be                                     | 0.05                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| Cd + Hg + Tl                           | 0.10                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| As + Cr (VI) + Co + Ni (frazione       |                                     |
| respirabile ed insolubile)             | 0.50                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| Se + Te + Ni (sotto forma di polvere)  | 1.00                                |
--------------------------------------------------------------------------------
| Sb +Cr (III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu  |                                     |
| + Rh + Sn + V                          | 5.00                                |
--------------------------------------------------------------------------------

Sezione 7

Valori limite di emissione di alcuni inquinanti espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 (*) di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) [che devono essere applicati agli impianti anteriori al 1988] (20).

1. Impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW

--------------------------------------------------------------------------------
|                Inquinante              | Valore limite di emissione (mg/Nm3) |
--------------------------------------------------------------------------------
| CO                                     | 250 [11]                            |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze organiche volatili, espresse  |                                     |
| come carbonio totale                   | 300 mg/m3                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| cloro                                  | 5 mg/m3                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| idrogeno solforato                     | 5 mg/m3                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| bromo e suoi composti espressi come    |                                     |
| acido bromidrico:                      | 5 mg/m3                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| fluoro e suoi composti espressi come   |                                     |
| acido fluoridrico                      | 5 mg/m3                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| ammoniaca e composti a base di cloro   |                                     |
| espressi come acido cloridrico:        | 100 mg/m3                           |
--------------------------------------------------------------------------------

2. I valori di emissione per le sostanze cancerogene tossiche per la riproduzione e mutagene e quelle di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate sono quelli riportati nell’allegato I, parte II, punti 1.1 e 1.2.

3. Fatto salvo quanto previsto nella sezione 6, i valori di emissione per le sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere, riportate nell’allegato I, parte II, sono i seguenti:

--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze appartenenti alla classe I    | 0,2 mg/m3                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze appartenenti alla classe II   | 2 mg/m3                             |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze appartenenti alla classe III  | 10 mg/m3                            |
--------------------------------------------------------------------------------

4. I valori di emissione di cui ai punti 1, 2 e 3 costituiscono valori di emissione minimi e massimi coincidenti.

Sezione 8

Misurazione e valutazione delle emissioni

1. Le misurazioni in continuo di cui alla parte I, paragrafo 4, devono essere effettuate contestualmente alla misurazione in continuo dei seguenti parametri di processo: tenore di ossigeno, temperatura, pressione e tenore di vapore acqueo. La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo dell’effluente gassoso può non essere effettuata qualora l’effluente gassoso prelevato sia essiccato prima dell’analisi delle emissioni.

2. Il campionamento e l’analisi dei pertinenti inquinanti e dei parametri di processo e i metodi di misurazione di riferimento per calibrare i sistemi di misura automatici devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO ovvero alle norme nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

3. I sistemi di misurazione continua sono soggetti a verifica mediante misurazioni parallele secondo i metodi di riferimento, almeno una volta all’anno. I gestori informano l’autorita’ competente dei risultati di tale verifica (21).

4. I valori degli intervalli di fiducia al 95% di un singolo risultato di misurazione non possono superare le seguenti percentuali dei valori limite di emissione:

Biossido di zolfo     20%
Ossidi di azoto       20%
Polveri               30%
Monossido di carbonio 10% (22)

5. I valori medi orari e giornalieri convalidati sono determinati in base ai valori medi orari validi misurati previa detrazione del valore dell’intervallo di fiducia di cui al punto 4. Qualsiasi giorno nel quale più di 3 valori medi orari non sono validi, a causa di malfunzionamento o manutenzione del sistema di misure in continuo, non è considerato valido. Se in un anno più di dieci giorni non sono considerati validi per tali ragioni, l’autorità competente per il controllo prescrive al gestore di assumere adeguati provvedimenti per migliorare l’affidabilità del sistema di controllo in continuo.

6. In caso di impianti a cui si applicano i gradi di desolforazione di cui alla sezione 1, lettera C, l’autorizzazione prescrive le modalita’ atte ad assicurare anche un controllo periodico del tenore di zolfo del combustibile utilizzato. Le modifiche relative al combustibile utilizzato costituiscono modifica ai sensi dell’articolo 268, comma 1, lettera m) (23).

Parte III

Modello di trasmissione informazioni a cura del gestore dell’impianto (24)

Parte IV

Determinazione delle emissioni totali di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri per la elaborazione della relazione alla Commissione europea.

1. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio elabora la relazione di cui all’articolo 274, comma 1, sulla base dei dati sulle emissioni totali annue di biossido di zolfo e ossidi d’azoto, trasmessi dai gestori ai sensi dell’articolo 274, comma 4. Qualora si usi il controllo continuo, il gestore dell’impianto di combustione addiziona separatamente, per ogni inquinante, la massa di inquinante emesso quotidianamente, sulla base delle portate volumetriche degli effluenti gassosi. Qualora non si usi il controllo continuo, le stime delle emissioni annue totali sono determinate dal gestore sulla base delle disposizioni di cui alla parte I, paragrafo 4, secondo quanto stabilito dalle autorità competenti in sede di rilascio delle autorizzazioni. Ai fini della trasmissione dei dati previsti dall’articolo 274, le emissioni annue e le concentrazioni delle sostanze inquinanti negli effluenti gassosi sono determinate nel rispetto di quanto stabilito dalle disposizioni della parte I, paragrafi 4 e 5.

[Parte V

Massimali e obiettivi di riduzione di emissioni di SO2 (*) e NOx (*) per gli impianti esistenti

--------------------------------------------------------------------------------
|                                                                 | SO2  | NOx |
|                                                                 |  (*) | (*) |
--------------------------------------------------------------------------------
| Emissioni per i grandi impianti di combustione nel 1980 (Kton)  | 2450 | 580 |
--------------------------------------------------------------------------------
| Massimale di emissione (Kton/anno)                              |      |     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 1993                                                            | 1715 | 570 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 1998                                                            | 1500 | 406 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 2003                                                            |  900 |  -  |
--------------------------------------------------------------------------------
| % di riduzione delle emissioni                                  |      |     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 1993                                                            |  -30 |  -2 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 1998                                                            |  -39 | -30 |
--------------------------------------------------------------------------------
| 2003                                                            |  -63 |  -  |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) è deponente:

O2 = 2 è deponente;

Nox = x è deponente.] (25)

[10] I valori limite di emissione della presente sezione non si applicano agli impianti che utilizzano esclusivamente combustibili gassosi oppure biomasse (26).

[11] L’autorità competente può fissare, per particolari situazioni impiantistiche, un valore limite di emissione maggiore del valore di emissione sopra indicato. Restano in ogni caso fermi i valori limite di CO indicati nella sezione 4, lettere A-bis e B-bis (27).

[12] I dati da riportare sono quelli riferiti ad un singolo punto di emissione.

[13] Esclusivamente per i gestori degli impianti costruiti o autorizzati dopo il 1° luglio 1988.

[14] Calcolato come il prodotto tra la quantità di combustibile utilizzato e il potere calorifico netto del combustibile stesso

(1) Lettera modificata dall’articolo 28, comma 1 , del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(2) Paragrafo aggiunto dall’articolo 28, comma 2, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(3) Punto modificato dall’articolo 28, commi 1 e 3, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(4) Punto modificato dall’articolo 28, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(5) Punto sostituito dall’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(6) Paragrafo modificato dall’articolo 28, comma 5, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, così pubblicato in G.U.

(7) Paragrafo sostituito dall’articolo 28, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 , così pubblicato in G.U.

(8) Paragrafo sostituito dall’articolo 28, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(9) Paragrafo sostituito dall’articolo 28, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(10) Paragrafo sostituito dall’articolo 28, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(11) Paragrafo sostituito dall’articolo 28, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(12) Paragrafo sostituito dall’articolo 28, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(13) Punto modificato dall’articolo 28, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(14) Punto modificato dall’articolo 28, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(15) Sezione sostituita dall’articolo 28, comma 7, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(16) Sezione sostituita dall’articolo 28, comma 7, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(17) Sezione sostituita dall’articolo 28, comma 7, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(18) Sezione sostituita dall’articolo 28, comma 7, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(19) Parole modificate dall’articolo 11, comma 12-ter, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116.

(20) Titolo modificato dall’articolo 28, comma 9, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(21) Paragrafo sostituito dall’articolo 28, comma 10, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(22) Linea aggiunta dall’articolo 28, comma 11, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(23) Paragrafo aggiunto dall’articolo 28, comma 12, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(24) Modello sostituito dall’articolo 28, comma 13, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(25) Parte soppressa dall’articolo 28, comma 14, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(26) Nota modificata dall’articolo 28, comma 8, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(27) Nota modificata dall’articolo 28, comma 9, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 33     

ALLEGATO III ALLA PARTE QUINTA

Emissioni di composti organici volatili

Parte I

Disposizioni generali

1. Definizioni

1.1. Ai fini del presente allegato si intende per:

a) adesivo: qualsiasi miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscelecontenenti solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato per far aderire parti separate di un prodotto (1);

b) inchiostro: un miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti i solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato in un’attività di stampa per imprimere testi o immagini su una superficie (2);

c) input: la quantità di solventi organici e la loro quantità nelle miscele utilizzati nello svolgimento di un’attività; sono inclusi i solventi recuperati all’interno e all’esterno del luogo in cui l’attività è svolta, i quali devono essere registrati tutte le volte in cui sono riutilizzati per svolgere l’attività;

d) miscela: le miscele o le soluzioni composte di due o più sostanze (3);

e) rivestimento: ogni miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato per ottenere su una superficie un effetto decorativo, protettivo o funzionale (4);

f) soglia di produzione: la quantità espressa in numero di pezzi prodotti/anno di cui all’appendice 1 della parte III, riferita alla potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;

g) solvente organico alogenato: un solvente organico che contiene almeno un atomo di bromo, cloro, fluoro o iodio per molecola;

h) vernice: un rivestimento trasparente.

2. Emissioni di sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l’ambiente

2.1. Le sostanze e le miscele alle quali, a causa del loro tenore di COV classificati dal regolamento 1272/2008 come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, sono state assegnate o sulle quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H340, H350, H350i, H360D o H360F o le frasi di rischio R45, R46, R49, R60 o R61, sono sostituite quanto prima con sostanze e miscele meno nocive, tenendo conto delle linee guida della Commissione europea, ove emanate (10) (11).

2.2. Agli effluenti gassosi che emettono i COV di cui al punto 2.1 in una quantità complessivamente uguale o superiore a 10 g/h, si applica un valore limite di 2 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli COV.

2.3. Agli effluenti gassosi che emettono COV ai quali sono state assegnate o sui quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H341 o H351 o ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R40, R68, in una quantita’ complessivamente uguale o superiore a 100 g/h, si applica un valore limite di emissione di 20 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli COV (12) (13).

2.4. Al fine di tutelare la salute umana e l’ambiente, le emissioni dei COV di cui ai punti 2.1 e 2.3 devono essere sempre convogliate.

2.5. Alle emissioni di COV ai quali, successivamente al 12 marzo 2004, sono assegnate etichette con una delle indicazioni di pericolo di cui ai punti 2.1 e 2.3, si applicano, quanto prima, e comunque entro un anno dall’entrata in vigore del provvedimento di attuazione delle relative disposizioni comunitarie, i valori limite di emissione previsti da tali punti. Se il provvedimento di attuazione è anteriore al 31 ottobre 2006 tali valori limite, nei casi previsti dall’articolo 275, commi 8 e 9, si applicano a partire dal 31 ottobre 2007 (14).

3. Controlli

3.1. Il gestore, in conformità alle prescrizioni dell’autorizzazione e, comunque almeno una volta all’anno, fornisce all’autorità competente i dati di cui al punto 4.1 e tutti gli altri dati che consentano di verificare la conformità dell’impianto o delle attività alle prescrizioni del presente decreto.

3.2. Il gestore installa apparecchiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, superiore a 10 kg/h, al fine di verificarne la conformità ai valori limite per le emissioni convogliate. Se tale flusso di massa è inferiore, il gestore effettua misurazioni continue o periodiche, e, nel caso di misurazioni periodiche, assicura almeno tre letture durante ogni misurazione; anche in tal caso l’autorità competente può comunque, ove lo ritenga necessario, richiedere l’installazione di apparecchiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni,

3.3. Per la verifica dei valori limite espressi come concentrazione sono utilizzati i metodi analitici indicati nella parte VI.

3.4. In alternativa alle apparecchiature di cui al punto 3.2, l’autorità competente può consentire l’installazione di strumenti per la misura e per la registrazione in continuo di parametri significativi ed indicativi del corretto stato di funzionamento dei dispositivi di abbattimento.

4. Conformità ai valori limite di emissione

4.1. Il gestore dimostra all’autorità competente, ai sensi del punto 3.1, la conformità delle emissioni:

a) ai valori limite di emissione di cui all’articolo 275, comma 2;

b) all’emissione totale annua di cui all’articolo 275, comma 6;

c) alle disposizioni di cui all’articolo 275, comma 12 e 13, ove applicabili.

4.2. Ai fini dell’applicazione del punto 4.1, il gestore effettua, secondo le prescrizioni dell’autorizzazione e secondo i punti 3.2, 3.3. e 3.4, misurazioni di COV continue o periodiche nelle emissioni convogliate ed elabora e aggiorna, con la periodicità prevista dall’autorizzazione, e comunque almeno una volta all’anno, un piano di gestione dei solventi, secondo le indicazioni contenute nella parte V.

4.3. La conformità delle emissioni ai valori limite del paragrafo 2 è verificata sulla base della somma delle concentrazioni di massa dei singoli COV interessati. In tutti gli altri casi, la conformità delle emissioni ai valori limite di cui all’articolo 275, comma 2, ove non altrimenti previsto nella parte III, è verificata sulla base della massa totale di carbonio organico emesso.

4.3-bis Nel determinare la concentrazione di massa dell’inquinante nell’effluente gassoso non sono presi in considerazione i volumi di gas che possono essere aggiunti, ove tecnicamente giustificato, per scopi di raffreddamento o di diluizione (15).

Parte II

Attività e soglie di consumo di solvente

1. Rivestimento adesivo con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività in cui un adesivo è applicato ad una superficie, ad eccezione dei rivestimenti e dei laminati adesivi nelle attività di stampa.

2. Attività di rivestimento

Qualsiasi attività in cui un film continuo di un rivestimento è applicato in una sola volta o in più volte su:

a) autoveicoli, con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno appartenenti alle categorie definite nel decreto ministeriale 29 marzo 1974, e precisamente:

– autovetture nuove definite come autoveicoli della categoria M1 e della categoria N1, nella misura in cui sono trattati nello stesso impianto con gli autoveicoli M1;

– cabine di autocarri, definite come la cabina per il guidatore e tutto l’alloggiamento integrato per l’apparecchiatura tecnica degli autoveicoli delle categorie N2 e N3;

– furgoni e autocarri, definiti come autoveicoli delle categorie N1, N2 e N3, escluse le cabine di autocarri;

– autobus, definiti come autoveicoli delle categorie M2 e M3.

b) rimorchi, con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno, come definiti nelle categorie O1, O2, O3 e O4 nel decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974;

c) superfici metalliche e di plastica (comprese le superfici di aeroplani, navi, treni), con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;

d) superfici di legno, con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno;

e) superfici tessili, di tessuto, di film e di carta, con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;

f) cuoio, con una soglia di consumo di solvente superiore a 10 tonnellate/anno.

Non è compreso il rivestimento metallico di substrati mediante tecniche di elettroforesi e di spruzzatura chimica. Le fasi di stampa di un substrato inserite in una attività di rivestimento si considerano, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, come parte dell’attività di rivestimento. Le attività di stampa a sé stanti rientrano nel paragrafo 8, nel caso in cui superino le soglie ivi indicate.

3. Verniciatura in continuo di metalli (coil coating) con una soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno

Qualsiasi attività per rivestire acciaio in bobine, acciaio inossidabile, acciaio rivestito, leghe di rame o nastro di alluminio con rivestimento filmogeno o rivestimento con lamine in un processo in continuo.

4. Pulitura a secco

Qualsiasi attività industriale o commerciale che utilizza COV in un impianto di pulitura di indumenti, di elementi di arredamento e di prodotti di consumo analoghi, ad eccezione della rimozione manuale di macchie e di chiazze nell’industria tessile e dell’abbigliamento.

5. Fabbricazione di calzature con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di produzione di calzature, o di parti di esse.

6. Fabbricazione di miscele per rivestimenti, vernici, inchiostri e adesivi con una soglia di consumo di solvente superiore a 100 tonnellate/anno (5).

La fabbricazione dei prodotti finali sopra indicati e di quelli intermedi se effettuata nello stesso luogo, mediante miscela di pigmenti, di resine e di materiali adesivi con solventi organici o altre basi, comprese attività di dispersione e di dispersione preliminare, di correzione di viscosità e di tinta, nonché operazioni di riempimento del contenitore con il prodotto finale.

7. Fabbricazione di prodotti farmaceutici con una soglia di consumo di solvente superiore a 50 tonnellate/anno.

Sintesi chimica, fermentazione, estrazione, formulazione e finitura di prodotti farmaceutici e, se effettuata nello stesso luogo, la fabbricazione di prodotti intermedi.

8. Stampa

Qualsiasi attività di riproduzione di testi o di immagini nella quale, mediante un supporto dell’immagine, l’inchiostro è trasferito su qualsiasi tipo di superficie, incluse le tecniche correlate di verniciatura, di rivestimento e di laminazione, limitatamente ai seguenti processi, purché il consumo di solvente sia superiore alle soglie indicate:

a) flessografia intesa come un’attività di stampa rilievografica, con un supporto dell’immagine di gomma o di fotopolimeri elastici, in cui la zona stampante si trova al di sopra della zona non stampante, che impiega inchiostri a bassa viscosità che seccano mediante evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

b) Offset intesa come un’attività di stampa con sistema a bobina con un supporto dell’immagine in cui la zona stampante e quella non stampante sono sullo stesso piano. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il materiale da stampare non è immesso nella macchina in lamine separate, ma attraverso una bobina. La zona non stampante è trattata in modo da attirare acqua e, quindi, respingere inchiostro. La zona stampante è trattata per assorbire e per trasmettere inchiostro sulla superficie da stampare. L’evaporazione avviene in un forno dove si utilizza aria calda per riscaldare il materiale stampato.

c) Laminazione associata all’attività di stampa intesa come un’attività in cui si opera l’adesione di due o più materiali flessibili per produrre laminati. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

d) Rotocalcografia per pubblicazioni intesa come rotocalcografia per stampare carta destinata a riviste, a opuscoli, a cataloghi o a prodotti simili, usando inchiostri a base di toluene. Soglia di consumo di solvente: >25 tonnellate/anno.

e) Rotocalcografia intesa come un’attività di stampa incavografica nella quale il supporto dell’immagine è un cilindro in cui la zona stampante si trova al di sotto della zona non stampante e vengono usati inchiostri liquidi che asciugano mediante evaporazione. Le cellette sono riempite con inchiostro e l’eccesso è rimosso dalla zona non stampante prima che la zona stampante venga a contatto del cilindro ed assorba l’inchiostro dalle cellette. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

f) Offset dal rotolo intesa come un’attività di stampa con sistema a bobina, nella quale l’inchiostro è trasferito sulla superficie da stampare facendolo passare attraverso un supporto dell’immagine poroso in cui la zona stampante è aperta e quella non stampante è isolata ermeticamente, usando inchiostri liquidi che seccano soltanto mediante evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il materiale da stampare non è immesso nella macchina in lamine separate, ma attraverso una bobina.

g) Laccatura intesa come un’attività di applicazione di una vernice o di un rivestimento adesivo ad un materiale flessibile in vista della successiva sigillatura del materiale di imballaggio. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

9. Conversione di gomma con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di miscela, di macinazione, di dosaggio, di calandratura, di estrusione e di vulcanizzazione di gomma naturale o sintetica e ogni operazione ausiliaria per trasformare gomma naturale o sintetica in un prodotto finito.

10. Pulizia di superficie, con una soglia di consumo di solvente superiore a 1 tonnellata/anno nel caso si utilizzino i COV di cui al paragrafo 2 della parte I del presente allegato e superiore a 2 tonnellate/anno negli altri casi.

Qualsiasi attività, a parte la pulitura a secco, che utilizza solventi organici per eliminare la contaminazione dalla superficie di materiali, compresa la sgrassatura, anche effettuata in più fasi anteriori o successive ad altre fasi di lavorazione. E’ incussa la pulizia della superficie dei prodotti. E’ esclusa la pulizia dell’attrezzatura.

11. Estrazione di olio vegetale e grasso animale e attività di raffinazione di olio vegetale con una soglia di consumo di solvente superiore a 10 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di estrazione di olio vegetale da semi e da altre sostanze vegetali, la lavorazione di residui secchi per la produzione di mangimi, la depurazione di grassi e di olii vegetali ricavati da semi, da sostanze vegetali o da sostanze animali.

12. Finitura di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività industriale o commerciale di rivestimento nonché attività associata di sgrassatura riguardante:

a) il rivestimento di autoveicoli, come definiti nel decreto ministeriale 29 marzo 1974, o parti di essi, eseguito a fini di riparazione, di manutenzione o di decorazione al di fuori degli stabilimenti di produzione;

b) il rivestimento originale di autoveicoli come definiti nel decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974, o parti di essi, con rivestimenti del tipo usato per la finitura se il trattamento è eseguito al di fuori della linea originale di produzione;

c) il rivestimento di rimorchi, compresi i semirimorchi (categoria 0).

13. Rivestimento di filo per avvolgimento con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di rivestimento di conduttori metallici usati per avvolgimenti di trasformatori, di motori, e altre apparecchiature simili.

14. Impregnazione del legno con una soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di applicazione al legno di antisettici.

15. Stratificazione di legno e plastica con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività in cui si opera l’adesione di legno con legno, di plastica con plastica o di legno con plastica, per produrre laminati.

Parte III

Valori limite di emissione

Tabella 1

--------------------------------------------------------------------------------
|    |  Attività  | Soglie di |   Valori  | Valori |   Valori   | Disposizioni |
|    | (soglie di |  consumo  |   limite  | limite |   limite   |   speciali   |
|    | consumo di |     di    |   per le  | per le |     di     |              |
|    | solvente in| solvente  | emissioni | emis-  | emissione  |              |
|    | tonnellate/|(tonn/anno)|convogliate| sioni  |   totale   |              |
|    |   anno)    |           | (mgC/Nm3) | diffuse|            |              |
|    |            |           |           | (% di  |            |              |
|    |            |           |           | input  |            |              |
|    |            |           |           | di sol-|            |              |
|    |            |           |           | vente) |            |              |
--------------------------------------------------------------------------------
|  1 | Stampa     | <= 25 (*) |    100    |  30[1] |L'eventuale | [1] Il       |
|    | offset     |  > 25     |     20    |  30[1] | valore     | residuo di   |
|    | (>15)      |           |           |        | limite di  | solvente nel |
|    |            |           |           |        | emissione  | prodotto     |
|    |            |           |           |        | totale si  | finito non va|
|    |            |           |           |        | determina  | considerato  |
|    |            |           |           |        | secondo la | parte delle  |
|    |            |           |           |        | procedura  | emissioni    |
|    |            |           |           |        | indicata   | diffuse      |
|    |            |           |           |        | nella      |              |
|    |            |           |           |        | parte IV   |              |
--------------------------------------------------------------------------------
|  2 | Rotocalco- |           |     75    |  10[1] | L'eventuale| Per le       |
|    | grafia per |           |           |        | valore     | attività di  |
|    | pubblica-  |           |           |        | limite di  | cui          |
|    | zioni      |           |           |        | emissione  | all'articolo |
|    | (>25)      |           |           |        | totale si  | 275, commi 8 |
|    |            |           |           |        | determina  | e 9 si       |
|    |            |           |           |        | secondo la | applica un   |
|    |            |           |           |        | procedura  | valore       |
|    |            |           |           |        | indicata   | limite di    |
|    |            |           |           |        | nella      | emissione    |
|    |            |           |           |        | parte IV   | diffusa pari |
|    |            |           |           |        |            | al 15% di    |
|    |            |           |           |        |            | input di     |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 3.1| Altri tipi | <= 25 (*) |    100    |   25   | L'eventuale|              |
|    | di rotocal-|  > 25     |    100    |   20   | valore     |              |
|    | cografia,  |           |           |        | limite di  |              |
|    | flessogra- |           |           |        | emissione  |              |
|    | fia, offset|           |           |        | totale si  |              |
|    | dal rotolo,|           |           |        | determina  |              |
|    | unità di   |           |           |        | secondo la |              |
|    | laminazione|           |           |        | procedura  |              |
|    | o laccatura|           |           |        | indicata   |              |
|    | (>15)      |           |           |        | nella      |              |
|    |            |           |           |        | parte IV   |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 3.2| offset dal |           |    100    |   20   | L'eventuale|              |
|    | rotolo su  |           |           |        | valore     |              |
|    | tessili/   |           |           |        | limite di  |              |
|    | cartone    |           |           |        | emissione  |              |
|    | (>30)      |           |           |        | totale si  |              |
|    |            |           |           |        | determina  |              |
|    |            |           |           |        | secondo la |              |
|    |            |           |           |        | procedura  |              |
|    |            |           |           |        | indicata   |              |
|    |            |           |           |        | nella      |              |
|    |            |           |           |        | parte IV   |              |
--------------------------------------------------------------------------------
|  4 | Pulizia di | <= 5 (*)  |   20[2]   |   15   | L'eventuale| [1] Qualora  |
|    | superficie |  > 5      |   20[2]   |   10   | valore     | siano        |
|    | [1].       |           |           |        | limite di  | utilizzati i |
|    | (>1)       |           |           |        | emissione  | composti     |
|    |            |           |           |        | totale si  | specificati  |
|    |            |           |           |        | determina  | alla parte I,|
|    |            |           |           |        | secondo la | punti 2.1 e  |
|    |            |           |           |        | procedura  | 2.3.         |
|    |            |           |           |        | indicata   | [2] Il limite|
|    |            |           |           |        | nella      | si riferisce |
|    |            |           |           |        | parte IV   | alla massa di|
|    |            |           |           |        |            | composti in  |
|    |            |           |           |        |            | mg/Nm3, e non|
|    |            |           |           |        |            | al carbonio  |
|    |            |           |           |        |            | totale.      |
--------------------------------------------------------------------------------
|  5 | Altri tipi | <= 10 (*) |   75[1]   |  20[1] | L'eventuale| [1] I gestori|
|    | di pulizia |  > 10     |   75[1]   |  15[1] | valore     | che          |
|    | di         |           |           |        | limite di  | dimostrano   |
|    | superficie |           |           |        | emissione  | all'autorità |
|    | (>2)       |           |           |        | totale si  | competente   |
|    |            |           |           |        | determina  | che il tenore|
|    |            |           |           |        | secondo la | medio di     |
|    |            |           |           |        | procedura  | solvente     |
|    |            |           |           |        | indicata   | organico di  |
|    |            |           |           |        | nella      | tutti i      |
|    |            |           |           |        | parte IV   | materiali da |
|    |            |           |           |        |            | pulizia usati|
|    |            |           |           |        |            | non supera il|
|    |            |           |           |        |            | 30% in peso  |
|    |            |           |           |        |            | sono         |
|    |            |           |           |        |            | esonerati    |
|    |            |           |           |        |            | dall'applica-|
|    |            |           |           |        |            | re questi    |
|    |            |           |           |        |            | valori       |
--------------------------------------------------------------------------------
| 6.1| Rivestimen-| <= 15 (*) |   50[1]   |   25   | L'eventuale| [1] Per tale |
|    | to di      |           |           |        | valore     | attività la  |
|    | autoveicoli|           |           |        | limite di  | conformità al|
|    | (>0,5)     |           |           |        | emissione  | valore limite|
|    |            |           |           |        | totale si  | nel caso di  |
|    |            |           |           |        | determina  | misurazioni  |
|    |            |           |           |        | secondo la | continue     |
|    |            |           |           |        | procedura  | essere       |
|    |            |           |           |        | indicata   | dimostrata   |
|    |            |           |           |        | nella      | sulla base   |
|    |            |           |           |        | parte IV   | delle medie  |
|    |            |           |           |        |            | di 15 minuti |
--------------------------------------------------------------------------------
| 6.2| Rivestimen-|   > 15    |           |        | vedi       |              |
|    | to di      |           |           |        | appendice 1|              |
|    | autoveicoli|           |           |        |            |              |
|    | (>15)      |           |           |        |            |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 6.3| Finitura di|           |   50[1]   |   25   | L'eventuale| [1] Per tale |
|    | autoveicoli|           |           |        | valore     | attività, la |
|    | (>0,5)     |           |           |        | limite di  | conformità al|
|    |            |           |           |        | emissione  | valore limite|
|    |            |           |           |        | totale si  | nel caso di  |
|    |            |           |           |        | determina  | misurazioni  |
|    |            |           |           |        | secondo la | continue deve|
|    |            |           |           |        | procedura  | essere       |
|    |            |           |           |        | indicata   | dimostrata   |
|    |            |           |           |        | nella      | sulla base   |
|    |            |           |           |        | parte IV   | delle medie  |
|    |            |           |           |        |            | di 15 minuti.|
--------------------------------------------------------------------------------
|  7 | Vernicia-  |           |   50[1]   |  5[2]  | L'eventuale| [1] Per gli  |
|    | tura in    |           |           |        | valore     | impianti che |
|    | continuo   |           |           |        | limite di  | usano        |
|    | (coil      |           |           |        | emissione  | tecniche che |
|    | coating)   |           |           |        | totale si  | consentono di|
|    | (>25)      |           |           |        | determina  | riutilizzare |
|    |            |           |           |        | secondo la | i solventi   |
|    |            |           |           |        | procedura  | recuperati,  |
|    |            |           |           |        | indicata   | il limite di |
|    |            |           |           |        | nella      | emissione è  |
|    |            |           |           |        | parte IV   | 150mgC/Nm3   |
|    |            |           |           |        |            | [2] Per le   |
|    |            |           |           |        |            | attività di  |
|    |            |           |           |        |            | cui          |
|    |            |           |           |        |            | all'articolo |
|    |            |           |           |        |            | 275, commi 8 |
|    |            |           |           |        |            | e 9 si       |
|    |            |           |           |        |            | applica un   |
|    |            |           |           |        |            | valore limite|
|    |            |           |           |        |            | di emissione |
|    |            |           |           |        |            | diffusa pari |
|    |            |           |           |        |            | al 10% di    |
|    |            |           |           |        |            | input di     |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
--------------------------------------------------------------------------------
|  8 | Altri      | <= 15 (*) | 100[1][4] |  25[4] | L'eventuale| [1] Il valore|
|    | rivesti-   |  > 15     |  50/75[2] |  20[4] | valore     | limite di    |
|    | menti,     |           |   [3][4]  |        | limite di  | emissione    |
|    | compreso il|           |           |        | emissione  | concerne     |
|    | rivestimen-|           |           |        | totale si  | l'applica-   |
|    | to di      |           |           |        | determina  | zione del    |
|    | metalli,   |           |           |        | secondo la | rivestimento |
|    | plastica,  |           |           |        | procedura  | e i processi |
|    | tessili    |           |           |        | indicata   | di essicca-  |
|    | [5],       |           |           |        | nella      | zione con    |
|    | tessuti,   |           |           |        | parte IV   | emissioni    |
|    | film e     |           |           |        |            | convogliate. |
|    | carta (>5) |           |           |        |            | [2] Il primo |
|    |            |           |           |        |            | valore limite|
|    |            |           |           |        |            | di emissione |
|    |            |           |           |        |            | concerne i   |
|    |            |           |           |        |            | processi di  |
|    |            |           |           |        |            | essiccazione,|
|    |            |           |           |        |            | il secondo i |
|    |            |           |           |        |            | processi di  |
|    |            |           |           |        |            | applicazione |
|    |            |           |           |        |            | del          |
|    |            |           |           |        |            | rivestimento.|
|    |            |           |           |        |            | [3] Per gli  |
|    |            |           |           |        |            | impianti di  |
|    |            |           |           |        |            | rivestimento |
|    |            |           |           |        |            | di tessili   |
|    |            |           |           |        |            | che applicano|
|    |            |           |           |        |            | tecniche che |
|    |            |           |           |        |            | consentono di|
|    |            |           |           |        |            | riutilizzare |
|    |            |           |           |        |            | i solventi   |
|    |            |           |           |        |            | recuperati,  |
|    |            |           |           |        |            | il limite di |
|    |            |           |           |        |            | emissione    |
|    |            |           |           |        |            | applicato ai |
|    |            |           |           |        |            | processi di  |
|    |            |           |           |        |            | applicazione |
|    |            |           |           |        |            | del rivesti- |
|    |            |           |           |        |            | mento e di   |
|    |            |           |           |        |            | essiccazione |
|    |            |           |           |        |            | considerati  |
|    |            |           |           |        |            | insieme è di |
|    |            |           |           |        |            | 150.         |
|    |            |           |           |        |            | [4] Le       |
|    |            |           |           |        |            | attività di  |
|    |            |           |           |        |            | rivestimento |
|    |            |           |           |        |            | le cui       |
|    |            |           |           |        |            | emissioni di |
|    |            |           |           |        |            | COV non      |
|    |            |           |           |        |            | possono      |
|    |            |           |           |        |            | essere       |
|    |            |           |           |        |            | convogliate  |
|    |            |           |           |        |            | (come la     |
|    |            |           |           |        |            | costruzione  |
|    |            |           |           |        |            | di navi, la  |
|    |            |           |           |        |            | verniciatura |
|    |            |           |           |        |            | di aerei)    |
|    |            |           |           |        |            | possono      |
|    |            |           |           |        |            | essere       |
|    |            |           |           |        |            | esonerate da |
|    |            |           |           |        |            | questi       |
|    |            |           |           |        |            | valori, alle |
|    |            |           |           |        |            | condizioni di|
|    |            |           |           |        |            | cui          |
|    |            |           |           |        |            | all'articolo |
|    |            |           |           |        |            | 275 comma 13.|
|    |            |           |           |        |            | [5] L'offset |
|    |            |           |           |        |            | dal rotolo su|
|    |            |           |           |        |            | tessili      |
|    |            |           |           |        |            | ricade nel   |
|    |            |           |           |        |            | punto 3.2    |
--------------------------------------------------------------------------------
|  9 | Rivesti-   |           |           |        | 10 g/kg [1]| [1] Si       |
|    | mento di   |           |           |        |  5 g/kg [2]| applica agli |
|    | filo per   |           |           |        |            | impianti dove|
|    | avvolgi-   |           |           |        |            | il diametro  |
|    | mento (>5) |           |           |        |            | medio del    |
|    |            |           |           |        |            | filo è       |
|    |            |           |           |        |            | <=0,1mm (*)  |
|    |            |           |           |        |            | [2] Si       |
|    |            |           |           |        |            | applica a    |
|    |            |           |           |        |            | tutti gli    |
|    |            |           |           |        |            | altri        |
|    |            |           |           |        |            | impianti.    |
--------------------------------------------------------------------------------
| 10 | Rivesti-   | <= 25 (*) |  100 [1]  |   25   | L'eventuale| [1] Il limite|
|    | mento delle|  > 25     | 50/75 [2] |   20   | valore     | di emissione |
|    | superfici  |           |           |        | limite di  | si applica ai|
|    | di legno   |           |           |        | emissione  | processi di  |
|    | (>15)      |           |           |        | totale si  | applicazione |
|    |            |           |           |        | determina  | di rivesti-  |
|    |            |           |           |        | secondo la | mento ed     |
|    |            |           |           |        | procedura  | essiccazione |
|    |            |           |           |        | indicata   | aventi       |
|    |            |           |           |        | nella      | emissioni    |
|    |            |           |           |        | parte IV   | convogliate. |
|    |            |           |           |        |            | [2] Il primo |
|    |            |           |           |        |            | valore       |
|    |            |           |           |        |            | concerne i   |
|    |            |           |           |        |            | processi di  |
|    |            |           |           |        |            | essiccazione |
|    |            |           |           |        |            | e il secondo |
|    |            |           |           |        |            | quelli di    |
|    |            |           |           |        |            | applicazione |
|    |            |           |           |        |            | del          |
|    |            |           |           |        |            | rivestimento.|
--------------------------------------------------------------------------------
| 11 | Pulitura a |           |           |        |  20 g/kg   | [1] Espressa |
|    | secco      |           |           |        |   [1] [2]  | in massa di  |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
|    |            |           |           |        |            | emesso per   |
|    |            |           |           |        |            | chilogrammo  |
|    |            |           |           |        |            | di prodotto  |
|    |            |           |           |        |            | pulito e     |
|    |            |           |           |        |            | asciugato.   |
|    |            |           |           |        |            | [2] Il limite|
|    |            |           |           |        |            | di emissione |
|    |            |           |           |        |            | di cui alla  |
|    |            |           |           |        |            | parte I,     |
|    |            |           |           |        |            | punto 2.3,   |
|    |            |           |           |        |            | non si       |
|    |            |           |           |        |            | applica a    |
|    |            |           |           |        |            | questo       |
|    |            |           |           |        |            | settore.     |
--------------------------------------------------------------------------------
| 12 | Impregna-  |           |  100[1]   |   45   |  11 kg/m3  |[1] Non si    |
|    | zione del  |           |           |        |            | applica      |
|    | legno (>25)|           |           |        |            | all'impre-   |
|    |            |           |           |        |            | gnazione con |
|    |            |           |           |        |            | creosoto     |
--------------------------------------------------------------------------------
|13.1| Rivesti-   | <= 25 (*) |           |        |   85 g/m2  | I valori di  |
|    | mento di   |  > 25     |           |        |   75 g/m2  | emissione    |
|    | cuoio (ad  |           |           |        |            | sono espressi|
|    | esclusione |           |           |        |            | in grammi di |
|    | degli      |           |           |        |            | solvente     |
|    | articoli   |           |           |        |            | emesso per m2|
|    | previsti al|           |           |        |            | di cuoio     |
|    | punto 13.2)|           |           |        |            | rivestito    |
|    | (>10)      |           |           |        |            | durante la   |
|    |            |           |           |        |            | produzione   |
--------------------------------------------------------------------------------
|13.2| Rivesti-   |           |           |        |  150 g/m2  | I valori di  |
|    | mento di   |           |           |        |            | emissione    |
|    | cuoio per  |           |           |        |            | sono espressi|
|    | articoli di|           |           |        |            | in grammi di |
|    | arredamento|           |           |        |            | solvente     |
|    | e piccola  |           |           |        |            | emesso per m2|
|    | pelletteria|           |           |        |            | di cuoio     |
|    | (es. borse,|           |           |        |            | rivestito    |
|    | cinture,   |           |           |        |            | durante la   |
|    | portafogli,|           |           |        |            | produzione   |
|    | ecc. ...)  |           |           |        |            |              |
|    | (>10)      |           |           |        |            |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 14 | Fabbrica-  |           |           |        |    25 g    | I valori     |
|    | zione di   |           |           |        |  per paio  | limite di    |
|    | calzature  |           |           |        |            | emissione    |
|    | (>5)       |           |           |        |            | totale sono  |
|    |            |           |           |        |            | espressi in  |
|    |            |           |           |        |            | grammi di    |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
|    |            |           |           |        |            | emesso per   |
|    |            |           |           |        |            | paio completo|
|    |            |           |           |        |            | di calzature |
|    |            |           |           |        |            | prodotto.    |
--------------------------------------------------------------------------------
| 15 | Stratifica-|           |           |        |   30 g/m2  |              |
|    | zione di   |           |           |        |            |              |
|    | legno e    |           |           |        |            |              |
|    | plastica   |           |           |        |            |              |
|    | (>5)       |           |           |        |            |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 16 | Rivesti-   | <= 15 (*) |   50[1]   |   25   | L'eventuale| [1] Se sono  |
|    | menti      |  > 15     |   50[1]   |   20   | valore     | applicate    |
|    | adesivi    |           |           |        | limite di  | tecniche che |
|    | (>5)       |           |           |        | emissione  | consentono il|
|    |            |           |           |        | totale si  | riuso del    |
|    |            |           |           |        | determina  | solvente     |
|    |            |           |           |        | secondo la | recuperato,  |
|    |            |           |           |        | procedura  | il valore    |
|    |            |           |           |        | indicata   | limite di    |
|    |            |           |           |        | nella      | emissione    |
|    |            |           |           |        | parte IV   | negli        |
|    |            |           |           |        |            | scarichi     |
|    |            |           |           |        |            | gassosi è    |
|    |            |           |           |        |            | 150.         |
--------------------------------------------------------------------------------
| 17 | Fabbrica-  | <= 1000(*)|    150    |    5   | 5% di input| Il valore di |
|(6) | zione di   |           |           |        | di consumo | emissioni    |
|    | miscele    |           |           |        | massimo    | diffuse non  |
|    | per        |           |           |        | teorico di | comprende il |
|    | rivesti-   |           |           |        | solvente   | solvente     |
|    | menti,     |  > 1000   |    150    |    3   | 3% di input| venduto, come|
|    | vernici,   |           |           |        | di consumo | parte di un  |
|    | inchiostri |           |           |        | massimo    | miscela   per|
|    | e adesivi  |           |           |        | teorico di | rivestimenti,|
|    | (>100)     |           |           |        | solvente   | in un        |
|    |            |           |           |        |            | contenitore  |
|    |            |           |           |        |            | sigillato.   |
|    |            |           |           |        |            |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 18 | Conversione|           |   20 [1]  | 25 [2] |25% di input| [1] Se si    |
|(7) | della gomma|           |           |        | di consumo | applicano    |
|    | (>15)      |           |           |        | massimo    | tecniche che |
|    |            |           |           |        | teorico di | consentono il|
|    |            |           |           |        | solvente   | riuso del    |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
|    |            |           |           |        |            | recuperato,  |
|    |            |           |           |        |            | il valore    |
|    |            |           |           |        |            | limite di    |
|    |            |           |           |        |            | emissione    |
|    |            |           |           |        |            | negli        |
|    |            |           |           |        |            | scarichi     |
|    |            |           |           |        |            | gassosi è    |
|    |            |           |           |        |            | 150.         |
|    |            |           |           |        |            | [2] Il valore|
|    |            |           |           |        |            | di emissione |
|    |            |           |           |        |            | diffusa non  |
|    |            |           |           |        |            | comprende il |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
|    |            |           |           |        |            | venduto, come|
|    |            |           |           |        |            | parte di     |
|    |            |           |           |        |            | prodotti o   |
|    |            |           |           |        |            | miscele  ,   |
|    |            |           |           |        |            | in un        |
|    |            |           |           |        |            | contenitore  |
|    |            |           |           |        |            | sigillato.   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 19 | Estrazione |           |           |        | Grasso     | [1] L'autori-|
|    | di olio    |           |           |        | animale    | tà competente|
|    | vegetale e |           |           |        | 1,5 kg/tonn| stabilisce,  |
|    | grasso     |           |           |        |            | caso per     |
|    | animale e  |           |           |        | Ricino     | caso,        |
|    | attività di|           |           |        | 3,0 kg/tonn| applicando le|
|    | raffina-   |           |           |        |            | migliori     |
|    | zione di   |           |           |        | colza      | tecniche     |
|    | olio       |           |           |        | 1,0 kg/tonn| disponibili, |
|    | vegetale   |           |           |        |            | i valori     |
|    | (>10)      |           |           |        | semi di    | limite di    |
|    |            |           |           |        | girasole   | emissione    |
|    |            |           |           |        | 1,0 kg/tonn| totale da    |
|    |            |           |           |        |            | applicare nei|
|    |            |           |           |        | semi di    | casi in cui  |
|    |            |           |           |        | soia (fran-| gli impianti |
|    |            |           |           |        | tumazione  | utilizzino   |
|    |            |           |           |        | normale)   | singole      |
|    |            |           |           |        | 0,8 kg/tonn| partite di   |
|    |            |           |           |        |            | semi o di    |
|    |            |           |           |        | semi di    | sostanze     |
|    |            |           |           |        | soia       | vegetali     |
|    |            |           |           |        | (fiocchi   | dello stesso |
|    |            |           |           |        | bianchi)   | tipo.        |
|    |            |           |           |        | 1,2 kg/tonn| [2] Si       |
|    |            |           |           |        |            | applica a    |
|    |            |           |           |        | altri semi | tutti i      |
|    |            |           |           |        | e altre    | processi di  |
|    |            |           |           |        | sostanze   | frazionamento|
|    |            |           |           |        | vegetali   | ad esclusione|
|    |            |           |           |        | 3 kg/tonn  | della demu-  |
|    |            |           |           |        | [1]        | cillaginazio-|
|    |            |           |           |        | 1,5 kg/tonn| ne (elimina- |
|    |            |           |           |        | [2]        | zione delle  |
|    |            |           |           |        | 4 kg/tonn  | materie      |
|    |            |           |           |        | [3]        | gommose      |
|    |            |           |           |        |            | dall'olio).  |
|    |            |           |           |        |            | [3] Si       |
|    |            |           |           |        |            | applica alla |
|    |            |           |           |        |            | demucilla-   |
|    |            |           |           |        |            | ginazione.   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 20 | Fabbrica-  |           |   20 [1]  |    5   | 5% di input| [1] Se si    |
|(8) | zione di   |           |           | [2] [3]| di consumo | applicano    |
|    | prodotti   |           |           |        | massimo    | tecniche che |
|    | farmaceu-  |           |           |        | teorico di | consentono il|
|    | tici (>50) |           |           |        | solvente   | riuso del    |
|    |            |           |           |        | [4]        | solvente     |
|    |            |           |           |        |            | recuperato,  |
|    |            |           |           |        |            | il valore    |
|    |            |           |           |        |            | limite di    |
|    |            |           |           |        |            | emissione    |
|    |            |           |           |        |            | negli        |
|    |            |           |           |        |            | scarichi     |
|    |            |           |           |        |            | gassosi è    |
|    |            |           |           |        |            | 150mg/Nm3    |
|    |            |           |           |        |            | [2] Il valore|
|    |            |           |           |        |            | limite di    |
|    |            |           |           |        |            | emissione    |
|    |            |           |           |        |            | diffusa non  |
|    |            |           |           |        |            | comprende il |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
|    |            |           |           |        |            | venduto come |
|    |            |           |           |        |            | parte di     |
|    |            |           |           |        |            | prodotti o   |
|    |            |           |           |        |            | miscele   in |
|    |            |           |           |        |            | un contenito-|
|    |            |           |           |        |            | re sigillato.|
|    |            |           |           |        |            | [3] Per le   |
|    |            |           |           |        |            | attività di  |
|    |            |           |           |        |            | cui          |
|    |            |           |           |        |            | all'articolo |
|    |            |           |           |        |            | 275, commi 8 |
|    |            |           |           |        |            | e 9 si       |
|    |            |           |           |        |            | applica un   |
|    |            |           |           |        |            | valore limite|
|    |            |           |           |        |            | di emissione |
|    |            |           |           |        |            | diffusa pari |
|    |            |           |           |        |            | al 15% di    |
|    |            |           |           |        |            | input di     |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
|    |            |           |           |        |            | [4] Per le   |
|    |            |           |           |        |            | attività di  |
|    |            |           |           |        |            | cui          |
|    |            |           |           |        |            | all'articolo |
|    |            |           |           |        |            | 275, commi 8 |
|    |            |           |           |        |            | e 9 si       |
|    |            |           |           |        |            | applica un   |
|    |            |           |           |        |            | valore limite|
|    |            |           |           |        |            | di emissione |
|    |            |           |           |        |            | totale pari  |
|    |            |           |           |        |            | al 15% di    |
|    |            |           |           |        |            | consumo      |
|    |            |           |           |        |            | massimo      |
|    |            |           |           |        |            | teorico di   |
|    |            |           |           |        |            | solvente     |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) <= minore uguale                                                         |
--------------------------------------------------------------------------------

Appendice 1

Attività di rivestimento di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno

1. I valori limite di emissione totale sono, a scelta del gestore, espressi in grammi di solvente emesso per metro quadrato di superficie del prodotto o in chilogrammi di solvente emesso rapportati alla carrozzeria del singolo veicolo.

2. La superficie di ogni prodotto di cui alla tabella sottostante è alternativamente definita come:

– la superficie calcolata sulla base del rivestimento per elettroforesi totale più la superficie di tutte le parti eventualmente aggiunte nelle fasi successive del processo di rivestimento, se rivestite con gli stessi rivestimenti usati per il prodotto in questione,

oppure

– la superficie totale del prodotto rivestito nell’impianto.

2.1 La superficie del rivestimento per elettroforesi è calcolata con la formula:

(2 x peso totale della scocca) / (spessore medio della lamiera x densità della lamiera)

Nello stesso modo si calcola la superficie delle altre parti di lamiera rivestite.

2.2 La superficie delle altre parti aggiunte e la superficie totale rivestita nell’impianto sono calcolate tramite la progettazione assistita da calcolatore o altri metodi equivalenti.

3. Nella tabella, il valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione si riferisce a tutte le fasi del processo che si svolgono nello stesso impianto, dal rivestimento mediante elettroforesi o altro processo, sino alle operazioni di lucidatura finale comprese, nonché al solvente utilizzato per pulire l’attrezzatura, compresa la pulitura delle cabine di verniciatura a spruzzo e delle altre attrezzature fisse, sia durante il tempo di produzione che al di fuori di esso. Il valore limite di emissione totale è espresso come somma della massa totale di composti organici per metro quadro della superficie totale del prodotto trattato o come somma della massa dei composti organici per singola carrozzeria.

Tabella 2

--------------------------------------------------------------------------------
|         Attività         |  Soglia di  |     Valore limite di emissione      |
|    (soglia di consumo    | produzione  |         totale espresso come        |
|      di solvente in      | (produzione |         fattore di emissione        |
|     tonnellate/anno)     | annuale del |-------------------------------------|
|                          |  prodotto   |                 |  Attività di cui  |
|                          |  rivestito) |                 | all'articolo 275, |
|                          |             |                 |    commi 8 e 9    |
--------------------------------------------------------------------------------
| Rivestimento di          | > 5000      | 45 g/m2 o       | 60 g/m2 o         |
| autovetture nuove (>15)  |             | 1,3             | 1,9 kg/carrozzeria|
|                          |             | kg/carrozzeria +| + 41 g/ m2        |
|                          |             | 33 g/ m2        |                   |
|                          |---------------------------------------------------|
|                          | < uguale    | 90 g/m2 o       | 90 g/m2 o         |
|                          | 5000        | 1,5             | 1,5 kg/carrozzeria|
|                          | monoscocche | kg/carrozzeria +| + 70 g/ m2        |
|                          | o > 3500    | 70 g/ m2        |                   |
|                          | telai       |                 |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Rivestimento di cabine   | < uguale    | 65 g/ m2        | 85 g/ m2          |
| di autocarri nuovi (>15) | 5000        |                 |                   |
|                          | > 5000      | 55 g/ m2        | 75 g/ m2          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Rivestimento di furgoni, | < uguale    | 90 g/ m2        | 120 g/ m2         |
| autocarri e rimorchi     | 2500        |                 |                   |
| nuovi (>15)              | > 2500      | 70 g/ m2        | 90 g/ m2          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Rivestimento di autobus  | < uguale    | 210 g/ m2       | 290 g/ m2         |
| nuovi (>15)              | 2000        |                 |                   |
|                          | > 2000      | 150 g/ m2       | 225 g/ m2         |
--------------------------------------------------------------------------------

Gli impianti di rivestimento di autoveicoli con soglie di consumo di solvente inferiori ai valori della tabella 2 devono rispettare i requisiti di cui al punto 6.1 della tabella 1.

Parte IV

Prescrizioni alternative alla Parte III

1. Principi

La presente parte è riferita alle attività per cui non sono individuati nella parte III specifici valori di emissione totale. Sulla base dei paragrafi che seguono il gestore ha la possibilità di conseguire, a partire da uno scenario emissivo di riferimento, con mezzi diversi, emissioni totali equivalenti a quelle conseguibili applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa. Tali emissioni totali equivalenti si definiscono emissioni bersaglio.

La presente parte si applica altresì alle attività di cui all’articolo 275, comma 13.

Per scenario emissivo di riferimento si intende il livello di emissioni totali dell’attività che corrisponde il più fedelmente possibile a quello che si avrebbe in assenza di interventi e di impianti di abbattimento e con l’uso di materie prime ad alto contenuto di solvente, in funzione della potenzialità di prodotto per cui l’attività è progettata.

[A tal fine i progetti di cui all’articolo 275, comma 8, e le richieste di autorizzazione di cui all’articolo 275, comma 9, indicano le emissioni bersaglio da rispettare e tutti gli elementi necessari a valutarne l’equivalenza.] (16)

2. Procedura

2.1. Per le attività di cui alla seguente tabella per le quali può essere ipotizzato un tenore costante di materia solida nelle materie prime, le emissioni bersaglio e lo scenario emissivo di riferimento possono essere individuati secondo il metodo descritto al punto 2.2. Qualora tale metodo risulti inadeguato e in tutti i casi in cui non sia previsto uno specifico fattore di moltiplicazione, l’autorità competente può autorizzare il gestore ad applicare qualsiasi metodo alternativo che soddisfi i principi di cui al paragrafo 1. Al fine di conseguire l’emissione bersaglio, il progetto o la domanda di autorizzazione prevedono la diminuzione del tenore medio di solvente nelle materie prime utilizzate e una maggiore efficienza nell’uso delle materie solide.

2.2 Ai fini di quanto previsto nel punto 2.1, per ciascun anno, si applica un metodo articolato nelle seguenti fasi:

a) calcolo della massa totale annua di materia solida nella quantità di rivestimento, di inchiostro, di vernice o di adesivo in funzione della potenzialità di prodotto per cui l’attività è progettata. Per materia solida si intendono tutte le sostanze contenute nelle vernici, negli inchiostri e negli adesivi che diventano solide dopo 1’evaporazione dell’acqua o dei COV.

b) moltiplicazione della massa calcolata ai sensi della lettera a) per l’opportuno fattore elencato nella tabella seguente. Si ottiene in tal modo l’emissione annua di riferimento. Le autorità competenti possono modificare tali fattori per singole attività sulla base del provato aumento di efficienza nell’uso di materia solida e sulla base delle caratteristiche del processo e della tipologia di manufatti oggetto della produzione.

--------------------------------------------------------------------------------
|                        Attività                          |     Fattore di    |
|                                                          |  moltiplicazione  |
|                                                          |      da usare     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Rotocalcografia, flessografia;                           |                   |
|----------------------------------------------------------|                   |
| Laminazione associata all'attività di stampa;            |                   |
|----------------------------------------------------------|                   |
| Laccatura associata all'attività di stampa;              |                   |
|----------------------------------------------------------|         4         |
| Rivestimento del legno;                                  |                   |
|----------------------------------------------------------|                   |
| Rivestimento di tessili, tessuti o carta;                |                   |
|----------------------------------------------------------|                   |
| Rivestimento adesivo                                     |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Verniciatura in continuo (coil coating),                 |                   |
|----------------------------------------------------------|         3         |
| Finitura di autoveicoli                                  |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Rivestimento a contatto di prodotti alimentari           |                   |
|----------------------------------------------------------|        2,33       |
| Rivestimenti aerospaziali                                |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Altri rivestimenti e offset dal rotolo                   |        1,5        |
--------------------------------------------------------------------------------

c) determinazione dell’emissione bersaglio attraverso la moltiplicazione dell’emissione annua di riferimento per una percentuale pari:

– al valore di emissione diffusa + 15, per le attività che rientrano nei punti 6.1 e 6.3 e nella fascia di soglia inferiore dei punti 8 e 10 della parte III;

– al valore di emissione diffusa + 5, per tutte le altre attività.

[3. Adeguamento degli impianti e delle attività

In caso di applicazione dei paragrafi che precedono, l’adeguamento degli impianti e delle attività di cui all’articolo 275, commi 8 e 9 è effettuato in due fasi in conformità alla seguente tabella:

--------------------------------------------------------------------------------
| Date di applicazione           | Emissioni totali annue autorizzate          |
--------------------------------------------------------------------------------
| al 31.10.2005                  | emissione bersaglio * 1,5                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| al 31.10.2007                  | emissione bersaglio                         |
--------------------------------------------------------------------------------
] (17)

Parte V

Piano di gestione dei solventi

1. Principi

1.1. Il piano di gestione dei solventi è elaborato dal gestore, con la periodicità prevista nell’autorizzazione e, comunque, almeno una volta all’anno, ai fini previsti dalla parte I, paragrafo 4, ed al fine di individuare le future opzioni di riduzione e di consentire all’autorità competente di mettere a disposizione del pubblico le informazioni di cui all’articolo 281, comma 6.

1.2. Per valutare la conformità ai requisiti dell’articolo 275, comma 15, il piano di gestione dei solventi deve essere elaborato per determinare le emissioni totali di tutte le attività interessate; questo valore deve essere poi comparato con le emissioni totali che si sarebbero avute se fossero stati rispettati, per ogni singola attività, i requisiti di cui all’articolo 275, comma 2.

2. Definizioni

Ai fini del calcolo del bilancio di massa necessario per l’elaborazione del piano di gestione dei solventi si applicano le seguenti definizioni. Per il calcolo di tale bilancio tutte le grandezze devono essere espresse nella stessa unità di massa.

a) Input di solventi organici [I]:

I1. La quantità di solventi organici o la loro quantità nei preparati acquistati che sono immessi nel processo nell’arco di tempo in cui viene calcolato il bilancio di massa.

I2. La quantità di solventi organici o la loro quantità nei preparati recuperati e reimmessi come solvente nel processo (il solvente riutilizzato è registrato ogni qualvolta sia usato per svolgere l’attività).

b) Output di solventi organici [O]:

O1. Emissioni negli effluenti gassosi.

O2. La quantità di solventi organici scaricati nell’acqua, tenendo conto, se del caso, del trattamento delle acque reflue nel calcolare O5.

O3. La quantità di solventi organici che rimane come contaminante o residuo nei prodotti all’uscita del processo.

O4. Emissioni diffuse di solventi organici nell’aria. E’ inclusa la ventilazione generale dei locali nei quali l’aria e scaricata all’esterno attraverso finestre, porte, sfiati e aperture simili.

O5. La quantità di solventi organici e composti organici persi a causa di reazioni chimiche o fisiche (inclusi ad esempio quelli distrutti mediante incenerimento o altri trattamenti degli effluenti gassosi o delle acque reflue, o catturati ad esempio mediante adsorbimento, se non sono stati considerati ai sensi dei punti O6, O7 o O8).

O6. La quantità di solventi organici contenuti nei rifiuti raccolti.

O7. La quantità di solventi organici da soli o solventi organici contenuti in miscele che sono o saranno venduti come prodotto avente i requisiti richiesti per il relativo commercio (9).

O8. La quantità di solventi organici contenuti nei preparati recuperati per riuso, ma non per riutilizzo nel processo, se non sono stati considerati ai sensi del punto O7.

O9. La quantità di solventi organici scaricati in altro modo.

3. Formule di calcolo

a) L’emissione diffusa è calcolata secondo la seguente formula:

F = I1 – O1 – O5 – O6 – O7 – O8

oppure

F = O2 + O3 + O4 + O9

Questo parametro può essere determinato mediante misurazioni dirette delle quantità. Alternativamente, si può effettuare un calcolo equivalente con altri mezzi, ad esempio utilizzando l’efficienza di captazione del processo. La determinazione delle emissioni diffuse può essere effettuata mediante una serie completa di misurazioni e non deve essere ripetuta sino all’eventuale modifica dell’impianto.

b) Le emissioni totali [E] sono calcolate con la formula seguente:

E = F + O1

dove F è l’emissione diffusa quale definita sopra. Per valutare la conformità al valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione in riferimento a taluni parametri specifici, stabilito nell’autorizzazione, il valore [E] è riferito al pertinente parametro specifico.

c) Il consumo ove applicabile si calcola secondo la formula seguente:

C = I1 – O8

d) L’input per la verifica del limite per le emissioni diffuse o per altri scopi si calcola con la seguente formula:

I = I1 + I2

Parte VI

Metodi di campionamento ed analisi per le emissioni convogliate

1. Ai fini della valutazione della conformità dei valori di emissione misurati ai valori limite per le emissioni convogliate si applicano i metodi di misura indicati nella tabella seguente:

--------------------------------------------------------------------------------
|              Parametro o inquinante            |            Metodo           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Velocità e portata                             |          UNI 10169          |
--------------------------------------------------------------------------------
| COV (Singoli composti)                         |        UNI EN 13649         |
--------------------------------------------------------------------------------
| COV (Concentrazione < 20 mg m-3)               |        UNI EN 12619         |
--------------------------------------------------------------------------------
| COV (Concentrazione > uguale 20 mg m-3         |        UNI EN 13526         |
--------------------------------------------------------------------------------

PARTE VII

Sezione 1

Modello di domanda di autorizzazione per la costruzione e la modifica degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

                                                 Alla  Regione  (o  alla diversa
                                                 autorità competente individuata
                                                 dalla normativa regionale) ....
                                                 ...............................
                                                 Via ...........................
                                                 n. ..........                  
                                          e p.c. Al Sindaco del Comune di ......
                                                 ...............................
                                                 ...............................
                                                                                
                                                 All'A.R.P.A.                   
                                                 Dipartimento di ...............
                                                 Via ...........................
                                                 n. ..........                  
                                                                                
Oggetto: Domanda di autorizzazione in via generale per impianti a ciclo chiuso  
         per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e 
         per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso.                             
                                                                                
Il sottoscritto ................................................................
nato a ..................................... il ....../....../...... residente a
............................. in via/corso .....................................
n. .................... in qualità di legale rappresentante dell'impresa [1][] o
dell'ente [1] [] .................................. con sede legale in via/corso
......................................................... n. ..... nel comune di
..................................................... CAP ................... in
provincia di ............................ e con telefono n. ....................
....................... fax n. ......................................... partita
IVA ..................................................................... codice
fiscale ................................................... iscrizione camera di
commercio n. .............. codice ISTAT attività ..............................
addetti n. .................... [1][] classificata industria insalubre di classe
............................................... [1][] non classificata industria
insalubre.                                                                      
                                                                                
                  chiede l'AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE per:                  
                                                                                
[1][] installare un nuovo impianto in via/corso ................................
....................n. ....... nel comune di ...................................
...................................... CAP ..................... in provincia di
................................. telefono n. ..................................
                                                                                
[1][] modificare un impianto sito in via/corso .................................
....................n. ....... nel comune di ...................................
...................................... CAP ..................... in provincia di
................................. telefono n. ..................................
                                                                                
[1][] trasferire un impianto da via/corso ......................................
....................n. ....... nel comune di ...................................
...................................... CAP ..................... in provincia di
................................. telefono n. ..................................
costituito/a da n. ............. macchine di lavaggio a ciclo chiuso a via/corso
................................................................................
n. ........... nel comune di ...................................................
CAP ................. in provincia di ..........................................
telefono n. .........................................                           

L’impianto è costituito/a da n. ………… macchine di lavaggio a ciclo chiuso aventi le caratteristiche descritte nella seguente tabella:

--------------------------------------------------------------------------------
|  N. e modello  |  Volume del  |  Tipo di   |     Quantità    |    Quantità   |
| della macchina | tamburo [m3] |  solvente  |      annua      |     annua     |
|                |              | utilizzato |   massima di    |   massima di  |
|                |              |            |    solvente     |    prodotto   |
|                |              |            | utilizzato [kg] |    pulito e   |
|                |              |            |                 | asciugato [kg]|
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------

e si impegna

a rispettare i requisiti tecnico costruttivi e gestionali nonché le prescrizioni previsti dalla vigente normativa di attuazione della direttiva 1999/13/CE

Allega la planimetria generale dell’impianto, in scala adeguata, nella quale è indicata la collocazione delle macchine utilizzate, nonché le schede di sicurezza dei solventi utilizzati

Data ....../....../......                                                       
                                                     IL LEGALE                  
                                                   RAPPRESENTANTE               
                                                ...................             

[1] indicare con una X la voce pertinente alla richiesta di autorizzazione.

Sezione 2

Modello di domanda di autorizzazione per la continuazione dell’esercizio degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

                                                 Alla  Regione  (o  alla diversa
                                                 autorità competente individuata
                                                 dalla normativa regionale) ....
                                                 ...............................
                                                 Via ...........................
                                                 n. ..........                  
                                          e p.c. Al Sindaco del Comune di ......
                                                 ...............................
                                                 ...............................
                                                                                
                                                 All'A.R.P.A.                   
                                                 Dipartimento di ...............
                                                 Via ...........................
                                                 n. ..........                  
                                                                                
Oggetto: Domanda di autorizzazione in via generale per impianti a ciclo chiuso  
         per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e 
         per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso.                             
                                                                                
Il sottoscritto ................................................................
nato a ..................................... il ....../....../...... residente a
............................. in via/corso .....................................
n. .................... in qualità di legale rappresentante dell'impresa [1][] o
dell'ente [1] [] .................................. con sede legale in via/corso
......................................................... n. ..... nel comune di
..................................................... CAP ................... in
provincia di ............................ e con telefono n. ....................
....................... fax n. ......................................... partita
IVA ..................................................................... codice
fiscale ................................................... iscrizione camera di
commercio n. .............. codice ISTAT attività ..............................
addetti n. .................... [1][] classificata industria insalubre di classe
............................................... [1][] non classificata industria
insalubre.                                                                      
                                                                                
                   chiede l'AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE                      
                                                                                
per continuare ad esercire l'impianto a ciclo chiuso per la pulizia a  secco  di
tessuti e di pellami, escluse le pellicce,  o  la  pulitintolavanderia  a  ciclo
chiuso, ubicato/a in via/corso .................................................
n. ....... nel comune di .......................................................
CAP ............ in provincia di .................. telefono n. ................
costituito/a da n. ............ macchine di lavaggio a ciclo chiuso ed esistente
al 12 marzo 2004 aventi le caratteristiche descritte nella seguente tabella:    
                                                                                
--------------------------------------------------------------------------------
|  N. e modello  |  Volume del  |  Tipo di   |     Quantità    |    Quantità   |
| della macchina | tamburo [m3] |  solvente  |      annua      |     annua     |
|                |              | utilizzato |   massima di    |   massima di  |
|                |              |            |    solvente     |    prodotto   |
|                |              |            | utilizzato [kg] |    pulito e   |
|                |              |            |                 | asciugato [kg]|
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |              |            |                 |               |
--------------------------------------------------------------------------------

e si impegna

a rispettare i requisiti tecnico costruttivi e gestionali nonché le prescrizioni previsti dalla vigente normativa di attuazione della direttiva 1999/13/CE

Allega la planimetria generale dell’impianto, in scala adeguata, nella quale è indicata la collocazione delle macchine utilizzate, nonché le schede di sicurezza dei solventi utilizzati

Data ....../....../......                                                       
                                                     IL LEGALE                  
                                                   RAPPRESENTANTE               
                                                ...................             

[1] indicare con una X la voce pertinente alla richiesta di autorizzazione.

Appendice

Requisiti tecnico costruttivi e gestionali per gli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e pellami, escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso

1. Caratteristiche tecnico-costruttive degli impianti

Negli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e pellami, escluse le pellicce, e nelle pulitintolavanderie a ciclo chiuso possono essere utilizzati solventi organici o solventi organici clorurati con l’esclusione delle sostanze di cui alla legge 28 dicembre 1993 n. 549 e delle sostanze o preparati classificati ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61.

Tali impianti lavorano secondo cicli di lavaggio che comprendono le seguenti fasi:

– lavaggio

– centrifugazione

– asciugatura

– deodorizzazione

– distillazione e recupero solvente

Tutte le fasi sono svolte in una macchina ermetica la cui unica emissione di solvente nell’aria può avvenire al momento dell’apertura dell’oblò al termine del ciclo di lavaggio.

Gli impianti sono dotati di un ciclo frigorifero in grado di fornire le frigorie necessarie per avere la massima condensazione del solvente (per il percloroetilene, temperature inferiori a -10 °C), in modo da ridurre al minimo le emissioni di solvente.

Gli impianti devono avere una emissione di solvente inferiore ai 20 g di solvente per ogni kg di prodotto pulito e asciugato.

2. Prescrizioni relative all’installazione e all’esercizio:

a) L’esercizio e la manutenzione degli impianti devono essere tali da garantire le condizioni operative e il rispetto del limite di emissione indicati al paragrafo 1.

b) Qualunque anomalia di funzionamento dell’impianto tale da non permettere il rispetto delle condizioni operative fissate comporta la sospensione della lavorazione per il tempo necessario alla rimessa in efficienza dell’impianto stesso.

c) Il gestore che ha installato, modificato o trasferito una o più impianti deve comunicare, con almeno 15 giorni di anticipo, all’autorità competente, al sindaco e al Dipartimento provinciale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente, la data in cui intende dare inizio alla messa in esercizio degli impianti. Il termine per la messa a regime dell’impianto è stabilito in 30 giorni a partire dalla data di inizio della messa in esercizio.

d) Al fine di dimostrare la conformità dell’impianto al valore limite di emissione ed elaborare annualmente il piano di gestione dei solventi di cui alla parte V, il gestore deve registrare per ciascuna macchina lavasecco installata:

– il quantitativo di solvente presente nella macchina all’inizio dell’anno solare considerato, in kg (A)

– la data di carico o di reintegro e il quantitativo di solvente caricato o reintegrato, in kg (B)

– giornalmente, il quantitativo di prodotto pulito e asciugato, in kg (C), ovvero il numero di cicli di lavaggio effettuati e il carico/ciclo massimo della macchina in kg

– la data di smaltimento e il contenuto di solvente presente nei rifiuti smaltiti, in kg (D)

– il quantitativo di solvente presente nella macchina al termine dell’anno solare considerato, in kg (E)

e) Annualmente deve essere elaborato il piano di gestione dei solventi verificando che la massa di solvente emesso per chilogrammo di prodotto pulito o asciugato sia inferiore a 20g/kg, ovvero che:

(A + sigma B – sigma D – E)/(sigma C)< 0,020

dove sigma indica la sommatoria di tutte le registrazioni effettuate nell’anno solare considerato

f) Il gestore deve conservare nella sede presso cui è localizzato l’impianto, a disposizione dell’autorità competente per il controllo copia della documentazione trasmessa all’autorità competente per aderire alla presente autorizzazione, copia delle registrazioni di cui alla lettera d) e del piano di gestione dei solventi di cui alla lettera e).

(1) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera a) e b), del D.M. 23 marzo 2011.

(2) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera a) e b), del D.M. 23 marzo 2011.

(3) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera a) e c), del D.M. 23 marzo 2011.

(4) Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera a) e b), del D.M. 23 marzo 2011.

(5) Paragrafo modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del D.M. 23 marzo 2011.

(6) Punto modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera e) ed f), del D.M. 23 marzo 2011.

(7) Paragrafo modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera e), del D.M. 23 marzo 2011.

(8) Paragrafo modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera e), del D.M. 23 marzo 2011.

(9) Punto modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.M. 23 marzo 2011.

(10) Per le modifiche al presente paragrafo fino al 31 maggio 2015 e dal 1 giugno 2010 vedi l’articolo 1, comma 1, lettera l) ed m), del D.M. 23 marzo 2011.

(11) A norma dell’articolo 28, comma 15, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 , a decorrere dal 1° giugno 2015 il punto 2.1 è sostituito dal seguente: “2.1. Le sostanze e le miscele alle quali, a causa del loro tenore di COV classificati dal regolamento 1272/2008 come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, sono state assegnate o sulle quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H340, H350, H350i, H360D o H360F sono sostituite quanto prima con sostanze e miscele meno nocive, tenendo conto delle linee guida della Commissione europea, ove emanate.”. A norma dell’articolo 29, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 , la modifica prevista al citato comma 15 , in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo 46/2014, è applicata dalle autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo o riesame.

(12) Paragrafo modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera n), del D.M. 23 marzo 2011 a decorrere dal 1 giugno 2011 e successivamente sostituito dall’articolo 28, comma 15, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. A norma dell’articolo 29, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 , la modifica prevista al citato comma 15 , in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo 46/2014, è applicata dalle autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo o riesame.

(13) A norma dell’articolo 28, comma 15, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 , a decorrere dal 1° giugno 2015 il punto 2.3 è sostituito dal seguente: “2.3. Agli effluenti gassosi che emettono COV ai quali sono state assegnate o sui quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H341 o H351 in una quantita’ complessivamente uguale o superiore a 100 g/h, si applica un valore limite di emissione di 20 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli COV.” . A norma dell’articolo 29, comma 6, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 , la modifica prevista al citato comma 15 , in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo 46/2014, è applicata dalle autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo o riesame.

(14) Paragrafo modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera o), del D.M. 23 marzo 2011 a decorrere dal 1 giugno 2011.

(15) Punto aggiunto dall’articolo 28, comma 16, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(16) Paragrafo modificato dall’articolo 28, comma 17, lettera a), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(17) Paragrafo soppresso dall’articolo 28, comma 17, lettera b), del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 34     

ALLEGATO IV ALLA PARTE QUINTA (1)

Impianti e attivita’ in deroga

Parte I

Impianti ed attivita’ di cui all’articolo 272, comma 1

1. Elenco degli impianti e delle attivita’:

a) Lavorazioni meccaniche dei metalli, con esclusione di attivita’ di verniciatura e trattamento superficiale e smerigliature con consumo complessivo di olio (come tale o come frazione oleosa delle emulsioni) inferiore a 500 kg/anno;

b) laboratori orafi in cui non e’ effettuata la fusione di metalli, laboratori odontotecnici, esercizi in cui viene svolta attivita’ estetica, sanitaria e di servizio e cura della persona, officine ed altri laboratori annessi a scuole.

c) Decorazione di piastrelle ceramiche senza procedimento di cottura.

d) Le seguenti lavorazioni tessili:

– preparazione, filatura, tessitura della trama, della catena o della maglia di fibre naturali, artificiali o sintetiche, con eccezione dell’operazione di testurizzazione delle fibre sintetiche e del bruciapelo;

– nobilitazione di fibre, di filati, di tessuti limitatamente alle fasi di purga, lavaggio, candeggio (ad eccezione dei candeggi effettuati con sostanze in grado di liberare cloro e/o suoi composti), tintura e finissaggio a condizione che tutte le citate fasi della nobilitazione siano effettuate nel rispetto delle seguenti condizioni:

1) le operazioni in bagno acquoso devono essere condotte a temperatura inferiore alla temperatura di ebollizione del bagno, oppure, nel caso in cui siano condotte alla temperatura di ebollizione del bagno, cio’ deve avvenire senza utilizzazione di acidi, di alcali o di prodotti volatili, organici o inorganici, o, in alternativa, all’interno di macchinari chiusi;

2) le operazioni di asciugamento o essiccazione e i trattamenti con vapore espanso o a bassa pressione devono essere effettuate a temperatura inferiore a 150° e nell’ultimo bagno acquoso applicato alla merce non devono essere stati utilizzati acidi, alcali o prodotti volatili, organici od inorganici.

e) Cucine, esercizi di ristorazione collettiva, mense, rosticcerie e friggitorie.

f) Panetterie, pasticcerie ed affini con un utilizzo complessivo giornaliero di farina non superiore a 300 kg.

g) Stabulari acclusi a laboratori di ricerca e di analisi.

h) Serre.

i) Stirerie.

j) Laboratori fotografici.

k) Autorimesse e officine meccaniche di riparazioni veicoli, escluse quelle in cui si effettuano operazioni di verniciatura.

l) Autolavaggi.

m) Silos per materiali da costruzione ad esclusione di quelli asserviti ad altri impianti , nonche’ silos per i materiali vegetali (2).

n) Macchine per eliografia.

o) Stoccaggio e movimentazione di prodotti petrolchimici ed idrocarburi naturali estratti da giacimento, stoccati e movimentati a ciclo chiuso o protetti da gas inerte.

p) Impianti di trattamento delle acque, escluse le linee di trattamento dei fanghi, fatto salvo quanto previsto dalla lettera p-bis) (3)

p-bis) Linee di trattamento dei fanghi che operano nell’ambito di impianti di trattamento delle acque reflue con potenzialita’ inferiore a 10.000 abitanti equivalenti per trattamenti di tipo biologico e inferiore a 10 m³/h di acque trattate per trattamenti di tipo chimico/fisico; in caso di impianti che prevedono sia un trattamento biologico, sia un trattamento chimico/fisico, devono essere rispettati entrambi i requisiti (4).

q) Macchinari a ciclo chiuso di concerie e pelliccerie.

r) Attivita’ di seconde lavorazioni del vetro, successive alle fasi iniziali di fusione, formatura e tempera, ad esclusione di quelle comportanti operazioni di acidatura e satinatura.

s) Forni elettrici a volta fredda destinati alla produzione di vetro.

t) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di frutta, ortaggi, funghi con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di carne con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

v) Molitura di cereali con produzione giornaliera massima non superiore a 500 kg.

v-bis) impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle stesse con potenza termica nominale, per corpo essiccante, uguale o inferiore a 1 MW, se alimentati a bio-masse o a biodiesel o a gasolio come tale o in emulsione con biodiesel, e uguale o inferiore a 3 MW, se alimentati a metano o a gpl o a biogas (5);

w) Lavorazione e conservazione, esclusa surgelazione, di pesce ed altri prodotti alimentari marini con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

x) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo giornaliero di materie prime non superiore a 350 kg.

y) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

z) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero di capi [potenzialmente] presenti e’ inferiore a quello indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente tabella. Per allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l’allevamento il cui ciclo produttivo prevede il sistematico utilizzo di una struttura coperta per la stabulazione degli animali (6).

Categoria animale e tipologia di allevamento N° capi
Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo) Meno di 200
Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo) Meno di 300
Altre vacche (nutrici e duplice attitudine) Meno di 300
Bovini all’ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo) Meno di 300
Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo) Meno di 1.000
Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento Meno di 400
Suini: accrescimento/ingrasso Meno di 1.000
Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo) Meno di 2.000
Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo) Meno di 25.000
Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo) Meno di 30.000
Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo) Meno di 30.000
Altro pollame Meno di 30.000
Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo) Meno di 7.000
Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo) Meno di 14.000
Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo) Meno di 30.000
Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo) Meno di 40.000
Cunicoli: capi all’ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo) Meno di 24.000
Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo) Meno di 250
Struzzi Meno di 700

aa) Allevamenti effettuati in ambienti non confinati.

bb) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, di potenza termica nominale pari o inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui all’allegato X alla parte quinta del presente decreto, e di potenza termica inferiore a 1 MW, alimentati a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel.

cc) Impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW.

dd) Impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW.

ee) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, ubicati all’interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l’attivita’ di recupero e’ soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate .

ff) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, alimentati a biogas di cui all’allegato X alla parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale inferiore o uguale a 3 MW.

gg) Gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW.

hh) Gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW.

ii) Impianti di combustione connessi alle attivita’ di stoccaggio dei prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza termica nominale inferiore a 5 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 2,5 MW se alimentati a gasolio.

jj) Laboratori di analisi e ricerca, impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di prototipi. Tale esenzione non si applica in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicita’ e cumulabilita’ particolarmente elevate, come individuate dall’allegato I alla parte quinta del presente decreto.

kk) Dispostivi mobili utilizzati all’interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all’interno di uno stabilimento.

kk-bis) Cantine che trasformano fino a 600 tonnellate l’anno di uva nonche’ stabilimenti di produzione di aceto o altre bevande fermentate, con una produzione annua di 250 ettolitri per i distillati e di 1.000 ettolitri per gli altri prodotti. Sono comunque sempre escluse, indipendentemente dalla produzione annua, le fasi di fermentazione, movimentazione, travaso, addizione, trattamento meccanico, miscelazione, confezionamento e stoccaggio delle materie prime e dei residui effettuate negli stabilimenti di cui alla presente lettera (7).

kk-ter) Frantoi (8).

Parte II

Impianti ed attivita’ di cui all’articolo 272, comma 2

1. Elenco degli impianti e delle attivita’:

a) Riparazione e verniciatura di carrozzerie di autoveicoli, mezzi e macchine agricole con utilizzo di impianti a ciclo aperto e utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all’uso giornaliero massimo complessivo non superiore a 20 kg.

b) Tipografia, litografia, serigrafia, con utilizzo di prodotti per la stampa (inchiostri, vernici e similari) giornaliero massimo complessivo non superiore a 30 kg.

c) Produzione di prodotti in vetroresine con utilizzo giornaliero massimo complessivo di resina pronta all’uso non superiore a 200 kg.

d) Produzione di articoli in gomma e prodotti delle materie plastiche con utilizzo giornaliero massimo complessivo di materie prime non superiore a 500 kg.

e) Produzione di mobili, oggetti, imballaggi, prodotti semifiniti in materiale a base di legno con utilizzo giornaliero massimo complessivo di materie prime non superiore a 2000 kg.

f) Verniciatura, laccatura, doratura di mobili ed altri oggetti in legno con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all’uso non superiore a 50 kg/g.

g) Verniciatura di oggetti vari in metalli o vetro con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all’uso non superiore a 50 kg/ g.

h) Panificazione, pasticceria e affini con consumo di farina non superiore a 1500 kg/g.

i) Torrefazione di caffe’ ed altri prodotti tostati con produzione non superiore a 450 kg/g.

l) Produzione di mastici, pitture, vernici, cere, inchiostri e affini con produzione complessiva non superiore a 500 kg/h.

m) Sgrassaggio superficiale dei metalli con consumo complessivo di solventi non superiore a 10 kg/g.

n) Laboratori orafi con fusione di metalli con meno di venticinque addetti.

o) Anodizzazione, galvanotecnica, fosfatazione di superfici metalliche con consumo di prodotti chimici non superiore a 10 kg/ g.

p) Utilizzazione di mastici e colle con consumo complessivo di sostanze collanti non superiore a 100 kg/g.

q) Produzione di sapone e detergenti sintetici prodotti per l’igiene e la profumeria con utilizzo di materie prime non superiori a 200 kg/g.

r) Tempra di metalli con consumo di olio non superiore a 10 kg/ g.

s) Produzione di oggetti artistici in ceramica, terracotta o vetro in forni in muffola discontinua con utilizzo nel ciclo produttivo di smalti, colori e affini non superiore a 50 kg/g.

t) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di frutta, ortaggi, funghi con produzione non superiore a 1000 kg/g.

u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di carne con produzione non superiore a 1000 kg/g.

v) Molitura cereali con produzione non superiore a 1500 kg/g.

v-bis) impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati o a servizio di imprese agricole non ricompresi nella parte I del presente allegato (9)

z) Lavorazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di pesce ed altri prodotti alimentari marini con produzione non superiore a 1000 kg/g.

aa) Prodotti in calcestruzzo e gesso in quantita’ non superiore a 1500 kg/g.

bb) Pressofusione con utilizzo di metalli e leghe in quantita’ non superiore a 100 kg/g.

cc) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo di materie prime non superiori a 1000 kg/ g.

dd) Lavorazioni conciarie con utilizzo di prodotti vernicianti pronti all’uso giornaliero massimo non superiore a 50 kg.

ee) Fonderie di metalli con produzione di oggetti metallici giornaliero massimo non superiore a 100 kg.

ff) Produzione di ceramiche artistiche esclusa la decoratura con utilizzo di materia prima giornaliero massimo non superiore a 3000 kg.

gg) Produzione di carta, cartone e similari con utilizzo di materie prime giornaliero massimo non superiore a 4000 kg.

hh) Saldatura di oggetti e superfici metalliche.

ii) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione giornaliera non superiore a 1000 kg.

ll) Impianti termici civili aventi potenza termica nominale non inferiore a 3 MW e inferiore a 10 50 MW mm) impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

nn) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero di capi potenzialmente presenti e’ compreso nell’intervallo indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente tabella. Per allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l’allevamento il cui ciclo produttivo prevede il sistematico utilizzo di una struttura coperta per la stabulazione degli animali.

Categoria animale e tipologia di allevamento N° capi
Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo) Da 200 a 400
Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo) Da 300 a 600
Altre vacche (nutrici e duplice attitudine) Da 300 a 600
Bovini all’ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo) Da 300 a 600
Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo) Da 1.000 a 2.500
Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento Da 400 a 750
Suini: accrescimento/ingrasso Da 1.000 a 2.000
Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo) Da 2.000 a 4.000
Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo) Da 25.000 a 40.000
Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Altro pollame Da 30.000 a 40.000
Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo) Da 7.000 a 40.000
Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo) Da 14.000 a 40.000
Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo) Da 40.000 a 80.000
Cunicoli: capi all’ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo) Da 24.000 a 80.000
Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo) Da 250 a 500
Struzzi Da 700 a 1.500

oo) Lavorazioni meccaniche dei metalli con consumo complessivo di olio (come tale o come frazione oleosa delle emulsioni) uguale o superiore a 500 kg/anno.

oo-bis) Stabilimenti di produzione di vino, aceto o altre bevande fermentate non ricompresi nella parte I del presente allegato (10)

(1) Allegato sostituito dall’articolo 3, comma 28, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(2) Lettera modificata dall’articolo 41 ter, comma 1, lettera a) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

(3) Lettera sostituitta dall’articolo unico del D.M. 15 gennaio 2014.

(4) Lettera inserita dall’articolo unico del D.M. 15 gennaio 2014.

(5) Lettera inserita dall’articolo 41 ter, comma 1, lettera b) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

(6) Lettera modificata dall’articolo 41 ter, comma 1, lettera c) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

(7) Lettera aggiunta dall’articolo 41 ter, comma 1, lettera d) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

(8) Lettera aggiunta dall’articolo 41 ter, comma 1, lettera d) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

(9) Lettera aggiunta dall’articolo 41 ter, comma 2, lettera a) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

(10) Lettera aggiunta dall’articolo 41 ter, comma 2, lettera b) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 35     

ALLEGATO V ALLA PARTE QUINTA

POLVERI E SOSTANZE ORGANICHE LIQUIDE

Parte I

Emissioni di polveri provenienti da attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti.

1. Disposizioni generali

1.1. Nei casi in cui si producono, manipolano, trasportano, immagazzinano, caricano e scaricano materiali polverulenti, devono essere assunte apposite misure per il contenimento delle emissioni di polveri.

1.2. Nei casi di cui al punto 1.1. l’autorità competente stabilisce le prescrizioni per il contenimento delle emissioni di polveri tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi :

– pericolosità delle polveri;

– flusso di massa delle emissioni;

– durata delle emissioni;

– condizioni meteorologiche;

– condizioni dell’ambiente circostante.

2. Produzione e manipolazione di materiali polverulenti.

2.1. I macchinari e i sistemi usati per la preparazione o la produzione (comprendenti, per esempio, la frantumazione, la cernita, la miscelazione, il riscaldamento, il raffreddamento, la pellettizzazione e la bricchettazione) di materiali polverulenti devono essere incapsulati.

2.2. Se l’incapsulamento non può assicurare il contenimento ermetico delle polveri, le emissioni, con particolare riferimento ai punti di introduzione, estrazione e trasferimento dei materiali polverulenti, devono essere convogliate ad un idoneo impianto di abbattimento.

3. Trasporto, carico e scarico dei materiali polverulenti.

3.1. Per il trasporto di materiali polverulenti devono essere utilizzati dispositivi chiusi.

3.2. Se l’utilizzo di dispositivi chiusi non è, in tutto o in parte, possibile, le emissioni polverulenti devono essere convogliate ad un idoneo impianto di abbattimento.

3.3. Per il carico e lo scarico dei materiali polverulenti devono essere installati impianti di aspirazione e di abbattimento nei seguenti punti:

– punti fissi, nei quali avviene il prelievo, il trasferimento, lo sgancio con benne, pale caricatrici, attrezzature di trasporto;

– sbocchi di tubazione di caduta delle attrezzature di caricamento;

– attrezzature di ventilazione, operanti come parte integrante di impianti di scarico pneumatici o meccanici;

– canali di scarico per veicoli su strada o rotaie;

– convogliatori aspiranti.

3.4. Se nella movimentazione dei materiali polverulenti non è possibile assicurare il convogliamento delle emissioni di polveri, si deve mantenere, possibilmente in modo automatico, una adeguata altezza di caduta e deve essere assicurata, nei tubi di scarico, la più bassa velocità che è tecnicamente possibile conseguire per l’uscita del materiale trasportato, ad esempio mediante l’utilizzo di deflettori oscillanti.

3.5. Nel caricamento di materiali polverulenti in contenitori da trasporto chiusi, l’aria di spostamento deve essere raccolta e convogliata ad un impianto di abbattimento.

3.6. La copertura delle strade, percorse da mezzi di trasporto, deve essere tale da non dar luogo ad emissioni di polveri.

4. Stoccaggio di materiali polverulenti.

4.1. L’autorità competente stabilisce le prescrizioni per lo stoccaggio dei materiali polverulenti tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:

– possibilità di stoccaggio in silos;

– possibilità di realizzare una copertura della sommità e di tutti i lati del cumulo di materiali sfusi, incluse tutte le attrezzature ausiliarie;

– possibilità di realizzare una copertura della superficie, per esempio utilizzando stuoie;

– possibilità di stoccaggio su manti erbosi;

– possibilità di costruire terrapieni coperti di verde, piantagioni e barriere frangivento;

– umidificazione costante e sufficiente della superficie del suolo.

5. Materiali polverulenti contenenti specifiche categorie di sostanze.

5.1. Si applica sempre la prescrizione più severa tra quelle che i punti precedenti rimettono alla scelta dell’autorità competente, nel caso in cui i materiali polverulenti contengano sostanze comprese nelle classi riportate nella seguente tabella al di sopra dei corrispondenti valori, riferiti al secco, in una frazione di materiale separabile mediante setacciatura con setaccio dotato di maglie aventi una larghezza massima di 5 mm.

--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella A1, |                      |
| classe I                                              |       50 mg/kg       |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella A2  |       50 mg/kg       |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze di cui all'allegato I, parte II, tabella B   |       50 mg/kg       |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze di cui all'allegato I, paragrafo 1,          |                      |
| tabella A1, classe II                                 |       0,50 g/kg      |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze di cui all'allegato I, parte II,, tabella B, |                      |
| classe II                                             |       0,50 g/kg      |
--------------------------------------------------------------------------------
| sostanze di cui all'allegato 1, paragrafo 1,          |                      |
| tabella A1, classe III                                |        5,0 g/kg      |
--------------------------------------------------------------------------------

Parte II

Emissioni in forma di gas o vapore derivanti dalla lavorazione, trasporto, travaso e stoccaggio di sostanze organiche liquide

1. Pompe.

1.1. Il gestore deve garantire una tenuta efficace delle pompe utilizzate per la movimentazione di sostanze organiche liquide con punto di infiammabilità inferiore a 21 °C e con punto di ebollizione fino a 200°C, le quali contengano:

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella A1 per le sostanze della classe I in quantità superiore a 10 mg/kg,

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella A1, classi II e III, in quantità superiore a 50 g/kg,

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella D, classe I in quantità superiore a 50 g/kg,

1.2 Nei casi previsti dal punto 1.1, ove non possa essere garantita l’efficace tenuta delle pompe, devono essere installati idonei sistemi di aspirazione delle perdite di gas o vapore e sistemi di convogliamento ad impianti di abbattimento.

2. Compressori.

2.1. Il gestore deve effettuare il degasaggio del liquido residuo conseguente all’arresto dei compressori utilizzati per i gas contenenti:

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella A1, classe I

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella A1, classi II e III in quantità superiore a 50 g/kg

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella D, classe I in quantità superiore a 50 g/kg,

3. Raccordi a flangia.

3.1. I raccordi a flangia, con particolare riferimento al caso in cui vi defluiscono miscele contenti sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella A1 o sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella D, classe I, devono essere usati soltanto se garantiscono un buon livello di tenuta.

4. Valvolame.

4.1. Le valvole devono essere rese ermetiche con adeguati sistemi di tenuta nel caso in cui siano attraversate da miscele contenenti:

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella A1, classe I,

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella A1, classi II e III in quantità superiore a 50 g/kg,

– sostanze di cui all’allegato I, parte II, tabella D, classe I in quantità superiore a 50 g/kg.

5. Campionamento.

5.1. I punti in cui si prelevano campioni di sostanze organiche liquide devono essere incapsulati o dotati di dispositivi di bloccaggio, al fine di evitare emissioni durante il prelievo.

5.2. Durante il prelievo dei campioni il prodotto di testa deve essere rimesso in circolo o completamente raccolto.

6. Caricamento.

6.1 Nel caricamento di sostanze organiche liquide devono essere assunte speciali misure per il contenimento delle emissioni, come l’aspirazione e il convogliamento dei gas di scarico in un impianto di abbattimento.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 36     

ALLEGATO VI ALLA PARTE QUINTA (1)

Criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione

1. Definizioni

1.1. Ai fini del presente allegato si intende per:

a) misura diretta: misura effettuata con analizzatori che forniscono un segnale di risposta direttamente proporzionale alla concentrazione dell’inquinante;

b) misura indiretta: misura effettuata con analizzatori che forniscono un segnale di risposta direttamente proporzionale ad un parametro da correlare, tramite ulteriori misure, alle concentrazioni dell’inquinante, come, ad esempio, la misura di trasmittanza o di estinzione effettuata dagli analizzatori di tipo ottico;

c) periodo di osservazione: intervallo temporale a cui si riferisce il limite di emissione da rispettare. Tale periodo, a seconda della norma da applicare, può essere orario, giornaliero, di 48 ore, di sette giorni, di un mese, di un anno. In relazione a ciascun periodo di osservazione, devono essere considerate le ore di normale funzionamento;

d) ore di normale funzionamento: il numero delle ore in cui l’impianto è in funzione, con l’esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi di guasto, salvo diversamente stabilito dal presente decreto, dalle normative adottate ai sensi dell’articolo 271, comma 3, o dall’autorizzazione;

e) valore medio orario o media oraria: media aritmetica delle misure istantanee valide effettuate nel corso di un’ora solare;

f) valore medio giornaliero o media di 24 ore: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati dalle ore 00:00:01 alle ore 24:00:00;

g) valore di 48 ore o media di 48 ore: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso di 48 ore di normale funzionamento, anche non consecutive;

h) valore medio mensile: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso del mese; per mese, salvo diversamente specificato, si intende il mese di calendario;

i) valore medio annuale: media aritmetica dei valori medi orari rilevati nel corso del periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre successivo;

j) media mensile mobile: valore medio mensile riferito agli ultimi 30 giorni interi, vale a dire alle 24 ore di ogni giorno; le elaborazioni devono essere effettuate al termine di ogni giorno;

k) media mobile di sette giorni: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati durante gli ultimi 7 giorni interi; le elaborazioni devono essere effettuate al termine di ogni giorno;

l) disponibilità dei dati elementari: la percentuale del numero delle misure elementari valide acquisite, relativamente ad un valore medio orario di una misura, rispetto al numero dei valori teoricamente acquisibili nell’arco dell’ora;

m) sistemi di misura estrattivi: sistemi basati sull’estrazione del campione dall’effluente gassoso; l’estrazione avviene direttamente, nel caso dei sistemi ad estrazione diretta, o con diluizione del campione, negli altri casi;

n) sistemi di misura non estrattivi o analizzatori in situ: sistemi basati sulla misura eseguita direttamente su un volume definito di effluente, all’interno del condotto degli effluenti gassosi; tali sistemi possono prevedere la misura lungo un diametro del condotto, e in tal caso sono definiti strumenti in situ lungo percorso o strumenti in situ path, o la misura in un punto o in un tratto molto limitato dell’effluente gassoso, e in tal caso sono definiti strumenti in situ puntuale o strumenti in situ point.

o) calibrazione: procedura di verifica dei segnali di un analizzatore a risposta lineare sullo zero e su un prefissato punto intermedio della scala (span), il quale corrisponde tipicamente all’80% del fondo scala.

2. Metodi di valutazione delle misure effettuate dal gestore dell’impianto e delle misure effettuate dall’autorità competente per il controllo.

2.1 Ai fini di una corretta interpretazione dei dati, alle misure di emissione effettuate con metodi discontinui o con metodi continui automatici devono essere associati i valori delle grandezze più significative dell’impianto, atte a caratterizzarne lo stato di funzionamento (ad esempio: produzione di vapore, carico generato, assorbimento elettrico dei filtri di captazione, ecc.).

2.2. Salvo diversamente indicato nel presente decreto, in caso di misure in continuo, le emissioni convogliate si considerano conformi ai valori limite se nessuna delle medie di 24 ore supera i valori limite di emissione e se nessuna delle medie orarie supera i valori limite di emissione di un fattore superiore a 1,25.

2.3. Salvo diversamente indicato nel presente decreto, in caso di misure discontinue, le emissioni convogliate si considerano conformi ai valori limite se, nel corso di una misurazione, la concentrazione, calcolata come media di almeno tre letture consecutive e riferita ad un’ora di funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, non supera il valore limite di emissione.

2.4. Il sistema di misura in continuo di ciascun inquinante deve assicurare un indice di disponibilità mensile delle medie orarie, come definito al punto 5.5, non inferiore all’80%. Nel caso in cui tale valore non sia raggiunto, il gestore è tenuto a predisporre azioni correttive per migliorare il funzionamento del sistema di misura, dandone comunicazione all’autorità competente per il controllo.

2.5. Il gestore il quale preveda che le misure in continuo di uno o più inquinanti non potranno essere effettuate o registrate per periodi superiori a 48 ore continuative, è tenuto ad informare tempestivamente l’autorità competente per il controllo. In ogni caso in cui, per un determinato periodo, non sia possibile effettuare misure in continuo, laddove queste siano prescritte dall’autorizzazione, il gestore è tenuto, ove tecnicamente ed economicamente possibile, ad attuare forme alternative di controllo delle emissioni basate su misure discontinue, correlazioni con parametri di esercizio o con specifiche caratteristiche delle materie prime utilizzate. Per tali periodi l’autorità competente per il controllo stabilisce, sentito il gestore, le procedure da adottare per la stima delle emissioni. La disposizione data da tale autorità deve essere allegata al registro di cui al punto 2.7.

2.6. I dati misurati o stimati con le modalità di cui al punto 2.5 concorrono ai fini della verifica del rispetto dei valori limite.

2.7. I dati relativi ai controlli analitici discontinui previsti nell’autorizzazione ed ai controlli previsti al punto 2.5 devono essere riportati dal gestore su appositi registri ai quali devono essere allegati i certificati analitici. I registri devono essere tenuti a disposizione dell’autorità competente per il controllo. Uno schema esemplificativo per la redazione dei registri è riportato in appendice 1.

2.8. Ogni interruzione del normale funzionamento degli impianti di abbattimento (manutenzione ordinaria e straordinaria, guasti, malfunzionamenti, interruzione del funzionamento dell’impianto produttivo) deve essere annotata su un apposito registro. Il registro deve essere tenuto a disposizione dell’autorità competente per il controllo. Uno schema esemplificativo per la redazione del registro è riportato in appendice 2.

2.9. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 271, comma 17, ai fini della verifica del rispetto dei valori limite si applicano le procedure di calibrazione degli strumenti di misura stabilite dall’autorità competente per il controllo sentito il gestore.

3. Requisiti e prescrizioni funzionali dei sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni

3.1. Nella realizzazione e nell’esercizio dei sistemi di rilevamento devono essere perseguiti, per la misura di ogni singolo parametro, elevati livelli di accuratezza e di disponibilità dei dati elementari. Il sistema di rilevamento deve essere realizzato con una configurazione idonea al funzionamento continuo non presidiato in tutte le condizioni ambientali e di processo. Il gestore è tenuto a garantire la qualità dei dati mediante l’adozione di procedure che documentino le modalità e l’avvenuta esecuzione degli interventi manutentivi programmati e straordinari e delle operazioni di calibrazione e taratura della strumentazione di misura. Tali procedure sono stabilite dall’autorità competente per il controllo sentito il gestore e devono, in particolare, prevedere:

a) la verifica periodica, per ogni analizzatore, della risposta strumentale su tutto l’intervallo di misura tramite prove e tarature fuori campo;

b) il controllo e la correzione in campo delle normali derive strumentali o dell’influenza esercitata sulla misura dalla variabilità delle condizioni ambientali;

c) l’esecuzione degli interventi manutentivi periodici per il mantenimento dell’integrità e dell’efficienza del sistema, riguardanti, ad esempio, la sostituzione dei componenti attivi soggetti ad esaurimento, la pulizia di organi filtranti, ecc.;

d) la verifica periodica in campo delle curve di taratura degli analizzatori.

3.2. Per ogni strumento devono essere registrate le azioni di manutenzione periodica e straordinaria mediante la redazione di una tabella di riepilogo degli interventi, di cui è riportato uno schema esemplificativo in appendice 3.

3.3. Gli analizzatori in continuo devono essere certificati. In attesa della disciplina di un’apposita certificazione da introdurre ai sensi dell’articolo 271, comma 17, possono essere utilizzati, previa verifica di idoneità da parte dell’autorità competente per il controllo, gli analizzatori provvisti di una certificazione acquisita da un ente certificatore estero appartenente ad uno Stato dell’Unione europea accreditato da un ente operante nell’ambito della convenzione denominata “European cooperation for accreditation”, purché l’atto di certificazione sia corredato da:

a) rapporti di prova emessi da laboratori che effettuano prove accreditate secondo la norma EN ISO/IEC 17025 in cui siano indicati il campo di misura, il limite di rilevabilità, la deriva, il tempo di risposta e la disponibilità dei dati sul lungo periodo; tali rapporti, su richiesta dell’autorità competente, devono essere resi disponibili in lingua italiana, con traduzione asseverata presso i competenti uffici del Tribunale;

b) esiti delle verifiche di sistema condotte secondo la norma EN 45011 dall’ente certificatore.

In alternativa a tali analizzatori possono essere utilizzati, previa verifica di idoneità da parte dell’autorità competente per il controllo, gli analizzatori autorizzati, con apposito provvedimento, da una pubblica amministrazione di uno Stato estero appartenente all’Unione europea. In questo caso il provvedimento deve essere corredato dalla documentazione di cui alla lettera a).

Nella verifica di idoneità l’autorità valuta, anche sulla base dei parametri indicati nella lettera a) la capacità degli analizzatori di rilevare gli inquinanti nelle emissioni dell’impianto in relazione alle caratteristiche qualitative e quantitative degli inquinanti, ai valori limite di emissione e alle eventuali prescrizioni contenute nell’autorizzazione.

3.4. La misura in continuo delle grandezze deve essere realizzata con un sistema che espleti le seguenti funzioni:

– campionamento ed analisi;

– calibrazione;

– acquisizione, validazione, elaborazione automatica dei dati.

Tali funzioni possono essere svolte da sottosistemi a sé stanti, eventualmente comuni a più analizzatori, oppure da una singola apparecchiatura di analisi.

3.5. La sezione di campionamento deve essere posizionata secondo la norma UNI 10169 (edizione giugno 1993) o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, secondo le disposizioni date dalle autorità competenti per il controllo, sentito il gestore. La sezione di campionamento deve essere resa accessibile e agibile, con le necessarie condizioni di sicurezza, per le operazioni di rilevazione.

3.6. Ogni analizzatore installato deve avere un sistema di calibrazione in campo. Il sistema di calibrazione, ove tecnicamente possibile in relazione al tipo di analizzatore utilizzato, deve essere di tipo automatico e può utilizzare:

– sistemi di riferimento esterni, quali bombole con concentrazioni certificate o calibratori dinamici,

oppure, se l’utilizzo dei sistemi di riferimento esterni non é tecnicamente o economicamente possibile,

– sistemi interni agli analizzatori stessi.

3.7. Il sistema per l’acquisizione, la validazione e l’elaborazione dei dati, in aggiunta alle funzioni di cui ai punti seguenti, deve consentire:

– la gestione delle segnalazioni di allarme e delle anomalie provenienti dalle varie apparecchiature;

– la gestione delle operazioni di calibrazione automatica, ove prevista;

– l’elaborazione dei dati e la redazione di tabelle in formato idoneo per il confronto con i valori limite; tali tabelle sono redatte secondo le indicazioni riportate nel punto 5.4.

3.7.1. L’acquisizione dei dati comprende le seguenti funzioni:

– la lettura istantanea, con opportuna frequenza, dei segnali elettrici di risposta degli analizzatori o di altri sensori;

– la traduzione dei segnali elettrici di risposta in valori elementari espressi nelle unità di misura pertinenti alla grandezza misurata;

– la memorizzazione dei segnali validi;

– il rilievo dei segnali di stato delle apparecchiature principali ed ausiliarie necessarie per lo svolgimento delle funzioni precedenti.

Per lo svolgimento di tali funzioni e per le elaborazioni dei segnali acquisiti è ammesso l’intervento dell’operatore, il quale può introdurre nel sistema dati e informazioni. Tali dati e informazioni devono essere archiviati e visualizzati con gli stessi criteri degli altri parametri misurati.

3.7.2. Il sistema di validazione delle misure deve provvedere automaticamente, sulla base di procedure di verifica predefinite, a validare sia i valori elementari acquisiti, sia i valori medi orari calcolati. Le procedure di validazione adottate in relazione al tipo di processo e ad ogni tipo di analizzatore, devono essere stabilite dall’autorità competente per il controllo, sentito il gestore. Per i grandi impianti di combustione, i dati non sono comunque validi se:

– i dati elementari sono stati acquisiti in presenza di segnalazioni di anomalia del sistema di misura tali da rendere inaffidabile la misura stessa;

– i segnali elettrici di risposta dei sensori sono al di fuori di tolleranze predefinite;

– lo scarto tra l’ultimo dato elementare acquisito ed il valore precedente supera una soglia massima che deve essere fissata dall’autorità competente per il controllo;

– il numero di dati elementari validi che hanno concorso al calcolo del valore medio orario è inferiore al 70% del numero dei valori teoricamente acquisibili nell’arco dell’ora;

– il massimo scarto tra le misure elementari non è compreso in un intervallo fissato dall’autorità competente per il controllo;

– il valore medio orario non è compreso in un intervallo fissato dall’autorità competente per il controllo;

3.7.3 Le soglie di validità di cui al punto precedente devono essere fissate in funzione del tipo di processo e del sistema di misura. I valori medi orari archiviati devono essere sempre associati ad un indice di validità che permetta di escludere automaticamente i valori non validi o non significativi dalle elaborazioni successive.

3.7.4. Per preelaborazione dei dati si intende l’insieme delle procedure di calcolo che consentono di definire i valori medi orari espressi nelle unità di misura richieste e riferiti alle condizioni fisiche prescritte, partendo dai valori elementari acquisiti nelle unità di misura pertinenti alla grandezza misurata. Nel caso in cui sia prevista la calibrazione automatica degli analizzatori, la preelaborazione include anche la correzione dei valori misurati sulla base dei risultati dell’ultima calibrazione valida.

3.8. Se la misura di concentrazione è effettuata sui effluenti gassosi umidi e deve essere riportata ad un valore riferito agli effluenti gassosi secchi si applica la seguente formula:


dove:

РCs ̬ la concentrazione riferita agli effluenti gassosi secchi;

РCu ̬ la concentrazione riferita agli effluenti gassosi umidi;

– Uf è il contenuto di vapor d’acqua negli effluenti gassosi espresso come rapporto in volume (v/v).

3.8.1. Per i sistemi di misura di tipo estrattivo dotati di apparato di deumidificazione del campione con umidità residua corrispondente all’umidità di saturazione ad una temperatura non superiore a 4 °C, le concentrazioni misurate possono essere considerate come riferite agli effluenti gassosi secchi. In tal caso non è necessaria la correzione di cui al punto precedente.

3.8.2. Ove le caratteristiche del processo produttivo sono tali per cui la percentuale di umidità dipende da parametri noti è ammessa la determinazione del tenore di umidità a mezzo calcolo tramite dati introdotti nel sistema dall’operatore.

3.9. Quando in un processo di produzione è stato verificato che nelle emissioni la concentrazione di NO2 è inferiore o uguale al 5% della concentrazione totale di NOx (NOx= NO + NO2), è consentita la misura del solo monossido di azoto (NO). In tal caso la concentrazione degli ossidi di azoto NOx si ottiene tramite il seguente calcolo: NOx = NO/0,95.

3.10. Ove opportuno può essere adottato un criterio analogo a quello del punto 3.9. per la misura degli ossidi di zolfo (SOx = SO2 + SO3) (x, 2, 3 sono deponenti).

4. Tarature e verifiche

4.1. Le verifiche periodiche, di competenza del gestore, consistono nel controllo periodico della risposta su tutto il campo di misura dei singoli analizzatori, da effettuarsi con periodicità almeno annuale. Tale tipo di verifica deve essere effettuata anche dopo interventi manutentivi conseguenti ad un guasto degli analizzatori.

4.2. Nel caso di analizzatori utilizzati nei sistemi estrattivi, la taratura coincide con le operazioni di calibrazione strumentale. La periodicità dipende dalle caratteristiche degli analizzatori e dalle condizioni ambientali di misura e deve essere stabilita dall’autorità competente per il controllo, sentito il gestore.

4.2.1 Nel caso di analizzatori in situ per la misura di gas o di polveri, che forniscono una misura indiretta del valore della concentrazione, la taratura consiste nella determinazione in campo della curva di correlazione tra risposta strumentale ed i valori forniti da un secondo sistema manuale o automatico che rileva la grandezza in esame. In questo caso la curva di taratura è definita con riferimento al volume di effluente gassoso nelle condizioni di pressione, temperatura e percentuale di ossigeno effettivamente presenti nel condotto e senza detrazioni della umidità (cioè in mg/m3 e su tal quale). I valori determinati automaticamente dal sistema in base a tale curva sono riportati, durante la fase di preelaborazione dei dati, alle condizioni di riferimento prescritte. La curva di correlazione si ottiene per interpolazione, da effettuarsi col metodo dei minimi quadrati o con altri criteri statistici, dei valori rilevati attraverso più misure riferite a diverse concentrazioni di inquinante nell’effluente gassoso. Devono essere effettuate almeno tre misure per tre diverse concentrazioni di inquinante. L’interpolazione può essere di primo grado (lineare) o di secondo grado (parabolica) in funzione del numero delle misure effettuate a diversa concentrazione, del tipo di inquinante misurato e del tipo di processo. Deve essere scelta la curva avente il coefficiente di correlazione più prossimo all’unità. Le operazioni di taratura sopra descritte devono essere effettuate con periodicità almeno annuale.

4.2.2. La risposta strumentale sullo zero degli analizzatori in situ con misura diretta deve essere verificata nei periodi in cui l’impianto non è in funzione.

4.3. Le verifiche in campo sono le attività destinate all’accertamento della correttezza delle operazioni di misura. Tali attività sono effettuate dall’autorità competente per il controllo o dal gestore sotto la supervisione della stessa.

4.3.1. Per gli analizzatori in situ che forniscono una misura indiretta le verifiche in campo coincidono con le operazioni di taratura indicate nel punto 4.2.

4.3.2 Per le misure di inquinanti gassosi basati su analizzatori in situ con misura diretta e di tipo estrattivo, la verifica in campo consiste nella determinazione dell’indice di accuratezza relativo da effettuare come descritto nel punto 4.4. e con periodicità almeno annuale.

4.4. La verifica di accuratezza di una misura si effettua confrontando le misure rilevate dal sistema in esame con le misure rilevate nello stesso punto o nella stessa zona di campionamento da un altro sistema di misura assunto come riferimento. L’accordo tra i due sistemi si valuta, effettuando almeno tre misure di confronto, tramite l’indice di accuratezza relativo (IAR). Tale indice si calcola, dopo aver determinato i valori assoluti (xi) delle differenze delle concentrazioni misurate dai due sistemi nelle N prove effettuate, applicando la formula seguente:


dove:

РM ̬ la media aritmetica degli N valori xi

РMr ̬ la media dei valori delle concentrazioni rilevate dal sistema di riferimento;

– Ic è il valore assoluto dell’intervallo di confidenza calcolato per la media degli N valori xi ossia:


dove:

РN ̬ il numero delle misure effettuate

РS ̬ la deviazione standard dei valori xi cio̬:


– tn è la variabile casuale t di Student calcolata per un livello di fiducia del 95% e per n gradi di libertà pari a (N – 1). I valori di tn sono riportati nella tabella seguente in funzione di N:

-------------------------------------
|        N        |       tn        |
-------------------------------------
|        3        |      4.303      |
-------------------------------------
|        4        |      3.182      |
-------------------------------------
|        5        |      2.776      |
-------------------------------------
|        6        |      2.571      |
-------------------------------------
|        7        |      2.447      |
-------------------------------------
|        8        |      2.365      |
-------------------------------------
|        9        |      2.306      |
-------------------------------------
|       10        |      2.262      |
-------------------------------------
|       11        |      2.229      |
-------------------------------------
|       12        |      2.201      |
-------------------------------------
|       13        |      2.179      |
-------------------------------------
|       14        |      2.160      |
-------------------------------------
|       15        |      2.145      |
-------------------------------------
|       16        |      2.131      |
-------------------------------------

La correttezza delle operazioni di misura è verificata se l’indice di accuratezza relativo delle due misure è superiore all’80%.

5. Elaborazione, presentazione e valutazione dei risultati

5.1. In fase di preelaborazione dei dati il valore medio orario deve essere invalidato se la disponibilità dei dati elementari è inferiore al 70%.

5.1.1. Salvo diversamente disposto dall’autorizzazione, i valori medi su periodi di osservazione diversi dall’ora sono calcolati, ai fini del confronto con i pertinenti valori limite, a partire dal valore medio orario.

5.1.2. I valori medi orari calcolati sono utilizzabili nelle elaborazioni successive ai fini della verifica dei valori limite se, oltre ad essere validi relativamente alla disponibilità dei dati elementari, si riferiscono ad ore di normale funzionamento. Il sistema di acquisizione o elaborazione dei dati deve essere pertanto in grado di determinare automaticamente, durante il calcolo delle medie per periodi di osservazione superiori all’ora, la validità del valore medio orario. I valori di concentrazione devono essere riportati alle condizioni di riferimento e sono ritenuti validi se sono valide le misure, effettuate contemporaneamente, di tutte le grandezze necessarie alla determinazione di tali valori, fatto salvo quanto previsto dal punto 3.8.2.

5.2. Salvo diversamente disposto nell’autorizzazione, i limiti alle emissioni si intendono riferiti alle concentrazioni mediate sui periodi temporali (medie mobili di 7 giorni, mensili, giornaliere ecc.) indicati, per le diverse tipologie di impianto, nel presente decreto.

5.2.1. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie giornaliere, allo scadere di ogni giorno devono essere calcolati ed archiviati i valori di concentrazione medi giornalieri secondo quanto indicato al punto 5.1.1. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie riferite al giorno sia inferiore al 70% il valore medio giornaliero è invalidato. In questi casi la verifica del rispetto del limite giornaliero deve essere effettuata con le procedure previste nel punto 5.5.1. Il valore medio giornaliero non deve essere calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento nel giorno siano inferiori a 6. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio giornaliero. Ove prescritto nell’autorizzazione o richiesto dall’autorità competente per il controllo, nel caso in cui l’autorizzazione stabilisca un valore limite di emissione riferito ad un periodo di osservazione inferiore al mese, allo scadere di ogni giorno devono essere registrati i casi in cui il valore medio giornaliero è risultato superiore al valore limite; tale superamento deve essere espresso come incremento percentuale rispetto al valore limite.

5.2.2. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie mobili di 7 giorni, allo scadere di ogni giorno devono essere calcolati ed archiviati i valori di concentrazione media degli ultimi sette giorni trascorsi (media mobile di sette giorni). Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie calcolate nei sette giorni sia inferiore al 70% il valore medio è invalidato. La media dei sette giorni non deve essere calcolata nel caso in cui le ore di normale funzionamento nei sette giorni sono inferiori a 42. In tali casi si ritiene non significativo il valore della media.

5.2.3. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie mensili, allo scadere di ogni mese civile devono essere calcolati ed archiviati il valore limite relativo al mese trascorso (nel caso di impianti multicombustibile) ed il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo. Il valore medio mensile non deve essere calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento nel mese civile siano inferiori a 144. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nel mese, calcolata secondo quanto indicato al punto 5.5, sia inferiore all’80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non deve essere considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite mensile deve essere effettuata ai sensi del punto 5.5.1.

5.2.4. Fermo restando quanto stabilito al punto 5.3, per gli impianti di cui all’allegato I, parte IV, sezione 1, il mese, salvo diversa prescrizione autorizzativa, è inteso come una sequenza di 720 ore di normale funzionamento. Il valore medio mensile è la media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso di ognuna delle sequenze consecutive di 720 ore considerate.

5.2.5 I valori medi mensili calcolati ai sensi del punto 5.2.4. sono archiviati e, ove richiesto dall’autorità competente per il controllo, trasmessi alla stessa unitamente ai riferimenti di inizio e fine periodo del calcolo nonché al numero dei dati validi che concorrono al calcolo stesso. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie valide nelle 720 ore considerate sia inferiore all’80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non è considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite deve essere effettuata con le procedure previste nel punto 5.5.1.

5.3. Per i grandi impianti di combustione, di cui all’allegato II, parte I, paragrafo 3, relativamente agli inquinanti SO2 ed NOX (2, x sono deponenti) e polveri, allo scadere di ogni mese civile sono calcolati ed archiviati i seguenti valori:

– il valore limite di emissione relativo al mese trascorso, calcolato secondo quanto previsto nello stesso paragrafo;

– il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo.

Fermo restando il calcolo delle medie di 48 ore per gli impianti di combustione anteriori al 1988 e anteriori al 2006 e salvo diversa disposizione autorizzativa o data dall’autorità competente per il controllo, il valore medio mensile non viene calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento nel mese civile siano inferiori a 240. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nel mese calcolate ai sensi del punto 5.5. sia inferiore all’80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non è considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite mensile è effettuata ai sensi del punto 5.5.1.

5.3.1 Il calcolo delle medie di 48 ore si riferisce a sequenze consecutive di 48 ore di normale funzionamento. Ogni media è archiviata allo scadere del periodo a cui il calcolo si riferisce. Contestualmente deve essere calcolato, ai sensi dell’allegato II, parte I, paragrafo 3, e archiviato il valore limite relativo alle stesse 48 ore di normale funzionamento. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nelle 48 ore considerate sia inferiore al 70% il valore medio non è considerato valido ai fini della verifica del rispetto del limite sulle medie di 48 ore. Allo scadere di ognuno dei periodi di calcolo si provvede ad aggiornare e archiviare l’elenco dei casi in cui le medie di 48 ore hanno superato il 110% del limite corrispondente ed il numero delle medie di 48 ore valide dall’inizio dell’anno. Nel calcolare le percentuali delle medie di 48 ore da sottoporre a verifica si fa riferimento alle medie di 48 ore valide e si approssima il numero risultante per eccesso o per difetto al numero intero più vicino.

5.4. Il gestore è tenuto a conservare e a mettere a disposizione dell’autorità competente per il controllo, per un periodo minimo di cinque anni, salvo diversa disposizione autorizzativa, i dati rilevati ed elaborati secondo quanto previsto ai punti 5.1, 5.2. e 5.3 utilizzando, per l’archiviazione, appositi formati predisposti dall’autorità competente per il controllo, sentito il gestore. Si riporta in appendice 4 un esempio di tale formato relativo ai grandi impianti di combustione.

5.5. L’indice di disponibilità mensile delle medie orarie del singolo inquinante, si calcola nel seguente modo:


dove:

РNs ̬ il numero delle medie orarie valide registrate dal sistema di acquisizione.

– Onf sono le ore di normale funzionamento dell’impianto nel mese.

Il gestore è tenuto a riportare nella documentazione di cui al punto 5.4 le cause di indisponibilità dei dati.

5.5.1. Qualora l’indice di cui al punto 5.5. sia inferiore all’80%, la verifica del rispetto dei valori limite deve essere effettuata integrando i dati rilevati automaticamente con i dati e le informazioni raccolti in conformità a quanto indicato nei punti 2.5, 2.6 e 2.7.

Appendice 1

Schema esemplificativo dei registri relativi ai controlli discontinui di cui ai punti 2.5 e 2.7

--------------------------------------------------------------------------------
| Ragione                                                              sociale |
| ............................................................................ |
--------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------------------------
| Autorizzazione alle emissioni in atmosfera n. ............. del              |
--------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------------------------
| Sigla  |Origine|  Data  |Portata|Inquinanti| Concen- | Flusso| Valori limite |
|  dei   |       |   del  |(Nm3/h)|  emessi  |trazione |   di  |---------------|
| punti  |       |prelievo|       |          |(mg/Nm3) | massa | mgNm3 |  g/h  |
|di emis-|       |        |       |          |         | (g/h) |       |       |
| sione  |       |        |       |          |         |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|        |       |        |       |          |         |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|        |       |        |       |          |         |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|        |       |        |       |          |         |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------
|        |       |        |       |          |         |       |       |       |
--------------------------------------------------------------------------------

Appendice 2

Schema esemplificativo del registro relativo ai casi di interruzione del normale funzionamento degli impianti di abbattimento (manutenzione ordinaria e straordinaria, guasti, malfunzionamenti, interruzione dell’impianto produttivo) (punto 2.8.)

--------------------------------------------------------------------------------
| Ragione                                                              sociale |
| ............................................................................ |
--------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------------------------
| Autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex art. ..... n. ..... del        |
--------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------------------------
|   Sigla   |  Tipologia  |    Motivo    | Data ed ora |Data ed ora |  Durata  |
| emissioni | impianto di | interruzione | dell'inter- |    del     |  della   |
|           |abbattimento |dell'esercizio|   ruzione   | ripristino | fermata  |
|           |             |              |             |            |  in ore  |
--------------------------------------------------------------------------------
|           |             |              |             |            |          |
--------------------------------------------------------------------------------
|           |             |              |             |            |          |
--------------------------------------------------------------------------------
|           |             |              |             |            |          |
--------------------------------------------------------------------------------
|           |             |              |             |            |          |
--------------------------------------------------------------------------------

Appendice 3

Schema esemplificativo della tabella di riepilogo degli interventi di manutenzione periodica e straordinaria degli strumenti di misura (punto 3.2.)

QUADERNO DI MANUTENZIONE

Stabilimento …………………

Apparecchio N. ……………….

Manutenzione periodica

Tipo di manutenzione ………….

Ditta che esegue il lavoro

Addetto alle prove

Calendario degli interventi periodici

--------------------------------------------------------------------------------
| Data                   | Firma addetto             | Note                    |
--------------------------------------------------------------------------------
|                        |                           |                         |
--------------------------------------------------------------------------------
|                        |                           |                         |
--------------------------------------------------------------------------------
|                        |                           |                         |
--------------------------------------------------------------------------------
|                        |                           |                         |
--------------------------------------------------------------------------------

Interventi straordinari

Tipo di strumento

Tipo di malfunzionamento

Data

Rilevato da

Intervento N.

Eseguito da

Data

Esito

Descrizione intervento

Firma dell’addetto

Appendice 4

Esempio di formato per l’archiviazione dei dati relativi ai grandi impianti di combustione (punto 5.4).

Tabella dei dati giornalieri

Dati di riferimento:

– numero delle ore di normale funzionamento nelle 48 ore trascorse (dalle 24 del giorno corrente alle ore 0 del giorno precedente);

– frazione della potenza media generata (elettrica o termica) con i diversi combustibili nel giorno e nelle 48 ore trascorse (proporzione in ragione del calore prodotto dai diversi combustibili);

– tenore di ossigeno di riferimento nelle 48 ore trascorse;

– tenore medio di ossigeno misurato nelle 48 ore trascorse;

Dati per inquinante:

– limiti applicabili nelle 48 ore;

– concentrazione media nelle 48 ore trascorse;

– numero delle medie orarie valide nelle 48 ore trascorse;

Tabella dei dati mensili e di sintesi

La tabella riporta i valori medi mensili di consuntivo e i dati di sintesi per i parametri da valutare su base annuale.

Dati di riferimento:

– numero delle ore di normale funzionamento nel mese;

– tenore di ossigeno di riferimento (può essere variabile nel caso di impianti multicombustibile);

– tenore medio di ossigeno misurato;

– frazione della potenza generata (elettrica o termica) con i diversi combustibili nel mese.

Dati per inquinante:

– concentrazioni medie mensili rilevate;

– numero delle medie orarie valide rilevate nel mese;

– limiti applicabili nel mese;

– numero delle 48 ore caratterizzate da media valida;

– numero delle medie di 48 ore che nel mese hanno superato il 110% del limite corrispondente.

Tabella dei dati annuali

La tabella riporta il riepilogo di tutti i valori mensili consuntivati ed il consuntivo per inquinante dei dati da valutare su base annuale.

Dati su base annuale:

– numero delle ore di normale funzionamento nell’anno;

Рnumero delle 48 ore caratterizzate da media valida ed il calcolo del 5% o del 3% di tale numero (cio̬ del complemento al 95 e al 97%);

– numero delle medie di 48 ore che nell’anno hanno superato il 110% del limite corrispondente.

(1) A norma dell’articolo 28, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, al presente allegato i riferimenti alle “ore di normale funzionamento” devono essere intesi, relativamente ai grandi impianti di combustione, come riferimenti alle “ore operative”.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 37     

ALLEGATO VII ALLA PARTE QUINTA

Operazioni di deposito della benzina e sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione

Parte I

1. Definizioni

Ai fini del presente allegato si intende per:

a) vapori: composti aeriformi che evaporano dalla benzina;

b) vapori di ritorno: vapori provenienti da impianti di deposito o da cisterne mobili in fase di caricamento;

c) vapori residui: vapori che rimangono nella cisterna dopo lo scarico di benzina agli impianti di deposito;

d) sistema di recupero dei vapori: l’attrezzatura per il recupero di benzina dai vapori durante le operazioni di caricamento presso i terminali;

e) carro-cisterna: una cisterna mobile costituita da una sovrastruttura che comprende una o più cisterne ed i relativi equipaggiamenti, e da un telaio munito dei propri equipaggiamenti (ruote, sospensioni), destinata al trasporto di benzine su rotaia;

f) nave-cisterna: una cisterna mobile costituite da una nave destinata alla navigazione interna quale definita nel capitolo 1 della direttiva 82/714/CEE del Consiglio, del 4 ottobre 1982, destinata al trasporto di benzine in cisterne;

Parte II

1. Requisiti per gli impianti di deposito di benzina presso i terminali

1.1 Rivestimenti

Le pareti esterne ed i tetti degli impianti di deposito di superficie devono essere dipinti di un colore con riflessione totale del calore radiante pari o superiore al 70%. Il rispetto di tali adempimenti deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione in cui si attesti che, per la verniciatura, sono state utilizzate vernici certificate dal fornitore come rispondenti alle norme contenute nell’appendice, applicate secondo regole di buona tecnica.

Detta disposizione non si applica agli impianti di deposito collegati ad un sistema di recupero dei vapori conforme ai requisiti di cui al punto 2.3.

Le operazioni di verniciatura possono essere programmate in modo da essere effettuate come parte dei normali cicli di manutenzione degli impianti di deposito. Il programma delle manutenzioni deve essere conservato dal gestore e reso disponibile su richiesta dell’autorità competente per il controllo.

1.2 Dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina

Gli impianti di deposito con tetto galleggiante esterno devono essere dotati di un dispositivo primario di tenuta che copra lo spazio anulare tra la parete del serbatoio e il perimetro esterno del tetto galleggiante, nonché di un dispositivo secondario fissato su quello primario. Tali dispositivi devono essere progettati in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 95% di quello di un serbatoio similare, a tetto fisso, privo di dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori ovvero di un serbatoio a tetto fisso dotato solo di valvola limitatrice di pressione. Il rispetto di tali adempimenti deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione in cui si attesti che la progettazione del sistema a doppia tenuta risponde a quanto previsto dal presente punto 1.2, verificato sulla base delle procedure di stima, contenute nella normativa API (American Petroleum Institute) MPMS, Chapter 19, e che tale sistema è stato installato a regola d’arte. A tal fine si utilizza il “Manual of Petroleum Measurement Standards” – capitolo 19 – “Evaporative loss measurement”, sezione 1 – “Evaporative loss from fixed – roof tanks” e sezione 2 – “Evaporative loss from floating – roof tanks”.

I dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori degli impianti di deposito devono essere sottoposti a manutenzione periodica secondo le modalità previste dalla regola d’arte.

1.3. Sistemi per il recupero dei vapori di benzina

– Gli impianti di deposito presso terminali la cui costruzione è stata autorizzata dopo il 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell’autorizzazione, costituiti da serbatoi a tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema di recupero dei vapori in conformità ai requisiti di cui al paragrafo 2. In alternativa, detti depositi devono essere progettati con un tetto galleggiante, interno o esterno, e dotati di dispositivi primari e secondari a tenuta in modo da rispondere ai requisiti relativi alle prestazioni stabiliti dal punto 1.2.

– Gli altri impianti di deposito presso i terminali, costituiti da serbatoi a tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema di recupero dei vapori in conformità alle disposizioni contenute nel paragrafo 2. In alternativa, detti depositi devono essere dotati di un tetto galleggiante interno con un dispositivo primario a tenuta progettato in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 90% di quello di un serbatoio similare a tetto fisso privo di dispositivi di controllo dei vapori.

1.4 Ai serbatoi a tetto fisso situati presso i terminali cui è consentito, ai sensi del punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori non si applicano i requisiti relativi ai dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina di cui al punto 1.3.

Appendice

Misura del fattore di riflessione delle superfici dei serbatoi.

Ai fini di quanto prescritto al punto 1.2. per la determinazione del fattore di riflessione delle superfici dei serbatoi, può essere utilizzato uno dei seguenti metodi di misura.

a) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale del calore radiante.

Per riflessione totale del calore radiante si intende la riflessione dell’energia solare totale incidente, misurata nello spettro compreso fra da 0,3 a 2,5 mi greco m di lunghezza d’onda (spettro solare incidente a livello della superficie terrestre).

Specifiche di prova: la procedura di prova per la determinazione del fattore di riflessione di una superficie (ottenuta in laboratorio su provini campione), si basa sulle seguenti norme tecniche di riferimento: ASTM E 903-82 (1) ed ISO 9050 (2).

Il fattore di riflessione della superficie deve essere superiore o uguale al 70%.

b) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale dell’energia luminosa.

Tale metodo si riferisce alla misura del solo fattore di riflessione totale dell’energia luminosa ed è quindi relativo alla sola parte della radiazione solare contenuta nel campo dello spettro visibile (da 0,38 a 0,78 mi greco m).

Specifiche di prova: la procedura di prova per la determinazione del fattore di riflessione totale dell’energia luminosa di una superficie (ottenuta su provini campione in laboratorio) si basa sulla normativa di riferimento applicabile UNI 9389 (3) ed ISO 2813 (4).

Il fattore di riflessione della superficie all’energia luminosa deve essere superiore o uguale al 70%.

Nel caso in cui siano presenti serbatoi con superfici di materiale diverso o verniciati con colori diversi il valore medio di riflessione può essere calcolato dagli indici di riflessione (misurati su campioni con uno dei precedenti metodi per i singoli colori), pesati con le estensioni delle relative aree di serbatoio. Il valore medio di riflessione così calcolato deve essere superiore o eguale al 70%.

Riferimenti:

(1) ASTM E 903-82: “Standard test method for solar absorptance, reflectance and trasmittance of materials using integrating spheres”.

(2) ISO 9050: “Glass in building. Determination of light trasmittance, direct solar trasmittance, total solar energy trasmittance and ultraviolet trasmittance, and related glazing factors”.

(3) UNI 9389: “Misura della riflessione di pellicole di prodotti vernicianti non metallizzanti”.

(4) ISO 2813: “Paints and varnishes-Determination of specular gloss of non-metallic paint films at 20°, 60° and 85°”.

2. Requisiti per gli impianti di caricamento presso i terminali.

2.1 Attrezzature per il caricamento dal basso

Le torri di caricamento di veicoli-cisterna presenti presso i terminali devono soddisfare le specifiche relative alle attrezzature per il caricamento dal basso previste dal punto 3.2.

2.2. Recupero di vapori

I vapori di ritorno provenienti da una cisterna mobile in fase di caricamento devono essere convogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso un sistema di recupero di vapori. Tale disposizione non si applica alle operazioni di caricamento dall’alto di cisterne mobili che, in accordo con le deroghe previste all’articolo 276, comma 5, non sono conformi alle prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2.

Nei terminali presso i quali negli tre anni civili precedenti l’anno in corso è stata movimentata una quantità di benzina inferiore a 25.000 tonnellate/anno, il deposito temporaneo dei vapori può sostituire il recupero immediato dei vapori presso il terminale. Il serbatoio adibito esclusivamente a tale uso deve essere chiaramente identificato. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale.

Nei terminali in cui la benzina è caricata su navi, può essere adottato un sistema di combustione dei vapori, se ogni altra operazione di recupero dei vapori è pericolosa o tecnicamente impossibile a causa del volume dei vapori di ritorno.

I gestori degli impianti di caricamento che producono emissioni in atmosfera provenienti dai sistemi di recupero dei vapori o dalle unità di combustione di vapori devono ottenere l’autorizzazione alle emissioni ai sensi del titolo I del presente decreto.

2.3. Valori limite di emissione, criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione

Agli effluenti gassosi emessi dai sistemi di recupero dei vapori si applica il valore limite di emissione pari a 10 g/Nm3 espressi come media oraria.

Le misurazioni effettuate ai fini della valutazione della conformità delle emissioni ai valori limite devono essere effettuate per un’intera giornata lavorativa (minimo sette ore) in condizioni di normale movimentazione.

Dette misurazioni possono essere continue o discontinue. Le misurazioni discontinue devono essere rilevate almeno quattro volte ogni ora.

L’errore totale di misurazione dovuto alle attrezzature utilizzate, al gas di taratura e al metodo applicato, non deve superare il 10% del valore misurato.

L’apparecchiatura utilizzata deve essere in grado di misurare almeno concentrazioni di 1 g/Nm3.

La precisione della misura deve essere almeno pari al 95% del valore misurato.

I controlli di competenza del gestore sono effettuati con periodicità semestrale.

2.4. Misure per la prevenzione di emissioni diffuse

Prima della messa in servizio dei sistemi di recupero dei vapori, il gestore è tenuto effettuare le procedure di prova cui sottoporre le linee di collegamento di vapori di cui al punto 2.2 e ad istituire ed effettuare apposite procedure di controllo periodico secondo quanto indicato nella seguente appendice. E’ tenuto altresì a seguire le procedure previste nella medesima appendice in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero.

2.5. Perdite accidentali

In caso di perdita accidentale di vapore, le operazioni di caricamento devono essere immediatamente arrestate a livello della torre di caricamento attraverso dispositivi automatici di arresto che devono essere installati sulla torre.

2.6. Operazioni di caricamento di veicoli cisterna dall’alto

Durante le operazioni di caricamento dall’alto di veicoli cisterna che, in accordo con le deroghe previste all’articolo 276, comma 5, non sono conformi alle prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2 l’uscita del braccio di caricamento deve essere mantenuta vicino al fondo della cisterna mobile, per evitare spruzzi di benzina, ed il braccio di carico deve essere dotato di un dispositivo di captazione dei vapori.

Appendice

Procedure di prova cui sottoporre le linee di collegamento di vapore prima della messa in servizio dei sistemi di recupero dei vapori e nel corso della manutenzione periodica e procedure da seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero

a) Prove di tenuta del sistema di trasferimento (1).

Le tubazioni di convogliamento del vapore devono essere provate, prima della messa in servizio dell’impianto, al fine di verificarne accuratamente la tenuta:

– prima di allacciare le apparecchiature, l’impianto deve essere provato con aria o gas inerte ad una pressione di almeno 100 mbar;

– la durata di prova deve essere di almeno 30 minuti;

– la tenuta deve essere controllata mediante manometro ad acqua od apparecchi di equivalente sensibilità;

– il manometro non deve accusare una caduta di pressione fra le due letture eseguite all’inizio ed al termine del secondo quarto d’ora di prova;

– se si verificano delle perdite, queste devono essere ricercate con l’ausilio di una soluzione saponosa;

– le parti difettose devono essere sostituite e le guarnizioni rifatte;

– non si devono riparare dette parti con mastici, ovvero cianfrinarle;

– una volta eliminate le perdite occorre ripetere la prova di tenuta;

– le prove di tenuta precedenti devono essere ripetute con frequenza triennale;

– se i sistemi sono assemblati con collegamenti fissi (per esempio saldati o cementati), essi devono essere testati su tutto l’assemblaggio, con le stesse modalità di prova sopra descritte

b) Collegamento delle apparecchiature e messa in servizio dell’impianto.

Effettuato il collegamento delle apparecchiature alle parti fisse, ad allacciamento terminato, dovrà essere controllata, mediante soluzione saponosa od altro idoneo equivalente mezzo, la perfetta tenuta dell’impianto, con particolare riguardo ai collegamenti.

c) Avviamento dell’impianto.

Deve essere effettuata una verifica del buon funzionamento delle apparecchiature e degli eventuali dispositivi di sicurezza.

d) Manutenzione periodica.

La manutenzione che il gestore deve assicurare consiste nel frequente controllo dello stato di efficienza delle tubazioni e dei collegamenti, con particolare riguardo per i tubi flessibili e le guarnizioni. Le parti difettose devono essere sostituite.

Il monitoraggio in servizio deve comprendere un esame visivo del sistema per verificare eventuali danneggiamenti, disallineamenti o corrosioni del sistema di tubazioni e nei giunti.

Deve essere eseguito un esame visivo delle tubazioni flessibili usate per collegare contenitori mobili al sistema di tubazioni di raccolta del vapore, al fine di individuarne eventuali danneggiamenti.

Gli esami visivi devono essere ripetuti con frequenza almeno trimestrale.

e) Procedure di notifica da seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero dei vapori.

Il gestore, deve informare l’autorità competente, prima di un pianificato spegnimento di un sistema di recupero vapori che comporti una fermata superiore ai tre giorni.

Deve inoltre specificare la data, il periodo previsto ed il motivo dell’arresto.

Nel caso di un arresto non pianificato, il gestore deve informare l’autorità competente della causa dell’arresto, dei provvedimenti attuati al fine di riportare in operazione l’unità e del probabile periodo di non funzionamento. L’autorità competente dispone i provvedimenti necessari ai sensi dell’articolo 271, comma 14.

Il gestore deve adoperarsi per assicurare che il sistema sia riportato in condizioni di operatività il più rapidamente possibile e deve tempestivamente informare l’autorità competente qualora l’arresto si prolunghi per un periodo di tempo superiore a quello originariamente previsto e comunicato all’autorità stessa.

Il gestore provvede ad annotare su un apposito registro i periodi di mancata operatività del sistema di recupero dei vapori.

Riferimenti:

(1) UNI 7131- 72: “Impianti a gas di petrolio liquefatti per uso domestico non alimentati da rete di distribuzione”.

3. Requisiti per le cisterne mobili e per i veicoli cisterna.

3.1 Contenimento dei vapori di benzina

3.1.1. I vapori residui devono essere trattenuti nella cisterna mobile dopo lo scarico della benzina.

3.1.2. Le cisterne mobili sono progettate e utilizzate in modo che i vapori di ritorno provenienti dagli impianti di deposito situati presso gli impianti di distribuzione o presso i terminali siano raccolti e trattenuti nelle stesse. Il sistema di raccolta deve consentire la tenuta dei vapori durante le operazioni di trasferimento della benzina. Per i carro-cisterna le suddette prescrizioni trovano applicazione solo se gli stessi forniscono la benzina a impianti di distribuzione o la caricano presso i terminali in cui è consentito ai sensi del paragrafo 2, punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori.

3.1.3. Salva l’emissione attraverso le valvole di sfiato previste dalla vigente normativa, i vapori menzionati ai punti 3.1.1. e 3.1.2. sono trattenuti nella cisterna mobile sino alla successiva operazione di caricamento presso il terminale.

3.1.4. Le cisterne montate su veicoli-cisterna devono essere sottoposte a verifiche triennali della tenuta della pressione dei vapori e del corretto funzionamento delle valvole di sfiato.

3.2. Specifiche per il caricamento dal basso, la raccolta dei vapori e la protezione contro il troppo pieno nei veicoli cisterna.

3.2.1. Accoppiatori.

a) L’accoppiatore per i liquidi sul braccio di caricamento deve essere un accoppiatore femmina, cui corrisponde un adattatore maschio API di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sul veicolo-cisterna, quale definito dalla: API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 – Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor Vehicles (Section 2.1.1.1 – Type of Adapter used for Bottom Loading).

b) L’accoppiatore per la raccolta dei vapori sul tubo di raccolta dei vapori della torre di caricamento deve essere un accoppiatore femmina a camma e scanalatura cui corrisponde un adattatore maschio a camma e scanalatura di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sul veicolo-cisterna, quale definito dalla: “API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 – Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor. Vehicles (Section 4.1.1.2 – Vapour Recovery Adapter)”.

3.2.2. Condizioni di caricamento.

a) Il caricamento normale per i liquidi è di 2.300 litri al minuto (massimo: 2.500 litri al minuto) per braccio di caricamento.

b) Quando il terminale lavora a regime massimo, il sistema di raccolta dei vapori della torre di caricamento, ivi compreso il sistema di recupero dei vapori, può generare una contropressione massima di 55 millibar sul lato del veicolo-cisterna dov’è posizionato l’adattatore per la raccolta dei vapori.

c) Tutte le cisterne montate su veicoli, idonee al caricamento dal basso sono munite di una targa di identificazione che specifica il numero massimo di bracci di caricamento che possono operare simultaneamente purché, in corrispondenza della contropressione massima dell’impianto di cui alla lettera b), non fuoriescano vapori dai compartimenti e dalle valvole.

3.2.3. Collegamento della messa a terra e del rivelatore di dispersione/troppopieno del veicolo-cisterna.

a) La torre di caricamento deve essere munita di un rivelatore di troppopieno che, collegato al veicolo-cisterna, emette un segnale di consenso all’operazione con logica di interruzione in caso di guasto o malfunzionamento. Il caricamento è consentito ai sensi del punto 2.2., se nessun sensore di troppopieno nei vari compartimenti rileva un livello elevato.

b) Il veicolo-cisterna deve essere collegato al rilevatore collocato sulla torre di caricamento con un connettore elettrico industriale standard a 10 conduttori. Il connettore maschio deve essere montato sul veicolo-cisterna, mentre il connettore femmina deve essere fissato ad un cavo volante raccordato al rilevatore posizionato sulla torre.

c) I rilevatori del livello installati sul veicolo-cisterna devono essere termistori a due fili, sensori ottici a due fili, sensori ottici a cinque fili o dispositivi equivalenti compatibili, purché il sistema sia tale da disporsi automaticamente in condizioni di sicurezza in caso di guasto. I termistori devono avere un coefficiente negativo di temperatura.

d) Il rilevatore collocato sulla torre di caricamento deve essere compatibile con i sistemi a due o a cinque fili montati sul veicolo-cisterna.

e) Il veicolo-cisterna deve essere collegato alla torre di caricamento attraverso il filo comune di terra dei sensori di troppopieno, collegato al conduttore n. 10 del connettore maschio attraverso il telaio del veicolo-cisterna. Il conduttore n. 10 del connettore femmina deve essere collegato al telaio del rilevatore, a sua volta collegato alla terra della torre.

f) Tutte le cisterne idonee al caricamento dal basso sono munite della targa di identificazione di cui al punto 3.2.2, lettera c) che specifica il tipo di sensori per il rilevamento del troppopieno installati (ad esempio, a due o cinque fili).

3.2.4. Posizionamento dei collegamenti.

a) La progettazione delle strutture per il caricamento dei liquidi e la raccolta dei vapori sulla torre di caricamento si basa sul seguente posizionamento dei collegamenti sul veicolo-cisterna:

– L’altezza della linea centrale degli accoppiatori per i liquidi non deve essere superiore a 1,4 metri (senza carico) e inferiore a d 0,5 metri (sotto carico); l’altezza ideale è compresa tra 0,7 e 1 metro.

РLa distanza orizzontale tra gli accoppiatori non deve essere inferiore a 0,25 metri; ladistanza minima ideale ̬ pari a 0,3 metri.

– Tutti gli accoppiatori per i liquidi sono posizionati in un alloggiamento di lunghezza non superiore a 2,5 metri.

– L’accoppiatore per la raccolta dei vapori, ove tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla sinistra degli accoppiatori per i liquidi, ad un altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico).

b) Il connettore per la messa a terra/troppopieno, ove tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla sinistra degli accoppiatori per i liquidi e per la raccolta dei vapori, ad un’altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico).

c) I collegamenti sopra descritti sono posizionati su un unico lato del veicolo-cisterna.

3.2.5. Blocchi di sicurezza.

a) Messa a terra e dispositivo di troppo pieno.

Il caricamento è consentito soltanto quando il rilevatore combinato di messa a terra/troppopieno emette un segnale di autorizzazione. In caso di troppo pieno o di mancanza di messa a terra del veicolo-cisterna, il rivelatore montato sulla torre deve chiudere la valvola di controllo del caricamento.

b) Rilevatore di raccolta dei vapori.

Il caricamento è consentito soltanto se il tubo per il recupero dei vapori è collegato al veicolo-cisterna e i vapori spostati possono liberamente fluire dal veicolo-cisterna al sistema di recupero dei vapori dell’impianto.

4. Requisiti per gli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione e per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori

4.1. I vapori di ritorno durante le operazioni di trasferimento della benzina negli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti devono essere convogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di trasferimento possono essere effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente.

Il gestore dell’impianto di distribuzione deve predisporre idonee procedure per gli autisti dei veicoli-cisterna che dovranno includere istruzioni sul collegamento della tubazione di bilanciamento del vapore prima del trasferimento della benzina all’impianto di distribuzione dei carburanti. Le procedure devono inoltre contenere istruzioni per la fase di distacco delle tubazioni alla fine delle operazioni di trasferimento.

Le operazioni di trasferimento devono essere riportate nel registro di carico e scarico dell’impianto di distribuzione del carburante e controfirmate dal gestore dell’impianto di distribuzione e dall’autista del veicolo-cisterna.

4.2. Nei terminali cui è consentito il deposito temporaneo dei vapori, i vapori spostati durante le operazioni di trasferimento della benzina devono essere riconvogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di carico possono essere effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 38     

ALLEGATO VIII ALLA PARTE QUINTA

Impianti di distribuzione di benzina

1. Definizioni

Ai fini del presente allegato si intende per:

a) efficienza del sistema di recupero: il rapporto percentuale tra il peso dei vapori di benzina recuperati e il peso degli stessi che risulterebbe rilasciato nell’ambiente in assenza del sistema di recupero;

b) pompa di erogazione macchina idraulica atta all’estrazione della benzina dall’impianto di deposito verso il distributore, ai fini dell’erogazione;

c) rapporto V/L: rapporto tra il volume di vapori di benzina ed aria recuperati (V) e il volume di benzina erogato (L);

d) testata contometrica: dispositivo per l’indicazione e il calcolo delle quantità di benzina erogata, la cui adozione è obbligatoria per distributori inseriti in un impianto di distribuzione dei carburanti in rapporto con il pubblico;

e) pompa del vuoto: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da una macchina idraulica atta a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori di benzina dal serbatoio del veicolo verso l’impianto di deposito;

f) circolatore idraulico: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un dispositivo atto a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori di benzina dal serbatoio del veicolo verso l’impianto di deposito;

g) ripartitore: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un dispositivo atto a separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di recupero dei vapori, dal quale tali linee si dipartono distintamente;

h) tubazione di erogazione: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un tubo flessibile per l’erogazione della benzina;

i) tubazione coassiale: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un tubo flessibile costituito da due tubi concentrici per il passaggio rispettivamente della benzina erogata e dei vapori recuperati;

l) tubazioni gemellate: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da due tubi flessibili distinti per il passaggio rispettivamente del carburante erogato e dei vapori recuperati;

m) pistola erogatrice: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un apparecchio per il controllo del flusso del carburante durante una operazione di erogazione.

2. Requisiti di efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di fase II.

Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l’impianto di distribuzione o il riconvogliamento degli stessi al distributore per la reimmissione in commercio. Ai fini dell’omologazione, l’efficienza del sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all’85%.

In caso di sistemi che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l’impianto di distribuzione, il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi in un intervallo compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi. Il raggiungimento di tale valore di efficienza del sistema di recupero deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i paragrafi 2-ter e 2-quinquies (1).

2-bis. Requisiti di efficienza degli altri sistemi di recupero dei vapori ammessi presso gli impianti di cui all’articolo 277, comma 6.

Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l’impianto di distribuzione. Ai fini dell’omologazione, l’efficienza media del sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all’80%, raggiunto con un valore medio del rapporto V/L compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi. Il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi entro tale intervallo. Il raggiungimento di tale valore di efficienza del sistema di recupero deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i paragrafi 2-quater e 2-quinquies. Se l’efficienza certificata ai sensi del paragrafo 2-ter e’ pari o superiore all’85%, con un valore medio del rapporto V/L sempre compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi, il sistema di recupero deve essere comunque considerato di fase II (2).

2-ter. Certificazione dell’efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di fase II.

L’efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l’impianto di distribuzione e’ determinata in base a quanto disposto dalla norma EN 16321-1 e, fino a relativa pubblicazione, dal progetto di norma prEN 16321-1 (3).

2-quater. Certificazione dell’efficienza dei sistemi di recupero dei vapori ammessi presso gli impianti di cui all’articolo 277, comma 6.

Nelle more dell’emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione, l’efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l’impianto di distribuzione e’ determinata misurando le perdite di vapori di benzina globali, incluse quelle degli sfiati degli impianti di deposito interrati, attraverso apposite prove effettuate con sistemi di misura che utilizzano il metodo volumetrico-gravimetrico del TÃœV Rheinland, ovvero altro metodo equivalente. L’equivalenza del metodo deve risultare da apposite prove (4).

2-quinquies. Certificazione dell’efficienza dei prototipi.

La certificazione comprovante l’efficienza del prototipo e’ rilasciata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI CEI EN ISO/IEC 17025. Per laboratorio accreditato s’intende un laboratorio accreditato da un organismo riconosciuto dall’European Co-operation for accreditation. 2-sexies. Atti di conformita’ di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126.

Restano fermi, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, gli obblighi relativi alle procedure ed agli atti di conformita’ previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126 (5).

3. Requisiti costruttivi e di installazione (6).

3.1. Il presente paragrafo si applica, fino all’emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione, ai sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l’impianto di distribuzione (7).

3.1-bis. L’insieme dei dispositivi dei sistemi di recupero dei vapori comprende pistole di erogazione predisposte per il recupero dei vapori, tubazioni flessibili coassiali o gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di erogazione della benzina, collegamenti interni ai distributori, linee interrate per il passaggio dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i dispositivi atti a garantire il funzionamento degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza (8).

3.2 I sistemi di recupero dei vapori sono classificati, sulla base del principio di funzionamento, in sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale e sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata, come definiti dai punti 3.3. e 3.4, i quali stabiliscono altresì i requisiti tecnici di carattere generale di tali impianti.

3.3. Sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale. In tali sistemi la pressione esistente nel serbatoio del veicolo e la depressione che si crea nell’impianto di deposito quando si estrae il carburante determinano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo verso l’impianto di deposito durante il rifornimento, senza l’impiego di pompe a vuoto, aspiratori o altri dispositivi atti a facilitare la circolazione dei vapori.

3.4 Sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata. Tali sistemi prevedono l’impiego di dispositivi che, in aggiunta alla differenza di pressione che si determina tra il serbatoio del veicolo e l’impianto di deposito, facilitano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo all’impianto di deposito durante il rifornimento. In base al tipo di dispositivo impiegato tali sistemi sono classificati in:

a) Sistemi assistiti da pompe. Tali sistemi prevedono l’impiego di una o più pompe del vuoto atte a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori stessi dal serbatoio del veicolo verso gli impianti di deposito. Sulla base del numero e della disposizione delle pompe a vuoto impiegate, tali sistemi vengono classificati in:

– sistemi dedicati. Tali sistemi prevedono l’impiego di almeno una pompa del vuoto installata nel corpo di ciascun distributore, e messa in funzione all’atto dell’erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull’aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.

– sistemi centralizzati. Tali sistemi prevedono l’impiego di un’unica pompa del vuoto centralizzata asservita a più distributori, installata lungo la linea di ritorno dei vapori e messa in funzione all’atto dell’erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull’aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.

b) Sistemi a circolatore idraulico. Tali sistemi prevedono l’impiego di un circolatore idraulico (pompa a getto, aspiratore Venturi o altro dispositivo) al fine di ottenere una depressione atta a facilitare il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo agli impianti di deposito durante la fase del rifornimento. Il circolatore idraulico può essere installato presso il distributore o presso la pompa di erogazione del carburante, e deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis; la mandata del circolatore idraulico deve essere dotata di idoneo dispositivo tagliafiamma (9).

3.5 Le pistole erogatrici da impiegarsi nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori devono avere requisiti tali da garantire l’esercizio dell’impianto in condizioni di sicurezza e di efficienza. Esse devono essere provviste di un condotto separato per il passaggio dei vapori, di una valvola di ritegno per mantenere chiuso il circuito dei vapori tra due successive operazioni di erogazione e di idonei dispositivi atti a garantire l’arresto dell’erogazione per serbatoio pieno e per caduta a terra della pistola. Se l’impianto è dotato di sistema di recupero dei vapori di benzina a circolazione naturale le pistole di erogazione devono garantire una tenuta con il bocchettone di carico del serbatoio del veicolo.

3.6 Nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori è consentito l’impiego di tubazioni flessibili coassiali o gemellate. La lunghezza massima di tali tubazioni, esterna al distributore, è pari a 5,00 m.

3.7 Al fine di separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di recupero dei vapori è necessario installare un idoneo ripartitore coassiale, dal quale si dipartono distintamente la linea di erogazione del carburante e la linea di recupero dei vapori.

Se il distributore è dotato di tubazioni flessibili coassiali il ripartitore coassiale può essere installato all’interno o all’esterno del corpo del distributore; se il distributore è dotato di tubazioni flessibili gemellate il ripartitore coassiale deve essere installato sulla pistola erogatrice.

3.8 Il collegamento tra il distributore e le tubazioni interrate del sistema di recupero dei vapori di benzina può essere costituito da un tronco di tubazione flessibile o rigido.

3.9 Le linee interrate di ritorno dei vapori di benzina, nel tratto compreso tra i distributori e gli impianti di deposito, possono assumere le seguenti configurazioni:

a) linee dedicate (una per ogni distributore), le quali collegano ciascun distributore ad un singolo impianto di deposito;

b) linee centralizzate (a servizio di più distributori), le quali collegano tutti i distributori ad uno o più impianti di deposito per mezzo di una rete comune di tubazioni.

[3.10. Sulla linea di ritorno dei vapori deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento, che segnali visivamente le anomalie del sistema di recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti.] (10)

3.11. E’ consentito immettere i vapori recuperati nella parte superiore degli impianti di deposito, senza gorgogliamento. All’ingresso della linea di ritorno dei vapori di ogni serbatoio deve essere inoltre installato un idoneo dispositivo tagliafiamma. Devono essere installati idonei dispositivi al fine di evitare che il carburante rifluisca nella linea di recupero dei vapori in caso di sovrariempimento degli impianti di deposito. Qualora l’impianto di distribuzione di carburanti sia asservito ad un sistema di più impianti di deposito, questi possono essere collegati fra loro in corrispondenza della linea di ritorno dei vapori tramite un collettore comune, a condizione che tutti contengano esclusivamente benzina.

3.12. I requisiti costruttivi delle tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori sono identici a quelli richiesti per le tubazioni per l’adduzione del carburante; i materiali impiegati devono essere compatibili con le caratteristiche fisico-chimiche dei carburanti immagazzinati e devono possedere un’adeguata capacità, robustezza e durata per poter sopportare le pressioni di esercizio, lo stato di tensione strutturale e l’aggressione chimica a cui possono essere sottoposte; devono inoltre assicurare un libero passaggio e nel contempo garantire una bassa resistenza al flusso dei vapori.

3.13. Le tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori devono seguire il percorso effettivo più breve dai distributori agli impianti di deposto, con una pendenza uniforme minima del 2% verso gli impianti di deposito stessi.

3.14. Tutti gli elementi metallici appartenenti alla linea di ritorno dei vapori devono essere adeguatamente protetti dalla corrosione.

3.15. Gli impianti elettrici negli impianti di distribuzione di carburanti liquidi devono essere realizzati secondo quanto prescritto dalle norme vigenti in materia. Le tubazioni e tutti gli altri elementi appartenenti alla linea di erogazione del carburante e alla linea di ritorno dei vapori, se di tipo non metallico, devono essere corredati di certificazione prodotta dal costruttore che ne attesti l’antistaticità (11).

4. Controlli periodici dei dispositivi di recupero dei vapori (12).

4.1. I controlli circa il rispetto dei requisiti di efficienza previsti dai paragrafi 2 o 2-bis devono essere eseguiti con periodicita’ almeno annuale dal gestore. I risultati devono essere riportati sul registro di impianto di cui al punto 5.4. Ai fini del controllo, in caso di sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l’impianto di distribuzione, si verifica che il rapporto V/L rispetti, in condizioni di simulazione di flusso di benzina, l’intervallo previsto dai paragrafi 2 e 2-bis. Si applica il metodo EN16321-2 e, fino alla relativa pubblicazione, il metodo prEN16321-2.

4.2. Negli impianti di distribuzione di benzina deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento che segnali visivamente le anomalie del sistema di recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore e’ tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti. La presente disposizione non si applica in caso di installazione del sistema automatico previsto dal punto 4.3.

4.3. I controlli previsti al punto 4.1 possono essere eseguiti dal gestore con periodicita’ triennale se e’ installato un sistema di controllo automatico. Tale sistema deve rilevare automaticamente i guasti che si verificano nel corretto funzionamento del sistema di recupero dei vapori di benzina e nel sistema stesso di controllo automatico, indicare i guasti al gestore ed arrestare automaticamente il flusso di benzina dal distributore interessato dal guasto se questo non e’ riparato entro sette giorni.

5. Obblighi di documentazione.

[5.1 Per il rilascio delle approvazioni di tipo di competenza del Ministero dell’interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934, relative a distributori provvisti di un sistema di recupero dei vapori omologato, devono essere osservate le modalità di prova contenute nell’appendice.] (13)

5.2. Gli impianti di distribuzione di benzina realizzati sulla base di una concessione o di una autorizzazione rilasciata dopo il 30 giugno 1996, ai sensi della normativa vigente al momento del rilascio, installati o da installare su un sito precedentemente non utilizzato quale impianto di distribuzione di carburante, devono essere provvisti di (14):

a) omologazione o riconoscimento dei dispositivi componenti il sistema di recupero vapori, da parte del Ministero dell’interno, nonche’, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche gli atti di conformita’ previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126 (15);

b) approvazione di tipo del distributore provvisto di un sistema di recupero dei vapori omologato, rilasciata dal Ministero dell’interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934 e nel rispetto delle modalità di prova previste dalla normativa all’epoca vigente (16);

b-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione di conformita’ ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in luogo dell’approvazione di tipo di cui alla lettera b), per i distributori messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003 (17);

c) certificato di collaudo dell’intero impianto effettuato dalla commissione competente ai sensi della vigente normativa.

5.3 Gli impianti di distribuzione di benzina diversi da quelli del punto 5.2 devono essere provvisti di (18):

a) originaria approvazione di tipo del distributore sprovvisto di un sistema per il recupero dei vapori, rilasciata dal Ministero dell’interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934;

a-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione di conformita’ ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in luogo dell’approvazione di tipo di cui alla lettera a), per i distributori messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003 (19);

b) omologazione o riconoscimento dei dispositivi componenti il sistema di recupero vapori, da parte del Ministero dell’interno, nonche’, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche gli atti di conformita’ previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126 (20);

c) certificazione, rilasciata dal costruttore, attestante la conformità del sistema di recupero di vapori prodotto in serie al prototipo omologato. Tale certificato di conformità deve attestare la capacità del sistema di recupero dei vapori prodotto in serie di rispettare, se correttamente installato, il valore di efficienza prescritto quando sia rispettato il valore V/L, con le relative tolleranze, rilevate in sede di prova del prototipo omologato; la presente lettera non si applica in caso di sistemi di recupero provvisti degli atti di conformita’ previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di distributori provvisti della marcatura CE prevista dal tale decreto (21);

d) dichiarazione rilasciata dall’installatore del sistema di recupero dei vapori al titolare dell’impianto di distribuzione, attestante che l’installazione del sistema è stata effettuata seguendo le istruzioni fornite dal costruttore e che le prove funzionali, con verifica del rapporto V/L prescritto, eseguite all’atto della presa in carico del sistema da parte del titolare, hanno avuto esito positivo; la presente lettera non si applica in caso di sistemi di recupero provvisti degli atti di conformita’ previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di distributori provvisti della marcatura CE prevista da tale decreto (22).

e) copia della notifica, da parte del gestore, circa l’avvenuta installazione del sistema di recupero dei vapori, completa di documentazione comprovante il rispetto della normativa all’epoca vigente (23).

5.4. Tutti gli impianti di distribuzione di benzina devono essere dotati di un registro di impianto che deve essere custodito dal gestore. Nel registro devono essere riportati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria effettuati sull’impianto, i risultati degli autocontrolli previsti dal paragrafo 4 ed i provvedimenti assunti ai sensi dei paragrafi 4.2 e 4.3 (24).

[5.5 A seguito di qualsiasi intervento che comporti una sostituzione di componenti, l’installatore deve produrre una dichiarazione scritta dalla quale risulti che i componenti sostituiti sono conformi a quelli del tipo approvato; tale atto deve essere allegato al registro di impianto e ne costituisce parte integrante.] (25)

[Appendice

Modalità di prova

1. Esame costruttivo del distributore

1.1. Scopo

La prova è finalizzata all’individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali del distributore in esame.

1.2. Contenuto dell’esame costruttivo

I dati caratteristici del distributore in esame saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) le dimensioni di ingombro del distributore (in millimetri);

b) la conformazione del distributore (singolo, doppio, monofronte, bifronte);

c) la configurazione del distributore (parallelepipedo, cilindrico ecc.);

d) il numero delle pistole che è possibile collegare al distributore;

e) il tipo e lo spessore del fasciame del distributore.

2. Esame costruttivo dell’impianto elettrico

2.1. Scopo.

La prova è finalizzata all’individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente elettrico ed elettronico del distributore in esame, valutandone l’idoneità all’impiego ai fini antincendi.

2.2. Contenuto dell’esame dell’impianto elettrico.

I dati caratteristici dei componenti dell’impianto elettrico del distributore in esame saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) le caratteristiche del motore della pompa di circolazione del carburante (tipo, esecuzione, custodia, potenza, n.ro giri/min., estremi delle certificazioni acquisite);

b) le caratteristiche dell’interruttore del motore della pompa di circolazione del carburante (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

c) le caratteristiche del motore della pompa a vuoto del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, esecuzione, custodia, potenza, n.ro giri/min., estremi delle certificazioni acquisite);

d) le caratteristiche dell’interruttore del motore della pompa a vuoto, se presente (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

e) le caratteristiche dell’elettrovalvola di intercettazione del carburante (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

f) le caratteristiche del sensore di calore, se presente (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

g) le caratteristiche del sensore di pressione (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

h) le caratteristiche dell’impianto di illuminazione (tipo, esecuzione, custodie, grado di protezione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisite);

i) le caratteristiche delle scatole di connessione (tipo, esecuzione, grado di protezione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisite);

l) le caratteristiche delle morsettiere (tipo, zona di posa in opera);

m) le caratteristiche dei cavi elettrici e dei pressacavi (tipo, esecuzione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisite).

3. Esame dell’impianto idraulico

3.1. Linea di erogazione del carburante

3.1.1. Scopo

La prova è finalizzata all’individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame, valutandone l’idoneità all’impiego ai fini antincendi.

3.1.2. Contenuto dell’esame dell’impianto idraulico

I dati caratteristici dei componenti della linea di erogazione del carburante saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) le caratteristiche della pompa di circolazione del carburante (tipo, materiali, prevalenza, estremi delle certificazioni acquisite);

b) le caratteristiche delle tubazioni (tipo, diametri, materiali, estremi delle certificazioni acquisite);

c) le caratteristiche della pistola erogatrice (tipo, esecuzione, numero delle posizioni di apertura, estremi delle certificazioni acquisite);

d) le caratteristiche dello sfiato del sistema di disareazione, se presente (ubicazione, tipo e materiale del tagliafiamma, estremi delle certificazioni acquisite);

e) le caratteristiche del rivelatore di erogazione (tipo, materiale, ubicazione);

f) le caratteristiche della valvola di sicurezza a fusione e distacco (tipo, materiale, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite), se presente.

3.2. Linea di recupero dei vapori

3.2.1. Scopo

La prova è finalizzata all’individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, valutandone l’idoneità all’impiego ai fini antincendi.

3.2.2. Contenuto dell’esame dell’impianto idraulico

I dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di recupero dei vapori saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) la descrizione del princìpio di funzionamento (a circolazione naturale, a circolazione forzata mediante pompa a vuoto, a circolazione forzata tramite eiettore idraulico, etc.);

b) le caratteristiche della pompa a vuoto del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, materiale, prevalenza, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite);

c) le caratteristiche dell’iniettore idraulico del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, materiale, ubicazione);

d) le caratteristiche del ripartitore coassiale (tipo, diametri, materiali, ubicazione);

e) le caratteristiche delle tubazioni (tipo, diametri, materiali, estremi delle certificazioni acquisite);

f) le caratteristiche della valvola di sicurezza a fusione e distacco (tipo, materiale, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite), se presente;

g) le caratteristiche del sensore di pressione, se presente (tipo, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite).

4. Esame della testata contometrica

4.1. Scopo

La prova è finalizzata all’individuazione delle caratteristiche costruttive e di funzionamento della testata contometrica, valutandone l’idoneità all’impiego ai fini antincendi.

4.2. Contenuto dell’esame della testata contometrica

I dati caratteristici della testata contometrica saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) il tipo (meccanica o elettronica);

b) le caratteristiche della custodia (materiale, esecuzione, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite);

c) le caratteristiche del generatore d’impulsi (tipo, esecuzione, grado di protezione, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite).

5. Prova di funzionamento

5.1. Scopo

La prova è finalizzata all’individuazione dell’idoneità all’impiego ai fini antincendi e della regolarità di funzionamento del distributore in esame.

5.2. Apparecchiatura di prova

Il distributore in esame viene posizionato su apposito banco di prova, simulante le effettive condizioni di esercizio, costituito dai seguenti elementi:

– serbatoio di stoccaggio comprensivo di passo d’uomo e indicatore di livello, fissato a idonea struttura di sostegno;

– piattaforma per il posizionamento del distributore;

– dispositivo simulante il bocchettone e la tubazione di carico del veicolo, compatibile con le pistole erogatrici utilizzate nei sistemi di recupero vapore e collegato in ciclo chiuso al serbatoio di stoccaggio.

– Il liquido da impiegarsi nelle prove dovrà essere compatibile con le caratteristiche del circuito idraulico del sistema di distribuzione.

5.3. Descrizione della prova

La prova deve essere eseguita secondo la seguente procedura:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l’alimentazione elettrica;

b) mettere in funzione il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice, per un’erogazione complessiva di 1000 litri di carburante.

La prova si considera superata se durante tali operazioni il distributore ha mostrato un funzionamento regolare.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

6. Misura delle caratteristiche del circuito idraulico

6.1. Linea di erogazione del carburante liquido

6.1.1. Scopo

La prova è finalizzata a misurare il valore delle grandezze idrauliche caratteristiche della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame, sia durante la fase dell’erogazione stessa, sia negli istanti precedenti e successivi, durante i quali la pistola erogatrice rimane chiusa.

6.1.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l’alimentazione elettrica;

b) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

c) collegare l’estremità libera della tubazione coassiale alla linea di misura, costituita da un primo ripartitore coassiale, a sua volta collegato a due linee distinte per il passaggio del liquido carburante e dei vapori; sulla linea per il passaggio del liquido carburante è installato un idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;

d) collegare le due linee per il passaggio del liquido e del vapore ad un secondo ripartitore coassiale, a sua volta collegato ad un breve tronco di tubazione flessibile coassiale;

e) collegare la pistola di erogazione all’estremità libera del suddetto tronco di tubazione flessibile coassiale;

f) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;

g) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;

h) far funzionare il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.

Nel corso delle operazioni di cui al punto h) devono essere rilevate le seguenti grandezze:

portata massima di erogazione a pistola completamente aperta (in litri/minuto);

pressione di erogazione a pistola completamente aperta (in bar);

pressione massima all’atto della chiusura della pistola (colpo d’ariete) (in bar);

portata minima di erogazione (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto).

Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, il valore risultante andrà riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l’alimentazione elettrica;

b) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

c) collegare l’estremità libera della tubazione di erogazione alla linea di misura, costituita da idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;

d) collegare nuovamente il ripartitore coassiale e la pistola di erogazione all’estremità libera della linea per il passaggio del carburante in uscita dalla linea di misura ed alla linea di recupero dei vapori;

e) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;

f) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;

g) far funzionare il sistema di distribuzione simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.

Nel corso delle operazioni di cui al punto g) devono essere rilevate le seguenti grandezze:

portata massima di erogazione a pistola completamente aperta (in litri/minuto);

pressione di erogazione a pistola completamente aperta (in bar);

pressione massima all’atto della chiusura della pistola (colpo d’ariete) (in bar);

portata minima di erogazione (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto).

Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risultanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio.

6.2. Linea di recupero dei vapori

6.2.1. Scopo

La prova è finalizzata a misurare il valore delle grandezze idrauliche caratteristiche della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame durante la fase dell’erogazione.

6.2.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l’alimentazione elettrica;

b) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

c) collegare l’estremità libera della tubazione coassiale alla linea di misura, costituita da un primo ripartitore coassiale, a sua volta collegato a due linee distinte per il passaggio del liquido carburante e dei vapori; sulla linea per il passaggio dei vapori è installato un idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;

d) collegare le due linee per il passaggio del liquido e del vapore ad un secondo ripartitore coassiale, a sua volta collegato ad un breve tronco di tubazione flessibile coassiale;

e) collegare la pistola di erogazione all’estremità libera del suddetto tronco di tubazione flessibile coassiale;

f) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;

g) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;

h) far funzionare il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.

Nel corso delle operazioni di cui al punto h) devono essere rilevate le seguenti grandezze:

portata massima dei vapori a pistola completamente aperta (in litri/minuto);

pressione dei vapori a pistola completamente aperta (in bar);

portata minima dei vapori (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto);

depressione massima sulla linea di aspirazione dei vapori (in bar).

Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risultanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l’alimentazione elettrica;

b) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

c) collegare l’estremità libera della tubazione di recupero dei vapori alla linea di misura, costituita da idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;

d) collegare nuovamente il ripartitore coassiale e la pistola di erogazione all’estremità libera della linea di recupero dei vapori in uscita dalla linea di misura e alla linea per il passaggio del carburante;

e) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;

f) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;

g) far funzionare il sistema di distribuzione simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.

Nel corso delle operazioni di cui al punto g) devono essere rilevate le seguenti grandezze:

portata massima dei vapori a pistola completamente aperta (in litri/minuto);

pressione dei vapori a pistola completamente aperta (in bar);

portata minima dei vapori (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto);

depressione massima sulla linea di aspirazione dei vapori (in bar).

Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risultanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio.

7. Rapporto V/L

ove: V è il volume dei vapori recuperati durante il rifornimento; L è il corrispondente volume del carburante erogato.

I valori di V e L vengono calcolati sulla base delle portate misurate nelle prove di cui ai punti 6.1. e 6.2.

Il rapporto V/L del sistema deve rientrare nei limiti stabiliti al punto 2.1. Se la misura viene effettuata aspirando aria nel circuito di recupero dei vapori, deve essere applicato un idoneo coefficiente correttivo.

8. Prove di tenuta in pressione del circuito idraulico

8.1. Linea di erogazione del carburante

8.1.1. Scopo

La prova è finalizzata alla verifica della tenuta degli elementi costitutivi della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame, per una pressione pari almeno a 1,2 volte quella massima misurata all’atto della chiusura della pistola di erogazione (media dei valori riscontrati su 10 operazioni di rifornimento), e comunque non inferiore a 5 bar.

8.1.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

b) chiudere l’estremità libera della tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell’aria presente all’interno;

c) collegare la linea di erogazione del carburante a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

d) far fuoriuscire l’aria presente all’interno della tubazione flessibile coassiale agendo sulla suddetta valvola di sfiato;

e) inviare, tramite la pompa di cui al punto c), il liquido di prova nella linea di erogazione del carburante, incrementando gradualmente la pressione fino al valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.

La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione flessibile coassiale, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

b) chiudere le estremità libere di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell’aria presente all’interno;

c) collegare la linea di erogazione del carburante a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

d) far fuoriuscire l’aria presente all’interno delle tubazioni flessibili gemellate agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi filettati;

e) inviare, tramite la pompa di cui al punto c), il liquido di prova nella linea di erogazione del carburante, incrementando gradualmente la pressione fino al valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.

La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione flessibile di erogazione, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

8.2. Linea di recupero dei vapori

8.2.1. Scopo

La prova è finalizzata a verificare la tenuta degli elementi costitutivi della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, per una pressione pari a 1,2 volte quella massima fornita dal dispositivo del vuoto, e comunque non inferiore a 1 bar.

8.2.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

b) chiudere l’estremità libera della tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell’aria presente all’interno;

c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

d) far fuoriuscire l’aria presente all’interno della tubazione flessibile coassiale, agendo sulla valvola di sfiato presente sul tappo metallico filettato;

e) inviare, tramite la pompa di cui al punto c), il liquido di prova nella linea di recupero dei vapori, incrementando gradualmente la pressione fino al valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.

La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di recupero dei vapori, compresa la tubazione flessibile coassiale, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

b) chiudere le estremità libere di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell’aria presente all’interno;

c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

d) far fuoriuscire l’aria presente all’interno delle tubazioni flessibili gemellate agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi metallici filettati;

e) inviare, tramite la pompa di cui al punto c), il liquido di prova nella linea di recupero dei vapori, incrementando gradualmente la pressione fino al valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.

La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione flessibile di erogazione, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

9. Prova di tenuta in depressione della linea di recupero dei vapori

9.1. Scopo

La prova è finalizzata a verificare la tenuta degli elementi costitutivi della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, per una depressione pari a 1,2 volte quella massima fornita dal dispositivo del vuoto, e comunque non inferiore in valore assoluto a 300 millibar.

9.1.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

b) chiudere l’estremità libera dalla tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell’aria presente all’interno;

c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa aspirante di idonee caratteristiche, dotata di dispositivo per la misura delle depressioni;

d) far fuoriuscire l’aria presente all’interno della tubazione flessibile coassiale agendo sulla valvola di sfiato presente sul tappo metallico filettato;

e) mettere in depressione la linea di recupero dei vapori tramite la pompa di cui al punto c), incrementandone gradualmente la depressione fino al valore prefissato.

La prova si considera superata se, dopo 10 minuti primi, nessun elemento della linea di recupero dei vapori ha mostrato variazioni di pressione rispetto al valore prefissato.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

b) chiudere l’estremità libera di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell’aria presente all’interno;

c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa aspirante di idonee caratteristiche, dotata di dispositivo per la misura delle depressioni;

d) far fuoriuscire l’aria presente all’interno delle tubazioni flessibili gemellate, agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi metallici filettati;

e) mettere in depressione la linea di recupero dei vapori tramite la pompa di cui al punto c), incrementando gradualmente la depressione fino al valore prefissato.

La prova si considera superata se, dopo 10 minuti primi, nessun elemento della linea di recupero dei vapori ha mostrato variazioni di pressione rispetto al valore prefissato.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

10. Prove sulla pistola erogatrice

10.1. Prova di apertura spontanea

10.1.1. Scopo

La prova è finalizzata a verificare la tenuta della valvola di ritegno del carburante interna alla pistola di erogazione, per pressioni crescenti.

10.1.2. Descrizione della prova.

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

a) collegare la linea di erogazione a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

b) inviare, tramite la pompa di cui al punto a), il liquido di prova alla pistola erogatrice che viene tenuta chiusa, incrementando gradualmente la pressione fino ad un massimo di 20 bar.

La prova si considera superata se, durante le operazioni di cui al punto b), si verifica uno dei seguenti casi:

la pistola erogatrice rimane chiusa;

la pistola erogatrice si apre solo per un valore di pressione non inferiore a 1,2 volte la pressione massima misurata all’atto della chiusura della pistola di erogazione (media dei valori riscontrati su 10 operazioni di rifornimento), e comunque non inferiore a 5 bar.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

10.2. Prova di caduta

10.2.1. Scopo

La prova è finalizzata a verificare la resistenza meccanica della pistola erogatrice.

10.2.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

la pistola erogatrice deve essere lasciata cadere al suolo (pavimentazione stradale asfaltata) da un’altezza di almeno 1,5 metri, per 5 volte consecutive.

A seguito di esame visivo effettuato dopo la caduta, la pistola erogatrice non deve presentare ammaccature, rotture o altre alterazioni tali da pregiudicarne il corretto funzionamento.

A tale scopo la pistola erogatrice deve essere nuovamente risottoposta alla prova di apertura spontanea descritta al punto 9.1.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

11. Prova di continuità elettrica

11.1. Scopo

La prova è finalizzata alla verifica della continuità elettrica tra la pistola di erogazione e la struttura metallica del distributore in esame.

11.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

tramite l’utilizzazione di idonea strumentazione di misura, deve essere accertata la continuità elettrica tra la pistola di erogazione e la struttura metallica del distributore in esame.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

12. Verifiche sulla testata contometrica (se di tipo elettronico)

12.1. Scopo

La prova è finalizzata alla verifica del corretto funzionamento della testata contometrica per il distributore in esame, e del relativo generatore di impulsi.

La testata contometrica, oltre alle funzioni di indicazione delle quantità erogate e, se l’impianto è in rapporto con il pubblico, di calcolo dei relativi importi, svolge funzioni di controllo del funzionamento del distributore e, in caso di mal funzionamento, deve provocare l’arresto dell’erogazione.

Le condizioni di arresto da verificare sono le seguenti:

– mancanza di alimentazione generale;

– mal funzionamento del generatore d’impulsi;

– alimentazione non corretta del generatore d’impulsi;

– errore aritmetico;

– basso livello nella cisterna di stoccaggio del carburante;

– dispositivo di visualizzazione danneggiato;

– prezzo unitario nullo;

– mancata erogazione per 30 secondi;

– mancato funzionamento del sistema di recupero dei vapori se interfacciato con la testata contometrica.

12.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per il distributore in esame devono essere simulate altrettante situazioni di guasto corrispondenti a ciascuna delle condizioni elencate al punto 12.1. verificando di volta in volta l’arresto del funzionamento del gruppo motore-pompa di erogazione.

L’esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.] (26)

(1) Paragrafo sostituito dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(2) Paragrafo inserito dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(3) Paragrafo inserito dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(4) Paragrafo inserito dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(5) Paragrafo inserito dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(6) Per la soppressione del intero paragrafo 3, vedi l’articolo 3, comma 33, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(7) Paragrafo sostituito dall’articolo 3, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(8) Paragrafo inserito dall’articolo 3, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(9) Paragrafo modificato dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(10) Paragrafo soppresso dall’articolo 3, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(11) Paragrafo modificato dall’articolo 3, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(12) Paragrafo interamente sostituito dall’articolo 3, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(13) Paragrafo soppresso dall’articolo 3, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(14) Alinea modificato dall’articolo 3, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(15) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(16) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 1, lettera l), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(17) Lettera aggiunta dall’articolo 3, comma 1, lettera m), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(18) Alinea modificato dall’articolo 3, comma 1, lettera n), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(19) Lettera aggiunta dall’articolo 3, comma 1, lettera o), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(20) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 1, lettera p), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(21) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 1, lettera q), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(22) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 1, lettera r), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(23) Lettera modificata dall’articolo 3, comma 1, lettera s), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(24) Paragrafo sostituito dall’articolo 3, comma 1, lettera t), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(25) Paragrafo soppresso dall’articolo 3, comma 1, lettera u), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(26) Appendice soppressa dall’articolo 3, comma 1, lettera v), del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 39     

ALLEGATO IX ALLA PARTE QUINTA

Impianti termici civili

Parte I (1)

Modulo di denuncia

Io sottoscritto ………………………………………

in possesso dei requisiti di cui

[] all’articolo 109 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,

[] all’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412,

dichiaro:

[] di aver installato un impianto termico civile avente le seguenti caratteristiche, presso ………………………………..

[] di essere responsabile dell’esercizio e della manutenzione di un impianto termico civile avente le seguenti caratteristiche, presso ………………………..

--------------------------------------------------------------------------------
| 1. Potenza termica nominale dell'impianto (MW):                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 2. Combustibili utilizzati:                                                  |
|                                                                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| 3. Focolari:                                                                 |
--------------------------------------------------------------------------------
| numero totale:   |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| potenza termica  |                                                           |
| nominale di ogni |-----------------------------------------------------------|
| singolo focolare |                                                           |
| (MW):            |-----------------------------------------------------------|
|                  |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| 4. Bruciatori e griglie mobili:                                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| numero totale:   |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| potenzialità e   |                                                           |
| tipo del singolo |-----------------------------------------------------------|
| dispositivo (MW):|                                                           |
|                  |-----------------------------------------------------------|
|                  |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| apparecchi       |                                                           |
| accessori:       |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| 5. Canali da fumo:                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| sezione minima   |                                                           |
| (m2):            |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| sviluppo         |                                                           |
| complessivo (m): |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| aperture di      |                                                           |
| ispezione:       |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| 6. Camini:                                                                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| sezioni minime   |                                                           |
| (cm2):           |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| altezze delle    |                                                           |
| bocche in        |                                                           |
| relazione agli   |                                                           |
| ostacoli e alle  |                                                           |
| strutture        |                                                           |
| circostanti:     |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| 7. Durata del ciclo di vita dell'impianto:                                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| 8. Manutenzioni  |                                                           |
| ordinarie che    |                                                           |
| devono essere    |                                                           |
| effettuate per   |                                                           |
| garantire il     |                                                           |
| rispetto dei     |                                                           |
| valori limite di |                                                           |
| emissione per    |                                                           |
| l'intera durata  |                                                           |
| del ciclo di vita|                                                           |
| dell'impianto:   |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| 9. Manutenzioni  |                                                           |
| straordinarie    |                                                           |
| che devono essere|                                                           |
| effettuate per   |                                                           |
| garantire il     |                                                           |
| rispetto dei     |                                                           |
| valori limite di |                                                           |
| emissione per    |                                                           |
| l'intera durata  |                                                           |
| del ciclo di vita|                                                           |
| dell'impianto:   |                                                           |
--------------------------------------------------------------------------------
| 10. Varie:                                                                   |
--------------------------------------------------------------------------------
|                                                                              |
--------------------------------------------------------------------------------

Dichiaro che tale impianto è conforme ai requisiti previsti dalla legislazione vigente in materia di prevenzione e limitazione dell’inquinamento atmosferico ed è idoneo a rispettare i valori limite di emissione previsti da tale legislazione per tutto il relativo ciclo di vita, ove siano effettuate le manutenzioni necessarie.

………………., lì ………….

Firma

……………………………

(1) Parte soppressa dall’articolo 3, comma 29 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

Parte II

Requisiti tecnici e costruttivi

1. Definizioni

1.1. Agli effetti delle presenti norme valgono le seguenti definizioni:

a) bocca del camino: sezione terminale retta del camino.

b) bruciatore: dispositivo che consente di bruciare combustibili liquidi, gassosi o solidi macinati, previo mescolamento con aria comburente.

c) camera di calma: dispositivo atto a separare dai fumi, essenzialmente per effetto della forza di gravità, le particelle in essi contenute.

d) camini: porzioni ascendenti dei canali da fumo atte a determinare un tiraggio naturale nei focolari ed a scaricare i prodotti della combustione nell’atmosfera.

e) canali da fumo: insieme delle canalizzazioni attraversate dai fumi prodotti dalla combustione.

f) ciclone: dispositivo atto a separare dai fumi, per effetto della forza centrifuga, le particelle in essi contenute.

g) griglia: dispositivo statico o mobile che consente di bruciare combustibili solidi nei focolari, assicurandone il contatto con l’aria comburente, e lo scarico delle ceneri.

h) impianto termico automatico: impianto termico nel o nei focolari del quale l’accensione, lo spegnimento o la regolazione della fiamma possa normalmente avvenire anche senza interventi manuali.

i) mitria o comignolo: dispositivo posto alla bocca del camino atto a facilitare la dispersione dei prodotti della combustione nell’atmosfera.

l) registro: dispositivo inserito in una sezione dei canali da fumo che consente di regolare il tiraggio.

m) sezione dei canali da fumo: area della sezione retta minima dei canali da fumo.

n) tiraggio: movimentazione degli effluenti gassosi prodotti da una camera di combustione.

o) tiraggio forzato: tiraggio attivato per effetto di un dispositivo meccanico attivo, inserito sul percorso dell’aria o degli effluenti gassosi.

p) tiraggio naturale: tiraggio determinato da un camino unicamente per effetto della differenza di densità esistente tra gli effluenti gassosi e l’aria atmosferica circostante.

q) velocità dei fumi: velocità che si riscontra in un punto di una determinata sezione retta dei canali da fumo.

r) viscosità: la proprietà dei fluidi di opporsi al moto relativo delle loro particelle.

2. Caratteristiche dei camini.

2.1. Ogni impianto termico civile di potenza termica nominale superiore al valore di soglia deve disporre di uno o più camini tali da assicurare una adeguata dispersione in atmosfera dei prodotti della combustione.

2.2. Ogni camino deve avere, al di sotto dell’imbocco del primo canale da fumo, una camera di raccolta di materiali solidi ed eventuali condense, di altezza sufficiente a garantire una completa rimozione dei materiali accumulati e l’ispezione dei canali. Tale camera deve essere dotata di un’apertura munita di sportello di chiusura a tenuta d’aria realizzato in materiale incombustibile.

2.3. I camini devono garantire la tenuta dei prodotti della combustione e devono essere impermeabili e termicamente isolati. I materiali utilizzati per realizzare i camini devono essere adatti a resistere nel tempo alle normali sollecitazioni meccaniche, al calore ed all’azione dei prodotti della combustione e delle loro eventuali condense. In particolare tali materiali devono essere resistenti alla corrosione. La sezione interna dei camini deve essere di forma circolare, quadrata o rettangolare con rapporto tra i lati non superiore a 1,5.

2.4 I camini che passano entro locali abitati o sono incorporati nell’involucro edilizio devono essere dimensionati in modo tale da evitare sovrappressioni, durante l’esercizio.

2.5. L’afflusso di aria nei focolari e l’emissione degli effluenti gassosi possono essere attivati dal tiraggio naturale dei camini o da mezzi meccanici.

2.6. Più generatori di calore possono essere collegati allo stesso camino soltanto se fanno parte dello stesso impianto termico; in questo caso i generatori di calore dovranno immettere in collettori dotati, ove necessario, ciascuno di propria serranda di intercettazione, distinta dalla valvola di regolazione del tiraggio. Camino e collettore dovranno essere dimensionati secondo la regola dell’arte.

2.7. Gli impianti installati o che hanno subito una modifica relativa ai camini successivamente all’entrata in vigore della parte quinta del presente decreto devono essere dotati di camini realizzati con prodotti idonei all’uso in conformita’ ai seguenti requisiti: [In particolare, tali camini devono:]

– essere realizzati con materiali aventi caratteristiche di incombustibilita’, in conformita’ alle disposizioni nazionali di recepimento del sistema di classificazione europea di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione;

– avere andamento verticale e il più breve e diretto possibile tra l’apparecchio e la quota di sbocco;

– essere privi di qualsiasi strozzatura in tutta la loro lunghezza;

– avere pareti interne lisce per tutta la lunghezza;

– garantire che siano evitati fenomeni di condensa con esclusione degli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/ 42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonchè da generatori d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071;

– essere adeguatamente distanziati, mediante intercapedine d’aria o isolanti idonei, da materiali combustibili o facilmente infiammabili;

– avere angoli arrotondati con raggio non minore di 20 mm, se di sezione quadrata o rettangolare;

– avere un’altezza correlata alla sezione utile secondo gli appropriati metodi di calcolo riportati dalla normativa tecnica vigente (norme UNI e norme CEN). Resta salvo quanto stabilito ai punti 2.9 e 2.10 (1).

2.8. Le bocche possono terminare comignoli di sezione utile d’uscita non inferiore al doppio della sezione del camino, conformati in modo da non ostacolare il tiraggio e favorire la dispersione dei fumi nell’atmosfera.

2.9. Le bocche dei camini devono essere posizionate in modo tale da consentire una adeguata evacuazione e dispersione dei prodotti della combustione e da evitare la reimmissione degli stessi nell’edificio attraverso qualsiasi apertura. A tal fine le bocche dei camini devono risultare più alte di almeno un metro rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri.

2.10. Le bocche dei camini situati a distanza compresa fra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati devono essere a quota non inferiore a quella del filo superiore dell’apertura più alta. Le presenti disposizioni non si applicano agli impianti termici a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 90/396/CE del Consiglio, del 29 giugno 1990, concernente gli apparecchi a gas (2)

2.11. La parete interna del camino deve risultare per tutto il suo sviluppo, ad eccezione del tronco terminale emergente dalla copertura degli edifici, sempre distaccata dalle murature circostanti e deve essere circondata da una controcanna continua formante intercapedine per consentire la normale dilatazione termica. Sono ammessi nell’intercapedine elementi distanziatori o di fissaggio necessari per la stabilità del camino.

2.12. Al fine di agevolare analisi e campionamenti devono essere predisposti alla base del camino due fori allineati sull’asse del camino con relativa chiusura a tenuta. In caso di impianti con potenza termica nominale superiore a 580 kW, due identici fori devono essere predisposti anche alla sommità dei camini in posizione accessibile per le verifiche; la distanza di tali fori dalla bocca non deve essere inferiore a cinque volte il diametro medio della sezione del camino, e comunque ad 1,50 m. In ogni caso i fori devono avere un diametro idoneo a garantire l’effettiva realizzazione di analisi e campionamenti.

2.13. I fori di cui al punto 2.12. devono trovarsi in un tratto rettilineo del camino e a distanza non inferiore a cinque volte la dimensione minima della sezione retta interna da qualunque cambiamento di direzione o di sezione. Qualora esistano impossibilità tecniche di praticare i fori alla base del camino alla distanza stabilita questi possono essere praticati alla sommità del camino con distanza minima dalla bocca di m 1,5 in posizione accessibile per le verifiche.

3. Canali da fumo.

3.1. I canali da fumo degli impianti termici devono avere in ogni loro tratto un andamento suborizzontale ascendente con pendenza non inferiore al 5%. I canali da fumo al servizio di impianti di potenzialità uguale o superiore a 1.000.000 di kcal/h possono avere pendenza non inferiore al 2 per cento.

3.2. La sezione dei canali da fumo deve essere, in ogni punto del loro percorso, sempre non superiore del 30% alla sezione del camino e non inferiore alla sezione del camino stesso.

3.3. Per quanto riguarda la forma, le variazioni ed i raccordi delle sezioni dei canali da fumo e le loro pareti interne devono essere osservate le medesime norme prescritte per i camini.

3.4. I canali da fumo devono essere costituiti con strutture e materiali aventi le medesime caratteristiche stabilite per i camini. Le presenti disposizioni non si applicano agli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/ 42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonchè da generatori d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071 (3).

3.5. I canali da fumo devono avere per tutto il loro sviluppo un efficace e duraturo rivestimento coibente tale che la temperatura delle superfici esterne non sia in nessun punto mai superiore a 50 C. E’ ammesso che il rivestimento coibente venga omesso in corrispondenza dei giunti di dilatazione e degli sportelli d’ispezione dei canali da fumo nonché dei raccordi metallici con gli apparecchi di cui fanno parte i focolari.

3.6. I raccordi fra i canali da fumo e gli apparecchi di cui fanno parte i focolari devono essere [esclusivamente metallici] , rimovibili con facilità e dovranno avere spessore non inferiore ad 1/100 del loro diametro medio, nel caso di materiali ferrosi comuni, e spessore adeguato, nel caso di altri metalli (4).

3.7. Sulle pareti dei canali da fumo devono essere predisposte aperture per facili ispezioni e pulizie ad intervalli non superiori a 10 metri ed una ad ogni testata di tratto rettilineo. Le aperture dovranno essere munite di sportelli di chiusura a tenuta d’aria, formati con doppia parete metallica.

3.8. Nei canali da fumo dovrà essere inserito un registro qualora gli apparecchi di cui fanno parte i focolari non possiedano propri dispositivi per la regolazione del tiraggio.

3.9. Al fine di consentire con facilità rilevamenti e prelevamenti di campioni, devono essere predisposti sulle pareti dei canali da fumo due fori, uno del diametro di mm 50 ed uno del diametro di mm 80, con relative chiusure metalliche, in vicinanza del raccordo con ciascun apparecchio di cui fa parte un focolare.

3.10. La posizione dei fori rispetto alla sezione ed alle curve o raccordi dei canali deve rispondere alle stesse prescrizioni date per i fori praticati sui camini.

4. Dispositivi accessori.

4.1. E’ vietato l’uso di qualunque apparecchio od impianto di trattamento dei fumi funzionante secondo ciclo ad umido che comporti lo scarico, anche parziale delle sostanze derivanti dal processo adottato, nelle fognature pubbliche o nei corsi di acqua.

4.2. Gli eventuali dispositivi di trattamento possono essere inseriti in qualunque punto del percorso dei fumi purché l’ubicazione ne consenta la facile accessibilità da parte del personale addetto alla conduzione degli impianti ed a quello preposto alla loro sorveglianza.

4.3. L’adozione dei dispositivi di cui sopra non esime dalla osservanza di tutte le prescrizioni contenute nel presente regolamento.

4.4. Gli eventuali dispositivi di trattamento, per quanto concerne le altezze di sbocco, le distanze, le strutture, i materiali e le pareti interne, devono rispondere alle medesime norme stabilite per i camini.

4.5. Il materiale che si raccoglie nei dispositivi suddetti deve essere periodicamente rimosso e smaltito secondo la normativa vigente in materia di rifiuti.

4.6. Tutte le operazioni di manutenzione e di pulizia devono potersi effettuare in modo tale da evitare qualsiasi accidentale dispersione del materiale raccolto.

5. Apparecchi indicatori (5).

5.1. Allo scopo di consentire il rilevamento dei principali dati caratteristici relativi alla conduzione dei focolari, gli impianti termici devono essere dotati di due apparecchi misuratori delle pressioni relative (riferite a quella atmosferica) che regnano rispettivamente nella camera di combustione ed alla base del camino, per ciascun focolare di potenzialita’ superiore ad 1,16 MW.

5.2. I dati forniti dagli apparecchi indicatori a servizio degli impianti termici aventi potenzialita’ superiore a 5,8 MW, anche se costituiti da un solo focolare, devono essere riportati su di un quadro raggruppante i ripetitori ed i registratori delle misure, situato in un punto riconosciuto idoneo per una lettura agevole da parte del personale addetto alla conduzione dell’impianto termico.

5.3. Tutti gli apparecchi indicatori, ripetitori e registratori delle misure devono essere installati in maniera stabile e devono essere tarati.

(1) Numero modificato dall’articolo 34, comma 1, lettera a), della legge 23 luglio 2009, n. 99 e successivamente dall’articolo 4, comma 1, della Legge 30 ottobre 2014, n. 161.

(2) Punto modificato dall’articolo 34, comma 1, lettera b), della legge 23 luglio 2009, n. 99

(3) Punto modificato dall’articolo 34, comma 1, lettera c), della legge 23 luglio 2009, n. 99

(4) Punto modificato dall’articolo 34, comma 1, lettera d), della legge 23 luglio 2009, n. 99

(5) Paragrafo sostituito dall’articolo 3, comma 29, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

Parte III

Valori di emissione

Sezione 1

Valori limite per gli impianti che utilizzano i combustibili diversi da biomasse e da biogas

1. Gli impianti termici civili che utilizzano i combustibili previsti dall’allegato X diversi da biomasse e biogas devono rispettare, nelle condizioni di esercizio più gravose, un valore limite di emissione per le polveri totali pari a 50 mg/Nm3 riferito ad un’ora di funzionamento, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. Il tenore volumetrico di ossigeno nell’effluente gassoso anidro è pari al 3% per i combustibili liquidi e gassosi e pari al 6% per i combustibili solidi. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

2. I controlli annuali dei valori di emissione di cui all’articolo 286, comma 2, e le verifiche di cui all’articolo 286, comma 4, non sono richiesti se l’impianto utilizza i combustibili di cui all’allegato X, parte I, sezione II, paragrafo I, lettere a), b), c), d), e) o i) e se sono regolarmente eseguite le operazioni di manutenzione previste dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 (1).

Sezione 2

Valori limite per gli impianti che utilizzano biomasse

1. Gli impianti termici che utilizzano biomasse di cui all’Allegato X devono rispettare i seguenti valori limite di emissione, riferiti ad un’ora di funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. Il tenore di ossigeno di riferimento è pari all’11% in volume nell’effluente gassoso anidro. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

--------------------------------------------------------------------------------
| Potenza termica nominale dell'impianto (MW) |        [1] da >0,15 a <1       |
--------------------------------------------------------------------------------
| polveri totali                              |            100 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------
|carbonio organico totale (COT)               |               -                |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio (CO)                  |            350 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto (espressi come NO2) (*)     |            500 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di zolfo (espressi come SO2) (*)     |            200 mg/Nm3          |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) NO2, SO2 = il 2 è deponente.

[1] Agli impianti di potenza termica nominale pari o superiore al valore di soglia e non superiore a 0,15 MW si applica un valore limite di emissione per le polveri totali di 200 mg/Nm3.

Sezione 3

Valori limite per gli impianti che utilizzano biogas

1. Gli impianti che utilizzano biogas di cui all’Allegato X devono rispettare i valori limite di emissione indicati nei punti seguenti, espressi in mg/Nm3 e riferiti ad un’ora di funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

1.1 Per i motori a combustione interna i valori limite di emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno pari al 5% nell’effluente gassoso anidro, sono i seguenti:

--------------------------------------------------------------------------------
| Potenza termica nominale dell'impianto      |         < uguale 3 MW          |
--------------------------------------------------------------------------------
| carbonio organico totale (COT)              |           150 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio (CO)                  |           800 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto (espressi come NO2) (*)     |           500 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Composti inorganici del cloro sotto forma   |                                |
| di gas o vapori (come HCI)                  |            10 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) NO2 = il 2 è deponente.

1.2. Per le turbine a gas fisse i valori limite di emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno pari al 15%, nell’effluente gassoso anidro, sono i seguenti:

--------------------------------------------------------------------------------
| Potenza termica nominale dell'impianto      |         < uguale 3 MW          |
--------------------------------------------------------------------------------
| carbonio organico totale (COT)              |                -               |
--------------------------------------------------------------------------------
| monossido di carbonio (CO)                  |           100 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| ossidi di azoto (espressi come NO2) (*)     |           150 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Composti inorganici del cloro sotto forma   |                                |
| di gas o vapori (come HCI)                  |            5 mg/Nm3            |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) NO2 = il 2 è deponente.

1.3 Per le altre tipologie di impianti di combustione i valori limite di emissione, riferiti a un tenore volumetrico di ossigeno pari al 3%, nell’effluente gassoso anidro, sono i seguenti:

--------------------------------------------------------------------------------
| Potenza termica nominale dell'impianto      |         < uguale 3 MW          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ossido di carbonio                          |           150 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ossidi di azoto (espressi come NO2) (*)     |           300 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Carbonio organico totale (COT)              |            30 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Composti inorganici del cloro sotto forma   |                                |
| di gas o vapori (come HCI)                  |            30 mg/Nm3           |
--------------------------------------------------------------------------------

(*) NO2 = il 2 è deponente.

Sezione 4

Metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni

1. Per il campionamento, l’analisi e la valutazione delle emissioni previste dalle sezioni precedenti si applicano i metodi contenuti nelle seguenti norme tecniche e nei relativi aggiornamenti:

– UNI EN 13284 – 1;

– UNI 9970;

– UNI 9969;

– UNI 10393;

– UNI EN 12619;

– UNI EN 13526;

– UNI EN 1911- 1,2,3.

2. Per la determinazione delle concentrazioni delle polveri, le norme tecniche di cui al punto 1 non si applicano nelle parti relative ai punti di prelievo.

3. Per la determinazione delle concentrazioni di ossidi di azoto, monossido di carbonio, ossidi di zolfo e carbonio organico totale, é consentito anche l’utilizzo di strumenti di misura di tipo elettrochimico.

4. Per gli impianti di cui alla sezione II o alla sezione III, in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati i metodi in uso ai sensi della normativa previgente.

(1) Paragrafo modificato dall’articolo 3, comma 29, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 40     

ALLEGATO X ALLA PARTE QUINTA

Disciplina dei combustibili

Parte I

Combustibili consentiti

Sezione 1

Elenco dei combustibili di cui è consentito l’utilizzo negli impianti di cui al titolo I

1. Negli impianti disciplinati dal titolo I è consentito l’utilizzo dei seguenti combustibili:

a) gas naturale;

b) gas di petrolio liquefatto;

c) gas di raffineria e petrolchimici;

d) gas d’altoforno, di cokeria, e d’acciaieria;

e) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1 (1) ;

f) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera e), rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 1;

g) biodiesel rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 3;

h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore all’1% in massa e risondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonne 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9 e 10, fatto salvo quanto previsto nella sezione 3;

i) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera h), e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

l) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione 4;

m) carbone di legna;

n) biomasse combustibili individuate nella parte II, sezione 4, alle condizioni ivi previste;

o) carbone da vapore con contenuto di zolfo non superiore all’1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

p) coke metallurgico e da gas con contenuto di zolfo non superiore all’1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele con contenuto di zolfo non superiore all’1% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

r) biogas individuato nella parte II, sezione 6, alle condizioni ivi previste;

s) gas di sintesi proveniente dalla gassificazione di combustibili consentiti, limitatamente allo stesso comprensorio industriale nel quale tale gas è prodotto.

2. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, negli impianti di combustione con potenza termica nominale uguale o superiore a 50 MW è consentito l’utilizzo di:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 7, fatta eccezione per il contenuto di nichel e vanadio come somma; tale contenuto non deve essere superiore a 180 mg/kg per gli impianti autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della vigente normativa, non hanno completato l’adeguamento autorizzato;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

c) lignite con contenuto di zolfo non superiore all’1,5% in massa;

d) miscele acqua-carbone, anche additivate con stabilizzanti o emulsionanti, purché il carbone utilizzato corrisponda ai requisiti indicati al paragrafo 1, lettere o), p) e q);

e) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 7.

3. In aggiunta ai combustibili di cui ai paragrafi 1 e 2, negli impianti di combustione di potenza termica nominale uguale o superiore a 300 MW, ad eccezione di quelli anteriori al 1988 che sono autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della vigente normativa, non hanno completato l’adeguamento autorizzato, è consentito l’uso di:

a) emulsioni acqua-bitumi rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2;

b) petrolio greggio con contenuto di nichel e vanadio, come somma, non superiore a 230 mg/kg.

4. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, è consentito l’utilizzo dei seguenti combustibili purché prodotti da impianti localizzati nella stessa area delimitata in cui sono utilizzati:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 7;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

c) gas di raffineria, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio, olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio, derivanti esclusivamente da greggi nazionali, e coke da petrolio (1);

d) idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio rispondenti alle caratteristiche e secondo le condizioni di utilizzo di cui alla parte II, sezione 5.

5. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello zolfo siano fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60% con il prodotto ottenuto, ad eccezione dei forni per la produzione della calce impiegata nell’industria alimentare, è consentito l’uso di:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 4% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 8;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

c) bitume di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa;

d) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 8.

6. In aggiunta a quanto previsto ai paragrafi precedenti, nella regione Sardegna è consentito l’uso di combustibili indigeni, costituiti da carbone e da miscele acqua-carbone, in:

a) centrali termoelettriche e impianti di produzione, combinata e non, di energia elettrica e termica, purché vengano raggiunte le percentuali di desolforazione riportate nell’allegato II;

b) impianti di cui al paragrafo 2.

7. In deroga ai paragrafi 1, 5 e 6, negli impianti aventi potenza termica nominale [complessiva] non superiore a 3 MW, è vietato l’uso dei seguenti combustibili (4);

a) carbone da vapore salvo l’utilizzo negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano, in conformità alla parte II, sezione 2, paragrafo 1;

b) coke metallurgico salvo l’utilizzo negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano, in conformità alla parte II, sezione 2, paragrafo 1;

c) coke da gas;

d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele;

e) gas da altoforno, di cokeria e d’acciaieria;

f) bitume da petrolio;

g) coke da petrolio;

h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo superiore allo 0,3% in massa e loro emulsioni; tale disposizione si applica soltanto agli impianti autorizzati dopo il 24 marzo 1996, salvo il caso in cui le regioni, nei piani e programmi di cui all’articolo 8 e all’articolo 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ne prevedano l’estensione anche agli impianti autorizzati precedentemente ove tale misura sia necessaria per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria (2).

8. I divieti di cui al paragrafo 7 non si applicano ai combustibili prodotti da impianti localizzati nella stessa area delimitata in cui gli stessi sono utilizzati.

9. Ai fini dell’applicazione dei paragrafi 2, 3 e 7 si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui piu’ impianti sono considerati, ai sensi degli articoli 270, comma 4, 273, comma 9, o 282, comma 2, come un unico impianto (5).

10. Senza pregiudizio per quanto previsto ai paragrafi precedenti, e’ consentito, alle condizioni previste nella parte II, sezione 7, l’utilizzo del combustibile solido secondario (CSS) di cui all’art. 183, comma 1, lettera cc), meglio individuato nella predetta parte II, sezione 7, che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 184-ter, ha cessato di essere un rifiuto (CSS-Combustibile) (6).

Sezione 2

Elenco dei combustibili di cui è consentito l’utilizzo negli impianti di cui al titolo II

1. Negli impianti disciplinati dal titolo II è consentito l’uso dei seguenti combustibili:

a) gas naturale;

b) gas di città;

c) gas di petrolio liquefatto;

d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1 (1);

e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera d) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 1;

f) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione 4;

g) carbone di legna;

h) biomasse combustibili individuate nella parte II, sezione 4, alle condizioni ivi previste;

i) biodiesel avente le caratteristiche indicate in parte II, sezione 1, paragrafo 3;

[l) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonne 1, 3, 5 e 9] (1);

[m) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera l), rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2] (2);

n) biogas individuato nella parte II, sezione 6, alle condizioni ivi previste.

1-bis. L’uso dei combustibili di cui alle lettere f), g) e h) puo’ essere limitato o vietato dai piani e programmi di qualita’ dell’aria previsti dalla vigente normativa, ove tale misura sia necessaria al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualita’ dell’aria (3).

2. I combustibili di cui alle lettere l), m) ed n), non possono essere utilizzati negli impianti di cui all’allegato IV, parte I, punti 5 e 6.

3. L’uso degli oli combustibili ed altri distillati pesanti di petrolio di cui al paragrafo 1, lettera l), o delle loro emulsioni di cui alla lettera m) è consentito fino al termine fissato nell’ambito dei piani e programmi di cui all’articolo 8, comma 3 e 9, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, e comunque non oltre il 1° settembre 2007, in tutti gli impianti che alla data di entrata in vigore del presente decreto funzionano, in ragione delle loro caratteristiche costruttive, ad olio combustibile o ad altri distillati pesanti di petrolio utilizzando detti combustibili in misura pari o superiore al 90% in massa del totale dei combustibili impiegati durante l’ultimo periodo annuale di esercizio, individuato dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.

4. Il rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 3, deve risultare dalla compilazione iniziale del libretto di impianto o di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993 o da annotazioni effettuate su tale libretto prima della data di entrata in vigore del presente decreto, e da documenti comprovanti acquisti periodici di olio combustibile o di altri distillati pesanti di petrolio di cui al paragrafo 1, lettere l) o m).

(1) Lettera soppressa dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(2) Lettera soppressa dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(3) Paragrafo aggiunto dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(4) Paragrafo modificato dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(5) Paragrafo sostituito dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(6) Punto inserito dall’articolo 1, comma 1, del D.M. 20 marzo 2013.

Sezione 3 (3)

Disposizioni per alcune specifiche tipologie di combustibili liquidi

1. Olio combustibile pesante.

1.1. L’olio combustibile pesante di cui all’articolo 292, comma 2, lettera a), utilizzato negli impianti disciplinati dal titolo I, come tale o in emulsione con acqua, deve avere un contenuto di zolfo non superiore all’1% in massa e, nei casi previsti dalla sezione 1, paragrafo 7, non superiore allo 0,3% in massa.

1.2. In deroga a quanto previsto al punto 1.1, negli impianti di cui alla sezione 1, paragrafi da 2 a 6, e’ consentito, in conformita’ a tali paragrafi, l’uso di oli combustibili pesanti aventi un tenore massimo di zolfo superiore all’1% in massa nel caso di:

a) grandi impianti di combustione di cui all’articolo 273, ad eccezione di quelli che beneficiano di una deroga prevista da tale articolo al rispetto dei valori limite fissati per gli ossidi di zolfo all’allegato II alla Parte Quinta;

b) impianti di combustione non compresi nella precedente lettera a) ubicati nelle raffinerie di oli minerali, a condizione che la media mensile delle emissioni di ossidi di zolfo di tutti gli impianti della raffineria, esclusi quelli di cui alla lettera a), non superi, indipenden-temente dal tipo di combustibile e dalle combinazioni di combustibile utilizzati, il valore di 1700 mg/Nm^ 3 ;

c) impianti di combustione non compresi alle precedenti lettere a) e b), a condizione che sia rispettato, per gli ossidi di zolfo, il valore limite previsto nell’autorizzazione [e, nel caso di autorizzazione tacita, almeno il valore di 1700 mg/Nm ^3] .

2. Metodi di misura per i combustibili per uso marittimo.

2.1. Fatti salvi i casi in cui si applica il decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, i metodi di riferimento per la determinazione del tenore di zolfo nei combustibili per uso marittimo di cui all’articolo 292, comma 2, lettera d), sono quelli definiti, per tale caratteristica, nella parte II, sezione 1, paragrafo 1. Per la trattazione dei risultati delle misure e l’arbitrato si applica quanto previsto alla parte II, sezione 1, paragrafo 4.

3. Trasmissione di dati.

3.1. Al fine di consentire l’elaborazione della relazione di cui all’articolo 298, comma 3, i soggetti competenti l’accertamento delle infrazioni ai sensi dell’articolo 296, comma 2 e comma 9, trasmettono all’ISPRA e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 marzo di ogni anno, utilizzando il formato indicato nella tabella I, i dati inerenti ai rilevamenti di tenore di zolfo effettuati nel corso degli accertamenti dell’anno civile precedente sui combustibili di cui all’articolo 292, comma 2, lettere a), b) e d). Entro la stessa data i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, trasmettono all’ISPRA e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare i dati inerenti ai rilevamenti di tenore di zolfo effettuati nel corso degli accertamenti dell’anno civile precedente, ai sensi della vigente normativa, sui combustibili di cui all’articolo 292, comma 2, lettere a), b) e d), prodotti o importati e destinati alla commercializzazione sul mercato nazionale. Gli esiti trasmessi devono riferirsi ad accertamenti effettuati con una frequenza adeguata e secondo modalita’ che assicurino la rappresentativita’ dei campioni rispetto al combustibile controllato e, nel caso di combustibili per uso marittimo, la rappresentativita’ dei campioni stessi rispetto al complesso dei combustibili utilizzati nelle zone di mare e nei porti in cui si applica il limite.

3.2. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei depositi fiscali che importano i combustibili di cui al punto 3.1 da Paesi terzi o che li ricevono da Paesi membri dell’Unione europea e i gestori degli impianti di produzione dei medesimi combustibili inviano all’ISPRA e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite le rispettive associazioni di categoria, utilizzando il formato indicato nelle tabelle II e III, i dati concernenti i quantitativi di tali combustibili prodotti o importati nel corso dell’anno precedente, con esclusione di quelli destinati all’esportazione. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei grandi impianti di combustione che importano olio combustibile pesante da Paesi terzi o che lo ricevono da Paesi membri dell’Unione europea inviano all’ISPRA e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite le rispettive associazioni di categoria, utilizzando il formato indicato nella tabella IV, i dati concernenti i quantitativi di olio combustibile pesante importati nell’anno precedente.

3.3. Per depositi fiscali, ai sensi del punto 3.2 si intendono gli: impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o spediti i combustibili oggetto della parte quinta del presente decreto, sottoposti ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni stabilite dall’amministrazione finanziaria; ricadono in tale definizione anche gli impianti di produzione dei combustibili. Per combustibile sottoposto ad accisa si intende un combustibile al quale si applica il regime fiscale delle accise.

3.4. I dati previsti ai punti 3.1 e 3.2 sono trasmessi al-l’ISPRA su supporto digitale, unitamente alla lettera di accompagnamento e, per posta elettronica all’indirizzo dati.combustibili apat.it e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per posta elettronica all’indirizzo dati.combustibili isprambiente.it

3.5. La relazione elaborata dall’ISPRA sulla base dei dati e delle informazioni di cui ai punti 3.1 e 3.2 deve indicare, per ciascun combustibile, il numero totale di accertamenti effettuati, il tenore medio di zolfo relativo a tali accertamenti ed il quantitativo complessivamente prodotto e importato.

Tabella Omissis.

[1] Per le emulsioni e’ escluso il quantitativo di acqua.

Sezione 4 (13) 
Valori di emissione equivalenti  per  i  metodi  di  riduzione  delle
emissioni 
 
1. Ai fini previsti dall'articolo  295,  comma  20,  lettera  a),  si
applicano i seguenti valori di emissione  equivalenti  ai  limiti  di
tenore di zolfo dei combustibile per uso marittimo: 
 
  Tenore di zolfo del combustibile                 Rapporto emissione
         per uso marittimo                           SO2 (ppm)/CO2 
    

            (% m/m)                                   (% v/v)

             3,50                                      151,7

             1,50                                       65,0

             1,00                                       43,3

             0,50                                       21,7

             0,10                                        4,3

    
2. Il rapporto di equivalenza di cui al punto 1 si applica solo se si
utilizzano un distillato  a  base  di  petrolio  o  oli  combustibili
residui. Se si utilizza un altro tipo  di  combustibile,  l'operatore
deve  individuare  un'altra  idonea  modalita'   ai   fini   prevista
all'articolo 295, comma 20, lettera a). 
 
3. In casi in cui la concentrazione di CO2 e' ridotta da  un  sistema
di depurazione dei gas di scarico, la concentrazione di  CO2  ,  puo'
essere misurata nel  punto  di  ingresso  di  tale  sistema,  purche'
l'operatore fornisca una adeguata giustificazione e dimostri  che  la
metodologia e' idonea ai fini della misura. 
 
 
Sezione 5 (14)
Criteri per l'utilizzo dei metodi di riduzione delle emissioni 
 
1. I metodi di riduzione delle emissioni previsti  all'articolo  295,
commi 19 e 20, devono rispettare, ai  fini  dell'utilizzo,  almeno  i
seguenti criteri individuati in  funzione  dello  specifico  tipo  di
metodo: 
    

  Metodo di riduzione                       Criteri per l'utilizzo
    delle emissioni

          A.
Utilizzo di una miscela                     Si applicano i criteri
di combustibile per uso                    previsti dalla decisione
  marittimo e gas di                       della Commissione europea
     evaporazione                              2010/769/UE del
    (per le navi                              13 dicembre 2010.
    all'ormeggio)

          B.
Sistemi di depurazione                      Si applicano i criteri
  dei gas di scarico                            previsti dalla
                                            risoluzione MEPC.184(59).

                                            Le acque di lavaggio
                                            risultanti dai sistemi
                                            di depurazione dei gas
                                            di scarico che utilizzano
                                            prodotti chimici,
                                            additivi o preparati o
                                            che creano rilevanti
                                            agenti chimici durante
                                            l'esercizio, previsti dal
                                            punto 10.1.6.1 della
                                            risoluzione MEPC.184(59),
                                            non possono essere
                                            scaricate in mare,
                                            inclusi baie, porti ed
                                            estuari, eccettuato il
                                            caso in cui
                                            l'utilizzatore dimostri
                                            che tali gli scarichi non
                                            producono impatti
                                            negativi rilevanti e non
                                            presentano rischi per la
                                            salute umana e
                                            l'ambiente.
                                            Se il prodotto chimico
                                            utilizzato e' la soda
                                            caustica, tali scarichi
                                            sono ammessi se
                                            rispettano i criteri
                                            stabiliti nella
                                            risoluzione
                                            MEPC.184(59), ed un
                                            limite per il pH
                                            pari a 8,0.
           
      C.
 Utilizzo di                                Si utilizzano
biocarburanti                               combustibili definiti
                                            biocarburanti nella
                                            direttiva 2009/28/CE e
                                            che rispettano le
                                            pertinenti norme
                                            CEN e ISO.
                                            Restano fermi i limiti
                                            di tenore di zolfo
                                            previsti dall'articolo
                                            295 per le miscele di
                                            biocarburanti e
                                            combustibili per
                                            uso marittimo.

    
 
Sezione 6  (15)
Rapporto per la comunicazione prevista all'articolo 296, comma 10-ter 
 
1. Ai fini  della  comunicazione  prevista  all'articolo  296,  comma
10-ter, si utilizza il seguente rapporto: 
 
 
  Rapporto di indisponibilita' di combustibile a norma (facsimile) 
 
 
Data: 
 
    

|=====|=====================|====|==================================|
|Campo|    Nome del campo   |Dati|         Note e istruzioni        |
|     |                     |    |          di compilazione         |
|=====|=====================|====|==================================|
|  1  |Nome della compagnia |    |Inserire il nome della compagnia  |
|     |della nave           |    |della nave                        |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
|  2  |Nome della Nave      |    |Inserire il nome della nave       |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
|  3  |Paese di bandiera    |    |Inserire il codice paese          |
|     |                     |    |come da ISO 3166                  |
|     |                     |    |(Un elenco dei codici e'          |
|     |                     |    |reperibile al seguente indirizzo) |
|     |                     |    |https://www.iso.org/obp/ui/#search|
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
|  4  |Numero IMO           |    |Inserire il numero identificativo |
|     |                     |    |IMO assegnato alla nave.          |
|     |                     |    |Inserire " ND" se non si dispone  |
|     |                     |    |di un numero identificativo IMO   |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
|  5  |Data prima           |    |Inserire la data in cui la nave ha|
|     |comunicazione        |    |ricevuto la prima comunicazione di|
|     |                     |    |dover effettuare un viaggio       |
|     |                     |    |comportante il transito nelle     |
|     |                     |    |acque di giurisdizione italiana   |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
|  6  |Luogo di prima       |    |Inserire il nome del porto in cui |
|     |comunicazione        |    |la nave ha ricevuto la prima      |
|     |                     |    |comunicazione di dover effettuare |
|     |                     |    |un viaggio comportante il transito|
|     |                     |    |nelle acque di giurisdizione      |
|     |                     |    |italiana                          |
|     |                     |    |Nota: se la nave ha ricevuto la   |
|     |                     |    |comunicazione in navigazione,     |
|     |                     |    |fornire le coordinate della nave  |
|     |                     |    |al momento della comunicazione    |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
|  7  |Nomi dei porti dopo  |    |Inserire i nomi di tutti i        |
|     |la prima             |    |successivi porti noti, che la nave|
|     |comunicazione        |    |dovra' scalare durante il viaggio |
|     |                     |    |pianificato, dopo aver ricevuto la|
|     |                     |    |comunicazione di dover effettuare |
|     |                     |    |un viaggio comportante il transito|
|     |                     |    |nelle acque di giurisdizione      |
|     |                     |    |italiana.                         |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
|  8  |Nome dell'ultimo     |    |Inserire il nome del porto        |
|     |porto prima          |    |precedente a quello di ingresso in|
|     |dell'ingresso in     |    |acque di giurisdizione italiana   |
|     |acque Italiane       |    |Nota: questo porto deve essere    |
|     |                     |    |riportato anche nel Campo 7       |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
|  9  |Nome del porto in cui|    |Inserire il nome del porto si e'  |
|     |si e' verificato il  |    |verificato il disservizio sul     |
|     |disservizio sul      |    |rifornimento di combustibile.     |
|     |rifornimento di      |    |Se non si e' trattato di un       |
|     |combustibile         |    |disservizio sul rifornimento      |
|     |                     |    |inserire "ND"                     |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 10  |Nome del fornitore di|    |Immettere il nome del fornitore di|
|     |carburante che ha    |    |carburante previsto nel porto di  |
|     |originato il         |    |cui al campo 9 all'unita' che sta |
|     |disservizio          |    |attualmente riportando la non     |
|     |                     |    |conformita' del carburante        |
|     |                     |    |utilizzato.                       |
|     |                     |    |Se non si e' trattato di un       |
|     |                     |    |disservizio sul rifornimento      |
|     |                     |    |inserire "ND"                     |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 11  |Numero di fornitori  |    |Inserire il numero dei fornitori  |
|     |contattati           |    |contattati nel porto indicato al  |
|     |                     |    |Campo 9 dove si e' verificato il  |
|     |                     |    |disservizio del rifornimento.     |
|     |                     |    |Se non si e' trattato di un       |
|     |                     |    |disservizio sul rifornimento      |
|     |                     |    |inserire "ND".                    |
|     |                     |    |Nota: si prega di inserire le     |
|     |                     |    |informazioni di contatto          |
|     |                     |    |dei fornitori                     |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 12  |Data e orario stimati|    |Inserire data e ora stimate       |
|     |di arrivo nelle acque|    |di ingresso nelle acque di        |
|     |di giurisdizione     |    |giurisdizione Italiane            |
|     |Italiane             |    |Formato:anno/mese/giorno/ora      |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 13  |Contenuto di zolfo   |    |Inserire il contenuto di zolfo, in|
|     |del combustibile non |    |percentuale per massa (% m/m) del |
|     |conforme             |    |combustibile non conforme che     |
|     |                     |    |verra' usato all'ingresso e       |
|     |                     |    |durante le operazioni nelle acque |
|     |                     |    |di giurisdizione Italiana         |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 14  |Stima delle ore      |    |Inserire il numero di ore         |
|     |d'impiego del        |    |previsto durante le quali i motori|
|     |propulsore principale|    |principali funzioneranno con il   |
|     |                     |    |combustibile non conforme, nelle  |
|     |                     |    |acque di giurisdizione Italiana   |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 15  |Nome del primo porto |    |Inserire il nome del primo        |
|     |italiano di accosto  |    |porto italiano di accosto         |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 16  |E' disponibile       |    |Il primo porto italiano di accosto|
|     |combustibile conforme|    |avente disponibilita' di          |
|     |nel primo porto      |    |combustibile conforme?            |
|     |italiano?            |    |S: Si                             |
|     |                     |    |N: No                             |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 17  |Piano di rifornimento|    |La vostra nave ha pianificato il  |
|     |di combustibile      |    |rifornimento di combustibile a    |
|     |conforme nel primo   |    |norma nel primo porto italiano?   |
|     |porto italiano di    |    |S: Si                             |
|     |accosto?             |    |N: No                             |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 18  |Numero di fornitori  |    |Inserire il numero di fornitori   |
|     |contattati al primo  |    |contattati al primo porto di      |
|     |porto italiano       |    |accosto indicato nel Campo 15.    |
|     |                     |    |Nota: Se il Campo 17 e'           |
|     |                     |    |"S", allora inserire "ND".        |
|     |                     |    |Fornire informazioni di contatto  |
|     |                     |    |dei fornitori                     |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 19  |Nome del secondo     |    |Inserire il nome del secondo porto|
|     |porto italiano di    |    |italiano di accosto.              |
|     |accosto              |    |Nota: Se il Campo 17 e'           |
|     |                     |    |"S", allora inserire "ND" /       |
|     |                     |    |Se il vostro successivo porto di  |
|     |                     |    |accosto non e' in Italia allora   |
|     |                     |    |inserire "Nessuno"                |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 20  |E' disponibile       |    |E' disponibile combustibile       |
|     |combustibile conforme|    |conforme nel secondo porto        |
|     |nel secondo porto    |    |italiano di accosto?              |
|     |italiano?            |    |S: Si                             |
|     |                     |    |N: No                             |
|     |                     |    |Nota: Se il Campo 17 e' "ND" o il |
|     |                     |    |campo 19 e' "Nessuno" allora      |
|     |                     |    |inserire "ND"                     |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 21  |Piano di rifornimento|    |La nave ha pianificato il bunker  |
|     |di combustibile      |    |al secondo porto italiano?        |
|     |conforme, nel secondo|    |S: Si                             |
|     |porto italiano?      |    |N: No                             |
|     |                     |    |Nota: Se Campo 17 e' "ND" o il 19 |
|     |                     |    |e' "Nessuno allora inserire "ND"  |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 22  |Numero di fornitori  |    |Inserire il numero di fornitori   |
|     |contattati al secondo|    |contattati al secondo porto di    |
|     |porto italiano       |    |accosto al Campo 19               |
|     |                     |    |Nota: Se il Campo 19 e' "ND" o    |
|     |                     |    |"Nessuno" allora inserire "ND".   |
|     |                     |    |Nota: Prego fornire informazioni  |
|     |                     |    |di contatto dei fornitori         |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 23  |Data e orario stimati|    |Inserire data e ora stimate di    |
|     |di uscita dalle acque|    |uscita dalle acque di             |
|     |di giurisdizione     |    |giurisdizione Italiana            |
|     |Italiana             |    |Formato: anno/mese/giorno/ora     |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 24  |Sono stati presentati|    |Indicare se la compagnia indicata |
|     |analoghi rapporti    |    |al Campo 1 ha gia' presentato     |
|     |precedentemente?     |    |analoghi rapporti per qualsiasi   |
|     |                     |    |nave nei precedenti 12 mesi       |
|     |                     |    |S: Si                             |
|     |                     |    |N: No                             |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 25  |Numero di rapporti   |    |Inserire il numero di Rapporti di |
|     |presentati           |    |indisponibilita' presentati negli |
|     |                     |    |ultimi 12 mesi (Includere il      |
|     |                     |    |presente nel totale)              |
|     |                     |    |Nota: Se il Campo 24 e'           |
|     |                     |    |"N", allora inserire "1"          |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 26  |Funzionario della    |    |Inserire il nome di un funzionario|
|     |Societa' Armatrice   |    |della Societa' armatrice designato|
|     |Nome, e-mail e       |    |quale punto di contatto           |
|     |telefono             |    |(includendo il titolo, es: Dott,  |
|     |                     |    |Sig., Cap.,ecc.), l'email e il    |
|     |                     |    |telefono (includendo il prefisso  |
|     |                     |    |internazionale se non italiano)   |
|-----|---------------------|----|----------------------------------|
| 27  |Descrizione delle    |    |Fornire una descrizione delle     |
|     |azioni intraprese per|    |azioni intraprese per raggiungere |
|     |raggiungere la       |    |la conformita', eventuali         |
|     |conformita',         |    |ulteriori problemi, commenti o    |
|     |eventuali ulteriori  |    |altre informazioni afferenti alla |
|     |problemi, commenti o |    |situazione di non conformita'     |
|     |altre informazioni   |    |della nave ai requisiti per il    |
|     |                     |    |combustibile marino previsti nelle|
|     |                     |    |acque di giurisdizione italiana.  |
|     |                     |    |Nota: Si puo' scegliere di        |
|     |                     |    |allegare un documento separato che|
|     |                     |    |contenga tale descrizione         |
|     |                     |    |(formato pdf ).                   |
|     |                     |    |Se si sceglie di allegare un      |
|     |                     |    |documento separato, immettere     |
|     |                     |    |"allegato" in questo campo.       |
|     |                     |    |Se non si dispone di queste       |
|     |                     |    |informazioni, inserire "ND"       |
|=====|=====================|====|==================================|

Parte II (1)

Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura

(1) Per la sostituzione della tabella vedi l’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

Sezione 1

Combustibili liquidi

1. Gasolio, kerosene olio combustibile ed altri distillati leggeri, medi e pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettere e) e h), paragrafo 2 lettera a), paragrafo 4, lettera a), paragrafo 5 lettera a) e sezione 2, paragrafo 1, lettere d), e), ed l)]

--------------------------------------------------------------------------------
|   Tipo di combustibile   |  Gasolio/  |      Olio combustibile ed altri      |
|         liquido          | Kerosene/  |    distillati pesanti di petrolio    |
|                          | distillati |--------------------------------------|
|                          | leggeri e  |                           |  Metodo  |
|                          |  medi di   |     Fluidissimo BTZ       |    di    |
|                          |  petrolio  |                           |  analisi |
--------------------------------------------------------------------------------
| Caratteristica |  Unità  |            |      1      |      2      |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Viscosità      |         |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |  mm2/s  |            |           <21,2           |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |   °E    |            |            <3             |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 40 C         |  mm2/s  |   Da 2,0   |                           |  EN ISO  |
|                |         | a 7,4 [1]  |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua e        |    %    |  < uguale  |          < uguale         |    UNI   |
| sedimenti      |  (V/V)  |    0,05    |            0,05           |   20058  |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua          |    %    |            |                           | ISO 3733 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Sedimenti      |    %    |            |                           | ISO 3735 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |         |< uguale0,20|             |             |  UNI EN  |
| Zolfo          |    %    |------------|< uguale 0,3 |< uguale 1[4]| ISO 8754 |
|                |  (m/m)  |< uguale0,10|             |             |  UNI EN  |
|                |         |     [5]    |             |             | ISO 14596|
--------------------------------------------------------------------------------
| Residuo        |    %    |            | < uguale 6  | < uguale 15 | ISO 6615 |
| carbonioso     |  (m/m)  |            |             |             |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Nichel +       |  mg/kg  |< uguale 15 | < uguale 50 |< uguale 180 | UNI E 09.|
| Vanadio        |         |            |             |             | 10.024.0 |
|                |         |            |             |             | EN 13131 |
|                |         |            |             |             |    [3]   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ceneri         |    %    |            |      < uguale 0,05        |  UNI EN  |
|                |  (m/m)  |            |                           | ISO 6245 |
--------------------------------------------------------------------------------
| PCB/PCT        |  mg/kg  |Inferiore al|       Inferiore al        | DIN 51527|
|                |         | limite di  |        limite di          |    [4]   |
|                |         |rilevabilità|      rilevabilità         | EN 12766 |
--------------------------------------------------------------------------------

segue

--------------------------------------------------------------------------------
|   Tipo di combustibile   |  Gasolio/  |      Olio combustibile ed altri      |
|         liquido          | Kerosene/  |    distillati pesanti di petrolio    |
|                          | distillati |--------------------------------------|
|                          | leggeri e  |                           |  Metodo  |
|                          |  medi di   |        Fluido BTZ         |    di    |
|                          |  petrolio  |                           |  analisi |
--------------------------------------------------------------------------------
| Caratteristica |  Unità  |            |      3      |      4      |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Viscosità      |         |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |  mm2/s  |            |       da 21,2 a 37,4      |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |   °E    |            |       da 3,0 a 5,0        |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 40 C         |  mm2/s  |   Da 2,0   |                           |  EN ISO  |
|                |         | a 7,4 [1]  |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua e        |    %    |  < uguale  |         < uguale          |    UNI   |
| sedimenti      |  (V/V)  |    0,05    |            1,0            |   20058  |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua          |    %    |            |                           | ISO 3733 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Sedimenti      |    %    |            |                           | ISO 3735 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |         |< uguale0,20|             |             |  UNI EN  |
| Zolfo          |    %    |------------|< uguale 0,3 |< uguale 1(4)| ISO 8754 |
|                |  (m/m)  |< uguale0,10|             |             |  UNI EN  |
|                |         |     [5]    |             |             | ISO 14596|
--------------------------------------------------------------------------------
| Residuo        |    %    |            | < uguale 6  | < uguale 15 | ISO 6615 |
| carbonioso     |  (m/m)  |            |             |             |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Nichel +       |  mg/kg  |< uguale 15 | < uguale 50 |< uguale 180 | UNI E 09.|
| Vanadio        |         |            |             |             | 10.024.0 |
|                |         |            |             |             | EN 13131 |
|                |         |            |             |             |    [3]   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ceneri         |    %    |            |      < uguale 0,10        |  UNI EN  |
|                |  (m/m)  |            |                           | ISO 6245 |
--------------------------------------------------------------------------------
| PCB/PCT        |  mg/kg  |Inferiore al|       Inferiore al        | DIN 51527|
|                |         | limite di  |        limite di          |    [4]   |
|                |         |rilevabilità|      rilevabilità         | EN 12766 |
--------------------------------------------------------------------------------

segue

--------------------------------------------------------------------------------
|   Tipo di combustibile   |  Gasolio/  |      Olio combustibile ed altri      |
|         liquido          | Kerosene/  |    distillati pesanti di petrolio    |
|                          | distillati |--------------------------------------|
|                          | leggeri e  |                           |  Metodo  |
|                          |  medi di   |      Semifluido BTZ       |    di    |
|                          |  petrolio  |                           |  analisi |
--------------------------------------------------------------------------------
| Caratteristica |  Unità  |            |      5      |      6      |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Viscosità      |         |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |  mm2/s  |            |       da 37,5 a 91,0      |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |   °E    |            |       da 5,1 a 12,0       |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 40 C         |  mm2/s  |   Da 2,0   |                           |  EN ISO  |
|                |         | a 7,4 [1]  |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua e        |    %    |  < uguale  |         < uguale          |    UNI   |
| sedimenti      |  (V/V)  |    0,05    |            1,0            |   20058  |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua          |    %    |            |                           | ISO 3733 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Sedimenti      |    %    |            |                           | ISO 3735 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |         |< uguale0,20|             |             |  UNI EN  |
| Zolfo          |    %    |------------|< uguale 0,3 |< uguale 1,0 | ISO 8754 |
|                |  (m/m)  |< uguale0,10|             |             |  UNI EN  |
|                |         |     [5]    |             |             | ISO 14596|
--------------------------------------------------------------------------------
| Residuo        |    %    |            | < uguale 6  | < uguale 15 | ISO 6615 |
| carbonioso     |  (m/m)  |            |             |             |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Nichel +       |  mg/kg  |< uguale 15 | < uguale 50 |< uguale 180 | UNI E 09.|
| Vanadio        |         |            |             |             | 10.024.0 |
|                |         |            |             |             | EN 13131 |
|                |         |            |             |             |    [3]   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ceneri         |    %    |            |      < uguale 0,15        |  UNI EN  |
|                |  (m/m)  |            |                           | ISO 6245 |
--------------------------------------------------------------------------------
| PCB/PCT        |  mg/kg  |Inferiore al|       Inferiore al        | DIN 51527|
|                |         | limite di  |        limite di          |    [4]   |
|                |         |rilevabilità|      rilevabilità         | EN 12766 |
--------------------------------------------------------------------------------

segue

--------------------------------------------------------------------------------
|   Tipo di combustibile   |  Gasolio/  |      Olio combustibile ed altri      |
|         liquido          | Kerosene/  |    distillati pesanti di petrolio    |
|                          | distillati |--------------------------------------|
|                          | leggeri e  |                           |  Metodo  |
|                          |  medi di   |         Denso ATZ         |    di    |
|                          |  petrolio  |                           |  analisi |
--------------------------------------------------------------------------------
| Caratteristica |  Unità  |            |      7      |      8      |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Viscosità      |         |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |  mm2/s  |            |         > di 91           |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |   °E    |            |         > di 12           |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 40 C         |  mm2/s  |   Da 2,0   |                           |  EN ISO  |
|                |         | a 7,4 [1]  |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua e        |    %    |  < uguale  |                           |    UNI   |
| sedimenti      |  (V/V)  |    0,05    |                           |   20058  |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua          |    %    |            |      < uguale 1,5 [6]     | ISO 3733 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Sedimenti      |    %    |            |      < uguale 0,05        | ISO 3735 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |         |< uguale0,20|             |             |  UNI EN  |
| Zolfo          |    %    |------------|< uguale 3,0 |< uguale 4,0 | ISO 8754 |
|                |  (m/m)  |< uguale0,10|             |             |  UNI EN  |
|                |         |     [5]    |             |             | ISO 14596|
--------------------------------------------------------------------------------
| Residuo        |    %    |            |        < uguale 18        | ISO 6615 |
| carbonioso     |  (m/m)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Nichel +       |  mg/kg  |< uguale 15 |     < uguale 230 [2]      | UNI E 09.|
| Vanadio        |         |            |                           | 10.024.0 |
|                |         |            |                           | EN 13131 |
|                |         |            |                           |    [3]   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ceneri         |    %    |            |      < uguale 0,20 [7]    |  UNI EN  |
|                |  (m/m)  |            |                           | ISO 6245 |
--------------------------------------------------------------------------------
| PCB/PCT        |  mg/kg  |Inferiore al|       Inferiore al        | DIN 51527|
|                |         | limite di  |         limite di         |    [4)]   |
|                |         |rilevabilità|       rilevabilità        | EN 12766 |
--------------------------------------------------------------------------------

segue

--------------------------------------------------------------------------------
|   Tipo di combustibile   |  Gasolio/  |      Olio combustibile ed altri      |
|         liquido          | Kerosene/  |    distillati pesanti di petrolio    |
|                          | distillati |--------------------------------------|
|                          | leggeri e  |                           |  Metodo  |
|                          |  medi di   |         Denso BTZ         |    di    |
|                          |  petrolio  |                           |  analisi |
--------------------------------------------------------------------------------
| Caratteristica |  Unità  |            |      9      |      10     |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Viscosità      |         |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |  mm2/s  |            |         > di 91           |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 50 C         |   °E    |            |         > di 12           |  EN ISO  |
|                |         |            |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| a 40 C         |  mm2/s  |   Da 2,0   |                           |  EN ISO  |
|                |         | a 7,4 [1]  |                           |   3104   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua e        |    %    |  < uguale  |                           |    UNI   |
| sedimenti      |  (V/V)  |    0,05    |                           |   20058  |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua          |    %    |            |       < uguale 1,5        | ISO 3733 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Sedimenti      |    %    |            |       < uguale 0,5        | ISO 3735 |
|                |  (V/V)  |            |                           |          |
--------------------------------------------------------------------------------
|                |         |< uguale0,20|             |             |  UNI EN  |
| Zolfo          |    %    |------------|< uguale 0,3 |< uguale 1,0 | ISO 8754 |
|                |  (m/m)  |< uguale0,10|             |             |  UNI EN  |
|                |         |     [5]    |             |             | ISO 14596|
--------------------------------------------------------------------------------
| Residuo        |    %    |            | < uguale 6  | < uguale 15 | ISO 6615 |
| carbonioso     |  (m/m)  |            |             |             |          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Nichel +       |  mg/kg  |< uguale 15 | < uguale 50 |< uguale 180 | UNI E 09.|
| Vanadio        |         |            |             |             | 10.024.0 |
|                |         |            |             |             | EN 13131 |
|                |         |            |             |             |    [3]   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Ceneri         |    %    |            |       < uguale 0,20       |  UNI EN  |
|                |  (m/m)  |            |                           | ISO 6245 |
--------------------------------------------------------------------------------
| PCB/PCT        |  mg/kg  |Inferiore al|       Inferiore al        | DIN 51527|
|                |         | limite di  |         limite di         |    (4)   |
|                |         |rilevabilità|       rilevabilità        | EN 12766 |
--------------------------------------------------------------------------------

[1] Solo per il gasolio

[2] Il valore è di 180 mg/kg per gli impianti di cui alla parte I, sezione 1, paragrafo 2 fino all’adeguamento.

[3] Il metodo UNI E 09.10.024.0 è utilizzato, in via transitoria, fino alla pubblicazione del metodo 13131.

[4] Il metodo DIN 51527 è utilizzato, in via transitoria, fino alla pubblicazione del metodo EN 12766.

[5] Tale specifica è riferita solo al gasolio e si applica a partire dal 1° gennaio 2008.

[6] Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da avviare a successivo trattamento di centrifugazione, filtrazione e miscelazione con idrocarburi è consentito un contenuto massimo di acqua pari al 15% V/V.

[7] Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da avviare a successivo trattamento di centrifugazione, filtrazione e miscelazione con idrocarburi è consentito un contenuto massimo di ceneri pari all’1,5% m/m.

2. Emulsioni acqua – bitumi [parte I, sezione 1, paragrafo 3, lettera a)]

--------------------------------------------------------------------------------
| Caratteristica  |   Unità   |    Emulsioni   |    Emulsioni  |   Metodi di   |
|                 |           | acqua - bitumi | acqua - altri |    analisi    |
|                 |           |    naturali    |     bitumi    |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| Acqua           |  % (m/m)  |  < uguale 35%  | < uguale 35%  |    ISO 3733   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Zolfo           |  % (m/m)  |  < uguale 3%   | < uguale 3%   |  ASTM D 1552  |
|                 |           |       (*)      |     (*/**)    |               |
--------------------------------------------------------------------------------
| Nichel + Vanadio|   mg/kg   | < uguale 450   | < uguale 230  |       [1]     |
|                 |           |       (*)      |       (*)     |               |
--------------------------------------------------------------------------------

[1] Fino all’adozione di una metodica ufficiale da parte dei competenti organismi di normazione, per l’analisi del nichel e vanadio si applica un metodo di comprovata validità concordato con l’autorità competente. Fino a tale data non si applica la norma EN ISO 4259 per la trattazione dei risultati.

(*) I valori limite sono riferiti all’emulsione tal quale.

(**) Per emulsioni derivanti da greggi nazionali il valore è < uguale 8%.

3. – Biodiesel [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera g) e sezione 2, paragrafo 1, lettera i)]

--------------------------------------------------------------------------------
|         Proprietà         |    Unità   |        Limiti        |  Metodo di   |
|                           |            |----------------------|    prova     |
|                           |            |  Minimo  |  Massimo  |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| Viscosità a 40 C          |    mm2/s   |    3,5   |    5,0    | EN ISO 3104  |
|                           |            |          |           | ISO 3105     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Residuo carbonioso (a)    |   % (m/m)  |     -    |    0,30   | EN ISO 10370 |
| (sul 10% residuo          |            |          |           |              |
| distillazione)            |            |          |           |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di ceneri       |   % (m/m)  |     -    |    0,02   | ISO 3987     |
| solfatate                 |            |          |           |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di acqua        |    mg/kg   |     -    |    500    | EN ISO       |
|                           |            |          |           | 12937:2000   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contaminazione totale (*) |    mg/kg   |     -    |     24    | EN 12662     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Valore di acidità         |  mg KOH/g  |          |    0,50   | EN 14104     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di estere (b)(*)|  % (m/m)   |   96,5   |           | EN 14103     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di monogliceridi|  % (m/m)   |          |    0,80   | EN 14105     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di digliceridi  |  % (m/m)   |          |    0,20   | EN 14105     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di trigliceridi |  % (m/m)   |          |    0,20   | EN 14105     |
| (*)                       |            |          |           |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| Glicerolo libero (c) (*)  |  % (m/m)   |          |    0,02   | EN 14105     |
|                           |            |          |           | EN 14106     |
--------------------------------------------------------------------------------
| CFPP (d)                  |     °C     |          |           | UNI EN 116   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Punto di scorrimento (e)  |     °C     |          |     0     | ISO 3016     |
--------------------------------------------------------------------------------
| Potere calorifico         |   MJ/kg    |    35    |           |DIN 51900:1989|
| inferiore (calcolato)     |            |          |           |DIN 51900-1:  |
|                           |            |          |           |1998          |
|                           |            |          |           |DIN 51900-2:  |
|                           |            |          |           |1977          |
|                           |            |          |           |DIN 51900-3:  |
|                           |            |          |           |1977          |
--------------------------------------------------------------------------------
| Numero di Iodio           |  g iodio/  |          |    130    | EN 14111     |
|                           |   100 g    |          |           |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di zolfo        |   mg/kg    |          |    10,0   |prEN ISO 20846|
|                           |            |          |           |prEN ISO 20884|
--------------------------------------------------------------------------------
| Stabilità all'ossidazione,|    ore     |   4,0    |     -     | EN 14112     |
| 110°C                     |            |          |           |              |
--------------------------------------------------------------------------------
| (a) Per ottenere il 10% residuo deve essere utilizzato il metodo ASTM D 1160.|
--------------------------------------------------------------------------------
| (b) Non è consentita l'aggiunta di esteri diversi da quelli propri del       |
| biodiesel e di altre sostanze diverse dagli additivi.                        |
--------------------------------------------------------------------------------
| (c) In caso di controversia sul glicerolo libero, si deve utilizzare il EN   |
| 14105.                                                                       |
--------------------------------------------------------------------------------
| (d) Per il biodiesel da utilizzare tal quale, il limite massimo coincide con |
| quello previsto dalla UNI 6579.                                              |
--------------------------------------------------------------------------------
| (e) Il biodiesel destinato alla miscelazione con oli combustibili            |
| convenzionali non deve contenere additivi migliorativi della filtrabilità a  |
| freddo.                                                                      |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) In caso di controversia per la determinazione della contaminazione       |
| totale, del contenuto di esteri, del contenuto di trigliceridi e del         |
| glicerolo libero non si applica il criterio del 2R della UNI EN ISO 4259     |
| rispetto al limite indicato in tabella.                                      |
--------------------------------------------------------------------------------

4. Per la determinazione delle caratteristiche dei combustibili di cui alla presente sezione si applicano i metodi riportati nelle tabelle di cui ai paragrafi da 1 a 3 riferiti alle versioni più aggiornate. Salvo quanto diversamente disposto nei paragrafi 2 e 3, la trattazione dei risultati delle misure è effettuata secondo la norma EN ISO 4259. Per l’arbitrato è utilizzato il metodo EN ISO 14596 – edizione 1998.

Sezione 2

Combustibili solidi

1. Caratteristiche e metodi di prova per i combustibili solidi [parte 1, sezione 1, paragrafo 1, lettere o), p) e q), paragrafo 2, lettera e), paragrafo 5, lettera d)].

--------------------------------------------------------------------------------
|    Tipo   |   | Materie  |  Ceneri  |  Zolfo  | Umidità  | Potere calorifico |
|           |   | volatili |    (b)   |   (b)   |   (b)    |   inferiore (c)   |
|           |   |    (b)   |          |         |          |-------------------|
|           |   |     %    |     %    |    %    |    %     | MJ/kg |           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Coke      | 1 |          |< uguale12|         |< uguale12|       | Coke      |
| metallur- |---|< uguale 2|----------|< uguale1|----------|> ugual| metal-    |
| gico e da | 2 |          |< uguale10|         |< uguale 8| 27,63 | lurgico e |
| gas       |   |          |          |         |          |       | da gas    |
--------------------------------------------------------------------------------
| Antracite,|   |          |          |         |          |       | Antracite,|
| prodotti  |   |          |          |         |          |       | prodotti  |
| antracito-| 3 |< uguale13|< uguale10|< uguale1|< uguale 5|< ugual| antracito-|
| si e loro |   |          |          |         |          | 29,31 | si e loro |
| miscele   |   |          |          |         |          |       | miscele   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Carbone   |   |          |          |         |          |       | Carbone   |
| da vapore | 4 |< uguale40|< uguale16|< uguale1|< uguale10|< ugual| da vapore |
|           |   |          |          |         |          | 23,86 |           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Agglome-  |   |          |          |         |          |       | Agglome-  |
| rati di   | 5 |< uguale40|< uguale16|< uguale |< uguale   < ugual| rati di   |
| lignite   |   |          |          |   0,5   |  15      | 14,65 | lignite   |
--------------------------------------------------------------------------------
|           | 7 |          |          |         |          |       |           |
| Coke da   |(a)|< uguale12|          |< uguale3|          |       | Coke da   |
| petrolio  |---|----------|          |---------|          |-------| petrolio  |
|           | 8 |< uguale14|          |< uguale6|          |< ugual|           |
|           |(d)|          |          |         |          | 29,31 |           |
--------------------------------------------------------------------------------
| Norma per |   | ISO 562  | UNI 7342 | UNI 7584| UNI 7340 |      ISO 1928     |
| l'analisi |   |          |          |         |          |                   |
--------------------------------------------------------------------------------

(a) – per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 2

(b) – i valori rappresentano limiti massimi come percentuali di massa sul prodotto tal quale

(c) – valori minimi riferiti al prodotto tal quale

(d) – per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 5

Sezione 3

Caratteristiche delle emulsioni acqua – gasolio, acqua – kerosene e acqua – olio combustibile

1. Emulsione acqua-gasolio, acqua-kerosene o acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio (parte 1, sezione 1 paragrafo 1, lettera f) e sezione 2, paragrafo 1, lettera e)

1.1 Il contenuto di acqua delle emulsioni di cui al punto 1 non può essere inferiore al 10%, né superiore al 30%.

1.2 Le emulsioni di cui al punto 1 possono essere stabilizzate con l’aggiunta, in quantità non superiore al 3%, di tensioattivi non contenenti composti del fluoro, del cloro né metalli pesanti. In ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per il quale è previsto un limite massimo di specifica nel combustibile usato per preparare l’emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve essere tale che il contenuto totale di questo elemento nell’emulsione, dedotta la percentuale di acqua, non superi il suddetto limite di specifica.

1.3 Le emulsioni di cui al punto 1 si definiscono stabili alle seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 20°C +- 1°C e sottoposto a centrifugazione con un apparato conforme al metodo ASTM D 1796 con una accelerazione centrifuga pari a 30.000 m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga relativa a pari a 3060) per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla voce “Acqua e sedimenti”.

1.4 In alternativa al metodo di cui al comma precedente, per verificare che l’emulsione sia stabile, e cioè che non dia luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla voce “Acqua e sedimenti”, può essere utilizzato il metodo indicato all’articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000.

1.5 La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di stabilità e composizione deve essere certificata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI-CEI EN 45001 per le prove sopracitate. Il sistema di accreditamento deve essere conforme alla norma UNI-CEI EN 45003 e deve valutare la competenza dei laboratori secondo la norma UNI-CEI EN 42002.

2. Emulsioni acqua-olio combustibile, ed altri distillati pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera i), paragrafo 2 lettera b), paragrafo 4 lettera b) e paragrafo 5 lettera b) e sezione 2, paragrafo 1, lettera m)]

2.1 Il contenuto di acqua delle emulsioni di cui al punto 2 non può essere inferiore al 10%, né superiore al 30%.

2.2 Le emulsioni di cui al punto 2 possono essere stabilizzate con l’aggiunta, in quantità non superiore al 3%, di tensioattivi non contenenti composti del fluoro, del cloro né metalli pesanti. In ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per il quale è previsto un limite massimo di specifica nel combustibile usato per preparare l’emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve essere tale che il contenuto totale di questo elemento nell’emulsione, dedotta la percentuale di acqua, non superi il suddetto limite di specifica.

2.3 Le emulsioni di cui al punto 2 si definiscono stabili alle seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 50°C +- 1°C e sottoposto a centrifugazione con un apparato conforme al metodo ASTM D 1796 con una accelerazione centrifuga pari a 30.000 m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga relativa pari a 3060) per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita alla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alle voci “Acqua e sedimenti”, “Acqua” e “Sedimenti”.

2.4 In alternativa al metodo di cui al comma precedente, per verificare che l’emulsione sia stabile, e cioè che non dia luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alle voci “Acqua e sedimenti”, “Acqua” e “Sedimenti”. può essere utilizzato il metodo indicato all’articolo 1, comma 2, decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000.

La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di stabilità e composizione deve essere certificata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI-CEI EN 45001 per le prove sopraccitate. Il sistema di accreditamento deve essere conforme alla UNI-CEI EN 45003 e deve valutare la competenza dei laboratori secondo la norma UNI-CEI EN 42002.

Sezione 4 (5)

Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo (parte 1, sezione 1, paragrafo 1 lettera n) e sezione 2, paragrafo 1, lettera h))

1. Tipologia e provenienza

a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;

b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di coltivazioni agricole non dedicate;» e la lettera e) e’ sostituita dalla seguente: «e) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di prodotti agricoli (7);

c) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;

d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica e dal trattamento con aria, vapore o acqua anche surriscaldata di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti (6);

e) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli.

f) Sansa di oliva disoleata avente le caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenuta dal trattamento delle sanse vergini con n-esano per l’estrazione dell’olio di sansa destinato all’alimentazione umana, e da successivo trattamento termico, purché i predetti trattamenti siano effettuati all’interno del medesimo impianto; tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell’impianto stesso di produzione, devono risultare da un sistema di identificazione conforme a quanto stabilito al punto 3:

--------------------------------------------------------------------------------
|      Caratteristica      |     Unità    |  Valori minimi/ |     Metodi di    |
|                          |              |     massimi     |      analisi     |
--------------------------------------------------------------------------------
|         Ceneri           |   % (m/m)    |   < uguale 4%   | ASTM D 5142-98   |
--------------------------------------------------------------------------------
|         Umidità          |   % (m/m)    |   < uguale 15%  | ASTM D 5142-98   |
--------------------------------------------------------------------------------
|         N-esano          |    mg/kg     |   < uguale 30   | UNI 22609        |
--------------------------------------------------------------------------------
|    Solventi organici     |              |                 |                  |
|       clorurati          |              |     assenti     |        (*)       |
--------------------------------------------------------------------------------
|    Potere calorifico     |              |                 |                  |
|        inferiore         |--------------|-----------------| ASTM D 5865-01   |
|                          |     MJ/kg    | < uguale 15,700 |                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) Nel certificato di analisi deve essere indicato il metodo impiegato per  |
| la rilevazione dei solventi organici clorurati                               |
--------------------------------------------------------------------------------

g) Liquor nero ottenuto nelle cartiere dalle operazioni di lisciviazione del legno e sottoposto ad evaporazione al fine di incrementarne il residuo solido, purché la produzione, il trattamento e la successiva combustione siano effettuate nella medesima cartiera e purché l’utilizzo di tale prodotto costituisca una misura per la riduzione delle emissioni e per il risparmio energetico individuata nell’autorizzazione integrata ambientale.

1-bis. Salvo il caso in cui i materiali elencati nel paragrafo 1 derivino da processi direttamente destinati alla loro produzione o ricadano nelle esclusioni dal campo di applicazione della parte quarta del presente decreto, la possibilita’ di utilizzare tali biomasse secondo le disposizioni della presente parte quinta e’ subordinata alla sussistenza dei requisiti previsti per i sottoprodotti dalla precedente parte quarta (8).

2. Condizioni di utilizzo

2.1 La conversione energetica della biomasse di cui al paragrafo 1 può essere effettuata attraverso la combustione diretta, ovvero previa pirolisi o gassificazione.

2.2 Modalita’ di combustione Al fine di garantire il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente decreto, le condizioni operative devono essere assicurate, alle normali condizioni di esercizio, anche attraverso:

a) l’alimentazione automatica del combustibile (non obbligatoria se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto di cui al titolo I o di ciascun singolo focolare di cui al titolo II e’ inferiore o uguale a 1 MW);

b) il controllo della combustione, anche in fase di avviamento, tramite la misura e la registrazione in continuo, nella camera di combustione, della temperatura e del tenore di ossigeno, e la regolazione automatica del rapporto aria/combustibile (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto e’ inferiore o uguale a 3 MW);

c) l’installazione del bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto e’ inferiore o uguale a 6 MW);

d) la misurazione e la registrazione in continuo, nell’effluente gassoso, della temperatura e delle concentrazioni di monossido di carbonio, degli ossidi di azoto e del vapore acqueo (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale complessiva e’ inferiore o uguale a 6 MW). La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo puo’ essere omessa se l’effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell’analisi;

e) la misurazione e la registrazione in continuo, nell’effluente gassoso, delle concentrazioni di polveri totali e carbonio organico totale (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale complessiva e’ inferiore o uguale a 20 MW);

f) la misurazione con frequenza almeno annuale della concentrazione negli effluenti gassosi delle sostanze per cui sono fissati specifici valori limite di emissione, ove non sia prevista la misurazione in continuo (9).

3. Norme per l’identificazione delle biomasse di cui al paragrafo 1, lettera f)

3.1. La denominazione “sansa di oliva disoleata”, la denominazione e l’ubicazione dell’impianto di produzione, l’anno di produzione, nonché il possesso delle caratteristiche di cui alla tabella riportata al paragrafo 1 devono figurare:

a) in caso di imballaggio, su apposite etichette o direttamente sugli imballaggi;

b) in caso di prodotto sfuso, nei documenti di accompagnamento.

Nel caso di imballaggi che contengano quantitativi superiori a 100 kg è ammessa la sola iscrizione dei dati nei documenti di accompagnamento.

Un esemplare dei documenti di accompagnamento, contenente le informazioni prescritte, deve essere unito al prodotto e deve essere accessibile agli organi di controllo.

3.2. Le etichette o i dati stampati sull’imballaggio, contenenti tutte le informazioni prescritte, devono essere bene in vista. Le etichette devono essere inoltre fissate al sistema di chiusura dell’imballaggio. Le informazioni devono essere redatte almeno in lingua italiana, indelebili e chiaramente leggibili e devono essere nettamente separate da altre eventuali informazioni concernenti il prodotto.

3.3. In caso di prodotto imballato, l’imballaggio deve essere chiuso con un dispositivo o con un sistema tale che, all’atto dell’apertura, il dispositivo o il sigillo di chiusura o l’imballaggio stesso risultino irreparabilmente danneggiati.

Sezione 5

Caratteristiche e condizioni di utilizzo degli idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio

(parte I, sezione 1, paragrafo 4, lettera d))

1. Provenienza

Gli idrocarburi pesanti devono derivare dai processi di lavorazione del greggio (distillazione, processi di conversione e/o estrazione)

2. Caratteristiche degli idrocarburi pesanti e metodi di misura.

Gli idrocarburi pesanti devono avere le seguenti caratteristiche, da misurare con i pertinenti metodi:

--------------------------------------------------------------------------------
|                                      |                   |  Metodi di misura |
--------------------------------------------------------------------------------
| Potere calorifico inferiore sul tal  | min. 35.000 kJ/kg |                   |
| quale                                |                   |                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di ceneri sul tal quale    |  in massa max 1%  |  UNI EN ISO 6245  |
--------------------------------------------------------------------------------
| Contenuto di zolfo sul tal quale     |  in massa max 10% |  UNI EN ISO 8754  |
--------------------------------------------------------------------------------

3. Condizioni di impiego:

Gli idrocarburi pesanti possono essere impiegati solo previa gassificazione per l’ottenimento di gas di sintesi e alle seguenti condizioni:

3.1 Il gas di sintesi può essere destinato alla produzione di energia elettrica in cicli combinati o nella combustione diretta (in caldaie e/o forni), in impianti con potenza termica nominale non inferiore a 50 MW localizzati nel comprensorio industriale in cui è prodotto. A tal fine si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui più impianti sono considerati, ai sensi dell’articolo 273, comma 9, come un unico impianto.

3.2 Gli impianti di cui al punto 3.1 devono essere attrezzati per la misurazione e la registrazione in continuo, nell’effluente gassoso in atmosfera, della temperatura, del tenore volumetrico di ossigeno, del tenore di vapore acqueo e delle concentrazioni di monossido di carbonio e degli ossidi di azoto; la misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l’effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell’analisi.

3.3 I valori limite di emissione nell’effluente gassoso derivante dalla combustione del gas di sintesi in ciclo combinato per la produzione di energia elettrica, riferiti ad un tenore volumetrico di ossigeno nell’effluente gassoso anidro del 15%, sono i seguenti:

--------------------------------------------------------------------------------
| a) Polveri totali                          | 10 mg/Nm3 [1]                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| b) Ossidi di azoto (espressi come NO2) (*) | 70 mg/Nm3 [1]                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| c) Ossidi di zolfo (espressi come SO2) (*) | 60 mg/Nm3 [1]                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| d) Monossido di carbonio                   | 50 mg/Nm3 [1]                   |
|                                            | (come valore medio giornaliero) |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) NO2, SO2 = 2 è deponente                                                 |
| (1) I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco       |
| rapportato alle condizioni normali: 0° Centigradi e 0.1013 MPa               |
--------------------------------------------------------------------------------

3.4 i valori limite di emissione nell’effluente gassoso derivante dalla combustione del gas di sintesi in forni e caldaie, non facenti parte dei cicli combinati, riferiti ad un tenore volumetrico di ossigeno nell’effluente gassoso anidro del 3%, sono i seguenti:

--------------------------------------------------------------------------------
| a) Polveri totali                          | 30 mg/Nm3 [1]                   |
--------------------------------------------------------------------------------
| b) Ossidi di azoto (espressi come NO2) (*) | 200 mg/Nm3 [1]                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| c) Ossidi di zolfo (espressi come SO2) (*) | 180 mg/Nm3 [1]                  |
--------------------------------------------------------------------------------
| d) Monossido di carbonio                   | 150 mg/Nm3 [1]                  |
|                                            | (come valore medio giornaliero) |
--------------------------------------------------------------------------------
| (*) NO2, SO2 = 2 è deponente                                                 |
| [1] I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco       |
| rapportato alle condizioni normali: 0° Centigradi e 0.1013 MPa               |
--------------------------------------------------------------------------------

Sezione 6 (5)

Caratteristiche e condizioni di utilizzo del biogas

(parte I, sezione paragrafo 1, lettera r) e sezione 2, paragrafo 1, lettera n))

1. Provenienza:

Il biogas deve provenire dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche, quali per esempio effluenti di allevamento, prodotti agricoli o borlande di distillazione, purche’ tali sostanze non costituiscano rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. In particolare non deve essere prodotto da discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica. Il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti (10).

2. Caratteristiche

I biogas deve essere costituito prevalentemente da metano e biossido di carbonio e con un contenuto massimo di composti solforati, espressi come solfuro di idrogeno, non superiore allo 0.1% v/v.

3. Condizioni di utilizzo (11)

3.1 L’utilizzo del biogas e’ consentito nel medesimo comprensorio in cui tale biogas e’ prodotto.

3.2 Per gli impianti di cui al punto 3.1 devono essere effettuati controlli almeno annuali dei valori di emissione ad esclusione di quelli per cui e’ richiesta la misurazione in continuo di cui al punto 3.3.

3.3 Se la potenza termica nominale complessiva e’ superiore a 6 MW, deve essere effettuata la misurazione e registrazione in continuo nell’effluente gassoso del tenore volumetrico di ossigeno, della temperatura, delle concentrazioni del monossido di carbonio, degli ossidi di azoto e del vapore acqueo (la misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo puo’ essere omessa se l’effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell’analisi).

Sezione 7 (12)

CARATTERISTICHE E CONDIZIONI DI UTILIZZO DEL CSS-COMBUSTIBILE

Parte I, sezione 1, paragrafo 10

La provenienza, le caratteristiche e le condizioni di utilizzo del CSS-Combustibile sono definite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 14 febbraio 2013, n. 22, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 62 del 14 marzo 2013.

——————————————————————————–

(1) Lettera sostituita dall’articolo 2 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

(2) Lettera modificata dall’articolo 2 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

(3) Sezione sostituita dall’articolo 2 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205 e successivamente modificata dall’articolo 1, comma 4, del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(4) Valore sostituito dall’articolo 2 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n.205.

(5) Vedi l’articolo 2 bis del D.L. 3 novembre 2008, n. 171.

(6) Lettera modificata dall’articolo 30, comma 14, della legge 23 luglio 2009, n. 99

(7) Lettera sostituita dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(8) Paragrafo inserito dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(9) Punto inserito dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(10) Paragrafo modificato dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(11) Paragrafo sostituito dall’articolo 3, comma 30, del D.Lgs. 29 giugno 2010, n.128.

(12) Sezione inserita dall’articolo 1, comma 2, del D.M. 20 marzo 2013.

(13) Sezione aggiunta dall’articolo 1, comma 4, del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 40 bis     

ALLEGATO I (1)

ALLA PARTE QUINTA-BIS

Allegato I

Attivita’ che producono biossido di titanio

Parte 1

Valori limite per le emissioni nelle acque

1. Nel caso di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento al solfato (come media annuale): 550 kg di solfato per t di biossido di titano prodotto;

2. Nel caso di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento con cloruro (come media annuale):

a) 130 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza rutilio naturale;

b) 228 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza rutilio sintetico;

c) 330 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza “slag”. In caso di scarico in acque salate (estuariali, costiere, d’altura) si puo’ applicare un valore limite di 450 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza “slag”.

3. Per installazioni e stabilimenti che utilizzano il processo con cloruro e che utilizzano piu’ di un tipo di minerale, i valori limite di emissione di cui al punto 2 si applicano in proporzione ai quantitativi di ciascun minerale utilizzato.

Parte 2

Valori limite per le emissioni nell’atmosfera

1. I valori limite di emissione espressi come in concentrazioni di massa per metro cubo (Nm3) sono calcolati a una temperatura di 273,15 K ad una pressione di 101,3 kPa.

2. Polveri: 50 mg/Nm3 come media oraria dalle fonti piu’ importanti e 150 mg/Nm3 come media oraria dalle altre fonti.

3. Biossido e triossido di zolfo emessi in atmosfera dalla digestione e dalla calcinazione, compresi gli aerosol acidi, calcolati come SO2 equivalente:

a) 6 kg per t di biossido di titanio prodotto come media annuale;

b) 500 mg/Nm3 come media oraria per gli impianti di concentrazione dell’acido di scarto.

4. Cloro, in caso di installazioni che utilizzano il procedimento con cloruro:

a) 5 mg/Nm3 come media giornaliera;

b) 40 mg/Nm3 per qualsiasi intervallo di tempo.

Parte 3

Controllo delle emissioni

Il controllo delle emissioni nell’atmosfera comprende almeno il monitoraggio in continuo di:

a) biossido e triossido di zolfo emessi in atmosfera dalla digestione e dalla calcinazione da impianti di concentrazione degli acidi di scarto in installazioni che utilizzano il procedimento al solfato;

b) cloro proveniente dalle fonti principali all’interno di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento con cloruro;

c) polvere proveniente dalle fonti principali di installazioni e stabilimenti.

(1) Allegato aggiunto dall’articolo 28, comma 18, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 41     

ALLEGATO 1 ALLA PARTE SESTA

a) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

b) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un Fondo internazionale per l’indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

c) Convenzione internazionale del 23 marzo 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall’inquinamento determinato dal carburante delle navi;

d) Convenzione internazionale del 3 maggio 1996 sulla responsabilità e l’indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose;

e) Convenzione del 10 ottobre 1989 sulla responsabilità civile per i danni causati durante il trasporto di materiali pericolosi su strada, ferrovia o battello di navigazione interna.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 42     

ALLEGATO 2 ALLA PARTE SESTA

a) Convenzione di Parigi del 29 luglio 1960 sulla responsabilità civile nel campo dell’energia nucleare e convenzione complementare di Bruxelles del 31 gennaio 1963;

b) Convenzione di Vienna del 21 maggio 1963 sulla responsabilità civile in materia di danni nucleari;

c) Convenzione di Vienna del 12 settembre 1997 sull’indennizzo complementare per danno nucleare;

d) Protocollo congiunto del 21 settembre 1988 relativo all’applicazione della convenzione di Vienna e della convenzione di Parigi;

e) Convenzione di Bruxelles del 17 dicembre 1971 relativa alla responsabilità civile derivante dal trasporto marittimo di sostanze nucleari.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 43     

ALLEGATO 3 ALLA PARTE SESTA

Il presente allegato stabilisce un quadro comune da rispettare per scegliere le misure più appropriate cui attenersi per garantire la riparazione del danno ambientale.

1. Riparazione del danno all’acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti

La riparazione del danno ambientale, in relazione all’acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, è conseguita riportando l’ambiente danneggiato alle condizioni originarie tramite misure di riparazione primaria, complementare e compensativa, da intendersi come segue:

a) riparazione “primaria”: qualsiasi misura di riparazione che riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le condizioni originarie;

b) riparazione “complementare”: qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare il mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati;

c) riparazione “compensativa”: qualsiasi azione intrapresa per compensare la perdita temporanea di risorse e/o servizi naturali dalla data del verificarsi del danno fino a quando la riparazione primaria non abbia prodotto un effetto completo;

d) “perdite temporanee”: perdite risultanti dal fatto che le risorse e/o i servizi naturali danneggiati non possono svolgere le loro funzioni ecologiche o fornire i servizi ad altre risorse naturali o al pubblico fino a che le misure primarie o complementari non abbiano avuto effetto. Non si tratta di una compensazione finanziaria al pubblico.

Qualora la riparazione primaria non dia luogo a un ritorno dell’ambiente alle condizioni originarie, si intraprenderà la riparazione complementare. Inoltre, si intraprenderà la riparazione compensativa per compensare le perdite temporanee.

La riparazione del danno ambientale, in termini di danno all’acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, implica inoltre che si deve sopprimere qualsiasi rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana.

1.1. Obiettivi di riparazione.

Finalità della riparazione primaria.

1.1.1. Lo scopo della riparazione primaria è quello di riportare le risorse naturali e/o i servizi danneggiati alle o verso le condizioni originarie.

Finalità della riparazione complementare.

1.1.2. Qualora le risorse naturali e/o i servizi danneggiati non tornino alle condizioni originarie, sarà intrapresa la riparazione complementare. Lo scopo della riparazione complementare è di ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo, un livello di risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto se il sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie. Laddove possibile e opportuno, il sito alternativo dovrebbe essere geograficamente collegato al sito danneggiato, tenuto conto degli interessi della popolazione colpita.

Finalità della riparazione compensativa.

1.1.3. La riparazione compensativa è avviata per compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico.

1.2. Individuazione di misure di riparazione

Individuazione di misure di riparazione primarie

1.2.1. Vanno prese in considerazione altre opzioni, ossia azioni per riportare direttamente le risorse naturali e i servizi alle condizioni originarie in tempi brevi, o attraverso il ripristino naturale.

Individuazione di misure di riparazione complementare e compensativa

1.2.2. Nel determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa, occorre prendere in considerazione in primo luogo l’uso di metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio. Con detti metodi vanno prese in considerazione in primo luogo azioni che forniscono risorse naturali e/o servizi dello stesso tipo, qualità e quantità di quelli danneggiati. Qualora ciò non sia possibile, si devono fornire risorse naturali e/o servizi di tipo alternativo. Per esempio, una riduzione della qualità potrebbe essere compensata da una maggiore quantità di misure di riparazione.

1.2.3. Se non è possibile usare, come prima scelta, i metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare tecniche di valutazione alternative. L’autorità a competente può prescrivere il metodo, ad esempio la valutazione monetaria, per determinare la portata delle necessarie misure di riparazione complementare e compensativa. Se la valutazione delle risorse e/o dei servizi perduti è praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei servizi di sostituzione non può essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l’autorità competente può scegliere misure di riparazione il cui costo sia equivalente al valore monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti.

Le misure di riparazione complementare e compensativa dovrebbero essere concepite in modo che le risorse naturali e/o i servizi supplementari rispecchino le preferenze e il profilo temporali delle misure di riparazione.

Per esempio, a parità delle altre condizioni, più lungo è il periodo prima del raggiungimento delle condizioni originarie, maggiore è il numero delle misure di riparazione compensativa che saranno avviate.

1.3. Scelta delle opzioni di riparazione

1.3.1. Le opzioni ragionevoli di riparazione dovrebbero essere valutate, usando le migliori tecnologie disponibili, qualora siano definite, in base ai seguenti criteri:

– l’effetto di ciascuna opzione sulla salute e la sicurezza pubblica;

– il costo di attuazione dell’opzione;

– la probabilità di successo di ciascuna opzione;

– la misura in cui ciascuna opzione impedirà danni futuri ed eviterà danni collaterali a seguito dell’attuazione dell’opzione stessa;

– la misura in cui ciascuna opzione giova a ogni componente della risorsa naturale e/o del servizio;

– la misura in cui ciascuna opzione tiene conto dei pertinenti aspetti sociali, economici e culturali e di altri fattori specifici della località.

– il tempo necessario per l’efficace riparazione del danno ambientale;

– la misura in cui ciascuna opzione realizza la riparazione del sito colpito dal danno ambientale;

– il collegamento geografico al sito danneggiato.

1.3.2. Nel valutare le diverse opzioni di riparazione, possono essere scelte misure di riparazione primaria che non riportano completamente l’acqua o le specie e gli habitat naturali protetti danneggiati alle condizioni originarie o che li riportano più lentamente a tali condizioni. Questa decisione può essere presa soltanto se le risorse naturali e/o i servizi perduti sul sito primario a seguito della decisione sono compensati aumentando le azioni complementari o compensative per fornire un livello di risorse naturali e/o servizi simile a quello perduto. E’ il caso, per esempio, di risorse naturali e/o servizi equivalenti forniti altrove a costo inferiore. Queste misure supplementari di riparazione sono determinate conformemente alle regole precisate nel punto 1.2.2.

1.3.3. In deroga alle disposizioni di cui al punto 1.3.2 e conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, l’autorità competente può decidere di non intraprendere ulteriori misure di riparazione qualora:

a) le misure di riparazione già intraprese garantiscano che non esiste più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana, l’acqua, le specie e gli habitat naturali protetti e b) i costi delle misure di riparazione da adottare per raggiungere le condizioni originarie o un livello simile siano sproporzionati rispetto ai vantaggi ambientali ricercati.

2. Riparazione del danno al terreno

Si devono adottare le misure necessarie per garantire, come minimo, che gli agenti contaminanti pertinenti siano eliminati, controllati, circoscritti o diminuiti in modo che il terreno contaminato, tenuto conto del suo uso attuale o approvato per il futuro al momento del danno, non presenti più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana. La presenza di tale rischio è valutata mediante procedure di valutazione del rischio che tengono conto della caratteristica e della funzione del suolo, del tipo e della concentrazione delle sostanze, dei preparati, degli organismi o microrganismi nocivi, dei relativi rischi e della possibilità di dispersione degli stessi. L’utilizzo è calcolato sulla base delle normative sull’assetto territoriale o di eventuali altre normative pertinenti vigenti quando si è verificato il danno.

Se l’uso del terreno viene modificato, si devono adottare tutte le misure necessarie per evitare di causare effetti nocivi per la salute umana.

In mancanza di normative sull’assetto territoriale o di altre normative pertinenti, l’uso dell’area specifica del terreno è determinato, tenuto conto dello sviluppo previsto, dalla natura dell’area in cui si è verificato il danno. Va presa in considerazione un’opzione di ripristino naturale, ossia un’opzione senza interventi umani diretti nel processo di ripristino.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 44     

ALLEGATO 4 ALLA PARTE SESTA

Il carattere significativo di un danno che produce effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di specie o habitat è da valutare in riferimento allo stato di conservazione, al momento del danno, ai servizi offerti dai valori ricreativi connessi e alla capacità di rigenerazione naturale. Gli effetti negativi significativi rispetto alle condizioni originarie dovrebbero essere determinati con dati misurabili, del tipo:

– numero degli individui, loro densità o area coperta;

– ruolo di determinati individui o dell’area danneggiata in relazione alla specie o alla conservazione dell’habitat, alla rarità della specie o dell’habitat (valutata a livello locale, regionale e più alto, anche a livello comunitario);

– capacità di propagazione della specie (secondo la dinamica propria alla specie o alla popolazione), sua vitalità o capacità di rigenerazione naturale dell’habitat (secondo le dinamiche proprie alle specie che lo caratterizzano o alle loro popolazioni);

– capacità della specie o dell’habitat, dopo che il danno si è verificato, di ripristinarsi in breve tempo, senza interventi diversi da misure di protezione rafforzate, in uno stato che, unicamente in virtù della dinamica della specie o dell’habitat, conduca a condizioni ritenute equivalenti o superiori alle condizioni originarie.

Il danno con un provato effetto sulla salute umana deve essere classificato come significativo.

Non devono essere classificati come danni significativi:

– le variazioni negative inferiori alle fluttuazioni naturali considerate normali per la specie o l’habitat in questione;

– le variazioni negative dovute a cause naturali o risultanti da interventi connessi con la normale gestione dei siti, quale definita nei documenti di gestione o di indirizzo relativi all’habitat, o praticata anteriormente dai proprietari o dagli operatori;

– il danno a specie o habitat per i quali è stabilito che si ripristineranno entro breve tempo e senza interventi, o nelle condizioni originarie o in uno stato che, unicamente in virtù della dinamica della specie o dell’habitat, conduca a condizioni ritenute equivalenti o superiori alle condizioni originarie.

PARTE VI

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL’AMBIENTE

TITOLO III

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

     Allegato 45     

ALLEGATO 5

ALLA PARTE SESTA

1. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 96/61/Ce del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento. Include tutte le attività elencate nell’allegato I della direttiva 96/61/Ce, ad esclusione degli impianti o parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi.

2. Operazioni di gestione dei rifiuti, compresi la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti e di rifiuti pericolosi, nonché la supervisione di tali operazioni e i controlli successivi sui siti di smaltimento, soggetti ad autorizzazione o registrazione, conformemente alle direttive del Consiglio 75/442/Cee, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti e 91/689/Cee, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi. Tali operazioni comprendono tra l’altro la gestione di siti di discarica ai sensi della direttiva del Consiglio 1999/31/Ce, del 26 aprile 1999, concernente le operazioni di discarica di rifiuti, e il funzionamento di impianti d’incenerimento ai sensi della direttiva 2000/76/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull’incenerimento di rifiuti.

3. Tutti gli scarichi nelle acque interne superficiali che siano soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 76/464/Cee del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico della Comunità.

4. Tutti gli scarichi di sostanze nelle acque sotterranee che siano soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 80/68/Cee del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose.

5. Lo scarico o l’immissione di inquinanti nelle acque superficiali o sotterranee che sono soggetti a permesso, autorizzazione o registrazione conformemente alla direttiva 2000/60/Ce.

6. Estrazione e arginazione delle acque soggette ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/Ce.

7. Fabbricazione, uso, stoccaggio, trattamento, interramento, rilascio nell’ambiente e trasporto sul sito di:

a) sostanze pericolose definite nell’articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 67/548/Cee del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose;

b) preparati pericolosi definiti nell’articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 1999/45/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 1999, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi;

c) prodotti fitosanitari definiti nell’articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 91/414/Cee del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari;

d) biocidi definiti nell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 98/8/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all’immissione sul mercato dei biocidi in quantitativi superiori.

8. Trasporto per strada, ferrovia, navigazione interna, mare o aria di merci pericolose o di merci inquinanti definite nell’allegato A della direttiva 94/55/Ce del Consiglio, del 21 novembre 1994, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada, o nell’allegato della direttiva 96/49/Ce del Consiglio, del 23 luglio 1996, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia, o definite nella direttiva 93/75/Cee del Consiglio, del 13 settembre 1993, relativa alle condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti marittimi della Comunità o che ne escono e che trasportano merci pericolose o inquinanti.

9. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 84/360/Cee del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali relativamente al rilascio nell’aria di una qualsiasi delle sostanze inquinanti coperte da detta direttiva.

10. Qualsiasi uso confinato, compreso il trasporto, di microrganismi geneticamente modificati definiti nella direttiva 90/219/Cee del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati.

11. Qualsiasi rilascio deliberato nell’ambiente, trasporto e immissione in commercio di organismi geneticamente modificati definiti nella direttiva 2001/18/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio.

12. Qualsiasi spedizione transfrontaliera di rifiuti all’interno dell’Unione europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, che necessiti di un’autorizzazione o sia vietata ai sensi del regolamento (Cee) n. 259/93 del Consiglio, del 1 febbraio 1993, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio.

12-bis. La gestione dei rifiuti di estrazione ai sensi della direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (1).

12-ter. Gestione dei siti di stoccaggio a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio (2).

(1) Punto aggiunto dall’articolo 15 del D.lgs. 30 maggio 2008, n.117.

(2) Punto inserito dall’articolo 35, comma 11, del D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 162.

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