RIFORMA COSTITUZIONALE: LA MODIFICA DEGLI ISTITUTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA – PARTE PRIMA

Passiamo ad analizzare la modifica di alcuni istituti di democrazia diretta ed in particolare ad analizzare il secondo comma dell’art. 71 Cost.

La disposizione in questione recita: Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.”

Di conseguenza, ad oggi, è possibile per 50 000 elettori presentare ad ogni singola Camera una proposta di iniziativa popolare.

Con la riforma il testo del suddetto comma sarà del seguente tenore: “il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno centocinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d’iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari.

Con la modifica in questione per poter proporre un disegno di iniziativa popolare occorrerà presentare il triplo delle sottoscrizioni occorrenti con il testo attuale.

Un simile aumento non trova giustificazione in nessuna motivazione apparente.

Non solo, non vengono neanche introdotte maggiori garanzie esplicite sulla trattazione finale dell’iniziativa popolare, cioè il legislatore riformatore avrebbe potuto si aumentare il numero delle firme necessarie per una iniziativa popolare, ma al contempo rafforzare le garanzie sulla tempistica della decisione finale.

Invece, il secondo comma sopramenzionato riporta solamente l’inciso: “La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d’iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari.”, cioè un rinvio generale ai regolamenti parlamentari che non garantisce un tempo certo di decisione.

I regolamenti potrebbero introdurre delle garanzie insufficienti per il suddetto procedimento o anche semplicemente il suddetto inciso potrebbe rimanere lettera morta.

Oltretutto, si vuole evidenziare che i regolamenti parlamentari già riportano alcuni riferimenti ai disegni di iniziativa popolare, ma se il legislatore riformatore avesse voluto introdurre una vera e propria garanzia avrebbe potuto semplicemente stabilire un termine entro il quale obbligare le Camere a decidere.

Indipendentemente da una una simile scelta rimane sempre discutibile il fatto che all’interno di una riforma finalizzata “a concentrare il potere in un numero minore di persone” si renda più difficoltosa la possibilità dei cittadini di intervenire, che si può comprendere solo in un ottica che tende ad escludere gli interventi esterni alle logiche dei “palazzi del potere”.

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